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Emergenza BSE in Lombardia di C. Bonacina Il rischio geografico per BSE di G. Zanardi Risultati della sorveglianza attiva per BSE in Lombardia nel 2001: considerazioni preliminari di G.Zanardi, V.M.Tranquillo 1
Emergenza BSE in Lombardia PREMESSE La crisi BSE Anche se possiamo affermare che il livello di sicurezza che attualmente caratterizza gli alimenti offerti ai consumatori è probabilmente il più alto che sia mai stato raggiunto, l’esigenza di certezze da parte dei consumatori è però cresciuta più rapidamente della dinamica delle garanzie in tema di sicurezza alimentare. Assistiamo oggi al consolidarsi di una pretesa di sicurezza che investe tutti gli aspetti inerenti l’alimentazione. La lettura di quanto è successo a partire dall’autunno dell’anno passato quando è esplosa la crisi BSE non può prescindere dal prendere in considerazione l’aumento di sensibilità verso la sicurezza alimentare maturato nel consumatore provocato da recenti episodi quali quello della diossina, dalle preoccupazioni legate all’uso di sostanza anabolizzanti, dalla presenza di residui di farmaci o di pesticidi, dalla presenza di organismi geneticamente modificati e così via Le istanze del consumatore avevano già trovato ampio riscontro a livello politico comunitario nella approvazione del LIBRO BIANCO PER LA SICUREZZA ALIMENTARE che indica chiaramente come ineludibile il dovere della pubblica amministrazione di garantire la tutela della salute del consumatore da tutti i rischi legati al consumo di sostanze alimentari. La crisi di fiducia: nelle autorità sanitarie e nella produzione Il consumatore ha dimostrato chiaramente di non accettare risposte vaghe su un fenomeno conosciuto da molti anni e nei confronti del quale pretende una politica attiva a tutela del proprio diritto alla salute. Ciò che colpisce è la sproporzione tra le conseguenze dell’allarme sul comportamento dei consumatori e il rischio al quale gli stessi sono stati effettivamente esposti sulla base dei dati scientifici disponibili. Il consumatore ha respinto le rassicurazioni verbali, anche se autorevoli, specie se sostenute molte volte con dichiarazioni contraddittorie di rappresentati dello stato che hanno contribuito a minare una fiducia già messa in crisi, da un lato, da una grande e scomposta campagna dei media e dall’altro da una insufficiente, a volte inesistente, comunque carente reazione da parte delle autorità competenti che avrebbero dovuto proteggerlo. Il consumatore ha trasformato il suo stato d’animo in un rifiuto diffuso verso il consumo della carne bovina in toto, indipendentemente dal reale livello di rischio ad esso correlato. Nella confusione del momento è crollata la fiducia nel sistema produttivo intensivo che caratterizza la moderna zootecnia, soprattutto in Lombardia. In realtà diversi segnali mostrano che il consumatore è divenuto sufficientemente maturo per accettare, nella grande maggioranza dei casi, l’esistenza di una certa dose di rischio connessa con il consumo degli alimenti. Ciò che viene rifiutata è l’assunzione di rischi imposti dall’esterno senza la certezza di un controllo adeguato da parte dell’autorità sanitaria. Quello che divide le due situazioni è quindi la conoscenza del fenomeno. Fa paura ciò che non si conosce. Si rifiuta la negazione o la banalizzazione del pericolo. LA GESTIONE DELL’EMERGENZA Il ruolo della regione Lombardia In un momento tanto delicato la Regione Lombardia ha scelto di rispondere in modo pragmatico alle sollecitazioni che venivano dal mondo dei consumatori, impegnando grandi risorse per garantire controlli accurati e diffusi sul patrimonio bovino esistente sul suo territorio. Volevamo rassicurare il consumatore con i fatti piuttosto che con le dichiarazioni. La ricerca di una forte integrazione tra i Servizi Veterinari Regionali e la Direzione Generale Agricoltura ha reso possibile il pieno coinvolgimento del mondo produttivo nella realizzazione del processo di lotta alla BSE messo in atto. La programmazione In assenza di una mappatura chiara del rischio, e in assenza ancora di precise indicazioni circa la presenza della malattia sul territorio regionale e nazionale, la Regione Lombardia ha privilegiato la difesa degli interessi dei consumatori predisponendo con delibera della Giunta Regionale del 15/12/2000 il “Programma integrato regionale per il monitoraggio e la prevenzione dai rischi da encefalopatia spongiforme bovina (BSE)” in base al quale sono stati definiti il “Piano per l’attuazione dei controlli sulla BSE in Regione 2
