Fratelli tutti: MEDITAZIONI DALL'AMERICA LATINA E I CARAIBI - Prensa ...
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FRATELLI TUTTI: MEDITAZIONI DALL’AMERICA LATINA E I CARAIBI
FRATELLI TUTTI: MEDITAZIONI DALL’AMERICA LATINA E I CARAIBI CONSIGLIO EPISCOPALE LATINOAMERICANO Presidenza Bogotà, D. C., 2020
Prima edizione: Bogotà, dicembre 2020 Titolo originale: Fratelli tutti: meditaciones desde América Latina y El Caribe Casa Editrice CELAM Carrera 5 N.° 118-31 PBX: (571) 587 97 10, ext. 307 - 345 y 351 editora@celam.org Autori Card. Leopoldo José Brenes Solórzano Mons. Miguel Cabrejos Vidarte Mons. Rogelio Cabrera López Mons. Juan Carlos Cárdenas Toro Card. Cláudio Hummes Mons. Jorge Eduardo Lozano Mons. Luis José Rueda Aparicio Mons. Launay Saturné Card. Odilo Pedro Scherer Direzione editoriale Óscar Elizalde Prada Coordinamento editoriale Deisy Mendoza Sánchez Correzione delle bozze Óscar Elizalde Prada Traduzione Lucia Capuzzi Disegno di copertina Milton Ruiz Clavijo Disegno grafico Doris Andrade B. Con le dovute licenze ecclesiastiche. Tutti i diritti sono riservati. Questa pubblicazione non può essere riprodotto in tutto e in parte da senza il permesso scritto previo del CELAM. © Consejo Episcopal Latinoamericano, CELAM Carrera 5 N.º 118-31 Apartado Aéreo 51086 Tel.: (571) 587 97 10 Fax: (571) 587 97 17 celam@celam.org
Indice Presentazione Mons. Jorge Eduardo Lozano Meditazione 1 Le ombre di un mondo chiuso Mons. Rogelio Cabrera López Meditazione 2 Un estraneo sul cammino Card. Leopoldo José Brenes Solórzano Meditazione 3 Pensare e generare un mondo aperto Card. Odilo Pedro Scherer Meditazione 4 Un cuore aperto al mondo intero Mons. Miguel Cabrejos Vidarte Meditazione 5 La miglior politica Mons. Luis José Rueda Aparicio
Meditazione 6 Dialogo e amicizia sociale Mons. Juan Carlos Cárdenas Toro Meditazione 7 Percorsi di un nuovo incontro Card. Cláudio Hummes Meditazioni 8 Le religioni al servizio della fraternità nel mondo Mons. Launay Saturné
Presentazione Monsignor Jorge Eduardo Lozano Arcivescovo di San Juan de Cuyo, Argentina Segretario Generale del CELAM L a pubblicazione della lettera enciclica Fratelli tutti – firmata il 3 ottobre 2020 sulla tomba di San Francesco di Assisi e alla vigilia della sua festa –, conferma quanto le questioni legate alla fraternità e l’amicizia sociale siano radicate nel profondo del cuore di Papa Francesco (cf. FT 5). Nelle parole intro- duttive, infatti, il Santo Padre ci rivela l’urgenza della dimensione universale dell’amore fraterno: Consegno questa Enciclica sociale come un umile apporto alla riflessione affinché, di fronte a diversi modi attuali di eliminare o ignorare gli altri, siamo in grado di reagire con un nuovo sogno di fraternità e di amici- zia sociale che non si limiti alle parole (FT6). Anche in America Latina e nei Caraibi sperimen- tiamo la necessità di scoprirci e sentirci fratelli e sorelle senza frontiere, di lasciarci impregnare dalla
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi testimonianza della fraternità, semplicità e gioia del Poverello d’Assisi. La pandemia del Covid-19 ci ha costretto a rinascere, tutti, a un desiderio mondiale di fraternità, per sognare come un’unica umanità, come viandanti fatti della stessa carne umana, come figli di que- sta stessa terra che ospita tutti noi, ciascuno con la ricchezza della sua fede o delle sue convinzioni, ciascuno con la propria voce, tutti fratelli! (FT 8). Sebbene riconosciamo che “le ombre di un mondo chiuso” (capitolo primo) s’allungano sulla nostra Patria Grande, ci anima il desiderio di essere prossimo senza frontiere, perché “un estraneo sul cammino” (capitolo secondo) ci interpella e ci motiva a essere, ogni volta di più, Chiesa samari- tana. Con il nostro fratello Francesco sappiamo che è imperativo “pensare e generare un mondo aperto” (capitolo terzo), e avere “un cuore aperto al mondo intero” (capitolo quarto). Per quello è necessario aspirare alla “migliore politica” (capitolo quinto) che lo renda possibile e alla carità feconda che ci per- metta di riscoprire una nuova cultura nel “dialogo e nell’amicizia sociale” (capitolo sesto). Siamo chiamati a inoltrarci su un “percorso di nuovo incontro” (capitolo settimo) – con intelli- genza e audacia –, che ci consenta di riconoscere Dio fra gli ultimi, gli impoveriti, i più vulnerabili. Per questo, “se si tratta di ricominciare, sarà sempre a 8
Presentazione partire dagli ultimi” (FT 253). Mentre acquista un nuovo significato la vocazione delle “religioni al ser- vizio della fraternità nel mondo” (capitolo ottavo), il Consiglio Episcopale Latinoamericano – CELAM presenta queste otto meditazioni dall’America Latina e i Caraibi, ciascuna ispirata in un capitolo di Fra- telli tutti – da lì il titolo di ogni meditazione –, con il proposito di incoraggiare alla speranza e all’im- pegno per una cultura dell’incontro e del dialogo, che ci porti a costruire ponti di fraternità e amici- zia sociale, perché “ciascuno di noi è chiamato ad essere un artigiano della pace, unendo e non divi- dendo, estinguendo l’odio e non conservandolo, aprendo le vie del dialogo e non innalzando nuovi muri!” (FT 283). 12 dicembre 2020 Festa di Nostra Signora di Guadalupe Patrona dell’America Latina e dei Caraibi 9
Meditazione 1 Le ombre di un mondo chiuso Monsignor Rogelio Cabrera López Arcivescovo di Monterrey, Messico Presidente della Conferenza Episcopale Messicana Presidente del Consiglio per gli Affari Economici del CELAM Pensate forse che sia venuto a portare la pace sulla terra? No di certo. Non sono venuto a portare la pace, ma la spada. (Lc 12,51) Q uesto testo di san Luca, in continuità con il pen- siero profetico dell’Antico Testamento, esprime non un desiderio di Gesù di Nazareth, bensì la con- statazione di un fatto. Il Messia Figlio di Dio sapeva che la sua proposta, le sue parole e i suoi gesti sareb- bero stati scomodi per quanti si negavano a capire l’autentico significato delle leggi e si limitavano a un’obbedienza formale. Come i profeti biblici, Egli annunciava i valori del Regno di suo Padre Dio, ma, al contempo, denunciava l’allontanamento da quest’ultimo.
