Donne e sviluppo sostenibile - Provincia Autonoma di Trento - Servizio Pari Opportunità - Pari opportunità

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CONTESTI INTERNAZIONALI
Donne e
sviluppo sostenibile

Provincia Autonoma di Trento - Servizio Pari Opportunità
1. LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE E LA
DIFFERENZA DI GENERE

1.1 La attività di cooperazione dell’OCDE: il DAC

1.2 La cooperazione bilaterale di alcune Agenzie
Europee
    1.2.1 La cooperazione tedesca
    1.2.2 La cooperazione inglese
    1.2.3 La cooperazione francese

                                                         indice fascicolo quarto
    1.2.4 La cooperazione svedese
    1.2.5 La cooperazione danese
    1.2.6 La cooperazione norvegese

1.3 La cooperazione bilaterale di Stati Uniti e Canada
    1.3.1 La cooperazione canadese
    1.3.2 La cooperazione statunitense

1.4 La cooperazione bilaterale di Giappone e Australia
   1.4.1 La cooperazione giapponese
   1.4.2 La cooperazione australiana

1.5 Le organizzazioni non governative
    1.5.1 Le grandi organizzazioni non governative
    internazionali

1.6 La cooperazione decentrata

1.7 Alcuni modelli di intervento particolarmente
significativi
2. LA COOPERAZIONE NAZIONALE E LA DIFFERENZA DI
GENERE

2.1 La cooperazione bilaterale nazionale

2.2 La cooperazione delle organizzazioni non
governative

2.3 La cooperazione decentrata

2.4 Alcuni modelli di intervento particolarmente
significativi

3. LA COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO NELLA PROVINCIA
AUTONOMA DI TRENTO

3.1 La cooperazione decentrata in Provincia di Trento

3.2 Le associazioni trentine di cooperazione e
solidarietà internazionale

3.3 Progetti finanziati dalla PAT

3.4 Alcuni eventi promossi dalla PAT
LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
                                                  E LA DIFFERENZA DI GENERE
     1

          Gli anni ’90 sono il decennio del “non ritorno” nelle politiche di
          cooperazione allo sviluppo nel senso che una serie di eventi segnano
          il cambiamento decisivo dei discorsi e delle pratiche. Se ci riferiamo
          alle questioni di genere, il 1995 è un anno significativo. La data
          ricorda la conferenza internazionale delle donne a Pechino, un

                                                                                   donne e sviluppo sostenibile
          momento di svolta nelle riflessioni, nei contenuti e nelle pratiche
          delle pari opportunità. La gender mainstreaming, entra a far parte
          di un processo cognitivo e sociale che investe il fare politica e il
          prendere le decisioni a livello mondiale assicurando interessi e
          bisogni, opportunità, obblighi e diritti di donne e uomini. Essa si
          definisce come “il processo di valutazione delle implicazioni per
          donne e uomini di ogni azione pianificata, includendo la legislazione,
          rendendo le esperienze e i punti di vista degli uomini e delle donne
          una dimensione integrale nella definizione, attuazione, monitoraggio
          e valutazione di politiche e programmi in tutte le sfere economiche,
          politiche e sociali in maniera tale che uomini e donne ne beneficino
          in maniera equa e le disuguaglianze non siano perpetuate; l’obiettivo
          ultimo è raggiungere l’uguaglianza di genere” 1. La nuova corrente
          di genere rappresenta la posta in gioco delle più attuali politiche
          di cooperazione allo sviluppo e accompagnerà la nostra escursione
          all’interno degli organismi locali e sovralocali, governativi e non
          governativi, centrali e decentrati. Sarà interessante notare come
          stia emergendo uno sforzo comune per integrare l’uguaglianza di
          genere nelle politiche di cooperazione e, soprattutto, per educarsi
          ad un nuovo modo di leggere il rapporto tra donne e uomini nello
          sviluppo, equamente centrato su entrambi i sessi e non focalizzato
          esclusivamente su l’uno o sull’altra. In particolare, si noterà il
          tentativo di superare logiche focalizzate sulle donne, soggetti
          marginali, marginalizzati e beneficiari di progetti, tipiche di un
          approccio WID (Women in Developement) figlio degli anni ’70 e di
          elaborare logiche nuove di tipo GAD (Gender and Development)
          tipiche di una società a democrazia partecipata e, quindi, ad equa
          distribuzione del potere tra donne e uomini voluta a partire dagli
          anni ’90.

                             LE ATTIVITÀ DI COOPERAZIONE DELL’OECD: IL DAC
    1.1

          Nata nel 1961 con il nome di Organizzazione Europea di Cooperazione
          Economica il cui scopo era di amministrare gli aiuti statunitensi e

                                                                                                  5
fascicolo quarto
6

    canadesi nell’ambito del Piano Marshall, l’attuale Organizzazione per
    la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OECD – Organisation for
    Economic Co-operation and Development) estende le sue frontiere
    e i suoi obiettivi2. Missioni storiche dell’OECD restano il rinforzo e
    il miglioramento delle economie dei paesi membri, la promozione
    dell’economia di mercato e del libero scambio per contribuire alla
    crescita sia dei paesi industrializzati che di quelli in via di sviluppo.
    Nell’articolo 1 della Convenzione firmata a Parigi il 14 dicembre 1960
    che porterà, l’anno successivo, all’entrata in vigore dell’OECD, si
    legge tra gli obiettivi da perseguire nell’elaborazione di politiche
    finalizzate al raggiungimento della massima crescita economica e
    del massimo impiego, l’importanza di contribuire allo sviluppo del
    commercio mondiale su basi multilaterali e non discriminatorie.
    Attualmente, dinnanzi all’imperativo di ascoltare i richiami di quei
    paesi che partecipano, volontariamente o in modo condizionato,
    all’economia di mercato, l’OECD allarga i suoi orizzonti e mette la
    sua esperienza in campo facilitando la transizione delle economie
    pianificate dei paesi emergenti al sistema capitalista. Dall’ascolto
    al dialogo: l’OECD interagisce con i dinamismi economici asiatici
    e latino-americani aiutando il loro inserimento nell’economia
    mondiale con lo scopo messianico di contribuire all’avvento di
    un’era post-industriale. Motore di questo dinamismo è il DAC, il
    principale strumento attraverso il quale l’OECD veicola politiche
    ed azioni relative alla cooperazione con i PVS. Dietro all’acronimo
    DAC (Development Assistance Committee)3, si nasconde un forum
    dei maggiori donatori bilaterali il cui incontro mira ad incrementare
    l’efficacia degli sforzi comuni compiuti in direzione dello sviluppo
    sostenibile. All’interno del forum, la cooperazione internazionale allo
    sviluppo si interroga sulle sue capacità di contribuire all’ingresso dei
    PVS nell’economia globale, di sconfiggere la povertà e di aiutare le
    popolazioni di questi paesi a partecipare pienamente alle decisioni
    della loro vita sociale4. Dal punto di vista istituzionale, il lavoro del
    DAC è sostenuto dalla DCD (Development Co-operation Directorate),
    una delle tante direzioni dell’OECD. Presupposto di ogni intervento, è
    la convinzione unanime dei paesi membri che lo sviluppo sostenibile
    rifletta pienamente i bisogni di donne e uomini. Nel 1983, il DAC ha
    adottato i “Guiding Principles to Aid Agencies for Supporting the
    Role of Women in Development”, principi rivisti nel 1989 che hanno
    contribuito a rendere centrale le questioni di genere nei programmi
    di cooperazione allo sviluppo e, successivamente, confluiti nel
    “DAC Guidelines for Gender Equality and Women’s Empowerment in
    Development Co-operation” elaborate nel 1995, dopo la Conferenza
    di Pechino e più volte riviste. Le nuove linee-guida pongono un’enfasi
    nuova sull’uguaglianza di genere come un obiettivo di sviluppo,

