Giovanni Arena - Cooperativa Millennium
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PREFAZIONE Cari lettori, mi presento, il mio nome è Giovanni, ho 15 anni e frequento la 2As del Liceo artistico Emilio Greco di Catania. Dovete sapere che purtroppo, sin da quando sono nato, soffro di un disturbo del neurosviluppo che non mi permette di esprimermi al meglio, né di comprendere chiaramente l'ambiente che mi circonda. Potrei farvi un elenco di sintomi e diagnosi ma nessuna di queste etichette vi potrebbe permettere di capire ciò che veramente provo. Se volete sapere come mi sento, immaginate di vivere in un ambiente circondato da stimoli fortissimi: suoni, luci e sensazioni invadenti che non riuscite mai ad attenuare del tutto e che vi fanno perdere sempre la concentrazione. Immaginate che il vostro corpo, attratto da mille cose interessanti, o importunato da mille altre cose fastidiose, cominci a muoversi e a toccare tutto senza che voi riusciate bene a controllarlo.
Immaginate di essere continuamente richiamati e sgridati per ogni vostra azione, anche se non avevate alcuna intenzione di combinare guai. Per fortuna a scuola ho due fantastici alleati che mi vogliono bene e mi proteggono. La mia insegnante di sostegno, Zaira, che è così dolce, gentile e paziente nel farmi imparare tante cose e il mio assistente all'autonomia e alla comunicazione, Sergio, che è così forte e determinato e che mi da tanta sicurezza. Loro mi incoraggiano sempre e mi stanno aiutando a scoprire che oltre ai miei difetti ho pure tante potenzialità. Una di queste, ad esempio, è il disegno. Dicono che rappresento le cose in modo particolare e che ho un tratto molto deciso. Un' altra di queste è la mia passione per le fiabe perché io sono un sognatore, gioco un sacco con la fantasia e non smetto mai di sorridere.
Così, con l'aiuto dei miei due maestri, ho deciso di provare a trasformare il mio potenziale in qualcosa di reale e tangibile. In qualcosa che potrebbe permettermi, in un certo senso, di ritagliare un mio utile spazio all’interno della nostra società. Qualcosa che potrebbe permettervi di guardare il mondo attraverso i miei occhi. Con immenso piacere voglio condividere con voi il mio libro: Fiabe Favolose. Il prodotto del mio impegno, del nostro impegno, per fare nel nostro piccolo qualcosa di buono e rendere il mondo un posto più inclusivo. Un posto in cui tutti possano vivere... per sempre felici e contenti! Vi auguro una buona lettura! Con affetto Giovanni
C’era una volta, tanto tempo fa, una vedova che aveva due figlie bruttine ed anche un po' antipatiche. Un giorno la donna sposò un ricco gentiluomo, anch’egli vedovo e con una figlia ma lui presto morì a causa di una brutta malattia. Le sorellastre e la matrigna, invidiose per la bellezza e dolcezza della figlia, la presero immediatamente in antipatia. Le affidavano i lavori di casa più umili e pesanti, lasciandola vestita sempre e solo con stracci e sporca di fuliggine. Dato che il suo volto e i suoi vestiti erano spesso ricoperti di cenere, le sorelle, per prenderla in giro, avevano cominciato a chiamarla Cenerentola.
Un bel giorno accadde un fatto straordinario, dal castello reale arrivò un paggio con un annuncio e cominciò a leggere: “Il principe erede al trono proclama che si terrà un ballo a cui sono invitate tutte le ragazze in età da marito”. “Il principe cerca moglie!” Esclamò la matrigna alle proprie figlie. “Andiamo a vestirci per il ballo”. Subito le due sorellastre iniziarono a correre qua e là, litigando come al solito e dando ordini a Cenerentola. Quanto le sarebbe piaciuto almeno per una volta indossare un bel vestito ed andare con loro! Ma con quegli stracci addosso… Come poteva fare?
La sera del ballo cenerentola rimase sola a piangere nell’orto. Quando ormai si sentiva presa totalmente dalla disperazione, inaspettatamente, apparve di fronte a lei una fatina dal sorriso allegro. “Ciao cara, mi presento, sono la tua fata madrina. Smetti subito di piangere, perché stasera tu andrai al ballo”. La fatina agitò freneticamente la sua bacchetta pronunciando una formula magica: “bibidi bobidi bu!” Improvvisamente una delle zucche dell’orto si trasformò in un’incantevole carrozza.
