Germania: ok alla terza opzione di genere

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Germania:   ok  alla                               terza
opzione di genere
Germania: ok alla   terza opzione di genere

di Davide Vairani

La terza opzione di genere si chiamerà “Divers”: questo è ciò
che la Grande Coalizione ha concordato. Il disegno di legge
sul terzo genere è passato mercoledì scorso, come annunciato,
tra gli altri, dal Ministro della famiglia federale Franziska
Giffey sulla sua pagina Facebook. In origine, il Ministero
federale dell’Interno aveva indicato il termine “Anderes” come
il nome per la terza opzione di genere, ma è stata respinta
non solo dai gruppi di interesse, ma anche dai ministri SPD
Giffey e Katarina Barely (Giustizia) come discriminatorio.

Il nuovo regolamento dà “alle persone che non sentono di avere
un genere una dignità e un’identità positiva”, ha dichiarato
alla stampa il Ministro della Giustizia, Katarina Barley
(SPD). “Nessuno dovrebbe essere discriminato a causa della sua
identità sessuale”.

Anche il Ministro federale della famiglia, Franziska Giffey
(SPD), ha sostenuto il nuovo regolamento. “Tutte le persone
dovrebbero essere in grado di vivere la loro identità sessuale
e orientamento sessuale in modo indipendente e libero”, ha
detto dopo la decisione. “Con l’introduzione della terza
opzione di genere è stato fatto un passo importante per
riconoscere legalmente persone la cui identità di genere non è
né maschile né femminile”. La Giffey ha anche chiesto
l’abrogazione dell’attuale legge sui transessuali: “Occorre
una legge più moderna per il riconoscimento e il rafforzamento
della diversità sessuale: le valutazioni cliniche obbligatorie
sull’identità sessuale delle persone transessuali così come
sono disciplinate attualmente sono discriminatorie”.

La decisione del Governo arrivadopo una sentenza della Corte
Costituzionale tedesca nel novembre del 2017 (presa a
maggioranza di 7 giudici contro 1) che aveva stabilito che le
persone “intersessuali” potranno registrarsi all’anagrafe non
come maschio o femmina, ma come terzo sesso (o meglio, terzo
genere). Secondo i giudici: “L’assegnazione a un sesso è di
primaria importanza per l’identità individuale; tipicamente,
gioca un ruolo-chiave sia nell’immagine che una persona ha di
se stessa sia nel modo in cui la persona interessata è
percepita dagli altri. L’identità sessuale di quelle persone
che non sono né maschi né femmine è protetta”. Degno di nota è
un passaggio della sentenza in cui la Corte ha suggerito che
la nuova legge potrebbe introdurre, per la registrazione del
sesso, i concetti di “intersessuale” oppure di “vario” oppure
di un’altra definizione “positiva”. Ma ha aggiunto detto che
la casella “genere” potrebbe essere abolita per tutti i
cittadini tedeschi.

La decisione del Consiglio dei ministri di mercoledì richiede
ancora l’approvazione parlamentare prima di entrare in vigore.
Ma tutto fa pensare ad una approvazione del testo, tenuto
conto da una parte che il Parlamento ha l’obbligo di
legiferare entro la fine del 2018 e dall’altra del forte
sostegno ricevuto dalla SPD. Difficile pensare che i popolari
tedeschi della Merkel mettano a rischio la tenuta del già
precario governo su un tema etico come questo.

Che cosa si intende con il termine “intersessuali”? Tema
tuttora fortemente controverso nella letteratura scientifica.
In generale, si può dire che la categoria terminologica
“intersessuali”   abbraccia quelle persone i cui cromosomi
sessuali, i genitali e/o i caratteri sessuali secondari non
sono definibili come esclusivamente maschili o femminili.
Queste persone possono presentare caratteristiche anatomo-
fisiologiche di ambo i sessi, e secondo i calcoli dell’ONU,
ammontano ad una percentuale tra lo 0,05 e l’1,7% della
popolazione mondiale. Si tratta comunque di una realtà ancora
poco esplorata e di difficile, per non dire incerta,
definizione. Comprende gli ermafroditi, che sono il gruppo di
gran lunga più rappresentativo della categoria, e tutta una
serie di persone affette da disturbi ormonali, endocrini,
nutrizionali e metabolici, oppure da malformazioni congenite e
alterazioni cromosomiche, per le quali però sembra arduo
asserire che non appartengano ad uno dei due sessi.

Detto ciò, non essendo un esperto di biologia e medicina, non
mi permetto di entrare in disamine scientifiche, a quanto pare
comunque dai contorni scivolosi e dibattuti.

