GLI "ANIMAL SPIRITS" IN LABORATORIO - STUDI E NOTE DI ECONOMIA 3/2001

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STUDI E NOTE DI ECONOMIA 3/2001

GLI «ANIMAL SPIRITS»
IN LABORATORIO

MARCO ROSSI*

Introduzione
Questa ricerca è motivata dalla sensazione che l’approccio dei mercati
efficienti (Fama, 1970), sia teoricamente coerente ma, tuttavia, insuffi-
ciente dal punto di vista descrittivo. Come ha recentemente dimostrato
Odean (1999), il volume degli scambi registrati nei mercati finanziari è
largamente superiore a quello, altrimenti, compatibile con la raziona-
lità degli operatori. Fenomeno, questo, che si aggiunge a numerose
altre abitudini comportamentali difficilmente conciliabili con l’ipotesi
dei mercati efficienti1. Questi fallimenti empirici, sono, usualmente,
spiegati completando il modello con l’introduzione di fattori di distur-
bo, quali esigenze di liquidità degli operatori, asimmetrie informative,
shocks nell’offerta dei titoli, ecc. Nel nostro articolo intendiamo, inve-
ce, proporre e verificare empiricamente un modello comportamentale
(sviluppato analiticamente in Appendice 2) che, pur prescindendo dal-
la presenza delle suddette imperfezioni, sia comunque in grado di
completare la capacità descrittiva dell’approccio dei mercati efficienti.
A tale scopo, rispolveriamo le intuizioni keynesiane, secondo cui le
scelte degli agenti economici sono guidate sia dal calcolo razionale,
come nella visione dominante, ma anche da un naturale istinto all’a-
zione2. Questa idea non è compatibile con l’approccio dell’utilità atte-
sa a là Von Neumann e Morgestern, in cui, se le probabilità di un
evento sono ignote, gli agenti formano delle proprie aspettative sog-

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* Istituto di Economia e Finanza, Università di Roma La Sapienza.
Per i suggerimenti e le osservazioni offerte, l’autore ringrazia Colin Camerer, Giuseppe
Chirichiello, Paolo Consolini, Dan Friedman, Alessandro Innocenti ed i partecipanti
ai seminari tenuti presso le Università di Siena e La Sapienza, Ente Einaudi, ESA 2000
European Regional Meeting e CEEL 2001 Grenoble. Si ringrazia, infine, la San Diego
University of California, dove, quale visitor, ho avviato questo progetto.
¹ La diffusione e robustezza di questi puzzles ha, ormai, contribuito a generare un suo
proprio filone di studi, denominato behavioral finance (Shleifer, 2000).
² « … is our innate urge to activity which makes the wheels go round, our rational sel-
ves choosing between the alternatives as best we are able, calculating where we can,
but often falling back for our motive on whim or sentiment or chance» (Keynes, 1936,
pag. 148).

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gettive ed agiscono solamente sulla base di queste. La visione keyne-
siana, infatti, suggerisce che i risultati di questo calcolo non esaurisco-
no le motivazioni degli investitori, ma altri fattori, raccolti sotto la
definizione di animal spirits, contribuiscono alle decisioni degli agenti
economici. Scelte istintive, la cui rilevanza, quale fattore motivaziona-
le, è inversamente proporzionale alla affidabilità delle stime dei rendi-
menti attesi di un investimento3. In altri termini, maggiore è l’incertez-
za circa il valore «fondamentale» di un titolo, più gli agenti economici
affideranno ai loro istinti le decisioni al riguardo.
    La nostra ricerca cercherà, pertanto, di verificare empiricamente le
seguenti ipotesi: I) gli investitori non sono guidati nelle loro scelte
solamente dal calcolo razionale; II) i prezzi di mercato riflettono i
valori fondamentali dei titoli in maniera inversamente proporzionale
alla incertezza che circonda le stime di tali valori intrinseci. A tal fine
abbiamo condotto un esperimento di laboratorio tramite una archi-
tettura istituzionale in cui fossero assenti le imperfezioni solitamente
addotte a giustificazione dei fallimenti empirici dell’ipotesi dei merca-
ti efficienti. In tal modo è stato possibile, in primo luogo, sottoporre a
test l’ipotesi nulla di cui sopra (I): le variazioni dei prezzi di mercato
di un titolo dovrebbero rispondere solamente all’arrivo di nuove
informazioni che inducono una revisione del calcolo del valore fonda-
mentale del titolo stesso. Il nostro design ha, inoltre, cercato di cattu-
rare il concetto di incertezza cui Keynes pare riferirsi (Knight, 1921).
Manipolando il grado di trasparenza dei flussi di cassa dell’impresa
emittente il titolo oggetto di scambio, abbiamo distinto due tipi di
titoli: relativamente al primo, le realizzazioni del processo casuale di
determinazione dei profitti relativi all’impresa emittente erano conti-
nuamente rivelate agli investitori, mentre i risultati di bilancio dell’al-
tra impresa erano palesemente nascosti agli operatori fino al termine
degli scambi. Poiché i processi di determinazione dei profitti, ma non
i risultati di entrambi, si compivano pubblicamente, il nostro disegno
mirava a rappresentare l’incertezza definita come «informazione
notoriamente mancante o ignoranza di informazioni che potrebbero
essere altrimenti note» (Camerer, 1995, pag. 645, trad. libera). Diffe-
renziando i titoli in base alla varianza delle stime dei loro valori fon-
damentali, abbiamo, così, potuto sottoporre a test empirico la sud-
detta ipotesi (II), circa la maggiore influenza degli animal spirits in
contesti caratterizzati da un più elevato grado di incertezza.
    L’esperimento è stato condotto tramite successive sessioni a
cadenza settimanale, cui hanno partecipato, quali soggetti, degli stu-

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³ «It would be foolish, in forming our expectations to attach great weight to matters
which are very uncertain. It is reasonable, therefore, to be guided by a considerable
degree by the facts about which we feel somewhat confident, even though they may be
less decisively relevant to the issue than other facts about which our knowledge is
vague and scantly» (Keynes, 1936, pag. 163).

