FONDI AMUNDI PIR - Pioneer Fondi Italia
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
Amundi SGR S.p.A. FONDI AMUNDI PIR Relazione Semestrale 30 giugno 2022 Pioneer Fondi Italia OICVM aperti di diritto italiano armonizzati alla Direttiva 2009/65/CE
Amundi PIR: Relazione Semestrale al 30 giugno 2022 Considerazioni generali Parte macro Dopo il forte rimbalzo messo a segno dall’economia globale nel 2021 rispetto alla contrazione legata alla pandemia dell’anno precedente, il 2022 si era aperto con auspici di un ritorno graduale verso tassi di crescita più vicini al potenziale. Tuttavia, la combinazione dello scoppio delle ostilità in Ucraina e degli effetti economici della nuova recrudescenza pandemica in Cina ha contribuito ad una progressiva revisione al ribasso delle stime di crescita del PIL globale, sia per le aree avanzate che per quelle emergenti, con un conseguente rallentamento maggiore della crescita. In base alle stime attuali, infatti, in termini reali il PIL mondiale dovrebbe far segnare un aumento del 3,2 per cento rispetto al 6,2 per cento dello scorso anno. La revisione verso tassi di crescita più modesti è per gran parte il frutto degli impatti diretti ed indiretti del conflitto in Ucraina, soprattutto per il tramite dell’aumento dell’inflazione che ha ridotto la forza della domanda per consumi e investimenti sia in termini di potere d’acquisto che in termini di fiducia. Insieme al persistere di ostacoli alla catena produttiva, il sensibile aumento dei prezzi energetici e delle materie prime, nonché l’impennata dei prezzi nel settore alimentare hanno contribuito al forte incremento degli indici di crescita dei prezzi, sia alla produzione che al consumo. A livello globale le attuali attese per l’inflazione puntano infatti ad un 7,4 per cento nel 2022, rispetto al 3,8 per cento medio per l’intero 2021. Il contributo all’accelerazione dell’inflazione è destinato a giungere sia dalle aree avanzate, destinate a veder più che raddoppiato il tasso per quest’anno a 6,5 per cento rispetto al 3 per cento del 2021, sia da quelle emergenti, in sensibile aumento all’8,1 per cento dal 4,3 dell’anno precedente. Dopo le poderose misure messe in campo sia dai governi che dalle banche centrali in termini di stimoli fiscali e monetari nel 2021, la prima parte di quest’anno ha visto un forte cambiamento di direzione del costo del denaro in presenza di politiche fiscali ancora generalmente di supporto ma in misura nettamente inferiore allo scorso anno. La Banca d’Inghilterra e successivamente la Federal Reserve americana hanno iniziato un ciclo di rialzi dei tassi, mentre la BCE si appresta a seguire la stessa direzione dopo aver chiuso anticipatamente gli stimoli monetari. La ragione è comune ed è legata alla necessità di contrastare le spinte al rialzo dell’inflazione, sorprendente sia in termini di persistenza che di intensità. Tra le aree economiche sviluppate, fa eccezione la banca centrale giapponese ancora in fase di pieno allentamento monetario, in quanto alle prese con un quadro inflazionistico meno pressante e con un recupero economico ancora debole rispetto ai livelli pre-pandemici. I nuovi rischi legati ad un’inflazione troppo elevata hanno portato anche gran parte delle banche centrali dei paesi emergenti a nuove misure di restrizione monetaria, sebbene alcune di esse avessero già mosso al rialzo i tassi lo scorso anno. Area Euro Le stime di crescita per l’area euro puntano attualmente ad un 2,4 per cento per l’anno in corso, in sensibile rallentamento rispetto al forte rimbalzo post-pandemico messo a segno lo scorso anno, pari al 5,3 per cento. Le stime di inizio anno puntavano a tassi di crescita più elevati ma hanno subito una riduzione, soprattutto alla luce degli effetti macroeconomici legati allo scoppio delle ostilità in Ucraina, con impatti negativi sulla crescita sia diretti che indiretti per il tramite di un’inflazione da costi più elevata. Nel primo trimestre del 2022 l’economia dell’area dell’euro è cresciuta dello 0,6 per cento, con un conseguente recupero del PIL ad un livello solo di poco superiore (dello 0,8 per cento) rispetto a quello che precedeva la pandemia. L’attività economica dovrebbe risultare lievemente più debole nel secondo trimestre, per effetto delle conseguenze negative della guerra in Ucraina. Nonostante il recupero del settore dei servizi, i rincari dei beni energetici e alimentari hanno frenato il clima di fiducia dei consumatori e la spesa delle famiglie. Al contempo, le persistenti strozzature sul lato dell’offerta lungo le catene di approvvigionamento, conseguenti anche alle misure di chiusura (lockdown) in Cina, contribuiscono all’aumento dei costi e ai ritardi nella produzione. Tra i principali paesi dell’area euro, Spagna (+4,2 per cento) e Italia (+2,6 per cento) mostrano tassi di crescita stimati per l’intero 2022 più alti di Francia e Germania, quest’ultima attesa ad un modesto recupero del PIL dell’1,6 per cento, rispetto al 2,3 della Francia. Al contrario della crescita in rallentamento, gli indici dei prezzi al consumo sono destinati a subire una notevole accelerazione rispetto al 2021 e a muoversi verso nuovi massimi degli ultimi anni, con una stima attuale per l’intero anno al 7,5 per cento. Nel complesso, le spinte inflazionistiche si sono ampliate e intensificate, guidate al rialzo
soprattutto dall’impennata dei prezzi dei beni energetici e alimentari, delle strozzature sul lato della catena produttiva di cui scrivevamo nonché della ripresa della domanda interna a fronte della riapertura dell’economia, in particolare nel settore dei servizi. Dal canto suo, la BCE ha reagito alle persistenti sorprese al rialzo dell’inflazione, accelerando il termine degli acquisti netti del programma legato alla pandemia (PEPP) alla fine di marzo e chiudendo anche gli altri acquisti netti di titoli al termine del primo semestre. La banca centrale ha altresì annunciato di voler iniziare a luglio il percorso di rialzo dei tassi ufficiali, con una possibile intensificazione della dimensione del rialzo nella successiva riunione di settembre. Dopo il rientro in territorio positivo, la normalizzazione dei tassi appare destinata a proseguire anche nel corso dell’ultima parte dell’anno. Al contempo, allo scopo di mantenere un’equilibrata trasmissione della propria politica monetaria tra i diversi paesi dell’area e di evitare un eventuale sganciamento dei costi di finanziamento dai fondamentali, la BCE ha altresì preannunciato di considerare l’introduzione di un nuovo strumento da affiancare ad un reinvestimento flessibile dei titoli in scadenza nel portafoglio PEPP i cui dettagli dovrebbero essere annunciati nelle prossime riunioni della banca centrale. USA Dopo la contrazione subita nel primo trimestre, non attribuibile alla debolezza della domanda interna ma alle componenti legate al commercio globale e alle scorte, la crescita dell’economia americana è destinata a riprendere un trend positivo dal secondo trimestre e le stime attuali puntano ad un 2,2 per cento complessivo di aumento del PIL nel 2022. In prospettiva, ci si attende un ritorno a tassi di crescita moderati, in presenza di un’elevata inflazione, un sostanziale inasprimento della politica monetaria e un minore impulso fiscale. Al contempo, le pressioni inflazionistiche rimangono elevate, sia quelle provenienti dalle componenti più volatili (energia e inflazione alimentare) che quelle legate alla forza del mercato del lavoro, alla crescita dei salari e al settore dei servizi. Le sorprese al rialzo dei dati d’inflazione hanno contribuito ad