Energia dalle Biomasse Ing. Andrea Nicolini - CIRIAF
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Definizione di biomassa S'intende per biomassa ogni sostanza organica derivante direttamente o indirettamente dalla fotosintesi clorofilliana. DEFINIZIONE DI BIOMASSA SECONDO IL DECRETO LEGISLATIVO 29 DICEMBRE 2003, N. 387 Biomassa: “la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali ed animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani” Sono una risorsa rinnovabile se utilizzate con un tasso di utilizzo non superiore alla capacità di rinnovamento biologico
Definizione di biomassa Con il termine “biomasse” si intendono sostanze di origine biologica in forma non fossile: – materiali e residui di origine agricola e forestale; – prodotti secondari e scarti dell’industria agroalimentare; – reflui di origine zootecnica; – rifiuti urbani (in cui la frazione organica raggiunge, mediamente, il 40 % in peso). – Tra le biomasse vengono inoltre considerate: • alghe e molte specie vegetali che vengono espressamente coltivate per essere destinate alla conversione energetica; • altre specie vegetali utilizzate per la depurazione di liquami organici. Sono da escludere: • le plastiche e i materiali fossili, che, pur rientrando nella chimica del carbonio, non hanno nulla a che vedere con la caratterizzazione che qui interessa dei materiali organici.
Definizione di biomassa Le biomasse sono una fonte rinnovabile perché l’anidride carbonica emessa nel processo energetico è la stessa che la pianta ha fissato tramite la fotosintesi clorofilliana
Definizione di biomassa Tramite il processo di fotosintesi clorofilliana, i vegetali utilizzano l’apporto energetico dell’irraggiamento solare per convertire l’anidride carbonica atmosferica e l’acqua nelle complesse molecole di cui sono costituiti o che compaiono nei loro processi vitali: carboidrati, lignina, proteine, lipidi, oltre a un numero praticamente illimitato di prodotti secondari di ogni tipo, secondo la reazione CO2 H 2O energia solare Cn H 2O m O2 Solo la parte visibile dello spettro solare (circa il 45% del totale) interviene nella fotosintesi; un ulteriore 20% dell’energia si perde per fenomeni di riflessione o cattivo assorbimento dovuto alla densità del fogliame. Attraverso il processo di fotosintesi vengono fissate complessivamente circa 21011 tonnellate di carbonio all’anno, con un contenuto energetico equivalente a 70 miliardi di tonnellate di petrolio, circa 10 volte l’attuale fabbisogno energetico mondiale
Vincoli all’uso energetico delle Biomasse Stagionalità La raccolta si concentra normalmente in periodi temporali di poche settimane (la paglia dei cereali tipo frumento in luglio; gli stocchi di mais in ottobre-novembre; i residui di potatura nei mesi invernali). La domanda dei prodotti di trasformazione si prolunga lungo l’intero arco dell’anno. I calcoli economici debbono tener conto degli investimenti aggiuntivi relativi allo stoccaggio delle scorte, nonché di quelli della loro eventuale essiccazione Raccolta e trasporto Gli impianti di trasformazione delle materie prime agricole sono soggetti ad effetto scala. Ad ogni impianto deve errere asservita una superficie agricola in grado di approvvigionare la materia prima sufficiente per il funzionamento. L’economicità di un impianto dipende dalla minore distanza esistente tra l’impianto ed il baricentro massico delle biomasse.
Aspetti positivi e negativi dell’impiego delle biomasse VANTAGGI SVANTAGGI Abbondante: si trova in quasi ogni Necessarie grandi aree a causa della parte della terra, dove siano bassa densità energetica: superficie presenti alghe, alberi, letame; minima 12.000 ha, produzione superiore a Fonte di energia rinnovabile: grazie 17-25 t per ha alla possibilità del rimboschimento; La produzione può richiedere elevati volumi Immagazzinabile-Stoccabile di fertilizzanti ed irrigazione; Convertibile in combustibili solidi- Sistema di risorse (logistica) complesso liquidi-gassosi con buoni poteri per assicurare la costante fornitura della calorifici; risorsa; Sfruttamento di zone inutilizzate Problemi di trasporto, stoccaggio e dall’agricoltura e conseguente movimentazione a causa della bassa occupazione nelle zone rurali; densità(bulk density): la convenienza Ciclo di emissioni di CO2: le piante economica c’è se la distanza tra la riassorbono durante la loro approvvigionamento ed impianto non crescita (fotosintesi) supera i 160 Km; Produzione soggetta a variazioni legate alle condizioni ambientali-meteo Produzione non costante durante l’anno Contenuto di umidità variabile
Classificazione delle biomasse Biomasse Residui organici Colture energetiche forestali Trasformazione tecnologica agricoli terrestri acquatiche di prodotti e consumi •Alimentari •Animali • vegetali •Non alimentari •Vegetali
Classificazione delle biomasse Comparto forestale Colture energetiche Origine Comparto industriale Comparto agricolo Comparto zootecnico
1. Colture Energetiche Le colture energetiche sono coltivazioni specializzate per la produzione di biomassa e possono riguardare sia specie legnose sia erbacee. Coltivazioni energetiche erbacee: • annuali (il girasole, la colza, il sorgo da fibra, il kenaf); • perenni (la canna comune ed il miscanto). Coltivazioni energetiche legnose sono costituite da specie selezionate per l’elevata resa in biomassa e per la capacità di ricrescita dopo il taglio (Short Rotation Forestry): • boschi cedui tradizionali; • siepi alberate. In base alle caratteristiche qualitative della biomassa, si possono distinguere: − colture oleaginose (ad es. girasole, colza); − alcooligene (sorgo zuccherino, barbabietola da zucchero, cereali); − lignocellulosiche.
