Donald ha torvato il modo di uccidere l'American Dream

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Donald ha torvato il modo di
uccidere l’American Dream

  ““Alla luce dell’attacco dal
Nemico Invisibile e per proteggere
i posti di lavoro dei nostri Grandi
Cittadini Americani, firmerò un
Ordine Esecutivo per sospendere
temporaneamente     l’immigrazione
negli Stati Uniti!”
L’unica cosa che veramente interessa a Trump in questo
momento, il peggior presidente della storia americana accelera
sul suo pedale preferito della propaganda elettorale, la
xenofobia. Già la paura e l’odio per lo straniero, un virus
contagiosissimo tra quelle classi di fasce sociali che hanno
perso o hanno paura di perdere il posto di lavoro, ma che in
realtà non è messo in pericolo dagli immigrati ma è stato reso
obsoleto da quell’economia globale di cui lo stesso Trump, con
i suoi alberghi fino a quelle bruttissime sue cravatte made in
China, è stato grande profittatore.
Trump annuncia armato di twitter di “proteggere i posti di
lavoro”, un ritorno alla retorica da “Make America great
again”. Ma la perdita record dei posti di lavoro nelle ultime
settimane, arrivata a numeri che ricordano ormai la Grande
Depressione del ’29, non c’entra nulla con l’immigrazione
illegale o legale che sia: è stata causata dal lockdown
necessario a fermare una pandemia che Trump ha colpevolmente
ritardato a capire con conseguenze gravissime.
Trump, ormai in piena campagna elettorale e spaventato dalle
conseguenze che la sua fallimentare preparazione al
coronavirus stanno causando ai suoi indici di gradimento,
preso dal panico per un Joe Biden nei poll a 6-7 punti di
distacco, cambia lo slogan elettorale, trasformandolo dal
“muro” per tenere fuori i poveri emigranti illegali, alla
cacciata dell’immigrato legale. All’americano da cui Trump
cerca il voto manda il messaggio che non solo riavrà il suo
posto di lavoro, ma non si contaminerà più col “nemico
invisibile” importato dallo straniero…

Trump ha bruciato a colpi di twitter tutta quell’attrattiva di
ideali una volta contagiosi e che avevano fatto degli Stati
Uniti la più desiderata meta per l’emigrante in cerca di
riscatto. A novembre non si sceglierà più solo un presidente:
se rivincerà Trump, quell’ideale d’America che ha attratto
l’immaginario di generazioni di popoli morirà col suo trionfo.
Trump è l’assassino del sogno americano e la sua vittoria
sarebbe la sentenza di condanna a morte dell’idea d’America.
Fare   causa  all’OMS  per
scoprire che ha l’immunità
funzionale
Tre statunitensi fanno causa all’OMS: avrebbe coperto la
pandemia. Chiesti i primi risarcimenti ma per la legge
americana l’Agenzia ha l’«immunità funzionale»

Le dichiarazioni di Donald Trump contro l’Organizzazione
mondiale della sanità (Oms) hanno sortito un primo effetto:
tre cittadini di New York hanno fatto causa all’ ONU,
ritenendo che questa avrebbe coperto la pandemia. Finora
sarebbe la prima azione legale contro l’Agenzia
internazionale, e la causa avviata in un tribunale federale di
White Plains, nella contea di Westchester.

Secondo il parere dei     tre cittadini americani, la colpa
principale sarebbe la grave negligenza per la gestione e
risposta al Covid-19. È possibile leggere nell’atto
introduttivo che l’OMS «Ha gestito male la risposta al virus e
le informazioni, impegnata in un insabbiamento della pandemia
in Cina e ha contribuito o causato la successiva diffusione
del virus in tutto il mondo, compresi gli Usa e lo stato di
New York». I soggetti che si ritengono danneggiati si chiamano
Richard Kling, di professione medico, Steve Rotker e Gennaro
Purchia.

