GLI EFFETTI DISTRIBUTIVI DELLA LEGGE FINANZIARIA 2003 SUI REDDITI DELLE FAMIGLIE ITALIANE E TOSCANE
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STUDI E NOTE DI ECONOMIA 3/2002 GLI EFFETTI DISTRIBUTIVI DELLA LEGGE FINANZIARIA 2003 SUI REDDITI DELLE FAMIGLIE ITALIANE E TOSCANE NICOLA SCICLONE * 1. Premessa Con il Patto per l’Italia siglato nel luglio del 2002, il Governo si è impegnato nei prossimi anni a modificare radicalmente il sistema fiscale statale. Oggetto di riforma sono: l’imposta sul reddito delle persone fisi- che, sulle società, sul valore aggiunto, sui servizi, il sistema dell’accisa ed infine l’imposta regionale sulle attività produttive di cui si prevede una graduale eliminazione (Disegno di legge 8 maggio 2002, n. 1396, Delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale). L’obietti- vo esplicito della riforma è quello di ridurre il carico tributario sulle persone, sulle famiglie e sulle imprese e, attraverso il rilancio dei con- sumi, favorire la crescita dell’economia. In questo quadro di modifiche del sistema fiscale, una priorità asso- luta è attribuita alla diminuzione della tassazione personale, sia per i tempi della sua realizzazione sia per il volume delle risorse stanziate. Il Governo prevede infatti di riservare, nell’ambito della prossima manovra finanziaria (Legge finanziaria 2003), almeno 5,5 miliardi di euro ad un primo intervento di modifica dell’IRPEF, concentrato sui redditi compresi tra zero e 26 mila euro. L’obiettivo è quello di favori- re le fasce di reddito medio-basse attraverso un duplice percorso: da un lato, procedendo alla revisione delle aliquote di imposta e dei rela- tivi scaglioni; dall’altro, introducendo una complessa struttura di deduzioni linearmente descrescenti rispetto al reddito e – come vedre- mo – discriminanti nei confronti dei lavoratori autonomi. È inoltre prevista una clausola di salvaguardia secondo cui – a parità di condizioni – il nuovo regime è Pareto improving (ISAE, ————————————— * Ricercatore IRPET. L’autore desidera ringraziare M. Grassini e M. G. Pazienza per le osservazioni espres- se su una prima versione del lavoro. Un ringraziamento particolare a S. Casini Benve- nuti e ad A. Petretto senza i cui commenti ed incoraggiamenti questo lavoro non sarebbe mai stato realizzato. 131
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 3/2002 2002), tale cioè da non risultare per i contribuenti mai più sfavorevole del precedente. Nulla invece viene specificato – nella Finanziaria 2003 – relativamente alle deduzioni familiari che, nelle intenzioni della citata legge delega, avrebbero dovuto premiare le famiglie con figli, con anziani e con soggetti portatori di handicap1. Sebbene il 2003 rappresenti soltanto una tappa intermedia dell’in- tero processo di riforma del sistema fiscale2, gli effetti sul gettito e sul benessere delle famiglie sono – nelle attese del Governo – molto rile- vanti. Per quantificare tali effetti abbiamo effettuato alcune simula- zioni grazie al modello MIRTO, elaborato presso l’IRPET, che utiliz- za i dati dell’indagine sulle famiglie della Banca Italia. La normativa fiscale e i redditi del 2002 sono assunti come base per il confronto. Il lavoro è articolato nel seguente modo. Nel prossimo paragrafo sono sinteticamente esposte le principali modifiche apportate dal disegno di Legge finanziaria 2003 all’imposta sul reddito delle perso- ne fisiche (IRPEF); il terzo paragrafo descrive nelle linee generali il modello di microsimulazione adottato per la stima del gettito e degli effetti distributivi della riforma; dal quarto al sesto paragrafo sono presentati i risultati dell’esercizio di simulazione. 2. La riforma dell’IRPEF nella Finanziaria 2003 Le norme contenute nel disegno di Legge finanziaria 2003 prevedono: a) una revisione delle aliquote e degli scaglioni di reddito; b) una modifica delle attuali detrazioni da lavoro; c) un complesso meccani- smo di sconto della base imponibile per i percettori di reddito da lavoro; d ) l’applicazione di una clausola di salvaguardia in modo che, a parità di condizioni, il nuovo regime sia Pareto improving (IRSAE, 2002), cioè non risulti mai più sfavorevole del precedente. La Tabella 1 confronta gli scaglioni e le aliquote secondo la nor- mativa 2002 (a politiche invariate) con il primo modulo della riforma Tremonti previsto per il 2003. È facile osservare come i cambiamenti principali riguardino i primi tre scaglioni della normativa vigente; infatti, i primi due attuali scaglioni rientrano all’incirca nel primo sca- glione della manovra 2003 (con il 1° scaglione che ci rimette ed il 2° scaglione che ci guadagna), mentre quasi tutto il terzo attuale scaglio- ne beneficia