Viaggio nel mondo Coop - Inchiesta sulle cooperative - Inchiesta pubblicata da "il manifesto" settembre/ottobre 2005
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Inchiesta sulle cooperative Viaggio nel mondo Coop Inchiesta pubblicata da “il manifesto” settembre/ottobre 2005 Le singole puntate sono uscite il 29/9; 2/10; 6/10; 8/10; 13/10 il manifesto: Viaggio nel mondo Coop 1/21 Raccolta di Massimo Caiazzo
Indice generale PRIMA PUNTATA: il potere, i soldi, il ruolo dei soci................................................................................... 3 La scalata dell'Unipol e il tesoro delle rosse......................................................................................... 3 I prosciutti di Montezemolo........................................................................................................... 3 Grandi risorse a disposizione......................................................................................................... 4 Grande è bello............................................................................................................................. 5 Pillole di storia.................................................................................................................................. 5 1844........................................................................................................................................... 5 1854........................................................................................................................................... 5 1856........................................................................................................................................... 5 1864........................................................................................................................................... 5 1883........................................................................................................................................... 5 1893........................................................................................................................................... 5 1901........................................................................................................................................... 6 1902........................................................................................................................................... 6 1919........................................................................................................................................... 6 1925........................................................................................................................................... 6 1945........................................................................................................................................... 6 1957........................................................................................................................................... 6 1988........................................................................................................................................... 6 SECONDA PUNTATA: la grande distribuzione............................................................................................ 7 I bilanci miliardari del carrello solidale................................................................................................. 7 Un rischio ben calcolato................................................................................................................ 7 Quei manager col marchio............................................................................................................. 8 La filiera del commercio equo........................................................................................................ 8 Fatturato, soci e dipendenti delle Coop prime in classifica..................................................................... 9 TERZA PUNTATA: la produzione e il lavoro............................................................................................. 11 La società degli operai imprenditori................................................................................................... 11 Quando pagano i soci ................................................................................................................ 11 Settantamila euro a testa ........................................................................................................... 12 DIFFERENZE TRA SPA E COOP ........................................................................................................ 12 IL NUOVO FISCO COOPERATIVO ..................................................................................................... 13 QUARTA PUNTATA: la funzione del sindacato......................................................................................... 14 Quando il tuo padrone è un altro lavoratore...................................................................................... 14 Il quadrilatero emiliano............................................................................................................... 14 Il Patto per l'Italia....................................................................................................................... 14 Scioperi al supermercato............................................................................................................. 15 La storia della Cmc..................................................................................................................... 15 Mediacoop pensa ai piccoli giornali .................................................................................................. 16 L'investimento nel «sociale»............................................................................................................. 16 QUINTA PUNTATA: chi comanderà la Bnl-Unipol?................................................................................... 18 L'assicurazione che vuole la banca ................................................................................................... 18 Consigli di amministrazione......................................................................................................... 18 Arrivano gli stranieri.................................................................................................................... 19 Chi condiziona il manager?.......................................................................................................... 19 LE ROSSE: «Scelgono i manager»..................................................................................................... 20 LE BIANCHE: «Noi siamo autonomi»................................................................................................. 21 il manifesto: Viaggio nel mondo Coop 2/21 Raccolta di Massimo Caiazzo
