IL CASO CHARLIE HEBDO: UN ESEMPIO DI MULTICULTURALISMO FALLITO?
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IL CASO CHARLIE HEBDO: UN ESEMPIO DI MULTICULTURALISMO FALLITO? TESINA DI LINGUAGGIO GIORNALISTICO CARLOTTA GIORA FEBBRAIO 2015 “Ancora nessun attentato in Francia”, si legge sul disegno, mentre un talebano armato risponde: “Aspettate. Abbiamo tempo fino a fine gennaio per farci gli auguri”. Questo è il testo della vignetta realizzata da Charb, direttore e disegnatore del giornale satirico Charlie Hebdo, pochi giorni prima dell’attacco terroristico alla sede del giornale parigino. Sicuramente Stéphane Charbonnier non avrebbe mai immaginato che il suo disegno si sarebbe rivelato quanto mai amaro e profetico: la mattina del La vignetta disegnata da Charbonnier 7 Gennaio 2015, intorno alle 11.30, durante la riunione settimanale della redazione del giornale, Saïd e Chérif Kouachi, due fratelli jihadisti franco-algerini, irrompono nella sede di Charlie uccidendo dodici persone e ferendone undici. Subito dopo l’attacco i due fratelli, tentando di rubare un'auto, si imbattono in Ahmed Merabet, poliziotto di origine musulmana, che uccidono freddamente con un colpo di pistola alla testa. Infine, dopo aver rubato un’utilitaria, si barricano in una tipografia della zona industriale della Seine-et-Marne, a est di Parigi, a ridosso dell'aeroporto Charles de Gaulle di Roissy. La mattina dell'8 gennaio 2015, nella città di Montrouge, a sud di Parigi, un altro terrorista, Amedy Coulibaly, legato ai due fratelli Kouachi, armato di mitra apre il fuoco contro la polizia francese, chiamata per un incidente stradale, provocando la morte di una poliziotta, Clarissa Jean-Philippe, e il ferimento di un altro agente. I due fratelli Kouachi sono stati uccisi nel pomeriggio del 9 gennaio nella cittadina di Dammartin-en-Goële, durante l'irruzione della polizia nella tipografia presso la quale si erano barricati. Anche Amedy Coulibaly, è stato ucciso, a Porte de Vincennes, nella zona 1
est di Parigi, durante la simultanea irruzione delle forze speciali francesi all'interno del supermarket Kosher dove teneva gli ostaggi. Quattro di questi ostaggi sono stati uccisi e quattro feriti gravemente. L'attentato al supermercato ha ricevuto un’attenzione particolare, per il fatto che si è trattato di un’azione con sfondo antisemita. Infatti, le quattro vittime dell'attacco al supermercato kosher erano cittadini francesi di religione ebraica. L'attentato, rivendicato dalla branca yemenita di Al-Qaeda, ha causato la morte di venti persone classificandosi come l’attacco terroristico col maggior numero di vittime in Francia, dopo quello del 1961 per opera dell'Organisation armée secrète durante la guerra d'Algeria, che causò ventotto morti. Tuttavia in molti hanno espresso dei dubbi su chi ci sia stato alle spalle dell’attacco a Charlie, sostenendo che anche se gli attentatori avevano dichiarato di agire in nome di Al- Qaeda non significa che sia così. Molti non sono d’accordo neanche che si sia trattato di professionisti. Infatti i due Kouachi hanno commesso diversi errori durante l'azione terroristica (hanno sbagliato l'indirizzo della redazione del giornale e uno dei due ha perso una scarpa durante la sparatoria). È vero, hanno ucciso dodici persone ma noi tendiamo spesso a dipingere il nemico più bravo e più forte di quello che è. Questa mancanza di professionalità, se così possiamo definirla, rende questo terrorismo molto più pericoloso, anche perché sentimenti di rivalsa e vendetta possono colpire ovunque, sono pervasivi, alla portata di chiunque. Ma quello del 2015 non è il primo attacco subito dal giornale satirico. Nel novembre 2011 la sede di Charlie venne distrutta da un attacco incendiario, causato dal lancio di diverse bombe Molotov, appena prima dell'uscita del numero del due novembre dedicato alla vittoria del partito fondamentalista islamico Ennhadha nelle elezioni in Il direttore di Charlie, Charbonnier, dopo l’attacco alla Tunisia. Sulla copertina del redazione del giornale nel 2011 numero in questione era apparsa una vignetta satirica con Maometto che diceva 2
