Fratelli tutti: MEDITAZIONI DALL'AMERICA LATINA E I CARAIBI - Prensa ...

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Fratelli tutti: MEDITAZIONI DALL'AMERICA LATINA E I CARAIBI - Prensa ...
Fratelli tutti:
MEDITAZIONI DALL’AMERICA
   LATINA E I CARAIBI
FRATELLI TUTTI:
MEDITAZIONI DALL’AMERICA
    LATINA E I CARAIBI
FRATELLI TUTTI:
MEDITAZIONI DALL’AMERICA
    LATINA E I CARAIBI

CONSIGLIO EPISCOPALE LATINOAMERICANO
              Presidenza

           Bogotà, D. C., 2020
Prima edizione: Bogotà, dicembre 2020
Titolo originale: Fratelli tutti: meditaciones desde América Latina y El Caribe

Casa Editrice CELAM
  Carrera 5 N.° 118-31
  PBX: (571) 587 97 10, ext. 307 - 345 y 351
  editora@celam.org

Autori
   Card. Leopoldo José Brenes Solórzano
   Mons. Miguel Cabrejos Vidarte
   Mons. Rogelio Cabrera López
   Mons. Juan Carlos Cárdenas Toro
   Card. Cláudio Hummes
   Mons. Jorge Eduardo Lozano
   Mons. Luis José Rueda Aparicio
   Mons. Launay Saturné
   Card. Odilo Pedro Scherer

Direzione editoriale
   Óscar Elizalde Prada

Coordinamento editoriale
  Deisy Mendoza Sánchez

Correzione delle bozze
  Óscar Elizalde Prada

Traduzione
   Lucia Capuzzi

Disegno di copertina
   Milton Ruiz Clavijo

Disegno grafico
   Doris Andrade B.

Con le dovute licenze ecclesiastiche.
Tutti i diritti sono riservati. Questa pubblicazione non può essere riprodotto
in tutto e in parte da senza il permesso scritto previo del CELAM.

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Indice

Presentazione
Mons. Jorge Eduardo Lozano

Meditazione 1
Le ombre di un mondo chiuso
Mons. Rogelio Cabrera López

Meditazione 2
Un estraneo sul cammino
Card. Leopoldo José Brenes Solórzano

Meditazione 3
Pensare e generare un mondo aperto
Card. Odilo Pedro Scherer

Meditazione 4
Un cuore aperto al mondo intero
Mons. Miguel Cabrejos Vidarte

Meditazione 5
La miglior politica
Mons. Luis José Rueda Aparicio
Meditazione 6
Dialogo e amicizia sociale
Mons. Juan Carlos Cárdenas Toro

Meditazione 7
Percorsi di un nuovo incontro
Card. Cláudio Hummes

Meditazioni 8
Le religioni al servizio della fraternità
nel mondo
Mons. Launay Saturné
Presentazione
                         Monsignor Jorge Eduardo Lozano
                      Arcivescovo di San Juan de Cuyo, Argentina
                                 Segretario Generale del CELAM

L   a pubblicazione della lettera enciclica Fratelli
    tutti – firmata il 3 ottobre 2020 sulla tomba di
San Francesco di Assisi e alla vigilia della sua festa –,
conferma quanto le questioni legate alla fraternità
e l’amicizia sociale siano radicate nel profondo del
cuore di Papa Francesco (cf. FT 5). Nelle parole intro-
duttive, infatti, il Santo Padre ci rivela l’urgenza della
dimensione universale dell’amore fraterno:

      Consegno questa Enciclica sociale come un
      umile apporto alla riflessione affinché, di
      fronte a diversi modi attuali di eliminare o
      ignorare gli altri, siamo in grado di reagire
      con un nuovo sogno di fraternità e di amici-
      zia sociale che non si limiti alle parole (FT6).

   Anche in America Latina e nei Caraibi sperimen-
tiamo la necessità di scoprirci e sentirci fratelli e
sorelle senza frontiere, di lasciarci impregnare dalla
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi

testimonianza della fraternità, semplicità e gioia del
Poverello d’Assisi. La pandemia del Covid-19 ci ha
costretto a rinascere, tutti, a un desiderio mondiale
di fraternità, per sognare

      come un’unica umanità, come viandanti fatti
      della stessa carne umana, come figli di que-
      sta stessa terra che ospita tutti noi, ciascuno
      con la ricchezza della sua fede o delle sue
      convinzioni, ciascuno con la propria voce,
      tutti fratelli! (FT 8).

    Sebbene riconosciamo che “le ombre di un
mondo chiuso” (capitolo primo) s’allungano sulla
nostra Patria Grande, ci anima il desiderio di essere
prossimo senza frontiere, perché “un estraneo
sul cammino” (capitolo secondo) ci interpella e ci
motiva a essere, ogni volta di più, Chiesa samari-
tana. Con il nostro fratello Francesco sappiamo che
è imperativo “pensare e generare un mondo aperto”
(capitolo terzo), e avere “un cuore aperto al mondo
intero” (capitolo quarto). Per quello è necessario
aspirare alla “migliore politica” (capitolo quinto) che
lo renda possibile e alla carità feconda che ci per-
metta di riscoprire una nuova cultura nel “dialogo e
nell’amicizia sociale” (capitolo sesto).

   Siamo chiamati a inoltrarci su un “percorso di
nuovo incontro” (capitolo settimo) – con intelli-
genza e audacia –, che ci consenta di riconoscere
Dio fra gli ultimi, gli impoveriti, i più vulnerabili. Per
questo, “se si tratta di ricominciare, sarà sempre a

 8
Presentazione

partire dagli ultimi” (FT 253). Mentre acquista un
nuovo significato la vocazione delle “religioni al ser-
vizio della fraternità nel mondo” (capitolo ottavo),
il Consiglio Episcopale Latinoamericano – CELAM
presenta queste otto meditazioni dall’America Latina
e i Caraibi, ciascuna ispirata in un capitolo di Fra-
telli tutti – da lì il titolo di ogni meditazione –, con
il proposito di incoraggiare alla speranza e all’im-
pegno per una cultura dell’incontro e del dialogo,
che ci porti a costruire ponti di fraternità e amici-
zia sociale, perché “ciascuno di noi è chiamato ad
essere un artigiano della pace, unendo e non divi-
dendo, estinguendo l’odio e non conservandolo,
aprendo le vie del dialogo e non innalzando nuovi
muri!” (FT 283).