Quel che appare sconcertante, nella decisione della Corte di
Karlruhe e del Governo tedesco, è la facilità con la quale
persone affette da malformazioni congenite o altri disturbi
vengano strumentalizzate per arrivare al vero obiettivo, che
non è certo quello di riconoscere loro l’effimera
soddisfazione, se così si può chiamare, di essere iscritte
all’anagrafe come terzo sesso (o genere), ma piuttosto, ed i
giudici l’hanno detto chiaramente, la cancellazione dai
documenti pubblici della distinzione tra uomini e donne.

Diventa sempre più chiaro che si vuole arrivare all’abolizione
delle categorie di maschile e femminile, considerate non come
un inledubile dato naturale, ma come un feticcio culturale del
passato dal quale occorre liberarsi il prima possibile, per
entrare finalmente in una nuova era in cui l’arbitrio umano la
farà da padrone senza più limiti.

Leggi anche:
“Germania: ok del governo al terzo genere sessuale nel
     certificato nascita”, “AGI”, 15 agosto 2018;
     “Germania, nei documenti arriva il terzo genere
     sessuale”, “ItaliaOggi”, 16 agosto 2018
     “Kabinett      billigt     drittes     Geschlecht    im
     Geburtenregister”, Der Tagesspiegel”, 15 agosto 2018

#RiseUpForRoe
#RiseUpForRoe

di Davide Vairani

#RiseUpForRoe. E’ l’hastag che promuove il tuor agostano per
gli States finalizzato convincere i senatori americani a non
votare Brett M. Kavanaugh quale giudice della Corte Suprema.
La nomina indicata da Trump a luglio di quest’anno di
Kavanaugh – membro politicamente legato all’establishment
conservatore di Washington – per sostituire il giudice Anthony
M. Kennedy andato in pensione alla Corte Suprema, ha dato
subito vita ad “un’epica battaglia di conferma, potenzialmente
cementando l’inclinazione verso destra della Corte per una
generazione”, come scrisse quel giorno il “The New York
Times”.

Ai primi di settembre, i senatori saranno chiamati ad
esprimere il proprio voto per confermare o annullare la
decisione presa dal Presidente americano. I democratici e
tutti i sostenitori dell’aborto come un sacrosanto diritto
della donna sono andati subuto in fibrillazione, per paura che
il nuovo giudice della Corte Suprema americana possa muoversi
nella direzione di una corsa all’indietro sul tema
dell’aborto.

Che cosa ha a     che   fare   con   tutto   questo   l’hastag
#RiseUpForRoe?

Lo spiega bene uno spot che ne pubblicizza l’iniziativa: “Il
22 gennaio 1973 è un giorno importante per i diritti
riproduttivi. Fu il giorno in cui la Corte Suprema annunciò la
sua decisione nel caso Roe vs. Wade, la sua decisione di
legalizzare l’aborto negli Stati Uniti. Tuttavia, Roe non ha
completamente protetto il diritto di scelta. Dal 1973, i
politici anti-scelta hanno introdotto e approvato leggi che
annullano i diritti riproduttivi in ​​tutto il paese e
cliniche, medici e pazienti continuano a essere bersagli di
molestie e violenze. Troppe persone hanno ancora il loro
accesso all’aborto ritardato o negato a causa del loro stato
di reddito o di assicurazione. Oggi ci offre l’opportunità di
riflettere sulle implicazioni di Roe e sui progressi che
abbiamo fatto insieme come movimento. È anche il momento di
riconoscere che questo servizio sanitario protetto
costituzionalmente resta fuori dalla portata di molte persone
a causa di barriere politiche ed economiche, barriere che
colpiscono in modo sproporzionato le persone con redditi più
bassi e persone di colore”.

In uno di questi eventi, Chelsea Clinton ha tenuto un
interessante discorso. “Che tu sia fondamentalmente
interessato ai diritti riproduttivi e ai diritti di accesso,
perché non sono la stessa cosa, se ti interessi della
giustizia sociale o della giustizia economica, devi
preoccupartene”, ha detto Clinton, secondo CNS News. Ha poi
aggiunto: “Non è un caso che le donne americane entrate nella
forza lavoro dal 1973 al 2009 abbiano aggiunto 3,5 trilioni di
dollari all’economia degli Stati Uniti, giusto? Non è un caso
che tutto questo sia collegato al fatto che la legge che ha
legalizzato l’aborto sia stata approvata nel gennaio del
1973”. Ha aggiunto: “Certo, spero che si preoccupino dei
nostri diritti di donna nel fare le loro scelte ma, se questo
non fosse sufficientemente persuasivo, mi auguro che alcuni di
questi argomenti che ho espresso questa sera lo siano”.

Il Clinton-pensiero sui (presunti) benefici economici
derivanti dalla legalizzazione dell’aborto è inquietante. Si
può pensarla come si vuole, ma il fatto di sostenere l’aborto
quale generatore indiretto di denaro per l’economia non è
distante dall’aprovare l’eutanasia quale generatore di
risparmio economico per la società. Non è altro che la
riduzione dell’uomo a merce e prodotto. Portando questa logica
alle sue estreme conseguenze, chi portà pensare di essere al
sicuro?