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi Qualcosa di simile accade con papa Francesco e l’enciclica Fratelli tutti è un’ulteriore dimostrazione di quando sia scomoda per alcuni la sua profezia, soprattutto il primo capitolo. A partire dal titolo, le ombre di un mondo chiuso, ci testimonia un approc- cio netto di fronte a una realtà ora esplosa a causa della pandemia, di fronte al mondo che abbiamo costruito. Una prospettiva apparentemente pessimi- sta e, invece, profondamente realista. Il testo ci pone di fronte a uno specchio, che rivela le nostre fragilità e vulnerabilità come società. Il capitolo è formato da 47 paragrafi – dal 9 al 55 –, con 46 note e 14 sezioni. Con un linguaggio semplice e una narrazione caratterizzata da fughe in avanti e successive riprese per spiegare le pro- prie affermazioni, papa Francesco delinea le ombre che avvolgono il mondo, chiuso alla costruzione di una vera fraternità universale: ci sono sogni in frantumi, come l’integrazione dei Paesi uniti dalla stessa cultura – quelli europei – o dalla medesima lingua – quelli latinoamericani –; la storia sembra retrocedere, con il riaccendersi di conflitti consi- derati ormai superati; e ora, “aprirsi al mondo” ha assunto solo un significato economico e commer- ciale. Viviamo in un pianeta unito dagli affari, ma diviso dagli interessi egoistici. La polarizzazione politica e sociale è pane quotidiano e, seguendo i postulati della postmodernità, manchiamo di pro- getti inclusivi e di ampio respiro: l’immediatezza si diffonde per il mondo. Per questo, al paragrafo 12
Le ombre di un mondo chiuso 17, sua Santità lancia il primo lampo, squarciando l’oscurità: dobbiamo costruire un “noi” che abiti la “casa comune”. L’egoismo diffuso ci porta a scartare quanti non sono utili – come i non nati – o non servono più, come gli anziani. Il Papa ci ricorda, con queste parole, l’ormai classico paragrafo 65 del Documento di Aparecida: “gli esclusi non sono solo ‘sfruttati’ ma sono ‘in eccesso’ e, dunque, ‘scartabili’”. Un ter- ribile esempio di tale scarto è l’abbandono che tanti anziani hanno patito durante la pandemia di corona- virus. In America Latina siamo abituati ad assistere in famiglia i nostri vecchi, però lentamente prende piede la tendenza di isolarli e lasciarli in carico ad altri. Assistiamo a un pragmatismo che favori- sce la crescita ma non lo sviluppo integrale degli esseri umani. A partire dal paragrafo 22, papa Francesco ci provoca ancora: in società dove si scrive, si grida, si manifesta per il rispetto dei diritti umani, questi ultimi non sono uguali per tutti. Le donne, soprat- tutto le più povere – che da noi sono le contadine e le indigene –, sono offese nella loro dignità. In pieno ventunesimo secolo esiste la schiavitù in forme più sofisticate ma ugualmente ripugnanti. La violenza è un’altra delle ombre del mondo chiuso. Essa si manifesta nelle guerre, negli atten- tati, nelle persecuzioni per ragioni razziali e reli- giose. La violenza, inoltre, fomenta l’istinto di 13
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi autodifesa che ci spinge a costruire muri, non ponti. I passi avanti in ambito scientifico e tecnologico, che tanto ci riempivano d’orgoglio prima della pande- mia, non sembrano averci aiutato a intraprendere una direzione comune. Tolleriamo il fatto di vivere insieme ma, in fondo, non sappiamo apprezzare la ricchezza della vita comunitaria. Nel cuore del capitolo, papa Francesco affronta il terribile flagello della pandemia. Ci dice che il virus ha messo a nudo la nostra vulnerabilità, riducendo in brandelli le nostre apparenti grandezze. Torne- remo al mondo di prima? Punteremo ancora una volta a un sistema che privilegia i profitti rispetto alla dignità umana? E’ necessario, ci invita il Papa, che recuperiamo la passione condivisa per la comunità. Non poteva mancare in questo capitolo un tema cruciale per papa Francesco e tanto importante per l’America Latina: i migranti. Pur comprendendo i naturali timori nei confronti delle persone venute da altri Paesi, il Santo Padre ci invita a superarli e a incontrarci davvero con loro. Dobbiamo – come ripete spesso nell’Enciclica –, cioè, passare dagli “altri” al “noi”. Il capitolo si fa estremamente attuale quando il Papa denuncia quanto la comunicazione digitale, invece di avvicinarci, rischi di dividerci, favorendo l’aggressività senza remore e ostacolando le riflessione pacate e sagge. Mi fa piacere che il successore di Pietro ci metta in discussione. Spero che riusciamo ad aprirci al suo 14
Le ombre di un mondo chiuso messaggio, che ci lasciamo inquietare dalle sue pro- vocazioni, applicando all’America Latina il suo magi- stero. E spero che abbiamo il coraggio di accogliere l’invito alla speranza con cui conclude il capitolo: “La speranza è audace, sa guardare oltre la comodità personale, le piccole sicurezze e compensazioni che restringono l’orizzonte, per aprirsi a grandi ideali che rendono la vita più bella e dignitosa. Cammi- niamo nella speranza” (FT 55). 15
Meditazione 2 Un estraneo sul cammino Cardinale Leopoldo José Brenes Solórzano Arcivescovo di Managua, Nicaragua Presidente della Conferenza Episcopale Nicaraguense Secondo Vicepresidente del CELAM G esù, nella grandezza della sua misericordia, di fronte ai trabocchetti e alle domande capziose per metterlo alla prova, ci sorprende sempre con il suo sguardo, il suo messaggio, la sua parola sem- plice e spiazzante. Un atteggiamento messo in atto non con l’intenzione di umiliarci ma di farci cam- biare, di convertirci. Anche papa Francesco, con la semplicità propria del suo messaggio, utilizza esperienze quotidiane, incontrate nella sua vita di pastore, per portarci all’incontro personale con Gesù e con il fratello. Il titolo dell’enciclica, Fratelli tutti, è di per se una sfida oltre che una domanda: Fratelli tutti, “una grande utopia del Santo Padre”, mi ha detto un fedele, qualche giorno fa. “E’ la sfida che ci pone il Signore attraverso il Papa – ha aggiunto –, magari la