                                    12 dicembre 2020
                 Festa di Nostra Signora di Guadalupe
             Patrona dell’America Latina e dei Caraibi

                                                     9
Meditazione 1

Le ombre di un
mondo chiuso
                           Monsignor Rogelio Cabrera López
                                   Arcivescovo di Monterrey, Messico
                   Presidente della Conferenza Episcopale Messicana
        Presidente del Consiglio per gli Affari Economici del CELAM

 Pensate forse che sia venuto a portare la pace sulla terra?
                                                No di certo.
          Non sono venuto a portare la pace, ma la spada.
                                                         (Lc 12,51)

Q     uesto testo di san Luca, in continuità con il pen-
      siero profetico dell’Antico Testamento, esprime
non un desiderio di Gesù di Nazareth, bensì la con-
statazione di un fatto. Il Messia Figlio di Dio sapeva
che la sua proposta, le sue parole e i suoi gesti sareb-
bero stati scomodi per quanti si negavano a capire
l’autentico significato delle leggi e si limitavano a
un’obbedienza formale. Come i profeti biblici, Egli
annunciava i valori del Regno di suo Padre Dio,
ma, al contempo, denunciava l’allontanamento da
quest’ultimo.
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi

    Qualcosa di simile accade con papa Francesco e
l’enciclica Fratelli tutti è un’ulteriore dimostrazione
di quando sia scomoda per alcuni la sua profezia,
soprattutto il primo capitolo. A partire dal titolo, le
ombre di un mondo chiuso, ci testimonia un approc-
cio netto di fronte a una realtà ora esplosa a causa
della pandemia, di fronte al mondo che abbiamo
costruito. Una prospettiva apparentemente pessimi-
sta e, invece, profondamente realista. Il testo ci pone
di fronte a uno specchio, che rivela le nostre fragilità
e vulnerabilità come società.

    Il capitolo è formato da 47 paragrafi – dal 9 al
55 –, con 46 note e 14 sezioni. Con un linguaggio
semplice e una narrazione caratterizzata da fughe
in avanti e successive riprese per spiegare le pro-
prie affermazioni, papa Francesco delinea le ombre
che avvolgono il mondo, chiuso alla costruzione
di una vera fraternità universale: ci sono sogni in
frantumi, come l’integrazione dei Paesi uniti dalla
stessa cultura – quelli europei – o dalla medesima
lingua – quelli latinoamericani –; la storia sembra
retrocedere, con il riaccendersi di conflitti consi-
derati ormai superati; e ora, “aprirsi al mondo” ha
assunto solo un significato economico e commer-
ciale. Viviamo in un pianeta unito dagli affari, ma
diviso dagli interessi egoistici. La polarizzazione
politica e sociale è pane quotidiano e, seguendo i
postulati della postmodernità, manchiamo di pro-
getti inclusivi e di ampio respiro: l’immediatezza
si diffonde per il mondo. Per questo, al paragrafo

12
Le ombre di un mondo chiuso

17, sua Santità lancia il primo lampo, squarciando
l’oscurità: dobbiamo costruire un “noi” che abiti la
“casa comune”.

    L’egoismo diffuso ci porta a scartare quanti non
sono utili – come i non nati – o non servono più,
come gli anziani. Il Papa ci ricorda, con queste
parole, l’ormai classico paragrafo 65 del Documento
di Aparecida: “gli esclusi non sono solo ‘sfruttati’
ma sono ‘in eccesso’ e, dunque, ‘scartabili’”. Un ter-
ribile esempio di tale scarto è l’abbandono che tanti
anziani hanno patito durante la pandemia di corona-
virus. In America Latina siamo abituati ad assistere
in famiglia i nostri vecchi, però lentamente prende
piede la tendenza di isolarli e lasciarli in carico
ad altri. Assistiamo a un pragmatismo che favori-
sce la crescita ma non lo sviluppo integrale degli
esseri umani.

    A partire dal paragrafo 22, papa Francesco ci
provoca ancora: in società dove si scrive, si grida,
si manifesta per il rispetto dei diritti umani, questi
ultimi non sono uguali per tutti. Le donne, soprat-
tutto le più povere ­– che da noi sono le contadine e
le indigene –, sono offese nella loro dignità. In pieno
ventunesimo secolo esiste la schiavitù in forme più
sofisticate ma ugualmente ripugnanti.

    La violenza è un’altra delle ombre del mondo
chiuso. Essa si manifesta nelle guerre, negli atten-
tati, nelle persecuzioni per ragioni razziali e reli-
giose. La violenza, inoltre, fomenta l’istinto di

                                                   13
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi

autodifesa che ci spinge a costruire muri, non ponti.
I passi avanti in ambito scientifico e tecnologico, che
tanto ci riempivano d’orgoglio prima della pande-
mia, non sembrano averci aiutato a intraprendere
una direzione comune. Tolleriamo il fatto di vivere
insieme ma, in fondo, non sappiamo apprezzare la
ricchezza della vita comunitaria.

    Nel cuore del capitolo, papa Francesco affronta il
terribile flagello della pandemia. Ci dice che il virus
ha messo a nudo la nostra vulnerabilità, riducendo
in brandelli le nostre apparenti grandezze. Torne-
remo al mondo di prima? Punteremo ancora una
volta a un sistema che privilegia i profitti rispetto alla
dignità umana? E’ necessario, ci invita il Papa, che
recuperiamo la passione condivisa per la comunità.

    Non poteva mancare in questo capitolo un tema
cruciale per papa Francesco e tanto importante per
l’America Latina: i migranti. Pur comprendendo i
naturali timori nei confronti delle persone venute
da altri Paesi, il Santo Padre ci invita a superarli e
a incontrarci davvero con loro. Dobbiamo – come
ripete spesso nell’Enciclica –, cioè, passare dagli
“altri” al “noi”. Il capitolo si fa estremamente attuale
quando il Papa denuncia quanto la comunicazione
digitale, invece di avvicinarci, rischi di dividerci,
favorendo l’aggressività senza remore e ostacolando
le riflessione pacate e sagge.

    Mi fa piacere che il successore di Pietro ci metta
in discussione. Spero che riusciamo ad aprirci al suo

 14
Le ombre di un mondo chiuso

messaggio, che ci lasciamo inquietare dalle sue pro-
vocazioni, applicando all’America Latina il suo magi-
stero. E spero che abbiamo il coraggio di accogliere
l’invito alla speranza con cui conclude il capitolo:
“La speranza è audace, sa guardare oltre la comodità
personale, le piccole sicurezze e compensazioni che
restringono l’orizzonte, per aprirsi a grandi ideali
che rendono la vita più bella e dignitosa. Cammi-
niamo nella speranza” (FT 55).

                                                 15
Meditazione 2

Un estraneo sul cammino
                Cardinale Leopoldo José Brenes Solórzano
                                Arcivescovo di Managua, Nicaragua
              Presidente della Conferenza Episcopale Nicaraguense
                               Secondo Vicepresidente del CELAM

G    esù, nella grandezza della sua misericordia, di
     fronte ai trabocchetti e alle domande capziose
per metterlo alla prova, ci sorprende sempre con il
suo sguardo, il suo messaggio, la sua parola sem-
plice e spiazzante. Un atteggiamento messo in atto
non con l’intenzione di umiliarci ma di farci cam-
biare, di convertirci.