In particolare, Kling e Rotker sono di New Rochelle, il primo
focolaio dell’emergenza nello Stato federale più colpito
dall’emergenza. Un’iniziativa che al contrario del possibile
clamore, si rivelerà molto probabilmente un «buco nell’acqua»,
così   come   riferito   dai   giuristi   statunitensi,   stante
«l’immunità funzionale» concessa all’Oms in tali casi, dalla
stessa legge americana.

Kim operato, Usa: è in gravi
condizioni

Gli Stati Uniti stanno monitorando alcune informazioni di
intelligence secondo cui il leader nordcoreano Kim Jong-un
sarebbe in ‘grave pericolo’ dopo un intervento chirurgico. Kim
– la cui salute sarebbe peggiorata negli ultimi mesi a causa
di tabagismo, obesità ed eccesso di lavoro – avrebbe subito un
intervento cardiovascolare il 12 aprile, secondo i media di
Seul.

Il leader nordcoreano aveva recentemente fatto parlare di sé
per l’assenza dalle celebrazioni per il compleanno del nonno
Kim Il-sung lo scorso 15 aprile, episodio che aveva sollevato
dubbi sul suo stato di salute.

La Corea del Sud però non ha rilevato segnali “insoliti” dal
Nord che potrebbero suggerire un grave problema di salute di
Kim. “Non abbiamo nulla da confermare e non sono state
rilevate attività insolite”, ha detto il portavoce
presidenziale Kang Min-seok, secondo la Yonhap.

Coronavirus, Trump annuncia:
stop all’immigrazione negli
Usa

Donald Trump ha annunciato su Twitter che firmerà un decreto
per sospendere temporaneamente l’immigrazione negli Stati
Uniti. La decisione, spiega il presidente americano, è
motivata “dall’attacco del nemico invisibile” del coronavirus:
“Dobbiamo proteggere i posti di lavoro del nostro grande
Paese”, ha aggiunto Trump.

”Trump ha fallito nell’agire rapidamente contro la pandemia e
questo sta costando enormemente all’America”: parola dell’ex
vicepresidente Joe Biden, candidato democratico alla Casa
Bianca, secondo cui per il tycoon “è finito il tempo delle
scuse”. “E’ chiaro che il presidente non ha alcun interesse a
risolvere il problema e a salvare le vite umane, con gli Usa
che sono i primi nel mondo per decessi e casi di contagio e
che contano già 22 milioni di americani che hanno chiesto un
sussidio di disoccupazione”, ha attaccato Biden.

Nelle ultime 24 ore negli Stati Uniti sono morte altre 1.433
persone a causa del coronavirus, secondo gli ultimi dati della
Johns Hopkins University. I decessi complessivamente da quando
e’ esplosa l’epidemia sono oltre 42 mila nel Paese. I contagi
sono oltre 784 mila.

In Ecuador la sindaca di
Guayaquil sbarra la pista
dell’aeroporto con auto e
camion

In   un   video   ripreso    da  un
elicottero, difatti, si possono
scorgere diverse auto della polizia
che hanno occupato lo scalo.

Il termine “Coronavirus”
è a questo punto è divenuto perfino sinonimo di confini ed
ingressi chiusi. Ne
sanno qualcosa i passeggeri di perlomeno due voli
internazionali, uno Iberia originario
di Madrid e l’altro della compagnia olandese KLM, che
prendevano atterrare a
Guayaquil in Ecuador e che, su disposizione di una sindaca
locale, ha testualmente
ostruito la pista dell’ aeroporto internazionale in questione.

 Pista bloccata da auto e camion per frenare
l’atterraggio fisico degli aerei.

Per quanto si
apprende dal quotidiano El Universo, peraltro, l’aereo Iberia
era vuoto perché spedito
unicamente per far tornare in patria i cittadini spagnoli che
si trovano al
momento in Ecuador.