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi vinceremo quando moriremo e la vivranno quanti andranno in Cielo”. In modo semplice, questo secondo capitolo, ci propone una delle parabole più conosciute: quella del Samaritano. Il Papa ci lancia una provocazione: “benché questa Lettera sia rivolta a tutte le persone di buona volontà, al di là delle loro convinzioni reli- giose, la parabola si esprime in modo tale che chiun- que di noi può lasciarsene interpellare” (FT 56). Questa è la sfida che dobbiamo affrontare. La domanda: “dov’è tuo fratello?” continua ad avere la stessa risposta data da Caino a Dio. Certo, le espressioni sono un po’ cambiate: “a ciascuno il suo” o “si salvi chi può” o “sono arrivato dove sono con i miei meriti”, “nessuno mi ha aiutato, dunque non sono obbligato a aiutare gli altri”. Come pastori vediamo spesso, nelle nostre parrocchie, comunità che diventano club, circoli esclusivi e isolati. Attualmente, tantissimi sono abbandonati come l’uomo ferito della parabola, a cominciare dall’am- biente familiare. Penso ai molti anziani lasciati per la strada come mendicanti. Dove sono i loro figli e familiari? Bimbi appena lati lasciati negli ospedali. Dove sono i genitori? La famiglia? Non solo sono stati abbandonati, li hanno portati il più lontano possibile. Molti genitori non hanno tempo di ascoltare i figli poiché ci sono altre questioni personali di cui 18
Un estraneo sul cammino occuparsi. Di fronte a queste situazioni, l’Enciclica ci sfida: “sapremo perdere alcuni minuti per assistere i nostri anziani, i nostri figli, il nostro prossimo?” Il testo ci invita a essere capaci di lasciare qualunque cosa stiamo facendo e a dedicare tempo a quanti sono abbandonati. Di fronte a realtà tanto dure come quella attuale, Questa parabola è un’icona illuminante, capace di mettere in evidenza l’opzione di fondo che abbiamo bisogno di compiere per ricostruire questo mondo che ci dà pena. Davanti a tanto dolore, a tante ferite, l’unica via di uscita è essere come il buon samari- tano (FT 67). Senza dubbio è questa “la sfida attuale, di cui non dobbiamo avere paura” (FT 70). Non voltarsi dall’altra parte è, al fondo, parte cru- ciale del messaggio dell’enciclica. A ciascuno di noi, ogni giorno, si presenta l’opportunità di essere come il Samaritano. Lo abbiamo potuto toccare con mano in questi mesi in cui siamo stati flagellati dalla pan- demia, quando la solidarietà di tanti fratelli è stata tangibile, soprattutto quella dei più poveri verso altri poveri. Abbiamo visto la vedova condividere il pugno di farina e l’unica moneta contenuta nel portafoglio. Dobbiamo prendere coscienza del fatto di essere tutti responsabili e, come tali, dobbiamo tutti 19
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi contribuire al benessere della società. “è possibile cominciare dal basso e caso per caso, lottare per ciò che è più concreto e locale, fino all’ultimo angolo della patria e del mondo” (FT 78); “dobbiamo essere parte attiva nella riabilitazione e nel sostegno delle società ferite (…); essere altri buoni samaritani che prendono su di sé il dolore dei fallimenti, invece di fomentare odi e risentimenti” (FT 77). Di fronte all’urgenza di curare i malati o quanti hanno perso il lavoro a causa della pandemia, nella nostra arcidiocesi, tante istituzioni si sono offerte di donarci viveri e hanno messo in campo azioni solidali. Quando è accaduto, tuttavia, ho pensato al rischio di un’eventuale brama di protagonismo e ho messo una condizione: che le donazioni non recassero simboli o divenissero occasioni di propa- ganda. Mi sono ricordato, al riguardo, che il buon samaritano non ha cercato nessun riconoscimento, tranne la gioia e il piacere di avere aiutato un essere umano. Il Santo Padre, nell’enciclica, nel nome di Gesù Cristo, ci dice: “va e fai lo stesso!” Il contenuto di questa parabola, inoltre, è il filo rosso dei successivi sei capitoli, poiché il testo “non si limita a conside- rare la fraternità come uno strumento o un deside- rio, al contrario traccia una cultura della fraternità da applicare alle relazioni internazionali”, come ha detto il cardinale Pietro Parolin. 20
Un estraneo sul cammino Pensiamo, inoltre, che questo incontro misericordioso tra un sama- ritano e un giudeo è una potente provoca- zione, che smentisce ogni manipolazione ideologica, affinché allarghiamo la nostra cerchia, dando alla nostra capacità di amare una dimensione universale, in grado di supe- rare tutti i pregiudizi, tutte le barriere stori- che o culturali, tutti gli interessi meschini (FT 83). Fratelli tutti, “va e fai lo stesso” (Lc 10,37). 21
Meditazione 3 Pensare e generare un mondo aperto Cardinale Odilo Scherer Arcivescovo di San Paolo, Brasile Primo Vicepresidente del CELAM D opo aver descritto le ombre che avvolgono il mondo attuale, “un mondo chiuso”, papa Fran- cesco ci invita a ripensarlo in modo più aperto, gra- zie ai valori dell’amore e della fraternità. Non si può continuare a immaginare e a costru- ire un mondo per pochi privilegiati quando tanti fratelli con la stessa dignità e diritti sono lasciati ai margini. Non è nemmeno sufficiente affermare in teoria i principi di libertà, fraternità e uguaglianza: interpretati in chiave individualistica, questi bei valori finiscono per produrre il contrario di quanto significano. Essi devono essere animati dalla forza della solidarietà. La stessa affermazione dei diritti, per non essere snaturata, deve considerarli nella loro implicazione universale, senza frontiere e discriminazioni.