     Anche papa Francesco, con la semplicità propria
del suo messaggio, utilizza esperienze quotidiane,
incontrate nella sua vita di pastore, per portarci
all’incontro personale con Gesù e con il fratello.

   Il titolo dell’enciclica, Fratelli tutti, è di per se
una sfida oltre che una domanda: Fratelli tutti, “una
grande utopia del Santo Padre”, mi ha detto un
fedele, qualche giorno fa. “E’ la sfida che ci pone il
Signore attraverso il Papa ­– ha aggiunto –, magari la
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi

vinceremo quando moriremo e la vivranno quanti
andranno in Cielo”.

    In modo semplice, questo secondo capitolo, ci
propone una delle parabole più conosciute: quella
del Samaritano. Il Papa ci lancia una provocazione:
“benché questa Lettera sia rivolta a tutte le persone
di buona volontà, al di là delle loro convinzioni reli-
giose, la parabola si esprime in modo tale che chiun-
que di noi può lasciarsene interpellare” (FT 56).
Questa è la sfida che dobbiamo affrontare.

    La domanda: “dov’è tuo fratello?” continua ad
avere la stessa risposta data da Caino a Dio. Certo,
le espressioni sono un po’ cambiate: “a ciascuno il
suo” o “si salvi chi può” o “sono arrivato dove sono
con i miei meriti”, “nessuno mi ha aiutato, dunque
non sono obbligato a aiutare gli altri”. Come pastori
vediamo spesso, nelle nostre parrocchie, comunità
che diventano club, circoli esclusivi e isolati.

    Attualmente, tantissimi sono abbandonati come
l’uomo ferito della parabola, a cominciare dall’am-
biente familiare. Penso ai molti anziani lasciati per
la strada come mendicanti. Dove sono i loro figli e
familiari? Bimbi appena lati lasciati negli ospedali.
Dove sono i genitori? La famiglia? Non solo sono
stati abbandonati, li hanno portati il più lontano
possibile.

    Molti genitori non hanno tempo di ascoltare i
figli poiché ci sono altre questioni personali di cui

18
Un estraneo sul cammino

occuparsi. Di fronte a queste situazioni, l’Enciclica ci
sfida: “sapremo perdere alcuni minuti per assistere
i nostri anziani, i nostri figli, il nostro prossimo?” Il
testo ci invita a essere capaci di lasciare qualunque
cosa stiamo facendo e a dedicare tempo a quanti
sono abbandonati.

   Di fronte a realtà tanto dure come quella attuale,

      Questa parabola è un’icona illuminante,
      capace di mettere in evidenza l’opzione di
      fondo che abbiamo bisogno di compiere per
      ricostruire questo mondo che ci dà pena.
      Davanti a tanto dolore, a tante ferite, l’unica
      via di uscita è essere come il buon samari-
      tano (FT 67).

   Senza dubbio è questa “la sfida attuale, di cui
non dobbiamo avere paura” (FT 70).

    Non voltarsi dall’altra parte è, al fondo, parte cru-
ciale del messaggio dell’enciclica. A ciascuno di noi,
ogni giorno, si presenta l’opportunità di essere come
il Samaritano. Lo abbiamo potuto toccare con mano
in questi mesi in cui siamo stati flagellati dalla pan-
demia, quando la solidarietà di tanti fratelli è stata
tangibile, soprattutto quella dei più poveri verso altri
poveri. Abbiamo visto la vedova condividere il pugno
di farina e l’unica moneta contenuta nel portafoglio.

   Dobbiamo prendere coscienza del fatto di
essere tutti responsabili e, come tali, dobbiamo tutti

                                                        19
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi

contribuire al benessere della società. “è possibile
cominciare dal basso e caso per caso, lottare per ciò
che è più concreto e locale, fino all’ultimo angolo
della patria e del mondo” (FT 78); “dobbiamo essere
parte attiva nella riabilitazione e nel sostegno delle
società ferite (…); essere altri buoni samaritani che
prendono su di sé il dolore dei fallimenti, invece di
fomentare odi e risentimenti” (FT 77).

    Di fronte all’urgenza di curare i malati o quanti
hanno perso il lavoro a causa della pandemia, nella
nostra arcidiocesi, tante istituzioni si sono offerte
di donarci viveri e hanno messo in campo azioni
solidali. Quando è accaduto, tuttavia, ho pensato
al rischio di un’eventuale brama di protagonismo
e ho messo una condizione: che le donazioni non
recassero simboli o divenissero occasioni di propa-
ganda. Mi sono ricordato, al riguardo, che il buon
samaritano non ha cercato nessun riconoscimento,
tranne la gioia e il piacere di avere aiutato un
essere umano.

    Il Santo Padre, nell’enciclica, nel nome di Gesù
Cristo, ci dice: “va e fai lo stesso!” Il contenuto di
questa parabola, inoltre, è il filo rosso dei successivi
sei capitoli, poiché il testo “non si limita a conside-
rare la fraternità come uno strumento o un deside-
rio, al contrario traccia una cultura della fraternità
da applicare alle relazioni internazionali”, come ha
detto il cardinale Pietro Parolin.

20
Un estraneo sul cammino

Pensiamo, inoltre, che

  questo incontro misericordioso tra un sama-
  ritano e un giudeo è una potente provoca-
  zione, che smentisce ogni manipolazione
  ideologica, affinché allarghiamo la nostra
  cerchia, dando alla nostra capacità di amare
  una dimensione universale, in grado di supe-
  rare tutti i pregiudizi, tutte le barriere stori-
  che o culturali, tutti gli interessi meschini
  (FT 83).

Fratelli tutti, “va e fai lo stesso” (Lc 10,37).

                                                      21
Meditazione 3

Pensare e generare
un mondo aperto
                                  Cardinale Odilo Scherer
                               Arcivescovo di San Paolo, Brasile
                              Primo Vicepresidente del CELAM

D     opo aver descritto le ombre che avvolgono il
      mondo attuale, “un mondo chiuso”, papa Fran-
cesco ci invita a ripensarlo in modo più aperto, gra-
zie ai valori dell’amore e della fraternità.

    Non si può continuare a immaginare e a costru-
ire un mondo per pochi privilegiati quando tanti
fratelli con la stessa dignità e diritti sono lasciati ai
margini. Non è nemmeno sufficiente affermare in
teoria i principi di libertà, fraternità e uguaglianza:
interpretati in chiave individualistica, questi bei
valori finiscono per produrre il contrario di quanto
significano. Essi devono essere animati dalla forza
della solidarietà. La stessa affermazione dei diritti,
per non essere snaturata, deve considerarli nella
loro implicazione universale, senza frontiere e
discriminazioni.
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi

    Nelle parole di Francesco risuona l’eco del Con-
cilio Vaticano II quando afferma che l’essere umano
non è stato fatto per vivere isolato ma solo incontro
la sua pienezza nell’apertura e nell’amore sincero
verso l’altro (cf. GS 24). Il mondo contemporaneo, in
generale, è segnato da una forte tendenza culturale
individualista che porta a chiudersi nei confronti
dell’altro e del diverso. La soluzione è pensare e pro-
muovere un mondo aperto.