PRIMA PUNTATA: il potere, i soldi, il ruolo dei soci La scalata dell'Unipol e il tesoro delle rosse Le Coop di consumo - Appoggiano l'operazione di Consorte e hanno trovato i soldi necessari anche nel giro del risparmio dei soci Grandi imprese - In questi anni c'è stato un vero boom della cooperazione. Crescono gli occupati e la dimensione aziendale di PAOLO ANDRUCCIOLI Nel 1864, quando venne fondata la Banca Popolare di Lodi, nessuno avrebbe mai potuto immaginare storie come quelle del finanziere Fiorani e dei suoi amici Gnutti e Ricucci, del governatore Fazio o come la scalata della Banca nazionale del lavoro da parte di Unipol. Così come nessun socio della prima cooperativa di consumo nata a Torino nel 1854 avrebbe mai potuto immaginare l'impero attuale delle Coop, primo gruppo nella distribuzione alimentare in Italia, unico avversario credibile dei giganti stranieri della grande distribuzione, nonché potente agente calmieratore dei prezzi. Un colosso da 11,3 miliardi di euro di fatturato nel 2004, con quasi 6 milioni di soci. La cooperazione nata nell'Ottocento dalle società di Mutuo soccorso e dalle prime, piccolissime, associazioni di operai che fondavano cooperative per avere un lavoro dignitoso «ogni giorno» e un salario competitivo rispetto a quello imposto dai padroni, si è profondamente trasformata. La scalata dell'Unipol, decisa da Giovanni Consorte e appoggiata da tutto il movimento cooperativo (con due o tre eccezioni, tra cui Coop Firenze, di cui parleremo) ha messo sotto i riflettori dei media un mondo che - pur facendo parte ormai della storia economica e politica del paese - risulta ancora oggi poco conosciuto. Scopo di questo nostro viaggio nel mondo delle cooperative è proprio quello di capire che cosa è diventata questa realtà, sia dal punto di vista economico, sia da quello culturale e politico. Cominceremo quindi con le «coop rosse», tralasciando per ora l'altra importante realtà, quella delle coop bianche (la Cascina, Comunione e liberazione, Formigoni e via dicendo) perché - come è ovvio - non c'entrano nulla con il fatto di attualità, che è la scalata di Unipol a Bnl. I prosciutti di Montezemolo La prima cosa da capire nella nostra inchiesta riguarda le risorse e le strategie finanziarie che stanno alla base di quella che sembra l'operazione più ambiziosa della storia del movimento cooperativo italiano: la creazione di un conglomerato finanziario ai primi posti nelle graduatorie nazionali, con l'intento di sfruttare al massimo tutte le possibili sinergie tra assicurazione (l'Unipol) e la banca (Bnl). Alla Confindustria la mossa di Consorte non è piaciuta affatto, perché, secondo la logica del «a ciascuno il suo mestiere», romperebbe le regole del gioco e gli equilibri consolidati. Secondo la Confindustria e secondo molti critici, sia di destra, che di sinistra, le Coop sbagliano ad appoggiare la scalata perché le cooperative dovrebbero rimanere nei propri recinti, ovvero nel sociale, nelle costruzioni e nella grande distribuzione e non si dovrebbero occupare di alta finanza. Anche perché, aggiungono quelli che criticano da sinistra (per esempio la Cgil), l'operazione potrebbe mettere a rischio l'occupazione e il patrimonio delle stesse coop, visto che Bnl è una società quatto volte più grande di Unipol e soprattutto è una banca che pur avendo una grande e diffusa rete di sportelli a livello nazionale, in questo momento non sta nelle migliori condizioni possibili, nonostante le molte dichiarazioni ottimistiche del presidente il manifesto: Viaggio nel mondo Coop 3/21 Raccolta di Massimo Caiazzo
Abete. I dirigenti delle cooperative e di Unipol hanno risposto ai critici con vari argomenti. Non si tratta di un'operazione di «finanziarizzazione», ovvero di abbandono del capitalismo produttivo per quello più sicuro della rendita, dicono. Si tratta piuttosto di un'operazione che farà bene a tutto il mondo cooperativo perché produrrà nuovi posti di lavoro, nuovo sviluppo e soprattutto uno strumento molto potente per il finanziamento delle cooperative stesse. Il presidente della Lega delle coop, Giuliano Poletti lo ha spiegato molte volte (anche con una intervista al nostro giornale). Così come sono stati molto chiari anche Giovanni Consorte e Pierluigi Stefanini, presidente di Coop Adriatica. L'argomento principale è che non si deve mettere a confronto Unipol con Bnl, ma Bnl con tutto quello che sostiene Unipol, ovvero il grande mondo delle cooperative. Ed ecco quindi la prima sorpresa: ma come, le coop non hanno sempre avuto un grave problema di finanziamento? Non hanno vissuto da sempre il male della sottocapitalizzazione, visto che sono società che reinvestono gli utili, non dividono i guadagni agli azionisti come fanno le Spa e non hanno facile accesso al credito delle banche? Grandi risorse a disposizione Il mondo delle cooperative appare oggi come un mosaico fatto di spezzoni molto diversi tra loro. Dalla vicenda Unipol emerge però una realtà che si è fortemente capitalizzata negli ultimi anni e che riguarda essenzialmente la grande distribuzione. I soldi per la scalata di Consorte vengono soprattutto dai grandi supermercati Coop. Il punto forte dell'operazione sta nelle 28 cooperative presenti in Holmo Spa, la holding di Bologna che controlla Unipol. Si tratta, come ha scritto Massimo Mucchetti su Corriere Economia (26 settembre) di uno «squadrone» che fattura 15,6 miliardi di euro, con oltre 75 mila dipendenti e un capitale investito di 17 miliardi. Un capitale che viene fornito all'88% dagli oltre 5 milioni di soci, in parte sotto forma di capitale e riserve e in parte attraverso il prestito sociale. Il fatturato complessivo nel preconsuntivo 2004 delle cooperative che aderiscono alla Lega ha raggiunto la ragguardevole cifra di 45.752 milioni di euro. Il fatturato delle coop cresce a ritmi molto spinti. Tra il 2003 e il 2004 è cresciuto in percentuale del 5,11 per cento. Tra il 2002 e il 2003 era cresciuto ancora di più: 7,69 per cento. Gli occupati, nel 2004, erano circa 400 mila, ma in questa cifra ci sono solo i lavoratori dipendenti, assunti nelle coop (soprattutto quelle della distribuzione alimentare) con contratti normali e non ci sono i soci. Nei supermercati e negli ipermercati targati Coop i lavoratori sono dipendenti, mentre i veri soci sono, come è ovvio, i clienti, i consumatori. Questo è il bacino più grande con 6.030.000 persone con tessera coop, con diritto a sconti e condizioni di favore e con diritto alla partecipazione alle assemblee di zona. Teoricamente anche a loro si applica uno dei principi fondanti della cooperazione: «una testa, un voto». Anche guardando i dati del fatturato complessivo e scomponendolo per singoli settori, si scopre la predominanza delle Coop di distribuzione e di consumo. L'Ancc (associazione nazionale cooperative di consumo), ha raggiunto, sempre nel preconsuntivo 2004, 11.400 milioni di euro. Al secondo posto le cooperative di produzione e lavoro (dove ci sono anche i big delle costruzioni), con un fatturato di 7.978 milioni di euro. Al terzo posto i dettaglianti e al quarto le imprese cooperative del settore agroalimentare. Ma sono i dati storici che più impressionano e che ci sono stati spiegati da Alberto Zevi, responsabile del il manifesto: Viaggio nel mondo Coop 4/21 Raccolta di Massimo Caiazzo