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denti che frequentavano il medesimo corso di laurea. Questa moda-
lità di esecuzione ha permesso ai partecipanti di discutere tra di loro,
limitando, in tal modo, il verificarsi di errori individuali ed acceleran-
do l’apprendimento del gioco. Poiché, inoltre, la speculazione è, per
sua natura, un gioco a somma zero, mentre il processo di generazione
dei profitti dell’impresa è stato determinato dall’esito di una variabile
casuale serialmente indipendente (i.e. successivi lanci di una moneta),
non vi era alcun rischio della formazione di (inutili) accordi collusivi
tra i partecipanti all’esperimento. Al fine di irrobustire i risultati gene-
rati dal laboratorio, l’esperimento è stato replicato, utilizzando come
soggetti altri studenti, provenienti dai frequentanti del successivo
anno accademico. La medesima finalità ci ha, infine, indotto, ad
impiegare architetture in cui i differenti titoli erano scambiati su mer-
cati condotti sia in maniera diacronica che sincronica. Dato, infine,
che le somme in palio erano di entità modesta4, al fine di far prevale-
re, quale motivazione per la partecipazione all’esperimento, l’obietti-
vo della massimizzazione dei profitti sul gusto del gioco in sé, il con-
testo è stato organizzato come una sorta di torneo, in cui i perdenti
non erano obbligati a rimborsare di tasca propria le loro perdite, ma
erano, invece, costretti a trascorre il resto del loro tempo in laborato-
rio, aiutando lo sperimentatore nella conduzione del gioco e guardan-
do, nel frattempo, gli altri giocare al posto loro.
    L’articolo è composto dalla presente introduzione, il secondo
paragrafo che illustra il disegno dell’esperimento nei suoi vari aspetti
(finanziari, informativi, regole del gioco, ecc.), il terzo in cui si descri-
ve la conduzione dell’esperimento, i dati ottenuti e le verifiche statisti-
che dell’ipotesi ed il paragrafo conclusivo che riassume obiettivo e
risultati della ricerca. In Appendice 2 si esplicitano formalmente le
ipotesi oggetto di analisi, sviluppando un modello inspirato alle sud-
dette intuizioni keynesiane. Riconoscimenti, riferimenti bibliografici
ed istruzioni per l’esperimento completano il presente lavoro.
1. Architettura dell’esperimento
Come abbiamo accennato nell’introduzione, al fine di verificare le
ipotesi suggerite dal nostro modello dobbiamo, in primo luogo,
rimuovere o, almeno, limitare l’influenza dei fattori di disturbo sul
comportamento dei partecipanti all’esperimento. Nel contesto speri-
mentale qui adottato l’informazione è pubblicamente disponibile e,
pertanto, gli scambi non possono essere indotti da asimmetrie infor-
mative. Il nostro disegno non prevede, inoltre, esigenze di liquidità
degli investitori, né motivi che possano indurre bilanciamenti di por-

—————————————
⁴ Il guadagno unitario per la partecipazione all’esperimento è stato, in media, pari a
circa la metà della paga oraria di un lavoro non qualificato. Ciononostante, nessun
partecipante ha abbandonato l’esperimento.

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tafoglio o coperture. I dividendi, eventualmente, derivanti dal pos-
sesso dei titoli non sono differenziati tra i soggetti, omogeneità che
esclude la predeterminazione dell’indirizzo di mercato degli scambi-
sti. L’architettura del gioco come una sorta di torneo dovrebbe, infi-
ne, limitare il rischio che i soggetti partecipino all’esperimento per il
gusto dell’azzardo che il gioco reca in sé, anziché essere guidati, nelle
loro scelte, dall’obiettivo della massimizzazione dei profitti. In con-
clusione, sulla base dell’approccio dei mercati efficienti, le variazioni
dei prezzi di mercato dovrebbero esclusivamente riflettere l’arrivo di
nuove informazioni che inducano una revisione del valore fonda-
mentale dei titoli (ipotesi I). Per poter testare l’ipotesi successiva (II),
dobbiamo, invece, disporre di due classi di titoli, i cui rendimenti sia-
no determinati da identici processi stocastici, ma che differiscano
rispetto alla varianza delle stime dei valori attesi. A tal fine abbiamo
utilizzato come variabile strumentale la trasparenza dei flussi conta-
bili dell’impresa emittente, ovvero la frequenza e qualità delle infor-
mazioni disponibili per determinare il valore fondamentale dei titoli
oggetto di scambio; per cui gli investitori hanno goduto di una
migliore partizione informativa relativamente ad una classe di titoli
rispetto all’altra.
1.1. Struttura finanziaria
    Nel nostro disegno la struttura finanziaria del gioco rappresenta
poco più di un velo, dietro al quale si nasconde la struttura informati-
va dell’esperimento, ovvero la variabile strumentale utilizzata ai
nostri fini. Ogni mercato, consiste, al massimo, in tre consecutivi
periodi di contrattazione (t = 0, …, 3), in cui oggetto degli scambi
sono quattro identici titoli (d), che possono essere considerati quali
obbligazioni di lungo periodo, emesse da una certa impresa nel perio-
do t = 0, con scadenza in t = 3. La stessa impresa emittente è, inoltre,
inizialmente gravata di un debito di breve periodo (D), con scadenze
nei periodi t = 1,2 di importo D /2. L’impresa dispone, infine, di un
capitale iniziale (K = D / 2), il quale, pur essendo insufficiente a
coprire per intero gli oneri debitori, permette ad essa il pagamento
della prima rata del debito di breve periodo, cioè ne consente la
sopravvivenza per almeno due periodi. Assumendo che il capitale così
raccolto dall’impresa sia investito in una attività specifica ed irreversi-
bile, il bilancio iniziale dell’impresa stessa consiste in un attivo pari a
K ed in un passivo pari a D + 4d. Al temine di ogni periodo di con-
trattazioni (t = 1, 2, 3) l’impresa ha, tuttavia, la possibilità di ottenere
dei profitti (π ) di importo unitario pari all’onere debitorio di breve
periodo (π = D /2). Le obbligazioni di lungo periodo (d) scambiate in
questo mercato sperimentale offrono, quindi, ai loro detentori il dirit-
to ai rendimenti residuali dopo che l’impresa abbia assolto le sue
obbligazioni di breve periodo (D). Al momento della loro emissione
(t = 0) il valore atteso di questi titoli (d) ammonta, pertanto, alla som-

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ma della dotazione iniziale dell’impresa (K) e dei profitti attesi
(E[ ∑π ]) meno l’importo delle obbligazioni di breve periodo (D), in
altri termini, per ciascun titolo (d) vale la relazione:

EV [d] = E [ (K+∑π −D) / 4].
    Il sistema tramite il quale i profitti dell’impresa sono determinati
consiste nel lancio di una moneta: se esce testa, essa ottiene dei pro-
fitti (π = 10.000), altrimenti, l’impresa non riscuote alcunché (π = 0).
Questa moneta è lanciata, al massimo, tre volte nel corso di un mer-
cato, al termine di ogni periodo di scambi. Al termine dei tre lanci il
gioco si conclude e l’impresa distribuisce ai detentori dei titoli l’inte-
ro saldo residuale (se positivo). Nella Tabella 1 è indicata l’evoluzio-
ne del bilancio dell’impresa in risposta ai possibili esiti dei lanci: il
possesso di un titolo al termine del mercato offre la ricompensa di
5.000 lire in un caso (a), oppure di 2.500 lire in tre casi (d, c, e d),
nei restanti casi (e, f, g, ed h), i titoli non pagano alcun dividendo ai
loro possessori.
    Poiché potrebbero essere proposte diverse ragioni per cui la capi-
talizzazione di borsa di una impresa possa influenzare la sua capa-

Tabella 1 – Spettro degli esiti del gioco
 Caso (a)      Profitti (π)       H = 10000        H = 10000         H = 10000
               Bilancio (K)       K = 10000        K = 10000         K = 20000
 Caso (b)      Profitti (π)       H = 10000         T=0              H =10000
               Bilancio (K)       K = 10000        K=0               K =10000
 Caso (c)      Profitti (π)       H = 10000        H = 10000         T=0
               Bilancio (K)       K = 10000         K= 10000         K =10000
 Caso (d)      Profitti (π)       T=0              H = 10000         H = 10000
               Bilancio (K)       K=0              K=0               K = 10000
 Caso (e)      Profitti (π)       H = 10000         T=0              T=0
               Bilancio (K)       K = 10000        K=0               K=0
 Caso (f)      Profitti (π)       T=0              H = 10000         T=0
               Bilancio (K)       K=0              K=0               K=0
 Caso (g)      Profitti (π)       T=0               T=0             (H = 10000)*
               Bilancio (K)       K=0            Bancarotta          K=0
 Caso (h)      Profitti (π)       T=0               T=0             (T = 0)*
               Bilancio (K)       K=0            Bancarotta          K=0
                                   t=1              t=2               t=3
N.B. Nei casi (g) ed (h) l’esito del terzo lancio è indicato soltanto per com-
pletezza, poiché l’impresa, dati i risultati precedenti, è già stata dichiarata fal-
lita, il terzo lancio, così come il terzo periodo di scambi, semplicemente non
avviene.