di una minore pressione fiscale. Agli attuali ultimi due scaglioni si applicano approssimativamente le medesime aliquote. ————————————— ¹ Le altre tipologie di deduzioni previste riguardano le seguenti categorie di spesa: casa; sanità; istruzione; formazione; ricerca e cultura; previdenza; assistenza all’infan- zia negli asili nido e domiciliare; non profit e attività svolte nel campo sociale, assisten- ziale e di promozione sociale e valorizzazione etica, culturale e scientifica; volontariato e confessioni religiose. ² Il Disegno di legge delega è stato approvato dalla Camera l’8 maggio 2002, ma è ancora attualmente in discussione alla Commissione Finanze del Senato. La Legge finanziaria è stata approvata il 24 dicembre 2002. 132
N. SCICLONE, GLI EFFETTI DISTRIBUTIVI DELLA LEGGE FINANZIARIA 2003 SUI REDDITI ... Tabella 1 – Il calcolo dell’imposta (valori in euro) Normativa 2002 Manovra 2003 Scaglioni Aliquote Scaglioni Aliquote 0 - 10.329 18% 0 - 15.000 23% 10.329 - 15.493 24% 15.000 - 29.000 29% 15.493 - 30.987 32% 29.000 - 32.600 31% 30.987 - 69.721 39% 32.600 - 70.000 39% > 69.721 45% > 70.000 45% Fonte: Elaborazioni dell’autore. Per effetto delle variazioni introdotte sugli scaglioni e sulle aliquo- te, l’imposta lorda aumenta di quattro punti percentuali (dal 18 per cento al 23 per cento) per i redditi fino a 10,3 mila euro e diminuisce di un punto percentuale (dal 24 per cento al 23 per cento) per i redditi fra 10,3 mila e 15 mila euro; significative riduzioni si hanno anche per i redditi fra 15,5 mila e 29 mila euro (dal 32 per cento al 29 per cento). Oltre agli scaglioni e alle aliquote a cambiare sono anche le detra- zioni da lavoro (Tabella 2), che vengono drasticamente ridotte. Ai lavoratori dipendenti la detrazione spetta quando il reddito complessivo è compreso tra 27 mila e 52 mila euro (6.197 e 51.646 euro nel 2002) ed oscilla fra un massimo di 130 euro ed un minimo di Tabella 2 – Il calcolo delle detrazioni da lavoro (valori in euro) Normativa 2002 Manovra 2003 Lavoratori dipendenti Lavoratori dipendenti Fino a 6.197 euro (max detraz.) 1.147 Tra 27.000 e 29.500 euro 130 Oltre 51.646 (min detraz.) 52 Tra 29.500 e 36.500 euro 235 Tra 36.500 e 41.500 euro 180 Tra 41.500 e 46.500 euro 130 Tra 46.500 e 52.000 euro 25 Lavoratori autonomi Lavoratori autonomi Fino a 4.700 (max detrazione) 1.136 Tra 15.494 e 30.988 (min detrazione) 52 Tra 25.000 e 32.000 euro 80 Pensionati Pensionati Fino a 4.855 e meno di 75 anni (max detrazione) 98 Tra 24.500 e 27.000 euro 70 Fino a 4.855 e più di 75 anni (max detraz.) 222 Tra 27.000 e 29.000 euro 170 Tra 4.855 e 9.296 e meno di 75 anni (min detraz.) 62 Tra 29.000 e 31.000 euro 290 Tra 9.296 e 9.554 e più di 75 anni (min detraz.) 93 Tra 31.000 e 36.500 euro 230 Tra 36.500 e 41.500 euro 180 Tra 41.500 e 46.500 euro 130 Tra 46.500 e 52.000 euro 25 Fonte: Elaborazioni dell’autore. 133
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 3/2002 25 euro (1.136 e 52 euro nel 2002). I lavoratori autonomi, invece, beneficiano di una detrazione di 80 euro se il loro reddito varia fra 25 mila e 32 mila euro (nel 2002, la detrazione andava da 1.136 a 52 euro; il primo valore spettava ai redditi fino a 4.700 euro, mentre il secondo a redditi compresi fra 15.494 e 30.988). Con riguardo ai pensionati, infine, la detrazione maggiore è di 290 euro (nel 2002, 98 euro, se in età inferiore a 75 anni, e 222 euro, se in età superiore a 75 anni) e spetta ai redditi tra 24.500 euro e 52.000 euro. Ma la novità più importante del primo modulo di riforma dell’IR- PEF è l’applicazione di un sofisticato meccanismo di deduzioni volte a ridurre la base imponibile e congegnate in modo tale da assicurare la progressività dell’imposizione. Le deduzioni sono decrescenti rispetto al reddito e differenziate per tipologia di reddito. Esse funzio- nano con una procedura a due stadi. In primo luogo, si definisce uno sconto base che è di 7,5 mila euro per i lavoratori dipendenti, di 7 mila euro per i pensionati e di 4,5 mila euro per i lavoratori autonomi; in presenza di redditi di natura diversa il contribuente ha infine diritto ad una deduzione di 3 mila euro. Quando si hanno più tipologie di reddito, ai contribuenti è poi accordata la possibilità di scegliere la deduzione più vantaggiosa. In secondo luogo, una volta determinato lo sconto base, occorre calcolarne la quota spettante mediante l’applicazione della seguente formula: α = (26 mila euro + sconto base + oneri deducibili – reddito α = complessivo – credito d’imposta sui dividendi) / 26 mila euro [1] Se α > 1 si applica la deduzione integrale3, se α
