Gli Stereofunk, un scrigno prezioso aperto nella musica della Capitanata

Pagina creata da Emanuele Alberti
 
CONTINUA A LEGGERE
Gli Stereofunk, un scrigno
prezioso aperto nella musica
della Capitanata
Parliamo del singolo “The dance” l’ultimo singolo della
formazione prettamente funk non a caso chiamata Stereofunk.
Essa è composta dal nucleo duro e creativo nell’ artista
Luciano Ferrucci stimato paroliere e agitatore culturale nella
scena musicale, filmica e letteraria di Lesina, e del
polistrumentista Antonio Miucci, ispirato da mondi di luoghi e
non luoghi sonori che spingono dagli Iron Maiden fino al jazz
passando attraverso la psichedelia       dei   Floyd   fino   ai
compositori lounge come Umiliani.

Interessante è da sottolineare che questo duo però, assume
diverse vesti artistiche. Da menzionare è quella di
“Iron&Gang”. Per la precisione, in questo prezzo “ Summer
Maiden”, la tessitura è chill-easy e funk microtonale. C’è un
un’assolo poderoso e lo scorrimento di foto din cui campeggia
una stupenda poesia di Luciano, dedicata ai loro amati
compagni di viaggio scomparsi: leoncino e Francesco Giagnorio.
Gli Stereofunk tirano fuori “the dance”, un’anomalia del loro
suono tipico suddetto, che nasce come canzone costola di un
Adamo caleidoscopico e summa femmina pregna di alterazioni e
visioni che vanno dal velluto blu di Lynch fino al videodrome
di Cronenberg. Il pezzo ha un sitar campionato alla chitarra
che fa tornare alla mente gli esperimenti in bolla di un certo
progressive dei Porcupine Tree. Nel laboratorio a scoppio, di
sostanze alogene e gas floydiani, si perde il controllo del
flusso di in-coscienza e, le contorsioni della serpe di
campagna, sembrano gli spasmi della macchina morbida e della
scimmia di un tossico cut up burroughsiano. Misto di miti
videosonori in cui i Tool tornano dai padri detentori di una
certa pachidermia lisergica all’indirizzo Cream di Disraeli
gears. Il brano di cui parliamo, è stato scritto e girato da
Luciano Ferrucci che alle parole in-crociate questa volta
trova e suggerisce sensazioni al limite di certi mondi
disturbanti di Lars von Trier, Gaspar Noè, e Lucio Fulci (vedi
alla voce mondo movies). Antonio Miucci coglie il lavoro di
cesellatore che da anni fa sul portfolio degli Iron Maiden.
Mette su una base, un certo numero contrappuntativo di
miniassoli nascondendone il senno primo e imbastendo un
arrangiamento ricercato e pruriginoso. Un arrangiamento dove i
nostri due trovano amplesso chimico-elettrico con l’aiuto una
mano lontana alla chitarra ritmica di un altro artigiano
lesinese poliedrico e iperinvasato agitatore Delle 7 corde:
Matteo Torchiani.

Potremmo fermarci a questa intossicazione mentale?

No di certo!.

Perché l’importante di questi malvagi Stereofunk, é di essere
una coppia solida ma anche una famiglia allargata. Il merito è
di aver attratto a sé un gran numero di artisti lesinesi,
creando di fatto una scena. Purtroppo nascosta fino ad ora,
che ha radici di anni ed anni di incursioni in questo è quell’
altro genere senza limiti pregiudiziali di sorta.

Ci sono da 15 anni. Ma questo ragazzo-suono è diventato già un
uomo, come si vede nella foto dei due noti amici dalla
cinematica immortalità.

Quindi hanno trasceso anche l’età del mortale e nella loro
avventura “eterna” ci terranno ancora compagnia tra uno
scherzo da bar e un palco nascosto, la loro solita
monicelliana malinconica risata e il ghigno Zanardiano, sarà
un bel “cielo in una stanza”.