                                                      CONTESTI INTERNAZIONALI
sulla gender mainstreaming come discorso trasversale da inserire
          nella formulazione delle politiche di sviluppo, dei programmi
          e delle valutazioni e sulla creazione di una partnership tra le
          autorità locali e la società civile come attori strategici di sviluppo.
          La questione delle pari opportunità (gender equality) è emersa
          inizialmente attraverso una rete sulle pari opportunità (Network
          on Gender Equality – GENDERNET, in passato conosciuto con il nome
          di Working Party on Gender Equality). GENDERNET è l’unico forum
          internazionale ad accogliere esperti di genere appartenenti sia ad

                                                                                        donne e sviluppo sostenibile
          agenzie di sviluppo bilaterali che multilaterali aperto alla società
          civile, a sua volta invitata a contribuire e a partecipare alle attività e
          agli eventi organizzati dalla rete. Il filo del discorso mira a ricostruire
          dagli approcci comuni, a condividere le buone pratiche, le idee
          innovative e lo stato dell’arte della ricerca sulle questioni di genere.
          Il miglioramento economico, sociale politico dei paesi sviluppati è
          vincolato a risultati positivi nella lotta per le pari opportunità e
          l’empowerment del mondo femminile, risultati senza i quali non si
          potrà vincere alcuna scommessa. Lo sviluppo, per essere effettivo,
          sostenibile e autenticamente centrato sulla dimensione umana, deve
          poter contare sull’esperienza, l’intuito e il sapere di donne e uomini.
          Il delicato equilibrio di genere si gioca su una pluralità di livelli
          – macro, meso e micro – la cui stabilità richiede specifiche misure di
          osservazione e monitoraggio in grado di trasformare una propensione
          all’azione in azioni di sviluppo. GENDERNET svolge proprio il
          compito strategico di “vigilare” sul DAC e, in generale, sull’OECD,
          affinché la questione delle pari opportunità non venga meno nelle
          politiche e pratiche di sviluppo (gestione dei conflitti, costruzione
          e ricostruzione della pace, governance, riduzione della povertà,
          ambiente, ecc.). Il discorso costruito da questa rete contribuisce
          alla definizione della mainstreaming sulle pari opportunità. Nel
          concreto, GENDERNET organizza e patrocina seminari tematici che
          coinvolgono l’OECD e i paesi membri, le Nazioni Unite, gli istituti di
          ricerca e le organizzazioni della società civile. I paesi che saranno
          presi in considerazione nei seguenti paragrafi e dei quali sarà fornita
          una breve descrizione relativamente alle politiche e alle attività
          sull’uguaglianza di genere realizzate nell’ambito della cooperazione
          allo sviluppo fanno tutti parte dell’OECD.

                                                   LA COOPERAZIONE BILATERALE
                                                    DI ALCUNE AGENZIE EUROPEE
    1.2

          Dalla metà degli anni ’90 e, in particolare, dopo la Conferenza
          di Pechino nel 1995 che segna un momento di svolta nel discorso

                                                                                                       7
fascicolo quarto
8

    internazionale delle pari opportunità tra donne ed uomini, le diverse
    Agenzie di cooperazione allo sviluppo europee hanno introdotto
    la questione di genere e, quindi, la promozione dell’uguaglianza
    dei sessi, nelle politiche settoriali di sviluppo. Nei diversi casi
    che saranno oggetto di questo itinerario europeo nel mondo della
    cooperazione, apparirà in modo palese una somiglianza negli intenti
    e nelle retoriche che raccontano le azioni mirate all’uguaglianza
    di genere. Nonostante la Norvegia non faccia parte dell’Unione
    Europea, le sue linee-guida nazionali in materia di uguaglianza di
    genere si conformano ai contenuti dei documenti internazionali5
    sui quali anche gli altri paesi considerati (Germania, Regno Unito,
    Francia, Svezia e Danimarca), membri dell’Unione, ricalcano le
    loro politiche e strategie per la promozione delle pari opportunità6.
    Le politiche in materia di uguaglianza fra donne e uomini sono
    perseguite da tutti i paesi nel quadro della cooperazione bilaterale
    allo sviluppo. Il nuovo regolamento (CE) n. 806 del 2004, che
    sostituisce il precedente n. 2836 del 1998, relativo alla promozione
    dell’uguaglianza dei sessi nella cooperazione allo sviluppo, fa
    emergere una volontà di rafforzare un percorso già intrapreso
    verso l’integrazione della dimensione di genere nell’insieme delle
    politiche in materia di cooperazione internazionale. Tra le righe si
    fa strada il ruolo trasversale dell’uguaglianza dei sessi all’interno
    dei finanziamenti comunitari relativi allo sviluppo e la necessità di
    sostenere le istituzioni pubbliche e private nazionali a favore di quei
    paesi in via di sviluppo che manifestino una disponibilità ad assumersi
    responsabilità specifiche di fronte alla promozione dell’uguaglianza
    di genere. A livello operativo, un piano d’azione 2001-2006 è stato
    elaborato per integrare in modo sistematico e coerente l’uguaglianza
    di genere nelle politiche di sviluppo della Comunità Europea. Questo
    piano, oltre a tener conto del regolamento del 1998 (n. 2836), si
    riferisce alla comunicazione sull’integrazione delle questioni di
    genere nella cooperazione allo sviluppo e alla risoluzione del Consiglio
    su medesimo argomento entrambe del 1995. In generale, è possibile
    individuare una nuova tendenza che pone l’accento sulla relazione
    genere e sviluppo (gender and development) nella quale il problema
    dell’ineguaglianza tra donne e uomini appare nella sua totalità
    interessando non solo la condizione della donna, ma anche quella
    dell’uomo. Il ruolo della dimensione di genere investe numerose
    attività di cooperazione allo sviluppo legate all’accesso alle risorse
    e ai servizi destinati alle donne, all’istruzione, alla formazione, alla
    sanità (riproduzione, salute genesica, malattie dovute alla povertà,
    programmi relativi all’HIV e all’AIDS), alla lotta contro la violenza,
    alle attività economiche e sociali, all’occupazione e alle infrastrutture
    e alla partecipazione delle donne ai processi di decisione politica. I

                                                      CONTESTI INTERNAZIONALI
singoli paesi intervengono per migliorare la definizione e l’analisi
       degli indicatori; incoraggiare le campagne di sensibilizzazione e
       di promozione; promuovere le attività che rafforzano le capacità
       istituzionali e operative degli attori fondamentali del processo di
       sviluppo. In alcuni casi, si punta al rafforzamento di partnership
       strategiche e di accordi transnazionali finalizzati ad intensificare la
       cooperazione regionale.