Centro Studi della Lega delle coop e amministratore delegato della Compagnia Finanziaria industriale. Il dato che ci tiene a sottolineare Zevi riguarda la dimensione aziendale delle cooperative. All'inizio degli anni Settanta le coop rappresentavano il 2 per cento dell'occupazione, nel 2001 avevano raggiunto il 5 per cento con circa 930 mila dipendenti e tra il 2001 e il 2005 si è superato il milione di adetti totali. In questi anni le cooperative hanno continuato ad assumere e a crescere di dimensioni, spiega ancora Zevi. Sono state imprese che hanno lavorato in senso anticiclico: mentre le Spa licenziavano e ristrutturano, magari chiudendo stabilimenti in Italia e delocalizzando all'estero, le cooperative non hanno dato retta alla moda del «piccolo e bello» che pure era stata raccomandata perfino da Giuseppe De Rita con le ricerche del Censis. Le cooperative sono diventate grandi: nel 1971 solo il 2 per cento delle coop superava i mille addetti, ora il 10 per cento è composto da grandi imprese oltre i mille dipendenti. Perfino le piccole cooperative sociali, considerate in genere la Cenerentola hanno avuto un vero e proprio balzo: da 10 mila persone nel 1991 a 150 mila di oggi. Grande è bello Secondo gli esperti, dunque, le cooperative hanno rovesciato il modo normale di fare impresa e sono state tra le poche realtà italiane che hanno seguito la strada della crescita dimensionale della singola impresa. Tra le prime 30 aziende di costruzioni italiane, 12 sono cooperative. Tra le 60 mila coop attive, almeno 500 sono medio-grandi. Tra queste ci sono le grandi Coop che stanno appogiando la guerra di Consorte: la Coop Adriatica, l'Unicoop Tirreno, la Coop Estense, la Coop Nordest. Quale sarà la reale esposizione finanaziaria? Quali gli effetti sul movimento? E quali sono i rapporti sindacali nelle realtà produttive? E poi ruolo dei manager (chi li controlla, come agiscono, ecc.) e legislazione fiscale. Saranno i temi delle prossime puntate. Pillole di storia Nel 1844 a Rochdale cittadina a nord di Manchester, 28 tessitori fondarono il primo spaccio cooperativo. Nelfé ricostruzioni storiche in genere è il Regno Unito che si considera la culla della cooperazione moderna, anche se qualcuno torna indietro fino al Medioevo. Nel 1854, a Torino, l'Associazione generale degli operai aprì la prima cooperativa di consumo. Nel 1856 alcuni vetrai di Altare, in provincia di Savona, fondarono la prima cooperativa di produzione e lavoro. Nel 1864 la prima Banca Popolare fu - stranezze della storia - quella di Lodi. Nello stesso anno, a Ferrara, trenta sarti si erano associati per "aprire un grande stabilimento per avere ocupazione quotidiana e lucrosa". Nel 1883, nasce la prima Cassa rurale a Loreggia, in Veneto, per iniziativa di Leone Wollemborg. Nel corso del secolo si svilupparono moltissimo le Società di Mutuo soccorso Nel 1893 nasce la Lega nazionale delle società cooperative, mentre sul finire del secolo, si cominciò a diffondere la cooperazione cattolica, dopo la Rerum Novarum di Leone XIII. il manifesto: Viaggio nel mondo Coop 5/21 Raccolta di Massimo Caiazzo
Nel 1901 nasce a Ravenna la Cmc, cooperativa muratori e cementisti, oggi tra le più grandi in Europa. Nel 1902 le cooperative italiane erano 2000. Nel 1914 erano diventate 7500. Con la Prima Guerra Mondiale e soprattutto con il fascismo, il movimento cooperativo subisce una pesante battura di arresto Nel 1919, a Imola Nove operai si presentarono di fronte al notaio Alvisi per fondare la Società Anonima Cooperativa Meccanica di Imola, la Sacmi, oggi una potenza di livello internazionale Nel 1925 il fascismo scioglie la Lega delle cooperative. Mussolini tenta in ogni modo di rompere i rapporti tra coop e sinistra. Solo con il 1945 il movimento cooperativo riprende vigore e le singole imprese cominciano a riorganizzarsi Nel 1957 nasce Ancc l'associazione delle cooperative di consumatori, a cui aderiscono 3800 coop Nel 1988 apre a Milano il primo IperCoop. Alla fine dell'anno scorso gli IperCoop erano diventati 70 il manifesto: Viaggio nel mondo Coop 6/21 Raccolta di Massimo Caiazzo
SECONDA PUNTATA: la grande distribuzione I bilanci miliardari del carrello solidale La crisi economica colpisce anche la catena delle grandi cooperative. Ma le coop reagiscono e crescono con fatturati da capogiro. L'esposizione finanziaria per la scalata Bnl, dicono i manager, è ben calcolata. E intanto sugli scaffali spuntano i nuovi prodotti del commercio equo di PAOLO ANDRUCCIOLI Fra le 36 cooperative che si sono assunte l'onere della ricapitalizzazione, sono 8 le potenze che hanno dato l'appoggio più consistente all'operazione Unipol. Si tratta delle maggiori cooperative di consumo italiane e delle realtà commerciali più importanti nel sistema di distribuzione nazionale, ormai preso d'assedio dai vari colossi stranieri, le francesi Auchan e Carrefour e ora anche Wal-Mart, gigante americano che ha tentato di acquisire Esselunga e Rinascente e che è molto noto ai lettori de il manifesto, per i suoi comportamenti antisindacali, al limite della violazione dei diritti umani fondamentali. Il livello di esposizione finanziaria delle Coop di consumo, per la scalata dell'Unipol, è notevole, visto che si parla di un aumento di capitale che viaggia intorno ai 440 milioni di euro e che l'acquisto di una quota di azioni Bnl da parte delle più grosse Coop di distribuzione (Adriatica, Liguria, Nocacoop, Nordest, ecc) supera i 300 milioni di euro. Ma la cosa non preoccupa per nulla i dirigenti delle coop. Per due ordini di motivi. Prima di tutto c'è la convinzione - molto forte - che l'operazione di Giovanni Consorte, ad e presidente di Unipol, non solo andrà a buon fine, ma darà poi un grande impulso a tutto il sistema della cooperazione, oltre a produrre sinergie e un polo bancario-assicurativo che lavorerà soprattutto a favore delle cooperative stesse, da sempre affette dal male della sottocapitalizzazione e dalla difficoltà dell'accesso al credito bancario. Il secondo motivo riguarda la capacità di tenuta finanziaria, legata alle grandi risorse che sono a disposizione, nonostante la crisi evidente dei consumi. Anche le coop subiscono infatti il crollo del potere d'acquisto e il fatto che non si arrivi alla fine del mese con i sempre più magri salari e stipendi riguarda anche i soci. Ma nonostante la crisi, denunciata anche in una recente conferenza stampa a Milano, i bilanci sono ancora molto solidi, il fatturato è miliardario e aumenta - con una progressione che ha stupito lo stesso managment - la raccolta di fondi attraverso il prestito