Detto questo sul piano etico, il ragionamento della Clinton
può essere ribaltato in ogni momento. Intanto, a proposito di
anniversari e date, il Comitato nazionale americano per il
diritto alla vita nel 45° anniversario della sentenza Roe ha
riportato il numero di bambini che sono stati abortiti:
60.069.971, per un costo economico stimato di 35 trilioni di
dollari di prodotto interno lordo (PIL). Altre ricerche hanno
stimato una perdita del gettito fiscale federale di circa 16
trilioni di dollari a causa della forza lavoro persa per il
numero di bambini abortiti.

Leggi:

     “Chelsea Clinton thanks abortion for being good for the
     economy”, di Adams Becket, “Washinton Examiner”, 14
     agosto 2018
     “Chelsea Clinton’s Brand New Argument FOR Abortion
     Sparks Heated Debate”, di Will Maule, “Faithwire”, 15
     sgosto 2018
“Maschio e femmina li creò”
“Non avete letto che il Creatore da principio li fece maschio
e femmina”

#2minutixpregare

Venerdì 17 Agosto 2018
S. Chiara della Croce; S. Giovanna Delanoue; S. Mirone
19.a di Tempo Ordinario
Ez 16,1-15.60.63 opp. 16,59-63; Cant. Is 12,2-6; Mt 19,3-12

+ Dal Vangelo secondo Matteo 19,3-12
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni farisei per
metterlo alla prova e gli chiesero: «È lecito a un uomo
ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?». Egli
rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li fece
maschio e femmina e disse: “Per questo l’uomo lascerà il padre
e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una
sola carne”? Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque
l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». Gli
domandarono: «Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto
di ripudio e di ripudiarla?». Rispose loro: «Per la durezza
del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre
mogli; all’inizio però non fu così. Ma io vi dico: chiunque
ripudia la propria moglie, se non in caso di unione
illegittima, e ne sposa un’altra, commette adulterio». Gli
dissero i suoi discepoli: «Se questa è la situazione dell’uomo
rispetto alla donna, non conviene sposarsi». Egli rispose
loro: «Non tutti capiscono questa parola, ma solo coloro ai
quali è stato concesso. Infatti vi sono eunuchi che sono nati
così dal grembo della madre, e ve ne sono altri che sono stati
resi tali dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono
resi tali per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca».

“Non avete letto che il Creatore da principio li fece maschio
e femmina”

Cristo, interrogato sull’unità e indissolubilità del
matrimonio, si è richiamato a ciò che era “al principio”. Egli
ha citato le parole scritte nei primi capitoli della Genesi.
Il significato dell’unità originaria dell’uomo, che Dio ha
creato “maschio e femmina”, si ottiene (particolarmente alla
luce di Genesi 2,23) conoscendo l’uomo nell’intera dotazione
del suo essere, cioè in tutta la ricchezza di quel mistero
della creazione,    che   sta   alla   base   dell’antropologia
teologica.

Questa conoscenza, la ricerca cioè dell’identità umana di
colui che all’inizio è “solo”, deve passare sempre attraverso
la dualità, la “comunione”. Ricordiamo il passo di Genesi
2,23: “Allora l’uomo disse: “Questa volta essa è carne dalla
mia carne e ossa dalle mie ossa. La si chiamerà donna perché
dall’uomo è stata tolta””. Alla luce di questo testo,
comprendiamo che la conoscenza dell’uomo passa attraverso la
mascolinità e la femminilità, che sono come due “incarnazioni”
della stessa metafisica solitudine, di fronte a Dio e al mondo
– come due modi di “essere corpo” e insieme uomo, che si
completano reciprocamente – come due dimensioni complementari
dell’autocoscienza e dell’autodeterminazione e, nello stesso
tempo, come due coscienze complementari del significato del
corpo. Così come già dimostra Genesi 2,23, la femminilità
ritrova, in certo senso, se stessa di fronte alla mascolinità,
mentre la mascolinità si conforma attraverso la femminilità.
Proprio la funzione del sesso, che è, in un certo senso,
“costitutivo della persona” (non soltanto “attributo della
persona”), dimostra quanto profondamente l’uomo, con tutta la
sua solitudine spirituale, con l’unicità e irripetibilità
propria della persona, sia costituito dal corpo come “lui” o
“lei”. La presenza dell’elemento femminile, accanto a quello
maschile e insieme con esso, ha il significato di un
arricchimento per l’uomo in tutta la prospettiva della sua
storia, ivi compresa la storia della salvezza. Tutto questo
insegnamento sull’unità è già stato espresso originariamente
in Genesi 2,23. 2. L’unità, di cui parla Genesi 2,23 (“i due
saranno una sola carne”), è senza dubbio quella che si esprime
e realizza nell’atto coniugale. La formulazione biblica,
estremamente concisa e semplice, indica il sesso, femminilità
e mascolinità, come quella caratteristica dell’uomo – maschio
e femmina – che permette loro, quando diventano “una sola
carne”, di sottoporre contemporaneamente tutta la loro umanità
alla benedizione della fecondità. Tuttavia l’intero contesto
della lapidaria formulazione non ci permette di soffermarci
alla superficie della sessualità umana, non ci consente di
trattare del corpo e del sesso al di fuori della piena
dimensione dell’uomo e della “comunione delle persone”, ma ci
obbliga fin dal “principio” a scorgere la pienezza e la
profondità proprie di questa unità, che uomo e donna debbono
costituire alla luce della rivelazione del corpo.