                                                  LA COOPERAZIONE TEDESCA

                                                                                   donne e sviluppo sostenibile
   1.2.1

       La Gesellschaft für Technische Zusammenarbeit tedesca, conosciuta
       con l’acronimo GTZ7, in altre parole l’agenzia di cooperazione allo
       sviluppo tedesca, fa dell’approccio di genere lo strumento essenziale
       per assicurare la parità dei diritti e delle opportunità per ragazzi e
       ragazze, uomini e donne nei paesi in via di sviluppo. L’attenzione
       verso l’equità nell’accesso e nella partecipazione di donne e uomini
       ai progetti di sviluppo è maturata in questi ultimi anni quando sono
       stati creati una serie di progetti, a diversi livelli, finalizzati alla
       realizzazione di strutture politiche e di condizioni favorevoli alla
       promozione dell’uguaglianza di genere. Il loro obiettivo prioritario è di
       fornire dei servizi consultivi ai paesi-partner che desiderano integrare
       la gender mainstreaming nei processi di decisionalità politica
       nazionale. Recentemente, il pragmatismo tedesco ha elaborato un
       pacchetto di strumenti pratici utili all’integrazione delle questioni
       di genere in diversi settori8. L’uguaglianza di genere, tematica
       trasversale (“übergreifende Themen”), non è solo un imperativo per
       GTZ, ma anche un prerequisito per ogni servizio che operi nel settore
       della consulenza di genere. La filosofia d’intervento è stata raccolta
       nel 2001 in una serie di strategie di genere dal titolo “Gender at the
       GTZ”. Un ambito di forte impegno per la cooperazione allo sviluppo
       tedesca è la lotta per i diritti delle donne: diritti umani che, oltre ad
       essere degli ideali ai quali aspirare, dovrebbero essere delle realtà.
       I diritti delle donne sono in sé obiettivi politici e poste in gioco
       della sostenibilità sociale e dello sviluppo economico. Nel 1997, il
       Ministero tedesco per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (BMZ)9
       ha affidato alla GTZ l’implementazione del progetto “Strengthening
       Women’s Rights” che ha consentito la realizzazione di numerosi lavori
       in oltre trenta paesi. Un secondo ambito di intervento di GTZ è il
       traffico delle donne, un fenomeno in espansione che ha raggiunto,
       oggi, la spaventosa magnitudo del traffico della droga e delle armi
       e che non risparmia donne e bambini dal lavoro forzato e dalla
       prostituzione. La complessità del problema e la sua multiscalarità
       necessitano interventi olistici e simultanei nei paesi d’origine delle

                                                                                                  9
fascicolo quarto
10

     vittime del traffico, nei paesi di transito e nei paesi di destinazione.
     Nel 2003, GTZ è stata ancora una volta l’interlocutore preferenziale
     del BMZ per l’esecuzione di un progetto contro il traffico delle donne
     che rientra nel programma d’azione 2015 del governo tedesco. Una
     prima iniziativa di questo progetto è stata un viaggio di studio in
     Lituania, realizzato in collaborazione con l’ufficio federale di polizia
     criminale per ufficiali di polizia e organizzazioni non governative.

     LA COOPERAZIONE INGLESE
                                                                                1.2.2

     Al centro delle politiche internazionali di sviluppo del governo
     britannico c’è l’eliminazione della povertà nel mondo da
     raggiungere attraverso la promozione dell’uguaglianza di genere e
     l’empowerment delle donne10. “Offrire alle ragazze le medesime
     opportunità dei ragazzi” è la sfida che il Department for International
     Development (DFID) ha raccolto dai Millenium Development Goals,
     implementandone il terzo obiettivo “Promote gender equality
     and empowerment women”11. Ciò significa fare dell’educazione e
     dell’accesso ai servizi scolastici la ragione prioritaria di ogni intervento
     di cooperazione allo sviluppo con l’ambizioso obiettivo di raggiungere
     entro il 2015, meglio se entro il 2005, una parità nel numero di
     ragazze e ragazzi nella scuola. Con la convinzione che l’educazione
     sia un diritto e non un privilegio, il DFID investe nell’educazione di
     base per ragazze e donne allo scopo di produrre degli impatti benefici
     sulle società aumentando i redditi familiari, riducendo i tassi di
     fertilità, contribuendo ad un miglioramento sanitario e nutrizionale.
     “Più ragazze a scuola, maggiore crescita economica, meno povertà”:
     lo slogan potrebbe riassumere le politiche governative per lo
     sviluppo impegnate in oltre trenta paesi, in particolare nell’Africa
     sub-sahariana e in Asia meridionale. Beneficiando dell’intervento
     britannico e sulla base del piano nazionale “Women and Girls
     First”, Paesi come il Bangladesh stanno, oggi, individuando il miglior
     percorso da intraprendere per riconoscere e legittimare l’importanza
     della parità per le donne. In Nepal, uno dei paesi con il più alto
     tasso di mortalità di donne da parto, il DFID ha appoggiato il “Nepal
     Safe Motherhood Program” con lo scopo di ridurre tale mortalità
     promovendo l’impiego delle ostetriche e di servizi di pronto
     intervento ostetrico. Oltre ai servizi e alle attrezzature, il programma
     lavora con le organizzazioni femminili locali e nazionali per creare la
     consapevolezza dell’importanza, a livello della comunità locale, di
     proteggere la maternità e di facilitare l’accesso delle donne ai servizi
     di cura essenziali. In Pakistan, il DFID ha appoggiato il Governo locale
     nella lotta contro la violenza nelle donne e l’assenza di rappresentati

                                                         CONTESTI INTERNAZIONALI
femminili nella politica. Il risultato dell’intervento ha consentito a
           più di 35.000 donne di entrare nei consigli locali durante le elezioni
           amministrative del 2000/2001 e, nelle elezioni nazionali del 2002,
           il 22% dei seggi della Pakistan’s National Assembly sono andati a
           candidate donne. In Giordania, il “Family Protection Project” è stato
           elaborato per combattere la violenza domestica, l’abuso di minori
           e lo stupro. Nell’ambito di questo progetto, è stata creata un’unità
           di protezione familiare (Family Protection Unit) in collaborazione
           con la polizia per incoraggiare le donne a denunciare gli incidenti di

                                                                                      donne e sviluppo sostenibile
           violenza domestica. In Nigeria, il DFID partecipa ad un programma
           congiunto con la Banca Mondiale e l’UNICEF, finalizzato ad elaborare
           strategie di sviluppo sostenibile per i bambini che non hanno accesso
           ai servizi scolastici o che hanno abbandonato la scuola. Sempre nel
           contesto africano, il DFID appoggia il Forum for African Women
           Educationalists (FAWE) in Ruanda, Zambia, Mozambico e Malawi le
           cui attività riguardano il sostegno ai bambini che non frequentano
           la scuola, la fornitura di borse di studio e il sostegno a campagne ed
           attività mirate alla creazione della consapevolezza collettiva sui temi
           dell’educazione.