sociale, una sorta di libretto di risparmio a disposizione dei soci. Un rischio ben calcolato Aldo Soldi, presidente di Unicoop Tirreno, una delle più importanti realtà nel mondo della distribuzione, sia in termini di fatturato, sia di numero di soci (vedi la scheda qui sotto), ci spiega che l'esposizione finanziaria per la scalata della Bnl è stata attentamente valutata per mesi e che il rischio è più che calcolato. «Le cooperative che hanno aderito alla ricapitalizzazione - spiega Soldi - hanno messo a disposizione cifre sostenibili per ogni singolo bilancio». Unicoop Tirreno, potenza commerciale che ha i suoi principali punti vendita in Toscana e nel Lazio, ha deciso di mettere in gioco 32 milioni di euro per la ricapitalizzazione. Una grossa cifra, che però appare «sostenibile», se si guarda il fatturato e il livello delle vendite. Unicoop Tirreno ha 79 punti vendita, circa 6000 dipendenti, 647 mila soci e un livello di vendite che sfiora un miliardo e duecento milioni di euro. Aldo Soldi spiega che il vero segreto di tutta questa vicenda non si deve andare a cercare tanto nelle operazioni finanziarie «pure», quanto piuttosto nel modo di operare delle cooperative. Il il manifesto: Viaggio nel mondo Coop 7/21 Raccolta di Massimo Caiazzo
segreto, tanto per usare un termine di moda, è la rete. «Le cooperative - dice il presidente di Unicoop Tirreno - hanno fatto sistema». Hanno cioè saputo raccogliere una cifra molto importante per la scalata di Unipol, ma una cifra che è diventata tale per effetto del «sistema». Su questo ragionamento si sono attestati i gruppi dirigenti di tutto il mondo delle coop rosse e in particolare il managment della grande distribuzione, anche se con qualche eccezione. La discussione che ha portato alla scelta di lanciare l'Opa su Bnl è stata infatti lunga e molto accesa e all'interno del mondo della Lega ci sono state anche posizioni molto critiche. Inizialmente c'erano infatti dubbi da parte della Coop Lombardia, potenza di livello nazionale (vedi scheda), che però alla fine sono stati sciolti. Chi ha invece detto no a Consorte è stato il presidente di Coop Firenze, Turiddo Campaini. In questo caso - a quanto si è potuto capire - non si sono messe in gioco solo ragioni di opportunità finanziaria e di sostenibilità nel grado di esposizione, quanto ragioni più generali, si potrebbe dire di politica delle alleanze. La Coop Firenze ha infatti comprato azioni del Monte dei Paschi di Siena, banca dell'area della sinistra, ma molto critica con l'operazione di Consorte, anche per ragioni di pura concorrenza. Unipol infatti è un'assicurazione, al terzo o quarto posto nelle classifiche nazionali, dopo colossi come le Generali. Ma se l'operazione Bnl dovesse andare in porto (come ormai sembra scontato), Unipol, che vanta già anche Unipol banca, diventerebbe un fortissimo competitore anche a livello bancario. Per Mps hanno giocato poi anche altri fattori più politici, visti i rapporti con una parte del centrosinistra, da Giuliano Amato a Franco Bassanini. Quei manager col marchio Il presidente Aldo Soldi, che tra l'altro ci tiene anche a fare una precisazione sull'uso del prestito sociale per l'operazione Unipol (i risparmi dei soci non sono messi a rischio dalla ricapitalizzazione), spiega che uno dei fattori principali del grande successo commerciale delle coop, in particolare nel settore della distribuzione, sta nello stile di guida. Le cooperative, spiega il presidente di Unicoop Tirreno, sono cresciute in questi anni perché i dirigenti hanno dimostrato una grande capacità manageriale, che però è stata mescolata a una coerenza con i principi e i valori che stanno alla base della cooperazione. «E' qui il nostro segreto - dice Soldi - e io penso che se un giorno dovessimo rinunciare a una delle due gambe, andremmo incontro a un fallimento». E' lo stesso discorso che si tenta di applicare nelle nuove scuole di formazione dei quadri coop (sono ormai lontani i tempi delle Frattocchie, la scuola quadri del Pci, che sfornava anche i dirigenti delle coop rosse). Ed è un discorso che viene fatto sempre più spesso da esperti e studiosi della cooperazione come Alberto Zevi, responsabile del Centro studi della Lega o Stefano Zamagni, studioso dell'economia civile. «La cooperativa che fondasse la propria struttura di governance sul modello della gerarchia, anziché su quello dell'autorità, perderebbe l'occasione più preziosa di valorizzazione della propria specificità identitaria», scrive Zamagni nel libro «Verso una nuova teoria economica della cooperazione», Il Mulino, 2005. Ma sui temi della struttura di comando interno delle cooperative e sul rapporto tra manager, soci e lavoratori torneremo in una prossima puntata di questa inchiesta. Per ora è utile raccontare quello che ci hanno detto i protagonisti a proposito del boom commerciale della cooperazione. La filiera del commercio equo il manifesto: Viaggio nel mondo Coop 8/21 Raccolta di Massimo Caiazzo
Il 50% del commercio equo e solidale italiano è da attribuire alle cooperative. Si tratta di un settore in espansione, che è cresciuto per merito soprattutto delle centinaia di piccole botteghe dell'economia alternativa, che in questi anni hanno creato un mercato e una cultura. Ma anche le coop organizzate hanno colto l'occasione da almeno dieci anni per aggiornare il loro concetto di solidarietà sociale, ereditato dal mutualismo ottocentesco. «Noi commercializziamo il caffè equo e solidale dal 1995 - racconta Domenico Brisigotti, responsabile prodotti a marchio - abbiamo scelto da tempo di commercializzare i prodotti con il marchio solidal, secondo gli standard internazionali». E la scelta non è stata superficiale. I prodotti si controllano nella loro filiera, dal produttore al consumatore, anche perché Coop si impegna a venderli nei supermercati e ipermercati con il suo stesso marchio. Due sono stati i problemi principali: il livello troppo alto dei prezzi dei prodotti equi e solidali e la qualità dei prodotti stessi. Brisigotti racconta i test con i consumatori coop. Si danno per esempio tre confezioni anonime di caffè. Il socio-consumatore va a casa e le prova, dando un voto da uno a cinque. «Spesso - dice Brisigotti - i test ci hanno sorpreso, perché i voti più alti sono andati ai prodotti equi». Il sistema coop ha scelto infatti di equilibrare i prezzi (altrimenti il prodotto diventava inevitabilmente di nicchia) e di dare soldi ai produttori (le piccole cooperative nell'America Latina o in India) per migliorare gli standard. La tesi è semplice: la solidarietà non deve essere per forza un sacrificio. Il caffè solidale può essere buono, anzi molto più buono di quello normale, così come succede per il cioccolato. In questo settore il mondo delle coop sta investendo parecchio. Si allargano sugli scaffali i prodotti col marchio equo e solidale e le coop sono state protagoniste di battaglie anche di ordine culturale che potrebbero avere effetti diretti