Equation Chapter 6 Section 1CAPITOLO 6 - RIVELATORI OTTICI
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Equation Chapter 6 Section 1CAPITOLO 6 - RIVELATORI OTTICI 6.1 Introduzione I rilevatori ottici possono essere di due tipi: termici o fotonici. Nei primi, l'assorbimento della luce provoca un aumento della temperatura del dispositivo con conseguente variazione di un parametro fisico (ad esempio: la conduttività elettrica) dipendente dalla temperatura. Come diretta conseguenza si ha che l'uscita di un rivelatore termico è proporzionale alla quantità di energia assorbita per unità di tempo dal rivelatore ed è indipendente dalla lunghezza d'onda incidente, purché l'efficienza di assorbimento si conservi costante a tutte le lunghezze d'onda. Nei rivelatori fotonici il processo di assorbimento dà origine ad un evento quantico ( e cioè alla emissione fotoelettrica di elettroni dalla superficie) per cui il sistema rivelatore può eseguire un conteggio. In tal modo, l'uscita di questi rivelatori è governata dal tasso di assorbimento di quanti di luce e non dalla loro energia. Inoltre, tutti i processi fotonici richiedono un minimo di energia fotonica per innescarsi. In particolare, se l’energia dei fotoni incidenti è maggiore del band-gap energetico del semiconduttore, per ogni fotone assorbito viene prodotta una coppia lacuna-elettrone. Applicando un campo elettrico esterno, elettroni e lacune vengono messi in movimento e si produce una corrente. Quindi, poiché l'energia del fotone E = hν = hc/λ dipende da λ, i rivelatori fotonici presentano una lunghezza d'onda di taglio, oltre la quale essi non possono operare. Un problema che si incontra con i rivelatori fotonici che lavorano nell'infrarosso è che le energie fotoniche coinvolte diventano confrontabili con le energie termiche medie (≈ KT ) degli atomi nel rivelatore stesso. Un'eccitazione termica può allora produrre un numero relativamente grande di eventi quantici provocando un incremento del rumore. Per ridurre questo rumore bisogna abbassare la temperatura. La fotocorrente prodotta Ip è proporzionale alla potenza ottica incidente Pi: Ip = R sPi (6.1) 258
dove Rs è la “responsivity” del fotorivelatore [A/W]. La responsivity può essere espressa in funzione di un altro importante parametro che è l’efficienza quantica, definita come il rapporto tra il numero di elettroni prodotti ed il numero di fotoni incidenti: Ip / q hν η= = Rs (6.2) Pi / hν q da cui Rs può essere espressa come: ηq ηλ Rs = = (6.3) hν 1.24 con λ espressa in micron. Ciò vuol dire che la responsivity aumenta con λ perché la stessa corrente può essere prodotta da fotoni di energia inferiore. Comunque, questa dipendenza lineare non continua indefinitamente, ma cessa di avere significato quando l’energia dei fotoni diventa inferiore all’energia di band-gap, a quel punto η e R si annullano. Poiché ogni fotone assorbito produce una coppia elettrone-lacuna, l’efficienza quantica può essere espressa anche come rapporto fra la potenza assorbita dal materiale Pa e la potenza incidente Pi e, poiché risulta Pa = Pi – Pt con Pt potenza trasmessa data da Pt = Pi exp(-αw), con α coefficiente di assorbimento e w spessore del materiale, si ha: Pa η= = 1 − exp( −αw) (6.4). Pi Perciò, l’efficienza quantica si annulla quando il coefficiente di assorbimento tende a zero e tende ad 1 quando αw 1. La lunghezza d’onda alla quale α = 0 è detta lunghezza d’onda di taglio λc, al di sopra della quale il dispositivo non agisce più come convertitore. L’ordine di grandezza di α è, per quasi tutti i materiali di interesse, 104 cm-1. Perciò si può avere η = 1 con w = 10 μm. 259