1. Colture Energetiche Colture erbacee (Miscanto, Canna Comune, Cardo) Resa energetica Resa energetica (kWh/ha∙anno) (kWh/ha∙anno) (kWh/ha∙anno) evaporazione Produttività Energia per (t/ha∙anno) (kJ/kg s.s.) Sostanza Secca lorda Tipologia netta P.C.I. di biomassa Arundo donax (CANNA COMUNE) 22 60% 17.581 64.464,4 6.111,1 58.353,3 Miscanthus (MISCANTO) 18 70% 17.581 61.534,2 3.750,0 57.784,2 canna miscanto
1. Colture Energetiche Biomasse legnose: Short Rotation Forestry (Robinia, Pioppo, Eucalipto, Salice, Ginestra) pioppo robinia eucalipto Tipologia Resa energetica Resa energetica (kWh/ha∙anno) (kWh/ha∙anno) (kWh/ha∙anno) evaporazione Produttività Energia per di biomassa (t/ha∙anno) (kJ/kg s.s.) Sostanza secca lorda netta P.C.I. PIOPPO 30 50% 17.581 73.255,0 10.416,7 62.838,3 SALICE 18 50% 17.581 43.953,0 6.250,0 37.703,0 ROBINIA 15 50% 18.000 37.499,6 5.208,3 32.291,3 GINESTRA 6 50% 18.000 14.999,8 2.083,3 12.916,5
1. Colture Energetiche Colture oleaginose (Girasole, Colza, Soia, jatropha) jatropha soia colza girasole Colture alcoligene, amidacee e zuccherine (Mais, Sorgo, Kenaf, Barbabietola) Bioetanolo (da barbabietola da zucchero o sorgo zuccherino) sorgo barbabietola
1. Colture Energetiche Contenuto Produzione Resa in Olio BIOMASSA Olio seme (q/ha) (%) (t/ha) Girasole 30-50 3 10 (Heliantus annuus) Colza 33-45 3 11 (Brassica Napus) Jatropha 35-50 6-9 20-30
Principali colture utilizzabili per la produzione di energia Colture per etanolo COLTURE AREA PROBLEMATICHE Sorgo granella Collina Pianura/collina Grano asciutta Sorgo zuccherino Pianura irrigua Breve periodo di raccolta Breve periodo di raccolta Bietola Pianura irrigua Costi Topinambur Collina asciutta Rotazione difficile
Principali colture utilizzabili per la produzione di energia Colture per oli esterificati COLTURE AREA PROBLEMATICHE Girasole Pianura/collina Scelte varietali Adattamento Colza Varie Scelte varietali Brassica Carinata Varie Scarsa sperimentazione Tecniche agronomiche non Cartamo Asciutto consolidate Tecniche agronomiche non Ricino Varie consolidate Cynara Card. Asciutto Rese variabili Tecniche agronomiche non Crambe ab. consolidate
Principali colture utilizzabili per la produzione di energia Colture ligno-cellulosiche per processi termochimici COLTURE PROBLEMATICHE ANNUALI Sorgo da fibra Sfruttamento terreno POLIENNALI Arundo donax Sperimentazioni limitate Miscanthus Sperimentazioni limitate Ginestra Raccolta Cynara Card. Rese variabili Tecniche da mettere a punto, S.R.F. Costo trapianto
2. Biomasse residuali Sono sottoprodotti di processi di natura agroforestale o industriale (si escludono i comparti agro-alimentare e zootecnico, trattati a parte) consentono il recupero di energia altrimenti dispersa (risparmio energetico e rispetto dell’ambiente, per la minore produzione di rifiuti); il recupero richiede una spesa energetica, economica ed ambientale che deve essere valutata, per definire la convenienza del processo; il processo deve essere attentamente progettato a causa della non ottimale composizione della biomassa residuale, che potrebbe inficiarne le prestazioni e produrre emissioni globali potenzialmente più pericolose del conferimento diretto in discarica.