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cità reddituale, nell’ultima sessione dell’esperimento abbiamo esteso
il disegno tramite una modifica della modalità di determinazione
della dotazione iniziale dell’impresa. Mentre nel contesto iniziale
(denominato Exo) tale dotazione è esogenamente fissata ad un
ammontare di 10.000 lire, successivamente essa dipende in maniera
lineare dal prezzo di mercato dei titoli oggetto di scambio:
K = f (qI); f ’ > 0, dove q indica, appunto il prezzo di mercato ed I
l’informazione pubblicamente disponibile. Per eguagliare, in valore
atteso, la dotazione iniziale dell’impresa in entrambi i contesti, nel
caso (denominato Endo) in cui tale ammontare dipenda dal valore
di mercato dei titoli dovrebbe valere K = (32 / 5)d, al fine, tuttavia, di
aumentare la rilevanza di questa modifica, abbiamo scelto un valore
inferiore: K = 5d. Si sottolinea che i partecipanti alle sessioni Endo
sono a conoscenza dell’esistenza di una relazione lineare, che lega la
dotazione dell’impresa al valore di mercato dei suoi titoli, ma, tutta-
via, non conoscono l’esatta forma funzionale che stabilisce tale pro-
porzionalità. L’imposizione della suddetta relazione tra dotazione
patrimoniale e prezzo di mercato dei titoli, equivale ad endogenizza-
re anche il sistema di determinazione dei rendimenti stessi del gioco.
Adesso, il rendimento dei titoli, oltre che dal processo stocastico che
determina i profitti dell’impresa, dipende anche dal comportamento
di mercato degli investitori, quindi dalle aspettative che ciascun gio-
catore nutre circa il comportamento degli altri partecipanti agli
scambi, ognuno dei quali, cosciente di ciò, forma, a sua volta, delle
aspettative soggettive circa l’altrui comportamento. In questa sorta
di beauty contest keynesiano sono, quindi, possibili comportamenti
«speculativi», che possono tradursi in «bolle», le quali spingono al
rialzo i prezzi, oppure in «crisi», dove ogni partecipante all’esperi-
mento, temendo di rimanere con il «cerino in mano», cerca di ven-
dere il suo titolo prima degli altri, ed i prezzi dei titoli sono, perciò,
destinati a scendere. Tali comportamenti estremi hanno, ovviamen-
te, conseguenze opposte per gli esiti del gioco, mentre il gonfiarsi di
una bolla fa lievitare il capitale dell’impresa, una crisi può farlo
scendere al di sotto del valore necessario per pagare, in assenza di
profitti, le scadenze debitorie di breve periodo, ossia può provocare
il fallimento anticipato dell’impresa stessa. Al fine di limitare il
rischio che (spingendo al rialzo il prezzo dei titoli) eventuali accordi
collusivi tra i giocatori possano inflazionare il capitale dell’impresa,
il valore dei rendimenti possibili è stato mantenuto intatto, cioè, se
l’impresa ottiene profitti in tutti e tre i casi, il dividendo distribuito
continua ad ammontare a lire 5.000 per ogni titolo, se, altrimenti,
l’impresa ottiene dei profitti solamente in due casi, il possesso di un
titolo offre un rendimento di 2.500 lire. Possiamo immaginare, come
giustificazione per tale imposizione, che l’impresa fissi ex ante l’am-
montare massimo dei dividendi che essa, al termine del suo eserci-
zio, intende distribuire ai detentori dei suoi titoli.

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1.2. Struttura informativa dell’esperimento
    In sistema di asta duplice condotta in forma orale, precedente-
mente all’avvio delle contrattazioni avviene una pubblica divulgazio-
ne delle informazioni rilevanti per la determinazione dei rendimenti
attesi dei titoli. In altri termini, nessun partecipante dispone d’infor-
mazioni privilegiate, ed ovviamente, tale omogeneità nella distribu-
zione delle informazioni è a conoscenza di tutti. L’impresa può esse-
re descritta come una «scatola nera», i cui profitti (π) sono il risulta-
to di un processo stocastico del tipo i.i.d. La rivelazione delle infor-
mazioni circa la realizzazione di questi profitti è la «variabile stru-
mentale» (treatment variable) utilizzata in questo esperimento. L’ot-
tenimento di profitti può, infatti, essere continuamente rivelato ai
partecipanti, in modo che essi possano rivedere le loro aspettative
soggettive sulla base dell’arrivo di queste informazioni (contesto di
informazione completa, indicato con l’acronimo FI), o, altrimenti, la
loro realizzazione può essere tenuta nascosta ai partecipanti all’espe-
rimento, così da ridurne il patrimonio informativo. In questo secon-
do contesto di informazione incompleta o mancante (definito MI), i
partecipanti dispongono di una partizione informativa meno fine
rispetto al caso precedente, ossia la continuazione delle contrattazio-
ni li informa che l’impresa, non essendo ancora stata dichiarata falli-
ta, è stata in grado di ripagare le sue tranche di debito di breve perio-
do, ma essi non sanno se per far fronte a tali impegni essa abbia uti-
lizzato il suo capitale di breve periodo o la sua dotazione patrimo-
niale iniziale. Solo alla definitiva chiusura del mercato il flusso dei
profitti ottenuti dall’impresa è comunicato ai giocatori, ma, allora,
questa informazione è, ormai, priva di valore. Questi diversi contesti
possono anche essere interpretati come due lotterie alternative, che
offrono la possibilità di ottenere dei premi condizionali all’occorren-
za di determinati avvenimenti. I partecipanti all’esperimento sanno
(common knowledge) che le proprietà dei processi stocastici che gene-
rano questi eventi sono le medesime per entrambe le lotterie, cioè
che si tratta di processi sequenziali i.i.d., quali sono dei ripetuti lanci
di una moneta. La differenza risiede, tuttavia, nel fatto che mentre le
realizzazioni del processo attinente alla prima lotteria (FI) sono con-
tinuamente rivelate, nell’altro caso (MI) gli esiti del lancio della
moneta non sono pubblicamente dichiarati ma sono, invece, tenuti
loro nascosti fino al termine del gioco. La partizione informativa che
ne risulta è, pertanto, diversa nei due casi. Si noti che, sebbene, nel
caso di informazione completa la partizione informativa è ovvia
(essendo i giocatori immediatamente a conoscenza di ogni evento
rilevante per la determinazione del valore atteso dei titoli), la stima
del valore fondamentale dei titoli, ossia la soluzione dell’albero del
gioco rappresentato in Figura 1, comporta, tuttavia, uno sforzo
notevole per soggetti (quali gli studenti partecipanti all’esperimento)