In questo capitolo si prendono in esame quei rivelatori che possono essere utilizzati per lo sviluppo di circuiti optoelettronici integrati. L'integrazione di rivelatori con componenti elettronici ha concentrato l'attenzione su sistemi GaAs/AlGaAs e InP/GaInAsP. Si tratta cioè degli stessi materiali che vengono utilizzati per la fabbricazione delle sorgenti. Il bandgap del InP/GaInAsP copre l'intervallo di lunghezza d'onda 1.3 - 1.6 μm, in cui le fibre hanno il minimo di attenuazione; il sistema GaAs/AlGaAs opera a 0.85 μm, che limita il bit rate e la lunghezza di collegamento di sistemi in fibra ottica per effetto delle perdite e della dispersione. 6.2 Tipi di rivelatori per uso in optoelettronica integrata I rivelatori che hanno ricevuto maggiore attenzione per applicazioni integrate sono: 1) i rivelatori fotoconduttivi; 2) i rivelatori fotovoltaici. 6.2.1 Rivelatori fotoconduttivi I rivelatori descritti nel paragrafo precedente sono di tipo fotoconduttivo. Questi rivelatori consistono di un singolo strato di semiconduttore (CdS, CdSe, PbS, InSb, HgxCd1-xTe) posto fra due contatti ohmici. Nei fotoconduttori intrinseci il segnale ottico incidente eccita elettroni dalla banda di valenza a quella di conduzione, mentre nei fotoconduttori estrinseci si hanno transizioni da un livello di impurità alla banda di conduzione o di valenza. Quando il segnale ottico crea una coppia e - l, la conduttività del dispositivo aumenta ed il segnale produce un incremento del flusso di corrente con una tensione di polarizzazione costante oppure si può riscontrare una riduzione della caduta di tensione con corrente di polarizzazione costante. I portatori generati otticamente contribuiscono al flusso di corrente finché essi non si ricombinano. Se il tempo di vita dei portatori minoritari è più grande del tempo di transito dei portatori maggioritari fra i contatti, molti portatori possono passare fra i contatti prima che si abbia la ricombinazione. Ciò risulta in un guadagno fotoconduttivo: 260
τeff (v n + v p ) Γ= (6.5) l dove τeff è un tempo di vita effettivo, che contiene contributi della ricombinazione bulk, surface e contact; l è la lunghezza del canale e v la velocità dei portatori. La larghezza di banda di un fotoconduttore è data da: 1 B= (6.6) 2πτeff In un dispositivo lungo, τeff è dominato dal tasso di ricombinazione bulk; in un dispositivo corto il tempo di transito dei portatori minoritari è più piccolo e rappresenta il maggior contributo. Comunque, come già osservato, un tempo lungo di ricombinazione è desiderabile per avere un elevato guadagno. Per un rivelatore fotoconduttivo il rumore è una combinazione del rumore termico del conduttore e del rumore dovuto alla generazione e ricombinazione random di portatori nel canale di conduzione. Per un rivelatore di conduttività g, il rumore termico è dato da: i2T = 4KTgB (6.7). Il rumore per generazione-ricombinazione è: 4qI0 ΓB i2gr = (6.8) (1+ ω τ ) 2 eff in cui I0 è la corrente fotogenerata e l’operatore indica il valore medio quadratico. I rivelatori fotoconduttivi hanno dimensioni tali da accoppiare una fibra ottica in modo agevole in applicazioni nel campo delle telecomunicazioni ottiche. Per ottenere 261
dimensioni adatte si rende necessaria una geometria interdigitata che presenta una resistenza media di 400 Ω. Il rumore dominante è il rumore termico nel canale conduttivo. Per ridurre tale rumore bisogna aumentare la resistenza del canale usando materiale (Es: Ga0.47In0.53As) con la più bassa concentrazione dei portatori piuttosto che modificando la geometria del canale, che potrebbe indurre decremento di efficienza quantica o di guadagno. 6.2.1.1 Fotodiodi p-n La Fig. 6.1 mostra un fotodiodo a giunzione p-n polarizzato inversamente. Figura 6.1 Struttura di un fotodiodo p-n (a); variazione della potenza ottica al suo interno (b); diagramma a bande di energia e movimento delle cariche (c) Nella zona di svuotamento non ci sono portatori liberi ed un’elevata barriera di potenziale si oppone alla circolazione di elettroni dal lato n al lato p (e di lacune in senso 262