Cenerentola era stupita. Non poteva credere ai propri occhi. Un sorriso le illuminò il volto e subito la fatina la colpì con un’altra magia: “bibidi bobidi bu!” In meno di un attimo uno splendido vestito le scivolò addosso e due luccicanti scarpette di cristallo comparvero ai suoi piedi. “Non so davvero come ringraziarti” disse, rivolgendosi alla fata madrina. La fatina le rispose sorridente: “sei davvero una brava ragazza e meriti tutto questo. Va al ballo e divertiti! Ma mi raccomando, torna a casa prima che scocchi la mezzanotte, perché gli effetti dell’incantesimo svaniranno”.
Quella sera al ballo, gli occhi degli invitati si posarono più volte su di lei meravigliati. Tutti si chiesero chi fosse quella misteriosa e affascinante ragazza. Il principe, incantato dalla sua bellezza, la invitò a ballare per tutta la sera. Per cenerentola era tutto così perfetto e magnifico che si dimenticò totalmente di stare attenta al tempo, che scorreva inesorabile sull’orologio della grande sala.
Il suono della mezzanotte la fece sobbalzare! Cenerentola corse via, senza neanche riuscire a salutare il suo principe. Nella fretta frenetica della corsa perse pure una delle sue graziose scarpette di cristallo. La magia svanì velocemente. Quel sogno splendido era finito. La sua vita sarebbe tornata ad essere triste come prima.
Il giorno successivo, in realtà, Cenerentola si sentì allegra e piena di energie. Mentre preparava la colazione sorrideva, ascoltando le sorellastre che si interrogavano su chi fosse quella misteriosa fanciulla che la sera prima aveva rapito il cuore del principe. Lei era l’unica a conoscere quale fosse la vera identità della misteriosa fanciulla! La divertiva molto l’idea di suscitare invidia in quelle due donne tanto spregevoli.
Dopo qualche giorno spuntò il paggio del castello. Portava su un cuscino la scarpina di cristallo. “Per ordine del re, tutte le fanciulle del regno devono provare questa scarpetta” disse. “Chi riuscirà ad infilarla sposerà il nostro principe!” Le sorellastre in tutti i modi tentarono di infilare la scarpina, anche con la forza, ma senza riuscirci. Il paggio notò poi Cenerentola in disparte. “Tutte le fanciulle devono provarla!” disse. “Ma come? Lei è solo una piccola stracciona!” rispose la matrigna indignata. “Ordine del re!” ribatté il paggio con tono severo, avvicinando la scarpina a Cenerentola.
Quando videro che la scarpetta calzava perfettamente sul piede della giovane fanciulla, le sorellastre e la matrigna rimasero incredule. Era davvero lei la splendida ragazza che aveva fatto innamorare il principe? Cenerentola andò subito a vivere nel castello. Provò una forte compassione per la matrigna e per le sue sorellastre, così decise di invitarle a vivere nella sua reggia. Presto lei e il principe si sposarono. E vissero per sempre felici e contenti.
Hansel e Gretel
C’era una volta, in una casa nel bosco, un umile taglialegna che abitava con la propria moglie e i suoi due figlioletti: un maschio di nome Hansel e una femmina di nome Gretel. Si trattava di una famiglia molto povera. Una sera la moglie, che era una donna perfida, ordinò al marito di abbandonare i propri figli nel bosco dato che mancavano i soldi e le provviste per sfamarli. Ma anche Hansel e Gretel, di nascosto, udirono la conversazione…
Così, il giorno dopo, quando il padre si addentrò con loro nella foresta con la scusa di andare a cercare un po’ di legna da ardere, ma con l’intenzione di abbandonarli, Hansel portò con sé dei sassolini lasciandoli cadere lungo il tragitto. In questo modo, dopo essersi persi, i due seguirono la scia lasciata dai sassi e ritrovarono facilmente la strada di casa.
Il giorno successivo, inaspettatamente, il padre li porto di nuovo con sé nel bosco. Questa volta i due non avevano preparato un piano per ritrovare la strada di casa. Hansel dovette improvvisarlo. Man mano che proseguivano, il ragazzo, staccava molliche dal pezzo di pane che si erano portati come pranzo, per ritrovare il sentiero. Sfortunatamente gli uccellini che vivevano lì si mangiarono tutte le molliche.
Così Hansel e Gretel si persero nel bosco, dopo essere stati abbandonati. Era una notte buia e spaventosa, piena di tuoni e fulmini. Quando la tempesta finalmente passò, come per miracolo, si trovarono di fronte ad una casa molto buffa e particolare. Non credevano ai loro occhi, era fatta interamente di dolci.
I due fratelli, che stavano morendo di fame, non riuscirono a trattenersi e corsero verso la casa, cominciando subito ad ingozzarsi con tutti quei dolci squisiti che la componevano. Improvvisamente si accorsero che dalla porta di casa si era affacciata una vecchietta dall’aria molto dolce. Doveva essere la proprietaria. Lei, sorridente, li invitò subito ad entrare: “venite pure, i dolci più buoni sono all’interno”. La ringraziarono con un sorriso.