    Il Papa ci invita a levare lo sguardo oltre il ristretto
orizzonte degli interessi particolari o dei gruppi
ridotti. La preoccupazione esclusiva per i “propri”
diventa sterile e perde rapidamente il proprio signi-
ficato. Le relazioni umane autentiche e feconde sono
aperte agli altri e fanno sì che crescano e si arricchi-
scano mutuamente. Francesco invita le persone e le
comunità ad aprirsi ad un amore senza frontiere, da
non confondersi con un falso universalismo di tono
autoritario che cerca di uniformare tutto e eliminare
le differenze. L’amore universale deve rispettare le
differenze e la dignità umana.

    Francisco esprime una critica dell’individuali-
smo e del liberalismo che, da una parte, difende la
libertà come valore umano supremo, ma, dall’altra,
non considera le differenze tra persone, gruppi e
popoli. Non tutti si trovano nella stessa posizione
per affermare la propria libertà e dignità. Per que-
sto, la proclamazione della libertà, svincolata dal
principio di dignità, può condurre a una distor-
sione del significato della parole, legittimando

 24
Pensare e generare un mondo aperto

l’affermazione del più forte sul più debole. In questo
senso, la libertà non va utilizzata per formare una
comunità di estranei bensì di fratelli e sorelle. I soci
si uniscono per interessi comuni, i fratelli per soste-
nersi mutuamente, e ciò va ben al di là degli inte-
ressi di parte.

    Francesco sottolinea la necessità di superare
l’interpretazione individualista dei valori fondativi
della modernità, come la libertà e i diritti umani.
La libertà è importante, però quando si afferma in
modo autoreferenziale e individualista può portare
a un’infinita solitudine e a violare i diritti altrui. Al
contempo, la difesa individualista dei diritti umani
può aggravare i conflitti e pregiudicare i diritti uni-
versali. La giusta comprensione dei diritti umani e
della libertà deve tenere in considerazione la frater-
nità, unita alla ricerca del bene morale.

    La cultura dell’individualismo deve essere supe-
rata da un’altra basata sulla solidarietà, in cui rientra
sempre la preoccupazione per gli altri, specialmente
per gli ultimi e i più vulnerabili della società. La soli-
darietà è un’importante virtù morale che va appresa
con l’educazione fin dall’infanzia.

   Ancor più, nella proposta di creare un mondo
aperto e fraterno, il Papa sottolinea la questione della
destinazione universale dei beni della creazione
come primo principio dell’etica sociale. Proprio a
partire da quest’ultimo, ribadisce anche la funzione
sociale della proprietà privata: essa non deve essere

                                                      25
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi

finalizzata all’accumulo smisurato bensì a garantire
la dignità delle persone. Lo stesso criterio dovrebbe
guidare anche le relazioni economiche e finanziarie
internazionali. Francesco innova, in certa maniera,
la dottrina sociale della Chiesa, ponendo la frater-
nità come fondamento dell’etica sociale ed econo-
mica e come mezzo per superare le grandi disegua-
glianze sociali e ingiustizie economiche fra persone,
gruppi, Paesi.

     Il liberalismo, con la sua affermazione indivi-
dualista dei diritti, da solo, è incapace di superare
le disparità. Solamente la fraternità può farlo. La
comunità umana ha necessità di una nuova etica di
coesistenza che impregni le relazioni tra le persone
e i gruppi ma anche i popoli e le nazioni. Ogni essere
umano è mio fratello e mia sorella, dice il Papa, non
importa a quale popolo o nazione appartenga. Solo
così sarà possibile superare la paura, la discordia, il
conflitto e assicurare a tutti una vita degna.

26
Meditazione 4

Un cuore aperto al mondo
                      Monsignor Miguel Cabrejos Vidarte
                                     Arcivescovo di Trujillo, Perù
                Presidente della Conferenza Episcopale Peruviana
                                          Presidente del CELAM

La solidarietà supera le frontiere

N    el titolo del quarto capitolo dell’enciclica, papa
     Francesco sottolinea la necessità di avere un
“cuore aperto al mondo” in un momento in cui
molti Paesi, soprattutto nel Nord globale, raffor-
zano le proprie frontiere e alzano muri per limitare
drasticamente l’entrata dei migranti. Il tutto senza
considerare che la maggioranza dei rifugiati e dei
migranti fuggono da situazioni di enorme preca-
rietà, in cui sono dovuti sopravvivere in condizioni
disumane.

    Per questa ragione, il Papa chiede maggiori sforzi
comuni affinché nelle nazioni d’origine si generino
le condizioni necessarie “per lo sviluppo umano
integrale” (FT 129) delle persone. Al contempo,
sostiene che, fin quando tali progressi non saranno
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi

raggiunti “è nostro dovere rispettare il diritto di ogni
essere umano di trovare un luogo dove poter non
solo soddisfare i suoi bisogni primari e quelli della
sua famiglia, ma anche realizzarsi pienamente come
persona” (FT 129).

     E’ certo una grande sfida per i nostri Paesi dell’A-
merica Latina e dei Caraibi, in condizioni molto dif-
ficili a causa di lunghi anni di recessione e aumento
della disoccupazione, problemi ora acuiti dalla pan-
demia. Non è facile, dunque, accogliere i migranti
arrivati da nazioni che vivono situazioni ancora più
drammatiche. Qui viene messa alla prova la nostra
fede in Dio, Padre di tutte le persone, che ama con
tenerezza come suoi figli e figlie.

    Questa fede implica il riconoscerci mutamente
come fratelli e sorelle; richiede la nostra disponibi-
lità a “uscire da noi stessi” per metterci al posto del
“altro”, cioè della persona migrante, e assumere il
suo punto di vista (FT 128), lasciarci toccare il cuore
e aprirci a “nuove risposte” (FT 128), con empatia,
compassione e solidarietà.

    Gesù ci ha rivelato con le parole e i gesti che Dio
ha un cuore aperto a ogni essere umano, soprat-
tutto verso quanti sono in condizioni di povertà e
estrema vulnerabilità; per Dio nessuno è “di troppo”
e nessuno è “scartabile”. Per ciò, la fede in Dio è una
chiamata e una ragione permanente a vivere con un
cuore aperto ai migranti e ai rifugiati.

28
Un cuore aperto al mondo

Accogliere, proteggere, promuove e integrare
    In questi quattro verbi, il Papa riassume gli sforzi
che siamo chiamati a realizzare “verso le persone
migranti in arrivo” (FT 129). Si nota con molta chia-
rezza quanto il Papa sia ispirato da Francesco d’As-
sisi, colui che ci ha dato il bell’esempio di farsi fra-
tello di tutti, soprattutto dei poveri, dei disprezzati,
degli scartati del suo tempo, seguendo le orme di
Gesù, il nostro Fratello maggiore. Come lui, siamo
chiamati a superari i nostri egoismi e a crescere in
un amore gratuito e generoso verso i nostri fratelli e
sorelle bisognosi.