contrario). Quando la giunzione è illuminata (per esempio dal lato p), i fotoni assorbiti nella regione di svuotamento producono delle coppie di cariche che, sotto l’azione di un elevato campo elettrico si spostano, gli elettroni verso la zona n e le lacune verso la regione p. Si noti che la luce è assorbita anche fuori della zona di svuotamento. Il tempo di risposta del fotodiodo p-n dipende dal tempo di transito delle cariche fotogenerate attraverso la regione di svuotamento: w τtr = (6.9) vs con vs velocità media delle cariche maggioritarie (che danno luogo alla corrente di conduzione) e w lo spessore della regione attraversata. Valori tipici sono : w = 10 μm, vs = 107 cm/sec e, quindi τtr = 100 psec. Poiché, come già detto, una parte della luce incidente è assorbita fuori della regione di svuotamento, oltre alla corrente di conduzione attraverso la regione di svuotamento, è presente anche una corrente di diffusione, costituita dagli elettroni che, generati nella zona p, devono diffondere fino a giungere alla zona n e dalle lacune che fanno il cammino inverso. La corrente di diffusione è un fattore limitante la velocità di risposta del fotodiodo p-n: la diffusione su una distanza di 1 μm richiede un tempo di almeno 1 nsec. La componente di diffusione della corrente può essere ridotta allargando la regione di svuotamento in modo da aumentare le ricombinazioni all’interno di essa. 6.2.1.2 Diodi PIN Per allargare la regione di svuotamento si può inserire, tra le regioni p ed n, una zona di materiale poco drogato e tale da poter essere considerato intrinseco. Si ha così il fotodiodo PIN. In Fig. 6.2 è rappresentato lo schema di un diodo PIN. 263
Figura 6.2 Struttura di principio di un diodo PIN e distribuzione di campo elettrico in condizioni di polarizzazione inversa Il diodo funziona con polarizzazione inversa con la zona di carica spaziale che si estende nella regione intrinseca. In tal modo si crea una regione più ampia in cui il campo elettrico, a cui le cariche sono soggette, è più elevato. In generale la regione p è più drogata della regione n. Coppie elettrone-lacuna vengono create quando luce con energia pari al gap o più elevata incide sul diodo. Le coppie che sono generate nella regione di svuotamento o nella regione dei contatti entro una lunghezza di diffusione della regione di svuotamento, vengono fatte passare attraverso la zona di svuotamento dal campo elettrico e poi raccolte per dare il segnale in uscita. Lo strato intrinseco presenta una resistenza maggiore rispetto agli strati laterali, perciò la caduta di tensione è raccolta in massima parte ai suoi capi e, perciò il campo elettrico al suo interno è molto elevato. Quindi, la regione di svuotamento racchiude lo strato intrinseco e la sua larghezza w può essere controllata, durante la fabbricazione, regolando la larghezza dello strato intrinseco. In tal modo si concentrano le ricombinazioni nella regione di svuotamento evitando così la componente diffusiva della corrente. Esiste un valore ottimo di w che deriva da un compromesso tra efficienza quantica e tempo di risposta. All’aumentare di w, infatti, aumenta η, che tende a 1, ma aumenta anche il tempo di transito a spese della velocità di risposta. Per i fotodiodi al silicio o 264
germanio, semiconduttori a band-gap indiretto, w deve essere almeno 20 ÷ 50 μm perché η sia accettabile ed il tempo di transito (≈ 200 psec), in tal caso, limita la risposta in frequenza. Nel caso di fotodiodi a InGaAs,semiconduttore a band-gap diretto, w può essere molto minore (≈ 3 ÷ 5 μm). Ne risulta una banda nell’intervallo 3 - 5 GHz. Sono stati sperimentati diodi PIN con banda dell’ordine dei 20 GHz, ovviamente a spese della responsivity e dell’efficienza quantica. In Fig. 6.3 è riportato lo schema di un diodo PIN per sistemi di comunicazioni ottiche. Figura 6.3 Realizzazione di un PIN InGaAs per comunicazioni ottiche in seconda e terza finestra Lo strato intrinseco è formato da InGaAs mentre i due strati p ed n sono InP opportunamente drogati. Poiché il band-gap del InP è 1.35 eV, esso è trasparente a lunghezze d’onda superiori a 0.92 μm, mentre il band-gap del InGaAs è 0.75 eV e ciò corrisponde ad una frequenza di taglio di 1.65 μm. La faccia di ingresso della luce viene resa antiriflettente per migliorare l’efficienza del dispositivo. Infatti, se tutte le coppie generate dalla luce incidente vengono raccolte, l'efficienza quantica del diodo è data da: η = (1 − Ri ) ⎡⎣1 − exp ( −αw )⎤⎦ dove Ri è la riflettività. In un dispositivo reale Ri può essere resa piccola mediante l'uso di rivestimenti antiriflettenti alle lunghezze d'onda di funzionamento. Pertanto, una buona 265