“100 frustate se non muori dalle risate” e il titolo “Caria Hebdo”, gioco di parole tra Sharia e il nome del giornale. Anche il sito internet della rivista era stato bersaglio di un attacco informatico la stessa mattina. All’epoca Charb, aveva dichiarato di essere certo che vi fosse un legame con il numero speciale: “Avevamo ricevuto messaggi di proteste, minacce e insulti su Facebook e Twitter”, aveva spiegato. Charb, però ha sempre respinto le accuse di voler provocare i musulmani: “Facciamo il nostro solito lavoro, l'unica differenza è che abbiamo Maometto in copertina e questo è abbastanza raro”. Charlie Hebdo, aveva già fatto infuriare molti musulmani con la pubblicazione nel 2006 delle vignette "blasfeme" su Maometto del giornale norvegese Jyllands-Posten. In quell'occasione il Consiglio francese del culto musulmano aveva chiesto il ritiro delle copie. 1.1 IL MODELLO DI INTEGRAZIONE IN FRANCIA Una delle conseguenze più rilevanti del multiculturalismo, dopo l'accelerazione del processo di globalizzazione che è avvenuto in questi ultimi decenni, è la messa in discussione dei modelli fondamentali di integrazione degli immigrati, con i conseguenti problemi del ruolo di quest’ultimi nella società, dei loro diritti e del riconoscimento delle loro specificità e culture. I modelli di integrazione sono costrutti teorici elaborati con lo scopo di gestire le problematiche di integrazione dei migranti nella società d'accoglienza. La prima classificazione di questi modelli è quella elaborata dal sociologo Vincenzo Cesareo. Questi distingue tre fondamentali modelli di integrazione socio-culturale: • il modello dell'assimilazione • il modello pluralista • il modello dello scambio culturale La Francia rappresenta l'esperienza paradigmatica del modello assimilazionista, fondato sull'idea di uno stato laico che garantisca l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, non riconoscendo diritti e trattamenti particolari alle minoranze etniche. In questo modello quindi, la priorità consiste nell'adattamento alla cultura della società ospitante. I migranti debbono conformarsi quanto più possibile ad essa, mettendo in atto processi di 3
desocializzazione, di cancellazione delle culture d'origine e di risocializzazione rispetto ai costumi e alle norme di quella d'arrivo. Viene così esclusa dalla vita pubblica ogni espressione della differenza. Esistono degli evidenti limiti a questo modello. Innanzitutto, le politiche d'integrazione non dovrebbero considerare l'appartenenza etnica e il retroterra culturale degli individui e dei gruppi. Tuttavia, nei fatti, l'elemento etnico e culturale prevalente in una data realtà è essenziale per permettere la concretizzazione di tali politiche. Inoltre, in molti casi l'integrazione socio-professionale dei migranti appare particolarmente difficoltosa, nonostante l'avvenuta assimilazione culturale: i giovani di discendenza extraeuropea sono frequentemente vittima di discriminazione e pregiudizio, di difficoltà di inserimento lavorativo e di condizioni abitative disagiate. L'emergere di conflitti etnici mette quindi in discussione il principio secondo cui la cittadinanza politica e l'uguaglianza di fronte alla legge siano sufficienti a garantire l'integrazione socio-culturale dei migranti nella società francese. Infine, la crescente ostilità da parte dell'opinione pubblica francese nei confronti degli stranieri ha permesso la formazione di uno dei partiti xenofobi più forti dell'intero panorama politico europeo, quello di Marine Le Pen. Appare evidente allora la necessità di rivedere il modello assimilazionista alla luce di queste considerazioni. Tornando al caso Charlie, il profilo dei due attentatori è alquanto emblematico: due fratelli nati in Francia, rimasti presto orfani e dati in affidamento, la sottocultura occidentale e poi la scelta di abbracciare l'ideologia islamista radicale. Renzo Guolo, docente di Sociologia delle religioni all’università di Padova, studioso dei fondamentalismi contemporanei e uno dei massimi esperti di Islam italiano ed europeo, analizza quanto è avvenuto in quello che è già stato battezzato ‘l'11 settembre europeo’. I ‘foreign fighters’ che hanno colpito a morte la redazione di Charlie Hebdo a Parigi sono animati da un’ideologia, quella islamista radicale, che si nutre del rifiuto della cultura occidentale nella quale sono cresciuti. “I due fratelli condividono quell'ideologia, che definisce anche la figura del Nemico e il settimanale satirico francese era un bersaglio simbolico di enorme rilevanza, sin dal 2006, quando aveva pubblicato le note vignette sul Profeta”. Ma dove matura la scelta di colpire da parte di queste ‘cellule dormienti’? “Gli autori dell'attentato, — prosegue lo studioso — non sentono l'appartenenza alla Francia, al paese in cui sono cresciuti e in cui sono stati istruiti, non si riconoscono più nel contesto in cui vivono”. E la Francia, dove vivono 6 milioni di musulmani, è diventato un terreno fertile per far crescere e alimentare gli integralismi. 4