                                                                       115
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                                                                 π2 = 10000 (p = 1/2)
                                                         EV2[d(π1 = 10000; π2 = 10000)] = 3750
                                                                                                    π3 = 0 (p = 1/2)     d = 2500
                                π1 = 10000 (p = 1/2)
                              EV1[dπ1 = 10000] = 2500
                                                                                                  π3 = 10000 (p = 1/2)   d = 2500
                                                                   π2 = 0 (p = 1/2)
                                                           EV2[d(π1 = 10000; π2 = 0)] = 1250
                                                                                                    π3 = 0 (p = 1/2)      d=0

       EV(dI0) = 1562,5
                                                                                                  π3 = 10000 (p = 1/2)   d = 2500
                                                                 π2 = 10000 (p = 1/2)
                                                           EV2[d(π1 = 0; π2 = 10000)] = 1250
                                   π1 = 0 (p = 1/2)                                                 π3 = 0 (p = 1/2)      d=0
                                  EV1[dπ1 = 0] = 625
                                                                                                                                    STUDI E NOTE DI ECONOMIA 3/2001

                                                                   π1 = 0 (p = 1/2)
                                                               EV2[d2 (π1 = 0; π2 = 0)] = 0          (bancarotta)         d=0

               t=0                       t=1                              t=2                                   t=3

      Fig. 1 – Albero del gioco
M. ROSSI, GLI «ANIMAL SPIRITS» IN LABORATORIO

che non abbiano ancora raggiunto una certa dimestichezza con il
calcolo delle probabilità.
    Nel caso MI, invece, la partizione informativa a disposizione dei
giocatori è meno sottile: essi all’apertura del secondo periodo di con-
trattazioni, non conoscono nulla di ciò che è successo all’impresa, la
quale può, infatti, aver pagato la sua prima tranche di debito (D1) uti-
lizzando i profitti, eventualmente, ottenuti (π1 = 10.000), oppure la
dotazione iniziale a sua disposizione (K), pertanto: I1 = {H1, T1}.
Dopo il secondo lancio della moneta, solo se l’impresa è dichiarata
fallita, i giocatori vengono a conoscenza dei precedenti eventi,
cioè che l’impresa non ha ottenuto profitti in alcun periodo. Se, altri-
menti, l’impresa non va in bancarotta, rimane un’alea di incertezza
circa gli eventi accaduti: I2 = {T1,T2}. {(H1, T2), (T1, H2), (H1, H2)}.
Solo al termine del mercato, cioè dopo il terzo lancio della moneta,
l’informazione mancante è rivelata agli investitori, i quali, adesso,
dispongono di una partizione informativa completa ma, oramai,
inutile. In questo contesto di informazione mancante il calcolo dei
valori attesi, pertanto, si riduce ai seguenti: EV0 [d] = 1562,5;
EV1 [d(π1 =10000 ∪ π1 = 0)]=1526,5; EV2 [dno bancarotta]= 2083,33;
altrimenti d2 = 0.
    Si noti, inoltre, che al tempo t =1, t = 2, il contesto ad informa-
zione completa implica una riduzione degli stati del mondo even-
tualmente realizzabili rispetto al sistema MI. La varianza della sti-
ma dei fondamentali è, pertanto, minore quando l’informazione è
completa se al tempo t =1 si verifica π1 = 0, e, in ogni caso, al tempo
t = 2. In altri termini il nostro disegno comprende un ramo del gio-
co (quello inferiore della Figura 1) per cui l’adozione del contesto
FI consente ai giocatori di ridurre l’incertezza della stima del valo-
re fondamentale del titolo (Tabella 2). Questa eventualità è assai
rilevante per i nostri fini: allorquando il processo stocastico di
generazione dei profitti dell’impresa conduca il gioco attraverso
questo sentiero, saremmo, infatti, in grado di sottoporre a test
empirico l’ipotesi (II), paragonando la correlazione tra prezzi e
fondamentali verificatasi utilizzando il contesto MI o il (meno
incerto) ambito FI.

Tabella 2 – Varianza delle stime dei valori fondamentali dei titoli
 Contesto                         t=0                         t=1      t=2
 Informazione completa          3459821      π1 = 10000    4166667    3125000
                                               π1 = 0      2864583    3125000
 Informazione mancante          3459821                    3459821    3541667
πi = DGP realizzazioni (profitti dell’impresa) al tempo ti.

                                                                          117
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 3/2001

1.3. Dotazioni dei giocatori e regolamento del mercato
    All’inizio di ogni sessione ogni giocatore riceve 12.500 lire ed un
titolo (d). La concessione di un titolo è, poi, rinnovata all’apertura di
ogni mercato, ma non la dotazione in moneta. Queste dotazioni sono,
meramente, virtuali, poiché durante gli scambi non è utilizzato né del
denaro né certificati cartacei attestante la proprietà dei titoli. Gli
scambi effettuati sono, invece, continuamente registrati sui fogli con-
tabili degli investitori e, al termine di ogni sessione, avviene la com-
pensazione del mercato. All’inizio dell’esperimento tutti i giocatori
sono avvertiti che le loro dotazioni iniziali rappresentano un prestito
oneroso concesso da parte dello sperimentatore. Il tasso di interesse
applicato è pari al valore attuale del titolo ricevuto da un giocatore
all’inizio di ogni mercato. Questo metodo di calcolo degli interessi
non è, tuttavia, dichiarato pubblicamente ai giocatori, ai quali è, inve-
ce, presentata la Tabella A3 (in Appendice 1), in cui si indica soltanto
che la somma da restituire allo sperimentatore dipende dal numero di
mercati cui hanno partecipato. I giocatori sono, dunque, informati
che, se al termine della sessione, hanno ottenuto dei rendimenti supe-
riori ai rimborsi loro richiesti, possono trattenere queste somme in
eccesso. Nel caso, invece, in cui un giocatore non sia in grado di ripa-
gare lo sperimentatore, non gli sarà chiesto di saldare il conto attin-
gendo alle proprie personali risorse, ma, per evitare l’incentivazione
di comportamenti proni al rischio, egli dovrà, comunque, subire una
penale per il suo scarso successo. Il bancarottiere, anzitutto, perderà
lo status di «scambista», cioè sarà escluso dalla partecipazione attiva
agli scambi delle successive sessioni, egli, inoltre, durante questo
periodo di sospensione coatta, dovrà aiutare nella conduzione dell’e-
sperimento, svolgendo compiti quali la videoregistrazione delle sedu-
te, il lancio della moneta, il cronometraggio degli scambi, ecc. Un
bancarottiere potrà rientrare nel mercato sostituendo negli scambi
chi, al termine della successiva sessione, vada, anch’esso, in bancarot-
ta. Nel caso in cui, infine, più di un giocatore finisca in bancarotta,
sarà formata una graduatoria dei perdenti, la quale determinerà le
priorità di rientro nel gioco attivo. Il gioco può quindi essere inteso
come una sorta di torneo, in cui il primo obiettivo consiste nella par-
tecipazione attiva agli scambi, e nel mantenere, poi, tale status trami-
te l’ottenimento di rendimenti positivi durante ogni sessione. Questo
meccanismo rappresenta un ulteriore controllo sugli incentivi dei gio-
catori. Poiché, infatti, solamente facendo profitti i partecipanti
rimangono in gioco ed evitano la penale altresì comminata ai «banca-
rottieri», è lecito presumere che anche coloro i quali fossero, a priori,
più interessati alla partecipazione al gioco che agli eventuali guada-
gni, siano, tramite questo meccanismo, obbligati a ricercare la massi-
mizzazione dei profitti per soddisfare il loro desiderio di continuare a
partecipare agli scambi invece di essere costretti a lavorare guardando