Intanto in attesa del prossimo pezzo vi posto un pó di link
dove trovate il loro prezioso lavoro e le loro collaborazioni
in questi anni di “sotterranea attività”.

L’uomo stereofunk è un punk innamorato di un paio di tette e
di un culo di latex di una sbarbina follemente e perennemente
in eptadone. E qualcuno capirà perché.

A presto.

Il  nuovo   singolo  de   IL
CREMLINO di Franco Franchi,
una band della capitanata
Esce Franco Franchi, il nuovo singolo de IL CREMLINO, una band
della capitanata che unisce un nonsense visionario nei testi,
a suoni eighties nei synth.

1.Biotecnicismi: Il Cremlino si affaccia al 2021 con l’uscita
del nuovo singolo, Franco Franchi (qui il video scritto e
girato             da            Danilo             Giuncato
https://www.youtube.com/watch?v=5NGCz1WJE8Q )

La produzione è stata curata dalla Kuorenero Production e
masterizzato agli Air Studios di Londra da Jasper Ward. Il
brano parla dell’attuale velocità nei rapporti tra la gente,
le   relazioni     umane    rapportate     ad   una   visione
contemporaneamente, correlata al passato, ma vissuta in
perfetto equilibrio tra le due parti. La regia del video è
stata affidata a Danilo Giungato. Nella line-up: Il Cremlino
è: (Fabio D’Errico) alla voce, synth e chitarre – Danilo
Giungato al basso – Annaberta Falcone ai pad elettronici

Il Cremlino è un progetto di Fabio D’Errico, formato nel 2018.
Garganico di nascita, il ragazzo è spinto da un forte
interesse per l’elettronica e la fotografia analogica, si
autocostruisce la quasi totalità della strumentazione usata,
riutilizzando, a volte, anche vecchi apparati ripristinati: le
valvole ed i transistor sono la sua musica. Le nottate nel
progetto sono spesso accompagnate da luci rosse e camera
oscura con la chimica, stampando e sperimentando fotografie:
fulcro di stimolo per la composizione musicale del progetto,
in parallelo ai viaggi. Di giorno lavandaio stiratore
nell’attività di famiglia, di notte sperimentatore.

2.Se telefonando: Ciao cari Cremlino, sono Gianni Rodari, ciao
Cremlino, sono Umberto Eco: belle citazioni pop giuste da
intrattenimento mai serioso. Ciao Cremlino, sono autoironia,
“arma” di guerra ad un clichè cantautorale da folk studio anni
70, ormai in naftalina nei cassetti dei malinconici “nonni”
revivalisti. Ciao ragazzi, sono Battiato, come avete fatto a
creare mè, che suono senza mè stesso, senza che filosofeggio?
 Ciao, siamo gli X-men: come fate ad essere così cartooneschi,
gommosi, rimpallati di inni generazionali onomatopeici e
calembour assortiti? Ciao siamo gli sfottò degli Skiantos e i
synth caldo-uterini dei Gaznevada. Grazie per averci messi in
mezzo. I suoni sono corposi in un dialogo tra bassi morbidi,
in singolar tenzone con le tastiere e i pad elettronici: Ecco,
un godibile elettroclash,, mai superstrutturato. Ecco i
faccioni luccicosi di Ratigher. Sì, è tutto visivo e
visualizzabile. I video di Danilo Giuncato sono trasposizioni
neoralistiche di “scuri ragazzi di vita pasoliniani”
inpixellati in girati tesi alla Danny Boyle. Ad ogni beat una
rivincita contro quella e quest’altra scena musicale. Non ho
bisogno di niente. MI diverto ad immaginare uno smile in
dancefloor, e mi bastano i giochi di parole del Buon Fabio.
Faccio serata così. faccio giorno così.