accelerare il processo di uscita dai precedenti stimoli monetari messi in atto da parte della Federal Reserve: quest’ultima ha infatti provveduto a chiudere anticipatamente il programma di allentamento quantitativo, successivamente consegnando una crescente progressione di rialzi dei tassi, precisamente di 25 punti base a marzo, di 50 a maggio e di 75 a giugno. Non ultima è iniziata anche la progressiva riduzione della dimensione del bilancio della banca centrale, salita a livelli estremamente elevati per effetto degli stimoli resisi necessari per affrontare gli effetti economici della crisi pandemica. La banca centrale americana appare destinata a proseguire sulla strada dell’inasprimento delle condizioni finanziarie nella seconda metà dell’anno, allo scopo di raffreddare le pressioni inflazionistiche, nell’ambito di previsioni che puntano ad un rientro dell’indice dei prezzi dai massimi. UK Per l’economia britannica le ultime stime puntano ad un recupero del 3,4 per cento per quest’anno, in netto rallentamento rispetto al 7,4 messo a segno lo scorso anno. In un contesto di inflazione particolarmente elevata e persistente, prevediamo che l'economia possa perdere rapidamente vigore, in quanto l’aumento dei prezzi e il cambio di politica fiscale comprimono il reddito disponibile reale delle famiglie. La rapidissima crescita dell’inflazione riduce infatti il potenziale della domanda per consumi, sebbene il mercato del lavoro continui a mostrare condizioni di elevata crescita salariale nominale in presenza di una diminuzione del tasso di disoccupazione, nonostante il venir meno del regime di cassa integrazione nel settembre 2021. In risposta alla contrazione del reddito reale disponibile delle famiglie, infatti, il clima di fiducia dei consumatori è peggiorato bruscamente. L’altro elemento che potrà contribuire al raffreddamento delle prospettive di recupero dell’economia britannica è legato al trend di normalizzazione della politica monetaria, iniziato al termine dello scorso anno da parte della Banca d’Inghilterra, che ha portato i tassi all’1,25 per cento a giugno ed è destinato a proseguire verso nuovi rialzi del costo del denaro nei prossimi mesi. Giappone Per l’economia nipponica, le nostre stime puntano ad una crescita del PIL intorno all’ 1,8 per cento nell’intero 2022, non lontano dall’ 1,7 per cento messo a segno lo scorso anno, per un complessivo recupero rispetto ai livelli pre- pandemici che risulta ancora limitato rispetto alle altre aree avanzate. Con il diffondersi della variante Omicron ed il perdurare di vincoli sul versante dell’offerta la ripresa economica giapponese ha subito una battuta d’arresto all’inizio
del 2022, ma grazie al sostegno offerto dalla domanda per consumi e dalle politiche di sostegno messe in atto, le attese puntano ad una ripresa nel corso dei trimestri successivi, anche alla luce delle aspettative per un graduale allentamento delle pressioni sulle catene di approvvigionamento. Al contrario, le prospettive degli investimenti appaiono meno sostenute dai recenti più deboli segnali provenienti dagli indicatori di fiducia delle imprese. L’inflazione è divenuta più persistente ma è stimata in aumento modesto rispetto a gran parte delle altre aree avanzate, precisamente all’1,9 per cento per il 2022, rispetto alla leggera contrazione dello scorso anno di -0,2 per cento. Anche la componente meno volatile dell’inflazione è prevista in aumento nel corso dell’anno, ma dovrebbe rimanere al di sotto dell’obiettivo del 2 per cento della banca centrale. Quest’ultima continua a differenziarsi fortemente dalle banche centrali dei principali paesi avanzati in termini di politica monetaria, con un’azione tuttora accomodante attraverso l’allentamento quantitativo e tassi invariati, non solo per i minori rischi inflazionistici ma anche per sostenere un rafforzamento dell’ancor debole recupero economico messo a segno dopo la crisi pandemica. Emergenti Dalle economie emergenti ci si attende un sensibile rallentamento della crescita nell’anno in corso, complessivamente ad un +3,7 per cento complessivo dal 6,9 per cento messo a segno nel 2021. Il rallentamento è diffuso a tutti i principali paesi delle diverse aree, mentre per l’economia russa le stime sono di una profonda recessione in area 10 per cento. Come per le aree avanzate, al contrario, l’inflazione dovrebbe accelerare all’8,3 per cento dal 4,4 dello scorso anno. Tra i maggiori paesi asiatici, le indicazioni vedono l’economia cinese destinata a subire una marcata decelerazione, con una stima pari ad un +3,5 per cento rispetto all’8,1 per cento del 2021. La crescita del PIL cinese ha mostrato capacità di tenuta nel primo trimestre, malgrado la nuova recrudescenza di casi di coronavirus. Tuttavia, ci si attende che le drastiche restrizioni alla mobilità attuate nell’ambito della strategia zero- COVID e i connessi cambiamenti nel comportamento dei consumatori si ripercuotano sull’attività nel secondo trimestre. Al contempo, gli ultimi dati mostrano un miglioramento del trend anche grazie all’attuazione di politiche più accomodanti per mitigare l’impatto negativo delle misure di chiusura sulla crescita economica. Dal canto suo, l’inflazione non appare un fattore di particolare freno alla crescita come per le principali aree avanzate, in quanto attesa al 2,1 per cento quest’anno, un tasso di crescita sensibilmente inferiore a quello globale. La politica monetaria perseguita dalla banca centrale cinese permane accomodante e di sostegno alla domanda domestica, favorendo il recupero atteso nella seconda parte dell’anno. Tra i paesi latino-americani, il Brasile ha mostrato un buon ritmo di crescita nella prima parte dell’anno, soprattutto grazie alla bilancia commerciale e al supporto degli stimoli di politica economica, ma appare destinato a risentire dell’impatto negativo dell’incremento dei prezzi e dell’aumentato costo del denaro nel secondo semestre, con un picco inflazionistico a due cifre. I paesi dell’est europeo, infine, risentono non solo della diffusa accelerazione dei prezzi alla produzione e al consumo, e della conseguente necessità delle banche centrali di muoversi verso una maggiore restrizione delle politiche, ma altresì delle ricadute più dirette del conflitto in Ucraina. Mercati Le crescenti pressioni inflazionistiche, ulteriormente rafforzate dall’impatto della guerra Russia-Ucraina sui mercati delle materie prime e dalle preoccupazioni su nuove strozzature sull’offerta legate alle restrizioni in Cina, hanno spinto le banche centrali ad atteggiamenti più aggressivi, spingendo al rialzo i rendimenti governativi su tutte le curve dei paesi sviluppati, con impatto anche sui segmenti a spread, corporate ed emergenti, e sulle borse. Sui mercati azionari, nei primi 5 mesi del semestre ha pesato soprattutto l’aggiustamento delle valutazioni e dei corsi all’inasprimento delle condizioni finanziarie a seguito delle azioni delle banche centrali. A ciò, nel mese di giugno, si è unito il timore di un rallentamento globale, esacerbato dai persistenti lockdown in Cina, con i connessi potenziali effetti negativi sulle catene di approvvigionamento e affiancato in Europa al rischio di una crisi energetica, e la preoccupazione per un peggioramento dei margini aziendali, con gli investitori che sono proiettati verso la pubblicazione dei risultati societari dei prossimi trimestri per avere maggiore visibilità sul futuro. Ciò ha determinato una accelerazione del calo delle quotazioni azionarie e un rafforzamento della rotazione settoriale dai ciclici/growth ai difensivi/value.