“La novità – continua il sociologo – sta nel radicalismo che si è diffuso ideologicamente tra le giovani generazioni. Teniamo presente che negli ultimi tre anni, si contano circa tre mila combattenti europei tra Iraq e Siria. E tutti non hanno più di ventotto anni, tra questi ci sono minorenni e anche donne. Per il sociologo padovano l'arma per affrontare una situazione divenuta pericolosa è ancora una volta “l'integrazione culturale”. Secondo Guolo il profilo dei giovani integralisti matura in un contesto di approccio all'Occidente che passa inizialmente per la sottocultura. “Uno dei due fratelli ha fatto il classico percorso della Banlieue parigina: dalla piccola delinquenza di quartiere al rap, ai prodotti della sottocultura occidentale, che conducono solo alla marginalità. Una via senza sbocco che rende questi giovani in cerca d'identità preda di predicatori o del web- islam radicale, che offrono loro l'adesione a una concezione totalizzante dell'islam che va a colmare un vuoto”. Anche se sarebbe sbagliato, avverte il docente “pensare che siano solo giovani disperati a radicalizzarsi. Tra i francesi che hanno combattuto in Siria e Iraq molti appartengono alle classi medie o sono convertiti. Anch'essi alla distorta ricerca di ideali mediante l'adesione ad un’ ideologia che semplifica la complessità del mondo”. Anche il sociologo Stefano Allievi, docente dell'università di Padova ed esperto di Islam, che studia da diversi anni la sua presenza in Europa, ha espresso il suo giudizio sui fatti di Parigi, in particolare sottolineando che, a suo parere, i killer non sono affatto dei professionisti. Allievi sostiene che siamo di fronte ad un terrorismo diffuso, quasi casereccio, che può colpire ovunque, ma proprio per questo molto più pericoloso e difficile da combattere. “Parlare di guerra è sbagliato perché presuppone due civiltà e due popoli che si scontrano. È un atto terroristico molto evidente perché riguarda un manipolo, una minoranza di persone, che usano il terrore per rendersi visibili dato che in un conflitto non lo sarebbero. La guerra va dichiarata da due oppositori, il terrorismo si dichiara da una parte sola e non guarda in faccia nessuno, le sue vittime, per definizione, sono innocenti. L’immagine che colpisce di più del massacro di Parigi è quella del terrorista che spara il colpo di grazia sul poliziotto: sono entrambi musulmani, l’agente si chiamava Ahmed e aveva deciso di servire il suo Paese, la Francia, facendo questo mestiere”. Un passo avanti da compiere al più presto è quello di sensibilizzare le comunità islamiche moderate affinché isolino gli estremismi. Ma anche questo non basta. Isolare i radicali è sicuramente un intervento da realizzare velocemente, ma è altrettanto fondamentale che l'Islam compia una riforma al suo interno: non basta affermare di essere contro la Jihad, è necessario operare un salto di qualità. 5
L'attentato di Parigi, inevitabilmente, acuirà la deriva xenofoba che attraversa l'Europa. “I prossimi mesi saranno delicati, Francia e Gran Bretagna sono i paesi europei più esposti. Sarà cruciale il ruolo delle comunità musulmane: se queste riescono a stringere nell'angolo le frange più radicali attraverso una grande battaglia culturale e religiosa, che delegittimi questa ideologia, forse si chiuderà questo capitolo. Ma ci vorranno anni e molti sforzi perché il fenomeno chiuda il suo ciclo”. Le difficoltà e le problematiche legate all'integrazione non sono presenti solo in Francia, ma sono condivise a livello europeo. È comprensibile dato che l’Islam è diventata, nel giro di pochi anni, la seconda religione d’Europa, portando ad un cambiamento gigantesco, a cui evidentemente molti non erano preparati. Avere un’opinione negativa non è necessariamente razzista: se il quartiere dove vivi cambia completamente è normale che tu abbia un pregiudizio e spesso i pregiudizi ci aiutano a vivere meglio, a classificare le persone, perché abbiamo bisogno subito di risposte. Dopo la conoscenza di una realtà, però arriva il giudizio. Il musulmano diventa tuo compagno di classe o collega di lavoro e allora puoi confermare o non confermare il pregiudizio, litigarci o invitarlo a cena. Bisogna spiegare meglio l’Islam: devono farlo le élites, gli intellettuali e gli insegnanti nelle scuole. Negli ospedali e negli uffici della pubblica amministrazione per esempio, si stanno seguendo dei corsi per avere a che fare con utenze di altri Paesi e tutto ciò a mio parere potrà rivelarsi molto utile. 1.2 ROUBAIX: UN INTERESSANTE ESEMPIO DI MULTICULTURALISMO La cittadina di Roubaix rappresenta un interessante esperimento di multiculturalismo. La piccola città, nel nordest della Francia, ha deciso di aprire alla comunità musulmana, facendo della diversità il suo punto di forza. Dei centomila abitanti di Roubaix, il venti per cento sono musulmani. Si tratta di una delle percentuali più elevate del Paese, tenendo conto che la presenza dei musulmani in tutta la Francia è pari all'otto per cento della popolazione nazionale. 6