N. SCICLONE, GLI EFFETTI DISTRIBUTIVI DELLA LEGGE FINANZIARIA 2003 SUI REDDITI ... lizza il reddito autonomo e di impresa (Figura 1). Tutto ciò in viola- zione della nozione di equità orizzontale, che come noto raccomanda un trattamento fiscale analogo per analoghi livelli di reddito. Il Governo ha pertanto anteposto al rispetto di un principio di giustizia sociale la brutale forza dei numeri (il fatto che l’evasione fiscale si concentri fra i lavoratori autonomi), derogando quindi dal principio costituzionale, secondo cui tutti i cittadini – anche quelli onesti che appartengono a categorie disoneste – sono uguali di fronte alla legge. Fonte: Elaborazioni dell’autore. Fig. 1 – Sconto base per migliaia di euro (oneri deducibili posti pari a 2.000 euro) Un’ultima considerazione merita infine la cosiddetta clausola di salvaguardia, secondo cui – testuale – i contribuenti in sede di dichia- razione dei redditi possono applicare le disposizioni del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, in vigore al 31 dicem- bre 2002, se più favorevoli (Legge finanziaria 2003). In pratica, ogni contribuente dovrà effettuare un doppio calcolo della propria dichia- razione dei redditi e, qualora le disposizioni vigenti al 31 dicembre 2002 fossero più favorevoli, applicarle in sostituzione di quelle stabili- te dalla Finanziaria 2003. È evidente come i costi connessi a tale ope- razione (soprattutto in termini di parcelle dei professionisti) rischino di annullare i risparmi previsti dal legislatore. 3. Il modello di microsimulazione e la banca dati Le simulazioni degli effetti distributivi e di gettito del primo modulo di riforma dell’IRPEF derivano dall’applicazione di un modello di 135
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 3/2002 microsimulazione (MIRTO4) elaborato presso l’IRPET, che utilizza i dati dell’indagine sui bilanci delle famiglie della Banca d’Italia. Introdotti da G. Orcutt alla fine degli anni Cinquanta, e successiva- mente proliferati negli anni Ottanta soprattutto negli Stati Uniti ed in Inghilterra, i modelli di microsimulazione ricostruiscono il processo di formazione dei prelievi e dei trasferimenti in capo ad ogni soggetto e ne aggregano i risultati per unità rappresentativa (in genere la famiglia). Così operando, essi consentono la stima degli oneri e dei benefici del- l’azione pubblica, con particolare riferimento agli aspetti redistributivi connessi a modifiche del sistema fiscale e di quello della spesa pubblica. A grandi linee, i modelli di microsimulazione possono essere distinti in tre grandi categorie: statici, dinamici e a coorte dinamica (Baldini, 1997). I modelli statici5 sono utilizzati per misurare l’impatto di breve periodo delle politiche economiche: essi si limitano a confrontare i redditi (e/o i consumi) che le famiglie (e gli individui) possiedono in un determinato istante temporale, e a calcolare le variazioni che essi subiscono a seguito di interventi di natura tributaria o di welfare. Nel confronto fra lo scenario a legislazione vigente e gli scenari simulati, non sono previsti cambiamenti né della struttura della popo- lazione, né del comportamento degli operatori. Tuttavia i microdati su cui si basano tali modelli sono spesso soggetti ad una procedura di aggiustamento (static ageing), che consiste nell’incremento delle varia- bili monetarie e nella variazione dei pesi campionari, per aggiornare le grandezze economiche al loro valore corrente e mantenere la rappre- sentatività statistica della popolazione di riferimento6. Con riferimento all’Italia, i più noti modelli statici sono ITAX- MOD dell’ISPE (Di Biase, Di Marco, Di Nicola e Proto, 1995), MASTRICT dell’ISTAT (Proto, 1999), DIRIMOD di Prometeia (in collaborazione con le Università di Modena e Bologna) e MAPP del CAPP7 (Baldini, 2001). I modelli a popolazione dinamica8 proiettano invece nel futuro – di anno in anno – le variabile demografiche del campione, mediante l’uti- lizzo di procedure di tipo stocastico. In altri termini, per tutti gli indi- ————————————— ⁴ MIRTO è l’acronimo di microsimulazione dei redditi delle famiglie toscane. Il modello è naturalmente applicabile anche ai redditi delle famiglie italiane. Per una completa e più approfondita spiegazione del disegno generale del modello di microsi- mulazione si veda: Il modello di microsimulazione MIRTO: struttura e risultati, in corso di pubblicazione presso la collana IRPET. ⁵ Per una rassegna dei modelli statici si veda Atkinson e Sutherland, 1988 e Suther- land, 1995; molto utili anche i working paper dell’Institute for Fiscal Study di Londra e quelli di Euromod ospitati sul sito dell’Università di Cambridge. ⁶ Tale esigenza dipende dalla non frequente periodicità delle indagini campionarie. ⁷ CAPP: Centro di Analisi delle Politiche Pubbliche (www.dse.unibo.it/capp). ⁸ Il più noto modello dinamico è Dinasym sviluppato nella prima metà degli anni Set- tanta presso lo Urban Institute. 136