   Il Papa esige azioni concrete da parte dei rispettivi
Paesi e comunità umane per accogliere, proteggere,
promuovere e integrare i migranti, come ad esem-
pio, “aprire corridoi umanitari”, assicurare un’ade-
guata assistenza consolare, garantirne la sicurezza
personale e l’accesso ai servizi essenziali e promuo-
verne l’integrazione nella comunità (FT 130).

     Il Papa invita – ed è bene sottolinearlo – le nostre
società ad assumere “un concetto di piena citta-
dinanza” (FT 131), rinunciando “all’utilizzo della
parola ‘minoranze’” (FT 131). Termine che discri-
mina poiché è facile considerare quanti apparten-
gono al “gruppo minoritario” come inferiori ed
emarginarli o isolarli. Questa parola spesso “prepara
il terreno per l’ostilità e la discordia” (FT 131). In una
prospettiva cristiana, siamo chiamati ad affermare e
difendere “la medesima dignità inalienabile di ogni

                                                      29
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi

essere umano” (FT 133) e a promuovere “un’amici-
zia sociale” grazia alla quale “valorizzare ciò che ci
unisce e di guardare alle differenze come possibilità
di crescita nel rispetto di tutti” (FT 134).

La migrazione come fonte di mutuo
arricchimento culturale
    Le istituzioni ecclesiali, le parrocchie, le comu-
nità, i movimenti, la vita religiosa sono chiamati a
fare la loro parte affinché i migranti – donne, uomini,
bambini – non siano considerati come una minac-
cia bensì come “una opportunità di arricchimento
e di sviluppo umano integrale di tutti” (FT 133). Se
viene favorita la loro integrazione, con un accom-
pagnamento solidale e paziente, gli immigrati “sono
una benedizione, una ricchezza e un nuovo dono
che invita una società a crescere” (FT 135). L’aiuto
reciproco è imprescindibile in tempi di pandemia
poiché “oggi o ci salviamo tutti o nessuno si salva”
(FT 137).

    E’ importante menzionare come, di fronte all’at-
tuale crisi umanitaria, papa Francesco, autentica-
mente preoccupato per la giustizia sociale e il bene
comune, affermi senza mezzi termini: “abbiamo
bisogno che un ordinamento mondiale giuridico,
politico ed economico ‘incrementi e orienti la colla-
borazione internazionale verso lo sviluppo solidale
di tutti i popoli’. Questo alla fine andrà a vantaggio di
tutto il pianeta” (FT 138).

30
Un cuore aperto al mondo

Il locale è un orizzonte universale
    Il Papa riconosce che nel mondo, spesso, si
genera una tensione conflittuale tra il “locale” e
il “globale” mentre aumentano le tendenze a per-
cepire il globale unicamente come minaccia a cui
reagire con localismi o nazionalismi ottusi (FT 141
e 146).

    Al contrario, per il bene dei popoli e delle loro
relazioni urge un sano equilibrio tra la dimensione
locale e quella globale. Come scrive il Papa, “bisogna
prestare attenzione alla dimensione globale per non
cadere in una meschinità quotidiana” e “casalinga”
(FT 142). E aggiunge: “al tempo stesso, non è oppor-
tuno perdere di vista ciò che è locale, che ci fa cam-
minare con i piedi per terra” (FT 142).

     Entrambi i poli sono necessari per non cadere in
posizioni estreme per un verso o per l’altro. Insieme
a papa Francesco vorremmo porre enfasi sul fatto
che “la fraternità universale e l’amicizia sociale
all’interno di ogni società sono due poli inseparabili
e coessenziali” (FT 142).

    Come discepoli di Gesù e animati dall’esempio
di san Francesco d’Assisi, viviamo con gioia la voca-
zione cristiana di praticare e promuovere la dimen-
sione locale e globale. Pace e bene.

                                                  31
Meditazione 5

La migliore politica
                  Monsignor Luis José Luis Rueda Aparicio
                                         Arcivescovo di Bogotà

I  l quinto capitolo della lettera enciclica Fratelli tutti
   si apre con un paragrafo che riassume ed anticipa
il contenuto di quanto dirà papa Francesco nel corso
delle pagine successive. Il brano, non a caso, con-
tiene proprio l’espressione che dà il titolo al capi-
tolo. Vediamolo:

      Per rendere possibile lo sviluppo di una
      comunità mondiale, capace di realizzare la
      fraternità a partire da popoli e nazioni che
      vivano l’amicizia sociale, è necessaria la
      migliore politica, posta al servizio del vero
      bene comune. Purtroppo, invece, la politica
      oggi spesso assume forme che ostacolano il
      cammino verso un mondo diverso (FT 152).

    Possiamo scorgervi, in nuce, i tre nodi che scan-
discono il capitolo: la realtà dell’attualità politica,
l’ispirazione per pensare una sana politica e le pro-
poste per realizzarla.
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi

La realtà della politica attuale
    Il panorama attuale ci offre “disgraziatamente”
molteplici esempi di una politica che invece di
facilitare “ostacola” poiché in essa si nasconde un
“disprezzo dei deboli”. I paragrafi da 155 a 169,
dal titolo populismi e liberalismi, ne tracciano una
mappa esaustiva. La parte successiva, nei punti
da 170 a 175, affronta la questione della politica
internazionale.

   Secondo il Papa, la dicotomia tra populista e
non populista è stata costruita ad arte, in modo da
ingabbiare in una categoria persone e organizza-
zioni sociali. La polarizzazione, come sappiamo, è
dannosa poiché genera pericolose rivalità, polemi-
che sterili, oltre a produrre eccessi che esaltano o
screditano ingiustamente persone e organizzazioni.

   “Il disprezzo per i deboli” è al cuore dei “sistemi
populisti”: questi li utilizzano in modo demagogico
per perseguire i propri interessi. Lo stesso senti-
mento anima i “sistemi neoliberali” individualisti
che pongono i poveri al servizio dei poteri econo-
mici. Alcuni punti chiave:

      Il popolo: siamo chiamati a lavorare per l’i-
       dentità comune del popolo, come categoria
       aperta, costituita da vincoli sociali e culturali;
       un popolo vivo, capace di nuove sintesi con
       l’incorporazione del diverso, in grado di cam-
       minare verso il bene comune, con leader in

34
La migliore politica

      grado di interpretare quest’ultimo e di met-
      tersi al servizio del popolo.

    Il lavoro: è necessario promuovere l’esistenza
     degna del popolo attraverso il lavoro inteso
     come dimensione irrinunciabile della vita
     sociale, che consente relazioni sane e una
     produzione al servizio dello sviluppo umano
     integrale.