Lombardia”, che ha stanziato 34 miliardi per il completamento dell’anagrafe bovina regionale e per il potenziamento dei laboratori dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale, e le “Linee guida per la definizione di un protocollo operativo da applicare in caso di riscontro di esito positivo al test rapido per la diagnosi di BSE”, che hanno anticipato molte delle azioni successivamente decise a livello nazionale. Nel contempo non ci si è dimenticati del necessario sostegno alle attività produttive che, proprio in conseguenza dell’allarme diffuso tra i consumatori, pativano perdite molto pesanti. La Delibera di Giunta 13/11/2000 stanzia i primi aiuti diretti a sostegno della filiera bovina e ovicaprina soggetti ai vincoli imposti a salvaguardia della salute pubblica, mentre la Delibera 12/01/2001, preso atto delle difficoltà connesse con la partenza dei test diagnostici sistematici su tutti i bovini di età superiore ai trenta mesi, stanzia fondi a sostegno degli allevatori e dei trasformatori che penalizzati dalla incompleta messa a regime del sistema dei controlli analitici presso i laboratori pubblici. Le attività Quello dell’adeguamento dei laboratori di sanità pubblica veterinaria a fronte dell’esplodere della crisi BSE è un capitolo che merita di essere ricordato per le dimensioni dello sforzo sostenuto dalla regione e per i risultati che si sono ottenuti riassumibili in pochi numeri: i laboratori dell’istituto Zooprofilattico di Brescia hanno analizzato quasi il 70% dei campioni esaminati in tutta Italia, a fronte di un patrimonio bovino pari al 40% di quello nazionale. I test La decisione di sottoporre al test rapido tutti i bovini di oltre 30 mesi di età macellati ha rappresentato per il sistema sanitario della Lombardia una sfida che pareva impossibile. Molti paventavano la incapacità dell’Istituto Zooprofilattico di Brescia a fare fronte all’impegno di passare da una potenzialità di 50 test alla settimana a quella di 1000 al giorno. Abbiamo accettato la sfida, abbiamo respinto con fermezza il tentativo di farci abdicare, in favore di laboratori privati, dal ruolo di garante della tutela della salute dei consumatori. Da febbraio 2001 l’IZS dispone di due laboratori, uno a Brescia e uno a Modena, in grado di esaminare circa 2000 campioni al giorno, che nei primi otto mesi dell’anno hanno esaminato 226.000 campioni di encefalo pari al 65% degli esami effettuato in Italia. Contemporaneamente i Servizi Veterinari delle ASL Lombarde hanno organizzato l’attività di prelievo di encefali che, come si può ben immaginare, presenta molte difficoltà, in modo da garantire fino a settembre 123.000 prelievi nei macelli e 12.000 prelievi su animali morti in azienda. Poco più del 10% dei veterinari Italiani hanno eseguito più del 50% dei campioni effettuati in Italia. Come tutti ben sapete, e come era prevedibile, l’esecuzione massiccia dei test rapidi ha messo in evidenza la presenza sul nostro territorio di alcuni casi di bovini positivi. Si tratta di casi sporadici che confermano una situazione non drammatica e che pur tuttavia chiede determinazione e non consente di abbassare la guardia. I casi La posizione della nostra Regione è stata sin dall’inizio improntata ad una piena applicazione di quanto previsto dalle norme vigenti. Indubbiamente si è trattato di mettere in atto provvedimenti severi e dolorosi ma lo abbiamo sempre