N. SCICLONE, GLI EFFETTI DISTRIBUTIVI DELLA LEGGE FINANZIARIA 2003 SUI REDDITI ... vidui del campione (periodo dopo periodo) vengono simulati i princi- pali eventi della vita (nascita, morte, matrimonio, separazione, ecc.) confrontando la probabilità ad essi associata (generalmente stimata integrando le informazioni provenienti da più fonti e utilizzando i parametri ricavati dall’applicazione di modelli probit e log-lineari9) con un numero casuale tratto da una distribuzione uniforme definita sull’intervallo 0-1 (metodo Monte Carlo): se il numero estratto è infe- riore alla probabilità stimata, l’individuo sarà esposto all’evento. I modelli dinamici consentono quindi di analizzare l’evoluzione della struttura socio-demografica della popolazione e gli effetti di politiche economiche in una prospettiva di medio-lungo periodo; tut- tavia, data la loro complessità, sono scarsamente utilizzati10. In Italia un esempio di modello dinamico è quello sviluppato da Cannari e Nicoletti (Cannari, Nicoletti, 1998) per analizzare il sistema di sicu- rezza sociale e la sua evoluzione nel tempo. Più semplici nell’implementazione, invece, i modelli a coorte dina- mica sono finalizzati allo studio degli effetti redistributivi del reddito e dei consumi nell’ottica del ciclo vitale. Essi simulano infatti i princi- pali eventi demografici, economici e sociali di una medesima genera- zione per l’intero arco vitale dei suoi componenti. L’arco temporale di simulazione è naturalmente definito dalla longevità della coorte oggetto di studio; esso è generalmente più ampio dei modelli a popo- lazione dinamica, la cui estensione temporale è funzione del loro spe- cifico utilizzo e tale quindi da non ricomprendere l’arco di vita di una intera generazione. Alla base dei modelli a coorte dinamica sta l’ipo- tesi di steady-state: ovvero, tutte le probabilità di transizione impiega- te nella simulazione sono calcolate rispetto ad un anno base, come se la coorte vivesse in un mondo in cui le principali caratteristiche demografiche ed economiche degli individui rimanessero quelle del- l’anno di nascita (Toso, 1993). All’estero i più famosi modelli a coorte dinamica sono Demogen per il Canada, LIFEMOD per il Regno Unito ed il modello Sfb3 per la Germania. Per l’Italia un esempio di modello a coorte dinamica è quello di Baldini (Baldini, 1996). Il modello da noi impiegato (MIRTO) nel presente lavoro si collo- ca nella famiglia dei modelli statici: nel confronto fra lo scenario a legislazione vigente e gli scenari simulati, non sono pertanto previsti né cambiamenti della struttura della popolazione (modello a popola- zione statica), né del comportamento degli operatori11 (modello stati- co a livello comportamentale). L’obiettivo è quello di analizzare l’im- ————————————— ⁹ Ad esempio, la probabilità di matrimonio può essere ricavata dall’applicazione – su dati campionari – di un modello probit che utilizza come covariante l’età, la regione di residenza, il livello di istruzione, ecc. ¹⁰ Per una breve rassegna dei principali modelli dinamici si veda Toso, 1993. ¹¹ Ad esempio, la variazione dell’offerta di lavoro al variare dell’imposta diretta. 137
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 3/2002 patto di breve periodo dei principali provvedimenti di politica econo- mica sui redditi familiari, senza introdurre ipotesi di reazione com- portamentale che rischiano di essere o estremamente complicate o eccessivamente rozze e semplificatrici. I dati da noi utilizzati sono quelli relativi ai redditi netti del 200012, che sono stati pertanto rivalutati al 2002. Il modello di microsimulazione trasforma i redditi netti Banca d’I- talia in redditi lordi e poi riproduce, passo dopo passo, gli stessi cal- coli che ogni individuo effettua quando deve presentare – a fini fiscali – la propria dichiarazione dei redditi. Successivamente, conoscendo la struttura e la composizione delle famiglie, abbiamo stimato le tasse e i contributi versati da ciascun nucleo familiare. Infine, sono stati calco- lati anche gli assegni familiari per i figli dei dipendenti e gli assegni per nuclei con almeno tre minori. La relazione fra redditi netti e lordi alla base del modello può esse- re descritta nel seguente modo: Reddito Disponibile = Reddito Tassa- bile – Imposta Netta + Reddito Netto da Capitale Finanziario – Imposta Comunale sugli Immobili (ICI) – Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP) + Trasferimenti alle Famiglie dove: Redditi lordi da lavoro dipendente e autonomo - Contributi dei