 La predilezione di una simile, pesante
iniziativa, sarebbe stata presa dall’amministrazione comunale
di Guayaquil. La
stampa ha, comunque specificato, che il volo ha dovuto
deragliare per Quito
dove è stato consentito l’atterraggio. Il governo ecuadoriano
aveva concesso a
questi aerei privi di passeggeri in ragione di un piano
umanitario stabilito.

A tal proposito,
le valutazioni alla sventurata iniziativa sono sopraggiunte
direttamente dal
ministero delle Opere pubbliche equadoregno che ha avvertito
su Twitter che «le
azioni intraprese dal comune di Guayaquil nell’aeroporto
rendono difficile
l’attività aerea pianificata per il Covid-19».

La sindaca della
città, Cynthia Viteri, ha spiegato in una call conference che
ha strutturato
l’occupazione della pista per ostacolare l’arrivo perché
l’equipaggio
dell’aereo Iberia – composto da undici persone – sarebbe
dovuto permanere due
giorni in città prima del rientro. Il primo cittadino ha
superbamente informato
che si assumerà le conseguenze legali dell’episodio, sul quale
la procura ha
aperto un’indagine.

In un video diffuso
su Twitter la 54enne ha per di più reso pubblico che perfino
lei è stata infettata
dal coronavirus. Guayaquil     è   capoluogo   della   provincia
ecuadoriana del Guayas,
in cui al momento si raccoglie il numero più alto di casi di
coronavirus, 128
su 168 positivi nel Paese sudamericano. Per questo motivo, la
provincia ha sancito
da ieri fino al prossimo lunedì un coprifuoco prolungato dalle
16 alle 5,
mentre nel resto del paese il coprifuoco inizia alle 21.

 Concludendo, un altro fatto di cronaca come
quelli che si stanno susseguendo in ogni dove del pianeta che
provano il duro
colpo ai trasporti globalizzati, sicuramente ben superiore a
quanto avvenuto
l’11 settembre 2001.
La NASA vuole arrivare su
Marte e punta di nuovo alla
Luna

Gli americani della NASA addestreranno
nuovi soldati spaziali – donne e uomini –
da mandare sulla Luna, ma l’obiettivo
finale è arrivare sul Pianeta Rosso.

La National Aeronautics and Space Administration, conosciuta
in tutto il mondo come NASA, è alla ricerca di nuovi
astronauti da mandare sulla Luna, e poi su Marte. L’obiettivo
è portare un altro uomo e la prima donna sulla Luna entro il
2024: i fortunati selezionati andranno a formare la nuova
generazione di Artemis, che prende il nome dal programma della
NASA in cui si studiano tecnologie innovative per facilitare i
viaggi lunari, e usare quanto appreso per arrivare a Marte.

Per tutto il mese di marzo i cittadini americani potranno
mandare la loro candidatura, e poi partirà l’addestramento. Ma
i criteri per venire ammessi non lasciano spazio alla fortuna:
per essere anche solo candidabili bisogna aver conseguito un
master in una disciplina scientifica, oppure due anni di
dottorato, aver concluso gli studi in medicina, o avere un
brevetto da pilota o mille ore di volo all’attivo. Bisogna
essere, ovviamente, cittadini americani, superare una
selezione online di oltre due ore, e in seguito l’esame
fisico: una vista perfetta da dieci decimi, una pressione
sanguigna non eccessivamente alta, e un’altezza compresa tra
circa 1,57 e 1,90 metri. Questi sono solo i criteri per essere
selezionati nella prima fase, alla quale segue una fase di
colloqui e visite mediche, prima di poter ufficialmente
entrare nel programma di addestramento (QUI un approfondimento
in lingua inglese).

Gli uomini e le donne della NASA sono tornati a lavorare per
camminare di nuovo sul suolo lunare, e da lì tendersi fino a
Marte. I nuovi arrivati si uniranno ai 48 astronauti già
all’attivo, alcuni dei quali partiranno quest’anno verso la
Stazione Spaziale Internazionale, con il Pianeta Rosso in
testa. Il piano della NASA è instaurare un’esplorazione lunare
stabile e sostenibile entro il 2028, raccogliendo sufficienti
informazioni e imparando abbastanza da mandare i primi
astronauti su Marte a metà dei prossimi anni ’30.

