Archivio Dina Vallino Pubblicazioni - Associazione Dina Vallino
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Archivio Dina Vallino Pubblicazioni Bambini d’oggi in psicoterapia Dina Vallino ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– Per citare questo scritto: VALLINO D., “Bambini d’oggi in psicoterapia”. Presentazione a Maria Luisa Algini, Il viaggio, 7-15. Roma: Borla 2003. h"p://associazionedinavallino.it/wp-content/uploads/2017/06/bambini-psi.pdf ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– Archivio | Associazione Scien,fico Culturale Dina Vallino archivio@associazionedinavallino.it Via Antonio Kramer, 18 | 20129, Milano (MI) | Italia Tel. +39 02.76003736 | C.F. 97736670155 info@associazionedinavallino.it | www.associazionedinavallino.it
Presentazione di Dina Vallino Bambini d’oggi in psicoterapia Bambini d ’oggi in psicoterapia è il titolo che avrebbe potu to avere questo bellissimo libro di Maria Luisa Algini che racconta la psicoterapia di diversi pazienti e va diretta- mente e con grande competenza alla questione: «Cos'è la psicoterapia di un bambino e cosa vi accade». Il Viaggio analitico con questo compagno speciale - che è Maria Luisa psicoterapeuta - riguarda un tempo e uno spazio dedicato al bambino, uno spazio dedicato ai suoi desideri, che, per quanto siano informi o manifestati in modo rozzo e difficile da capire, esistono come una realità che è la sua, del bambino. A questa realtà psichica dell’Io, del desiderio, del bisogno, dell’affetto la psicoterapeuta presta il suo operare mentale. Non posso sintetizzare, anche volendolo, questo libro: bisogna accettare di entrare nel suo Viaggio, che a volte è barca nella tempesta, a volte stanza magica dove si com pongono incantesimi e sortilegi, a volte castello degli or rori e delie trappole. Inviterei il lettore a seguirla nei suoi passaggi: anche quelli che possono sembrare difficili, qualche pagina dopo si schiariscono nella visione del cam biamento. Il suo linguaggio è vivace, problematico, lettera riamente immaginifico, ricco di colore, di paesaggi e di straordinari brividi. I suoi capitoli sono brevi, di lettura piana, articolati com e un manuale, ma a tratti enigmatici com e un «giallo», commoventi com e un libro per bambi ni. fiabeschi com e una scelta di favole per adulti. Leggiamo: «...l'idea di un aiuto di questo tipo si affaccia in un genitore in difficoltà. Può nascere da istanze, espe rienze o sensibilità personali; da spinte degli insegnanti... da medici particolarmente sensibili... da am ici...» (p. 15). È un Viaggio davvero speciale quello illustrato in questo li bro: in m odo vivace e affascinante sono presenti l’ambien- 7
te di vita, le famiglie, i difetti della nostra cultura che a volte i bambini non riescono a metabolizzare e a sop portare. Anch’essi sono contrappunto deH’anima dei bam bini. È infatti anche un disagio «sociale», dell’ambiente di vita, quello che porta i genitori a chiedere aiuto. È molto chiaro, nel libro, come e quando i genitori diventano in capaci di capire i loro figli e come per essi si apre di con seguenza un disagio mentale cui soltanto la psicoterapia può dare un pronto soccorso o un intervento prolungato: un Viaggio per i bambini, ma anche per i genitori. Il Viaggio con i bambini nella psicoterapia è un libro con molti pregi. Il primo è il metodo di lavoro: in modo assai originale Maria Luisa Algini sceglie di raccontare, per far capire ad altri, cosa succede con un bambino quando inizia, conti nua, interrompe o conclude una psicoterapia. Non è da poco impegnarsi a rappresentare pubblicamente le tra sformazioni che il lavoro analitico consente di fare ai suoi pazienti. Non voglio introdurre al pensiero e alla pratica deH’Autrice, ma dire il m io apprezzamento - questo sì lo voglio fare - per il suo impegno a cogliere e a descrivere i cambiamenti