118
M. ROSSI, GLI «ANIMAL SPIRITS» IN LABORATORIO

gli altri che giocano senza poter intervenire. Si ricorda, al proposito,
che gli interessi passivi, gravanti sulla dotazione iniziale di capitale
dei giocatori, sono esattamente uguali ai profitti attesi del gioco stes-
so, ciò impone ad ogni partecipante di perseguire la massimizzazione
dei profitti attesi come unica strategia in grado di consentire la per-
manenza nel gioco stesso.
1.4. Il regolamento degli scambi
    Al fine di semplificare il contesto istituzionale, due limitazioni
sono imposte agli scambi. La prima consiste nel divieto per gli
scambisti di operare allo scoperto, la seconda imposizione concerne
la consistenza unitaria degli scambi (cioè è possibile contrattare sola-
mente un titolo alla volta). Nell’ambito di quest’esperimento le con-
trattazioni sono condotte tramite un sistema d’asta duplice, in cui le
offerte sono espresse in forma orale (double oral auction). Ogni gio-
catore può, pubblicamente, dichiarare le sue intenzioni di vendita o
acquisto e tali offerte sono scritte dallo sperimentatore sulla lavagna,
in maniera visibile a tutti. Quando una nuova offerta di vendita
(acquisto) è effettuata a condizioni migliori, cioè ad un prezzo più
basso (alto), la precedente è cancellata dalla lavagna e sostituita dal-
la nuova. Gli scambi sono, ovviamente, eseguiti quando un giocatore
accetta la corrente offerta di acquisto (vendita). Il tempo concesso
per le transazioni è di due minuti, prima che la moneta sia lanciata,
cioè ogni mercato dura, complessivamente, sei minuti, se l’impresa
non è dichiarata fallita prima. Ogni transazione è, come già accenna-
to, registrata sui fogli contabili dei giocatori, inoltre lo sperimentato-
re registra l’evoluzione delle offerte e, infine, tutte le sessione sono
videoregistrate.
2. L’esperimento
2.1. Conduzione delle sessioni di laboratorio
    L’esperimento è stato condotto presso l’Istituto di Economia e
Finanza dell’Università La Sapienza di Roma e ad esso hanno parte-
cipato degli studenti della facoltà di Giurisprudenza. Come illustrato
nella Tabella 3, in ogni sessione sono stati condotti vari mercati,
modificando una variabile strumentale alla volta, cosicché due diversi
contesti sono stati utilizzati in ogni incontro.
    Come indicato nella Tabella 3, complessivamente sono stati
avviati 36 mercati, tuttavia, solo in 23 casi sono stai svolti tutti e tre
i periodi di scambio, negli altri 13 l’impresa è stata dichiarata falli-
ta. Due bancarotte, in particolare, si sono verificate applicando il
contesto MI-Endo, sette bancarotte sono occorse utilizzando le
istituzioni FI-EXO (di cui due quando gli scambi erano contempo-
raneamente condotti), tre nell’ambiente MI-EXO (di cui una come
sopra), ed una in quello FI-Endo (poiché il prezzo dei titoli era

                                                                      119
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 3/2001

Tabella 3 – Conduzione delle sessioni sperimentali
       Data            Contesto        Tempo impiegato   n. mercati avviati
      10/02/00      Pilot (FI-Exo)          1 ora
      17/02/00         FI (Exo)             ¾ ora                4
      17/02/00         MI (Exo)             ¾ ora                4*
      02/03/00         FI (Exo)             ½ ora                2
      02/03/00         MI (Exo)             ½ ora                2
      15/02/01      Pilot (FI-Exo)          1 ora
      22/02/01         FI (Exo)             ¾ ora               4
      22/02/01         MI (Exo)             ¾ ora               4
      08/03/01      FI+MI (Exo)             1 ora              4+4
      08/03/01      FI+MI (Endo)            1 ora              4+4
      Totale                                 8 ore              36
FI = Informazione completa.
MI = Informazione mancante.
FI+MI = Conduzione simultanea degli scambi relativamente ad entrambi i
         titoli.
Exo = Dotazione iniziale dell’impresa esogena.
Endo = Dotazione iniziale dell’impresa endogena.

troppo basso). I dati ottenuti durante le sessioni di apprendimento
(pilot iniziale e dry-run precedente al primo utilizzo del contesto
MI-EXO) non sono stati utilizzati ai fini dell’analisi statistica.
All’inizio di ogni sessione sono stati impiegati circa 5-10 minuti per
spiegare ai partecipanti le regole del gioco, nessuna questione di
rilievo è stata da loro sollevata, né si è mai verificato alcun frain-
tendimento o incomprensione nello svolgimento dell’esperimento.
Dodici studenti sono stati coinvolti in questo esperimento, ma solo
quattro di loro potevano partecipare come scambisti, mentre gli
altri prestavano un’assistenza gratuita nella conduzione dell’esperi-
mento stesso. I quattro investitori iniziali sono stati scelti sulla base
dei risultati ottenuti nel corso del pilot iniziale, cui tutti hanno, a
turno, partecipato. Abbiamo, quindi, scelto come giocatori della
prima sessione FI-EXO i quattro studenti che avevano riscosso i
maggiori profitti nel pilot. Durante questa sessione preliminare di
prova i corsi dei titoli sono stati, sostanzialmente, piatti, ad ecce-
zione di due picchi isolati. Questa assenza di un evidente trend nei
prezzi, insieme ad uno svolgimento di tale sessione di apprendi-
mento privo di incidenti o incomprensioni, ci hanno indotto a con-
tinuare l’esperimento senza modificarne il progetto iniziale. Nessun
incidente si è, inoltre, verificato nelle restanti sessioni, né ritardi né
assenze improvvise dei partecipanti, e ciò ci ha particolarmente ral-
legrato, dato che abbiamo condotto più sessioni nel corso di circa
un mese.

120
M. ROSSI, GLI «ANIMAL SPIRITS» IN LABORATORIO

2.2. Risultati e test delle ipotesi
    Per motivi di scorrevolezza, la Tabella contenente le statistiche
descrittive dei risultati ottenuti (Tabella A4) ed i grafici che illustrano
l’evoluzione dei prezzi di mercato rispetto ai valori fondamentali dei
titoli (Figure A1 e A2) sono riportate nell’Appendice 1. Nel presente
paragrafo affrontiamo, invece, la verifica empirica delle ipotesi for-
malizzate nel primo paragrafo.
    L’analisi dell’attività di scambio degli operatori rappresenta il pri-
mo segnale che motivazioni istintive abbiano influenzato il comporta-
mento dei soggetti partecipanti all’esperimento. Come già indicato
nel secondo paragrafo, l’architettura del nostro gioco escludeva (o
limitava) l’influenza dei fattori di disturbo che potessero indurre gli
investitori ad effettuare operazioni diverse dalla strategia (passiva),
supposta razionale in base all’ipotesi dei mercati efficienti. Avendo
così ripulito il contesto, secondo questo approccio gli unici motivi di
acquisto (vendita) potrebbero derivare dalla eventuale disomogeneità
delle attitudini individuali verso il rischio. Se così fosse ci saremmo,
infatti, dovuti attendere che gli operatori relativamente più avversi al
rischio avessero sistematicamente venduto i titoli in loro possesso a
quei soggetti che tolleravano il rischio in misura relativamente mag-
giore. Gli scambi effettivamente compiuti nel nostro laboratorio non
hanno, tuttavia, soddisfatto questa aspettativa. Poiché, come indicato
nella Tabella 4, ben undici soggetti su dodici hanno sia comprato che
venduto titoli, non è possibile dividere il gruppo dei partecipanti in

Tabella 4 – Transazioni individuali

                                   Trading

Ciascuna colonna riporta le transazioni compiute da un singolo individuo;
V = quantità di titoli comprati; A = quantità di titoli venduti.