efficienza quantica richiede che il dispositivo sia abbastanza spesso in modo da assorbire tutta la luce incidente. Il coefficiente di assorbimento per luce a 1.5 μm in GaInAs è ≈ 104 cm-1, come già si è detto, in tal caso, un dispositivo con regione di assorbimento di spessore 3 μm presenta un'efficienza quantica del 95%. La risposta in frequenza di un diodo PIN può essere limitata da tre fattori: - il tempo richiesto perché i portatori generati fuori dalla regione di svuotamento diffondano nella regione di svuotamento stessa; - il tempo richiesto dai portatori per attraversare la regione di svuotamento; - la costante di tempo RC determinata dalla capacità della giunzione e dalla resistenza equivalente del diodo. Poiché la diffusione dei portatori è un processo relativamente lento, è opportuno che i portatori vengano generati nella regione di svuotamento. La tensione di polarizzazione inversa per ottenere una larga (≈ 3μm) regione di deplezione dipende dalle concentrazioni di drogante nelle due regioni n e p: 2ε ( V0 + VR ) w= (6.10) qNB in cui w è la larghezza della regione di deplezione, ε è la costante dielettrica, Vo la tensione di built-in della giunzione, VR la tensione inversa applicata, NB la concentrazione di portatori. Una regione di deplezione stretta riduce il tempo di transito dei portatori ma aumenta la capacità della giunzione e diminuisce l'efficienza quantica. Un diodo PIN è soggetto a diverse sorgenti di rumore che degradano le sue prestazioni. La corrente che fluisce in un diodo PIN è il risultato di tre effetti: 1) la corrente dovuta al segnale ottico IP, 2) la corrente dovuta alla radiazione di background IB e 3) la dark current ID dovuta a fenomeni di fuga superficiale, effetto tunnel e generazione termica di coppie elettrone-lacuna all'interno di una lunghezza di diffusione nella regione di svuotamento. Tutte queste correnti sono generate in modo random e contribuiscono allo shot noise (rumore quantico) che può essere espresso da: 266
i2s = 2q (IP + IB + ID ) B (6.11) A questa sorgente di rumore occorre aggiungere anche il rumore termico detto anche rumore Johnson, dovuto alla resistenza del diodo, combinata con la resistenza totale di ingresso dello stadio preamplificatore che segue. Il rumore termico può essere espresso da: 4KTeff B i2T = (6.12) Re ff dove Teff è la temperatura effettiva (o efficace) legata alla figura o cifra di rumore NF 1 dell'amplificatore ( Teff = T 10NF / 10 − 1 ) ed Reff è il parallelo delle resistenze del rivelatore e quella d'ingresso del preamplificatore. Quando si progetta un rivelatore PIN è necessario tenere in conto le condizioni su indicate. In Fig. 6.4 è mostrato un diagramma che riporta le regole di progetto di rivelatori PIN a InGaAs. La linea tratteggiata indica la tensione di breakdown VB dei diodi, mentre la zona grigia mostra la tensione a cui la corrente per tunneling diventa troppo alta. Dal diagramma si può osservare che per ottenere una regione di svuotamento sufficientemente larga per una buona efficienza quantica, è necessario avere un livello di drogaggio minore di 8.1015cm-3. Un dispositivo con questo livello di drogaggio presenta una regione di svuotamento larga 2 μm, corrispondente a un tempo di transito di 30 psec. 1 La figura o cifra di rumore (NF = Noise Figure) di un amplificatore è il rapporto fra il Rapporto Segnale- rumore all’ingresso ed il Rapporto Segnale-rumore all’uscita dell’amplificatore 267