Link:

Facebook   https://www.facebook.com/ilcremlinomusic

Instagram https://www.instagram.com/il_cremlino_official/

Spotify
https://open.spotify.com/artist/1huKjGdBnURO0QPXFy4Nbc?si=fAHG
o5i7TCWyyKjOUkIypQ

YouTube
https://www.youtube.com/channel/UCREYl_6Fl4GAGlplOArs5Cg/featu
red

ilcremlinomusic@gmail.com

Fabio D’Errico +39 350 074 9346

ilcremlinomusic@gmail.com

il link di fuma https://www.youtube.com/watch?v=KPhYjgmOunI

il link youtube di Franco Franchi :

250 anni di Beethoven
“La musica costituisce una rivelazione più alta di qualsiasi
filosofia”

Questo era il pensiero di uno dei più grandi musicisti mai
esistiti: Ludwig van Beethoven. Quest’anno si celebrano i 250
anni dalla nascita del celeberrimo artista.
La carriera del compositore fu segnata dalla presenza del
musicista alla corte asburgica di Vienna, all’epoca centro di
assoluto riferimento per le arti musicali. Il compositore vi
si trasferì all’età di 22 anni su invito di Joseph Haydn, che
fu suo maestro e promotore poiché aveva individuato in lui
l’artista pronto a colmare il vuoto lasciato da Mozart.
Anche lui, come il piccolo Mozart, ebbe un padre musicista che
voleva esibirlo come bambino prodigio. Ma a differenza di
Wolfgang Amadeus, Ludwig non ebbe successo come ‘enfant
prodige’, ma si affermò nel corso degli anni grazie alla sua
genialità compositiva.

Di origine fiamminga, Ludwig van Beethoven nacque a Bonn il 16
dicembre 1770. Dopo un’infanzia triste e disagiata, il padre
Johann, tenore e violinista presso la corte del vescovo-
elettore di Colonia, lo avviò allo studio delle discipline
musicali. Ma il primo vero maestro di Beethoven fu il
compositore Christian Gottlob Neefe, che lo istruì all’armonia
e al contrappunto. In poco tempo il giovane musicista entrò
nelle grazie della Bonn finché il conte Waldstein gli procura
una borsa di studio per Vienna dove ha modo di incontrare e
conoscere Mozart. Di lì a poco però venne costretto a
rientrare a Bonn per assistere la madre morente.
Nel 1789 si iscrisse all’università dove partecipò alle
lezioni kantiane del van Schüren e nel 1792, grazie al conte
Waldstein, tornò a Vienna dove venne accolto dall’ambiente
aristocratico e intellettuale della capitale austriaca. Qui
studiò composizione con Franz-Joseph Haydn e con l’italiano
Antonio Salieri diventando un acclamato concertista        di
pianoforte a Praga, Berlino e nella stessa Vienna.
I suoi primi lavori vennero pubblicati nel 1795. Tra le sue
numerose opere, ricordiamo le sue sinfonie, la cui nona ed
ultima è considerata uno dei più grandi capolavori musicali
mai creati, nonostante venne scritta da sordo, le sonate per
pianoforte, Für Elise e molte altre.

“Sono”, l’ultimo singolo dei
Buca,     un’altra      voce
necessaria della scena It-Pop
del foggiano
È fresco di uscita “Sono”, il pezzo di una band, i Buca, nati
a lesina ma di istanza a Pescara. Un gruppo che sa maneggiare
la materia sonora grezza con arrangiamenti sia radio-edit, che
ricercati. La line-up è formata da William Buca(voce e
chitarra e inchiostro), Dario Buca( chitarra e contorsioni
soniche), Michele Troiano( basso al velluto e tante altri
ricami) e infine Alma Mazzola(batteria di precisione svizzera
con espressività fisico-interpretativa circense).     Intanto,
mentre li nomino, sono già nella mia stanza col quadro/santino
di Freud e trovano spazio sul lettino psicanalitico. Appena
inizio a ipnotizzarli capisco che le loro strumentazioni
meccatroniche al millimetro, mi fanno il cenno del consenso:
LA SEDUTA REGRESSIVA HA INIZIO.