                                                    LA COOPERAZIONE FRANCESE
   1.2.3

           “Images, esprits, coeurs et opinions” sono gli strumenti più idonei per
           vincere le battaglie della modernità. Attraverso queste parole, il
           Ministero degli Esteri francese dichiara di essere consapevole del
           fatto che, solo attraverso il potere d’influenzamento su chi decide e
           sulle opinioni, le sue politiche ed azioni possono essere dei veicoli di
           solidarietà, presupposto per la realizzazione dello sviluppo
           sostenibile. Quindi, influenzamento e solidarietà rappresentano gli
           strumenti che la cooperazione internazionale, attraverso la DGCID
           (Direction générale de la Coopération Internationale et du
           Développement)12, mette a disposizione della diplomazia francese
           per accogliere le sfide della contemporaneità: sviluppo sostenibile,
           diversità culturale e accesso ai saperi. La promozione dell’uguaglianza
           uomo-donna (égalité homme – femme) è il nesso logico che unisce le
           diverse sfide e le accompagna verso la loro attualizzazione e si
           inserisce come posta in gioco nei programmi di aiuto allo sviluppo.
           Come è già stato più volte ricordato e ampiamente sviluppato nella
           parte zero di questo volume, il ruolo della donna nella società e la sua
           partecipazione allo sviluppo è stato oggetto e soggetto di una “Storia
           lunga e impervia che ha contribuito a rendere più storia la Storia del
           cammino umano”. Oggi, si parla in maniera diffusa di “genere”,
           “genre”, concetto adottato a livello internazionale, per esprimere il

                                                                                                     11
fascicolo quarto
12

     presente di quella Storia, risultato della lenta e non ancora compiuta
     evoluzione di un universo semantico complesso. Il francese, anche se
     con qualche riserva linguistica, lo mutua dall’inglese “gender” e si
     allinea con il pensiero emergente di “genre et développement” –
     genere e sviluppo, abbandonando l’orami obsoleto “femmes et
     développement” – donne nello sviluppo. La Francia segue l’itinerario
     tracciato dalle diverse conferenze internazionali partecipando fin da
     subito al primo appuntamento del 1975 a Città del Messico13.
     L’interessamento del Ministero degli Esteri per il ruolo della donna
     nello sviluppo è già forte negli anni ’70 quando, erano attive alcune
     iniziative nell’ambito della salute, dell’educazione e dell’assistenza
     sociale che tenevano conto dell’insistente messaggio delle Nazioni
     Unite di iscrivere l’uguaglianza dei diritti come principio direttivo di
     ogni azione politica. Si iscrive in quest’ottica, la firma, nel 1979,
     della Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di
     discriminazione conto le donne, conosciuta con il nome di
     “Convenzione CEDAW”. Più recentemente, il 10 dicembre 1999, la
     Francia ha firmato anche il “protocollo aggiuntivo alla convenzione”
     che ha contribuito alla costruzione di due nuovi meccanismi al
     servizio dell’uguaglianza: la comunicazione delle richieste individuali
     e la possibilità, per il comitato incaricato dell’applicazione della
     convenzione di fare delle inchieste negli Stati aderenti. Inizialmente
     più ideologica che operativa, la politica del Ministero ha potuto
     successivamente beneficiare dell’appoggio di strumenti tecnici
     elaborati da una rete di ricerca “femmes et développement” voluta
     dall’ORSTOM (Office de Recherche Scientifique des Territoires
     d’Outre-Mer), oggi IRD (Institut de Recherche sur le Développement).
     Per evidenti ragioni storiche, l’azione francese ha, da sempre,
     interessato principalmente gli ex territori coloniali dell’Africa
     subsahariana francofona, senza però dimenticare Haiti, altro partner
     privilegiato degli aiuti allo sviluppo. Recentemente, la politica estera
     ha conosciuto un periodo di grande apertura con un allargamento
     degli interessi e dei progetti ad altre aree geografiche. Questo nuovo
     atteggiamento ha permesso la costituzione di una Zona di solidarietà
     prioritaria (Zone de solidarité prioritaire – ZSP). La partecipazione
     dei diversi paesi a quest’area protetta è condizionata dalle decisioni
     del Comitato interministeriale per la cooperazione internazionale e
     lo sviluppo (CICID). La Zona di solidarietà prioritaria è coperta da un
     omonimo fondo, il FSP (Fonds de solidarité prioritaire), la versione
     aggiornata dell’ormai storico FAC (Fonds d’aide et de coopération). Il
     FSP finanzia dei progetti nazionali o internazionali, interessati a
     tematiche condivise da un insieme di paesi. Al suo interno, una linea
     di finanziamento prende il nome di FSD (Fonds social de
     développement) ed interessa dei progetti iniziati per due terzi dalla

                                                      CONTESTI INTERNAZIONALI
società civile e per un terzo dagli Stati. Si tratta di un fondo “debole”,
       gestito a livello locale dai servizi della cooperazione e dell’azione
       culturale, in grado di rispondere in modo pertinente alle realtà locali
       e ad eventuali nuovi partner. I beneficiari partecipano al fondo sociale
       contribuendo con almeno il 30% del totale del finanziamento. Il
       sistema del fondo debole è stato adottato per numerosi progetti
       finanziati e sostenuti dalla cooperazione francese. Con questa logica,
       nel 1987, il FAC ha lanciato un progetto finalizzato all’integrazione
       delle donne nello sviluppo (intégration des femmes dans le

                                                                                    donne e sviluppo sostenibile
       développement), promovendo delle azioni di sostegno alla
       partecipazione femminile in alcuni paesi africani (Mauritania, Niger,
       Camerun, Mali, Senegal, …) nell’ambito dell’accesso al credito, della
       gestione dei terroirs, dell’educazione, della salute, ecc..
       Parallelamente, è stata condotta una riflessione per integrare la
       problematica “donne e sviluppo” in tutti i progetti settoriali che ha
       portato alla definizione di un “programme mobilisateur femmes et
       développement” avente come obiettivo l’accompagnamento delle
       donne francofone dell’Africa nella loro preparazione alla conferenza
       di Pechino del 199514. Un particolare sostegno scientifico e tecnico è
       stato dato agli incontri regionali che dovevano preparare la
       conferenza mondiale sopra nominata, come l’incontro di Nouakchott
       nel giugno del 1994 in cui le africane hanno lavorato per trovare un
       consenso sulle loro priorità di sviluppo. Nel 1997, la valutazione del
       programma “donne e sviluppo”, nonché l’analisi dell’aiuto francese
       realizzate dal DAC (Development Assistance Committee) dell’OECD,
       hanno facilitato l’adozione di un programma dal titolo “Mise en
       oeuvre du programme d’actions de Pékin (genre). Promotion du droit
       des femmes» avviato nel 1999. Per rendere chiaro il quadro all’interno
       del quale si muovono politiche ed azioni di questo programma, ne
       esplicitiamo i principali obiettivi. L’appoggio alla partecipazione
       delle donne dell’Africa francofona nei dibattitti internazionali;
       l’elaborazione dei rapporti nazionali dei gender budgetin15 (bilan des
       actions dans le domaine du genre); messa in rete, restituzione locale
       dei risultati delle grandi conferenze in vista della loro integrazione
       nelle politiche pubbliche; il rinforzo delle capacità dei ricercatori e
       degli operatori dello sviluppo dei paesi partner attraverso l’appoggio
       alle istituzioni di ricerca; aiuto alla formazione degli statisti ed
       economisti di genere; valorizzazione della produzione scientifica
       francofona attraverso l’organizzazione di seminari internazionali e
       l’identificazione dei bisogni con la ricerca-azione; il sostegno di una
       cooperazione Sud-Sud nell’ambito delle questioni di genere e
       appoggio alla società civile. Ma quali sono gli attori che agiscono per
       la realizzazione di questi obiettivi? Parigi è il centro geografico di
       riferimento, luogo di elaborazione dei programmi-quadro. La