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi Nelle parole di Francesco risuona l’eco del Con- cilio Vaticano II quando afferma che l’essere umano non è stato fatto per vivere isolato ma solo incontro la sua pienezza nell’apertura e nell’amore sincero verso l’altro (cf. GS 24). Il mondo contemporaneo, in generale, è segnato da una forte tendenza culturale individualista che porta a chiudersi nei confronti dell’altro e del diverso. La soluzione è pensare e pro- muovere un mondo aperto. Il Papa ci invita a levare lo sguardo oltre il ristretto orizzonte degli interessi particolari o dei gruppi ridotti. La preoccupazione esclusiva per i “propri” diventa sterile e perde rapidamente il proprio signi- ficato. Le relazioni umane autentiche e feconde sono aperte agli altri e fanno sì che crescano e si arricchi- scano mutuamente. Francesco invita le persone e le comunità ad aprirsi ad un amore senza frontiere, da non confondersi con un falso universalismo di tono autoritario che cerca di uniformare tutto e eliminare le differenze. L’amore universale deve rispettare le differenze e la dignità umana. Francisco esprime una critica dell’individuali- smo e del liberalismo che, da una parte, difende la libertà come valore umano supremo, ma, dall’altra, non considera le differenze tra persone, gruppi e popoli. Non tutti si trovano nella stessa posizione per affermare la propria libertà e dignità. Per que- sto, la proclamazione della libertà, svincolata dal principio di dignità, può condurre a una distor- sione del significato della parole, legittimando 24
Pensare e generare un mondo aperto l’affermazione del più forte sul più debole. In questo senso, la libertà non va utilizzata per formare una comunità di estranei bensì di fratelli e sorelle. I soci si uniscono per interessi comuni, i fratelli per soste- nersi mutuamente, e ciò va ben al di là degli inte- ressi di parte. Francesco sottolinea la necessità di superare l’interpretazione individualista dei valori fondativi della modernità, come la libertà e i diritti umani. La libertà è importante, però quando si afferma in modo autoreferenziale e individualista può portare a un’infinita solitudine e a violare i diritti altrui. Al contempo, la difesa individualista dei diritti umani può aggravare i conflitti e pregiudicare i diritti uni- versali. La giusta comprensione dei diritti umani e della libertà deve tenere in considerazione la frater- nità, unita alla ricerca del bene morale. La cultura dell’individualismo deve essere supe- rata da un’altra basata sulla solidarietà, in cui rientra sempre la preoccupazione per gli altri, specialmente per gli ultimi e i più vulnerabili della società. La soli- darietà è un’importante virtù morale che va appresa con l’educazione fin dall’infanzia. Ancor più, nella proposta di creare un mondo aperto e fraterno, il Papa sottolinea la questione della destinazione universale dei beni della creazione come primo principio dell’etica sociale. Proprio a partire da quest’ultimo, ribadisce anche la funzione sociale della proprietà privata: essa non deve essere 25
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi finalizzata all’accumulo smisurato bensì a garantire la dignità delle persone. Lo stesso criterio dovrebbe guidare anche le relazioni economiche e finanziarie internazionali. Francesco innova, in certa maniera, la dottrina sociale della Chiesa, ponendo la frater- nità come fondamento dell’etica sociale ed econo- mica e come mezzo per superare le grandi disegua- glianze sociali e ingiustizie economiche fra persone, gruppi, Paesi. Il liberalismo, con la sua affermazione indivi- dualista dei diritti, da solo, è incapace di superare le disparità. Solamente la fraternità può farlo. La comunità umana ha necessità di una nuova etica di coesistenza che impregni le relazioni tra le persone e i gruppi ma anche i popoli e le nazioni. Ogni essere umano è mio fratello e mia sorella, dice il Papa, non importa a quale popolo o nazione appartenga. Solo così sarà possibile superare la paura, la discordia, il conflitto e assicurare a tutti una vita degna. 26
Meditazione 4 Un cuore aperto al mondo Monsignor Miguel Cabrejos Vidarte Arcivescovo di Trujillo, Perù Presidente della Conferenza Episcopale Peruviana Presidente del CELAM La solidarietà supera le frontiere N el titolo del quarto capitolo dell’enciclica, papa Francesco sottolinea la necessità di avere un “cuore aperto al mondo” in un momento in cui molti Paesi, soprattutto nel Nord globale, raffor- zano le proprie frontiere e alzano muri per limitare drasticamente l’entrata dei migranti. Il tutto senza considerare che la maggioranza dei rifugiati e dei migranti fuggono da situazioni di enorme preca- rietà, in cui sono dovuti sopravvivere in condizioni disumane. Per questa ragione, il Papa chiede maggiori sforzi comuni affinché nelle nazioni d’origine si generino le condizioni necessarie “per lo sviluppo umano integrale” (FT 129) delle persone. Al contempo, sostiene che, fin quando tali progressi non saranno