2. Biomasse residuali Possono essere così classificate: potatura A. Residui Agricoli: Scarti di potatura Paglie Stocchi di mais, girasole, tabacco, ecc. B. Residui forestali: Cimali e ramaglie Sfridi legnosi e segatura C. Residui del verde urbano Potature Abbattimenti di alberature stradali olii esausti segatura D. Residui industriali Pallet ed imballaggi Residui cantieri edili Carta e cartone paglia Oli esausti di frittura
2. Biomasse residuali BIOTRITURAZIONE: rischio di intasamento degli alvei fluviali
3. Residui Agroalimentari e Zootecnici Sono sottoprodotti dei processi delle industrie agroalimentari e zootecniche sono trattati in maniera separata, per la notevole importanza che tali industrie rivestono nell’economia nazionale; risulta molto interessante valutare le opportunità di re-impiego in chiave energetica dei residui all’interno del ciclo stesso (industrie fortemente energivore, sia in termini di calore che di energia elettrica: le opportunità di cogenerazione offerte dalle proprie fonti residuali possono consentire una drastica diminuzione dei costi).
3. Residui Agroalimentari e Zootecnici A) Residui agroalimentari Sanse esauste Vinacce Gusci di noci, nocciole, mandorle, pinoli, ecc. Noccioli di pesche e susine Bucce di pomodori, agrumi, ecc. Trebbie (birrerie) Lolla di riso Siero di latte B) Residui zootecnici Sego e grassi residuali Deiezioni suine e bovine Pollina
Conversione energetica delle biomasse
Conversione termochimica Combustione I dispositivi per la combustione hanno le stesse caratteristiche costruttive di quelli impiegati per la gassificazione a letto fisso o a letto fluido e si differenziano soltanto per pochi particolari costruttivi e di processo. Gli impianti che sfruttano la combustione di biomassa a scopi energetici possono essere suddivisi in due categorie: Impianti per la produzione di energia termica eventualmente in cogenerazione, a partire da combustibile solido (generalmente
Conversione termochimica Combustione Principali problematiche all’utilizzo degli impianti di combustione di biomasse: L’approvvigionamento della biomassa a costi contenuti: questo è un fattore chiave anche in presenza di una buona valorizzazione dell’energia elettrica prodotta e spinge a considerare quelle situazioni dove la concentrazione della biomassa è già elevata per motivazioni diverse da quelle energetiche (es. industria con grandi quantità di residui disponibili); La possibilità di un impiego produttivo del calore disponibile ai prezzi di mercato del riscaldamento civile: questo fattore è strategico per conseguire buone prestazioni economiche anche in presenza di investimenti elevati.
Produzione di energia elettrica Biomassa ligno-cellulosa Piccole potenze Medie potenze Elevate potenze 5 – 1000 kW 1 – 5 MW 5 – 50 MW Caldaie associate Caldaie o gassificatori Caldaie o gassificatori a motori Stirling associati a cicli ORC o associati a cicli vapore a vapore Gassificatori associati Caldaie associate Gassificarori associati a cicli Brayton a cicli ORC a cicli Brayton o combinati Gassificatori associati a motori endotermici
Conversione termochimica Combustione FILIERA ENERGETICA DI RECUPERO DEGLI SCARTI DI POTATURA 1-Rotoimballatura 2-Trasporto e stoccaggio 3-Cippatura e stoccaggio 4-Conversione energetica
Conversione termochimica Combustione TELERISCALDAMENTO = Affinché si possa ipotizzare di costruire un impianto di teleriscaldamento a biomassa, occorre che siano soddisfatti i punti seguenti. Aggregato di case e/o attività che richiedano energia termica; Disponibilità di una o preferibilmente più fonti di approvvigionamento o creazione di una filiera di biomassa, come conseguenza della domanda da parte dell'impianto di teleriscaldamento; La distanza dalla fonte di approvvigionamento non deve essere eccessiva; Presenza di un'area adeguata dove poter costruire l'impianto ed i magazzini di stoccaggio. Punti critici del teleriscaldamento a biomasse Accettabilità sociale; Vicinanza alle vie di trasporto e cura per non appesantire l'abitato con un eccessivo traffico di mezzi pesanti; Stoccaggio: i volumi necessari non permettono uno stoccaggio stagionale - notevoli superfici per creare magazzini che consentano una certa autonomia; Condizioni di lavoro (sicurezza) degli addetti alla raccolta-selezione-trasporto; Sostenibilità economica; Rapporto tra prime e seconde case per il corretto dimensionamento dell'impianto - spesso la località servita è turistica.