                                                                        121
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 3/2001

due distinti sotto-insiemi che riflettano le diverse preferenze per l’as-
sunzione del rischio.
    Deve, pertanto, esserci stata qualche altra motivazione, diversa dal-
le individuali attitudini verso il rischio, a motivare gli scambi dei parte-
cipanti all’esperimento. Il gusto dell’azzardo potrebbe essere una spie-
gazione dell’erratico posizionamento nel mercato degli scambisti, seb-
bene, disegnando il gioco come una sorta di torneo, tale motivazione
avrebbe dovuto essere limitata. La complessità del gioco potrebbe aver,
altrimenti, indotto i soggetti a frequenti revisioni delle loro posizioni.
Come, infatti, già suggerito dalla letteratura sperimentale (Plott e Sun-
der, 1982), in contesti come il nostro, caratterizzati dalla presenza di
numerosi stati del mondo, i processi di apprendimento possono essere
relativamente lenti e, inoltre, il raggiungimento degli equilibri dettati
dall’applicazione delle aspettative razionali non essere garantito. Uti-
lizzando i variance bounds proposti da Shiller (1981), i nostri dati di
laboratorio hanno, infine, respinto l’ipotesi di eccessiva reattività degli
investitori ai flussi informativi (De Bondt e Thaler, 1985).
    L’interpretazione suggerita dal nostro modello (in Appendice 2)
consiste, invece, nell’individuare quali fattori motivazionali sia il cal-
colo razionale dei dividendi attesi che pulsioni istintive, le quali emer-
gono e traggono la loro forza dall’incertezza che circonda il valore
fondamentale dei titoli. Il riscontro empirico di ciò implica, in primo
luogo, il rigetto dell’ipotesi implicita nell’approccio dei mercati effi-
cienti: cioè che le variazioni dei prezzi di mercato riflettano esclusiva-
mente le revisioni dei valori fondamentali dei titoli suggerite dall’arri-
vo di nuove informazioni. Come mostrato nel primo paragrafo, questa
ipotesi nulla implica la verifica empirica che il coefficiente di correla-
zione lineare tra prezzi di mercato e valore fondamentale dei titoli (cal-
colato come valore atteso dei dividendi) sia significativamente inferio-
re all’unità (cioè, nei termini dell’equazione 8 del nostro modello:
θ
M. ROSSI, GLI «ANIMAL SPIRITS» IN LABORATORIO

Tabella 5 – Analisi del coefficiente lineare di correlazione (I)
                                Transazioni            Transazioni  Totale
                                 separate              simultanee    eso-
                              00 data    01 data   esogeno endogeno geno
 Informazione completa
 r                             0,84       0,36       0,48          0,76          0,28
 z-value                       1,24       0,38       0,53          1,00          0,29
 z-value (r = 1)               3,83       3,86       3,86          3,87          3,82
 n                              15         10         10            8             35

 Informazione mancante
 r                             0,37       −0,17     −0,62         −0,34          0,06
 z-value                       0,39       −0,17     −0,72         −0,35          0,01
 z-value (r = 1)               3,83        3,85      3,86          3,86          3,81
 n                              16         11         9            10            36
r = coefficiente lineare di correlazione tra q ed EV.
z = 1/2 log [(1+r) / (1−r)].
n = numero di osservazioni.

riduca, appunto, la varianza delle stime rispetto al contesto MI
(Figura 1 e Tabella 2). Possiamo, pertanto, testare l’ipotesi (II) sulla
base dei dati di mercato inerenti le realizzazioni del processo stocasti-
co che hanno, effettivamente, condotto lungo questo sentiero.
   La nostra esperienza di laboratorio, riassunta nella Tabella 6, con-

Tabella 6 – Analisi del coefficiente lineare di correlazione (II)
              Informazione              Informazione        k-value (ZFI VS. ZMI)
                completa                  mancante
                   Transazioni separate (2000)                            2,19
 r                 0,87                     0,37
 n                  12                       16
                   Transazioni separate (2001)                            0,96
 r                 0,36                    –0,17
 n                  8                       11
                Transazioni simultanee (esogeno)                          3,34

 r                 0,83                    –0,62
 n                  9                        9
               Transazioni simultanee (endogeno)                          2,11
 r                 0,75                    –0,34
 n                  7                       10

                                                                                   123
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 3/2001

ferma che la riduzione della varianza delle stime dei valori fondamen-
tali aumenta il valore del coefficiente di correlazione lineare tra prezzi
di mercato e valore fondamentale dei titoli. La differenza tra il valore
che tale indicatore statistico ha assunto nel contesto FI rispetto a
quello MI è statisticamente significativa (con un margine di errore
inferiore al 5 per cento) in tre casi su quattro, ed anche i dati relativi
agli scambi occorsi condotti tramite mercati separati nella sessione
del 2001 confermano (seppure in maniera non statisticamente signifi-
cativa) la tendenza di cui sopra. Possiamo, complessivamente, affer-
mare che i nostri dati sperimentali non possono respingere l’ipotesi
suggerita dal nostro modello, cioè che il peso attribuito da un investi-
tore ai valori fondamentali nella conduzione dei suoi scambi è inver-
samente proporzionale all’affidabilità delle stime di tali valori, men-
tre il restante vuoto motivazionale è riempito da pulsioni istintive.
Conclusioni
La nostra ricerca parte dalla constatazione che il volume di scambi
quotidianamente registrati nei mercati finanziari è superiore a quello,
altrimenti, implicato dal perseguimento delle strategie passive di inve-
stimento normativamente derivate dall’ipotesi dei mercati efficienti.
Per contendere questo fallimento empirico, sono state introdotte, nei
modelli teorici basati su tale approccio, delle imperfezioni quali esi-
genze di liquidità, asimmetrie informative, hedging, ecc. Una diffe-
rente visione (Keynes, 1936) suggerisce, invece, che il comportamento
degli investitori sia governato non solo dal calcolo razionale ma
anche da fattori istintivi di natura stocastica, animal spirits, i quali
emergono a causa dell’incertezza che circonda il valore fondamentale
dei titoli. In altri termini, nella misura in cui diminuisce la fiducia
degli agenti economici nell’affidabilità delle stime da loro (razional-
mente) elaborate, aumenta, viceversa, l’influenza di queste pulsioni
istintive sull’azione degli investitori. Nel nostro articolo proponiamo
una rappresentazione formale di questa visione keyenesiana, la quale,
pur essendo molto semplice, è, tuttavia, adatta ad essere testata in
una simulazione di laboratorio del funzionamento di un mercato
finanziario. A tal fine abbiamo, anzitutto, progettato un ambiente
sperimentale in cui le usuali motivazioni addotte a giustificazione del
fallimento empirico dell’ipotesi dei mercati efficienti fossero assenti. Il
gioco era, poi, strutturato come una sorta di torneo, per cui coloro
che avessero ottenuto profitti inferiori ai rendimenti attesi delle loro
dotazioni sarebbero stati esclusi dal mercato, e avrebbero, altresì,
ripagato le loro perdite aiutando lo sperimentatore nella conduzione
dell’esperimento. In tal modo si è cercato di controllare le finalità dei
partecipanti indirizzandole verso la massimizzazione dei profitti: un
soggetto che fosse, infatti, venuto in laboratorio per il gusto del gioco
in sé avrebbe dovuto, infatti, in primo luogo ottenere profitti positivi,
altrimenti sarebbe stato costretto a vedere gli altri giocare al suo