fatto nella piena convinzione che il rispetto della norma rappresenta il modo più efficace di tutelare la salute pubblica. Le misure Di fronte a una malattia con molti punti oscuri il rispetto delle regole è fondamentale. Mai abbiamo ceduto alla ricerca di un facile consenso. Siamo convinti che i problemi non trovano soluzione né nella loro negazione, né nella loro banalizzazione, né nella fuga dalla responsabilità. In Lombardia sono stati abbattuti 2.675 bovini presenti in 13 allevamenti colpiti dalla BSE (fino ad agosto 2001). Tutti gli animali abbattuti sono stati sottoposti al test rapido con esito negativo. Gli aiuti Alla severità nell’applicazione dei provvedimenti previsti dalle norme abbiamo però voluto abbinare la maggiore sollecitudine possibile nell’erogazione degli indennizzi previsti dalla legge. Abbiamo dato disposizione ai Direttori Generali delle ASL di procedere alla liquidazione degli indennizzi dovuti entro 3
trenta giorni dall’abbattimento degli animali. Ad oggi il sistema sanitario della Regione Lombardia ha anticipato più di 4 miliardi. Abbiamo liquidato tutti gli indennizzi entro i tempi indicati. La sinergia attivata con la Direzione generale Agricoltura ha consentito che fossero disposte, a favore degli allevatori colpiti, ulteriori misure di sostegno economico che hanno probabilmente consentito di annullare l’impatto economico delle misure di polizia veterinaria applicate I controlli sulla alimentazione dei bovini Grande importanza assume poi il controllo dell’alimentazione dei bovini e proprio per questo si è dato un forte impulso al controllo della commercializzazione dei mangimi su cui, nei primi sei mesi, sono stati effettuati in Lombardia 946 campioni per accertare l’eventuale presenza di farine di carne. Costante inoltre la vigilanza sulla effettiva destinazione delle farine di carne alla distruzione o allo stoccaggio controllato e comunque all’esclusione assoluta dalla produzione mangimistica. IL FUTURO La fiducia: risposte coerenti alla richiesta di salute La riconquista della fiducia del consumatore, frastornato dalle campagne di stampa, non può puntare solo sull’oblio degli echi scandalistici ma deve basarsi sulla certezza che si è in presenza di una politica attiva tesa a risolvere il problema. Come sanità lombarda ci sentiamo orgogliosi per quanto già fatto e impegnati a dimostrare in concreto di essere in grado di attuare tutto ciò che la scienza oggi ci consente per tutelare la salute del consumatore. I test e il potenziamento dell’IZS Il test rapido ha dimostrato di essere fino ad oggi lo strumento più efficace a rappresentare la situazione epidemiologica e ha indubbiamente contribuito a rassicurare il consumatore. La decisione di estendere anche ai bovini di età compresa tra 24 e 30 mesi di età l’obbligo del test che può contribuire a migliorare l’immagine complessiva del Paese, associata alla fine della “rottamazione” delle vacche sta portando a un notevole incremento del numero dei test da eseguire e chiamerà l’Istituto Zooprofilattico di Brescia a un ulteriore sforzo per rispondere alle nuove esigenze . A tale scopo presso la sezione di Milano è già stato allestito ed ha iniziato da pochi giorni la propria attività il terzo laboratorio. La ricerca di nuovi test Seguiamo con attenzione, nel frattempo, lo sviluppo della ricerca di nuovi test sugli animali in vita che potrebbero accelerare la soluzione del problema ed è in corso di attivazione una collaborazione di studio che vede in prima fila la Facoltà di Veterinaria della Università degli Studi di Milano a testimonianza di disponibilità ed interessamento concreto ad iniziative in tale settore. Ci preoccupa peraltro l’immissione sul mercato di presunti strumenti diagnostici privi di validazione da parte dell’autorità sanitaria comunitaria e supportato unicamente da una documentazione di tipo commerciale che possono generare aspettative eccessive ma soprattutto indurre comportamenti non corretti. Abbiamo provveduto ad