   Per mettere in pratica questi due concetti car-
dine, è necessario un autentico cambiamento nei
cuori umani, una profonda conversione di vita.

Ispirazione per una sana politica
    Papa Francesco ci propone “la migliore poli-
tica”, cioè la politica messa al servizio del bene
comune, della fraternità, dell’amicizia sociale. Que-
sto secondo snodo narrativo comincia con un inter-
rogativo: “Può esserci un percorso reale verso la fra-
ternità universale e la pace sociale senza una buona
politica?”. La risposta è contenuta nei punti dal 176
al 185, dal titolo: una carità sociale e politica. Qua
troviamo proposte illuminanti:

    La politica sana: è necessaria una politica
     che assuma un progetto comune di umanità
     presente e futura, che non sia subordinata
     all’economia, che pensi nel bene comune in
     una prospettiva di lungo periodo, “un’econo-
     mia integrata in un progetto politico, sociale,

                                                  35
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi

       culturale e popolare che tenda al bene
       comune” (FT 179).

      L’amore politico: quando scorgiamo in ogni
       essere umano un fratello o una sorella svi-
       luppiamo il senso sociale e superiamo l’indi-
       vidualismo. Così nasce l’amore politico: “La
       carità sociale ci fa amare il bene comune e fa
       cercare effettivamente il bene di tutte le per-
       sone, considerate non solo individualmente,
       ma anche nella dimensione sociale che le
       unisce” (FT 182).

      L’amore efficace: l’amore sociale è efficace,
       capace di costruire un mondo nuovo. Per
       esserlo, tuttavia, ha necessità della luce della
       verità, caritas in veritate, solo così riesce a
       superare l’emotività privata e il relativismo
       “quando è in gioco il bene degli altri, non
       bastano le buone intenzioni, ma si tratta di
       ottenere effettivamente ciò di cui essi e le
       loro nazioni hanno bisogno per realizzarsi”
       (FT 185).

Le proposte
    Nella terza parte del quinto capitolo, papa Fran-
cesco ci conduce a rafforzare l’amore “elicito”,
inteso come gli atti di carità che contribuiscono a
creare istituzioni più sane, leggi più giuste, strutture
più solidali. Il tema viene sviluppato in due sezioni,
la prima dal titolo l’attività del amore politico
(186-192) e la seconda più fecondità che successi

36
La migliore politica

(193-197). In esse si trovano alcune proposte per la
vita personale e comunitaria:

    “Solo con uno sguardo il cui orizzonte sia tra-
     sformato dalla carità, che lo porta a cogliere la
     dignità dell’altro, i poveri sono riconosciuti e
     apprezzati nella loro immensa dignità, rispet-
     tati nel loro stile proprio e nella loro cultura,
     e pertanto veramente integrati nella società.
     Tale sguardo è il nucleo dell’autentico spirito
     della politica” (FT 187).

    “Perciò la politica mondiale non può trala-
     sciare di porre tra i suoi obiettivi principali
     e irrinunciabili quello di eliminare effettiva-
     mente la fame. Infatti, «quando la specula-
     zione finanziaria condiziona il prezzo degli
     alimenti trattandoli come una merce qualsi-
     asi, milioni di persone soffrono e muoiono di
     fame. Dall’altra parte si scartano tonnellate di
     alimenti. Ciò costituisce un vero scandalo. La
     fame è criminale, l’alimentazione è un diritto
     inalienabile” (FT 189).

    “Mentre nella società attuale proliferano i
     fanatismi, le logiche chiuse e la frammenta-
     zione sociale e culturale, un buon politico fa il
     primo passo perché risuonino le diverse voci”
     (FT 191).

    “Nell’attività politica bisogna ricordare che
     «al di là di qualsiasi apparenza, ciascuno è
     immensamente sacro e merita il nostro affetto

                                                  37
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi

      e la nostra dedizione. Perciò, se riesco ad aiu-
      tare una sola persona a vivere meglio, questo
      è già sufficiente a giustificare il dono della
      mia vita. È bello essere popolo fedele di Dio.
      E acquistiamo pienezza quando rompiamo le
      pareti e il nostro cuore si riempie di volti e di
      nomi!” (FT 195).

    Concludo questa riflessione sul quinto capitolo,
invitando ciascuno di noi a avvicinarsi e a dialogare
con i leader politici, considerandoli come esseri
umani, come fratelli con una vocazione speciale per
la cui realizzazione hanno necessità della Chiesa,
soprattutto di quanti al suo interno hanno la mis-
sione di essere pastori. Come tali possono loro il
cammino per vivere una solida e coerente spiritua-
lità politica al servizio del bene comune.

    “Anche nella politica c’è spazio per amare con
tenerezza. «Cos’è la tenerezza? È l’amore che si fa
vicino e concreto” (FT 194).

38
Meditazione 6

Dialogo e amicizia sociale
                   Monsignor Juan Carlos Cárdenas Toro
                                 Vescovo di Pasto, Colombia

“I  l dialogo (…) aiuta discretamente il mondo a
    vivere meglio, molto più di quanto possiamo
rendercene conto” (FT198).

    Fedele alla profonda convinzione che in ogni
situazione di conflitto la strada maestra è il dialogo,
papa Francesco propone nella sua terza enciclica
questo cammino per creare le condizioni collet-
tive in cui possa realizzarsi l’ideale dell’amicizia
sociale.

   Mi permetto di suggerire quattro tappe nel per-
corso che, attraverso il dialogo, può aiutare l’u-
manità a progredire verso la desiderata amicizia
sociale.

Il dialogo che genera incontro
    Il Papa afferma che il dialogo ha, tra le carat-
teristiche più importanti, la capacità di rispettare
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi

il punto di vista dell’altro. L’autentico spirito del
dialogo

     (…) alimenta la capacità di comprendere
     il significato di ciò che l’altro dice e fa, pur
     non potendo assumerlo come una propria
     convinzione. Così diventa possibile essere
     sinceri, non dissimulare ciò in cui crediamo,
     senza smettere di dialogare, di cercare punti
     di contatto, e soprattutto di lavorare e impe-
     gnarsi insieme” (FT 203).

   Il motore per intraprendere il cammino verso
l’amicizia sociale sta nello smontare i pregiudizi e
preconcetti condizionanti, i quali portano le per-
sone a basare le conversazioni sul mero scambio di
opinioni, prive di argomentazioni rispettose o ben
radicate, bensì alimentate dall’animosità e da un’e-
motività fuori controllo.

    Questi atteggiamenti alzano muri che impe-
discono di aprirsi con rispetto all’altro e al vasto
mondo delle sue prospettive, senza dover rinunciare
alle proprie. Si deve lavorare per eliminare dal dia-
logo il “disprezzo umiliante” o le “manipolazioni
motivate da ego e interessi personali” se si vuole
arrivare all’incontro.