Uno dei principali quartieri musulmani, L'Epeule, è a pochi isolati dalla piazza centrale, ed è parte integrante della vita della città. La strada è fiancheggiata da macellerie halal e la libreria Safir fa ottime offerte sul Corano. La città conta in tutto sei moschee, più una in costruzione, ed è stata disposta la nomina di un religioso musulmano in ospedale. Tre aree del cimitero sono riservate alla minoranza islamica, una rarità in Francia. Per discutere su come affrontare le esigenze dei cittadini, il sindaco ha costituito un consorzio che include un rappresentante di ogni gruppo religioso, insieme al rappresentante di un gruppo che sostiene una concezione strettamente laica dello stato. Il livello di integrazione raggiunto non è, come si potrebbe pensare, direttamente collegabile al livello di benessere della cittadina. A Roubaix infatti, si registra il peggiore tasso di disoccupazione nel Paese, pari al ventidue per cento, con un picco per quanto riguarda i giovani e quasi la metà delle famiglie sono sotto la soglia della povertà. "Roubaix è rappresentativa di come si possa vivere in armonia, per quanto riguarda l'immigrazione" ha detto Muhammed Henniche, segretario generale dell'Unione delle associazioni musulmane di Seine-Saint-Denis, sobborgo parigino. Le ragioni di tale scelta sarebbero da ricercare nella lunga storia di immigrazione della città, che in passato ha accolto anche buddisti dell'Asia meridionale e altri gruppi religiosi. "Guardando alle statistiche emerge che in due o tre generazioni tutta la Francia sarà come Roubaix." ha pronosticato Bertrand Moreau, portavoce dell'ufficio del sindaco, spiegando come la cittadina rappresenti un laboratorio dove è possibile sperimentare come andranno le cose. La domanda è se questo approccio multiculturale potrà diventare un modello per le altre città francesi o resterà un'eccezione. Sliman Taleb-Ahmed, presidente dell'associazione delle istituzioni musulmane a Roubaix, spera che l'esempio della sua città non resti un caso isolato: "Il nostro filo conduttore è quello di vivere insieme, e c'è una immagine che vogliamo dare alla comunità musulmana. Siamo cittadini francesi prima di tutto, ancora prima dell'aspetto religioso" 1.3 IL CONSIGLIO FRANCESE DEL CULTO MUSULMANO E LE REAZIONI DELLA COMUNITA’ ISLAMICA Il consiglio francese del culto musulmano, è un organismo nazionale eletto, per fungere da interlocutore ufficiale con lo Stato francese nella regolamentazione delle attività religiose musulmane. È ufficialmente stato creato nel 2004 e fortemente sostenuto da Nicolas Sarkozy, all'epoca ministro dell'Interno. Il CFCM interviene nelle relazioni col 7
potere politico francese, nell'edificazione delle moschee, nell'allestimento dei mercati di alimenti ḥalāl (leciti), nella formazione professionale di alcuni imam e nello sviluppo delle rappresentanze musulmane nei carceri e nelle forze armate francesi. Esso fissa le date d'inizio in Francia del mese sacro di Ramadan (che, essendo un mese lunare, varia ogni anno e il cui inizio astronomico deve essere testimoniato da dotti particolarmente versati sulla questione) e, attraverso il Consiglio europeo della ricerca e della fatwa, emette fatwa applicabili in Francia, nel rispetto del suo ordinamento giuridico. Il Consiglio d'amministrazione è eletto per tre anni dai delegati delle moschee francesi, il cui numero è determinato in base alla superficie dei luoghi di culto islamici. Il Consiglio elegge nel suo seno l'Ufficio esecutivo, che a sua volta elegge il presidente del CFCM per la durata del mandato. I Consigli regionali del culto musulmano (CRCM) sono eletti nello stesso momento. Dalil Boubakeur è stato il primo Presidente del CFCM, eletto nel 2003 e confermato nel 2005, malgrado la sconfitta della Grande Moschea di Parigi e la vittoria della Federazione nazionale dei musulmani di Francia. Nel giugno 2008, Mohammed Moussaoui, nato nel 1964 a Figuig (Marocco), professore di matematica nell'Università di Avignone e vicepresidente del Rassemblement des musulmans de France, sostituisce Boubakeur alla presidenza in seguito alle previste elezioni. Nel Consiglio sono rappresentate diverse tendenze: • Il Comitato di coordinamento dei musulmani turchi di Francia (CCMTF); • la Federazione francese delle associazioni islamiche d'Africa, delle Comore e delle Antille (FFAIACA); • la Federazione «Invito e missione per