Siamo nel 2018. Incontro uno stalker dal baffetto romantico
con un pezzo di foglio in mano e un un disegnino art brut come
sorpresa finale che non posso rivelare per segreto
professionale.          Vedete       il       video        qui
https://www.youtube.com/watch?v=aKKqmIZA2Es e capirete. Ai
pazienti in sessione si aggiunge un batterista altrettanto
ipnotico e ipnotizzato, dallo strano nome noto nelle strade
della boheme pescarese: Ric Ruiu il batterista ospite.
Qualcuno di loro inizia freneticamente sotto dettatura di un
so quale demone dalla scrittura automatica e verga: “siamo
noi, tocca a noi, dobbiamo suonare in apertura a Frah
Quintale”. Era D’estate, qualcuno aggiunge piangendo di gioia
e citando il nome di un importante festival pescarese: il
temibile e temuto Terrasound, esibizione visibile qui
https://www.facebook.com/Ibucaofficial/videos/1364035213741075
/

Siamo più vicini al risveglio: 5 giugno 2019. Dopo “la ballata
dello stalker” del 2018 di cui rivelato sopra, esce un corsivo
su una pagina elettronica del videodrome cronenberghiano, dove
confluiscono le code elettriche dei loro microfoni
d’amplificazione: “facciamo l’amore per strada, facciamola noi
la rivoluzione”. Il cursore indica il titolo della canzone, su
uno sfondo di uno strano randagio pece con degli occhiali da
sole alla Alan Vega dei Suicide: “In Persol” (qui
https://www.youtube.com/watch?v=Hlo_qa87tGs )

Ello è un gioco di parole e suoni tra il mistero buffo di
Dario Fo e i calembour di Umberto Eco. Sì, il messaggio è
chiaro: siamo felici del nostro italo-pop d’ispirazione
Negramaro (come diranno in un’intervista radio prendendoli ad
esempio insieme alla scuola romana dei Fabi e Silvestri).

Siamo tornati al presente e i pazienti mostrano una strana
voglia di guarire dai vari emuli anche se, il suono gommoso e
caldo di “Tradizione e tradimento” del citato Fabi, li ha
lasciati solo l’ultima possibilità di replicare al “maestro”.
E lui, è lì, nel mio sorriso, a dar loro l’assenso al compiuto
medicamento: “Sono” è il singolo della smentita e della patria
potestà. La scrittura di un William rigenerato dal viaggio,
può dire la sua, affiancato da una produzione di un resto
della band, mai così in stato di grazia. Ecco che quel “sono”
può essere letto anche come “loro=sono”. Un amore dell’altro
mondo come direbbe Tommaso Pincio che mette il punto su ciò
che viene da una bestemmia aliena per diventare parabola
terrestre: La sazietà. Di loro mi hanno detto che nell’ottobre
del 2019 hanno aperto una “casa di cura dal silenzio” a
Pescara. Un locale di amore per il sonoro e il canoro. Per
l’inedito e per le serate dove il pubblico sceglie le scalette
di hit da suonare. Sono rinsaviti ‘sti ragazzi. E di vivande
fatti esperti. Era proprio la fame che cercavano di saziare?.
Quella per la musica?.

Fate voi! Il locale a Pescara si chiama Mangiadischi. Tutto
torna.

Unica nota di dissenso è che il singolo poteva essere
arricchito di un buon video e non sprecato così. Magari era un
ottimo lasciapassare per un eventuale contest dall’eco
mediatica più ampia.

Ps. Per contatti li trovate qui:

fb: https://www.facebook.com/Ibucaofficial/

instagram: https://www.instagram.com/ibucaofficial/?hl=it

qui         l’esibizione           in        teatro          a
Chieti:https://www.facebook.com/Ibucaofficial/videos/216404121
0516127/

Countrick’s’,     il nuovo
progetto che racconta la
nostra Capitanata
Il lavoro è on line su you tube, raccoglie nomi che agitano
culturalmente il foggiano da tempo. Tutti insieme DJ,
Producers e MC per dar vita ad una raccolta di dieci tracce
che parla di una musica che resiste all’attacco della
frustrazione. La creatività diventa un riscatto contro un nido
di spine che, giorno dopo giorno, punge a goccia ematica, una
dopo l’altra, fino ad una ferita esistenziale.