che avvengono nella storia del bambino at traverso la comunicazione e la relazione del bambino con lei terapeuta. È un libro vivo questo, dove si vuol far conoscere, non so lo intuire, a chi è fuori dalla stanza della terapia - genitori ma anche insegnanti ed educatori - il senso di quanto suc cede nell’esperienza analitica, in questo particolare per corso col bambino per curarlo e accompagnarlo a soffrire meno, a esprimersi di più, a uscire dal suo carcere dei sin tomi. Fa parte del pensiero dell’Autrice e della sua pratica tera peutica, andare a cercare dove vi è un aspetto davvero igno to ai genitori e rivisitarlo col bambino: «...Nel Viaggio si cerca di costruire u n ’a ltra storia, ossia una storia che non sia cieca ripetizione di quanto già vis suto» (p. 65). Che significa costruire un’altra storia? Maria Luisa Algini suppone che i bambini abbiano un loro mondo interno ed esterno, un habitat : genitori, fratelli, nonni, scuola, com pagni, amici, personaggi di servizio, mobili, cose, vacanze ecc. D problema è che non sanno rappresentarlo. Per poter 8
rappresentare lo scenario quotidiano della loro vita, bi sogna prima sostare sul paesaggio inventato, interamente straordinario e fiabesco, quello segnato dagli aspetti di pe na, di persecuzione, di orrore che colora la vita del distur bo mentale. La «storia», che si propone al bambino di creare in seduta, lo impegna a dare forma e a rappresentare qual cosa di quel Luogo del patimento, della persecuzione. Paolo, il bambino dei giochi dell’orrore, «mi portava-scrive la terapeuta - nei suoi territori, nel suo Luogo Immagi nario, per vivere insieme quell’esperienza di orrore e godi mento che costituiva il suo mondo» (p. 114). La descrizione delle sedute con Paolo è fortemente evocativa di sensazioni forti e moleste, che scuotono e rendono impossibile qual siasi altra reazione emotiva che non sia l’essere ammaliati o spaventati. Il bambino sembrava ripetere quello che lui aveva vissuto, sia tra le lenzuola dei genitori, sia alla tv a vedere film pornografici. Mi sembra di intuire che l’aiuto offerto dall’analista al paziente, è stato quello di accettare di vivere il trauma di un abuso della sua soggettività di bambino, di trovare per lui e con lui m ezzi simbolici af finché potesse mettere in scena, in modo diverso dall’or rore, quello che sentiva, sino a che col disegno o la co struzione del gioco non gli fu reso possibile il rappresentare il paesaggio del terrore, e, dunque, distanziarsene ed ab bandonarlo. In molti punti ho sentito l’analogia del procedere di Algi- ni nel Viaggio con la visitazione e l’esplorazione del con cetto a me caro di Luogo Immaginario: «la città delle bam bine» di Martina, o per Paolo «la casa dei mostri» e la «love boat», o «la casa del dottore» di Dario, ecc. In tutti questi Luoghi dell’immaginazione dominano l’orrore o il terrore o i'illusione, ma, se visitati insieme all’analista, si smon tano com e un castello di carte rispetto alla nuova storia, all’importanza affettiva delle persone, ai sentimenti di fidu cia e di speranza. È in un certo senso una de-costruzione quella che risulta indispensabile fare nel Viaggio terapeu tico, affinché il bambino trovi la capacità di rappresentare esperienze di sentimenti reali, i suoi: nel bambino si svilup pa così la rèverie e la funzione alfa che, potenzialmente pre senti, si erano pietrificate nel Luogo del patimento, della persecuzione o deU’illusione. Con la parola «psicoterapia» si tende a designare, in sen so lato, tutto ciò che mira a far stare meglio i bambini, a 9