“Quest’anno
celebriamo il nostro ventesimo anno di presenza continua a
bordo della Stazione
Spaziale Internazionale in orbita terrestre bassa, e stiamo
per inviare la
prima donna e il prossimo uomo sulla Luna entro il 2024”, ha
dichiarato
l’amministratore della NASA Jim Bridenstine. “Per la manciata
di donne e
uomini di grande talento che assumeremo per unirsi ai nostri
diversi corpi di
astronauti, è un momento incredibile nel volo spaziale umano
per essere un
astronauta.”

L’ultima selezione dei curricula è stata aperta nel 2017 e ha
segnato il record di candidature. La NASA ha dovuto
selezionare tra oltre 18 mila candidati, un aumento
sorprendente rispetto al massimo registrato di 8 mila nel
1978. I selezionati dell’ultima chiamata sono stati insigniti
delle aquile d’argento solo lo scorso 20 gennaio, segno che il
loro addestramento è concluso. Quest’anno invece dovremo
aspettare fino a metà 2020 per avere i nomi dei prossimi
uomini e delle donne che salperanno alla volta dell’universo,
faranno tappa sulla Luna e andranno a conquistare Marte.

Di A.C.

Il Colorado abolisce la pena
di morte
Approvata la proposta di abolire la pena
di morte in Colorado. Ora la legge
passerà al governatore, che ha già
confermato la sua firma.

Lo stato
americano del Colorado abolirà la pena di morte. Ormai è cosa
fatta, anche se l’iter
legislativo prevede ancora un tassello, che però dovrebbe
essere immediato e
automatico. Ieri la Camera dei Rappresentanti dello stato ha
approvato il
disegno di legge con 38 voti a favore e 27 contrari. Il
governatore Jared
Polis, democratico, ha già detto che quando la proposta sarà
sulla sua
scrivania, metterà la firma rendendola ufficialmente legge.
Già da gennaio si
parla di abolizione della pena capitale in Colorado, quando il
Senato lo aveva
votato. Entrambe le camere sono a maggioranza democratica, ma
ci sono due
senatori repubblicani che si sono battuti per far approvare la
proposta. Una
volta che la legge avrà la firma del governatore, il Colorado
diventerà il
ventiduesimo stato americano senza pena di morte.

La legge entrerà definitivamente in vigore a partire dal 1°
luglio 2020, ma non cambierà il destino di quei tre
prigionieri, tutti di colore, che sono stati condannati a
morte ma non sono ancora stati giustiziati. Si tratta di
Nathan Dunlap, che uccise quattro persone in un ristorante nel
1993, Sir Mario Owens, assassino di un testimone del processo
contro Robert Ray e la sua fidanzata, crimine in cui fu
coinvolto lo stesso Ray, attualmente terzo uomo nel braccio
della morte del Colorado. Il governatore Polis ha annunciato
che potrebbe prendere in considerazione la grazia per i
condannati a morte, e in questo modo non andrebbe ad intaccare
il record virtuoso dello stato nell’applicazione della pena
capitale. Dal 1976 ad oggi, infatti, solo una persona è stata
giustiziata.

Il voto della
Camera è giunto dopo un dibattito durato quasi 12 ore, durante
il quale il
fronte repubblicano si è opposto all’abolizione. Alcuni
sostengono che anche se
il Colorado effettua raramente esecuzioni capitali, il fatto
che ci sia questa possibilità
mette i sospetti sotto pressione, li spinge a confessare più
facilmente e
questo risparmia alle famiglie delle vittime anni di lunghi e
dolorosi
processi.