Di seguito il dettaglio per i diversi mercati. In calo i mercati azionari sia dei paesi sviluppati che dei paesi emergenti I mercati azionari hanno chiuso il primo semestre in negativo. L’indice MSCI World Net Total Return Index, in USD, ha perso il 20,5%, archiviando il peggior primo semestre dal 2009. A livello settoriale, unico settore positivo l’energetico. Con riferimento all’intensità del calo, i settori peggiori sono stati i semiconduttori, media & entertainment, il software e i consumi discrezionali; i settori meno deboli le telecomunicazioni, i servizi di pubblica utilità, i consumi di base e il farmaceutico. A livello di stili, il Value, pur se in calo, ha sovraperformato ampiamente il growth. A livello regionale, negli USA l’indice S&P 500 è sceso ai minimi da gennaio 2021. L’indice VIX, che misura la volatilità implicita delle opzioni sull’indice, dopo il picco a circa 36 dei primi di marzo, è sceso al di sotto di 20 nei primi di aprile, per poi segnare un secondo picco a 35 circa a inizio maggio e a 34 a metà giugno, chiudendo il semestre a 28,7. A livello di fattori, il segmento Growth ha evidenziato una sottoperformance rispetto al Value, appesantito dal segmento tecnologia. A livello di capitalizzazione, da segnalare la debolezza poco più ampia delle small e mid cap, monitorate dall’indice Russell 2000, nonostante le società di piccola e media capitalizzazione siano in generale percepite come più sensibili al ciclo economico, evidenziando una dinamica molto più debole delle large cap soprattutto nelle fasi di rallentamento della crescita. A livello settoriale, risultati positivi sono stati registrati solo da 2 settori, con un rialzo ampio degli energetici (sostenuti dallo squilibrio tra domanda, che sta mostrando una certa resilienza, e offerta, limitata e a rischio ulteriore per la guerra) e più contenuto della telecomunicazione. Tra gli altri settori, i più deboli sono risultati i semiconduttori, i consumi discrezionali e il software. L’indice Nasdaq ha raggiunto a giugno il livello più basso da settembre 2020, indebolito dai rialzi dei rendimenti a lungo termine per l’impatto che tale movimento ha sul valore attuale dei flussi di profitto futuri dei titoli «high growth», incidendo sulle relative valutazioni. Gli indici europei hanno evidenziato perdite ampie, appesantiti dalla maggiore vulnerabilità agli effetti della guerra Russia-Ucraina e ai rischi di una crisi energetica ampia nonché dall’accelerazione della velocità del processo di normalizzazione della politica monetaria da parte della BCE; di parziale supporto nel periodo la pubblicazione di dati societari confortanti relativi al primo trimestre. A livello settoriale, in rialzo solo il settore energetico; cali più consistenti per software, semiconduttori, hardware e consumi discrezionali. A livello di principali paesi dell’area Euro, cali maggiori e simili per Germania e Italia, accomunati dalla dipendenza energetica dalla Russia; a seguire, per intensità del calo, la Francia e, a distanza, la Spagna. Tra gli altri paesi sviluppati, in calo sia in valuta locale che in euro il Giappone e l’Australia, piazze azionarie che sono state penalizzate dal loro status di mercati sensibili al ciclo in un contesto di peggioramento delle aspettative sulla crescita mondiale. In Giappone di supporto parziale il perdurare dell’orientamento accomodante della BoJ e l’indebolimento della valuta. L'area Emergente in aggregato ha chiuso l’anno in calo sia in USD che in euro, meglio tuttavia dei paesi sviluppati per effetto sia delle maggiori possibilità di manovra delle banche centrali emergenti (soprattutto in America Latina, dove era già stato avviato nel 2021 il ciclo di rialzo dei tassi ufficiali per fronteggiare l’inflazione, anticipando così il ciclo di rialzi della Fed ed evitando per tale via un deflusso di capitali) che della sensibilità di molti paesi emergenti al ciclo delle materie prime. Con riferimento ai fattori, il segmento Value ha sovraperformato il segmento Growth a fronte di un rialzo dei rendimenti di mercato. A livello di aree, molto negativa l’Europa, appesantita dalla guerra Russia-Ucraina, per vicinanza geografica e di rapporti commerciali. Dinamica meno debole per l’Asia, condizionata dalla performance negativa della Cina, tra chiusure per lockdown nel corso del secondo trimestre e dati macro più deboli delle attese; a parziale supporto del mercato azionario del paese gli orientamenti di politica economica più accomodanti via via assunti nel corso del periodo. Tra gli altri mercati, in calo Taiwan e Corea, che hanno risentito della debolezza del settore tecnologico. In calo anche l’India, con la rupia che verso dollaro USA (USD) ha raggiunto minimi storici in chiusura di semestre. Chiusura marginalmente negativa in USD e positiva in euro per l’America Latina, che ha beneficiato del ciclo positivo delle materie prime. A livello di principali paesi, nel corso del semestre il Brasile ha cominciato a risentire delle incertezze politiche legate all’avvicinarsi delle elezioni presidenziali previste per l’autunno. Performance dei principali indici mondiali nell’anno (in Euro, al 30 giugno): MSCI World -13,5%, MSCI Usa -14,4%, MSCI Euro -18,7%, MSCI Emerging Markets -10,4%,