                                                                                                   13
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14

     Direction générale de la coopération internationale et du
     développement (DGCID) segue, a livello dell’amministrazione
     centrale, tutti quei programmi che includono le problematiche di
     genere, mentre, a livello decentrato, sono i Servizi di cooperazione e
     di azione culturale (SCAC) di ogni ambasciata francese i principali
     interlocutori di quanti (poteri pubblici, collettività territoriali, ONG,
     ecc.) volessero implementare questi programmi. La DGCID
     contribuisce, attraverso il suo pensiero e le sue competenze in
     azione, alla formazione del concetto di gender mainstreaming che
     presuppone l’adozione della problematica di genere nel sistema della
     cooperazione internazionale. In questo momento, i cantieri aperti
     sono molteplici e lasciano spazio alla costruzione di pensieri ed azioni
     nuove capaci di incrociare i linguaggi delle conferenze delle Nazioni
     Unite sullo sviluppo sostenibile, sulla popolazione e lo sviluppo
     sociale con i temi emersi a Pechino. A titolo d’esempio, ne elenchiamo
     alcuni, senza la pretesa, in queste brevi righe di esaurirne la
     descrizione. Un programma di scolarizzazione per ragazze, condotto
     dall’UNICEF, al quale partecipano sette paesi (“Initiative France-
     UNICEF”). Un programma sulla riproduzione, in corso in Costa
     d’Avorio e in Madagascar con il contributo del FNUAP/UNFPA (Fonds
     des Nations Unies pour les activités en matière de population/United
     Nation Found for Population Activities). Dei progetti realizzati
     dall’UNIFEM/UNDFW (Fonds de développement des Nations unies
     pour les femmes/United Nation Development Found for Women) in
     Africa; altri progetti sono in corso di elaborazione per la regione
     Maghreb-Machrek con il contributo volontario della Francia. La
     Commissione Economica per l’Africa (ECA/CEA) ha realizzato un sito
     internet sulle donne con l’aiuto del Ministero degli Affari Esteri. La
     protezione sociale delle donne costituisce il tema principale
     dell’accordo di collaborazione firmato, nel 1999, con l’ILO
     (International Labour Organisation). Prima di concludere, portiamo
     due esempi di come la cooperazione francese attualizzi il discorso di
     genere con un caso africano (Benin) e uno latino-americano
     (Colombia) in cui l’emancipazione economica della donna è vista
     come una componente essenziale per sfuggire alla povertà. Siamo a
     metà degli anni ’90, un periodo segnato dai processi di decentramento
     e democratizzazione in corso in molti paesi del Sud, vincoli imposti
     dalle grandi Agenzie internazionali e condizioni preliminari da
     raggiungere per l’ottenimento degli aiuti. Il programma “Système
     décentralisé de financement dans des quartiers défavorisés de
     Cotonou au Bénin” lanciato nel 1995, ha permesso di sostenere delle
     famiglie povere attraverso l’accesso al credito, presupposto per
     l’aumento dei redditi familiari e per la diversificazione delle filiere.
     Appoggiate dalla cooperazione francese, in collaborazione con l’ONG

                                                       CONTESTI INTERNAZIONALI
“Initiative Développement”, le donne di Cotonou, molto spesso capi
       di famiglie numerose, associandosi, hanno potuto beneficiare di
       prestiti per le loro attività produttive e commerciali. Oltre a costituire
       delle associazioni di solidarietà femminile, l’attività delle donne ha
       contribuito all’apertura di Cooperative di risparmio e di credito
       (Coopératives d’épargne et de crédit - COOPEC) che concorrono al
       raggiungimento della sicurezza alimentare e al miglioramento della
       qualità della vita. Allo stesso modo, le donne hanno creato delle
       “tontines”16 in ambito sanitario ed educativo in molti casi

                                                                                    donne e sviluppo sostenibile
       accompagnate dal sostegno dei poteri pubblici. L’altro progetto
       riguarda un centro di ascolto ed appoggio alle donne capi-famiglia di
       Medellin in Colombia, uno spazio di comunicazione collettiva avviato
       da ENDA-America con un finanziamento della Missione di cooperazione
       non governativa del Ministero degli Affari Esteri. L’idea è nato dalle
       donne del quartiere povero “Las independencias” come luogo di
       ascolto dei problemi di violenza familiare e civile, di riflessione
       comunitaria e di azione. Il centro d’ascolto è oggi in via di
       autonomizzazione e gode del riconoscimento locale. Non è un’enclave
       all’interno del sistema sociale, ma uno strumento aperto all’ambiente
       circostante: le donne, al di fuori del centro, svolgono le loro attività
       nei ristoranti popolari o nei giardini d’infanzia testimoniando il
       grande dinamismo che le lega alla loro comunità di appartenenza.

                                                   LA COOPERAZIONE SVEDESE
   1.2.4

       Nel 2003, il Riksdag ha adottato il Government Bill per la
       cooperazione internazionale allo sviluppo: “Sweden Policy for Global
       Development”, un documento nel quale il governo svedese enuncia
       le responsabilità collettive in materia di sviluppo. Le politiche di
       assistenza allo sviluppo sono considerate parte integrante di tutte le
       attività governative, rette dal comune obiettivo di contribuire ad uno
       sviluppo globale equo e sostenibile17. Il documento affonda le sue radici
       nella convinzione che le persone sono “attori con la voglia di sviluppo;
       né recipienti, né vittime”. Principi fondamentali sono la democrazia,
       l’uguaglianza di genere e i diritti del bambino. Nell’elaborazione dei
       temi che compongono le politiche di sviluppo primeggia l’uguaglianza
       di genere. L’obiettivo non è un’esclusiva della cooperazione
       internazionale, ma rappresenta un impegno collettivo per tutti i
       settori della società sui quali ricade la responsabilità dell’analisi,
       del controllo e dell’implementazione del concetto di uguaglianza tra
       donne ed uomini nelle rispettive sfere d’influenza. Nell’ambito della
       cooperazione, seconda la SIDA (Swedish International Development
       Authority), le questioni di genere sono sempre state centrali