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi raggiunti “è nostro dovere rispettare il diritto di ogni essere umano di trovare un luogo dove poter non solo soddisfare i suoi bisogni primari e quelli della sua famiglia, ma anche realizzarsi pienamente come persona” (FT 129). E’ certo una grande sfida per i nostri Paesi dell’A- merica Latina e dei Caraibi, in condizioni molto dif- ficili a causa di lunghi anni di recessione e aumento della disoccupazione, problemi ora acuiti dalla pan- demia. Non è facile, dunque, accogliere i migranti arrivati da nazioni che vivono situazioni ancora più drammatiche. Qui viene messa alla prova la nostra fede in Dio, Padre di tutte le persone, che ama con tenerezza come suoi figli e figlie. Questa fede implica il riconoscerci mutamente come fratelli e sorelle; richiede la nostra disponibi- lità a “uscire da noi stessi” per metterci al posto del “altro”, cioè della persona migrante, e assumere il suo punto di vista (FT 128), lasciarci toccare il cuore e aprirci a “nuove risposte” (FT 128), con empatia, compassione e solidarietà. Gesù ci ha rivelato con le parole e i gesti che Dio ha un cuore aperto a ogni essere umano, soprat- tutto verso quanti sono in condizioni di povertà e estrema vulnerabilità; per Dio nessuno è “di troppo” e nessuno è “scartabile”. Per ciò, la fede in Dio è una chiamata e una ragione permanente a vivere con un cuore aperto ai migranti e ai rifugiati. 28
Un cuore aperto al mondo Accogliere, proteggere, promuove e integrare In questi quattro verbi, il Papa riassume gli sforzi che siamo chiamati a realizzare “verso le persone migranti in arrivo” (FT 129). Si nota con molta chia- rezza quanto il Papa sia ispirato da Francesco d’As- sisi, colui che ci ha dato il bell’esempio di farsi fra- tello di tutti, soprattutto dei poveri, dei disprezzati, degli scartati del suo tempo, seguendo le orme di Gesù, il nostro Fratello maggiore. Come lui, siamo chiamati a superari i nostri egoismi e a crescere in un amore gratuito e generoso verso i nostri fratelli e sorelle bisognosi. Il Papa esige azioni concrete da parte dei rispettivi Paesi e comunità umane per accogliere, proteggere, promuovere e integrare i migranti, come ad esem- pio, “aprire corridoi umanitari”, assicurare un’ade- guata assistenza consolare, garantirne la sicurezza personale e l’accesso ai servizi essenziali e promuo- verne l’integrazione nella comunità (FT 130). Il Papa invita – ed è bene sottolinearlo – le nostre società ad assumere “un concetto di piena citta- dinanza” (FT 131), rinunciando “all’utilizzo della parola ‘minoranze’” (FT 131). Termine che discri- mina poiché è facile considerare quanti apparten- gono al “gruppo minoritario” come inferiori ed emarginarli o isolarli. Questa parola spesso “prepara il terreno per l’ostilità e la discordia” (FT 131). In una prospettiva cristiana, siamo chiamati ad affermare e difendere “la medesima dignità inalienabile di ogni 29
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi essere umano” (FT 133) e a promuovere “un’amici- zia sociale” grazia alla quale “valorizzare ciò che ci unisce e di guardare alle differenze come possibilità di crescita nel rispetto di tutti” (FT 134). La migrazione come fonte di mutuo arricchimento culturale Le istituzioni ecclesiali, le parrocchie, le comu- nità, i movimenti, la vita religiosa sono chiamati a fare la loro parte affinché i migranti – donne, uomini, bambini – non siano considerati come una minac- cia bensì come “una opportunità di arricchimento e di sviluppo umano integrale di tutti” (FT 133). Se viene favorita la loro integrazione, con un accom- pagnamento solidale e paziente, gli immigrati “sono una benedizione, una ricchezza e un nuovo dono che invita una società a crescere” (FT 135). L’aiuto reciproco è imprescindibile in tempi di pandemia poiché “oggi o ci salviamo tutti o nessuno si salva” (FT 137). E’ importante menzionare come, di fronte all’at- tuale crisi umanitaria, papa Francesco, autentica- mente preoccupato per la giustizia sociale e il bene comune, affermi senza mezzi termini: “abbiamo bisogno che un ordinamento mondiale giuridico, politico ed economico ‘incrementi e orienti la colla- borazione internazionale verso lo sviluppo solidale di tutti i popoli’. Questo alla fine andrà a vantaggio di tutto il pianeta” (FT 138). 30
Un cuore aperto al mondo Il locale è un orizzonte universale Il Papa riconosce che nel mondo, spesso, si genera una tensione conflittuale tra il “locale” e il “globale” mentre aumentano le tendenze a per- cepire il globale unicamente come minaccia a cui reagire con localismi o nazionalismi ottusi (FT 141 e 146). Al contrario, per il bene dei popoli e delle loro relazioni urge un sano equilibrio tra la dimensione locale e quella globale. Come scrive il Papa, “bisogna prestare attenzione alla dimensione globale per non cadere in una meschinità quotidiana” e “casalinga” (FT 142). E aggiunge: “al tempo stesso, non è oppor- tuno perdere di vista ciò che è locale, che ci fa cam- minare con i piedi per terra” (FT 142). Entrambi i poli sono necessari per non cadere in posizioni estreme per un verso o per l’altro. Insieme a papa Francesco vorremmo porre enfasi sul fatto che “la fraternità universale e l’amicizia sociale all’interno di ogni società sono due poli inseparabili e coessenziali” (FT 142). Come discepoli di Gesù e animati dall’esempio di san Francesco d’Assisi, viviamo con gioia la voca- zione cristiana di praticare e promuovere la dimen- sione locale e globale. Pace e bene. 31
Meditazione 5 La migliore politica Monsignor Luis José Luis Rueda Aparicio Arcivescovo di Bogotà I l quinto capitolo della lettera enciclica Fratelli tutti si apre con un paragrafo che riassume ed anticipa il contenuto di quanto dirà papa Francesco nel corso delle pagine successive. Il brano, non a caso, con- tiene proprio l’espressione che dà il titolo al capi- tolo. Vediamolo: Per rendere possibile lo sviluppo di una comunità mondiale, capace di realizzare la fraternità a partire da popoli e nazioni che vivano l’amicizia sociale, è necessaria la migliore politica, posta al servizio del vero bene comune. Purtroppo, invece, la politica oggi spesso assume forme che ostacolano il cammino verso un mondo diverso (FT 152). Possiamo scorgervi, in nuce, i tre nodi che scan- discono il capitolo: la realtà dell’attualità politica, l’ispirazione per pensare una sana politica e le pro- poste per realizzarla.