Allora, visto che non c’è una madre che sottrae questa
generazione di nuovi urli senza briciole e bocche aperte, la
fame viene saziata dall’arte condivisa.

Il romanzo di formazione di questa prole aviaria ancora senza
volo, trova una natura amica nel vedere crescere il saltello e
le prime parole in un mondo-cielo dove ogni stella segna una
traettoria.

Ogni nuovo gorgheggio, sample, field-recording è registrato,
mixato e masterizzato da Mastro Jail nei locali
dell’associazione I Polli di Pirro, presso l’ex carcere di
Apricena:

Bonkers, Jumpo, Melino, Sesto Carnera, Totò Nasty, Dj Paisan,
Bosco, PexOne, Cenzi, Jail e Secco Secco iniziano e finiscono
uno dopo l’altro traettorie di una geografia sonorizzata che
attacca il corvo padrone indifferente allo sforzo del servo
lavorante, l’avvoltoio che passa alla fine per approfittare
dei resti di un reato biologico che diventa un teatro di
resistenza socio-patologica.

Però, dopo tanto tribolare e tentare il volo autodidatta e
senza piumaggio maturo, mi piace pensare che ci si possa farsi
trascinare da un nuovo maestro venuto dal passato con la sua
chitarrina antica pizzicata sapientemente insieme al lamento
di un’epoca senza gloria.

Un suono di quella chitarrina di Matteo Salvatore, che tanto è
diverso dai beat dei cinguettii tecnologici e delle barre che
si chiudono e si aprono restando sospese fino a beccare in
picchiata sulla preda.

Quel nido di spine è stato distrutto, la ferita ha trovato
cicatrice, il volo è stabile?

 La cosa che rincuora chi ascolta questo “progetto”, è che tra
maestri antichi e nuove generazioni di rap di vecchia scuola,
c’è una Capitanata che non si fa adescare dalla moda della
trap imperante, ma usa un linguaggio universale quasi che si
ferma nel tempo e ferma il tempo. Ciò che conta è restare
uniti. Perché uniti si può vedere la vittoria con
un’oggettività lucida innanzi a ogni forma di “sottomissione”.

Si proprio quella di cui parla Michel Houellebecq nel romanzo
“Sottomissione” appunto, o il realismo verista di Verga in
Mastro Don Gesualdo.

Le tracce dell’album Countrick’s

Intro
In the Pex
N.J.P.T.
Ogni tua scelta
L’incantatore
Spaccatelle
Proibito
Speranza
Skit
Outro

Il link del canale you tube dove ascoltare l’album è
https://www.youtube.com/channel/UClkecJ9y_ha4d3A9u6uu-qw

Louis Tomlinson torna in live
con un concerto online
Louis Tomlinson, membro dei One Direction, torna in live con
un concerto online per beneficienza.

Dopo Liam Payne e Niall Horan, tocca anche a Louis scendere
sul palco online e esibirsi. Quest’anno si è parlato molto di
lui e dei suoi compagni, Harry Styles, Zayn Malik, Liam Payne
e Niall Horan per i 10 anni della band. Tutte le fan sperano
che che quest’anno o negli anni successivi ci sia una reunion.

Il concerto si svolgerà su Veeps, il 12 dicembre alle ore 21
italiane.

I      biglietti        li         trovate      sul        sito
https://www.louis-tomlinson.com/. Il costo del biglietto è di
€18,22.

I proventi della vendita dei biglietti andranno            in
beneficienza verso 5 cause, importanti per Louis:

     FareShare;
     Crew Nation;
     Stagehand;
     Bluebell Wood Children’s Hospice;
     La crew di Louis;

Louis su Twitter, ha confermato che canterà alcuni dei sui più
grandi successi, come Walls, Kill My Mind e Miss You, e alcune
canzoni dei One Direction . Ha affermato che ci saranno molte
sorprese.

