Elezioni presidenziali USA 2020: che i giochi abbiano inizio! - MFS
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Elezioni presidenziali USA 2020: Settembre 2020 che i giochi abbiano inizio! Investment La sfida delle presidenziali statunitensi 2020 entra nel vivo e molti tra elettori e investitori stanno imparando Solutions Group a conoscere le posizioni dei candidati e la loro proposta politica. Benché la posta in gioco sembri particolarmente alta nella contesa elettorale di quest'anno, è bene ricordare che ogni presidente deve confrontarsi con importanti questioni di politica interna ed estera. Gli Stati Uniti hanno affrontato guerre catastrofiche, collassi economici e sì, anche precedenti pandemie, eppure la loro economia ha dimostrato una forte capacità di tenuta e il paese ha continuato a progredire. Nonostante la tentazione di cedere alle lusinghe del dibattito politico, gli investitori devono avere la fermezza necessaria per restare concentrati sugli obiettivi che si sono posti. Nei mesi a venire, molti professionisti dell'investimento e semplici investitori tenteranno di prevedere l'andamento futuro del mercato in base al risultato delle elezioni. I mercati, tuttavia, possono reagire in maniera sorprendente al verdetto delle urne, come è già accaduto nel 2016, quando i listini si sono impennati alla notizia dell'elezione di Donald Trump, sconfessando le previsioni che davano i mercati in ribasso in caso di una sua vittoria. Un excursus dei precedenti storici del paese rivela che esistono correlazioni molto più complesse e sfumate tra il partito che si aggiudica la presidenza e il relativo impatto economico o di mercato. La tripartizione del sistema di governo negli Stati Uniti assicura un equilibrio di poteri tra la sfera esecutiva, legislativa e giudiziaria, ma ad essere determinanti sono le peculiarità dei partiti politici che controllano ciascuna delle rispettive istituzioni. Quando si tratta di spesa e di politiche, i due rami del potere legislativo, ossia la Camera dei Rappresentanti e il Senato, possono agire da contrappeso del potere esecutivo o da acceleratore politico. L'economia e i mercati contano L'opinione ponderata o meno (in genere non lo è) che gli elettori si formano in merito a un presidente è spesso influenzata dallo stato dell'economia e dei mercati azionari. Sin dal 1924, se non si è verificata alcuna recessione nei due anni precedenti le elezioni, il presidente uscente è stato rieletto nel 100% dei casi. Delle quattro occasioni in cui si è verificata una recessione nei due anni antecedenti il voto, in tre casi il presidente in carica non ha ottenuto la rielezione. All'inizio del 2020, gli Stati Uniti sembravano destinati a continuare sulla strada dell'espansione economica finché il lockdown non ha gettato il paese nella recessione. Benché il contraccolpo sia stato improvviso e travolgente, data la causa e la sua portata globale, non è chiaro se l'elettorato riterrà responsabile il presidente Trump così come è avvenuto per i suoi predecessori in condizioni analoghe.