In realtà, non appena entrarono, la vecchia mostrò loro la sua vera natura. Si trattava di una perfida strega che voleva mangiarli. Hansel fu subito chiuso in una gabbia, la strega voleva farlo ingozzare fino a diventare grasso e tenero, per poterlo cucinare. Gretel invece fu costretta a occuparsi delle pulizie e a preparare il calderone in cui cuocere il fratello.
Quando ogni speranza sembrava ormai perduta, a Gretel venne in mente un’idea geniale per salvare Hansel. Chiese alla strega di mostrarle come doveva fare per controllare se il forno fosse acceso e, quando la vecchia glielo mostrò, lei la spinse e la chiuse dentro. Così la ragazzina poté liberare il fratello dalla gabbia e scappare con lui lontano da quella casa maledetta.
I due bambini riuscirono miracolosamente a tornare sulla strada di casa. Appena arrivarono ritrovarono loro padre che li abbracciò stretti. Raccontò che la perfida madre era morta durante la loro assenza. Si scusò per averli abbandonati e gli giurò che non l’avrebbe fatto mai più. Fu così che Hansel, Gretel e il loro papà poterono vivere per sempre felici e contenti.
Biancaneve
C’era una volta una regina, tanto bella quanto perfida. Ella passava le sue giornate a consultare uno specchio magico, per ottenere da lui la certezza di essere la donna più bella del suo regno. Un giorno come tanti altri, si rivolse di nuovo allo specchio: “specchio specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?”. Lo specchio le diede una risposta che la mise in forte agitazione: “o mia bellissima regina, mi dispiace deluderti ma devo informarti che esiste una fanciulla più bella di te nel regno”.
Lo specchio magico spiegò alla sua padrona che si trattava di una bellissima giovinetta dalle labbra rosse come ciliegie e i capelli scuri come l’ebano. La pelle della giovane fanciulla era morbida e candida come la neve e per questo tutti la chiamavano Biancaneve. La regina, vedendola proiettata nello specchio, andò su tutte le furie.
Accecata dall’ira e dall’invidia verso tanta bellezza, convocò immediatamente il più abile e spietato cacciatore del suo reame. Gli ordinò di uccidere Biancaneve e di portarle immediatamente il suo cuore, come prova della sua morte. Il cacciatore, nonostante avesse parecchia esperienza nell’uccisione a sangue freddo di animali, non poteva rimanere impassibile di fronte ad una ragazza così giovane e bella.
Così, appena si trovò di fronte alla fanciulla, non riuscì nemmeno ad avvicinarsi, incantato dalla sua bellezza. Gettò a terra il pugnale e le gridò di scappare via nel bosco. Poi, uccise un cervo che passava di lì e gli strappò il cuore dal petto. Mise il cuore all’interno di uno scrigno e lo portò alla sua regina, convincendola che fosse quello di Biancaneve.
Biancaneve passò la notte nel bosco tremando dalla paura. Non sapeva dove andare per sfuggire alle grinfie di quella perfida regina che la voleva morta. Il mattino seguente il sole era tornato a splendere e la giovane fanciulla si trovò di fronte una casetta piccola e accogliente. Trovò la porta aperta ed entrò incuriosita.
Si trattava della casa di 7 simpatici nani che lavoravano tutti i giorni in una miniera non molto lontano da lì. Appena tornarono e trovarono Biancaneve, la accolsero subito con grande gioia. Lei raccontò loro la sua storia e decisero di ospitarla per proteggerla.
Passò poco tempo prima che la regina malvagia scoprisse che in realtà Biancaneve era ancora viva e che era ospitata in casa dai 7 nani. Accecata dall’ira decise che stavolta sarebbe andata personalmente ad uccidere la bella fanciulla. Così usò i suoi poteri da strega per preparare un veleno mortale. Poi prese una mela rossa e succosa e la intinse nel veleno.
La perfida regina si presentò a casa dei nani, mentre questi erano ancora in miniera, travestita da dolce vecchietta. Offrì con gentilezza la mela avvelenata a Biancaneve. Alla giovinetta bastò dare solo un piccolo morso a quel frutto velenoso e cadde a terra in un sonno profondo da cui non si sarebbe più svegliata.
I nani, avvertiti dagli animali della foresta, accorsero subito e si scagliarono contro la regina facendola precipitare da un dirupo. Poi si misero tutti intorno a Biancaneve vegliando tristemente su di lei. Dopo un po’ di tempo passò di lì un giovane e coraggioso principe che, vedendo Biancaneve, si chinò e la baciò.
Come per incanto, quel bacio riuscì a risvegliare Biancaneve dal suo sonno eterno. Lei e il principe presto si sposarono e vissero per sempre felici e contenti.