sul mercato. Un esempio noto? La battaglia del latte in polvere. Fatturato, soci e dipendenti delle Coop prime in classifica La grande distribuzione è prima nelle graduatorie dei fatturati. Tra le cooperative più importanti che aderiscono alla Lega nazionale, le prime appartengono infatti a questo settore. In lista le coop che hanno dato l'appoggio più consistente all'operazione Unipol/Bnl. Al top c'è la Coop Adriatica, (759 mila soci) il cui presidente è Pierluigi Stefanini, presidente anche di Holmo, la holding di Bologna che attraverso Finsoe controlla Unipol. Stefanini è uno degli uomini chiave della scalata di Consorte e uno dei manager più rappresentativi in questo periodo di grandi trasformazioni del movimento cooperativo italiano. La Coop Adriatica ha il fatturato più pesante. Nel 2003 le vendite ammontavano a 1,7 miliardi di euro, con un prestito sociale di 1,6 miliardi di euro, con 188.098 soci prestatori. Al secondo posto della graduatoria nazionale della distribuzione c'è Unicoop Firenze, (900 mila soci) con un fatturato di circa 1,2 miliardi di euro. Presidente è quel Turiddu Campanini che, per gli stretti legami con Monte dei Paschi di Siena (di cui Unicoop è azionista), si è opposto alla ricapitalizzazione per la scalata di Unipol. Punto forte della grande distribuzione «rossa» c'è poi la Coop Lombardia, (717 mila soci) con un livello di vendite molto elevato, 1,1 miliardi nel 2003. Presidente di Coop Lombardia è Silvano Ambrosetti. Un altro punto forza della cooperazione lo si trova in Unicoop Tirreno, nata a Piombino nel 1945 con un nome che era tutto un programma: «La Proletaria». Presidente di il manifesto: Viaggio nel mondo Coop 9/21 Raccolta di Massimo Caiazzo
Unicoop Tirreno (640 mila soci) è Aldo Soldi, che vanta un bel risultato sia di vendite (932 milioni nel 2003). Unicoop Tirreno è presente in Toscana, Lazio, Umbria e Campania. Altra grande è la Coop Estense, 887 milioni e rotti di fatturato nel 2003, presidente Mario Zucchelli. L'Estense è presente in Emilia e in Puglia e ha avuto qualche tensione con i sindacati per il rinnovo dei contratti e l'allargamento al sud. Una delle maggiori imprese del sistema è poi la Coop Consumatori Nordest. Nata nel 1995, oggi ha un livello di vendite sul miliardo di euro, presidente è Marco Pedroni. Altra importante realtà è quella della NovaCoop, con un livello di vendite pari a circa 850 milioni di euro. C'è poi la Coop Liguria, con un livello di vendite sui 700 milioni di euro, con 431 mila soci e la Coop Centro Italia, 576 milioni di euro e 375 mila soci. Se queste sono le maggiori, c'è poi una miriade di cooperative di distribuzione di media grandezza, che però in totale fattura quasi 700 milioni di euro l'anno e raccoglie 350 mila soci. il manifesto: Viaggio nel mondo Coop 10/21 Raccolta di Massimo Caiazzo
TERZA PUNTATA: la produzione e il lavoro La società degli operai imprenditori Il caso della Sacmi di Imola, piccola cooperativa nata all'inizio del secolo e oggi leader dell'impiantistica. Il sistema di potere interno e il rapporto tra manager, soci e lavoratori di PAOLO ANDRUCCIOLI Un gruppo di giovani, vestiti con abiti sportivi, sale sul pulmino. Valige e borsoni, gli adesivi con il nome dell’azienda. Sono in partenza per la Cina, dove c’è da organizzare una nuova linea di produzione della ceramica. Sono i tecnici e gli ingegneri della Sacmi, Società anonima cooperativa meccanici di Imola, azienda nata il 2 dicembre 1919, per iniziativa di nove operai che erano rimasti disoccupati e che, invece di stare da soli, hanno firmato davanti al notaio l’atto di costituzione della loro società. Obiettivo: «avere un lavoro per il sostentamento delle famiglie», ma anche cominciare a «creare», avviare cioè un’attività imprenditoriale. Oggi la Sacmi cooperativa occupa circa 1000 persone e 3600 nel gruppo, ha 70 controllate in tutto il mondo: produce macchine che servono per l’imbottigliamento, per produrre i tappi a corona e in plastica per bevande di tutti i tipi,macchinari sofisticati per la produzione delle ceramiche da arredamento e ora sta lanciando il naso artificiale, un congegno che viene utilizzato nell’industria alimentare per controllare la qualità dei prodotti. Ricavi delle vendite e delle prestazioni nel 2004: 1.062.552.744 euro. Domenico Olivieri è il presidente della Sacmi. Ci riceve nel suo ufficio per spiegarci la natura di una cooperativa di produzione e lavoro, cresciuta negli anni fino a diventare leader in vari settori. Il segreto del successo, secondo Olivieri, sta nelle scelte che «i soci e un gruppo dirigente illuminato hanno compiuto tanti decenni fa e che è quella di diventare impiantisti ». Gli operai fondatori erano fabbri. Avevano cominciato a produrre cancelli, inferriate, finestre. Poi, con grandi difficoltà sono riusciti superare il buco nero del fascismo che cercò in tutti imodi di annientare tutte le coop, specialmente quelle rosse, soprattutto qui a Imola, provincia di Bologna, cuore produttivo del sistema nazionale cooperativo. Dopo le due guerre mondiali, la società anonima è cresciuta e ha avuto un vero e proprio balzo guidata dall ’ingegner Aldo Villa. L’intuizione dell’ingegnere è stata molto semplice ma coraggiosa: produrre e vendere impianti, come d’altra parte già sognavano all’inizio del secolo i nove fondatori. Da allora i clienti si sono moltiplicati e ora la Sacmi è una società globale, che ha resistito - almeno finora - alla tentazione della delocalizzazione. Quando pagano i soci Il caso della Sacmi è interessante perché oltre a raccontarci la storia di un'impresa di successo, ci dà la possibilità di capire alcune delle caratteristiche di fondo del modello coop, a partire dal finanziamento. Una delle differenze sostanziali tra una cooperativa e una società per azioni sta infatti nel processo di accumulazione originario. Con la società di capitali si parte da un padrone o da più padroni che investono i loro soldi per avere un profitto e remunerare, attraverso la Borsa, gli azionisti. Con la coop si parte dal capitale raccolto tra i soci e dal finanziamento delle banche. Quasi tutti i profitti vanno a rifinanziare, con un sistema troppo complesso per sintetizzarlo qui, l'attività di impresa. Anche per la Sacmi la fonte del finanziamento è stato «l'autofinanziamento è generato dalla gestione dell'impresa cooperativa, in cui la ricchezza prodotta è prevalentemente dedicata allo sviluppo dell'impresa stessa», ci dice Olivieri. La seconda fonte è stata «l'apporto di capitali da parte dei soci, che pur non essendo determinante in termini il manifesto: Viaggio nel mondo Coop 11/21 Raccolta di Massimo Caiazzo