Quindi correte ad acquistare il biglietto, per non perdere
tutte queste sorprese.

Forza Louis!!!

La denuncia al Femminicidio
nel mondo della musica
Era il 2 ottobre del 1995 quando Nick Cave and the Bad Seeds,
con la collaborazione di Kylie Minogue, pubblicarono Where the
Wild Roses Grow, singolo appartentente all’album “murder
ballads” (ballate sugli omicidi), canzoni sul tema di amore,
omicidio e morte, tipiche dell’800 e molto popolari in UK e
Irlanda.
Il brano, duettato dal frontman della band e dalla cantante
australiana, si ambienta nell’Europa medievale e narra la
terribile storia d’amore tra un corteggiatore, interpretato da
Cave, ed Eliza Day, la cui bellezza era paragonata a quella di
una rosa selvatica che cresce lungo un fiume, impersonata da
Kylie Minogue.
Il testo si divide in 3 parti, conosciute anche come “I tre
giorni del corteggiamento”:
il primo giorno lui andò a trovarla a casa ed asciugò le
lacrime della “rosa selvatica”, rassicurandola fra le sue
braccia. Il secondo le portò una rosa rossa e le chiese di
incontrarlo di nuovo dove crescevano le rose selvatiche. Il
terzo giorno la portò al fiume, dove aspettò che Eliza fosse
di spalle per afferrare una pietra, sussurrarle all’orecchio
“tutta la bellezza deve morire”, ed ucciderlo con un colpo
secco. E dopo aver messo una rosa fra i denti della donna, la
spinse nel fiume.

La canzone ha ricevuto un’accoglienza positiva dalla critica
musicale ed è diventata il singolo di maggior successo della
band al mondo raggiungendo il numero 3 in Norvegia, i primi
cinque in Australia e i primi venti nel Regno Unito, Irlanda,
Germania e Nuova Zelanda. Ha anche ricevuto una versione
promozionale limitata negli Stati Uniti. La canzone è stata
certificata Gold in Germania nel 1996 per 250.000 copie
vendute, nonostante non abbia mai raggiunto la top 10 in quel
paese. Si è piazzato di nuovo in fondo alla Top 100 tedesca
nel 2008 a causa dei download digitali dopo essere stato
utilizzato in una soap opera. “Where the Wild Roses Grow” è
stato anche certificato Gold in Australia per aver venduto
50.000 copie.

Bloody Vinyl di Dj Slait
Recensione di Simone Telesca
Questa volta Slait si affianca ad altri tre artisti
(produttori) che avrete sicuramente visto o sentito in altri
brani: Low Kidd e i
due giovani tha Supreme e Young Miles, che pur la giovane età
hanno un talento innato.

L’album presenta 15 tracce con (Fibra, Jake, Guè, Coez, Salmo,
Hell Raton) tutta la nuova scuderia della crew Machete ed
anche: (Dani Faiv, Lazza, Taxi B, Massimo Pericolo, Mara
Sattei, Madame, ecc).

L’intento è accontentare un po’     tutti, dai nostalgici ai più
giovani, e soprattutto fare il     botto su Spotify con feat. a
più non posso. Il risultato è un   grande lavoro.
Un pezzo che personalmente mi      ha colpito è “BLOODY BARS –
Locked” perché contiene la partecipazione di un ragazzo di 14
anni classe 2006 (Sir Prodige), che nel pezzo ha veramente
fatto un figurone.