Elezioni presidenziali USA 2020: la sfida è aperta Grafico 1: Crescita cumulata del PIL reale quando un presidente in carica è stato in corsa per la rielezione ⋯ 1956 ⋯ 1964 ⋯ 1972 ■ 1976 ■ 1980 ⋯ 1984 ■ 1992 ⋯ 1996 ⋯ 2004 ⋯ 2012 ■ 2020 150 140 Ribasato a 100 130 120 110 2020 100 90 0 1 2 3 4 5 6 7 8 # di trimestri prima di una rielezione Fonte: Haver Analytics. Le linee continue rappresentano le elezioni in cui ha avuto luogo una recessione economica nei due anni precedenti la data delle votazioni. Dati trimestrali dal 31 marzo 1948 al 31 marzo 2020. Ciascuna serie è stata ribasata a 100 due anni prima dell'anno elettorale: 1956 — ribasata il 31 dicembre 1954, 1964 — ribasata il 31 dicembre 1962, 1972 — ribasata il 31 dicembre 1970, 1976 — ribasata il 31 dicembre 1974, 1980 — ribasata il 31 dicembre 1978, 1984 — ribasata il 31 dicembre 1982, 1992 — ribasata il 31 dicembre 1990, 1996 — ribasata il 31 dicembre 1994, 2004 — ribasata il 31 dicembre 2002, 2012 — ribasata il 31 dicembre 2010, 2020 — ribasata il 31 dicembre 2018. Dal momento che le elezioni 2020 non hanno ancora avuto luogo, i dati sul PIL sono analizzati dal 31 dicembre 2018 al 30 giugno 2020. Una dinamica simile è osservabile a livello di rendimenti del mercato azionario alla vigilia delle elezioni presidenziali. Quando i listini USA si sono attestati in territorio positivo nei tre mesi precedenti il voto, il presidente in carica ha spesso ottenuto la rielezione. Dopo la forte correzione subita nel primo trimestre 2020, i mercati azionari statunitensi hanno evidenziato un costante trend rialzista, toccando nuovi massimi record a inizio settembre prima di essere colti da una nuova ondata di volatilità. Grafico 2: Performance dell'indice S&P 500 tre mesi prima di un'elezione presidenziale Anno S&P 500 Price Return Partito in carica Anno S&P 500 Price Return Partito in carica 1928 14,91% Vittoria 1976 -0,09% Sconfitta 1932 -2,56% Sconfitta 1980 6,66% Sconfitta 1936 7,92% Vittoria 1984 4,80% Vittoria 1940 8,56% Vittoria 1988 1,91% Vittoria 1944 2,29% Vittoria 1992 -1,22% Sconfitta 1948 5,36% Vittoria 1996 8,17% Vittoria 1952 -3,26% Sconfitta 2000 -3,21% Sconfitta 1956 -2,58% Vittoria 2004 2,16% Vittoria 1960 -0,74% Sconfitta 2008 -19,48% Sconfitta 1964 2,63% Vittoria 2012 2,45% Vittoria 1968 6,45% Sconfitta 2016 -1,89% Sconfitta 1972 6,91% Vittoria Fonti: FactSet, S&P 500 Price Index, Strategas. Dati giornalieri dal 1° gennaio 1928 al 27 agosto 2020. * Rendimento calcolato a partire da 3 mesi prima della data delle elezioni e in USD. 2 di 6
Elezioni presidenziali USA 2020: la sfida è aperta La presidenza non è tutto Quando si tratta di legiferare e prendere decisioni in materia finanziaria, il presidente ha bisogno della collaborazione del Congresso per portare avanti la sua agenda. Il Congresso detiene il cosiddetto "potere della borsa": la Camera dei Rappresentanti ha il potere esclusivo di redigere i disegni di legge per la raccolta di gettito fiscale, ma per l'approvazione definitiva occorre l'assenso del Senato e del presidente. Un'analisi storica della performance dei mercati azionari, tuttavia, rivela che il loro andamento non risente in particolar modo di quale sia la maggioranza al Congresso. Anche quando un partito controlla la Camera dei Rappresentanti e l'altro il Senato, il Congresso ha dimostrato di saper agire in modo rapido ed efficiente se le condizioni lo richiedono, come è difatti accaduto all'inizio della pandemia. Il Senato a maggioranza repubblicana e la Camera a maggioranza democratica si sono mossi celermente e di concerto con il presidente repubblicano approvando un ingente pacchetto di stimolo, necessario per fornire sostegno economico a singoli cittadini e imprese. Non è chiaro se la collaborazione continuerà quando il Congresso dovrà valutare ulteriori misure di stimolo, considerando che, con il vivo della campagna elettorale ormai alle porte, ha già fallito nel tentativo di trovare un accordo sulla manovra attualmente in discussione. Quel che è certo è che nuove forme di sostegno sono necessarie per i milioni di lavoratori disoccupati e imprese in difficoltà ancora alle prese con le conseguenze dei lockdown. Grafico 3: Controllo dei partiti, performance annua media dell'S&P 500 (1933–2019) 12% 10% 10,1% 8% 8,6% 8,9% 8,9% 6% 4% 2% 0% Partito unificato Congresso diviso Congresso monocolore Media complessiva Fonti: FactSet, S&P 500 Price Index. Dati annuali dal 31 dicembre 1933 al 31 dicembre 2019. Dati di performance in USD. Partito unificato = il Congresso e il Presidente appartengono allo stesso partito politico. Congresso diviso = Camera e Senato non sono controllati dallo stesso partito politico. Congresso monocolore = Camera e Senato sono controllati dallo stesso partito politico. Media calcolata per ogni rispettiva categoria. Media complessiva calcolata dal 1933 al 2019. Percorsi politici divergenti I programmi delle due principali forze politiche sono molto diversi e su alcuni temi chiave Democratici e Repubblicani sono più lontani che mai. Questioni di cruciale importanza come le tasse, gli scambi commerciali e il sistema sanitario saranno al centro della scena alla vigilia delle elezioni e anche dopo. Tasse Nel 2017, una delle prime decisioni politiche di rilievo del presidente Trump ha riguardato il taglio delle tasse per cittadini e imprese nel tentativo di stimolare la crescita economica. L'amministrazione Trump ha intenzione di prorogare il Tax Cuts and Jobs Act e ha ventilato l'idea di tagliare le imposte sui salari. Joe Biden, ex vicepresidente e attuale candidato democratico alla Casa Bianca, ha criticato l'intervento sulle imposte voluto da Trump nel 2017 giudicandolo troppo generoso nei confronti delle società e dei cittadini più abbienti. Da parte sua, ha promesso di revocare alcuni tagli fiscali aumentando l'aliquota marginale per i contribuenti più ricchi (dal 37% al 39,6%), assoggettando al 12,4% di contributi previdenziali i redditi eccedenti i 400.000 dollari e portando al 28% l'aliquota più alta per l'imposta sui redditi delle società (oggi al 21%). 3 di 6
Elezioni presidenziali USA 2020: la sfida è aperta Scambi commerciali Nel corso della sua amministrazione, il presidente si è occupato molto di scambi commerciali impegnandosi a riportare in patria posti di lavoro del comparto manifatturiero che erano stati delocalizzati all'estero. La guerra commerciale con la Cina è stata il cardine della politica di Trump in questo settore per tutto il suo primo mandato e il presidente ha sfruttato le difficoltà riscontrate dagli Stati Uniti negli approvvigionamenti sanitari durante la pandemia per ridare slancio alla sua posizione. Ha promesso di mettere l'America al primo posto e di prendere provvedimenti contro i paesi con cui gli Stati Uniti hanno un elevato deficit commerciale o che, a suo parere, tassano ingiustamente le imprese americane all'estero. L'ex vicepresidente Biden ha proposto un piano decennale per le infrastrutture made in America da 1.300 miliardi di dollari. Ha promesso di spendere 700 miliardi di dollari in prodotti nazionali e in ricerca industriale, un investimento che a suo dire creerà almeno cinque milioni di nuovi posti di lavoro. Biden ha criticato la guerra commerciale avviata da Trump con la Cina, ritenendo che abbia danneggiato i consumatori e gli agricoltori statunitensi, anche se i Democratici concordano in larga parte sul fatto che gli Stati Uniti devono avere un atteggiamento più fermo con la Cina. L'avversario di Trump sostiene che favorirà la posizione degli USA nello scenario economico globale investendo in innovazione e offrendo nuove opportunità alla classe media statunitense prima di stipulare qualsiasi altro accordo commerciale. Sistema sanitario Il presidente ha esercitato il suo potere esecutivo per revocare in parte l'Affordable Care Act promuovendo in alternativa una maggiore concorrenza tra compagnie assicurative da uno stato all'altro. Nella sua proposta di legge finanziaria per il 2021, l'amministrazione Trump ha previsto di concedere ai singoli stati una maggiore flessibilità nella gestione del programma Medicaid. Biden, al contrario, si è impegnato a rafforzare l'Affordable Care Act, ma non si è spinto tanto in là da propugnare un sistema totalmente a carico del pubblico come Medicare for All. Ha invece proposto di introdurre un'opzione del tipo Medicare che fungerebbe