Figura 6.4 Diagramma di progetto per PIN InGaAs 6.2.1.3 Fotodiodi a valanga Per applicazioni in cui il rumore del preamplificatore domina il rumore del rivelatore e, comunque, quando si voglia aumentare la responsivity, una migliore prestazione può essere ottenuta usando un fotodiodo a valanga (APD = Avalanche Photo-Diode). Come il rivelatore PIN, l'APD è costituito da una giunzione polarizzata inversamente con un valore elevato di tensione inversa. In condizioni di funzionamento il campo elettrico è così alto che i portatori vengono accelerati a energie sufficienti per eccitare gli elettroni della banda di valenza a quella di conduzione per effetto di un processo noto come ionizzazione da impatto, che crea coppie lacune-elettroni. I portatori possono allora creare coppie e - l addizionali e questo processo, detto moltiplicazione di portatori o guadagno a valanga, continua fino a quando tutti i portatori sono raccolti agli estremi della zona di svuotamento. In questo modo, un portatore generato per effetto luminoso, può creare molti altri portatori. Il processo a valanga è essenzialmente un meccanismo di guadagno interno e questo guadagno aumenta con la tensione applicata. La tensione alla quale la moltiplicazione diventa molto grande è la tensione di breakdown del diodo. 268
La differenza più importante fra PIN e APD consiste in uno strato addizionale nel quale il campo elettrico è talmente elevato da dare luogo alla produzione di cariche per ionizzazione da impatto (vedi Fig. 6.5). Figura 6.5 Struttura di principio di un diodo APD e distribuzione di campo elettrico in condizioni di polarizzazione inversa (a); configurazione geometrica di un APD di tipo “reach-through” (b). La tensione di polarizzazione inversa applicata aumenta la barriera di potenziale alla giunzione p-n+ e genera un elevato campo elettrico ai capi della regione p (tra lo strato i ed n+. Nella zona intrinseca i fotoni vengono assorbiti e lì si producono le cariche fotogenerate. Gli elettroni passano poi nella regione di guadagno (o di moltiplicazione) dove vengono moltiplicati. Tale regione deve essere sottile in modo da rendere uniforme la distribuzione del campo elettrico ed evitare breakdown incontrollabili. Quando la regione di svuotamento si estende dalla regione p a quella p+ passando attraverso la regione intrinseca il diodo è detto APD di tipo “reach-through” (vedi Fig. 6.5b). La risposta in frequenza di un fotodiodo a valanga a bassi valori di moltiplicazione è praticamente la stessa di un diodo PIN equivalente. Per alti valori di moltiplicazione, quando sia le lacune che gli elettroni possono causare ionizzazione per urto, la risposta in frequenza è degradata per il tempo necessario a raccogliere tutti i portatori creati. Per tale ragione si ha un prodotto larghezza di banda-guadagno finito e fissato per un assegnato materiale e struttura del dispositivo. 269
Le sorgenti di shot noise nell'APD sono le stesse del diodo PIN ma il rumore shot per la fotocorrente e la dark current sono moltiplicati. Poiché, inoltre, il processo a valanga è, esso stesso, un processo random vi è anche un rumore addizionale generato dal processo di moltiplicazione. La corrente di shot noise media quadratica dopo moltiplicazione è data da: i2s = 2q ⎡⎣(IPFP + IBFB + IDBFDB ) M2 + IDS ⎤⎦ (6.13) dove FP, FB ed FD sono fattori di rumore addizionale (excess noise) per la fotocorrente, background current e dark current, rispettivamente; M è la moltiplicazione o guadagno. La dark current (corrente di buio) presenta due componenti: una è la bulk dark current che fluisce attraverso la regione di campo elevato e viene moltiplicata, e la surface leakage current che non è moltiplicata. In alcuni diodi la surface leakage current può risultare di alcuni ordini di grandezza più elevata dell'altra degradando le prestazioni dell'APD. Il thermal noise di un circuito APD è simile a quello del diodo PIN. Come si può osservare dalla (6.13), la bulk leakage current è moltiplicata e contribuisce al rumore complessivo del dispositivo. E' stato dimostrato che gli APD a InGaAs non hanno prestazioni migliori dei PIN a InGaAs proprio per la maggiore degradazione introdotta dalla bulk leakage current. Per fabbricare un diodo funzionante a λ = 1.5μm evitando il problema di un'elevata corrente di fuga, si usa uno strato di assorbimento in InGaAs ed una giunzione p-n in InP per produrre una regione ad elevato campo. Questo dispositivo, detto SAM (Separate Absorption and Multiplication) APD è mostrato in Fig. 6.6. 270