elaborare la loro sofferenza aumentando le loro capacità di creatività, di socializzazione, di apprendimento. Ma non basta ancora, ci vuole la trasformazione nella nuova storia. Nella psicoterapia psicoanalitica, l’ottica di utilizzare il gio co e il disegno per favorire l’attività espressiva parte da un presupposto particolare: che il funzionamento psichico sia per la maggior parte regolato dall'inconscio, che la comu nicazione tra l’inconscio del bambino e l’inconscio della Terapeuta sia lo strumento principe per accedere alla mente di una persona attraverso il transfert. Transfert, appunto, trasferimento, trasferire. Magica ed enig matica parola ben collegata all’idea di Viaggio. «Comune mente evocatrice di temibili passioni tra un paziente e un analista, il transfert, cosa potrà essere con un bambino? Parlarne non è semplice, perché entriamo in una dimen sione specifica dell’esperienza psicoanalitica» (p. 123). Dob biamo accedere all'idea che nella psicoanalisi «riuscita» c’è sempre una comunicazione fluida tra Inconsci, l’inconscio del bambino e l’inconscio della terapeuta. La carica esplo siva che anima i piccoli pazienti non è tanto nella loro ca pacità di narrare o informare, quanto in quella di esprimere. Perciò inizialmente tutte le storie sono di materiale grezzo, rudimentale: servono a esprimere, a esprimere che cosa? Si può capire il tuffo nell’immaginazione che pervade la psi coterapia infantile e a cui si assiste nel Viaggio constatan do come l’inconscio del bambino e l’inconscio della tera peuta, si raccontano le vicende delle identificazioni profonde. Ogni bambino si identifica con tanti aspetti profondi dei suoi genitori a volte anche quelli più fragili e patologici, ci dice Algini. Egli può trovarsi allora con un carico in sostenibile. Come avviene a Milena «che continuava a por tare nelle sedute il sentimento di non esistere se non in globata nei genitori. Mi chiedeva di farle delle figurine con la pasta da modellare: non appena avevano preso forma, si angosciava talmente che le rischiacciava e le infilava di nuo vo dentro il blocco informe di pasta» (p. 130). Infatti dis graziatamente Milena non riuscirà a venire estratta da Maria Luisa dal blocco informe della identificazione malata. Per alcuni bambini, con meno difese degli adulti, «quello che nei genitori poteva essere contenuto da altre parti più sane ... può esplodere. Oppure è lui, con il suo imprevisto modo di essere, a far esplodere qualche area debole già presente nei genitori ed esserne a sua volta travolto» (p. 10
187). Naturalmente alcune storie, Ludovico, Martina, Pao lo, ci mostrano particolarmente bene l’uscita dalle identi ficazioni malate, quelle che esplodono quando sono di venute fardelli insostenibili. Alla loro esplosione e all’usci ta dall’identificazione precedente, segue l’imporsi del sen so di Sé, il valore del singolo bambino nella sua specificità che è rispettata al massimo nella pratica terapeutica, come si vede in tutti i resoconti clinici. L’Autrice si preoccupa moltissimo delle più piccole tracce di esistenza, visibili nei disegni, «segni di sé, su una mate ria altra da sé». Infatti l’esistenza mentale del bambino «evolve nella e con la relazione analitica». Il disegno «è non solo un mostrarsi all’altro, un esprimere cosa sta succe dendo dentro di sé e lì nella relazione, ma è anche poter lasciare una traccia di sé all’esperienza emozionale e visi va dell’altro» (p. 90). Molto interessante, nella lettura complessiva, è com e tutte le storie di bambini e bambine si presentano com e vere e proprie strutture di esistenza: vengono in superficie, si or dinano tra loro e fanno nascere altre storie, più corte o più lunghe o presentano invece lampi di intuizioni che ven gono utilizzati per capire altri pazienti. Durante il Viaggio, capitolo dopo capitolo, capitoli brevi invero, piacevoli alla lettura, il ritratto di ogni paziente-bambino appare a tutto tondo, misterioso dapprima e poi così nitido da far escla mare: «ma certo che stava male per quel problema». In tanto sono passati anni di terapia, e Maria Luisa ci ha in dotto a capire i «segreti», il sapere nascosto, i