In rialzo i rendimenti governativi lungo tutte le scadenze; debole il segmento corporate, in scia al rialzo dei tassi di riferimento e all’ampliamento dei differenziali. I rendimenti dei titoli di Stato hanno evidenziato rialzi generalizzati a livello globale, con le scadenze a breve termine guidate verso l’alto dalle attese di una più veloce normalizzazione delle politiche monetarie, con conseguenti azioni più marcate sui tassi di riferimento, e le scadenze a lungo termine spinte al rialzo dalla persistenza delle aspettative di inflazione su livelli elevati, dall’incremento dei tassi reali e dalla minore attività delle banche centrali in termini di immissione di liquidità (quantitative tightening della Fed, fine del quantitative easing della BCE). Sul mercato obbligazionario societario, performance negative, con tassi in aumento e spread in allargamento sia per il segmento IG che per il segmento HY. A livello di aree, da inizio anno in Usa il movimento è stato più marcato sulle scadenze a breve termine, con un movimento di appiattimento della curva. Il tasso a 2 anni si è via via portato su livelli prossimi al 3,5% nella parte centrale del mese di giugno, prima volta dal 2007, per poi ripiegare in chiusura di mese a 2,95% (da circa 0,12% di fine 2021), con il mercato che è arrivato a scontare il tasso ufficiale al 3,6% a fine 2022 a metà giugno, dopo l’intervento di 75 pb della Fed, anticipando azioni più decise a luglio e settembre e un rallentamento a novembre e dicembre; in chiusura di mese le preoccupazioni sulla crescita hanno spinto verso 3,3% questo indicatore. ll tasso decennale, a 1,50% a fine 2021, si è via via portato sopra il 3,5% (livello più alto dal 2011) nella prima metà di giugno per poi ripiegare verso 3%. I differenziali sui tratti della curva 2-10y, 5-10y, 5-30y, dopo il passaggio in territorio negativo in alcune fasi tra fine marzo e aprile (ai massimi di inversione dal 2007), segnale, pur se contenuto, di attese di recessione nel 2023, si sono successivamente portati marginalmente al di sopra dello 0%, in scia alla debolezza della parte lunga della curva. In chiusura di semestre sono nuovamente diminuiti, coerentemente con i crescenti timori di rallentamento economico. Il movimento al rialzo dei rendimenti ha interessato via via in modo crescente i tassi reali: il tasso reale a 10 anni, a -1,1% a fine 2021, salito fino a -0,40% a metà febbraio, ha invertito la tendenza in concomitanza dello scoppio della guerra Russia-Ucraina tornando in area -1% agli inizi di marzo per poi avviare un movimento al rialzo e portarsi in territorio positivo per la prima volta dal 2020 dagli inizi di maggio, verso 0,80% di metà giugno e in ripiegamento a 0,20% a fine giugno. La break-even inflation a 10 anni si è portata da circa 2,60% di fine 2021 in area 3%, sui livelli più alti dal 2000, nella seconda metà di aprile, per poi ripiegare in area 2,3% a fine giugno. I titoli obbligazionari societari hanno subito sia il rialzo dei tassi governativi core che, in misura più marcata nel segmento high yield (HY), l’allargamento degli spread. I titoli societari investment grade (IG) hanno evidenziato un rialzo del rendimento da 2,36% di fine 2021 a 4,71% (+235 pb), con lo spread che è salito da 98 pb di fine 2021 a 164 pb di fine giugno (+66 pb). Sulle emissioni HY, il rendimento medio si è attestato a fine anno a 8,94% da 4,32% (+462 pb), con spread in allargamento da 310 pb di fine 2021 a 587 (+277 pb). La curva governativa tedesca ha evidenziato un movimento di irripidimento da inizio anno, con il tasso decennale che si è via via portato sul livello più alto dal 2013 (da -0,18% di fine 2021 a circa l’1,8% di metà giugno) per poi chiudere il semestre a 1,3%. Il tasso a 2 anni ha raggiunto il livello più alto dal 2011 (da -0,62% di fine 2021 a 1,2% di metà giugno) per poi chiudere il semestre a 0,65%, in scia al rafforzamento di aspettative su interventi al rialzo del tasso ufficiale da parte della BCE. Il mercato è arrivato a scontare un tasso ufficiale all’1,2% a fine 2022 a metà giugno, per poi ridimensionarsi a circa 0,8% in chiusura di semestre. Il movimento dei tassi reali europei ha seguito quello degli omologhi USA: il tasso reale a 10 anni è sceso da circa -200 pb di fine 2021 fino al minimo di marzo di - 273 pb per poi salire a -41 punti base di metà giugno e ripiegare verso -70 pb in chiusura di semestre. Il 5y5y inflation swap, indicatore delle aspettative di inflazione nell’Eurozona monitorato dalla BCE, da marzo ha avviato la salita ai massimi dal 2013 poco sotto il 2,5%, livello raggiunto a fine aprile, per poi ripiegare verso il 2% di fine giugno, da 1,92% circa di fine 2021. I movimenti sono stati significativi anche per i titoli di Stato italiani: il rendimento a 2 anni è passato da - 0,41% a 1,20%; il tasso a dieci anni è passato da 0,54% a 3,26%, dopo aver marginalmente superato il 4% a seguito della riunione della BCE del 9 giugno. Lo spread BTP-Bund, a 135 pb a fine 2021, si è portato sui livelli più alti degli ultimi 2 anni, in area 250 bp, in risposta all’orientamento più aggressivo della BCE emerso dalla riunione del 9 giugno e all’iniziale assenza di indicazioni sulle modalità di azione per contrastare il rischio di frammentazione. Solo dopo la riunione straordinaria della BCE del 15 giugno, sede in cui il Consiglio Direttivo ha deciso di applicare la flessibilità nel reinvestimento legati al PEPP e ha incaricato i comitati dell’Eurosistema di accelerare la progettazione di un nuovo strumento, il differenziale si è riportato in zona 200 bp. Con riferimento al debito societario europeo, il rendimento medio dei titoli IG è passato da 0,52% a 3,10% (+258 pb), mentre lo spread ha evidenziato un incremento da 98 pb a 211 pb (+113 pb). I rendimenti delle emissioni societarie europee a più basso merito di credito (HY) sono passati da 2,88% a 7,46% (+457 pb), con lo spread in aumento da 331 pb a 641 pb (+310 pb).