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi La realtà della politica attuale Il panorama attuale ci offre “disgraziatamente” molteplici esempi di una politica che invece di facilitare “ostacola” poiché in essa si nasconde un “disprezzo dei deboli”. I paragrafi da 155 a 169, dal titolo populismi e liberalismi, ne tracciano una mappa esaustiva. La parte successiva, nei punti da 170 a 175, affronta la questione della politica internazionale. Secondo il Papa, la dicotomia tra populista e non populista è stata costruita ad arte, in modo da ingabbiare in una categoria persone e organizza- zioni sociali. La polarizzazione, come sappiamo, è dannosa poiché genera pericolose rivalità, polemi- che sterili, oltre a produrre eccessi che esaltano o screditano ingiustamente persone e organizzazioni. “Il disprezzo per i deboli” è al cuore dei “sistemi populisti”: questi li utilizzano in modo demagogico per perseguire i propri interessi. Lo stesso senti- mento anima i “sistemi neoliberali” individualisti che pongono i poveri al servizio dei poteri econo- mici. Alcuni punti chiave: Il popolo: siamo chiamati a lavorare per l’i- dentità comune del popolo, come categoria aperta, costituita da vincoli sociali e culturali; un popolo vivo, capace di nuove sintesi con l’incorporazione del diverso, in grado di cam- minare verso il bene comune, con leader in 34
La migliore politica grado di interpretare quest’ultimo e di met- tersi al servizio del popolo. Il lavoro: è necessario promuovere l’esistenza degna del popolo attraverso il lavoro inteso come dimensione irrinunciabile della vita sociale, che consente relazioni sane e una produzione al servizio dello sviluppo umano integrale. Per mettere in pratica questi due concetti car- dine, è necessario un autentico cambiamento nei cuori umani, una profonda conversione di vita. Ispirazione per una sana politica Papa Francesco ci propone “la migliore poli- tica”, cioè la politica messa al servizio del bene comune, della fraternità, dell’amicizia sociale. Que- sto secondo snodo narrativo comincia con un inter- rogativo: “Può esserci un percorso reale verso la fra- ternità universale e la pace sociale senza una buona politica?”. La risposta è contenuta nei punti dal 176 al 185, dal titolo: una carità sociale e politica. Qua troviamo proposte illuminanti: La politica sana: è necessaria una politica che assuma un progetto comune di umanità presente e futura, che non sia subordinata all’economia, che pensi nel bene comune in una prospettiva di lungo periodo, “un’econo- mia integrata in un progetto politico, sociale, 35
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi culturale e popolare che tenda al bene comune” (FT 179). L’amore politico: quando scorgiamo in ogni essere umano un fratello o una sorella svi- luppiamo il senso sociale e superiamo l’indi- vidualismo. Così nasce l’amore politico: “La carità sociale ci fa amare il bene comune e fa cercare effettivamente il bene di tutte le per- sone, considerate non solo individualmente, ma anche nella dimensione sociale che le unisce” (FT 182). L’amore efficace: l’amore sociale è efficace, capace di costruire un mondo nuovo. Per esserlo, tuttavia, ha necessità della luce della verità, caritas in veritate, solo così riesce a superare l’emotività privata e il relativismo “quando è in gioco il bene degli altri, non bastano le buone intenzioni, ma si tratta di ottenere effettivamente ciò di cui essi e le loro nazioni hanno bisogno per realizzarsi” (FT 185). Le proposte Nella terza parte del quinto capitolo, papa Fran- cesco ci conduce a rafforzare l’amore “elicito”, inteso come gli atti di carità che contribuiscono a creare istituzioni più sane, leggi più giuste, strutture più solidali. Il tema viene sviluppato in due sezioni, la prima dal titolo l’attività del amore politico (186-192) e la seconda più fecondità che successi 36
La migliore politica (193-197). In esse si trovano alcune proposte per la vita personale e comunitaria: “Solo con uno sguardo il cui orizzonte sia tra- sformato dalla carità, che lo porta a cogliere la dignità dell’altro, i poveri sono riconosciuti e apprezzati nella loro immensa dignità, rispet- tati nel loro stile proprio e nella loro cultura, e pertanto veramente integrati nella società. Tale sguardo è il nucleo dell’autentico spirito della politica” (FT 187). “Perciò la politica mondiale non può trala- sciare di porre tra i suoi obiettivi principali e irrinunciabili quello di eliminare effettiva- mente la fame. Infatti, «quando la specula- zione finanziaria condiziona il prezzo degli alimenti trattandoli come una merce qualsi- asi, milioni di persone soffrono e muoiono di fame. Dall’altra parte si scartano tonnellate di alimenti. Ciò costituisce un vero scandalo. La fame è criminale, l’alimentazione è un diritto inalienabile” (FT 189). “Mentre nella società attuale proliferano i fanatismi, le logiche chiuse e la frammenta- zione sociale e culturale, un buon politico fa il primo passo perché risuonino le diverse voci” (FT 191). “Nell’attività politica bisogna ricordare che «al di là di qualsiasi apparenza, ciascuno è immensamente sacro e merita il nostro affetto 37
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi e la nostra dedizione. Perciò, se riesco ad aiu- tare una sola persona a vivere meglio, questo è già sufficiente a giustificare il dono della mia vita. È bello essere popolo fedele di Dio. E acquistiamo pienezza quando rompiamo le pareti e il nostro cuore si riempie di volti e di nomi!” (FT 195). Concludo questa riflessione sul quinto capitolo, invitando ciascuno di noi a avvicinarsi e a dialogare con i leader politici, considerandoli come esseri umani, come fratelli con una vocazione speciale per la cui realizzazione hanno necessità della Chiesa, soprattutto di quanti al suo interno hanno la mis- sione di essere pastori. Come tali possono loro il cammino per vivere una solida e coerente spiritua- lità politica al servizio del bene comune. “Anche nella politica c’è spazio per amare con tenerezza. «Cos’è la tenerezza? È l’amore che si fa vicino e concreto” (FT 194). 38
Meditazione 6 Dialogo e amicizia sociale Monsignor Juan Carlos Cárdenas Toro Vescovo di Pasto, Colombia “I l dialogo (…) aiuta discretamente il mondo a vivere meglio, molto più di quanto possiamo rendercene conto” (FT198). Fedele alla profonda convinzione che in ogni situazione di conflitto la strada maestra è il dialogo, papa Francesco propone nella sua terza enciclica questo cammino per creare le condizioni collet- tive in cui possa realizzarsi l’ideale dell’amicizia sociale. Mi permetto di suggerire quattro tappe nel per- corso che, attraverso il dialogo, può aiutare l’u- manità a progredire verso la desiderata amicizia sociale. Il dialogo che genera incontro Il Papa afferma che il dialogo ha, tra le carat- teristiche più importanti, la capacità di rispettare