pensieri segre ti inconfessabili, impensabili, disegnabili, però, e gioca-bili, quindi esprimibili. In ogni bambino deve maturare la certezza che «l'analisi è il luogo dei segreti, ma anche del rispetto di ciò che vuole rimanere segreto» (p. 70). Completamente rispettosa dei suoi pazienti, Algini si pre occupa di dialogare col Bambino-paziente delle finalità del la psicoterapia e di ciò che si fa insieme. Molto interes sante, in proposito, è la sua idea sulle teorie che i bambi ni si fanno delle finalità della psicoterapia. L’ho constata to anch'io e lo riferisco al fatto che appare considerevol mente strano a un bambino che una persona estranea ven ga introdotta, con tale livello di intimità, nella famiglia. In effetti non bisogna, da parte dei terapeuti, abusare di codes ta delega dei genitori, e neanche bisogna abusare del dif- 11
fuso e persistente bisogno di autenticità di ogni bambino, che chiede risposte che non lo facciano dubitare della sua fiducia nell’analista, (cfr. il magnifico capitolo Segreti e Come un bidone-pattumiera). L’ascolto analitico di Maria Luisa Algini non è attenzione to u t court, ma un’esperien za molto profonda di sé e dell’altro, rivolta a ciò che ac cade nella relazione col bambino, diretta alla parola, come al silenzio, al tono, al ritmo, alla ripetizione, all’atmosfera della seduta, che si manifesta attraverso il corpo, gli odori, i gesti, gli sguardi, i movimenti. La trasformazione però esige ancora di più che solo l’attenzione all'atmosfera del la seduta. Ci vuole un «compagno vivo», un compagno spe ciale, che offre al bambino le sue risorse di adulto per cer care i mezzi di simbolizzare. Come la tenerezza dei geni tori trae fuori il bambino da una condizione insopporta bile, dallo scivolare verso il senso di non esistere, anche la «tenerezza» dell’analista Algini permette a entrambi di trovare mezzi per stare insieme, perché cerca di parlare al bambino il suo linguaggio e l’idioma della sua immagi nazione, offrendogli i mezzi e le risorse adulte che gli fan no trovare un compagno vivo. È questo forse che deve intendersi come il costruire u n ’al tra storia? Testimoniare al bambino che la ricerca della te rapia è quella di costruire insieme un sentimento di esisten za, indispensabile per poter affrontare paure e sentimenti drammatici? Chiunque lavori come m e nel campo dell’analisi infantile sa che questa - di saper costruire un'altra storia col pazien te - è una garanzia di lavoro scientifico, disciplinato, effi cace, ma che non tutti sanno dimostrare di saperlo realiz zare. Non voglio dire che non abbondino nel panorama della letteratura psicoterapeutica le «narrazioni cliniche». Potrei fare molti esempi, anche tratti dai libri dello stesso Editore Boria. Ma in questo libro c’è una questione di lin guaggio e di pensiero che è di una novità assoluta : niente tecnicismi perché il libro è destinato ai genitori, ma è la voro approfondito perché ugualmente rivolto agli opera tori dell’infanzia, colleghi psicoterapeuti ed altri con cui Maria Luisa Algini colloquia proponendo, senza darlo a vedere, una sua visione sapiente e personale della terapia dei bambini. In altre parole si confronta. Importante per l’Autrice è essere il «compagno vivo» del paziente, la terapeuta amica che si presta a «immaginare 12