Conversione termochimica Combustione COFIRING Consiste nell’utilizzare la biomassa come combustibile complementare al carbone o al gas naturale. Viene sostituita una porzione (circa il 15 – 20%) del carbone con biomassa, possono essere miscelate assieme e fatte bruciare nella stessa caldaia o utilizzando alimentazioni separate, permette la riduzione della CO2 ed SO2 (anidride solforica).
Conversione termochimica Pirolisi È un processo di decomposizione termochimica ottenuto mediante l’applicazione di calore a temperature comprese fra i 400 – 800°C, in completa o parziale assenza di ossigeno. I prodotti ottenibili sono solidi, liquidi e gassosi con proporzioni differenti in funzione del tipo di processo utilizzato ( pirolisi lenta, veloce o convenzionale) Utilizzando ad esempio la legna è possibile ottenere un combustibile dal potere calorifico di 4 – 7 MJ/Nm3.
Conversione termochimica Pirolisi La pirolisi del Legno viene fatta in tre stadi: 1. disidratazione: legna + calore legna secca + vapor acqueo 2. pirolisi: legna secca + calore carbone vegetale + pece + gas (CO, CO2, H2O, CH4) 3. combustione: carbone + ossigeno + H2O CO + H2 + CO2 + calore La prima fase permette di aumentare il rendimento del processo, il tasso di umidità non deve superare il 20%. L’essiccazione può essere condotta per via naturale, lasciando la biomassa per un periodo opportuno a temperatura ambiente, oppure mediante l'impiego di forni, con apporto di calore ad una temperatura intorno ai 100°C, per evitare possibili accensioni del vegetale.
Conversione termochimica Pirolisi La seconda reazione si compone di varie fasi dalle quali si ottengono prodotti diversi, a seconda delle temperature raggiunte. Carbonizzazione per valori sino a 400-500°C, che origina carbone di legna corrisponde al 30-35% del materiale secco di partenza (il carbone di legna ha un contenuto di carbonio compreso nel campo 75÷85%, ed un potere calorifico di circa 6000/7000 kcal/kg) Produzione di gas a temperatura di 600°C e sino a 900- 1000°C composto da H2, CO, CO2 (quest’ultime in percentuali sempre più basse), con potere calorifico di circa 3000 kcal/Nm3
Conversione termochimica Gassificazione È un processo endotermico a due stadi per mezzo dei quali il combustibile (biomassa o carbone) è convertito in gas a basso o medio potere calorifico 4000 – 14000 KJ/Nm3. Primo stadio: la pirolisi, i componenti più volatili sono vaporizzati a temperatura inferiori a i 600°C da un insieme di reazioni complesse. Questi componenti sono gas di idrocarburi, idrogeno, CO, CO2, nerofumo e vapor acqueo. Secondo stadio: le sostanze non vaporizzabili come le ceneri vengono vaporizzate in una reazione con ossigeno, vapore ed idrogeno. La parte incombusta delle sostanze carbonizzate viene bruciata per fornire il calore necessario per le reazioni endotermiche di gassificazione.
Conversione biologica Biocombustibili = Prodotti derivati dalla biomassa, miscelati con carburanti ottenuti da combustibili fossili o utilizzati puri, usati per autotrazione e riscaldamento. • Impatto ambientale più contenuto rispetto ai combustibili di origine fossile; • utilizzare materiali di scarto che solitamente non vengono utilizzati. • L’uso di carburanti per autotrazione di origine vegetale risale ai primi del ‘900 (Henry Ford); nel 1938 gli impiani del Kansas producevano già 54.000 t/anno di bioetanolo. l’interesse americano per i biocombustibili decadde dopo la Seconda Guerra Mondiale in conseguenza dell’enorme disponibilità di olio e gas; • negli anni ’70, a seguito della prima crisi petrolifera, apparvero in commercio benzine contenenti il 10% di etanolo, il cosiddetto gasohol, (grazie al sussidio fiscale concesso per l’utilizzo dell’etanolo). • Clean Air ACT (1990): restrizioni sulle benzine, per migliorare la qualità dell’aria nelle aree metropolitane più inquinate. Ma all’etanolo fu preferita l’adozione dell’MTBE (metil-ter-butil-etanolo) come sostitutivo del piombo tetrametiletile (per migliorare le proprietà antidetonanti delle benzine). Solo dopo il progressivo inquinamento delle falde acquifere il governo americano sta cercando di mettere fuori legge gli MTBE promuovendo una politica di incentivo per i biocombustibili.