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi il punto di vista dell’altro. L’autentico spirito del dialogo (…) alimenta la capacità di comprendere il significato di ciò che l’altro dice e fa, pur non potendo assumerlo come una propria convinzione. Così diventa possibile essere sinceri, non dissimulare ciò in cui crediamo, senza smettere di dialogare, di cercare punti di contatto, e soprattutto di lavorare e impe- gnarsi insieme” (FT 203). Il motore per intraprendere il cammino verso l’amicizia sociale sta nello smontare i pregiudizi e preconcetti condizionanti, i quali portano le per- sone a basare le conversazioni sul mero scambio di opinioni, prive di argomentazioni rispettose o ben radicate, bensì alimentate dall’animosità e da un’e- motività fuori controllo. Questi atteggiamenti alzano muri che impe- discono di aprirsi con rispetto all’altro e al vasto mondo delle sue prospettive, senza dover rinunciare alle proprie. Si deve lavorare per eliminare dal dia- logo il “disprezzo umiliante” o le “manipolazioni motivate da ego e interessi personali” se si vuole arrivare all’incontro. L’autentico dialogo costruisce ponti per colti- vare l’incontro, inteso come “uno stile di vita che tende a formare quel poliedro che ha molte facce, 40
Dialogo e amicizia sociale moltissimi lati, ma tutti compongono un’unità ricca di sfumature” (FT 215). Questo esercizio di dialogo che genera incontri – e non scontri – deve avere un criterio chiaro: “da tutti si può imparare qualcosa, nessuno è inutile, nessuno è superfluo” (FT 215). L’incontro che genera cultura Quando l’incontro viene assunto come “stile di vita” e la diversità viene considerata un arricchi- mento, si passa al secondo livello: si va dall’incontro alla cultura. Papa Francesco chiama correttamente questo processo di appropriazione personale e collettiva “cultura dell’incontro”. E’ cultura perché “è stata fatta propria dal popolo, è entrata nelle sue convin- zioni più radicate”. Andando oltre, il Santo Padre spiega che “parlare di “cultura dell’incontro” significa un popolo ansioso di volersi incontrare, di cercare punti di contatto, di gettare ponti, di progettare qualcosa che coinvolga tutti” (FT 216). Affinché l’incontro diventi uno stile di vita, una cultura, è necessaria la pazienza dell’artigiano che, poco a poco, va tessendo la trama di relazioni attra- verso la quale l’intera collettività – non un settore particolare –, si dispone a entrare in contatto non 41
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi solo con quanti risultato più simili dal punto di vista religioso, ideologico, economico. La cultura che si fa convivenza Un ulteriore passo del percorso di immer- sione profonda nel tessuto delle relazioni umane si ha la cultura dell’incontro genera le condizioni di possibilità per passare a un livello superiore: la convivenza. Essa è chiamata anche “pace sociale” e ha come fine l’integrazione di tutti, a partire da chi è diffe- rente. La diversità smette di essere percepita come minaccia e diventa opportunità di crescita e arric- chimento collettivo. In questo senso, il Santo Padre fornisce un cri- terio-chiave per aiutare a trasformare la cultura dell’incontro nel propulsore per una sana convi- venza sociale: “persino le persone che possono essere criticate per i loro errori hanno qualcosa da apportare che non deve andare perduto” (FT 217). Convivenza che costruisce amicizia sociale Quando si va ancora avanti e si lavora con inten- sità per costruire una convivenza reale, infine, tutto ciò che prima era motivo di sospetto, di paura, di divisione, si trasforma in legame. Un legame forte e profondo. Si generano, cioè, le condizioni per pas- sare dalla convivenza all’amicizia sociale. 42
Dialogo e amicizia sociale L’amicizia presuppone vedere nell’altro un bene per me, un bene per la società. Si comprende che l’altro ha molto da darmi e che, nello scambio di esperienze di vita, si cresce. Si arriva all’amicizia coltivando l’amabilità, che il Papa definisce così: “è un modo di trattare gli altri che si manifesta in diverse forme: come gen- tilezza nel tratto, come attenzione a non ferire con le parole o i gesti, come tentativo di alleviare il peso degli altri” (FT 223). Agli uomini e alle donne del nostro tempo farebbe molto bene comprendere queste parole e impegnare tante energie nel trattarsi bene a vicenda. E’ così che creano le amicizie più profonde. 43
Meditazione 7 Percorsi di un nuovo incontro Cardinale Cláudio Hummes Arcivescovo Emerito di San Paolo Presidente della Conferenza Ecclesiale dell’Amazzonia I l capitolo sette dell’enciclica Fratelli tutti vuole offrire una via affinché le persone, le comunità e l’intera famiglia umana, riescano a costruire la riconciliazione nella frammentata, conflittuale e violenta società attuale, immersa in interminabili guerre fratricide e odi distruttivi. Nel contesto ampio dell’enciclica, la questione della riconciliazione e del perdono è cruciale. Nel mondo attuale fatto di scontri, è necessario realiz- zare “percorsi di nuovo incontro”. Solo così si può costruire la pace. Il testo dice: “In molte parti del mondo occorrono percorsi di pace che conducano a rimarginare le ferite, c’è bisogno di artigiani di pace disposti ad avviare processi di guarigione e di rin- novato incontro con ingegno e audacia” (FT 225). Questo paragrafo contiene uno dei tratti distintivi di papa Francesco. Quando parla di “inventiva e auda- cia” ritroviamo il suo costante incoraggiamento a
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi sognare il futuro con creatività, con “audacia”. L’au- dacia vince la paura e apre nuovi orizzonti. Questa audacia, tuttavia, comporta a volte il rischio di sba- gliarsi. In tal caso ci si corregge con umiltà perché “sbagliarsi è umano”. Non c’è altro modo di rendere possibili “nuovi” cammini, “processi di cura e di un nuovo incontro”. All’inizio di questo processo, dice il Papa, c’è la ricerca e il riconoscimento della “verità” senza tra- vestimenti. La pace non si costruisce sulle bugie, sulle “diplomazie vuote, per dissimulazioni, discorsi doppi, occultamenti, buone maniere che nascon- dono la realtà” (FT 226). Perché “la verità è una com- pagna inseparabile della giustizia e della misericor- dia” (FT 227). Senza la verità, la misericordia può ferire la giustizia o la giustizia può essere disumana. “La verità non deve, di fatto, condurre alla vendetta, ma piuttosto alla riconciliazione e al perdono” poi- ché “la violenza genera violenza, l’odio genera altro odio, e la morte altra morte. Dobbiamo spezzare questa catena che appare ineluttabile” (FT 227). Gesù insegna: “avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guan- cia destra, tu porgigli anche l'altra” (Mt 5, 38-39). Riguardo alla costruzione della pace, il Papa afferma con realismo: “Il percorso verso la pace non richiede di omogeneizzare la società, ma sicu- ramente ci permette di lavorare insieme” (FT 228). Ci sono diversi contribuiti che vanno riconosciuti e 46