da alternativa all'assicurazione privata. Si è dichiarato a favore di un disegno di legge approvato lo scorso anno che consentirebbe a Medicare di trattare sul prezzo dei farmaci, come avviene per gli assicuratori privati. Trump, dal canto suo, ha dichiarato che porrà il veto su quel provvedimento poiché spingerebbe le case farmaceutiche a spendere meno in ricerca e sviluppo. Non è finita finché non è finita Una potenziale fonte di incertezza ulteriore rispetto al solito che aleggia sulle presidenziali 2020 è la crescente probabilità di non poter proclamare subito il vincitore e, forse, neppure di conoscere l'equilibrio di potere al Congresso. L'ultima volta è accaduto nel 2000, quando ci sono volute più di cinque settimane per decretare ufficialmente la vittoria di George W. Bush. La pandemia di coronavirus ha indotto molti stati a incoraggiare la pratica del voto per posta al fine di limitare la potenziale esposizione al virus di chi si reca alle urne. Tuttavia, già in occasione delle primarie tenutesi quest'anno, alcuni stati hanno avuto difficoltà a conteggiare volumi di voti per posta anche molto modesti se paragonati a quelli tipicamente espressi in un'elezione generale. A New York, ad esempio, durante le primarie del partito democratico, migliaia di voti spediti per posta sono stati ritenuti non idonei, mettendo in discussione l'integrità della consultazione elettorale. L'eventualità che scenari simili si ripetano in tutti gli Stati Uniti è una prospettiva preoccupante. Mentre la votazione da parte di cittadini che sono impossibilitati a recarsi al seggio, e che dunque utilizzano una scheda elettorale appositamente richiesta ai funzionari locali, è relativamente esente da controversie, l'esercizio universale del voto tramite posta ha destato il sospetto di alcuni, soprattutto Repubblicani, che temono maggiori possibilità di brogli dovuti all'invio di tessere elettorali non richieste a tutti gli aventi diritto. Stati diversi possono avere regole diverse per quanto riguarda il voto tramite posta. I critici hanno espresso la preoccupazione che, negli stati dove i candidati sono testa a testa, le schede elettorali possano essere manipolate dopo la votazione per colmare i divari. Condivide questo timore anche Trump, che predilige nettamente il voto in presenza rispetto alla casistica variabile del voto per posta. Uno scenario su cui la stampa si è soffermata vorrebbe che l'elettorato di Trump sia più incline dei sostenitori di Biden a presentarsi direttamente al seggio per votare il giorno prestabilito (o prima, negli stati che anticipano la data delle elezioni) e questo potrebbe fare sì che Trump sia dato per vincitore alla chiusura dei seggi. Una volta conteggiati i voti per posta, tuttavia, il vantaggio potrebbe svanire, fornendo al presidente e al suo comitato elettorale un pretesto per contestare la validità dei risultati. È facile prevedere che i sostenitori di Biden farebbero altrettanto a parti invertite. 4 di 6
Elezioni presidenziali USA 2020: la sfida è aperta Nei quasi 20 anni trascorsi dalle contestate elezioni presidenziali del 2000 in cui si sono affrontati l'allora governatore del Texas George W. Bush e il vicepresidente Al Gore, l'elettorato statunitense si è fortemente polarizzato. Il Grafico 4 illustra proprio questo aspetto. Nelle tornate elettorali successive al 2000, in media, i rating di impopolarità dei candidati per i due partiti principali sono andati tendenzialmente aumentando. In un contesto di pandemia globale, discordia sociale e persistente diseguaglianza di reddito, un risultato incerto alle elezioni presidenziali potrebbe aggiungere benzina sul fuoco, facendo impennare la volatilità di mercato. Grafico 4: Rating di impopolarità dei candidati alla presidenza (1984–2020) ■ Candidato democratico ■ Candidato repubblicano 60 Trump Trump 50 H Clinton 40 Impopolarità % GW Bush 30 Obama Obama GHW Bush B Clinton Biden 20 GHW Bush Mondale Kerry Romney Gore McCain 10 Dole B Clinton Reagan 0 Dukakis GW Bush 1984 1988 1992 1996 2000 2004 2008 2012 2016 2020 Fonti: Roper Center, IBD/TIPP, WSJ/NBC News. Tornando ai dati storici, in occasione della contestatissima elezione del 2000, l'indice