allertare i servizi e ad informare la magistratura. IL REGOLAMENTO CE 999\2001 Il Reg. CE 999/2001 introduce misure per. - la prevenzione, - il controllo , - l’eradicazione delle TSE - la classificazione degli stati La classificazione degli stati strumento efficace La valutazione del rischio effettivamente presente in un’area geografica rispetto alla BSE e la conseguente classificazione degli stati, in attesa di mezzi diagnostici più efficaci ,possibilmente sugli animali in vita, ha indubbiamente dimostrato nel tempo di essere uno metro di giudizio fortemente attendibile. Tutti ricordiamo il disappunto con cui abbiamo letto l’anno scorso la classificazione dell’Italia nella categoria dei paesi a rischio basso ma possibile. Purtroppo i fatti successivi hanno confermato le previsioni, così come è successo per altri paesi europei in tempi più recenti. Questo aspetto attiene sicuramente alla possibilità di commercializzazione delle carni ivi prodotte ma soprattutto indica chiaramente anche la capacità del sistema 4
dei controlli pubblici e del sistema produttivo di offrire una risposta positiva alla domanda di salute del consumatore. Esso si basa sulla valutazione della capacità degli stati membri, o di loro regioni, di mettere in atto sistemi di controllo dei fattori di rischio per la trasmissione della BSE e di documentare alle Autorità comunitarie le attività svolte e risultati ottenuti. Informazione Si tratta cioè di attivare un sistema che garantisca la massima trasparenza sulla reale situazione epidemiologica regionale e che sottolinei con forza il ruolo dell’Autorità sanitaria a tutela della salute del consumatore. La mancanza di conoscenza provoca in molti casi le grandi crisi di sfiducia e alimenta anche le campagne scandalistiche che pur rappresentando, un momento di denuncia, da sole non possono risolvere i problemi. Vogliamo, in Lombardia, mettere in atto un sistema che consenta alle Autorità nazionali e comunitarie una valutazione corretta della situazione epidemiologica e al consumatore lombardo di sentirsi adeguatamente tutelato. Il sistema si basa su flussi informativi continui ed integrati che coinvolgono la regione, le ASL, l’OEVR, l’IZS,….. La formazione Abbiamo bisogno per fare tutto questo di aumentare il livello di conoscenza rispetto alla BSE. La carenza di segnalazioni di casi sospetti di BSE mette in dubbio la capacità dei Servizi di esercitare una sorveglianza passiva efficace e contribuisce ad una valutazione non positiva nei nostri confronti. Il Regolamento stesso ci chiede di investire nella formazione degli addetti e di tutti gli attori della filiera produttiva per “trasformare la BSE in una patologia conosciuta e pertanto affrontabile”. Vogliamo innalzare il livello di attenzione rispetto a questa problematica per poterla meglio misurare e per poterla affrontare concentrando gli sforzi laddove sono più produttivi. Con la collaborazione dell’Università, del Centro di referenza, dell’Osservatorio Epidemiologico Regionale abbiamo attivato specifici corsi di aggiornamento in cui formeremo presso ogni ASL degli esperti il cui compito sarà quello di trasmettere le loro conoscenze a tutti gli interessati. L’analisi del rischio e la sorveglianza epidemiologica Ci viene inoltre chiesto di mettere in atto dei sistemi di analisi del rischio, di fornire i dati per la corretta valutazione della capacità di controllare l’evoluzione della BSE in Lombardia. E’ un compito gravoso che chiederà l’impegno assoluto di tutte le forze disponibili e la capacità di motivare le professionalità presenti sul territorio. Questo sarà l’obiettivo principale dei prossimi mesi. Il completamento e la corretta manutenzione dell’anagrafe bovina rappresenta ormai un obbiettivo non rinviabile. Indubbiamente la complessità di un sistema anagrafico che deve registrare i dati di una popolazione di circa due milioni di bovini e che deve tenere conto di oltre un milione di spostamenti è elevata. Recentemente con un apposito