Conversione biologica Biocombustibili = Prodotti derivati dalla biomassa, miscelati con carburanti ottenuti da combustibili fossili o utilizzati puri, usati per autotrazione e riscaldamento. • In Italia (Decreto 10/10/2014), in linea con le direttive europee (quali 2009/30/CE), è stato introdotto l’obbligo per i fornitori di benzina e gasolio di immettere in consumo una quota minima di biocarburanti, al fine di svilupparne la filiera, aumentarne l’utilizzo e limitare l’immissione di CO2 in atmosfera. Il quantitativo minimo annuo di biocarburanti che devono immettere in consumo è calcolato sulla base dei carburanti fossili immessi in consumo nello stesso anno solare (5% delle immissioni in consumo di benzina e diesel nel 2015, al 5,5% nel 2016, al 6,5% nel 2017, al 7,5% nel 2018).
Conversione biologica Fermentazione • E’ un alcool (etanolo o alcool etilico) ottenuto mediante fermentazione di diversi prodotti ricchi di carboidrati e zuccheri; • Il bio-etanolo è tra i combustibili quello che mostra il miglior compromesso tra prezzo, disponibilità e prestazioni; • L’etanolo può essere prodotto seguendo due vie: quella chimica e quella biologica; • Il bioetanolo ha origine dalla seconda via; • Il processo si basa sulla trasformazione biochimica dei carboidrati (zuccheri) in Lievit MAIS Glucosio i alcool, operata da microrganismi (lieviti); • La produzione di etanolo adatto all’uso combustibile (puro almeno al 95%), richiede un ulteriore processo di BIOMASSE Zuccheri distillazione; Batte • Nel processo di fermentazione ri vengono utilizzati dei catalizzatori naturali come i lieviti ed i batteri.
Conversione biologica Fermentazione Bioetanolo Unità di Caratteristiche Etanolo Benzina misura Miscela Formula CH3-CH2-CH idrocarburi - additivi Densità g/cm3 0,789 (a 20°C) 0,740 (a 15°C) Potere Calorifico Inferiore Kcal/kg 6.400 10.000 Temperatura di ebollizione °C 78,3 30 ÷ 200 Temperatura di congelamento °C -11,4 Sotto i -50 Calore di evaporazione Kcal/kg 200,6 85 Punto di infiammabilità °C 21 Da -40 a 40 Numero di ottano 106 98 – 102 (super) Nonostante la differenza di potere calorifico tra l’alcool etilico e la benzina, le potenze esprimibili nei motori sono all’incirca equivalenti, per le diverse caratteristiche di combustione degli alcoli rispetto alla benzina: • gli alcoli presentano una minore temperatura e luminosità di fiamma cosicché minor calore è perso per conduzione e per irraggiamento dalla camera di combustione al sistema di raffreddamento del motore; • gli alcoli, bruciando più rapidamente, permettono una coppia più elevata al motore.
Conversione biologica Fermentazione Bioetanolo Consumi • Il potere calorifico dell’etanolo è inferiore a quello della benzina, la miscelazione di questi determina a parità di altre condizioni un peggioramento del consumo calcolato (Km/Litro). • L’addizione dell’ossigeno, assente del tutto nella benzina, reca un miglioramento alla combustione in termini di consumo termico (Km/caloria): smagrimento della miscela aria/benzina e miglioramento della combustione. Emissioni • Il bioetanolo, essendo un prodotto derivato da biomassa, non comporta alcuna emissione di anidride carbonica netta in ambiente: le biomasse, catturano, durante il processo di fotosintesi”, il carbonio in atmosfera (sotto forma di CO2); la CO2 verrà assorbita dalle nuove biomasse coltivate per produrre altro biocombustibile • Eliminazione degli ossidi di zolfo, dei composti aromatici e in particolare del benzene; Riduzione delle emissioni di monossido di carbonio e di idrocarburi incombusti; • Aumento delle emissioni di formaldeide e quelle di acetaldeide.
Conversione biologica Fermentazione Bioetanolo Principale materia prima per la produzione di bioetanolo: o Canna da zucchero - la cui produzione ammonta a 1,1 miliardi di tonnellate all’anno (provenienti da 17,6 milioni di ettari coltivati); o Barbabietola da zucchero - 0,26 miliardi di tonnellate all’anno. Quando sarà disponibile la produzione commerciale di bioetanolo da biomassa lignocellulosica (cioè da processi enzimatici), la potenziale produzione di questo prodotto aumenterà notevolmente: la produzione mondiale di biomassa lignocellulosica è dieci volte superiore a quella di altri tipi di biomassa. o Il costo marginale per il bioetanolo è di $180/m3; o Il potenziale produttivo mondiale di bioetanolo, è stimato intorno ai due miliardi di tonnellate all’anno (0,5 miliardi di tonnellate all’anno dallo zucchero e 1,5 miliardi di tonnellate all’anno da biomassa lignocellulosica); o L’uso del bioetanolo nel settore dei trasporti (20% del consumo attuale) raggiungerà 550 milioni di tonnellate all’anno. Altri possibili impieghi che comporteranno una maggiore penetrazione di bioetanolo: o miscele gasolio-etanolo puro; o gasolio riformulato con ETBE (derivato del bioetanolo); o uso di bioetanolo per macchine agricole.