S&P 500 ha perso il 10% circa tra la chiusura delle contrattazioni nel giorno del voto alle urne e il punto minimo della serie raggiunto il 30 novembre. Alla data del 12 dicembre, giorno in cui la Corte Suprema degli Stati Uniti ha deliberato nel caso Bush contro Gore, fermando il riconteggio manuale nello stato della Florida e lasciando così a Bush la vittoria in quel collegio elettorale, l'indice era all'incirca del 5% inferiore rispetto al valore con cui aveva chiuso le contrattazioni nel giorno delle elezioni. La faziosità ancora più marcata che si registra nel 2020 suggerisce che un'altra elezione dall'esito contestato potrebbe avere profonde implicazioni sociali, alcune delle quali con potenziali ricadute sui mercati. Il blocco di emergenza Un'altra idiosincrasia della campagna per le presidenziali 2020 è il tentativo dei legislatori democratici di liberarsi dall'ostruzionismo in Senato, che funziona essenzialmente come una sorta di "blocco di emergenza" per impedire o ritardare l'approvazione di una legge. A inizio settembre, i Democratici erano dati per vincenti al Senato e alla Casa Bianca, oltre che destinati a riconfermare la maggioranza della Camera. Importanti leader del Partito Democratico, tra cui l'ex presidente Barack Obama, hanno auspicato l'abolizione delle pratiche di ostruzionismo negli iter legislativi nel caso in cui siano i Democratici ad aggiudicarsi effettivamente il controllo del Senato. Biden e la sua candidata alla vicepresidenza Kamala Harris (eletta in California), entrambi con esperienza come senatori alle spalle, sono aperti all'idea. L'abolizione delle pratiche di ostruzionismo potrebbe avere conseguenze di rilievo. Riforme legislative di vasta portata diventerebbero possibili senza prestare grande attenzione alle obiezioni della minoranza. La cancellazione di norme istituzionali per un tornaconto politico di breve termine potrebbe tuttavia avere effetti di notevole peso nel lungo periodo e ritorcersi contro gli stessi Democratici se dovessero perdere la maggioranza al Senato. Come minimo, l'abbandono dell'ostruzionismo renderebbe probabilmente più volatile la politica statunitense, con la possibile conseguenza di rendere più volatili anche i mercati del paese. 5 di 6
Elezioni presidenziali USA 2020: la sfida è aperta Mantenere la rotta I risultati delle elezioni possono avere profonde implicazioni politiche, economiche e sociali. Fortunatamente, l'equilibrio dei poteri non è nelle mani di una singola persona o di un singolo partito, ma risiede piuttosto in un sistema di responsabilità diffuse concepito per tenere i politici un minimo sotto controllo. Il processo democratico e le costanti spinte e controspinte dell'agone politico hanno delineato i confini entro i quali l'economia e il mercato azionario degli Stati Uniti si sono sviluppati sino a diventare i maggiori al mondo. Negli anni di elezioni e in altre fasi di cambiamento, è importante che gli investitori non si lascino portare fuori rotta dal flusso di notizie. Mantenere un approccio disciplinato agli investimenti, un orizzonte di lungo termine e un piano sensato di ribilanciamento continua ad essere una valida scelta in questo anno elettorale così come in altri. L'S&P 500 Index misura la performance dell'ampio mercato azionario statunitense. "Standard & Poor's®" e S&P "S&P®" sono marchi registrati di Standard & Poor's Financial Services LLC ("S&P") e Dow Jones è un marchio registrato di Dow Jones Trademark Holdings LLC ("Dow Jones"). Tali marchi sono concessi in licenza d'uso a S&P Dow Jones Indices LLC e concessi in sublicenza per determinati scopi ad MFS. L'S&P 500® è un prodotto di S&P Dow Jones Indices LLC, ed è stato concesso in licenza d'uso a MFS. I prodotti di MFS non sono sponsorizzati, approvati, venduti o promossi da S&P Dow Jones Indices LLC, Dow Jones, S&P o dalle rispettive affiliate, e né S&P Dow Jones Indices LLC, Dow Jones, S&P, né le rispettive affiliate rilasciano alcuna dichiarazione in merito all'opportunità di investire in tali prodotti. Le opinioni espresse sono quelle del o degli autori e sono soggette a modifica in qualsiasi momento. 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