Anniversario di morte                                      di
Heitor Villa-Lobos.
Heitor Villa-Lobos, nato a Rio de Janeiro il 5 Marzo 1887, fu
un famoso compositore dell’età contemporanea.
Il suo primo tentativo di avvicinamento alla musica avvenne
durante l’adolescenza, imparando a suonare il violoncello. Vi
seguirono il clarinetto, pianoforte, sassofono e la chitarra,
lo strumento musicale attraverso il quale venne riconosciuto
come compositore e innovatore. I suoi studi, quasi totalmente
da autodidatta, si basarono sulle opere di Bach e Vincent
D’Indy, mentre quelle di chitarra si incentrarono sulle
composizioni di Fernando Sor, Dionisio Aguado, Matteo Carcassi
e Ferdinando Carulli. Dal 1905 al 1913, decise di scappare di
casa per recarsi nelle regioni nord-orientali del Brasile.
Dopo aver ottenuto una borsa di studio a Parigi ed aver
concluso gli studi, rientrò in patria acclamato come un eroe
nazionale.
Nel 1942 fondò il conservatorio di Canto Orfeonico e nel 1946
un’accademia musicale.
Dopo numerose composizioni e concerti, morì nella sua città
natale il 17 Novembre 1959, esattamente 61 anni fa.

Tra le quasi 1300 opere prodotte da questo genio, vi troviamo
12 sinfonie, 17 opere, quartetti d’archi, balletti, suite,
poemi sinfonici, concerti, lavori vocali, pezzi per
pianoforte, musica religiosa, opere teatrali e colonne sonore,
ma il tipico sound di Heitor Villa-Lobos lo troviamo negli
Choros (parola Portoghese dal significato “pianto”), una serie
di composizioni dell’omonimo musicista che fanno riferimento
allo stile sentimentale di queste opere, composte fra il 1920
e il 1929.

Letter to You
«Sotto un cumulo di alberi ibridi ho tirato quel filo
irritante, mi sono inginocchiato, ho impugnato la penna e
chinato la testa. Ho provato a evocare tutto quello che il mio
cuore ritiene sincero e lo spedisco nella mia lettera per te:
le cose che ho scoperto durante i momenti difficili e belli,
le ho scritte tutte con inchiostro e sangue, ho scavato a
fondo nella mia anima e ho firmato con il mio vero nome… e
l’ho spedito nella mia lettera per te…»
È così che Bruce Springsteen sceglie di raffigurare il suo
nuovo album.
Con questa breve descrizione, il Boss d’America invita il
lettore a riflettere saggiamente citando i primi versi
dell’omonima canzone.
Rispetto al suo ultimo album “Western Stars”, di genere
Country Rock, il ritorno dell’artista è caratterizzato dal suo
tipico Rock, grazie al quale è riconosciuto in tutto il mondo.
“Letter to You” ha ottenuto l’acclamo universale da parte dei
critici musicali. Sul sito “Metacritic” l’album ha ottenuto un
punteggio medio di 88/100, ha debuttato alla seconda posizione
della Billboard 200, risultando il suo ventunesimo album nella
Top 5 della classifica americana, è stato il più venduto negli
Stati Uniti d’America nella settimana in cui ha debuttato e il
più venduto del 2020 in tutto il mondo fino ad ora.
Tra i brani che Il Boss ci offre, vi è “Rainmaker”, una
canzone che Bruce scrisse sedici anni fa, ai tempi della sua
battaglia con George W. Bush. In un’intervista afferma: «Credo
di averla composta quando lui era presidente. Avevo cominciato
a buttarla giù in quel periodo, ma mi sono accorto che si
adatta molto meglio a Trump perché parla di un demagogo. È un
pezzo nel quale cerco di capire che cosa sta succedendo, qual
è la connessione tra il demagogo e i suoi seguaci, qual è la
dinamica del potere tra loro. Il tema è molto interessante, e
così ho deciso di metterla nel nuovo disco. Ce l’avevo nel
cassetto da un po’, ma l’ho ripresa e l’ho aggiornata perché
penso che abbia una relazione diretta con la nostra situazione
attuale, vedi iniziative come quella, pacifica e
indispensabile, del movimento di Black Lives Matter».
L’album perfetto per tutti coloro che rimpiangono i vecchi
tempi, capace di far viaggiare nel tempo e innamorare
l’ascoltatore grazie alla varietà degli strumenti, tipica
della sua E-Street Band e alla voce graffiante del front-man.
Puoi anche leggere