                                                                                                   15
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16

     nell’elaborazione di politiche ed azioni d’intervento in cui la Svezia
     ha svolto un ruolo di leader nell’adozione del concetto di gender
     equality nell’agenda di tutte le principali conferenze delle Nazioni
     Unite, tra cui quella di Pechino nel 1995. Nel 1996, il Parlamento
     svedese dichiarò che l’uguaglianza di genere doveva diventare
     un obiettivo della cooperazione internazionale e, in particolare,
     permeare i rapporti con i paesi dell’Europa centrale e dell’est. A
     seguito dell’uscita delle linee-guida sull’uguaglianza di genere del DAC
     (Development Assistance Committee dell’OECD) nel 1997, il Ministero
     degli Affari Esteri ha pubblicato, nel 1998, un manuale “Gender
     Equality between Women and Men in Development Cooperation” con
     lo scopo di mostrare ciò che la Svezia stava facendo nell’ambito delle
     politiche di genere nella cooperazione allo sviluppo. Oltre ad essere
     un obiettivo in sé, l’uguaglianza di genere rappresenta uno strumento
     per rendere maggiormente efficace l’intervento di cooperazione. Il
     problema di partenza di ogni azione di assistenza allo sviluppo è la
     povertà, la fragilità della democrazia, la mancanza di investimento e
     spesso la violenza diffusa. Le donne sono la maggioranza dei poveri,
     non partecipano ai processi democratici e sono le vittime di favore
     della violenza. Queste situazioni trovano, chiaramente, declinazioni
     diverse a seconda dei fattori storici, sociali, culturali ed economici
     del paese al quale ci si riferisce. Ogni azione quindi deve svolgersi
     nella consapevolezza della diversità. Per questa ragione, la SIDA ha
     elaborato dei Country Gender Profiles18, uno per ogni paese-partner
     per analizzarne la situazione delle donne. Nel 1997, ha presentato un
     Action Programme for Equality nell’assistenza allo sviluppo per un
     periodo di cinque anni (1997-2001). La realizzazione del programma
     d’azione è condizionata all’esercizio della responsabilità da parte
     dei paesi destinatari, ma anche ad un rapporto di lavoro collettivo e
     collaborativo con la SIDA e la comunità civile. Sono stati selezionati
     cinque paesi sui quali focalizzare l’implementazione del programma
     e delle azioni di sviluppo dell’uguaglianza di genere: India, Tanzania,
     Namibia, Nicaragua ed Estonia. A titolo d’esempio, in Nicaragua, il
     programma è mirato a contrastare la violenza contro le donne. Gruppi
     di avvocati, poliziotti, lavoratori di diverse categorie, assistenti
     sociali, ecc. hanno ricevuto una formazione per riconoscere,
     prevenire ed occuparsi del problema della violenza sulle donne.
     Alcune stazioni di polizia sono state dotate di personale femminile in
     modo tale da facilitare il contatto e il dialogo con le donne vittime
     di violenza o stupro, mentre squadre di uomini sono impegnate nel
     tentativo di combattere questo fenomeno. In Namibia, invece, la
     SIDA sta accompagnando il paese nell’elaborazione di un’analisi
     dell’uguaglianza di genere nel budget nazionale (gender budgeting),
     un intervento che ha suscitato grande interesse, anche in Sudafrica.

                                                      CONTESTI INTERNAZIONALI
LA COOPERAZIONE DANESE
   1.2.5

           “L’uguaglianza di genere tra uomini e donne non è né un abbellimento
           sociale né culturale, bensì una necessità economica, politica e
           democratica”. Così inizia il “Gender Equality in Danish Development
           Cooperation”, pubblicato da DANIDA (Danish International
           Development Agency) e dal Ministero degli Affari Esteri danese nel
           200419. L’uguaglianza di genere è stata descritta dal governo come

                                                                                          donne e sviluppo sostenibile
           una strategia in grado di massimizzare l’impatto dell’assistenza
           allo sviluppo sulla riduzione della povertà. Essa rappresenta la
           questione trasversale a tutte le priorità dello sviluppo: diritti umani,
           democratizzazione e buona governance, stabilità sicurezza e lotta al
           terrorismo, ambiente, sviluppo economico e sociale. Al centro delle
           politiche per lo sviluppo trova spazio la visione di una società capace
           di generare la dignità umana e la libertà dell’individuo, soggetto di
           responsabilità. La promozione dell’uguaglianza di genere è, quindi,
           un obbligo nazionale da rispettare attraverso la realizzazione
           strategica dell’uguaglianza di fronte alla legge, dell’uguaglianza
           nelle opportunità (di lavoro, di accesso al capitale o ad altre
           risorse produttive) e dell’uguaglianza in termini di influenzamento
           politico ed economico. Metodologicamente, due sono le risorse
           strategiche messe in azione: la gender mainstreaming che prende
           in considerazione nella creazione, implementazione, monitoraggio
           e valutazione delle politiche desideri, bisogni ed esperienze
           sia delle donne che degli uomini; e specifici interventi mirati a
           creare cambiamenti strutturali nelle istituzioni, nelle politiche,
           nelle legislazioni e nell’allocazione delle risorse per promuovere
           l’uguaglianza di genere tenuto conto dei bisogni e delle priorità dei
           singoli paesi-partner. Esempi di interenti specifici possono essere:
           l’assistenza per l’eliminazione delle discriminazioni, della violenza
           contro le donne in contesti di pace e di guerra, le mutilazioni genitali
           femminili, i diritti sessuali e riproduttivi, il traffico delle donne, ecc.;
           l’assistenza per lo sviluppo di statistiche disaggregate di genere e
           per il planning finanziario; l’assistenza per ratificare, implementare
           e rinforzare la legislazione relativa all’eredità e ai diritti di proprietà
           nel rispetto dei diritti umani; l’assistenza per incrementare il
           potere di accesso e di influenzamento delle donne nelle politiche
           locali e nazionali; l’assistenza per incrementare la consapevolezza
           dell’importanza dell’uguaglianza di genere e dell’educazione.
           L’assistenza danese si propone, quindi, di fornire un supporto al
           processo di sviluppo dell’uguaglianza di genere e alla creazione di
           politiche tenendo conto dei documenti internazionali (la CEDAW, la
           Conferenza di Pechino, i Millenium Development Goals) nell’apertura