La prima volta
che in Colorado fu applicata la pena di morte era il 1859.
Fino al 1934 lo
Stato adottò il cappio come metodo, poi passò al gas, fino
all’iniezione letale
utilizzata a partire dal 1988. Dal 1897 al 1901, curiosamente,
lo stato abolì
già una prima volta la punizione capitale, salvo poi
reintrodurla. Ci fu una
sospensione nelle applicazioni per quattro anni, per volere
della Corte Suprema,
fino al 1976, e da allora solo lo stupratore e assassino Gary
Davis è stato
ucciso, nel 1997.

L’ex deputato nell’Assemblea Generale del Colorado Cole Wist,
in carica fino a gennaio 2019, cita le parole di Papa
Francesco, poi riprese da diversi attuali rappresentanti che
hanno difeso la legge per abolire la condanna a morte: “Per
molto tempo la pena capitale è stata ritenuta la risposta
adeguata alla gravità di alcuni reati a tutela del bene
comune. Tuttavia, una persona non perde la propria dignità
nemmeno se ha commesso il peggiore dei crimini”, diceva il
Papa esattamente un anno fa.

Di A.C.

Questa guerra è un vincolo
cieco.

C’è solo un’eclissi, ad un prezzo che
barcolla qualsivoglia dimensione, da
tutte le parti: nell’esistenza, nel
contante e nell’occasione sprecata di
fare qualcosa di migliore con il nostro
istante collettivo e le nostre risorse su
questo corpo celeste già afflitto.

Sto commentando
l’ostilità con l’Iran, ovvero il nostro precipizio
contemporaneo. Eppure, infondo
vorrei lanciare un avvertimento più generale: la guerra non è
solo tragica, c’è
molto di più.

Il conflitto
sta divenendo un mezzo obsoleto per concludere le
incomunicabilità umane. La
tecnologia sta alterando il conflitto corazzato in un
affaticamento ininterrottamente
governato da quella che gli esperti di relazioni
internazionali definiscono
“guerra asimmetrica”, in altre parole, che potenze più deboli
come
l’Iran possano, in questo momento, manifestare tanta forza
(nucleare) da non poter
essere considerati più così deboli, esigendo un potente costo
di vittoria anche
nei confronti della superpotenza globale più importante del
mondo. Inoltre, c’è
il cambiamento climatico, che ha prolungato il costo-beneficio
di ciascun
conflitto; ogni volta che si combatte, ci stiamo in realtà
sottraendo ad una battaglia
più matura ma fondamentale per l’abitabilità del pianeta.
Non ci dovrebbe essere nemmeno un
dibattito sul fatto che numerose delle recenti ostilità
statunitensi siano terminate
nella miseria, per tutti. I nostri politici proferiscono della
guerra come di un’ultima
risorsa, eppure questo è solo un escamotage per detenere le
apparenze, la realtà
è molto più terrificante: bisogna accettare che la macchina da
guerra americana,
che è sempre più dispendiosa (un costo di pressappoco 740
miliardi di dollari
nel 2020) possa acquistare soltanto un’esigua pace. Piuttosto
che essere
discussa come “un’ultima risorsa”, la guerra non ci destina
alcun respiro di
sollievo. Un conflitto bellico non può essere tutelato come si
tutela l’azione
da intraprendere dopo che tutto il resto è venuto meno. La
guerra dovrebbe
essere pensata come si pensa ad una rovina.

L’inservibilità della contesa
internazionale potrebbe essere ghermita dalla maggior parte
dei politici
americani in questo momento. Uno dei rari punti scintillanti
di Donald Trump
come candidato è stata la sua separazione dalla dottrina post
11 settembre di
Bush-Cheney che ha raddoppiato l’incurante interventismo
militare statunitense.
Nella sua repulsione, caro lettore, alla “guerra senza fine”,
il cuore
di Trump coincideva a quello del pubblico: un’analisi di Pew
condotta durante
quest’estate ha esibito che la maggior parte degli
statunitensi, tra cui la
proprio maggior parte dei veterani militari, attualmente
confida che le nostre
guerre in Afghanistan e In Iraq non valga neppure la pena
combatterle. Trump appariva
prestare attenzione all’interesse del suo “pubblico” in
estate, quando ha
bruscamente soppresso una ribellione in opposizione all’Iran
come rappresaglia
per il suo abbattimento di un drone di sorveglianza americano.