124
M. ROSSI, GLI «ANIMAL SPIRITS» IN LABORATORIO

posto. Avendo così «pulito» il laboratorio da fattori di disturbo, ci
saremmo attesi che gli unici scambi potessero derivare da disomoge-
nee attitudini verso il rischio dei soggetti partecipanti all’esperimento.
L’analisi degli scambi effettivamente compiuti ha, invece, deluso que-
sta aspettativa, poiché non si è verificata una sistematica distinzione
tra acquirenti (ovvero soggetti più avversi al rischio) e comparatori
(più tolleranti). Questo primo sintomo dell’insufficiente capacità
descrittiva dell’approccio dei mercati efficienti è stato, poi, più rigoro-
samente confermato dai successivi tests empirici. L’ipotesi dei mercati
efficienti implica, infatti, che l’andamento dei prezzi di mercato riflet-
ta solamente le variazioni dei valori fondamentali dei titoli, ovvero, in
termini statistici, il coefficiente di correlazione lineare tra queste due
variabili dovrebbe essere uguale all’unità. Sulla base dei dati derivanti
dall’applicazione di qualunque contesto e coorte di soggetti, i nostri
dati respingono, tuttavia, questa ipotesi nulla5. Avendo, pertanto, sta-
bilito che l’ipotesi dei mercati efficienti aveva una insufficiente capa-
cità descrittiva, ci rimaneva da identificare quali fossero i fattori di
disturbo che avessero condotto a tale fallimento empirico. Potevamo
escludere che ciò derivasse da quelle imperfezioni (esigenze di liqui-
dità, asimmetrie informative, rendimenti differenziati tra i soggetti),
usualmente proposte a giustificazione di scambi incoerenti con l’ap-
proccio dei mercati efficienti, ma la cui presenza era stata eliminata,
per costruzione, dal nostro laboratorio6. Il nostro modello suggeriva,
invece, la presenza di fattori di disturbo consistenti in pulsioni istinti-
ve, le quali traggono la loro forza motivazionale dell’incertezza che
circonda l’affidabilità dei calcoli razionali. Al fine di verificare la
bontà di questa interpretazione, abbiamo, pertanto, manipolato la
frequenza e qualità dell’informazione pubblicamente disponibile,
creando, così, due classi di titoli, i cui rendimenti, pur essendo frutto
del medesimo processo stocastico, godevano di una stima che si diffe-
renziava nella varianza. In altri termini, abbiamo permesso che nel
nostro gioco fosse presente un ramo in cui, la migliore partizione
informativa, riduceva l’incertezza della stima del valore fondamentali
dei titoli oggetto di scambio. Il nostro modello implica, infatti, che vi
sia una relazione inversa tra l’affidabilità (varianza) delle stime del
valore fondamentale dei titoli ed il valore del coefficiente di correla-
zione tra prezzi di mercato e fondamentali stessi, un ipotesi che non è
stata respinta dai nostri dati di laboratorio. In conclusione, l’evidenza

—————————————
⁵ Si noti, per inciso, che l’analisi delle contemporanee variazioni, anziché della conver-
genza dei prezzi di mercato verso i valori fondamentali dei titoli, ci ha consentito di
prescindere dalla conoscenza delle attitudini individuali verso il rischio, le quali, nel
nostro esperimento, non erano note a priori né soggette a controllo.
⁶ Per inciso, utilizzando i variance bounds proposti da Shiller, abbiamo sottoposto a
test anche l’ipotesi di eccessiva reazione dei soggetti ai flussi di informazione, ma i
nostri dati hanno respinto questa ipotesi.

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STUDI E NOTE DI ECONOMIA 3/2001

sperimentale qui prodotta pare compatibile con la visione keynesiana
per cui: «...our innate urge to activity [...] makes the wheels go round,
our rational selves choosing between the alternatives as best we are
able, calculating where we can, but often falling back for our motive
on whim or sentiment or chance» (Keynes, 1936, pag. 148).

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M. ROSSI, GLI «ANIMAL SPIRITS» IN LABORATORIO

APPENDICE 1

                 ISTRUZIONI PER L’ESPERIMENTO
Siete invitati a partecipare alla simulazione di un mercato finanziario.
a) Struttura finanziaria
    In questo mercato fittizio oggetti dello scambio sono quattro titoli (d)
emessi da un’ipotetica impresa. I detentori finali di questi titoli hanno diritto
a riscuotere, al termine d’ogni sessione, i rendimenti residuali ottenuti dal-
l’impresa. L’impresa ha, tuttavia, già contratto, al di fuori di questo mercato,
un debito (B) di breve periodo che ammonta a lire 20.000, da ripagare in due
tranche di lire 10.000 ciascuna al termine, rispettivamente, del primo e del
secondo giro di contrattazioni. Tale vincolo significa che l’impresa distri-
buirà dei dividenti ai detentori finali delle sue azioni se e solo se nel frattem-
po è stata in grado di ripagare le scadenze connesse a B. L’impresa potrà
ripagare le scadenze di breve periodo (B) e, se possibile, quelle di lungo perio-
do (d), grazie alla dotazione iniziale (K= 10.000) di cui dispone, ma il cui
importo è, comunque, inferiore all’ammontare di B, e tramite l’accumulo
degli eventuali profitti che essa può ottenere in ogni periodo. L’importo uni-
tario di questi profitti è, in caso positivo, esattamente pari alle scadenze delle
obbligazioni (π = 10.000 lire), altrimenti, in caso negativo, l’impresa non ottie-
ne alcun profitto (π = 0). Il processo di determinazione dei profitti è casuale:
al termine d’ogni giro di contrattazioni è lanciata una moneta, se esce testa
l’impresa ottiene dei profitti, altrimenti, nel caso esca croce, l’impresa non
ottiene profitti. L’evoluzione del bilancio dell’impresa è riportata nella
Tabella A1.