provvedimento la regione Lombardia ha ridisegnato, alla luce della propria esperienza, la propria strategia assegnando nuove risorse alle ASL e subordinandone l’erogazione alla validazione dei dati introdotti nelle banca dati nazionale. La politica di eradicazione: misure equivalenti ai fini della tutela della sicurezza alimentare Il Regolamento prevede la possibilità per gli Stati Membri di non procedere all’abbattimento e alla distruzione di tutti i bovini presenti nelle aziende dove si è manifestato un caso di BSE. Si tratta cioè di modificare quelle norme nazionali che fino ad oggi hanno previsto lo stamping out come strumento fondamentale per l’eradicazione della malattia. Il dettaglio delle norme attualmente in vigore può essere così sintetizzato: ? il Regolamento (CE) n.1326/2001 del 29 giugno 2001 che introduce misure transitorie per consentire il passaggio al regolamento (CE) n.999/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio recante disposizioni per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione di alcune encefalopatie spongiformi trasmissibili e ne modifica gli allegati VII e XI, prevede che lo Stato membro interessato può decidere di non abbattere e distruggere tutti i bovini dell'azienda dell'animale per il quale è stata confermata la malattia, ai sensi del 1° trattino del punto 1) lettera a), a seconda della situazione epidemiologica e della rintracciabilità degli animali in quell'azienda; ? il D.M. 7 gennaio 2000, tuttora vigente, all’art.13, comma 6, prevede, in deroga a quanto previsto al comma 1, lettera b), previo parere favorevole del Ministero della sanità – Direzione Generale sanità pubblica veterinaria, alimenti e nutrizione che l'obbligo di abbattimento può essere limitato agli animali che hanno 5
condiviso con quelli infetti i medesimi fattori di rischio per BSE. In tale caso l'azienda deve essere sottoposta ad una specifica sorveglianza nel quadro dei controlli di cui all'art.9; ? il D.L.25 maggio 2001, n.199 recante proroga di termini relativi agli interventi per fronteggiare l’emergenza derivante dall’encefalopatia spongiforme bovina, è stato convertito in legge con le modificazioni seguenti: Art. 1-ter – 1. All’articolo 7-ter del decreto legge 11 gennaio 2001, n.1, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2001, n.49, sono apportate le seguenti modificazioni: …….. 2. In caso di conferma della positività dei risultati del test di diagnosi rapida per l’accertamento dell’encefalopatia spongiforme bovina e qualora ricorrano le condizioni di cui all’allegato VII, punto 2 lettera a), del regolamento (CE) n.999/2001del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 giugno 2001, come sostituito dall’allegato II del regolamento (CE) n.1326/2001 della Commissione, del 29 giugno 2001, non si procede all’abbattimento ed alla distruzione di tutti i bovini dell’azienda in cui è stata confermata la malattia di un animale”. - il Comitato scientifico direttivo nel suo parere conclude che l’abbattimento dell’intera mandria ha già avuto effetti positivi in termini di prevenzione dei casi futuri, pur non escludendo la possibilità di raggiungere lo stesso risultato abbattendo gli animali nati e/o allevati nella stessa mandria del caso confermato in un periodo di 12 mesi prima e dopo la nascita del caso stesso (uccisione della coorte di nascita); ritenendo opportuno modificare di conseguenza le norme dettagliate relative all’eradicazione, rendendo opzionale l’uccisione dell’intero branco qualora la situazione locale complessiva lo consenta. Noi conveniamo di non esser in presenza di una forma diffusiva che obbligatoriamente impone l’immediato abbattimento di ogni animale sensibile in quanto possibile fonte di diffusione. Non possiamo per altro ignorare che nel caso della BSE l’abbattimento non è previsto, come per le altre malattie come una forma di tutela del patrimonio zootecnico, ma è sostenuto dalla necessità di non esporre il consumatore a rischi potenziali in presenza