                                                                                                         17
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18

     al dialogo con i governi e le istituzioni locali. In Uganda, per esempio,
     la cooperazione danese collabora con il governo di Kampala, la Banca
     Mondiale e altri finanziatori e le rappresentanze della società civile
     per incorporare l’uguaglianza di genere nell’analisi della povertà
     nazionale e nelle strategie di riduzione della povertà. Tre sono
     le tematiche sulle quali la cooperazione allo sviluppo danese si è
     concentrata per realizzare l’obiettivo dell’uguaglianza di genere: la
     violenza contro le donne; i diritti sessuali e riproduttivi in relazione
     alla salute, HIV e AIDS; l’accesso alle risorse attraverso la gender
     mainstreaming nelle strategie di riduzione della povertà. Nel 2002,
     il Benin, il Mozambico, il Ghana, la Tanzania e la Bolivia hanno
     beneficiato di fondi provenienti da un’allocazione speciale di 70
     milioni di corone danesi20 stanziate per lo sviluppo di metodologie
     finalizzate alla riduzione della povertà e all’uguaglianza di genere.
     Questi fondi sono stati utilizzati per supportare le strategie nazionali
     di riduzione della povertà, per migliorare i diritti umani delle donne,
     per combattere la violenza contro le donne; per assicurare il diritto
     delle donne a possedere ed ereditare la terra; per potenziare
     l’accesso ai servizi sanitari ed educativi; per facilitare l’accesso al
     microcredito, alla piccola impresa e al commercio. L’apertura al
     dialogo, che caratterizza il lavoro della cooperazione internazionale
     danese, ha contribuito all’introduzione del discorso sull’uguaglianza
     di genere nel mondo arabo attraverso la Danish Government’s Arab
     Initiative e nel NEPAD (New Partnership for African Development), un
     piano d’azione voluto dai governi africani per l’Africa, adottato nel
     200121. Nel caso del mondo arabo, il mancato empowerment delle
     donne, l’ineguaglianza nei diritti e il basso livello di istruzione ed
     educazione delle donne sono considerati delle barriere allo sviluppo
     della regione. Il NEPAD, invece, è stato criticato per non aver incluso
     la società civile e per non aver dato sufficiente peso all’uguaglianza
     di genere nell’elaborazione degli obiettivi, delle strategie e delle
     risorse dello sviluppo. La cooperazione danese è impegnata nel dare
     risposte positive a queste mancanze.

     LA COOPERAZIONE NORVEGESE
                                                                             1.2.6

     “A changing world. Main elements of Norwegian policy towards
     developing countries” – “Un mondo in cambiamento”. Principali
     elementi della politica norvegese verso i paesi in via di sviluppo”
     è il titolo evocativo del Rapporto n. 19 del Governo norvegese
     (Storting) del 1995-1996. Il Rapporto si basa sul progressivo
     riconoscimento della necessità di rafforzare la posizione delle donne
     e di promuovere un’equa distribuzione dei diritti e delle opportunità

                                                       CONTESTI INTERNAZIONALI
per donne e uomini. Il perseguimento di uno sviluppo sostenibile deve
       necessariamente essere accompagnato dalla piena partecipazione
       delle donne in tutti i momenti del processo favorendo la condivisione
       dei benefici raggiunti. Uno dei primi obiettivi della cooperazione allo
       sviluppo norvegese, contenuto nel Rapporto n. 19, è il rafforzamento
       della posizione delle donne e la promozione dell’uguaglianza di
       genere. Questo obiettivo ha condotto la cooperazione ad integrarne
       valori e strategie intensificando, nelle attività di assistenza ai paesi
       in via di sviluppo, l’impegno per il suo raggiungimento. L’interesse

                                                                                  donne e sviluppo sostenibile
       per le questioni di genere emerge negli anni ’70. Nel Rapporto n.
       94 del 1974-1975, relativo alle relazioni economiche con i paesi in
       via di sviluppo, l’enfasi posta sulla necessità dell’integrazione delle
       donne nella cooperazione faceva parte della retorica del linguaggio
       politico. Tra il 1984 e il 1985, la Norvegia, attraverso il Ministero
       per la Cooperazione allo Sviluppo, elaborò un piano di aiuto per le
       donne diventando uno dei primi paesi al mondo ad aver applicato
       tale strategia. All’inizio degli anni ’90, nel Rapporto n. 51 del 1991-
       1992 sulle tendenze delle relazioni Nord-Sud e della cooperazione
       norvegese nei PVS, si ritrova una particolare attenzione per “donne e
       sviluppo” (Women and Development). La promozione dell’uguaglianza
       dei diritti e delle opportunità per donne e uomini in tutti gli ambiti
       della società è uno dei percorsi da intraprendere per portare a
       compimento l’obiettivo di migliorare le condizioni economiche,
       sociali e politiche dei PVS nel quadro dello sviluppo sostenibile.
       La ferma convinzione che non basti realizzare dei progetti mirati
       per le donne per raggiungere l’uguaglianza di genere, ha spinto la
       cooperazione norvegese a puntare sull’introduzione di una filosofia di
       intervento capace di integrare la parità dei diritti e delle opportunità
       nell’operato della cooperazione più che investire in specifici progetti.
       Chiaramente non si tratta di cambiare le attitudini e i comportamenti
       individuali delle donne e degli uomini, ma intraprendere un processo
       collettivo di trasformazione creativa in cui entrambe, donne e
       uomini, partecipano con la loro esperienza e il loro sapere ad un
       percorso a lungo termine che trova il suo inizio nei bisogni espressi
       dalla società. “L’uguaglianza di genere è un interesse nazionale, non
       un semplice diritto delle donne”22. L’affermazione non rappresenta un
       punto d’arrivo, ma il pensiero generante le politiche e le azioni della
       cooperazione bilaterale, multilaterale e dell’aiuto umanitario. In
       sintesi, le missions della cooperazione allo sviluppo norvegese sono:
       combattere la povertà; contribuire alla promozione della pace, della
       democrazia e dei diritti umani; promuovere la responsabilità nell’uso
       e nella gestione dell’ambiente e della biodiversità; contribuire alla
       prevenzione delle difficoltà ed alleviare i disagi dovuti a conflitti
       e a calamità naturali; contribuire alla promozione della parità dei

                                                                                                 19
fascicolo quarto
20

     diritti e delle opportunità per uomini e donne in tutti gli ambiti
     della società. Relativamente a quest’ultimo obiettivo, la convinzione
     internazionale che non possa esserci sviluppo né riduzione della
     povertà senza l’empowerment delle donne e l’uguaglianza di genere
     si ritrova nelle politiche norvegesi di aiuto allo sviluppo. L’interesse
     per la questione femminile e l’uguaglianza di genere fanno parte dei
     criteri-guida delle politiche e dei progetti sostenuti dal Ministero
     degli Affari Esteri e dalla NORAD (Norwegian Agency for Development
     Cooperation)23. A livello nazionale, l’uguaglianza di genere è una delle
     priorità della cooperazione allo sviluppo descritta nel documento del
     Ministero degli Esteri “Strategy for Women and Gender Equality in
     Development Cooperation, 1997-2005”. L’importanza di puntare sulle
     donne e sull’uguaglianza di genere per ridurre la povertà è definita
     in molti libri bianchi, strategie e piani d’azione tra cui anche il
     “Norwegian Government’s Action Plan for Combating Poverty in the
     South towards 2015”. Un interessante intervento della cooperazione
     in Nicaragua ha realizzato un progetto: “Sexual and Reproductive
     Health”, per un periodo compreso tra il 2001 e il 2004. Il progetto
     si propone di contribuire al miglioramento della qualità della vita
     delle donne attraverso l’incremento delle possibilità di accesso ai
     servizi sanitari e alle cure in materia di riproduzione e sessualità. Per
     portare a termine tale missione, la cooperazione ha investito sulla
     promozione della pianificazione familiare (sessuale e riproduttiva),
     sul miglioramento quantitativo e qualitativo dell’offerta dei servizi
     sanitari e sulla promozione del cambiamento nei comportamenti
     e nell’esercizio dei diritti sessuali e riproduttivi24. E’ prassi ormai
     consolidata nella cooperazione bilaterale norvegese di intraprendere
     un dialogo con le autorità nazionali e le organizzazioni di donne per
     promuovere l’integrazione di una prospettiva di genere nelle attività
     di sviluppo. La cooperazione rappresenta, quindi, uno strumento
     di influenzamento dei processi politici e di controllo per assicurare
     l’implementazione degli obiettivi di uguaglianza di genere. L’impegno
     maggiore della cooperazione non è il trasferimento finanziario, ma la
     costruzione di un itinerario di sviluppo in grado di salvaguardare gli
     interessi delle donne e di avere degli effetti positivi sulle relazioni
     di genere. Questo itinerario inizia con un processo di sviluppo delle
     istituzioni e delle organizzazioni, principali veicoli di cambiamento, ai
     quali poter affidare il compito di incrementare la responsabilizzazione
     delle donne nei processi decisionali che riguardano la vita sociale.
     Proprio il concetto di responsabilizzazione rappresenta il principio-
     guida fondamentale delle attività di cooperazione. Ciò significa
     che i paesi-partner sono i primi responsabili della pianificazione,
     implementazione e valutazione dei programmi nonché del loro
     successo, mentre la cooperazione svolge un ruolo di incoraggiamento
     e di sostegno di questa responsabilità.