Percorsi di un nuovo incontro integrati, come valore aggiunto, nel percorso verso “il bene comune”. “Il cammino verso una migliore convivenza chiede sempre di riconoscere la possi- bilità che l’altro apporti una prospettiva legittima – almeno in parte –, qualcosa che si possa rivalu- tare, anche quando possa essersi sbagliato o aver agito male” (FT 228). Un altro elemento fondamentale è riconoscere e promuovere il sentimento di “appartenenza” di tutti e di ciascuno alla famiglia umana. Nessuno deve essere escluso o scartato o lasciato indie- tro. “La nostra società vince quando ogni persona, ogni gruppo sociale, si sente veramente a casa (…) Amiamo la nostra società, o rimane qualcosa di lontano, qualcosa di anonimo, che non ci coin- volge, non ci tocca, non ci impegna?” (FT 230). Se è così, accettiamo di essere parte di un processo “di nuovo incontro per sentirsi ed essere “a casa”? “Molte volte c’è un grande bisogno di negoziare e così sviluppare percorsi concreti per la pace. Tut- tavia, i processi effettivi di una pace duratura sono anzitutto trasformazioni artigianali operate dai popoli, in cui ogni persona può essere un fermento efficace con il suo stile di vita quotidiana” (FT 231), dice il Papa, valorizzando gli aspetti quotidiani della vita concreta. Non si deve dimenticare che il cammino deve cominciare “dagli ultimi”, che sono sempre le prin- cipali vittime di tutte le guerre e diseguaglianze (FT 235). 47
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi Il testo, così, arriva ad uno dei noccioli più duri della questione: il perdono e la memoria. La pace sociale implica una “cultura dell’incontro”. E quest’ultima richiede perdono e memoria. Gesù ci insegna che si deve “perdonare fino a settanta volte sette” (Mt 18, 22). Non si tratta di proporre un perdono rinun- ciando ai propri diritti davanti a un potente corrotto, a un criminale o a qualcuno che degrada la nostra dignità. Siamo chiamati ad amare tutti, senza eccezioni, però amare un oppressore non significa consentire che con- tinui ad essere tale; e neppure fargli pensare che ciò che fa è accettabile (FT 241). Il Papa aggiunge: “la vera riconciliazione non rifugge dal conflitto, bensì si ottiene nel conflitto, superandolo attraverso il dialogo e la trattativa tra- sparente, sincera e paziente” (FT 244). E’ un pro- cesso e non un decreto puntuale. Perdonare non significa dimenticare. “Non si deve mai proporre l’oblio. La Shoah non deve essere dimenticata” (FT 246 e 247). Il settimo capitolo di Fratelli tutti, infine, affronta due temi estremi: la guerra e la pena di morte. “Sono false risposte, che non risolvono i problemi che pre- tendono di superare e che in definitiva non fanno che aggiungere nuovi fattori di distruzione nel tes- suto della società nazionale e mondiale” (FT 255). 48
Meditazione 8 Le religioni al servizio della fraternità nel mondo Monsignor Launay Saturné Arcivescovo di Cap-Haitien Presidente della Conferenza Episcopale Haitiana C on queste brevi riflessioni sull’ottavo capitolo Le religioni al servizio della fraternità nel mondo (FT 271-287), della terza lettera enciclica di papa Francesco – dopo Lumen fidei del 2013 e Laudato si’ del 2015 – Fratelli tutti, sulla fraternità e l’amicizia sociale (3 ottobre 2020), la Conferenza Episcopale Haitiana (CEH) desidera apportare il suo modesto contributo alle numerose meditazioni che il testo ha stimolato nelle varie Conferenze Episcopali. La CEH, innanzitutto, ha accolto con gioia que- sta “enciclica sociale” che il Santo Padre ha voluto scrivere “affinché, di fronte a diversi modi attuali di eliminare o ignorare gli altri, siamo in grado di rea- gire con un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale che non si limiti alle parole” (FT 6). Nell’osservare, nello specifico, lo scenario latinoamericano e caraibico, siamo felicemente
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi sorpresi della pertinenza e dell’attualità delle rifles- sioni di papa Francesco in Fratelli tutti e, soprat- tutto, dall’appello rivolto alle religioni – cristiane e non cristiane – di mettersi con sincerità al servizio della pace, della giustizia, della fraternità, dell’a- more fraterno e dell’amicizia sociale. La realtà lati- noamericana e caraibica è caratterizzata proprio da questa sete – e, dunque, per la mancanza o l’assenza – di pace, giustizia, fraternità, amore fraterno e amicizia sociale. Senza pretendere di svolgere un’analisi esaustiva né di prendere in esame tutti gli aspetti della situa- zione dell’America Latina e dei Caraibi, vogliamo sottolineare con quanta forza l’ottavo capitolo di Fratelli tutti ci spinga – o dovrebbe spingerci – a concentrarci su quei fenomeni sociali, culturali e religiosi che favoriscono la promozione della pace, della giustizia, della fraternità, dell’amore fraterno e dell’amicizia sociale. Ma anche a vedere quali ten- denze la ostacolano. Nel ricordare, fin dal principio, che “le diverse religioni, a partire dal riconoscimento del valore di ogni persona umana come creatura chiamata ad essere figlio o figlia di Dio, offrono un prezioso apporto per la costruzione della fraternità e per la difesa della giustizia nella società”, papa France- sco, invita, con delicatezza, le religioni – cristiane e non cristiane – a un autentico lavoro di auto-cri- tica, domandandosi in che modo contribuiscano davvero alla costruzione della fraternità e alla 50
Le religioni al servizio della fraternità nel mondo difesa della giustizia nelle società latinoamericane e caraibiche. Alla luce dell’ottavo capitolo di Fratelli tutti, gli esponenti delle differenti religioni sono invitati a un vero esame di coscienza, in cui si chiedano, con sin- cerità, se sono realmente capaci di portare avanti il dialogo descritto dal Santo Padre che “non si fa sola- mente per diplomazia, cortesia o tolleranza. Come hanno insegnato i Vescovi dell’India, l’obiettivo del dialogo è stabilire amicizia, pace, armonia e condi- videre valori ed esperienze morali e spirituali in uno spirito di verità e amore” (FT 271). Condividiamo la convinzione profonda di papa Francesco che “tra le religioni è possibile un cam- mino di pace” (FT 281) e che i credenti, di qualunque fede, “hanno bisogno di trovare spazi per dialogare e agire insieme per il bene comune e la promozione dei più poveri” (FT 282). Di fronte alla proliferazione di sette e religioni fondamentaliste, la grande sfida per i popoli latinoamericani e caraibici è quella di tornare alle nostre fonti per concentrarci sull’essenziale: l’adorazione di Dio e l’amore del prossimo, in modo tale che alcuni aspetti della nostra dottrina, fuori dal loro conte- sto, non finiscano per alimentare forme di disprezzo, di odio, di xenofobia, di negazione dell’altro. La verità è che la violenza non trova base alcuna nelle convinzioni religiose fondamentali, bensì nelle loro deformazioni (FT 282). 51
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