   L’autentico dialogo costruisce ponti per colti-
vare l’incontro, inteso come “uno stile di vita che
tende a formare quel poliedro che ha molte facce,

40
Dialogo e amicizia sociale

moltissimi lati, ma tutti compongono un’unità ricca
di sfumature” (FT 215).

    Questo esercizio di dialogo che genera incontri
– e non scontri – deve avere un criterio chiaro: “da
tutti si può imparare qualcosa, nessuno è inutile,
nessuno è superfluo” (FT 215).

L’incontro che genera cultura
    Quando l’incontro viene assunto come “stile di
vita” e la diversità viene considerata un arricchi-
mento, si passa al secondo livello: si va dall’incontro
alla cultura.

    Papa Francesco chiama correttamente questo
processo di appropriazione personale e collettiva
“cultura dell’incontro”. E’ cultura perché “è stata
fatta propria dal popolo, è entrata nelle sue convin-
zioni più radicate”.

    Andando oltre, il Santo Padre spiega che “parlare
di “cultura dell’incontro” significa un popolo ansioso
di volersi incontrare, di cercare punti di contatto, di
gettare ponti, di progettare qualcosa che coinvolga
tutti” (FT 216).

   Affinché l’incontro diventi uno stile di vita, una
cultura, è necessaria la pazienza dell’artigiano che,
poco a poco, va tessendo la trama di relazioni attra-
verso la quale l’intera collettività – non un settore
particolare –, si dispone a entrare in contatto non

                                                   41
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi

solo con quanti risultato più simili dal punto di vista
religioso, ideologico, economico.

La cultura che si fa convivenza
    Un ulteriore passo del percorso di immer-
sione profonda nel tessuto delle relazioni umane
si ha la cultura dell’incontro genera le condizioni
di possibilità per passare a un livello superiore:
la convivenza.

    Essa è chiamata anche “pace sociale” e ha come
fine l’integrazione di tutti, a partire da chi è diffe-
rente. La diversità smette di essere percepita come
minaccia e diventa opportunità di crescita e arric-
chimento collettivo.

    In questo senso, il Santo Padre fornisce un cri-
terio-chiave per aiutare a trasformare la cultura
dell’incontro nel propulsore per una sana convi-
venza sociale: “persino le persone che possono
essere criticate per i loro errori hanno qualcosa da
apportare che non deve andare perduto” (FT 217).

Convivenza che costruisce amicizia sociale
    Quando si va ancora avanti e si lavora con inten-
sità per costruire una convivenza reale, infine, tutto
ciò che prima era motivo di sospetto, di paura, di
divisione, si trasforma in legame. Un legame forte e
profondo. Si generano, cioè, le condizioni per pas-
sare dalla convivenza all’amicizia sociale.

42
Dialogo e amicizia sociale

     L’amicizia presuppone vedere nell’altro un bene
per me, un bene per la società. Si comprende che
l’altro ha molto da darmi e che, nello scambio di
esperienze di vita, si cresce.

    Si arriva all’amicizia coltivando l’amabilità, che
il Papa definisce così: “è un modo di trattare gli
altri che si manifesta in diverse forme: come gen-
tilezza nel tratto, come attenzione a non ferire con
le parole o i gesti, come tentativo di alleviare il peso
degli altri” (FT 223).

    Agli uomini e alle donne del nostro tempo
farebbe molto bene comprendere queste parole e
impegnare tante energie nel trattarsi bene a vicenda.
E’ così che creano le amicizie più profonde.

                                                    43
Meditazione 7

Percorsi di un nuovo incontro
                                Cardinale Cláudio Hummes
                                 Arcivescovo Emerito di San Paolo
             Presidente della Conferenza Ecclesiale dell’Amazzonia

I l capitolo sette dell’enciclica Fratelli tutti vuole
  offrire una via affinché le persone, le comunità
e l’intera famiglia umana, riescano a costruire la
riconciliazione nella frammentata, conflittuale e
violenta società attuale, immersa in interminabili
guerre fratricide e odi distruttivi.

    Nel contesto ampio dell’enciclica, la questione
della riconciliazione e del perdono è cruciale. Nel
mondo attuale fatto di scontri, è necessario realiz-
zare “percorsi di nuovo incontro”. Solo così si può
costruire la pace. Il testo dice: “In molte parti del
mondo occorrono percorsi di pace che conducano a
rimarginare le ferite, c’è bisogno di artigiani di pace
disposti ad avviare processi di guarigione e di rin-
novato incontro con ingegno e audacia” (FT 225).
Questo paragrafo contiene uno dei tratti distintivi di
papa Francesco. Quando parla di “inventiva e auda-
cia” ritroviamo il suo costante incoraggiamento a
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi

sognare il futuro con creatività, con “audacia”. L’au-
dacia vince la paura e apre nuovi orizzonti. Questa
audacia, tuttavia, comporta a volte il rischio di sba-
gliarsi. In tal caso ci si corregge con umiltà perché
“sbagliarsi è umano”. Non c’è altro modo di rendere
possibili “nuovi” cammini, “processi di cura e di un
nuovo incontro”.

    All’inizio di questo processo, dice il Papa, c’è la
ricerca e il riconoscimento della “verità” senza tra-
vestimenti. La pace non si costruisce sulle bugie,
sulle “diplomazie vuote, per dissimulazioni, discorsi
doppi, occultamenti, buone maniere che nascon-
dono la realtà” (FT 226). Perché “la verità è una com-
pagna inseparabile della giustizia e della misericor-
dia” (FT 227). Senza la verità, la misericordia può
ferire la giustizia o la giustizia può essere disumana.
“La verità non deve, di fatto, condurre alla vendetta,
ma piuttosto alla riconciliazione e al perdono” poi-
ché “la violenza genera violenza, l’odio genera altro
odio, e la morte altra morte. Dobbiamo spezzare
questa catena che appare ineluttabile” (FT 227).
Gesù insegna: “avete inteso che fu detto: Occhio
per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non
opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guan-
cia destra, tu porgigli anche l'altra” (Mt 5, 38-39).

    Riguardo alla costruzione della pace, il Papa
afferma con realismo: “Il percorso verso la pace
non richiede di omogeneizzare la società, ma sicu-
ramente ci permette di lavorare insieme” (FT 228).
Ci sono diversi contribuiti che vanno riconosciuti e

46
Percorsi di un nuovo incontro

integrati, come valore aggiunto, nel percorso verso
“il bene comune”. “Il cammino verso una migliore
convivenza chiede sempre di riconoscere la possi-
bilità che l’altro apporti una prospettiva legittima
– almeno in parte –, qualcosa che si possa rivalu-
tare, anche quando possa essersi sbagliato o aver
agito male” (FT 228).