di una patologia di cui dobbiamo ancora conoscere molti aspetti. Noi riteniamo possibile l’adozione di misure anche meno drastiche dello stamping-out purché rimanga inalterato il livello di garanzia per il consumatore e laddove non sia possibile escludere con certezza l’esposizione ai medesimi fattori di rischio almeno tutti gli animali in lattazione e che fruiscono della medesima alimentazione debbano essere oggetto di misure di abbattimento. Ciò potrebbe consentire la salvaguardia del patrimonio genetico del bestiame più giovane quando se ne ravvisasse l’opportunità. Abbiamo pertanto proposto all’autorità centrale di limitare , quando l’indagine epidemiologica lo consente, di limitare l’abbattimento a: - tutti i bovini appartenenti alla coorte d’età (nati 12 mesi prima e 12 mesi dopo l’animale positivo) così come previsto dal Reg. 999/2001; - tutti gli embrioni, ovuli o la progenie della bovina, per la quale è stata confermata la malattia, raccolti o nata nei due anni precedenti e successivi al manifestarsi clinico della malattia; - tutti i bovini di età superiore a 24 mesi (nati prima del 30 giugno 1999 presenti nello stesso allevamento); - tutti i bovini che abbiano partorito almeno una volta. Si ritiene inoltre necessario prevedere che: - se i test effettuati sugli animali abbattuti daranno un ulteriore esito positivo, si debbano abbattere tutti i bovini presenti in allevamento; - in ogni caso tutti i bovini attualmente presenti posti in vincolo sanitario, vengano considerati a rischio per BSE e potranno lasciare l’azienda solo per essere destinati direttamente ad un impianto di macellazione e sottoposti al momento della macellazione, a qualunque età essa avvenga, al test rapido per la BSE. Riteniamo per altro che deve comunque essere fatta salva, qualora la situazione locale complessiva lo consenta, la possibilità di ricorrere allo stamping-out; una politica a favore dell’abbattimento totale in questo momento deve essere economicamente sostenuta se non altro per offrire l’opportunità agli allevatori interessati di uscire definitivamente dall’inevitabile crisi aziendale che consegue alla scoperta della presenza della BSE in azienda. In tal senso la Regione Lombardia ha approvato un intervento economico in grado di riconoscere all’allevamento in cui viene attuato lo stamping-out un sostegno al conseguente mancato reddito sufficiente a sterilizzarne il conseguente impatto economico . Comunque l’intervento economico richiesto dalle misure di abbattimento appare ben piccola cosa rispetto 6
all’insieme degli stanziamenti necessari a fare fronte alla crisi produttiva dovuta alla BSE e costi delle misure di intervento e di sostegno. Il solo costo dei test, completamente sostenuto dall’intervento pubblico, è previsto nell’ordine di 100 miliardi; diverse centinaia di miliardi sono necessarie per sostenere economicamente il costo di smaltimento delle farine di carne. Il cittadino che sostiene tutti questi interventi economici ha indubbiamente diritto al massimo della tutela anche attraverso l’applicazione di misure impopolari. Principali provvedimenti assunti durante l’emergenza BSE Ordinanza contingibile e urgente 6/10/2000, n° 24318 “Misure di protezione contro le encefalopatie spongiformi trasmissibili nella Regione Lombardia Delibera Giunta regionale 13/11/2000, n° 2059 “Approvazione di un primo intervento urgente a sostegno della filiera bovina e ovicaprina soggetta alle misure sanitarie obbligatorie di prote- zione contro le encefalopatie spongiformi trasmissibili ex Decisione della Commissione europea 2000/418/CE del 29/6/2000 Delibera Giunta Regionale n° 2639 del 15/12/2000 “Programma integrato regionale per il monitoraggio e la prevenzione dai rischi da encefalopatia spongiforme bovina (BSE) Decreto D.G. san. 22/12/2000, n° 33144 “Piano per l’attuazione dei controlli sulla BSE in Regione Lombardia” Decreto D.G. sanità 4/1/2001, n° 151 “Linee guida per la definizione di un protocollo operativo da applicare in caso di riscontro di esito positivo al test rapido per la diagnosi di BSE 7