In ultimo, la prima metà del 2022 si è rivelata una fase straordinaria anche per il debito Emergente (indice JPM EMBI Global Diversified -20,31% in Usd, -13,4% in Euro), conseguenza del forte rialzo dell’inflazione che ha indotto le principali banche centrali, a partire dalla Fed, ad adottare un approccio di politica monetaria molto aggressivo e questo, assieme ai timori sulla crescita, ha messo sotto pressione tassi e spread. Il rendimento medio è passato da 5,29% a fine 2021 a 8,56%. Il differenziale di rendimento rispetto ai Treasury Usa è salito di 174 punti base, a 542 pb. A livello di rating, debolezza sia degli IG che degli HY (-19,69% vs -20,96% in USD). Le emissioni in valuta locale sono scese del 14,53% in USD. Le emissioni corporate in valuta forte hanno evidenziato un calo del 13,94% in USD; in questo segmento le emissioni HY (-14,41%) hanno solo marginalmente sottoperformato quelle IG (- 13,68%). Dollaro USA in rafforzamento verso Euro Il dollaro ha evidenziato un apprezzamento generalizzato, in risposta alla maggiore resilienza dell’economia USA e all’ampliamento dei differenziali di tassi rispetto alle altre aree. Le quotazioni del dollaro contro Euro sono passate da 1,14 di fine 2021 a 1,05 di fine giugno. Prospettive Globali La direzione di inflazione e politiche monetarie guida i mercati finanziari in un contesto di maggiori rischi stagflazionistici. L’Europa è più esposta ad un marcato rallentamento della crescita dovuto ad un calo di consumi e investimenti (causa crisi energetica) che invece sono robusti in USA, sebbene l’azione restrittiva della Federal Reserve stia aumentando i rischi di recessione nel 2023. L’inflazione non ha ancora raggiunto il picco e ha driver diversi tra Europa (shock energetico) e USA (ove guida la domanda). Ciò differenzia gli spazi di manovra, più ampi per la Federal Reserve, minori per la BCE, alle prese con l’inefficacia delle politiche monetarie quando sui prezzi agiscono shock esterni e la necessità di evitare il rischio frammentazione dell’Eurozona. Le banche centrali si trovano quindi strette tra inflazione e rischio recessione. Quando l’inflazione avrà raggiunto il picco e gli investitori si concentreranno sul tema della crescita, le banche centrali probabilmente si fermeranno senza portare a termine il ciclo di rialzi inizialmente previsto. In questo contesto manteniamo un assetto relativamente prudente e ribadiamo che non è il momento di aumentare i rischi, sebbene la correzione dei mercati sia piuttosto avanzata. Siamo leggermente cauti sulle azioni, in particolare in Europa, più impattata dalla guerra e dalle conseguenze dell’inflazione su domanda e utili aziendali; confermiamo la preferenza per gli USA (che godono di consumi e mercato del lavoro robusti); siamo più positivi sulla Cina, più isolata dai paesi sviluppati e sostenuta da politiche di stimolo e riapertura dell’economia. I rialzi corposi dei rendimenti e i crescenti rischi sulla crescita sono alla base della decisione di portare la duration in prossimità della neutralità, dopo un prolungato sottopeso nel semestre. Siamo relativamente meno costruttivi sull’Italia, data la volatilità sui rendimenti di mercato, ma attendiamo che la BCE fornisca dettagli sul nuovo strumento di politica monetaria finalizzato ad evitare il rischio frammentazione dell’Eurozona. Il posizionamento sul debito Emergente è stato ricondotto verso la neutralità, data la maggiore vulnerabilità dell’area alla politica restrittiva della FED. All’interno del debito societario, siamo costruttivi sul segmento investment grade in USA (utili resilienti, consumi robusti, fondamentali aziendali solidi); rimaniamo prudenti sul segmento high yield, alla luce dei rischi di allargamento degli spread e di aumento dei default. Valute: siamo positivi su dollaro (ampio differenziale dei tassi a suo favore) e franco svizzero (funzione di hedge) verso l’Euro. Confermata la diversificazione a favore delle materie prime. I principali rischi di scenario sono la recessione economica e gli utili aziendali. Forma e contenuto della Relazione Semestrale La Relazione Semestrale di ciascun Fondo è redatta secondo le disposizioni stabilite dal provvedimento emanato dalla Banca d’Italia il 19 gennaio 2015 e successive modifiche. E’ composta da una situazione patrimoniale con allegato l’elenco analitico degli strumenti finanziari detenuti e da una nota illustrativa, volta a dare indicazioni sia sulla politica di investimento seguita nella gestione del patrimonio, sia sulle prospettive di investimento in relazione all’evoluzione dei mercati nei settori di interesse per il Fondo. Sono altresì dettagliati principi contabili e criteri di valutazione. Tutti gli importi indicati nella Relazione Semestrale sono espressi in unità di Euro, salvo ove diversamente specificato.
Principi contabili e criteri di valutazione Nella redazione della Relazione Semestrale di ciascun Fondo sono stati applicati i principi contabili di generale accettazione per i fondi comuni di investimento ed i criteri di valutazione previsti dal provvedimento emanato da Banca d’Italia il 19 gennaio 2015 e successive modifiche. Tali principi sono coerenti con quelli utilizzati nel corso dell'esercizio per la predisposizione dei prospetti di calcolo giornalieri della quota. Gli schemi ed il contenuto dei singoli prospetti sono stati redatti nel rispetto delle disposizioni in materia emanate dalla Banca d'Italia. Registrazione delle operazioni Le negoziazioni su titoli e sulle altre attività finanziarie sono contabilizzate nei portafogli dei singoli fondi sulla base della data di conclusione dei relativi contratti anche se non ancora regolati. Le commissioni di acquisto e vendita sono comprese nei prezzi di acquisto o dedotte dai prezzi di vendita dei titoli in conformità agli usi di borsa. I movimenti della liquidità a pronti trovano corrispettivo in movimenti di pari importo delle corrispondenti voci “pronti contro termine attivi e operazioni assimilate” o “pronti contro termine passivi e operazioni assimilate”. La differenza tra i prezzi a pronti e quelli a termine viene distribuita, proporzionalmente al tempo trascorso, lungo tutta la durata del contratto, come interessi. Nel caso di sottoscrizione di titoli di nuova emissione la contabilizzazione nel portafoglio ha luogo al momento in cui l'attribuzione dei titoli è certa ovvero, in ogni altro caso, nei termini previsti dal programma di offerta o dagli usi e consuetudini di borsa. Le opzioni acquistate / emesse sono computate tra le attività / passività al loro valore corrente. I differenziali su operazioni futures vengono registrati secondo il principio della competenza, sulla base della variazione giornaliera tra i prezzi di chiusura del mercato di contrattazione ed i costi dei contratti stipulati e/o i prezzi del giorno precedente. Gli interessi attivi e passivi e gli altri proventi ed oneri di natura operativa sono conteggiati secondo il principio della competenza temporale anche mediante rilevazioni di appositi ratei attivi e passivi. Gli interessi attivi sui conti correnti bancari sono rilevati al lordo della relativa ritenuta fiscale. I dividendi vengono contabilizzati nel momento in cui sono deliberati (data stacco) o, in mancanza di tale comunicazione certa, al momento dell’incasso. Gli utili e le perdite realizzati su cambi, vendite di divisa a termine e negoziazioni di titoli in divisa estera sono originati dalla differenza tra il cambio storico di conversione dei debiti, dei crediti, dei contratti in divisa, dei conti valutari e dei titoli in divisa, e il cambio rilevato alla chiusura delle rispettive posizioni. Gli utili e le perdite da realizzi risultano dalla differenza tra i costi medi ponderati di carico ed i valori realizzati dalle vendite. I costi ponderati di carico rappresentano i valori dei titoli alla fine dell’esercizio precedente, modificati dai costi medi di acquisto del periodo. Le plusvalenze e le minusvalenze su titoli sono originate dalla differenza tra il costo medio ponderato ed i valori determinati secondo i criteri indicati in precedenza, ossia prezzi di mercato o valutazioni applicati alla data della Relazione dei singoli fondi. Le differenze di cambio derivanti dalla conversione delle voci espresse in valuta estera sono contabilizzate in voci separate nella relazione tenendo distinte quelle realizzate da quelle di valutazione. Sempre nella sezione riguardante il risultato della gestione cambi sono state registrate le componenti reddituali delle operazioni di copertura dal rischio di cambio. La rilevazione delle sottoscrizioni e dei rimborsi delle quote viene effettuata a norma del regolamento dei singoli fondi secondo il principio della competenza temporale. Criteri di valutazione Per la determinazione dei valori da applicare al portafoglio dei singoli fondi si osservano i seguenti criteri: i prezzi unitari utilizzati sono quelli del giorno di borsa aperta al quale si riferisce il valore della quota; per gli strumenti finanziari quotati, il prezzo è l'ultimo prezzo disponibile del giorno della o delle borse indicate nel regolamento. Nel caso di strumenti finanziari quotati presso più borse, si applica il prezzo della borsa più significativa in relazione alle quantità trattate; per gli strumenti finanziari ammessi alla negoziazione sui mercati regolamentati indicati dall'Organo di Vigilanza il prezzo è quello risultante dall'ultimo listino ufficiale disponibile, valutandone la significatività, per i valori trattati su più mercati, tenendo conto delle quantità ivi negoziate;