finanziari, costituisce un importane stimolo per la gestione». Diventare soci non è automatico, né facile. Chi viene assunto dalla Sacmi lavora per cinque anni come dipendente. Dopodiché il consiglio di amministrazione valuta caso per caso le domande di coloro che vogliono diventare soci. Se il responso è positivo, al socio viene chiesto di versare 70 mila euro, come sottoscrizione. Il pagamento, come è ovvio, si può rateizzare in 15 anni. In questomodo, spiega ancora Olivieri, capitale e lavoro coesistono e insieme si creano somme importanti per il rischio di impresa, impresa cooperativa dove vige il voto capitario. I cooperatori ci tengono a precisare che le quote dei soci non c'entrano nulla con la partecipazione azionaria dei dipendenti delle Spa. Né tantomeno con il famoso sistema delle stock option. La legge prevede che i soci, quando escono dall'azienda, ricevano il loro capitale eventualmente rivalutato secondo i limiti di legge, senza capital gain. Settantamila euro a testa Oggi la Sacmi ha 316 soci, che hanno versato o stanno versando 70 mila euro ciascuno. Due di loro stanno per andare in pensione, ma la base sociale presto sarà incrementata. Nelle cooperative il reddito prodotto non si divide tra i soci, se non per una parte disciplinata per legge, ma si reinveste nell’attività di impresa. L'opposto, a quanto pare, di certi processi di «finanziarizzazione ». E' questo schema fondante della cooperativa che spiega anche il diverso regime fiscale che ora è stato modificato dagli ultimi interventi che tendono ad avvicinare sempre di più i due tipi di fiscalità (la polemica sui privilegi fiscali delle coop andrebbe aggiornata). La struttura di una cooperativa spinge ad assicurare una continuità del lavoro nel tempo. Avete mai avuto la tentazione di buttarvi sulla finanza e la rendita? chiediamo al presidente Olivieri. «E' una tentazione - risponde - che i soci non hannomai avuto in quanto hannoben chiaro quello che è lo scopo mutualistico della nostra cooperativa fin dalla sua costituzione, ovvero il lavoro». La scelta di fondo e i criteri alquanto severi nella scelta dei soci hanno determinato la crescita della Sacmi. Ma, come per ogni impresa, c'è il problema del «manico», ovvero del gruppo dirigente. Anche la «governance» della Sacmi ci può dire qualcosa. «In testa all'organigramma della cooperativa - spiega ancora Olivieri - c’è l’assemblea dei soci e questo non è soltanto un aspetto formale, ma bensì la sostanza». E che non si tratta di pura formalità nella catena del comando lo si capisce dai fatti. La Sacmi riunisce l'assemblea mediamente dodici volte l'anno. Le riunioni durano tra le quattro e le cinque ore e si tengono rigorosamente fuori dall'orario di lavoro. Partecipa l'80% dei soci. Si prendono decisioni in merito ai budget, agli investimenti, alle partecipazioni societarie. L'assemblea controlla gli amministratori e la direzione e ogni tre anni elegge il Cda a cui sono demandati tutti i poteri di gestione dell'azienda, subordinati al rispetto delle delibere assembleari. DIFFERENZE TRA SPA E COOP Il capitale sociale di una Spa appartiene ai soci, che pesano secondo le rispettive quote azionarie. Il voto vale in percentuale e gli utili vengono ripartiti tra i soci. Anche in una Coop il capitale sociale appartiene ai soci, ma il principio delle votazioni è diverso perché si applica il sistema di «una testa, un voto». Si fissa una quota minima per la partecipazione dei soci al capitale. Anche le società possono avere quote del capitale di una cooperativa, ma possono avere al massimo 5 voti in assemblea, a seconda degli statuti delle singole Coop. A differenza delle Spa, nelle Coop gli utili non sono trasferibili ai soci, vanno tutti a «riserva» e creano quindi il patrimonio della società che lo usa per svolgere le sue normali il manifesto: Viaggio nel mondo Coop 12/21 Raccolta di Massimo Caiazzo
attività o lo investe in fondi speciali. Quando una cooperativa si scioglie il patrimonio finanziario non va ai soci, ma a un fondo del Ministero, cioè allo Stato, che poi lo gira di nuovo al mondo delle cooperative. IL NUOVO FISCO COOPERATIVO Fino a qualche anno fa, viste le differenze tra spa e coop, gli utili delle cooperative non venivano tassati, cosa che invece avviene normalmente per le Spa. Con la riforma del 2002 si è introdotta una tassazione parziale, mentre si confermano le tasse su tutto il resto. Sia le Spa, sia le Coop pagano le loro tasse sull'Iva, pagano i contributi previdenziali e gli oneri sociali. L'esenzione totale sugli utili delle coop ormai non esiste più e vige il sistema delle cooperative prevalenti e non prevalenti per cui si applicano regimi fiscali diversi. Le coop prevalenti nel settore della produzione-lavoro sono quelle in cui il costo dei salari dei dipendenti diretti supera il costo delle collaborazioni richieste dall'esterno. Nel campo dei servizi le «prevalenti» sono quelle in cui la vendita ai soci è superiore alla vendita ai non soci. Questo spiega per esempio il sistema delle tessere per i soci delle coop di distribuzione alimentare. il manifesto: Viaggio nel mondo Coop 13/21 Raccolta di Massimo Caiazzo
QUARTA PUNTATA: la funzione del sindacato Quando il tuo padrone è un altro lavoratore di PAOLO ANDRUCCIOLI Dietro la maschera della cooperazione si nascondono spesso imprenditori pirati. Meno della metà delle cooperative registrate come tali nei vari settori merceologici sono iscritte alle centrali cooperative, dalla Lega per le «rosse», alla Confcooperative per le «bianche». Ci sono insomma centinaia di cooperative finte che operano sul mercato, cercando di sfruttare a loro favore la legislazione fiscale e le norme sui soci e i soci-dipendenti. In questo nostro giro nel mondo delle coop rosse, legate in modo diretto o indiretto alla scalata di Unipol a Bnl, trascureremo però quest'area del «sommerso cooperativo» e ci concentreremo invece sulle cooperative regolari. L'obiettivo è quello di capire qual è il destino del diritto del lavoro in imprese dove - almeno in teoria - i padroni sono proprio i lavoratori. Il quadrilatero emiliano Tra Bologna, Imola, Modena e Reggio Emilia si concentra il grosso delle imprese manifatturiere cooperative. Il cuore della cooperazione italiana «rossa» sta qui, mentre in tutto gli addetti delle aziende metalmeccaniche cooperative a livello nazionale sono circa 10.000. Nelle imprese meccaniche emiliane gli operai «non stanno peggio degli altri», ci dice Gianni Scaltriti, segretario regionale della Fiom dell'Emilia. Per questi lavoratori vengono applicati tutti i diritti e qualche volta si riesce anche ad ottenere un «di più», vista la ragione sociale che sta alla base della cooperazione di produzione e lavoro. «Il merito però - ci tiene a precisare Scaltriti - non è delle cooperative, ma del sindacato, che anche in questo tipo di impresa fa il suo mestiere». La cosa più difficile, infatti, è conservare la famosa «autonomia» sindacale di cui si discute in ogni congresso e in ogni riunione. Per i sindacalisti che operano in questo settore c'è da superare cioè una doppia ambiguità. Da una parte la difficoltà di individuare l'azienda come controparte anche se è costituita dai lavoratori, dall'altra quella di evitare la tentazione di molte