la fede e la pratica; • la Federazione nazionale dei musulmani di Francia (FNMF); • la Grande Moschea di Parigi (GMP); • l'Unione dei musulmani di Francia (RMF); • l'Unione delle organizzazioni islamiche di Francia (UOIF); In Francia però, non mancano coloro che contestano la rappresentatività del CFCM, che ambisce ad essere il portavoce dei circa 3,5 milioni di fedeli musulmani in territorio francese. Per i suoi detrattori, il CFCM non è un'istanza religiosa, bensì politica e, dunque, non in grado di rappresentare in modo appropriato la maggioranza dei musulmani francesi o residenti in Francia. Quotidiani francese come lo stesso Charlie Hebdo o Le Canard enchaîné hanno sottolineato che Sarkozy, all’epoca del suo mandato, sembrava favorire la UOIF. L'attentato terroristico alla sede di Charlie è stato, com'è normale, immediatamente condannato dalla comunità internazionale, società civile e istituzioni politiche. Tra le 8
reazioni, vale la pena soffermarsi su quelle della comunità islamica francese e dei suoi organi rappresentativi, appena descritti. Al diffondersi delle prime notizie, il Consiglio francese del culto musulmano ha diramato un comunicato dai toni molto chiari: “Il Consiglio islamico francese e tutti i musulmani francesi condannano con la più grande determinazione l'attacco terroristico di eccezionale violenza commesso contro il giornale Charlie Hebdo. Questo atto barbaro di estrema gravità è anche un attacco contro la democrazia e la libertà di stampa”. In seguito i musulmani francesi hanno diramato un secondo comunicato a firma di tutte le principali comunità del Paese, riunitesi nella Moschea di Parigi per iniziativa del presidente del Consiglio francese del culto musulmano. Nel comunicato si invitano i musulmani a osservare un minuto di silenzio per le vittime dell'attentato, si esortano gli imam di tutte le moschee a condannare gli attentati, e tutti i cittadini di fede islamica a partecipare massicciamente alla manifestazione tenutasi l’11 Gennaio. Il presidente Mohammed Moussaoui, ha dichiarato: “L'Islam condanna l'assassinio, condanna l'omicidio, e noi siamo assolutamente inorriditi”. Sulla stessa linea il rettore della moschea Bordeaux, Tareq Oubrou che ha dichiarato: “I musulmani sono traumatizzati, sono stanchi, la maggioranza silenziosa si sente presa in ostaggio da questi folli. La comunità musulmana deve agire e manifestare insieme”. Per l'imam di Bordeaux: “La caratteristica di una religione è di unire le persone, e ogni atto che intende dividere l'umanità, la società, non è un atto religioso”. Al contrario di quello che si potrebbe pensare, le moschee sono tra i posti più controllati da tutti i servizi segreti francesi, europei e non solo. Lo sanno benissimo gli imam. C’è un interesse reciproco al controllo. L’imam è il primo ad avere interesse a non avere ‘teste calde’ nella sua moschea, salvo casi eccezionali accaduti in passato e subito identificati. Così come una testa calda se vuole partire per arruolarsi nell’Isis non passa prima dalla moschea, che è un posto molto controllato. Le moschee sono strumenti di controllo sociale. Sono gli individui singoli isolati, con pochi legami sociali, a essere pericolosi. Nel mondo ci sono 1 miliardo e 600 mila musulmani non radicali e , a mio parere, noi dobbiamo stare dalla loro stessa parte e riconoscere loro gli stessi diritti. Se ci comportiamo come se fossero tutti uguali facciamo il gioco dei radicali e alla fine i musulmani si stuferanno di essere etichettati sempre come terroristi e magari lo diventano davvero. L’integrazione è sinonimo di sicurezza, la demonizzazione reciproca no. Anche in Italia non sono mancate le voci di condanna. Il presidente dell’UCOII, l’Unione delle comunità islamiche italiane e imam di Firenze Izzedin Elzir ha dichiarato: 9
“Il nostro sdegno e la condanna per questo atto vile sono totali. Un atto vile che ha strappato la vita a 12 persone che lavoravano per la libertà e la crescita dell’umanità; un atto compiuto da soggetti senza il minimo rispetto e considerazione per la vita”. Le reazioni di questi enti, che rappresentano il mondo musulmano, dimostra che non si può parlare di un unico Islam a livello mondiale. Così come non c’è un Islam europeo e non c’è neanche un unico Islam nello stesso Paese. Esistono differenze culturali, linguistiche e dottrinali. Nell’Islam esistono varie tendenze. La maggioranza è di tipo quietista, di coloro che sono musulmani senza voglia di qualificarsi come tali, senza scriverselo sulla maglietta insomma. È la parte più secolarizzata dell’Islam e che si impegna di più nel dialogo e nell’integrazione. Poi c’è una parte