per gli strumenti finanziari quotati o ammessi alla negoziazione sui mercati regolamentati indicati dall'Organo di Vigilanza, qualora sul mercato di negoziazione risultino contenuti gli scambi ed esistano elementi di scarsa liquidità, la valutazione tiene conto del presumibile valore di realizzo determinato sulla base delle informazioni reperibili sui circuiti internazionali di riferimento oggettivamente considerate dai responsabili organi della società. La società ha stabilito nell’apposito documento inerente i criteri di valutazione degli strumenti finanziari in portafoglio che si considerano “illiquidi” gli strumenti per i quali non sia possibile reperire con continuità un prezzo aggiornato dagli info provider o che presentino prezzi significativamente discordanti fra le valutazioni dei contributori messi a disposizione dalle fonti informative specializzate o la cui valorizzazione sia rimasta invariata per un congruo numero di giorni consecutivi; per gli strumenti finanziari e le altre attività finanziarie non quotate, la valutazione esprime il presumibile valore di realizzo sul mercato, individuato su un'ampia base di elementi di informazione, oggettivamente considerati dagli organi responsabili della Società di Gestione, concernenti la peculiarità del titolo, la situazione patrimoniale e reddituale dell'emittente e la situazione del mercato con particolare riferimento all'andamento dei tassi; per gli strumenti finanziari individualmente sospesi dal listino la valutazione è effettuata sulla base dei criteri previsti per quelli non quotati; le poste denominate in valuta diverse da quelle di denominazione del Fondo sono convertite in quest'ultima valuta sulla base di tassi di cambio correnti alla data di riferimento della valutazione, accertati su mercati di rilevanza e significatività internazionale. Le operazioni a termine in valuta sono convertite al tasso di cambio a termine corrente per scadenze corrispondenti a quelle delle operazioni oggetto di valutazione; i contratti futures sono valutati sulla base delle quotazioni di chiusura dei rispettivi mercati, rilevate nel giorno di borsa aperta al quale si riferisce il valore della quota; le opzioni e i warrant trattati in mercati regolamentati sono valutati al prezzo di chiusura del giorno rilevato nel mercato di trattazione; nel caso di contratti trattati su più mercati, al prezzo più significativo, anche in relazione alle quantità trattate su diverse piazze; le opzioni e i warrant non trattati in mercati regolamentati sono valutati al valore corrente espresso dalla formula indicata dall'Organo di Vigilanza; per i titoli strutturati la valutazione viene effettuata procedendo alla valutazione distinta di tutte le componenti elementari. Per titoli strutturati si intendono, come indicato dalla vigente normativa, quei titoli il cui rimborso e/o la cui remunerazione dipendano in tutto o in parte dal valore di determinati titoli o altre attività, dall'andamento dei tassi di interesse, valute, indici o altri parametri o dal verificarsi di determinati eventi o condizioni, anche secondo meccanismi che equivalgono all'assunzione di posizioni in strumenti finanziari derivati. Soggetti che procedono al collocamento Il collocamento delle quote dei Fondi avviene, oltre che presso la sede legale di Amundi, per il tramite dei soggetti collocatori – elencati nell’Allegato Parte I del Prospetto – i quali operano anche mediante tecniche di comunicazione a distanza (canale internet).
Comunicazioni agli investitori istituzionali1 Ai sensi della normativa vigente2 i gestori degli attivi sono tenuti a comunicare con frequenza annuale agli investitori istituzionali con cui hanno concluso gli accordi su base individuale o collettiva3: a) le relazioni sui principali rischi a medio e lungo termine associati agli investimenti, sulla composizione del portafoglio, sulla sua rotazione e sui relativi costi; b) le relazioni sul ricorso ai consulenti in materia di voto ai fini delle attività di impegno e, ove applicabile, sulla loro politica di concessione di titoli in prestito nonché il modo in cui quest'ultima viene implementata al fine di perseguire le loro attività di impegno, in particolare in occasione delle assemblee generali delle società partecipate e informazioni in merito all'eventuale insorgenza di conflitti di interessi in connessione con le attività di impegno e le misure adottate dai gestori di attivi per gestirli; c) informazioni in merito all'eventuale adozione, e alle relative modalità, di decisioni di investimento sulla base di una valutazione dei risultati a medio e lungo termine delle società partecipate, compresi i risultati non finanziari. In particolare, le informazioni di cui alla lettera a) figurano nel documento - cfr. Nota Integrativa Parte A/Esposizione al rischio del Fondo; Parte B/Sezione II – Le attività; Parte D/Altre informazioni/Tasso di movimentazione del portafoglio del Fondo (c.d. turnover) e Parte C/Risultato economico dell’esercizio, Sezione IV.1/Costi sostenuti nel periodo. Per quanto riguarda le informazioni di cui alla lettera: b) si rinvia al documento Amundi Voting Policy «Appendice - Implementazione della Voting Policy» sezioni: «1 Centralizzazione della funzione» e «3 Metodo attuale per esercitare il diritto di voto»; «5 Policy sul prestito titoli»; «6 Conflitti di interesse». Il documento è la versione in italiano del documento del Gruppo è pubblicato sul sito web della SGR, alla pagina https://www.amundi.it/investitori_professionali/Local-Content/Footer/Quick-Links/Informazioni-societarie; c) uno dei pilastri fondamentali che caratterizza lo stile di gestione attivo di Amundi è la selezione bottom-up dei singoli emittenti tramite ricerca fondamentale interna sulle loro prospettive di medio e lungo termine. La valutazione degli investment case è infatti operata da team di analisti finanziari e non, ed è formulata in modo autonomo rispetto al team di gestione. Inoltre, le azioni valutate positivamente per l’acquisto sono oggetto di frequenti aggiornamenti di ricerca; i riscontri degli incontri con le società, così come le altre azioni di engagement da parte del team di ricerca, sono accuratamente tracciati e documentati. Si rinvia anche ai documenti denominati «Engagement Report» e «Voting report from words to actions», pubblicati sul sito web di Gruppo al link https://about.amundi.com/Metanav-Footer/Footer/Quick-Links/Legal-documentation. 1 Cfr. TUF, articolo 124-quater - «"investitore istituzionale": 1) un'impresa di assicurazione o di riassicurazione come definite alle lettere u) e cc) del comma 1 dell'articolo 1 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, incluse le sedi secondarie in Italia di imprese aventi sede legale in uno Stato terzo, autorizzate ad esercitare attività di assicurazione o di riassicurazione nei rami vita ai sensi dell'articolo 2, commi 1 e 2, del medesimo decreto; 2) i fondi pensione con almeno cento aderenti, che risultino iscritti all'albo tenuto dalla COVIP e che rientrino tra quelli di cui agli articoli 4, comma 1, e 12 del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, ovvero tra quelli dell'articolo 20 del medesimo decreto aventi personalità giuridica.» 2 La delibera Consob n. 21623 del 22 dicembre 2020 ha introdotto un nuovo Capo II-ter (trasparenza dei gestori di attivi e dei consulenti in materia di voto) nell’ambito della Parte III (Emittenti), Titolo IV (Diritti di voto) del Regolamento Emittenti (delibera del 14 maggio 1999, n. 11971, e successive modificazioni), in linea con le disposizioni del TUF introdotte dal decreto legislativo n. 49 del 10 giugno 2019. 3 Cfr. TUF, articolo 124-septies.