Conversione biologica Digestione anaerobica La digestione anaerobica è un insieme di processi biologici mediante i quali le sostanze organiche possono essere "digerite" in un ambiente privo di ossigeno, arrivando alla produzione di: Gas combustibile “biogas” costituito per il 50 – 70% da metano e per la restante parte da CO2 il potere calorifico medio è dell’ordine di 23.000 KJ/m3. Fanghi humificati e mineralizzati, il materiale organico, originariamente putrescibile, e stato trasformato in un prodotto metastabile ed innocuo, soggetto a decomposizione molto lenta contenente elementi nutritivi principali quali: azoto, fosforo e potassio → Utilizzati come fertilizzanti
Conversione biologica Digestione anaerobica Gli impianti a digestione anaerobica possono essere alimentati con deiezioni animali, reflui civili, rifiuti alimentari, e la frazione organica dei residui solidi urbani. In relazione all'intervallo di temperatura in cui agiscono, i batteri sono suddivisi in: • Psicrofili, quando agiscono a temperature inferiori a 25°C • Mesofili, quando agiscono a temperature comprese tra i 25°C e 45°C • Termofili, quando agiscono a temperature superiori a 45°C. Tali batteri sono sempre presenti nella massa organica originale, si sviluppano in ambiente chiuso, e trasformano i composti organici in CH4 e CO2, utilizzando gli enzimi come catalizzatori biologici.
Conversione biologica Digestione anaerobica Biogas da reflui zootecnici Azienda agricola dispone di 200 CAPI BOVINI di peso vivo pari a 1800 q 6 tonnellate giorno di deiezioni Azienda agricola dispone di STOCCHI DI MAIS: 100 kg/giorno TECNOLOGIA DI IMPIANTO DI DIGESTIONE ANAEROBICA: • Impianto di co-digestione • Digestore di tipo Plug-flow • Condizioni di termofilia (45 °C) • Tempo di ritenzione di 15 giorni • Schema semplificato • Configurazione costruttiva compatta mobile e modulare
Conversione biologica Digestione anaerobica Digestori a flusso continuo
Conversione biologica Digestione anaerobica Sezione gestione liquami canale di raccolta delle deiezioni, situato a bordo delle corsie di alimentazione dei bovini, alimentato per via meccanica mediante delle ruspette atte al raschiamento della corsia prevasca di raccolta liquami, in arrivo per gravità dal canale di Figura 1 - Ruspetta per rimozione deiezioni raccolta, dimensionata per lo stoccaggio quotidiano delle deiezioni, di volume pari a circa 50 m3; stazione di pompaggio costituita da un’elettropompa con motore elettrico esterno al pelo libero del liquame; Figura 2 - Stazione di pompaggio liquame
Conversione biologica Digestione anaerobica Sezione gestione liquami: stazione di separazione solido-liquido, necessaria per l’eliminazione, nei tempi tecnici di digestione previsti, delle particelle solide grossolane non biodegradabili, quali ad esempio i residui vegetali ed il pelo, che tendono a formare una crosta sulla superficie del liquame; in tal modo si ottengono due fasi, una sostanzialmente solida, palabile ed ammucchiabile in platea, Figura 3 - Stazione di separazione solido- ed una completamente liquida liquido. vasca di accumulo del liquido proveniente dal separatore, di volume pari a circa 50 m3 platea raccolta dei solidi, provenienti per caduta, dalla stazione di separazione
DIGESTORI A BIOCELLE: Sez. B‐B Sez. A‐A
Conversione biologica Digestione anaerobica Rendimento in biogas Substrato Volume Peso biogas (m3) (t) (m3) Liquame bovino 1 1 15,0 Letame bovino 1 0,3 10,1 Liquame suino 1 1 15,6 Letame suino 1 0,3 23,5 Liquame avicolo 1 1 44,5 Letame avicolo 1 0,3 29,3 Letame ovino 1 0,3 21,1 Letame equino 1 0,3 18,9 Insilato di mais 1 0,625 67,6 Insilato d’erba 1 0,5 89 Fieno 1 0,35 137,8 Trifoglio 1 0,3 64 Paglia 1 0,04 12 Stocchi di mais 1 0,4 123,8 Scarti distillaz. mele 1 0,3 2,6 Melasse 1 0,3 68,4 Siero 1 1 15,3 Scarti vegetali 1 0,4 14,5
Conversione biologica Digestione anaerobica Composizione del biogas Componente Vol. (%) Metano (CH4) 50-70% Anidride carbonica (CO2) 30-50% Azoto (N2)
Conversione biologica Digestione aerobica Consiste nella metabolizzazione delle sostanza ad opera di batteri, che convertono sostanze complesse in altre più semplici, liberando CO2 e H2O e producendo un elevato riscaldamento del substrato. Il calore prodotto può essere trasferito all’esterno per mezzo di uno scambiatore a fluido. Tale processo viene utilizzato ad esempio per il trattamento delle acque di scarico.