più islamizzata, che non vuol dire più radicale, ma più impegnata socialmente e anche politicamente. E infine c’è una frangia radicale che sostiene il califfato e la violenza. Tutte queste tendenze convivono insieme. Il quotidiano Libero ha usato l’immagine molto forte dell’attentatore che spara al poliziotto musulmano in prima pagina intitolandola “Questo è l’Islam”, magari senza neanche sapere che si trattava di un musulmano contro un altro musulmano. Da questa immagine si vede chiaramente che non c’è uno scontro tra l’Islam e l’Occidente o l’Islam e l’Europa, c’è uno scontro all’interno della comunità musulmana tra due modi diversi di vedere la stessa cosa. D’altronde le guerre peggiori sono le guerre fratricide. La cosa peggiore, a mio parere, è che il prezzo maggiore degli atti violenti dei musulmani lo pagano i musulmani stessi, quelli integrati e non violenti, come il poliziotto ucciso, che non c’entrano niente. Il terrorismo di matrice islamica danneggia le comunità musulmane, generando diffidenza e paura. Con l’espressione Islam moderato si intende nel senso comune una religione non fondamentalista, non violenta. Se si intende con moderato un’Islam non violento, allora sì questo esiste ed è la maggioranza. 1.4 REAZIONI DELL’ OPINIONE PUBBLICA INTERNAZIONALE Anche l'opinione pubblica internazionale ha reagito in maniera molto forte ai fatti di Parigi. Nelle ultime settimane in tutto il mondo la 10
frase “Je suis Charlie” è stata usata come messaggio di solidarietà e di difesa della libertà d’espressione, dopo gli attentati alla sede del giornale satirico Charlie Hebdo, diventando virale sul web. L’hashtag #JeSuisCharlie è diventato uno dei più popolari di sempre su Twitter (è stato usato più di cinque milioni di volte), le immagini che riproducono lo slogan sono state viste in decine e decine di raduni e manifestazioni in tutto il mondo, sono arrivate sulle prime pagine della stampa internazionale e negli profili di milioni di persone sui social network. Joachim Roncin, giornalista di musica francese per la rivista Stylist, è stato il primo a pubblicare un’immagine con la scritta “Je Suis Charlie” su Twitter, poco meno di un’ora dopo l’attentato, la mattina del 7 gennaio 2015. Roncin ha detto di aver creato l’immagine poco dopo l’attacco unendo il nome del giornale e il carattere del suo logo alla struttura del logo di una famosa serie di libri per bambini – “Dov’è Wally?”, che in francese è “Où est Charlie?” – che Roncin legge spesso a suo figlio. L’immagine era nata soltanto per esprimere un sentimento personale di paura di Roncin, che si era sentito personalmente attaccato dai fatti alla redazione di Charlie Hebdo. In pochissimo tempo però lo slogan “Je Suis Charlie” e la sua immagine sono arrivati dappertutto, utilizzati e riprodotti da milioni di persone in tutto il mondo anche nelle versioni ”I am Charlie” in inglese, “Io sono Charlie” in italiano, “Yo soy Charlie” in spagnolo, e “Ich bin Charlie” in tedesco. Lo slogan funziona anche perché evidenzia sentimenti come vicinanza ed empatia, facendo immedesimare tutti nelle vittime di un atto violento. L’immagine creata da Roncin non è diventata solo il simbolo della resistenza ai terroristi e della solidarietà per le vittime, per via della sua enorme popolarità. Purtroppo poche ore dopo la sparatoria a Charlie Hebdo, in molte persone hanno tentato di registrare i domini internet jesuischarlie.fr, jesuischarlie.com, e jesuischarlie.org. L’Istituto Nazionale della Proprietà Intellettuale francese ha comunicato di aver rifiutato più di centoventi richieste di registrazione del logo: secondo l’Agence France-Presse almeno due di queste richieste erano legate alla vendita di armi. Questi tentativi di guadagnare dal logo e dal successo che ha avuto nel mondo hanno dato molto fastidio a Roncin, che ha deciso di proteggere lo slogan attraverso le leggi di copyright per evitare rischi come questi. Roncin ha presentato richiesta di registrazione del marchio il 15 gennaio, per cercare di mantenere intatto il messaggio iniziale dell’immagine. “Sinceramente mi ha fatto molto male sapere che delle persone hanno cercato di farci dei soldi. Soprattutto perché svaluta profondamente il significato dello slogan”, ha detto Roncin. 11