Rapporti con società del Gruppo Amundi SGR S.p.A. è controllata al 100% da Amundi Asset Management SAS, a sua volta controllata da Crédit Agricole SA. Si evidenzia che la SGR, pur riservandosi il diritto di impartire istruzioni per ciascuno degli ordini e/o delle decisioni di investimento relative ai portafogli gestiti, al fine di conseguire maggiore efficienza nei processi produttivi e di avvalersi di specifiche competenze professionali, ha esternalizzato a Amundi Intermédiation SA, appartenente al gruppo del gestore, le attività riguardanti la trasmissione e/o l’esecuzione di ordini aventi ad oggetto gli strumenti finanziari (esclusi OICR) di taluni portafogli della gestione su base collettiva. L’investimento in azioni o obbligazioni (esclusi gli OICR) considerati in conflitto di interesse non è rilevante rispetto ai portafogli gestiti ed è in ogni caso in linea con quanto previsto dalla normativa vigente e dai regolamenti degli OICR medesimi. Gli investimenti in OICR considerati in conflitto di interesse sono conformi a quanto previsto dalla vigente normativa e dai Regolamenti degli OICR medesimi. Eventi del periodo Il 18 dicembre 2019, il Consiglio europeo e il Parlamento europeo hanno annunciato il raggiungimento di un accordo istituzionale sul Regolamento SDFR, attraverso il quale si intende stabilire un quadro paneuropeo volto ad agevolare l’Investimento Sostenibile. Il Regolamento SFDR instaura un approccio armonizzato riguardo agli obblighi di trasparenza verso gli investitori in materia di sostenibilità nel settore dei servizi finanziari dello Spazio Economico Europeo. Il Regolamento Tassonomia introduce differenti e ulteriori obblighi di trasparenza a carico dei partecipanti ai mercati finanziari. Tale regolamento mira ad istituire un quadro che agevoli gli investimenti sostenibili. Esso stabilisce criteri armonizzati per determinare se un’attività economica è qualificabile come ecosostenibile e delinea una serie di obblighi informativi finalizzati a rafforzare la trasparenza e instaurare fra i prodotti finanziari un confronto oggettivo in relazione alla misura in cui i loro investimenti contribuiscono alle attività economiche ecosostenibili. Ai fini del Regolamento SFDR, la SGR soddisfa i criteri per definirsi un “partecipante ai mercati finanziari” mentre ciascun Fondo si qualifica come “prodotto finanziario”. Per ulteriori informazioni sul rispetto, da parte di ciascun Fondo, dei requisiti previsti dal Regolamento SDFR e dal Regolamento Tassonomia si prega di consultare la sezione del Prospetto ad esso dedicata e la Responsible Investment Policy di Amundi disponibile sul sito internet www.amundi.it. Secondo quanto previsto dall’articolo 11 di SFDR e dagli articoli 5, 6 e 7 del Regolamento Tassonomia, la SGR effettua la dichiarazione attestante quanto segue. Sulla base della sua Responsible Investment Policy, Amundi ha sviluppato il proprio approccio alla valutazione degli aspetti ESG. Tale approccio mira a misurare le prestazioni in termini di sostenibilità di un emittente, quale, ad esempio, la sua capacità di prevedere e gestire i rischi di sostenibilità e le opportunità connessi alle proprie caratteristiche specifiche e al proprio settore industriale di appartenenza. Inoltre, permette di valutare gli emittenti in relazione alla loro capacità di gestire gli impatti negativi che le loro attività potrebbero avere sui fattori di sostenibilità. Attraverso l’utilizzo di tale metodologia, il gestore del Fondo integra i rischi di sostenibilità nelle scelte di investimento e costruisce il portafoglio secondo gli indirizzi ESG di politica di investimento del Fondo. La SGR applica, con riferimento a tutti gli OICR con strategia di gestione attiva, politiche di esclusione mirate con riferimento agli emittenti che non rispettano la Responsible Investment Policy, quali gli emittenti che violano le convenzioni internazionali, le norme riconosciute dalla comunità internazionale o la legislazione nazionale. Fondi art. 8 SFDR I Fondi di seguito indicati sono classificati ai sensi dell’art. 8 di SFDR e mirano a promuovere caratteristiche ambientali, sociali e di governance. Oltre ad applicare la Responsible Investment Policy di Amundi, tali fondi mirano a promuovere le caratteristiche ESG attraverso una maggiore esposizione verso attivi sostenibili raggiunta perseguendo l’obiettivo di ottenere un punteggio ESG a livello di portafoglio maggiore di quello del rispettivo benchmark o universo di investimento. Secondo il modello di calcolo di Amundi, il punteggio ESG del portafoglio è pari alla media ponderata sull’attivo dei punteggi ESG degli emittenti degli strumenti finanziari. Nel periodo dal 1 gennaio al 30 giugno 2022 i gestori di tali Fondi hanno promosso nel continuo le caratteristiche ambientali e/o sociali tramite l’applicazione della metodologia sopra menzionata. Tali Fondi hanno promosso le caratteristiche ESG secondo l’art. 8 di SFDR e durante il periodo di riferimento della rendicontazione periodica potrebbero aver investito una parte del patrimonio in attività economiche che contribuiscono a obiettivi ambientali ai sensi di SFDR. Fatto salvo quanto sopra, il principio “non arrecare un danno significativo” si applica solo agli investimenti sottostanti i Fondi che tengono conto dei criteri dell’UE per le attività economiche ecosostenibili. Gli investimenti sottostanti la parte restante del Fondo non tengono conto dei criteri dell’UE per le attività economiche ecosostenibili.