Tabella A1 – Evoluzione del bilancio dell’impresa emittente i titoli
 Profitti             π1             π2                    π3
 Pagamenti        D1 = 1000      D2 = 1000     K+(π1 – D1) + (π2– D2) + π3
 Saldo            π1 –1000        π2 –1000      −(K+(π1–D1)+(π2 – D2))
 Cassa          (K+ π1) –1000 (K+ π1+π2) –2000             0
 Tempo             T=1             T=2                   T=3

    A titolo esemplificativo, nella Tabella A2, riportiamo una possibile evolu-
zione del bilancio dell’impresa.
    Nel caso rappresentato nella Tabella A2, l’impresa non ottiene alcun pro-
fitto in entrambe le estrazioni. Essa è in grado di pagare la prima rata del suo
debito (D1) grazie alle sue dotazioni iniziali (K), esaurendo però, in tal modo,
le sue disponibilità di cassa. Poiché, anche al termine del secondo giro di con-
trattazioni, si verifica un’assenza di profitti, l’impresa non è in grado di paga-
re la seconda rata (D2) del debito contratto. Essa è, pertanto, dichiarata falli-
ta, il terzo giro di contrattazioni e il seguente lancio della moneta non avven-

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STUDI E NOTE DI ECONOMIA 3/2001

Tabella A2 – Esempio di evoluzione del bilancio dell’impresa emittente i titoli
 Incassi               π1 = 0                π2 = 0
 Pagamenti           D1 = 1000             D2 = 1000
 Saldo            π1 – D1 = −1000       π2 – D2= −1000
 Cassa                 K= 0                fallimento          Fallimento
 Tempo                 T=1                   T=2                 T=3

gono e, ovviamente, nessun dividendo è distribuito ai detentori dei titoli di
quest’impresa. Si noti che il verificarsi di un evento negativo, come quello
rappresentato nella Tabella A2, non implica la conclusione dell’esperimento,
ma solo la fine anticipata del corrente mercato. Un altro mercato può riparti-
re, alle medesime condizioni iniziali del precedente, cioè con un’impresa inde-
bitata (D) ma che gode di una dotazione iniziale di cassa (K), emette dei titoli
(d), ecc.
b) Meccanismo di contrattazione
    In questo esperimento, come già accennato, ogni mercato consiste in tre
giri di contrattazione, i quali precedono il lancio della moneta, il cui esito
determina l’ammontare di profitti guadagnati dall’impresa. Al termine d’o-
gni mercato ne riparte un altro, alle medesime condizioni iniziali, per un
numero indeterminato di volte (dipende dal tempo a nostra disposizione).
Ciascun giro di contrattazioni dura due minuti, cui segue una breve interru-
zione per la registrazione degli scambi avvenuti. Il meccanismo di contratta-
zione è il seguente. Prima di ognuno dei tre lanci della moneta, ciascun scam-
bista può segnalare che intende comperare o vendere un’azione ma, contem-
poraneamente, egli deve indicare a quale prezzo intende effettuare tale opera-
zione. Queste proposte sono scritte, in modo visibile a tutti, su una lavagna,
che è continuamente aggiornata sulla base delle altre offerte che possono
seguire. La regola in proposito è la seguente: poniamo che l’operatore tizio
abbia proposto di acquistare un’azione al prezzo di x, tale offerta è riportata
sulla lavagna, successivamente un altro operatore, caio, propone, invece, di
acquistarla al prezzo x+ y, quest’offerta di caio, poiché mostra un prezzo
superiore, cancella la precedente e compare, adesso, sulla lavagna al posto
dell’offerta di tizio. Se qualche operatore accetta la proposta di scambio
riportata sulla lavagna, lo scambio avviene al prezzo indicato, ma, comun-
que, le contrattazioni possono procedere fino al termine del tempo concesso.
Due importanti limitazioni sono imposte a questo meccanismo di scambio.
La prima è la seguente: è proibito operare allo scoperto. Non è, cioè, possibi-
le fare offerte d’acquisto d’importo superiore alle proprie risorse finanziarie,
né offrire titoli di cui non si è correntemente in possesso. In altri termini non
è concesso indebitarsi, ovvero prendere in prestito denaro o titoli nel corso
delle contrattazioni. La seconda consiste nella limitazione alla quantità uni-
taria dei titoli scambiati: è possibile proporre di comprare o vendere solo un
titolo alla volta. Ciò non toglie che al termine dei giri di contrattazione un
individuo possa essere entrato in possesso di più titoli, ma semplicemente
implica che egli deve aver condotto ogni suo acquisto singolarmente. Se, ad
esempio, al termine del secondo giro di contrattazioni tizio è in possesso di

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M. ROSSI, GLI «ANIMAL SPIRITS» IN LABORATORIO

tre titoli, egli deve aver condotto tre distinte operazioni d’acquisto, magari
tutte e tre nell’ambito dello stesso giro di contrattazioni (tempo permet-
tendo …), o anche in giri diversi.
c) Dotazioni iniziali e pagamento degli operatori
    All’inizio di ogni mercato a ciascun operatore è gratuitamente assegnato
un titolo, che egli può trattenere fino al termine del mercato attendendo la
distribuzione degli eventuali dividendi connessi al suo possesso, o, altrimenti,
egli può decidere di vendere in qualsiasi momento al prezzo che riesce a
spuntare nelle contrattazioni. Prima dell’avvio di ciascuna sessione, ogni ope-
ratore riceve, inoltre, in prestito dallo sperimentatore la somma di lire
12.500, che dovrà restituire, con degli interessi montanti secondo il numero
di mercati cui egli ha partecipato. Nella Tabella A3 sono indicati, con preci-
sione, gli importi dovuti dagli operatori allo sperimentatore.

Tabella A3 – Somme da restituire dai giocatori allo sperimentatore
 Round #       1        2        3        4        5        6       7        8
 Importo     14060    15630    17190    18750    20310    21880    23440   25000

    Un operatore che, a titolo di esempio, abbia partecipato a quattro merca-
ti, al termine di questi dovrà restituire allo sperimentatore la somma di lire
18.750, mentre potrà trattenere la somma in eccesso. Nel corso dell’esperi-
mento non è utilizzato denaro contante, ma ciascun operatore sarà munito di
un foglio su cui annotare l’andamento del proprio bilancio personale. Sulla
base di questi documenti contabili, al termine dell’esperimento le posizioni
sono regolate in contanti, cioè lo sperimentatore paga i partecipanti in base
ai risultati da loro ottenuti. Nel caso in cui, al termine dell’esperimento, un
partecipante non sia in grado di restituire la somma pattuita nella Tabella
A3, non gli sarà chiesto di sborsare il denaro mancante, ma dovrà prestare
dei servizi di assistenza complementare alla conduzione dell’esperimento (ad
esempio riprendere con videocamera l’evoluzione dell’esperimento, ecc.).
Questo perdente, inoltre, sarà escluso dalla partecipazione attiva (cioè quale
scambista) al seguente mercato. Egli potrà tornare a partecipare alle contrat-
tazioni se e solo se almeno un altro scambista, nel frattempo, abbia registrato
delle perdite. Nel caso in cui più di un giocatore concluda in perdita, l’am-
montare relativo della mancanza determinerà, in maniera inversa, l’ordine di
preferenza per gli eventuali rientri nel mercato.

    A conclusione, gli operatori sono invitati ad esprimere i propri commenti in
un apposito spazio loro riservato in calce.
    Prima dell’inizio della sessione in cui il capitale dell’impresa era endogena-
mente determinato, sono state fornite ai partecipanti all’esperimento le seguenti
istruzioni addizionali.
    In questa sessione la dotazione iniziale dell’impresa non consiste più in
una somma fissa, ma in un patrimonio il cui ammontare dipende dai prezzi
espressi nell’ambito delle vostre contrattazioni. Prima di ogni lancio della
moneta tali quotazioni sono calcolate come la media tra l’ultimo prezzo e
d’offerta e d’acquisto riportati sulla lavagna. Se l’impresa non ottiene suffi-

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