datori di lavoro e dei lavoratori - + Pensioni - + Reddito da fabbricati - + Altri trasferimenti - = REDDITO TASSABILE - - – Deduzioni - = REDDITO IMPONIBILE (IRPEF) - - (Reddito imponibile *aliquote Irpef) - = IMPOSTA LORDA - - – Detrazioni13 - = IMPOSTA NETTA - + Reddito lordo da capitale finanziario - – Tasse14 sul reddito da capitale finanziario - = REDDITO NETTO DA CAPITALE FINANZIARIO - – Imposta comunale sugli immobili (ICI) - – Imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) - + Trasferimenti alle famiglie (assegni familiari, ecc.) - = REDDITO DISPONIBILE ————————————— ¹² I bilanci delle famiglie italiane nell’anno 2000, Supplementi al Bollettino Statistico, Anno XII Numero 6-18 gennaio 2002, Banca D’Italia. ¹³ Detrazioni da lavoro, per carichi familiari, per oneri detraibili. ¹⁴ Imposte sui titoli di Stato e altri titoli; imposte sui depositi; imposte sui dividendi. 138
N. SCICLONE, GLI EFFETTI DISTRIBUTIVI DELLA LEGGE FINANZIARIA 2003 SUI REDDITI ... Per estendere l’analisi al contesto regionale abbiamo naturalmente dovuto aumentare la dimensione del campione dell’indagine della Ban- ca D’Italia15 relativa alle famiglie toscane. A tal fine sono state incluse nell’analisi – e quindi nel data set – tutte le famiglie toscane intervistate nel ’93, nel ’95, nel ’98 e nel 2000, escludendo le ripetizioni16. Così operando, è stato ricavato per la Toscana un campione di 1.500 famiglie. Tale campione consiste di: a) 275 famiglie intervi- state nel 1993; b) 327 famiglie intervistate nel 1995; c) 444 fami- glie intervistate nel 1998 e d ) 454 famiglie intervistate nel 2000. Il tasso di campionamento è dello 0,08 per cento (superiore a quello na- zionale). L’unione degli archivi dei quattro anni ha poi naturalmente richie- sto il riproporzionamento dei coefficienti di riporto all’universo al fine di riottenere, dalla loro somma, il totale delle famiglie e degli individui del 2000. Infine tutti i valori sono espressi in lire 200217. Una esauriente e dettagliata esposizione del processo di regionalizza- zione dei dati Banca Italia è contenuta in Lattarulo, Panniccià, Sci- clone (2002 a, b). 4. I gettiti della riforma La Tabella 3 descrive la stima dei gettiti nazionali, relativa ai redditi del 2002, che MIRTO produce sotto i tre seguenti regimi fiscali: i) la normativa vigente fino al 31 dicembre 2002 (politiche invariate); ii) il primo modulo della riforma Tremonti, con le nuove aliquote ed il nuovo meccanismo di deduzioni e detrazioni descritto nel paragrafo 2; iii) la riforma Tremonti a regime che, con le due aliquote del 23 per cento fino a 100 mila euro e 33 per cento oltre tale valore, si ispira al modello della Flat rate tax, ovvero ad un sistema proporzionale nelle imposte (i contribuenti con oltre 100 mila euro sono una stretta minoranza) e progressivo nelle deduzioni. A fini di confronto, la Tabella 3 mostra anche i dati più recenti sul gettito IRPEF (relativi ai redditi del ’98 e alla normativa del ’99) pub- blicati dal Ministero delle Finanze (www. finanze.it). Si può facilmente osservare come il primo modulo della riforma IRPEF, stimata su redditi 2000, comporti una netta flessione del get- tito fiscale, pari a 6,6 miliardi di euro (clausola di salvaguardia inclu- sa). La pressione fiscale (IRPEF netta su reddito disponibile) scende di due punti percentuali, dal 24 per cento al 22 per cento, ed il rispar- ————————————— ¹⁵ I bilanci delle famiglie italiane, vari anni, Supplementi al Bollettino Statistico, Banca d’Italia. ¹⁶ Ad esempio, una famiglia intervistata quattro volte (nel 1993, nel 1995, nel 1998, nel 2000) è considerata una sola volta: nel 2000. ¹⁷ Per evitare di sovrastimare la disuguaglianza in Toscana, alle variabili monitorate nel ’93, nel ‘95 e nel ’98 deve essere attribuita la variazione reale (oltre che nominale) che i redditi pro capite (per percettore) hanno registrato rispetto al 2000. 139
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 3/2002 Tabella 3 – I gettiti della riforma. Dati nazionali (milioni di euro) Imposta Detra- di cui Imposta lorda zioni detrazioni netta da lavoro IRPEF 1999 (redditi ’98) 114,490 20,494 12,136 93,996 IRPEF 2002 (redditi 2000) 148,845 25,391 13,019 123,454 IRPEF 2003 (redditi 2000) 129,821 12,963 467 116,858 Riforma a regime (redditi 2000) 115,465 12,963 467 102,502 Fonte: Dati del Ministero delle Finanze (IRPEF 99) e stime MIRTO (IRPEF 2002, 2003 e riforma a regime) su dati Banca Italia. mio di imposta (il costo per lo Stato) è di 175 euro per contribuente e 311 euro per famiglia. Nella versione a regime con sue sole aliquote (lasciando invariato il sistema delle deduzioni e delle detrazioni previsto per il 2003) la flessione del