                                                       CONTESTI INTERNAZIONALI
LA COOPERAZIONE BILATERALE DI STATI UNITI E CANADA
    1.3

          Stati Uniti e Canada rappresentano due giganti della cooperazione
          allo sviluppo internazionale. Le due Agenzie governative, USAID (U.S.
          Agency for Interantional Development) e ACDI (Agence Canadienne
          de Développement International) sono il nucleo produttivo di idee e
          programmi capaci di influenzare non solo le politiche di cooperazione

                                                                                      donne e sviluppo sostenibile
          dei due paesi, ma la mainstreaming internazionale.

                                                    LA COOPERAZIONE CANADESE
   1.3.1

          L’avanguardia canadese in materia di parità tra donne e uomini gioca
          sicuramente a favore di un paese che ha fatto dell’uguaglianza di
          genere il suo cavallo di battaglia, sia nelle politiche interne che nei
          rapporti internazionali. Le prime linee-guida risalgono al 1976 e già nel
          1984, il Canada vantava una politica innovativa sull’integrazione della
          donna nello sviluppo a cui è seguita, nel 1986, l’elaborazione di un
          piano quinquennale. Nel 1994 viene creata, all’interno della Direzione
          generale delle politiche, una Direzione dell’integrazione della donna
          nello sviluppo e dell’uguaglianza dei sessi. Nel 1995, esce “Politique
          de l’ACDI en matière d’intégration de la femme au développement
          e de l’égalité des sexes” in linea con la politica governativa in
          materia di diritti della persona, di democratizzazione e di buona
          governance che riconosce l’importanza dei diritti fondamentali della
          donna. La politica dell’ACDI (Agence Canadienne de Développement
          International)25 afferma la fondamentale importanza di continuare a
          rinforzare il potere delle donne. “Rinforzare il potere degli individui
          significa permettere alle donne e agli uomini di farsi carico della loro
          vita in modo tale che possano definire i loro obiettivi, acquisire le
          competenze di cui hanno bisogno, avere fiducia in se stessi, gestire i
          loro problemi ed imparare a diventare autonomi”26. In quello stesso
          anno, il 1995, che è anche quello della Conferenza di Pechino, il
          governo canadese, nel suo documento di politica estera “Le Canada
          dans le monde/Canada in the World”, ha sottolineato il suo impegno
          per lo sviluppo sostenibile e la riduzione della povertà attraverso la
          piena partecipazione delle donne come partner nell’uguaglianza allo
          sviluppo sostenibile delle loro società. Il concetto di uguaglianza di
          genere permea tutti i settori della politica, i programmi e i progetti.
          Esso è al centro della missione dell’ACDI che si fa promotrice di tre
          grandi obiettivi: far avanzare la partecipazione delle donne allo
          sviluppo sostenibile in qualità di decisori su un piano di uguaglianza

                                                                                                     21
fascicolo quarto
22

     con gli uomini; appoggiare le donne e le ragazze nel pieno esercizio
     dei loro diritti fondamentali; ridurre le ineguaglianze tra donne e
     uomini nell’accesso e nel controllo delle risorse e dei benefici dello
     sviluppo. Il raggiungimento dell’uguaglianza dei sessi presuppone la
     creazione di una partnership tra donne e uomini. La partecipazione
     di entrambe è necessaria al processo di cambiamento nei
     comportamenti, nei ruoli e nelle responsabilità: elemento costitutivo
     di un nuovo campo in cui le possibilità di scelta diventano molteplici.
     Secondo l’ACDI, l’avviamento del processo di cambiamento passa
     attraverso il “riconoscimento del fatto che i progetti di sviluppo
     sono realizzati all’interno di contesti sociali, culturali, economici,
     ambientali, istituzionali e politici propri di una collettività, di un
     paese, di una regione”27. La dimensione locale costituisce la base
     di partenza di ogni conoscenza finalizzata all’analisi comparativa
     tra i sessi28. Nell’ambito della cooperazione allo sviluppo, l’ACDI
     appoggia le popolazioni dei paesi-partner non solo attraverso
     progetti o programmi, ma attraverso il dialogo sulle politiche e lo
     scambio di idee ed informazioni al fine di conseguire una conoscenza
     sulla natura e l’intensità delle disuguaglianze di genere. Nei quadri
     di programmazione, l’uguaglianza tra i sessi è considerata una
     questione trasversale da integrare in ogni ambito di intervento, come
     pure nei programmi d’aiuto dove le riforme economiche e settoriali
     tengono conto delle importanti ripercussioni che i cambiamenti
     economici possono avere sulla vita delle donne e degli uomini. Questi
     cambiamenti passano attraverso il rafforzamento delle competenze
     istituzionali, la promozione di un’immagine positiva delle donne e
     della loro partecipazione nei processi decisionali. In questo senso,
     i progetti e programmi bilaterali offrono numerose occasioni
     per promuovere l’uguaglianza di genere. Essi presuppongono la
     realizzazione di un’analisi comparativa tra i sessi i cui risultati
     dovrebbero costituire la loro base di partenza, la partecipazione
     del locale e in particolare delle donne nella programmazione ed
     implementazione, la valutazione delle ripercussioni sull’uguaglianza
     di genere e delle sue possibilità, l’identificazione delle capacità dei
     governi-partner e della società civile di realizzare dei programmi
     che favoriscano la parità e definire dei contratti o dei mandati per
     definire ruoli, responsabilità e obiettivi di ogni attore.

     LA COOPERAZIONE STATUNITENSE
                                                                           1.3.2

     “Women in Development” è un tema trasversale (cross-cutting) nella
     cooperazione internazionale praticata dagli Stati Uniti, che intende
     contribuire a rendere le donne attori chiave dello sviluppo economico,

                                                      CONTESTI INTERNAZIONALI
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