Conversione meccanica Spremitura Impianto sperimentale ad OLIO VEGETALE IMPIANTO DI SPREMITURA FILTRO OLIO
Conversione meccanica Spremitura Cogeneratore ad OLIO VEGETALE Pe = 100 kWe Pt = 150 kWe T = 8.000 h/anno
Conversione meccanica Spremitura Esempio di impianto di produzione di olio vegetale da semi di girasole abbinato ad un motore a combustione interna, alimentato dallo stesso olio prodotto, con sezione di cogenerazione per la produzione di energia elettrica ed energia termica
Conversione meccanica Spremitura VANTAGGI AMBIENTALI
Filiera di produzione del biodiesel Biodiesel Si ottiene dagli oli vegetali, dai grassi di cucina riciclati, dalla spremitura di semi oleaginosi di colza, soia, girasole attraverso una reazione detta di transesterificazione. Il glicerolo o più comunemente glicerina che si ottiene come prodotto secondario può essere usata per la produzione di creme ad uso cosmetico. I prodotti e gli oli utilizzati per la produzione del biodiesel devono subire vari processi prima di essere convertiti: Estrazione Meccanica (normalmente a pressione); Chimica (solvente, normalmente esano in rapporto 1:18); Combinata (Girasole-colza: circa 1 ha produce 1 t di olio); Raffinazione: Depurazione (sedimentazione, filtrazione, demucillaginazione, centrifugazione); Raffinazione (neutralizzazione o deacidificazione, decolorazione, deodorazione, demargarinazione).
Filiera di produzione del biodiesel Biodiesel Il bilancio di massa semplificato dell’intero processo è il seguente: 1000 kg di olio raffinato + 100 kg di metanolo = 1000 kg di biodiesel + 100 kg di glicerolo
Filiera di produzione del biodiesel Biodiesel o Il biodiesel è stato testato in varie percentuali di miscelazione con gasolio, a partire dal 5% passando per il 20 ed il 30% fino ad arrivare al biodiesel puro; o Le miscele con gasolio, sino al 30% in volume, possono essere utilizzate senza significative modifiche al motore (verificare la compatibilità dei materiali costitutivi dell’impianto di iniezione, con particolare riferimento alle gomme butiliche); o L’olio lubrificante è diluito dal biodiesel, per cui si deve avere l’accortezza di sostituire l’olio con maggiore frequenza (in particolare con sistemi di iniezione con pompe in linea); o Problemi nel funzionamento del motore alle basse temperature (punto di otturamento a freddo del biodiesel è di –9°C, contro i – 22°C del gasolio); o Elevato potere detergente dei biodiesel: precoce ostruzione dei filtri carburante; o Il potere calorifico inferiore del biodiesel è inferiore di circa il 13% rispetto a quello del gasolio (32,8 MJ/dm3 contro 35,6 MJ/dm3), ma ciò è parzialmente compensato dalla maggiore densità (0,88-0,89 kg/m3 contro 0,83-0,85 kg/m3 a 15°C). o Il potere calorifico inferiore del biodiesel comporta un lieve aumento dei consumi, (circa il 2-3%), difficilmente percepibile a causa dell'elevata oscillazione dei consumi riscontrabili in campo, relativi al tipo di guida e percorso.
Filiera di produzione del biodiesel Biodiesel Consumi - 2-3%, non è comunque percepibile. Emissioni (biodiesel quale combustibile puro): o SO2 : è presente il contributo di SO2 da parte dell’ olio lubrificante che viene bruciato; o CO: apprezzabile riduzione delle emissioni di CO (5-8%); o HC: le emissioni sono equivalenti, è drasticamente minore (da uno a due ordini di grandezza) il contenuto dei composti policiclici aromatici PAH, corresponsabili di molte forme di cancro; o NOx : incremento delle emissioni di NOx (15% circa); o Opacità (FSN): drasticamente inferiore a quella prodotta dal gasolio (30% al 70%); o Particolato: emissioni in massa di particolato risultano molto prossime (talvolta appena superiori) a quelle generate dalla combustione di gasolio; la granulometria media del particolato prodotto dal biodiesel è superiore di un ordine di grandezza (circa 0,1 mm per il fossile, 1,5 mm per il biodiesel). minore la pericolosità del particolato generato dal biodiesel; o CO2: non comporta alcuna emissione netta in atmosfera; o Biodegradabilità : elevata (99,6% in 21 gg.), in caso di dispersione accidentale, il biodiesel non inquina né il suolo né le acque.