Ma
nell’uccidere il leader militare più fondamentale all’Iran, il
generale maggiore
Qassim Suleimani, Trump ha dischiuso le porte alla guerra. Ora
l’Iran si sta
vendicando, ed un ciclo di escalation appare probabile, anche
se, per ora,
Trump si distanzia da ulteriori conflitti. L’aria che si
respira nella casa
bianca sta incominciando ad assomigliare al 2003 , e   perfino
con alcuni degli stessi spunti
politici che esistevano a favore di una guerra con l’Iraq .
Pur constatando che
vorrebbe eludere la     guerra,   Trump   medesimo   considera
pubblicamente che la
guerra contro l’Iran sarebbe una semplice scampagnata (ricorda
qualcosa?).

 Si tratta di una dichiarazione tanto disonesta quanto vile:
come
potrebbe qualcheduno che ha vissuto il pantano dell’Iraq e
dell’Afghanistan considerare
che la guerra con l’Iran sarà tutt’altro che lunga e brutale?
In questi
conflitti, perfino l’esercito “impetuoso” statunitense
potrebbe incespicare
nella cultura locale, nella geografia, nelle rivalità etniche
e religiose, e particolarmente,
nella determinazione di un nemico radicato e impegnato che
potrebbe fondersi
dentro e fuori la popolazione locale.

 L’Iran ha pressappoco tre volte il numero di abitanti
dell’Iraq di quando lo invasero nel 2003. Possiede, inoltre,
 una geografia insidiosa, ed ispeziona un gran numero di forze
proxy in tutto il Medio Oriente e anche nelle credibili
cellule dormienti in Europa e In America Latina. L’Iran gode
anche di una sofisticata operazione di guerra informatica – si
crede di essere dietro recenti hack in banche americane e
altri obiettivi e di avere diffuso disinformazione           e
propaganda sui social network di tutto il mondo.

articolo a cura di Francesca Tinelli

Harvey               Weinstein                    torna
davanti al tribuunale di New
York.

Proprio oggii inizia la selezione
dei giurati.

Harvey Weinstein è giunto in tribunale a New York per sedere
alla seconda giorata del processo dove è accusato per molestie
sessuali e stupro. L’ex mogul di Hollywood è avvenuto con un
deambulatore metallico all’ingresso del tribunale. A partire
da ieri il processo nella grande mela ha un suo corrispettivo
a Los Angeles, dove l’ex boss di Miramax è stato incriminato
sulla base delle accuse di due donne, una delle quali
un’attrice italiana. Il processo di New York potrebbe durare
varie settimane: l’ex produttore è a rischio di un massimo di
25 anni in caso fosse condannato. In questo momento dovrebbe
cominciare la selezione della giuria. Il giudice James Burke
potrebbe inoltre decidere di alzare la cauzione da 2 milioni
di dollari imposta per la libertà vigilata. Los Angeles, dove
Weinstein rischia 28 anni, ha chiesto 5 milioni di garanzia.

La coalizione islamica                                     è
stata ridimensionata
“Rafforzate     le
misure di sicurezza” affermano gli
statunitensi

La coalizione anti-Isis in Iraq ridimensionerà la portata
delle sue operazioni per “ragioni di sicurezza”. Lo ha detto
un funzionario della Difesa Usa che guida la coalizione.
“Condurremo limitate azioni contro lo Stato islamico assieme
ai nostri partner laddove possano a loro volta sostenere i
nostri sforzi”, ha dichiarato il funzionario spiegando che gli
Stati Uniti “hanno rafforzato le misure di sicurezza nelle
basi della coalizione in Iraq”.
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