Figura 6.6 Fotodiodo a valanga con struttura SAM APD (a) e con struttura SAGM (b) Per i valori di campo elettrico ≤1.5 105 V/cm nel InGaAs, il dispositivo presenta correnti di tunneling trascurabili. Comunque l'accumulo di portatori dovuto alla discontinuità della banda di valenza all'etero-interfaccia e l'emissione termoionica di lacune producono tempi di risposta bassi. L'inclusione di uno strato intermedio fra InP e InGaAs migliora significativamente il tempo di risposta (Fig. 6.6b). 6.2.2 Rivelatori fotovoltaici Nei rivelatori fotovoltaici una barriera di potenziale si oppone alla circolazione delle cariche generate in assenza di luce incidente. Tale potenziale favorisce invece il movimento delle cariche prodotte per effetto fotoelettrico per cui, in assenza di polarizzazione esterna, si può osservare una corrente. Questo comportamento si riscontra anche in giunzioni p-n polarizzate inversamente e si parla, in tal caso, di fotodiodi (già trattati nel paragrafo 6.2.1.1), che sono componenti dotati di elevata sensibilità ed elevata velocità di risposta. Le celle solari sono i tipici rivelatori fotovoltaici. Un fotodiodo lavora, di solito, in un intervallo spettrale piuttosto limitato, mentre una cella solare deve essere sensibile su tutto lo spettro di emissione solare. Il fotodiodo deve essere di piccole dimensioni per minimizzare l’effetto capacitivo della giunzione, mentre la cella solare deve essere grande per poter raccogliere la gran parte della potenza incidente. 6.2.3 Caratteristiche richieste ai rivelatori Le principali caratteristiche richieste ai rivelatori sono: - Accordabilità: il materiale usato deve rispondere bene ad un dato intervallo di lunghezza d’onda. Una sfida rimane la rivelazione di lunghezze d’onda comprese fra 10 e 14 μm (visione notturna, immagini termiche e visione 271
attraverso la nebbia). Per questi casi si può usare un materiale a gap stretto (HgCdTe oppure InAsSb); - Velocità: dipende dalla costante di tempo RC e dal tempo di transito delle cariche. Con InGaAs si può arrivare a 150 GHz; - Integrabilità: i rivelatori Schottky sono veloci (160 GHz) e facilmente integrabili. 6.3 Ricevitore ottico integrato Lo schema di un ricevitore ottico integrato (ROI) è mostrato in Fig. 6.7. Rivelatore Preamplificatore Equalizzatore Postamplificatore Filtro Figura 6.7 Schema di un ricevitore ottico integrato La presenza dell’equalizzatore è legata alla necessità di ripristinare la forma dell’impulso di ingresso dopo la propagazione in fibra, mentre il filtro definisce la larghezza di banda. Nella Fig. 6.8 sono mostrati lo schema circuitale del front-end del ROI ed il suo circuito equivalente. ° VDD ° RL (a) 272
eFET ~ A is(t) iD Cd RT iterm Ca ig (b) Figura 6.8 Front-End del ricevitore (a) ed il suo circuito equivalente (b) is(t) = corrente di segnale iD = dark current Cd = capacità del diodo RT = resistenza totale di ingresso del ricevitore iterm = corrente di rumore termico ig = leakage current del gate del FET eFET = tensione di rumore per larghezza di banda del FET Ca = capacità del preamplificatore Il preamplificatore può essere a FET o a BJT, l’importante è che abbia elevato guadagno e basso rumore e sia integrabile con il fotorivelatore. Spesso si usano FET a eterostruttura oppure HBT. 6.3.1 Ricevitore ad alta impedenza con diodo PIN In questo caso il rumore Johnson è dato da: 4KTB i2J = (6.14) RT che, per un impulso di forma rettangolare, diventa: 273
4KTBI2 i2J = (6.15) RT dove I2 è un integrale di Personick (≈ 0,55) e varia con la forma dell’impulso. Lo shot noise è dato da: i2T = 2q ( ig + iD ) BI2 (6.16) e 4KTE 2 eFET = (6.17) gm 2 dove eFET è la tensione di rumore del FET per larghezza di banda unitaria, E rappresenta lo excess noise (dovuto alla temperatura degli elettroni) e gm è la transconduttanza del canale. Il rumore del FET può anche essere espresso in termini di corrente: 4KTE ⎡ I2B 3⎤ ⎢ 2 + ( 2πCT ) I3B ⎥ 2 2 iFET = (6.18) gm ⎣ RL ⎦ dove RL è la resistenza di carico del fotodiodo (compresa in RT), CT = (Cd + Ca) = (Cd + Cgs + Cgd + Cs) con Cs stray capacitance (dovuta al packaging ed ai collegamenti) e I3 un altro integrale di Personick (≈ 0,1). Il flicker noise (detto anche rumore 1/f) è pari a: 4KTE ⎡ ( 2πCT ) fCICB2 ⎤⎦ 2 i2f = (6.19) gm ⎣ con fC la frequenza della portante di rumore 1/f ed IC ≈ 0,12 274