cooperative di mettere il rapporto di lavoro in secondo piano rispetto al rapporto societario: l'individuo viene considerato prima un socio e poi un lavoratore. Scaltriti ammette infatti che da circa 20 anni tutto il mondo cooperativo ha subito una profonda trasformazione. Oggi si privilegiano molto di più i valori di impresa, più che i valori solidaristici, che pure rimangono vivi e hanno un forte radicamento. Il sindacato maggiormente rappresentativo tra gli operai metalmeccanici delle cooperative è la Fiom, così come la Cgil è il sindacato più forte in tutte le cooperative di produzione e lavoro degli altri settori. La presenza della Cgil e la natura del movimento cooperativo che fa riferimento al centrosinistra (anche se oggi gli antichi rapporti da cinghia di trasmissione dei partiti sono davvero un ricordo), fanno sì che si verifichino fenomeni bizzarri. Durante il governo Berlusconi, per esempio, la Lega delle cooperative decise di aderire al Patto per l'Italia con le altre associazioni imprenditoriali. Il Patto per l'Italia A quel Patto da cui la Cgil si distaccò, non firmando. Nella Lega la discussione fu molto accesa e ci furono alcune grosse cooperative rosse (per esempio le cooperative di il manifesto: Viaggio nel mondo Coop 14/21 Raccolta di Massimo Caiazzo
costruzione come la Cmc e la Cmb) che furono contrarie al Patto. Il modello di rapporti sindacali che si applica nelle cooperative risale al 1990, quando venne stabilito un apposito spazio per la contrattazione autonoma dagli altri settori. Tre anni dopo è stato applicato alle cooperative il famoso Protollo del 1993, che vale per tutto il mondo del lavoro. «Di solito - ci dice Andrea Ganfagna, sindacalista della Cgil che si occupa da anni di questo settore - nelle cooperative funziona il modello normale di relazioni sindacali e si applicano gli stessi diritti di tutti i lavoratori, con qualche aggiunta sul piano normativo: i permessi sindacali, il diritto all'informazione sui processi produttivi, gli orari». Anche nelle cooperative si sciopera, continua a raccontarci il sindacalista della Cgil, così come è successo più di un anno fa alla Coop Estense, una tra le più grandi cooperative del settore della distribuzione alimentare di cui abbiamo parlato nella seconda puntata di questa inchiesta. Scioperi al supermercato La vicenda della Coop Estense ha avuto un'origine particolare. «In quel caso - ci racconta Luigi Coppini, presidente della Filcams, il sindacato del commercio - si è trattato di un conflitto dovuto all'allargamento territoriale della cooperativa che da Modena e Ferrara decise di estendere i suoi supermercati anche alla Puglia, dove c'erano già quattro ipermercati con il marchio coop, ma in realtà gestiti da altre società». I problemi sono nati al momento dell'accorpamento, perché la direzione avrebbe voluto applicare per i «nuovi assunti» (i dipendenti dei 4 ipermercati) solo il contratto nazionale di categoria e non le regole Coop valide per i dipendenti della casa madre emiliana. La cosa ha fatto esplodere un conflitto durato quasi un anno, durante il quale la Cgil decise, seppure da sola, di scioperare. Alla fine il sindacato l'ha spuntata e ora alla Coop Estense si applicano le stesse regole per tutti. La storia della Cmc La Cooperativa Muratori e Cementisti di Ravenna è nata nel 1901. Da piccolissima impresa, è diventata oggi una potenza, fenomeno che accomuna, come abbiamo visto, molte cooperative di produzione e dei servizi soprattutto in Emilia. Attiva all'estero, la società realizza il 90% del fatturato consolidato annuo nel settore delle costruzioni. Anche qui, come abbiamo visto per la Sacmi o per altre grandi cooperative della distribuzione, le cifre del fatturato e dei dipendenti sono ragguardevoli: 544 milioni di euro, di cui 520 nelle attività di costruzioni, che vanno dall'Alta velocità, alla riorganizzazioni dei raccordi stradali, fino ai grandi lavori all'estero. La Cmc è riuscita a uscire da una crisi tragica dopo Tangentopoli. Come tutte le imprese legate ai lavori pubblici, la Cmc ha rischiato l'osso del collo. Il presidente Massimo Matteucci ci spiega che uno dei fattori che ha permesso alla Cooperativa di uscire dall'imbuto degli anni `92-'95 fu proprio la disponibilità del sindacato e il senso di solidarietà interna che si è sviluppato tra i soci e tra i soci e i lavoratori dipendenti. «Decisive furono allora - racconta Matteucci - il senso di coesione sociale di tutta l'azienda e l'atteggiamento responsabile e di comprensione del sindacato». Si sono fatte scelte dure in quegli anni che hanno portato al dimezzamento dei dipendenti, da mille a cinquecento. La Cooperativa, insieme ai sindacati, ha cercato però di risolvere tutte le situazioni, affrontandole caso per caso. «Nessuno è stato abbandonato a se stesso», dice Matteucci. Alla fine i lavoratori sono stati ricollocati. Molti sono passati per esempio ai grandi il manifesto: Viaggio nel mondo Coop 15/21 Raccolta di Massimo Caiazzo
supermercati delle Coop, seguendo il fenomeno del passaggio dall'industria al terziario che ha caratterizzato tutta l'economia italiana. In questo caso, però, la differenza sostanziale con le imprese capitalistiche normali sta nella gestione «collaborativa» e nell'autofinanziamento. A differenza della stragrande maggioranza delle imprese italiane (grandi e piccole) che hanno usufruito dell'aiuto di Stato sotto forma di cassa integrazione e prepensionamenti, le Coop hanno attinto alle loro risorse, al capitale dei soci. Ma anche qui, come è ovvio, non sono tutte rose. Quelle che una volta si chiamavano «contraddizioni in seno al popolo» permangono e anzi potrebbero perfino accentuarsi. I manager della Cmc, per esempio, non si trovano sempre d'accordo con le posizioni della Cgil sul General Contractor, sulle scelte ambientali (si parla anche del Ponte sullo stretto) e sull'applicazione di determinate scelte strategiche. Mediacoop pensa ai piccoli giornali Si tratta di un'associazione nata di recente (è stata costituita nell'ottobre del 2004) nel mondo cooperativo con l'obiettivo di difendere e sviluppare il ruolo dei soggetti che operano nell'editoria con un'attenzione particolare alle cooperative. Mediacoop rappresenta sia le cooperative giornalistiche (come il manifesto, tanto per fare un esempio), sia le coop editoriali e quelle della comunicazione. Attualmente a Mediacoop aderiscono 370 imprese del settore che operano in varie Regioni. Il presidente Lelio Grassucci, ci spiega che l'associazione intende svolgere una funzione propositiva, ma anche di pressione e di stimolo per il mondo politico affiché siano tutelati l'informazione libera, il giornalismo cooperativo e non profit. Mediacoop si occupa quindi di tutta la legislazione che riguarda l'informazione, della legge finanziaria che ogni anno stabilisce le risorse per il settore. L'associazione intende cioè porsi come elemento di rappresentanza attiva e di tutela delle cooperative