Molti esperti di marketing hanno criticato il tentativo di commercializzare lo slogan “Je Suis Charlie” ma non ne sono stati sorpresi: è un fenomeno che si è verificato molto spesso negli ultimi anni. 1.5 IL CORTEO DELL’11 GENNAIO A PARIGI Il presidente François Hollande, una volta giunto sul luogo della strage, ha parlato di “attentato terroristico di eccezionale barbarie” e ha promesso di trovare i colpevoli. Hollande ha poi aggiunto: “Siamo in un momento molto difficile, sono stati sventati diversi attentati di recente, e noi puniremo gli autori. Nessuno può pensare di agire in Francia contro i principi di libertà della nostra Repubblica”. Hanno condannato l'attentato ed espresso solidarietà e vicinanza alla Francia il Consiglio di sicurezza dell'ONU, il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente del consiglio dei ministri italiano Matteo Renzi, il primo ministro britannico David Cameron, il primo ministro olandese Mark Rutte, il presidente russo Vladimir Putin, il primo ministro indiano Narendra Modi, il portavoce del presidente statunitense Barack Obama, Josh Earnest, il governo spagnolo, il governo turco e altri tra cui la Santa Sede e il premier israeliano Benjamin Netanyahu, nonché la Lega Araba e l'Università Al-Azhar, massimo centro per gli studi sunniti. Il leader del partito sciita Hezbollah, Sayyed Hassan Nasrallah, ha condannato l'evento definendo gli attentatori “takfir”, ovvero apostati; secondo le sue parole essi hanno insultato l'Islam “anche più di quelli che hanno attaccato il messaggero di Dio attraverso libri che ritraevano il Profeta o facendo film ritraendo il Profeta o disegnando vignette sul Profeta”. L'11 gennaio 2015 si spiega per le strade di Parigi un corteo di oltre due milioni di persone (oltre 3 milioni e mezzo in tutta la Francia) esprimendo solidarietà alle vittime degli attentati e ai loro familiari. Secondo le autorità francesi si è trattato della più grande manifestazione nella storia del paese, almeno da quando si tengono queste registrazioni. Al corteo partecipano i premier delle nazioni europee e altri leader Immagine del corteo del’11 Gennaio a Parigi politici, come Benjamin Netanyahu e Abu Mazen. Alla manifestazione non ha partecipato nessun rappresentante del governo 12
marocchino in quanto, durante tale momento di commemorazione, alcuni manifestanti mostravano immagini ritenute irrispettose della morale islamica. Gli Stati Uniti d'America hanno partecipato con l'ambasciatrice a Parigi e la Russia col ministro degli Esteri. 1.6 L’EDIZIONE SPECIALE DI CHARLIE HEBDO Un Maometto con il viso bagnato da un lacrima e in mano il cartello “Je suis Charlie”, inatteso manifestante per la libertà d'espressione. Così Luz, uno dei disegnatori sopravvissuti alla strage del 7 gennaio, ha disegnato la copertina del primo numero di Charlie Hebdo dopo l’attentato, uscito in Francia il 14 Gennaio con una tiratura record e, in traduzione, in molti paesi del mondo. Il numero è stato tirato in 5 milioni di copie e tradotto in 16 lingue. Al quotidiano Libération, che ha passato in rassegna le reazioni provocate nel mondo dalla copertina lo stesso Luz ha spiegato che la frase «Tout est pardonné», che sormonta l'immagine, ha per lui un doppio significato. A livello personale, indica che è stato in grado di superare lo shock, ovvero che “evidentemente tutto è perdonato, mio vecchio Maometto, è superabile perché sono riuscito a disegnarti”. Ma anche che “si ha il diritto di fare tutto e di rifare tutto, e di utilizzare i nostri personaggi come vogliamo”. Se per la redazione di Charlie quella di tornare su Maometto era forse l'unica reazione possibile, le reazioni che ha provocato in Francia e nel mondo non sono state unanimi né pacifiche. Riferisce Libération che il consiglio francese per il culto musulmano, pur invitando la comunità musulmana a rispettare la libertà d'opinione e a mantenere la calma, ha fatto sapere in un comunicato di ritenere la copertina “una provocazione” che “getta olio La vignetta apparsa in copertina del sul fuoco”. numero speciale di Charlie E mentre i giornali francesi mostrano tutta la loro solidarietà ai colleghi di Charlie Hebdo con numeri speciali (come quello di Siné Mensuel e Les Inrocks, che hanno a loro volta Maometto in prima pagina), le reazioni nel mondo sono state molto varie. 13
Negli Stati Uniti, la possibilità di riprodurre le caricature di Maometto pubblicate nel tempo da Charlie ha provocato un grosso dibattito: Usa Today, il Washington Post, il Wall Street Journal, Los Angeles Times, il CBS News le hanno riprodotte, mentre il New York Times ha detto no alla riproduzione: pur pubblicando uno speciale sulla preparazione del numero di Charlie la prima pagina era visibile solo con un link al sito di Libération. Dei 534 quotidiani americani, passati in rassegna da Libération stessa, soltanto il New York Post ha riprodotto interamente, in piccolo formato, la nuova vignetta di Maometto. Anche in Gran Bretagna i quotidiani si sono divisi. Il Times si è limitato a