Biocarburanti di seconda generazione Prima generazione da materie prime alimentari (es.biodiesel da semi oleaginosi, bioetanolo da mais o da canna da zucchero) Seconda generazione da materie organiche non alimentari (non hanno impatto sulla filiera agroalimentare)
Biocarburanti di seconda generazione Biomassa lignocellulosica È abbondante Non è competitiva con le colture alimentari Contiene emicellulosa e cellulosa (polimeri di zuccheri) da cui produrre biogas o bioetanolo.
Biodiesel di II generazione Idrogenazione catalitica di oli e grassi vegetali o animali (anche con caratteristiche chimico-fisiche che danno scarsa resa nella conversione in biodiesel convenzionale). Sono già attivi alcuni impianti industriali di grandi dimensioni (es. ENI) Fast pirolisi di biomasse lignocellulosiche, e successivo reforming dell’olio ottenuto (bio-olio). È ancora in fase sperimentale Gassificazione della biomassa e reazione Fischer-Tropsch
Biodiesel di II generazione Biodiesel da microalghe Le alghe sono formate da lipidi, proteine e carboidrati (come le piante) Scelta della specie idonea, crescita e raccolta Estrazione frazionata: viene prima la componente lipidica con solventi (es. esano, cloroformio, metanolo) poi si Coltura Resa stimata (litri/ha*anno) convertono carboidrati e proteine trasformazione con pirolisi, Soia 400 gassificazione Girasole 800 Jatropha 2.000 Olio di palma 6.000 Microalghe 60.000
Bioetanolo di II Generazione Cardo in terreni marginali Lignina
Bioetanolo di II generazione Processo biologico: idrolisi enzimatica di materiali lignocellulosici e successiva (o contemporanea) fermentazione degli zuccheri provenienti da cellulosa ed emicellulose. Questa tecnologia è attualmente al centro di un rinnovato interesse da parte della comunità scientifica internazionale . Processo termochimico: gassificazione della biomassa per produrre syngas (H2 e CO) e successiva fermentazione del syngas. Resa per 1 ettaro (ha) di terreno Bioetanolo coltivato a mais e frumento Prima Generazione 3 t/ha Seconda generazione 10 t/ha
BTL Fuels Dimetil-etere (DME) Bio-metanolo Miscele di alcoli ed altri composti organici ossigenati Sono ottenuti via gassificazione e sintesi catalitica genericamente indicati come BTL (Biomass to liquids) Fuels. Sono processi attualmente oggetto di sperimentazione a livello di laboratorio o impianti di piccola scala.
Filiere di produzione dei biocarburanti
Produzione mondiale Energia elettrica da Biomasse Fonte: World Bioenergy Association 2014
Produzione mondiale Biocombustibili Fonte: World Bioenergy Association 2014
Uso mondiale biomassa per calore Fonte: World Bioenergy Association 2014
Situazione italiana 2013 Fonte: GSE, 2013
Situazione italiana 2013 Fonte: GSE, 2013
Produzione da bioenergie per Regione nel 2013 (GWh) Fonte: GSE, 2013
Produzione da biomasse solide Fonte: GSE, 2013
Produzione da biogas Fonte: GSE, 2013
Produzione da bioliquidi Fonte: GSE, 2013
Produzione da RU biodegradabili Fonte: GSE, 2013
Prospettive per l’energia dalle Biomasse in Italia In Italia esiste un potenziale (prevalentemente da residui agro-industriali e urbani) tali da consentire l’installazione di circa 3000 MW di potenza elettrica Assenza di adeguate iniziative imprenditoriali, malgrado gli interessanti incentivi degli ultimi anni. Occorrono nuove figure professionali, imprenditori ed operatori, come, ad esempio, quella dell’ “agricoltore-esercente di impianto termico” (consorzi di operatori agricoli) con la partecipazione di operatori qualificati con esperienza specifica nel settore della produzione dell’energia. Biomasse più interessanti: o residui agro-industriali; o rifiuti solidi urbani; o coltivazioni energetiche di accertata economicità.
Benefici attribuibili all’impiego diffuso delle biomasse
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