Il Consiglio di Amministrazione di Amundi SGR S.p.A., nella riunione del 23 marzo 2022, ha approvato la modifica regolamentare di seguito inidicata: - adeguamento della modalità di calcolo delle commissioni di performance alle disposizioni normative emanate dall’ESMA negli “Orientamenti in materia di commissioni di performance degli OICVM e di alcuni tipi di FIA”. La modifica di cui sopra, non soggetta a sospensiva di efficacia, si ritiene approvata in via generale dalla Banca di Italia ed entrerà in vigore dal 1° aprile 2022. Eventi successivi alla chiusura del periodo Successivamente al 30 giugno 2022 e fino alla data di approvazione della Relazione Semestrale, non si è verificato alcun accadimento che possa determinare conseguenze rilevanti sui risultati patrimoniali ed economici rappresentati.
Relazione Semestrale “Amundi Risparmio Italia” Nota illustrativa al 30 giugno 2022
Politiche di gestione Il Fondo ha evidenziato le seguenti performance: Classe A: nel periodo 30 dicembre 2021 – 30 giugno 2022 performance pari a -12,08% rispetto ad una variazione di -11,60% del benchmark; Classe B: nel periodo 30 dicembre 2021 – 30 giugno 2022 performance pari a -12,21% rispetto ad una variazione pari a -11,60% del benchmark. Le performance del Fondo e del relativo benchmark sono calcolate al lordo dell’effetto fiscale. La performance del Fondo è stata negativa in termini assoluti, in scia alla debolezza del mercato azionario italiano che si inserisce in un quadro di cali generalizzati dei mercati azionari globali. Le crescenti pressioni inflazionistiche, ulteriormente rafforzate dall’impatto della guerra Russia-Ucraina sui mercati delle materie prime e dalle preoccupazioni su nuove strozzature dell’offerta legate alle restrizioni in Cina, hanno indotto le banche centrali ad atteggiamenti più aggressivi, spingendo al rialzo i rendimenti governativi su tutte le curve dei paesi sviluppati, con impatto anche sui segmenti a spread, corporate ed emergenti. Con riferimento al segmento governativo, i movimenti sono stati significativi anche per i titoli di Stato italiani: il rendimento a 2 anni è passato da - 0,41% di fine 2021 a 1,20%; il tasso a dieci anni è passato da 0,54% a 3,26%, dopo aver marginalmente superato il 4% a seguito della riunione della BCE del 9 giugno. Lo spread BTP-Bund, a 135 pb a fine 2021, si è portato sui livelli più alti degli ultimi 2 anni, in area 250 bp, in risposta all’orientamento più aggressivo della BCE emerso dalla riunione del 9 giugno e all’iniziale assenza di indicazioni sulle modalità di azione per contrastare il rischio di frammentazione. Solo dopo la riunione straordinaria della BCE del 15 giugno, sede in cui il Consiglio Direttivo ha deciso di applicare la flessibilità nei reinvestimenti legati al PEPP e ha incaricato i comitati dell’Eurosistema di accelerare la progettazione di un nuovo strumento, il differenziale si è riportato in zona 200 bp. Con riferimento al debito societario europeo, il rendimento medio dei titoli IG è passato da 0,52% a 3,10% (+258 pb), mentre lo spread ha evidenziato un incremento da 98 pb a 211 pb (+113 pb). L’inasprimento delle condizioni finanziarie ha pesato anche sui mercati azionari - nello specifico su quello italiano - che nei primi 5 mesi del semestre sono stati indeboliti soprattutto dall’aggiustamento delle valutazioni e dei corsi al nuovo contesto. A ciò, nel mese di giugno, si sono uniti il timore di un rallentamento globale, esacerbato dai persistenti lockdown in Cina, con i connessi potenziali effetti negativi sulle catene di approvvigionamento, affiancati in Europa dal rischio di una crisi energetica, e la preoccupazione per un peggioramento dei margini aziendali, con gli investitori che sono proiettati verso la pubblicazione dei risultati societari dei prossimi trimestri per avere maggiore visibilità sul futuro. Ciò ha determinato una accelerazione del calo delle quotazioni azionarie, anche italiane, in chiusura di periodo. A livello settoriale, la debolezza ha interessato tutti i segmenti di mercato, fatta eccezione per l’energetico, con cali meno ampi dei settori più difensivi come i servizi di pubblica utilità. La performance relativa è stata indebolita dal sovrappeso sull’azionario. Sul segmento, negative le scelte di allocazione settoriale, in particolare il sovrappeso su industriali, servizi di pubblica utilità e servizi di comunicazione; contributo positivo della selezione, sostenuta dalle scelte nei settori consumi discrezionali, materie di base e servizi di comunicazione. A livello di capitalizzazione, di supporto le scelte nel segmento di società di piccola e media capitalizzazione. Nella componente obbligazionaria, negativo il sottopeso sui titoli governativi a vantaggio dei corporate. A livello di selezione, nel segmento governativo penalizzante il sovrappeso sui titoli di Stato italiani; nel segmento corporate, di supporto le scelte nei settori industriale e servizi di pubblica utilità. Il portafoglio ha evidenziato su tutto il periodo una esposizione ai titoli obbligazionari governativi core e semi-core su livelli particolarmente inferiori al benchmark, tenuto conto dei rischi di rialzo dei rendimenti. Preferenza per i titoli di Stato italiani. Esposizione maggiore ai titoli obbligazionari societari, dato l’extra-rendimento interessante, con sovrappeso medio sul settore servizi di pubblica utilità; nel segmento finanziario, preferenza per le emissioni senior. Il livello di duration di fine dicembre è pari a 2,7. Con riferimento al segmento azionario, l’esposizione azionaria è stata mantenuta in media su livelli superiori al benchmark. La quota di titoli di piccola e media capitalizzazione è stata mantenuta su livelli inferiori all’indice di riferimento e a vantaggio dei titoli di grande capitalizzazione su tutto il periodo. A livello di allocazione settoriale, è stata via via ridimensionata la ciclicità del portafoglio, con riduzione dell’esposizione a finanziari e consumi discrezionali e aumento dell’esposizione a servizi alla persona e servizi di pubblica utilità In prospettiva, riteniamo che la direzione di inflazione e politiche monetarie continuerà a guidare i mercati finanziari in un contesto di maggiori rischi di rallentamento della crescita e di persistenza dell’inflazione su livelli elevati. Si ritiene che l’Europa è più esposta al rischio di un marcato rallentamento della crescita dovuto ad un calo di consumi
Puoi anche leggere