descriverla, il Telegraph ha pubblicato sul sito solo la parte superiore con la scritta 'Tout est pardonné', mentre The Guardian e The Independent l'hanno pubblicata, con il disclaimer “alcune persone potrebbero trovarla offensiva”. In Turchia, il giornale fondato da Ataturk nel 1924 ha un pattuito di pubblicare due terzi del contenuto del nuovo Charlie, mentre in paesi arabi di lingua francese come la Tunisia il settimanale è stato distribuito. Dal Medio Oriente arrivano dichiarazioni critiche. L'organizzazione jiahista dello Stato Islamico attraverso la sua radio ha definito “estremamente stupida” dal parte del “giornale ateo” Charlie Hebdo la pubblicazione del Maometto piangente, spiegando come il settimanale abbia scelto di “sfruttare gli eventi per ricavarne un beneficio materiale mettendo in vendita un numero che insulta il profeta”. Per il portavoce della diplomazia iraniana, Marzieh Afkham, il disegno “è lesivo dei sentimenti dei musulmani”, mentre Al-Azhar, principale autorità dell'Islam sunnita in Egitto, ha dichiarato che “riaccenderà l'odio”. Infine, il predicatore sunnita Yusuf al- Qaradawi, considerato un'eminenza grigia dei Fratelli Musulmani, ha dichiarato che a suo parere la decisione “non è saggia né logica”. In Italia, in due giorni sono state vendute con Il Fatto Quotidiano quasi 500 mila copie del settimanale nella versione originale (con l’aggiunta di traduzioni a piè di pagina). Il Fatto ha deciso di rendere disponibile il nuovo numero del giornale satirico anche venerdì 16 gennaio, non più in allegato obbligatorio ma come possibilità di acquisto facoltativa. 14
1.7 RIFLESSIONI CONCLUSIVE La società multiculturale, propugnata anche dai principi della rivoluzione francese, è quindi fallita? Il fatto che cittadini francesi a tutti gli effetti (dove solo i propri nonni possono o potevano vantare di essere nati fuori dalla Francia), persone della cosiddetta “terza generazione”, diano più senso al credo religioso abbracciando il terrorismo sopra ogni appartenenza alla Francia e alla cultura occidentale, farebbe pensare che si, è fallita. Su questo tema, il multiculturalismo appunto, forse la Francia deve affrontare in questo momento problemi molto più grandi che in ogni altro paese europeo, perché la loro è la più grossa comunità islamica europea. Tanti possono essere gli elementi che sono all’origine del fallito multiculturalismo e gli effetti di questo fallimento si sono iniziati a vedere già da tempo. Da anni infatti, Parigi vive una condizione di difficoltà per quanto riguarda l'integrazione dei giovani, quasi tutti di origine araba, che vivono nelle banlieus, cioè nelle periferie della città. A peggiorare questa già difficile situazione hanno contributo ulteriormente la recessione economica e la disoccupazione degli ultimi anni. Ma probabilmente non è solo questo, il “multiculturalismo mancato” forse è un “difetto” della società europea (che nonostante la crisi economica è ancora il posto dove si vive meglio e con la qualità di vita più alta), che non ha saputo assimilare e confrontarsi positivamente con chi proveniva e proviene, dai paesi arabi, o da qualsiasi altra parte del pianeta. Da sempre la caratteristica dei giovani (e dei meno giovani) musulmani presenti in Europa è quella di fare i lavori “più bassi” e umili nella gerarchia sociale (con le dovute distinzioni ed eccezioni). La cultura occidentale europea ha contributo (e contribuisce) a peggiorare questa situazione poiché non ha saputo (e non sa) offrire a questi giovani 'ex stranieri' le opportunità per sviluppare le loro capacità ed intelligenze, integrandoli in un unico progetto di sviluppo aperto al futuro. La soluzione a questa frattura multiculturale può avvenire solo se ci sarà un “ricollocarsi” della società europea, che non può essa essere uguale a quella di trent’anni fa. Il 15
cambiamento della coscienza collettiva europea potrebbe essere un’opportunità per attuare un processo sinceramente multiculturale e per uscire dal declino lento e inesorabile a cui sembra essere condannato il vecchio continente. BIBLIOGRAFIA • Vincenzo Cesareo, Studi e riflessioni per lo sviluppo del dialogo interculturali, in Clara Demarchi, Nella Papa, Nuccia Storti (a cura di), Per una città delle culture. Dialogo interculturale e scuola. • R. Guolo, La società mondiale. Sociologia e globalizzazione. Milano: Guerini, 2003 • E. Colombo, Le società multiculturali. Roma: Carocci, 2011 • Intevista a Stefano Allievi, Islam, istruzioni per l’uso. Un’intervista sui fatti di Parigi, gennaio 2015 http://www.linkiesta.it/islam-italiano9/01/2015 16
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