Cappuccetto Rosso
C’era una volta una bambina, bella e gentile. Indossava sempre un cappuccio di velluto rosso, che le era stato regalato dalla sua adorata nonnina, così che tutti la chiamavano “Cappuccetto rosso”. Un giorno, la mamma le disse: “prendi una focaccia e un fiasco di vino e portali alla nonna. È molto malata, non riesce ad alzarsi dal letto. Mi raccomando, non abbandonare mai la strada principale, che il bosco è pieno di animali pericolosi”. “Certo mamma, farò come dici” le promise Cappuccetto rosso, che prese il cesto di vimini con il vino e la focaccia e si mise subito in cammino.
Lungo la strada, si accorse che tra gli alberi del bosco crescevano dei fiori bellissimi e delle fragole succose. Si fermò e decise di raccogliere un mazzo di fiori, per portarli con se. Tuttavia, mentre si trovava in una radura a raccoglierli, le si avvicinò un grosso lupo nero, travestito da essere umano.
“Dove te ne vai tutta sola, bella bambina?” domandò il lupo. “Devo portare questo vino e la focaccia alla mia nonna, che è a letto malata. Abita a pochi passi da qui, proprio in fondo alla strada” rispose Cappuccetto rosso. Il lupo, con la bava alla bocca all’idea di divorare una bambina tenera e saporita, pensò però di cominciare dalla nonna. “Porta i miei saluti alla nonna!” “Ah, se vuoi aggiungere un tocco di classe al mazzo di fiori che hai raccolto, da quella parte crescono delle magnifiche orchidee selvatiche”. Detto questo, si allontanò. Cappuccetto rosso, invece, senza pensarci, andò a raccogliere le orchidee.
La bestia, nel frattempo, si presentò a casa della nonna, bussando così forte che per poco non buttava giù la porta. “Chi è?” chiese la nonna, che si era alzata a fatica per aprire la porta. “Sono Cappuccetto rosso, con il vino e la focaccia” disse il lupo, ingannandola. Appena la nonna aprì la porta, l’animale la divorò in un sol boccone. Poi, si infilò nel letto mettendosi in testa una cuffietta rosa, in attesa di poter gustare anche Cappuccetto rosso.
La bambina, appena finì di raccogliere fiori, si incamminò canticchiando verso casa della sua nonnina. Arrivò e trovò la porta aperta. Entrò lentamente e disse: “nonnina? Sono io, Cappuccetto rosso. Ti ho portato il vino e la focaccia fatta dalla mamma.”
Il lupo si coprì per bene con la coperta e disse, facendo la voce rauca: “Vieni avanti bambina, sono qui a letto”. La bimba si accostò al grande letto un po’ stupita dall’aspetto della nonna. “Nonnina? Ma che orecchie grandi che hai!” “Per sentirti meglio”. “E che occhi grandi che hai!” “Per vederti meglio piccina”. “Nonnina, che mani grandi hai” “Per abbracciarti meglio!” “Nonnina, che bocca grande che hai!” “Per mangiarti meglio!” Detto questo, il lupo, fece un balzo fuori dalle coperte e in un sol boccone divorò anche Cappuccetto rosso. Poi, ben sazio, si appisolò tra le coperte.
Poco tempo dopo, passò di lì un cacciatore, che vedendo la porta aperta decise di controllare che la vecchietta stesse bene. Fu così che trovò il lupo disteso nel letto, con la pancia gonfia. Prese tra le mani il fucile ma poi pensò di aprire la pancia del lupo. Sperava di poter salvare la povera nonna. Così, prese un lungo coltello e aprì lo stomaco del lupo addormentato. Rimase sorpreso quando dalla pancia uscirono sia la nonna che Cappuccetto rosso. Tutte e due stavano bene ma erano terrorizzate.
“Grazie cacciatore; la pancia del lupo era così buia”, dissero la bimba e la nonna. Cappuccetto rosso andò subito in giardino a prendere dei grossi sassi con cui riempì la pancia del lupo e la ricucì. Poi, insieme alla nonna e al cacciatore, si mise ad aspettare. Quando il lupo si svegliò, vedendo il cacciatore, provò a fuggire, ma il peso dei sassi lo fece schiantare al suolo, dove morì. Così, Cappuccetto rosso e la nonna vissero per sempre felici e contente.
Disegni di Giovanni Arena Grafica di Zaira Trovato Testi di Sergio Priolo Un ringraziamento speciale ai miei genitori che si prendono cura di me ogni giorno, a mia sorella Concetta che mi ha trasmesso la passione per il gioco e la fantasia, a tutti i compagni e professori della classe 2As per la gentilezza e la pazienza nei miei confronti. Anno scolastico 2020/2021
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