del settore, ma anche di consulenza legislativa e fiscale. Molto interessanti le elaborazioni del presidente Grassucci a proposito di radio e televisioni locali, intermedialità, nuovi campi della comunicazione interattiva. Un campo vastissimo di sperimentazioni tecniche e democratiche. L'investimento nel «sociale» Un fenomeno nato negli anni '90 con la crisi del welfare Il 29 settembre scorso è nata a Roma Legacoopsociali, l'associazione nazionale delle cooperative sociali aderenti appunto alla Lega. L'ambito in cui vuole muoversi la nuova associazione riguarda il welfare, la cittadinanza e lo sviluppo. Si tratta di cooperative che hanno avuto un vero e proprio boom negli ultimi dieci anni e che stanno accompagnando, nel bene e nel male, la crisi del welfare state. Le cooperative sociali, sia quelle rosse che quelle bianche (molto importanti in questo settore), si sono infatti specializzate nei servizi alle persone, nell'assistenza agli anziani e comunque ai più deboli e nella creazione di occasioni di lavoro per una fascia di persone che altrimenti rimarrebbe per sempre esclusa dal mercato del lavoro ufficiale. Ci sono anche cooperative sociali che occupano lavoratori hadicappati e ci sono cooperative che si specializzano nella creazione di occasioni di lavoro per persone con problemi particolari. La distribuzione per aerea geografica della il manifesto: Viaggio nel mondo Coop 16/21 Raccolta di Massimo Caiazzo
cooperazione sociale che aderisce a Legacoop mostra una prevalenza di presenze nel Centro Italia, seguito a ruota dal Nord Est. Le cooperative sociali si dividono in due tipi, ci spiega Costanza Fanelli, responsabile del settore per la Lega nazionale. Le cooperative di tipo A sono quelle che operano nei servizi e sono quindi anche quelle meglio sostenute dai finanziamenti dello Stato proprio perché operano nel settore del welfare. Ci sono poi le cooperative di tipo B, che lavorano nel settore dell'inserimento delle persone più svantaggiate. In ogni caso il grosso dell'attività di queste cooperative si sviluppa nel campo delle politiche sociali e in quello sociosanitario. Una stima esatta di tutte le persone coinvolte in questo settore della cooperazione sociale (di ogni colore) non è ancora completa, ma si parla di cifre importanti che oscillano tra le 150 mila persone e le 190 mila. Guardando le serie storiche ci si accorge poi che il maggior impulso alla costituzione di nuove cooperative sociali è avvenuto nella seconda metà degli anni Novanta, in concomitanza appunto con l'inizio dell'arretramento dello Stato dal welfare e con l'acutizzarsi della crisi occupazionale. Anche il valore della produzione di questo settore, nonostante la sua caratteristica di povertà (non ci sono confronti tra le Coop del consumo e quelle sociali naturalmente) non è comunque da trascurare. Al 31 dicembre del 2003 il valore della produzione delle coop sociali aderenti alla Lega ammontava a 1.780.000 euro. Oltre il 72% della produzione si è sviluppata nell'ambito delle cooperative sociali di tipo A. E anche la dimensione delle cooperative risente degli andamenti generali, dei finanziamenti pubblici e del tipo di valore che si riesce a produrre. Così la dimensione delle cooperative che hanno per oggetto sociale l'inserimento lavorativo di persone svantaggiate è generalmente inferiore a quella delle cooperative di tipo A. I soci che aderiscono a questo tipo di cooperative, sia A che B, sono circa cinquantamila. il manifesto: Viaggio nel mondo Coop 17/21 Raccolta di Massimo Caiazzo
QUINTA PUNTATA: chi comanderà la Bnl-Unipol? L'assicurazione che vuole la banca La ricapitalizzazione dell'Unipol per la scalata alla Bnl si concluderà a fine mese, probabilmente il 28 ottobre. In attesa di avere il via libera definitivo dalle autorità di controllo e di capire le prossime mosse dell'amministratore delegato e presidente, Giovanni Consorte, proviamo a immaginare che cosa succederà dopo l'Opa, ovvero quale sarà la struttura di comando interna del nuovo conglomerato finanziario, il primo vero esperimento italiano di «bancassicurazione». Un gruppo che si porrà immediatamente ai vertici del sistema finanziario, subito dopo colossi come Generali, Banca Intesa, Unicredit, Ras, Capitalia e Monte dei Paschi di Siena di PAOLO ANDRUCCIOLI La ricapitalizzazione dell'Unipol per la scalata alla Bnl si concluderà a fine mese, probabilmente il 28 ottobre. In attesa di avere il via libera definitivo dalle autorità di controllo e di capire le prossime mosse dell'amministratore delegato e presidente, Giovanni Consorte, proviamo a immaginare che cosa succederà dopo l'Opa, ovvero quale sarà la struttura di comando interna del nuovo conglomerato finanziario, il primo vero esperimento italiano di «bancassicurazione». Un gruppo che si porrà immediatamente ai vertici del sistema finanziario, subito dopo colossi come Generali, Banca Intesa, Unicredit, Ras, Capitalia e Monte dei Paschi di Siena. Consigli di amministrazione Se dovesse andare in porto l'operazione di Consorte, l'Unipol, compagnia di assicurazioni, società per azioni quotata in Borsa e controllata dalle cooperative attraverso l'holding Holmo e la finanziaria Finsoe, controllerebbe la Banca nazionale del lavoro, anch'essa società quotata in Borsa e banca storica italiana, che fin dai suoi esordi ha avuto rapporti diretti con il mondo della cooperazione. Il conglomerato finanziario che nascerà dopo l'Opa di Unipol su Bnl non si tradurrà comunque in una fusione tra le due società. Unipol continuerà a fare il suo mestiere di compagnia di assicurazioni e Bnl quello di banca. Ci saranno quindi due consigli di amministrazione separati, che comunque dovranno presumibilmente interagire come una sorta di vasi comunicanti. Il progetto presentato da Consorte ai soci e agli azionisti prevede infatti un piano industriale molto ambizioso, basato essenzialmente sulle sinergie: i clienti di Bnl che dovrebbero diventare clienti assicurativi di Unipol e viceversa: gli assicurati Unipol, che aprono conti correnti e accendono mutui con Bnl. Consorte ha parlato di sinergie da ricavi dell'ordine dei 280 milioni di euro, con sinergie di costi per 260 milioni. Nella riorganizzazione complessiva Unipol banca sarebbe assorbita dalla Bnl, mentre Bnl vita, oggi partecipata da Unipol, andrebbe a finire integralmente nella compagnia di assicurazioni bolognese. Tutti i dirigenti delle coop che hanno aderito alla ricapitalizzazione per la scalata alla Bnl sostengono che non c'è alcun «tradimento della causa», né un uso improprio delle risorse dei soci. Le accuse sono arrivate da più parti, perché si è detto che sono proprio le normative vigenti (anche post riforma del diritto sociatario), che vietano alle cooperative di investire risorse in settori che non sono propri. In questo caso, hanno detto i critici il manifesto: Viaggio nel mondo Coop 18/21 Raccolta di Massimo Caiazzo
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