in proprio i vissuti del bambino» e si rende disponibile ad aiutare il paziente a sviluppare la sua particolare impronta narrativa e la sua creatività. Le storie di Martina, Ettore, Giovanni e molte altre, sono storie emblematiche di vite infantili a un tratto risucchiate in un vortice infelice, op pure attraversate da un impedimento e un blocco partico lare, «quell’eccesso di affetti e di dolore, insostenibile dal la debolezza dell’Io infantile che si esprimeva nei sintomi». Per Maria Luisa il bambino è sempre un Io bisognoso di attenzioni e di rispetto, è un Io che chiede «un’apertura e un potenziamento di nuove possibilità di pensare e di sim bolizzare» (p. 178). Queste qualità fanno l’utilità del libro per Genitori e Ope ratori dell’Infanzia in genere. Ci sono molti suggerimenti per i genitori, ma anche per degli operatori che vogliano confrontarsi. Un esempio: il primo capitolo «Crescendo tut to passa»?, che parla dei sintomi, è molto importante, un vero straordinario apprendimento per i genitori il saper distinguere quale sofferenza nel proprio figlio/a è transi toria e modificabile con propri mezzi e quale è invece croni cizzata, permanente e richiede aiuto. I sintomi segnalano direttamente un disturbo nella relazione genitori-bambino e comunque l’impossibilità da parte dei genitori di soc correre la fragilità del figlio nelle vicende della crescita. Penso che queste pagine possono far pensare i genitori e aiutarli a iniziare quel tipo di intervento indispensabile affinché una sofferenza non divenga un sintomo. Maria Luisa Algini è molto nota nel nostro campo, inten do dire tra gli psicoterapeuti di bambini e gli operatori dell’infanzia in genere, per la sua competenza sapiente e gentilissima con cui dirige una collana di Boria, «La came ra dei bambini» e molti numeri dei famosi Quaderni di Psi coterapia infantile. Ha già curato altri sei libri, collettanei, con saggi di diversi autori sul transfert, sulla depressione nei bambini, sul sessuale, sui fratelli: già lì toccava il tema della sofferenza specifica dei piccoli pazienti ed anche la logica del rapporto analitico che è sempre data da una co municazione fluida tra Inconsci. Ma con questo prim o li bro tutto suo, compie una parabola assai originale per una psicoterapeuta: arrivare direttamente a dialogare con i gen itori del perché il loro bambino può aver bisogno di una psicoterapia. 13
Il lavoro di Algini è innovativo anche dal punto, di vista stilistico, ella stessa si costringe a un rigore speciale: non si permette, come la maggior parte degli Autori, di forzare il proprio pensiero con una citazione, un nome, una data, una bibliografia tra parentesi, come per tamponare la pro pria insicurezza con un «l’ha detto X nel 1988». Così si usa fare tra noi quando non si è tanto sicuri dei concetti usati, e allora li si completa col pensiero altrui, che, in quel ca so, tampona la propria oscurità e non rappresenta chiara mente al lettore il problema con cui si sta dialogando. Al gini non lo fa. Voglio dire che il suo modo di scrivere è una scelta stilistica di assoluta novità in quanto comporta un impegno di autenticità nel far conoscere ai Colleghi il suo pensiero e ciò che fa col bambino nella stanza di terapia. Mai in questo incantevole libro di psicoanalisi dei bambi ni Maria Luisa dimentica la sua vena poetica e la sua in fanzia in favore di tratti saccenti, eppure è una psicotera peuta molto esperta, già pedagogista e giornalista, voca zioni che l’hanno portata indubbiamente a innumerevoli «Viaggi» in vari paesi ed esperienze editoriali e la cui im pronta resta a testimonianza di una ricchissima esperien za di vita. «Giocavamo "ai bambini del mare", - scrive di sé e del suo “quintetto" di fratelli - noi che il mare potevamo solo im maginarlo... Navigazioni senza fine in mari tempestosi e sereni... E ci svegliavamo perdendo l’incanto sul far della sera, quando il buio non permetteva di andare oltre... Chissà quale buio. Quello esterno che rompeva la concen trazione, o qualcosa che scoppiava dentro l’incanto e lo dis solveva a poco a poco? Non sapevamo mai perché lascia vamo il gioco così sazi e così melanconici. Come se quel gioco tutti insieme fosse già preparazione, presagio e m e tafora del diventare grandi. Forse sarà nata anche da lì l’idea di un Viaggio “speciale” con i bambini»(p. 86). 14
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