gettito sale a 21 miliardi di euro, la pressione fiscale scende al 19 per cento e il risparmio per contribuente e per nucleo familiare diventa, rispettivamente, di 561 e 993 euro. Cifre considere- voli, talmente considerevoli, da essere poco credibili dati gli attuali vincoli di bilancio della finanza pubblica. In Toscana (Tabella 4) il beneficio complessivo delle famiglie si attesta nel 2003 sui 411,6 milioni di euro, con una riduzione del getti- to che è di 158 euro per contribuente e di 303 euro per nucleo familia- re. La pressione fiscale flette così di un punto percentuale, passando dal 24 per cento al 23 per cento. Tabella 4 – I gettiti della riforma. Dati toscani (milioni di euro) Imposta Detra- di cui Imposta lorda zioni detrazioni netta da lavoro IRPEF 1999 (redditi ’98) 8,539 1,488 n.d 7,088 IRPEF 2002 (redditi 2000) 10,983 1,617 984 9,366 IRPEF 2003 (redditi 2000) 9,765 811 37 8,955 Riforma a regime (redditi 2000) 8,404 530 37 7,874 Fonte: Dati del Ministero delle Finanze (IRPEF 99) e stime MIRTO (IRPEF 2002, 2003 e riforma a regime) su dati Banca D’Italia. La Figura 2 mostra le curve della pressione fiscale in Toscana, pri- ma e dopo le modifiche IRPEF, per classi di reddito netto in migliaia di euro. Gli scostamenti più rilevanti fra le due curve sono a livelli di red- dito bassi e medi. Analoghi andamenti si rilevano a livello nazionale. 140
N. SCICLONE, GLI EFFETTI DISTRIBUTIVI DELLA LEGGE FINANZIARIA 2003 SUI REDDITI ... Fonte: Dati MIRTO. Fig. 2 – La pressione fiscale in Toscana prima e dopo le modifiche dell’IRPEF 2003 5. Gli effetti distributivi della riforma IRPEF prevista nel 2003 Complessivamente, i nuclei familiari che in Toscana risulterebbero avvantaggiati dalla manovra prevista nel 2003 sono il 57 per cento (63 per cento in Italia); la quota di famiglie che non registrano cambiamenti è pari al 9 per cento (10 per cento in Italia), mentre il rimanente 35 per cento (27 per cento in Italia) dovrebbe ricorre- re alla clausola di salvaguardia. Tale percentuale sale al crescere del reddito, per effetto della operante progressività delle deduzio- ni. Il numero assai elevato di coloro che teoricamente risultereb- bero penalizzati dalla riforma, e che invece non lo sono per la pre- vista possibilità di applicare la legislazione vigente al 2002, atte- nua la portata dei risparmi attesi nel carico fiscale. È infatti poco credibile uno scenario in cui tutti i contribuenti redigeranno due dichiarazione dei redditi e poi sceglieranno quella più vantag- giosa. Guardando, clausola di salvaguardia inclusa, agli effetti sulla distribuzione dei redditi, l’indice del Gini18 calcolato sui redditi dei ————————————— ¹⁸ L’indice del Gini è una delle più note ed usate misure di disuguaglianza: esso assu- me un valore compreso fra 0 – perfetta equidistribuzione. 141
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 3/2002 percettori toscani passa da 0,362 a 0,356 (in Italia19 da 0,382 a 0,376); a livello familiare, utilizzando le scale di equivalenza per rendere con- frontabili famiglie di diversa ampiezza ed età dei componenti, il Gini scende da 0,317 a 0,312 (in Italia da 0,345 a 0,341). Anche utilizzando altri indici, come l’indice di Atkinson20, si registrano analoghe varia- zioni (Figura 3). Fonte: Dati MIRTO. Fig. 3 – Indici di disuguaglianza sui redditi familiari equivalenti ————————————— ¹⁹ Una approfondita analisi degli aspetti di equità ed efficienza della riforma IRPEF a livello nazionale è contenuta in Baldini, Bosi, 2002. ²⁰ L’indice di Atkinson può essere interpretato come una misura di inefficienza distri- butiva: ad esempio, un valore pari a 0,15 significa che la società valuta come identico il benessere conseguibile dall’attuale livello di reddito ed un livello teorico pari all’85 per 142
N. SCICLONE, GLI EFFETTI DISTRIBUTIVI DELLA LEGGE FINANZIARIA 2003 SUI REDDITI ... Se confrontiamo però la normativa 2002 con la futura situazione a regime (il modello Flat rate tax: sistema proporzionale nelle imposte e progressivo nelle deduzioni) la variazione della disuguaglianza – sebbene di modesta entità – cambia di segno (Tabella 5): tanto nei redditi dei percettori che in quelli familiari si registrano infatti incre- menti degli indici del Gini e di Atkinson. In Toscana, ad esempio, l’indice del Gini sui redditi familiari equivalenti sale da 0,317 a 0,326 (in Italia da 0,340 a 0,354), mentre quello di Atkinson da 0,340 a 0,347 (da 0,400 a 0,412 in Italia). Ciò è la conseguenza della redistri- buzione del carico fiscale che la normativa a regime realizza a favore dei contribuenti più ricchi. Tabella 5 – Indici di disuguaglianza Italia Individui Famiglie Gini Atkinson Gini Atkinson (ε = 1,5) (ε = 