    Un altro elemento fondamentale è riconoscere
e promuovere il sentimento di “appartenenza” di
tutti e di ciascuno alla famiglia umana. Nessuno
deve essere escluso o scartato o lasciato indie-
tro. “La nostra società vince quando ogni persona,
ogni gruppo sociale, si sente veramente a casa
(…) Amiamo la nostra società, o rimane qualcosa
di lontano, qualcosa di anonimo, che non ci coin-
volge, non ci tocca, non ci impegna?” (FT 230). Se
è così, accettiamo di essere parte di un processo
“di nuovo incontro per sentirsi ed essere “a casa”?
“Molte volte c’è un grande bisogno di negoziare e
così sviluppare percorsi concreti per la pace. Tut-
tavia, i processi effettivi di una pace duratura sono
anzitutto trasformazioni artigianali operate dai
popoli, in cui ogni persona può essere un fermento
efficace con il suo stile di vita quotidiana” (FT 231),
dice il Papa, valorizzando gli aspetti quotidiani della
vita concreta.

   Non si deve dimenticare che il cammino deve
cominciare “dagli ultimi”, che sono sempre le prin-
cipali vittime di tutte le guerre e diseguaglianze
(FT 235).

                                                   47
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi

    Il testo, così, arriva ad uno dei noccioli più
duri della questione: il perdono e la memoria. La
pace sociale implica una “cultura dell’incontro”. E
quest’ultima richiede perdono e memoria. Gesù ci
insegna che si deve “perdonare fino a settanta volte
sette” (Mt 18, 22).

      Non si tratta di proporre un perdono rinun-
      ciando ai propri diritti davanti a un potente
      corrotto, a un criminale o a qualcuno che
      degrada la nostra dignità. Siamo chiamati ad
      amare tutti, senza eccezioni, però amare un
      oppressore non significa consentire che con-
      tinui ad essere tale; e neppure fargli pensare
      che ciò che fa è accettabile (FT 241).

    Il Papa aggiunge: “la vera riconciliazione non
rifugge dal conflitto, bensì si ottiene nel conflitto,
superandolo attraverso il dialogo e la trattativa tra-
sparente, sincera e paziente” (FT 244). E’ un pro-
cesso e non un decreto puntuale.

   Perdonare non significa dimenticare. “Non si
deve mai proporre l’oblio. La Shoah non deve essere
dimenticata” (FT 246 e 247).

    Il settimo capitolo di Fratelli tutti, infine, affronta
due temi estremi: la guerra e la pena di morte. “Sono
false risposte, che non risolvono i problemi che pre-
tendono di superare e che in definitiva non fanno
che aggiungere nuovi fattori di distruzione nel tes-
suto della società nazionale e mondiale” (FT 255).

 48
Meditazione 8

Le religioni al servizio
della fraternità nel mondo
                                 Monsignor Launay Saturné
                                       Arcivescovo di Cap-Haitien
                  Presidente della Conferenza Episcopale Haitiana

C   on queste brevi riflessioni sull’ottavo capitolo
    Le religioni al servizio della fraternità nel mondo
(FT 271-287), della terza lettera enciclica di papa
Francesco – dopo Lumen fidei del 2013 e Laudato si’
del 2015 – Fratelli tutti, sulla fraternità e l’amicizia
sociale (3 ottobre 2020), la Conferenza Episcopale
Haitiana (CEH) desidera apportare il suo modesto
contributo alle numerose meditazioni che il testo ha
stimolato nelle varie Conferenze Episcopali.

    La CEH, innanzitutto, ha accolto con gioia que-
sta “enciclica sociale” che il Santo Padre ha voluto
scrivere “affinché, di fronte a diversi modi attuali di
eliminare o ignorare gli altri, siamo in grado di rea-
gire con un nuovo sogno di fraternità e di amicizia
sociale che non si limiti alle parole” (FT 6).

    Nell’osservare, nello specifico, lo scenario
latinoamericano e caraibico, siamo felicemente
Fratelli tutti: meditazioni dall’America Latina e i Caraibi

sorpresi della pertinenza e dell’attualità delle rifles-
sioni di papa Francesco in Fratelli tutti e, soprat-
tutto, dall’appello rivolto alle religioni – cristiane e
non cristiane – di mettersi con sincerità al servizio
della pace, della giustizia, della fraternità, dell’a-
more fraterno e dell’amicizia sociale. La realtà lati-
noamericana e caraibica è caratterizzata proprio da
questa sete – e, dunque, per la mancanza o l’assenza
– di pace, giustizia, fraternità, amore fraterno e
amicizia sociale.

    Senza pretendere di svolgere un’analisi esaustiva
né di prendere in esame tutti gli aspetti della situa-
zione dell’America Latina e dei Caraibi, vogliamo
sottolineare con quanta forza l’ottavo capitolo di
Fratelli tutti ci spinga – o dovrebbe spingerci – a
concentrarci su quei fenomeni sociali, culturali e
religiosi che favoriscono la promozione della pace,
della giustizia, della fraternità, dell’amore fraterno e
dell’amicizia sociale. Ma anche a vedere quali ten-
denze la ostacolano.

    Nel ricordare, fin dal principio, che “le diverse
religioni, a partire dal riconoscimento del valore
di ogni persona umana come creatura chiamata
ad essere figlio o figlia di Dio, offrono un prezioso
apporto per la costruzione della fraternità e per la
difesa della giustizia nella società”, papa France-
sco, invita, con delicatezza, le religioni – cristiane
e non cristiane – a un autentico lavoro di auto-cri-
tica, domandandosi in che modo contribuiscano
davvero alla costruzione della fraternità e alla

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Le religioni al servizio della fraternità nel mondo

difesa della giustizia nelle società latinoamericane
e caraibiche.

    Alla luce dell’ottavo capitolo di Fratelli tutti, gli
esponenti delle differenti religioni sono invitati a un
vero esame di coscienza, in cui si chiedano, con sin-
cerità, se sono realmente capaci di portare avanti il
dialogo descritto dal Santo Padre che “non si fa sola-
mente per diplomazia, cortesia o tolleranza. Come
hanno insegnato i Vescovi dell’India, l’obiettivo del
dialogo è stabilire amicizia, pace, armonia e condi-
videre valori ed esperienze morali e spirituali in uno
spirito di verità e amore” (FT 271).

    Condividiamo la convinzione profonda di papa
Francesco che “tra le religioni è possibile un cam-
mino di pace” (FT 281) e che i credenti, di qualunque
fede, “hanno bisogno di trovare spazi per dialogare
e agire insieme per il bene comune e la promozione
dei più poveri” (FT 282). Di fronte alla proliferazione
di sette e religioni fondamentaliste, la grande sfida
per i popoli latinoamericani e caraibici è quella di

      tornare alle nostre fonti per concentrarci
      sull’essenziale: l’adorazione di Dio e l’amore
      del prossimo, in modo tale che alcuni aspetti
      della nostra dottrina, fuori dal loro conte-
      sto, non finiscano per alimentare forme di
      disprezzo, di odio, di xenofobia, di negazione
      dell’altro. La verità è che la violenza non
      trova base alcuna nelle convinzioni religiose
      fondamentali, bensì nelle loro deformazioni
      (FT 282).

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