La corrente di rumore complessiva del front-end risulta perciò: i2 = i2J + i2T + iFET 2 + i2f (6.20) A questa corrente va aggiunta quella di rumore degli altri blocchi per ottenere il rumore complessivo del ricevitore. Se si utilizza un amplificatore a transimpedenza invece di uno ad alta impedenza (come si è fatto qui), si ha un rumore complessivo più elevato. 6.3.2 Sensibilità di ricevitori digitali In questo paragrafo si vuole esaminare l’effetto del rumore del ricevitore sulle prestazioni di un sistema digitale di comunicazioni ottiche. Si supponga che la corrente di rumore abbia forma gaussiana; in tali condizioni il segnale di un ricevitore digitale, quando all’ingresso c’è un impulso 0 oppure 1, è del tipo: Figura 6.9 Errore nel ricevitore 275
Si fa notare che il segnale subisce un allargamento dovuto al rumore. Se D è simmetrico fra S0 ed S1, si trova: 1 ⎛ Q ⎞ BER = erfc ⎜ ⎟ BER = Bit Error Rate (6.21) 2 ⎝ 2⎠ D − S0 D − S1 In cui Q = ; oppure Q = e σ è la deviazione standard della gaussiana. σ σ Più grande è D − S0 oppure D − S1 , maggiore sarà la sensibilità del ricevitore (vedi Fig. 6.10). 10-8 BER 10-10 10-12 10-14 4.5 5.5 6.5 7.5 Q Figura 6.10 Curva del BER Per un diodo PIN si trova: 12 (1 + r)Qhc iampl 2 ηP = (6.22) (1 − r)qλ che rappresenta la sensibilità del ricevitore, ossia la minima potenza rivelabile, espressa in [dBm]. P è la potenza media ricevuta dal ricevitore, η è l’efficienza di conversione di potenza dell’amplificatore ed r il rapporto di estinzione ( = rapporto off/on della potenza ottica). 276
La minima potenza rivelabile per ottenere un certo BER diminuisce all’aumentare di λ, tanto più quanto più λ è sotto il cut-off In Fig. 6.11 è rappresentato un diagramma con le sensibilità (teoriche e sperimentali) per diversi ricevitori non integrati che utilizzano lo stesso FET. Figura 6.11 Valori teorici e sperimentali della sensibilità per diversi rivelatori I punti del diagramma si riferiscono ai migliori valori sperimentali ottenuti. Le differenze fra i valori teorici e sperimentali della sensibilità dell’APD sono dovute alle elevate dark current e alle grandi capacità circuitali. Le differenze per un ricevitore fotoconduttivo sono dovute all’efficienza di accoppiamento (non massima e < 100%) della luce nel rivelatore. 6.3.3 Obiettivi di un ricevitore integrato L'integrazione di un rivelatore e di un preamplificatore in un ricevitore ottico produce una riduzione delle capacità parassite del circuito. Per il caso del ricevitore PIN si possono ottenere valori di capacità < 0.5 pF. Ciò produce un aumento della sensibilità del ricevitore ad un livello confrontabile con il 277
ricevitore fotoconduttivo. Il ricevitore fotoconduttivo non guadagna molto in sensibilità per effetto dell'integrazione perchè in esso la sensibilità è limitata dal rumore del canale fotoconduttivo piuttosto che dalle capacità parassite. Comunque, la semplicità del dispositivo permette una più facile integrazione. La più alta sensibilità dovrebbe essere ottenuta in un ricevitore integrato APD, che, tuttavia, presenta difficoltà di fabbricazione ed i problemi tecnologici relativi non riescono, spesso, a essere compensati dagli eventuali vantaggi derivanti dalla integrazione optoelettronica. In Fig. 6.12 é mostrato un esempio di fotoricevitore integrato GaInAs PIN/FET. Figura 6.12 Schema di un fotoricevitore integrato GaInAs PIN/FET Il transistor é un JFET ed il fotodiodo è una parte dell'elettrodo di gate del FET. Su un substrato InP (:Fe) viene cresciuto 1µm di GaInAs tipo n. Poi è formato uno strato p-GaInAs(:Zn) per creare una regione di diodo con dimensioni di una fibra ottica. Il guadagno di questo dispositivo è 30. 278
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