1,5) 2002 0,382 0,516 0,345 0,403 2003 0,376 0,514 0,341 0,401 Riforma a regime 0,392 0,525 0,354 0,525 Toscana Individui Famiglie Gini Atkinson Gini Atkinson (ε = 1,5) (ε = 1,5) 2002 0,362 0,386 0,317 0,317 2003 0,356 0,382 0,312 0,312 Riforma a regime 0,370 0,394 0,325 0,347 Fonte: Dati MIRTO. Nella distribuzione per decili21 delle famiglie toscane (ogni decile rappresenta il 10 per cento delle famiglie ordinate in senso crescente rispetto al reddito familiare equivalente), i più alti risparmi di impo- ————————————— cento di quello attuale ma equidistribuito (la società sarebbe cioè disposta a rinunciare al 15 per cento del proprio reddito). Conseguentemente tanto maggiore è l’indice (0 < A1), quanto più grande è la perdita di benessere indotta da una distribuzione disu- guale. ²¹ I decili rappresentano i valori limiti che separano in dieci gruppi, ugualmente nume- rosi, il totale delle famiglie ordinate in modo non decrescente (rispetto al reddito); ad esempio il 6° decile è il livello di reddito tale che 6/10 delle famiglie hanno un reddito inferiore ad esso ed il resto delle famiglie un reddito superiore. 143
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 3/2002 sta si registrano nel 2003 per i decili intermedi, mentre i più bassi risparmi caratterizzano gli ultimi due decili (le famiglie più ricche). Ciò vale sia per la Toscana che per l’Italia; tuttavia la nostra regione mostra – rispetto all’Italia – risparmi medi maggiori nei primi due decili (i più poveri) e minori negli ultimi due decili (i più ricchi). Tale risultato si spiega con i più alti redditi dei toscani. Infatti, nei primi due decili ci sono in Toscana meno famiglie povere di quelle italiane: conseguentemente i risparmi medi di impo- sta sono maggiori, dato che i contribuenti poveri o non pagano le tas- se o le pagano in quote modeste22. Negli ultimi due decili le famiglie toscane sono invece più ricche di quelle italiane e quindi è maggiore la quota di coloro che dovrebbe ricorrere alla clausola di salvaguardia, senza beneficiare pertanto di alcun risparmio di imposta (Figura 4). In generale la manovra fa aumentare i redditi delle famiglie tosca- ne, in media dell’1,1 per cento (1,3 per cento in Italia). Gli aumenti più significativi si registrano nei primi decili23 che sono anche quelli Fonte: Dati MIRTO. Fig. 4 – Risparmi medi di imposta per decili di reddito familiare equivalente (valori in euro) ————————————— ²² Da ciò si ricava che una incisiva azione a favore dei soggetti più disagiati si realizza utilizzando istituti universali di protezione sociale, come il cosiddetto minimo vitale, piuttosto che agendo sull’IRPEF. ²³ Va precisato che i decili sono invarianti rispetto alla manovra dell’IRPEF; in altri termini, le famiglie dentro ogni decile sono quelle calcolate sui redditi netti familiari risultanti dall’applicazione della normativa 2002. 144
N. SCICLONE, GLI EFFETTI DISTRIBUTIVI DELLA LEGGE FINANZIARIA 2003 SUI REDDITI ... Fonte: Dati MIRTO. Fig. 5 – Le variazioni del reddito disponibile per decili di reddito familiare equivalente (confronto fra IRPEF 2003 e scenario a politiche invariate) Fonte: Dati MIRTO. Fig. 6 – Le variazioni del reddito disponibile toscano per decili di reddito familiare equi- valente (confronto fra IRPEF 2003 e scenario a politiche invariate) 145
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 3/2002 che beneficiano, rispetto al reddito disponibile, di un più alto rispar- mio di imposta (Figura 5). Naturalmente, a regime, le cose cambiano e gli incrementi di red- dito sono viceversa maggiori nel segmento più alto della distribuzione (Figura 6). Ciò conferma, quindi, il contenuto pro rich della riforma Tremonti a regime che, ricordiamo, prevede due sole aliquote: la pri- ma, del 23 per cento, fino a 100 mila euro di imponibile e la seconda, del 33 per cento, per imponibili oltre quella soglia. Una riforma, quindi, che realizza il passaggio da un sistema progressivo di imposta ad uno di natura proporzionale (anche se progressivo nelle deduzio- ni). 6. La povertà relativa Tornando alla manovra IRPEF prevista per il prossimo anno, una considerazione a parte meritano gli effetti sulla incidenza e sulla intensità della povertà relativa24. La soglia di povertà relativa è posta al 50 per cento della mediana del reddito familiare disponibile equiva- lente (calcolato prima e dopo l’applicazione della Finanziaria). Per effetto della manovra (Tabelle 6-7) in Toscana escono dallo stato di privazione relativa 2.493 famiglie (26.249 in Italia). L’inciden- Tabella 6 – Indici di povertà relativa (a politiche invariate) Incidenza Intensità Indice di Sen Famiglie povere Italia 13,4% 39,8% 0,077 2.854.297 Nord 5,6% 34,2% 0,029 555.222 Centro 7,2% 39,2% 0,042 299.324 Sud 28,1% 41,5% 0,164 1.999.751 Toscana 6,1% 34,9% 0,033 78.595 Fonte: Dati MIRTO. Tabella 7 – Indici di povertà relativa (IRPEF 2003) Incidenza Intensità Indice di Sen Famiglie povere Italia 13,4% 40,1% 0,077 2.828.049 Nord 5,4% 34,9% 0,029 542.147 Centro 7,1% 39,5% 0,042 297.938 Sud 28,1% 41,6% 0,165 1.987.964 Toscana 5,9% 36,1% 0,033 75.652 Fonte: Dati MIRTO. ————————————— ²⁴ Per una chiara esposizione dei concetti di povertà relativa ed assoluta si veda Raval- lion, 1992. 146