Quindi, prima di tutto, l’espressione prospettica che dice:
“l’uomo… si unirà a sua moglie” così intimamente che “i due
saranno una sola carne”, ci induce sempre a rivolgerci a ciò
che il testo biblico esprime antecedentemente riguardo
all’unione nell’umanità, che lega la donna e l’uomo nel
mistero stesso della creazione. Le parole di Genesi 2,23 or
ora analizzate, spiegano questo concetto in modo particolare.
L’uomo e la donna, unendosi tra loro (nell’atto coniugale)
così strettamente da divenire “una sola carne”, riscoprono,
per così dire, ogni volta e in modo speciale, il mistero della
creazione, ritornano così a quell’unione nell’umanità (“carne
dalla mia carne e osso dalle mie ossa”), che permette loro di
riconoscersi reciprocamente e, come la prima volta, di
chiamarsi per nome. Ciò significa rivivere, in certo senso,
l’originario valore verginale dell’uomo, che emerge dal
mistero della sua solitudine di fronte a Dio e in mezzo al
mondo. Il fatto che divengano “una sola carne” è un potente
legame stabilito dal Creatore attraverso il quale essi
scoprono la propria umanità, sia nella sua unità originaria,
sia nella dualità di una misteriosa attrattiva reciproca. Il
sesso, però, è qualcosa di più della forza misteriosa della
corporeità umana, che agisce quasi in virtù dell’istinto.

A livello di uomo e nella reciproca relazione delle persone,
il sesso esprime un sempre nuovo superamento del limite della
solitudine dell’uomo insita nella costituzione del suo corpo,
e ne determina il significato originario. Questo superamento
contiene sempre in sé una certa assunzione della solitudine
del corpo del secondo “io” come propria. Perciò essa è legata
alla scelta. La stessa formulazione di Genesi 2,24 indica non
solo che gli esseri umani creati come uomo e donna sono stati
creati per l’unità, ma pure che proprio questa unità,
attraverso la quale diventano “una sola carne”, ha fin
dall’inizio un carattere di unione che deriva da una scelta.
Leggiamo infatti: “L’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e
si unirà a sua moglie”. Se l’uomo appartiene “per natura” al
padre e alla madre, in forza della generazione, “si unisce”
invece alla moglie (o al marito) per scelta.

Il testo di Genesi 2,24 definisce tale carattere del legame
coniugale in riferimento al primo uomo e alla prima donna, ma
nello stesso tempo lo fa anche nella prospettiva di tutto il
futuro terreno dell’uomo. Perciò, a suo tempo, Cristo si
richiamerà a quel testo, come ugualmente attuale nella sua
epoca. Formati ad immagine di Dio, anche in quanto formano
un’autentica comunione di persone, il primo uomo e la prima
donna debbono costituirne l’inizio e il modello per tutti gli
uomini e donne, che in qualunque tempo si uniranno tra di loro
così intimamente da essere “una sola carne”. Il corpo, che
attraverso la propria mascolinità o femminilità, fin
dall’inizio aiuta ambedue (“un aiuto che gli sia simile”) a
ritrovarsi in comunione di persone, diviene, in modo
particolare, l’elemento costitutivo della loro unione, quando
diventano marito e moglie. Ciò si attua, però, attraverso una
reciproca scelta. È la scelta che stabilisce il patto
coniugale tra le persone (Gaudium et Spes, 48: “L’intima
comunità di vita e d’amore coniugale, fondata dal Creatore e
strutturata con leggi proprie, è stabilita dal patto
coniugale, vale a dire dall’irrevocabile consenso
personale”.), le quali soltanto in base ad essa divengono “una
sola carne”.

da: Giovanni Paolo II, Udienza Generale – “Valore del
matrimonio uno e indissolubile alla luce dei primi capitoli
della Genesi”, 21 Novembre 1979
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