N. SCICLONE, GLI EFFETTI DISTRIBUTIVI DELLA LEGGE FINANZIARIA 2003 SUI REDDITI ... za della povertà passa infatti dal 6,1 per cento al 5,9 per cento (resta al 13,4 per cento in Italia). Tuttavia, l’intensità della povertà peggiora, crescendo – anche se in modo impercettibile – dal 34,9 per cento al 36,1 per cento (dal 39,8 per cento al 40,1 per cento a livello nazionale). L’aumento della distanza delle famiglie povere dalla soglia di indigenza deriva dal fat- to che i più poveri non sono toccati dalla manovra e che a rimanere nella condizione di indigenza sono proprio le famiglie più lontane dal valore che delimita l’area della povertà. In altri termini, gli sgravi fiscali della manovra favoriscono – come visto – i redditi medio bassi, assicurando con ciò il superamento della linea di povertà soltanto ai nuclei meno distanti dal valore soglia. Tutto ciò implica, anche, che la povertà assoluta (gli incapienti in senso stretto) non subisce per effet- to della manovra alcuna variazione di rilievo; a riprova di ciò, il fatto che il reddito dei poveri relativi aumenta mediamente dell’1,9 per cen- to, mentre di quelli assoluti dell’1,4 per cento (un valore insufficiente a garantire l’uscita dalla povertà). 7. Conclusioni In conclusione, il Disegno di legge finanziaria per il 2003 assicura alle famiglie toscane uno sconto fiscale che è in media di 303 euro. Tale sconto è più alto per i redditi medio bassi e diminuisce al crescere del- l’imponibile. Il reddito familiare aumenta mediamente dell’1,1% (2,3 per cento nel primo decile, 0,1 per cento nell’ultimo), e la maggiore progressività del sistema fiscale riduce, se pure lievemente, la povertà relativa. Inoltre nessun contribuente subisce un aggravio del carico fiscale, grazie all’applicazione della clausola di salvaguardia. Tuttavia occorre ricordare che la Finanziaria 2003 rappresenta soltanto una tappa intermedia del più complesso processo di riforma dell’IRPEF che – stando alle indicazioni contenute nel Patto per l’Italia – dovrà sfociare in un sistema a due aliquote e che realizzerà un’ampia redi- stribuzione fiscale a favore dei più abbienti. Tutto ciò, ed è l’aspetto più negativo, contestualmente ad una contrazione delle risorse desti- nate alle politiche di welfare state. È sufficiente correggere le variazioni del reddito conseguenti all’applicazione del primo modulo di riforma dell’IRPEF (Figura 7) con i previsti tagli di spesa nella sanità25 (trascurando quindi i rispar- mi negli altri comparti), per rendersi conto che il guadagno di benes- sere è per le famiglie toscane (ma anche per quelle italiane) inferiore alle attese. Infatti, se il reddito disponibile familiare aumenta in Toscana – per effetto delle modifiche IRPEF – mediamente dell’1,1 per cento, il reddito al netto dei risparmi nella spesa sanitaria pubbli- ————————————— ²⁵ Pari a 146,8 milioni di euro in Toscana (1.957 milioni di euro in Italia) (Legge finanziaria 2003, articolato: effetto sui saldi di Finanza pubblica). 147
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 3/2002 Fonte: Dati MIRTO. Fig. 7 – Le variazioni del reddito disponibile al netto della spesa sanitaria (confronto fra la situazione a politiche invariate e la manovra 2003) ca (ipotizzando che tale risparmio si traduca in una spesa a carico delle famiglie) cresce dello 0,7 per cento. Lo scostamento fra i due tassi di variazione (quello relativo al reddito e quello relativo al reddi- to al netto della riduzione della spesa pubblica sanitaria) aumenta nei primi decili e diminuisce negli ultimi, con conseguenze negative sulla disuguaglianza. L’esercizio svolto è parziale (non tiene conto dei cambiamenti attesi negli altri settori della protezione sociale), ma è efficace per comprendere come il reddito sia solo una componente del benessere finale e che quest’ultimo dipende anche e soprattutto dalla dimensio- ne e dalla qualità dell’intervento pubblico. Tutto ciò per dire che la riduzione delle imposte può anche rilanciare l’economia, ma se la si realizza a parità di disavanzo non è certo neutrale da un punto di vista redistributivo. 148
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