Il rischio geografico per BSE PREMESSA Il Regolamento (CE) n. 999/2001 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, recante disposizioni per la prevenzione, il controllo e l’eradicazione di alcune encefalopatie spongiformi trasmissibili definisce i criteri per la determinazione della qualifica sanitaria nei riguardi della BSE di uno Stato membro, di un paese terzo o di una loro regione. Le informazioni da presentare alla Commissione a corredo della domanda volta ad ottenere la determinazione della qualifica sanitaria relativa alla BSE sono le seguenti: 1) i risultati di un’analisi del rischio che individui tutti i fattori potenziali relativi all’insorgenza della BSE e la loro evoluzione nel tempo; 2) un programma di formazione destinato a veterinari, allevatori e addetti al trasporto, al commercio e alla macellazione dei bovini, che abbia lo scopo di incoraggiare questi soggetti a segnalare tutti i casi di manifestazioni nervose nei bovini adulti; 3) la dichiarazione obbligatoria e l’esame di tutti i bovini che manifestano sintomi clinici di BSE; 4) un sistema di sorveglianza e controllo permanenti della BSE, con particolare riferimento ai criteri utilizzati per l’analisi del rischio; le relazioni del numero di esami effettuati e sui relativi risultati; 5) l’esame dei campioni di encefali o di altri tessuti, prelevati nel quadro del sistema di sorveglianza presso un laboratorio autorizzato. L’analisi del rischio si basa sui seguenti fattori: 1) il consumo da parte dei bovini di farine di carne ed ossa o di ciccioli derivati da ruminanti; 2) l’importazione di farine di carne ed ossa o di ciccioli potenzialmente contaminati da TSE o di prodotti per l’alimentazione degli animali contenenti farine di carne ed ossa o ciccioli; 3) l’importazione di animali od ovuli e embrioni potenzialmente infetti da TSE; 4) la situazione epidemiologica del paese o della regione rispetto alle TSE degli animali; 5) l’ampiezza delle conoscenze circa la struttura della popolazione di bovini, ovini e caprini nel paese o nella regione; 6) l’origine dei rifiuti di origine animale, i parametri dei processi di trattamento di tali rifiuti ed i metodi di produzione di prodotti per l’alimentazione degli animali. Valutata la disponibilità e la qualità dei dati a corredo della domanda, la qualifica sanitaria è determinata mediante la classificazione in una delle seguenti categorie: Categoria 1: paesi o regioni indenni da BSE; Categoria 2: paesi o regioni provvisoriamente indenni da BSE in cui non è stato segnalato nessun caso indigeno; Categoria 3: paesi o regioni provvisoriamente indenni da BSE in cui è stato segnalato almeno un caso indigeno; Categoria 4: paesi o regioni in cui l’incidenza della BSE è debole (tra 1 e 100 casi indigeni su un milione di bovini di età superiore a 24 mesi, durante gli ultimi 12 mesi); Categoria 5: paesi o regioni in cui l’incidenza della BSE è elevata (oltre 100 casi indigeni su un milione di bovini di età superiore a 24 mesi, durante gli ultimi 12 mesi). L’Italia, come pure alcune regioni, compresa la Lombardia, sta approntando il dossier da inviare alla Commissione. La tipologia e il numero di informazioni da raccogliere sono svariate e consistenti e la preparazione del documento richiede tempo e la collaborazione di tutte le Istituzioni in grado di fornire i dati necessari. L’obiettivo primario è quello di presentare la domanda fornendo le informazioni chieste per la determinazione della qualifica sanitaria. Una volta raggiunto, l’ipotesi di classificazione migliore che ci si può attendere è quello di essere inseriti nella categoria 4. Al fine di comprendere meglio la metodica usata dalla Commissione che sta alla base della classificazione, appare utile proporre una sintesi del report sul Rischio Geografico per BSE (GBR = Geographical BSE-Risk) elaborato dal Comitato Direttivo Scientifico (SCC = Scientific Steering Committee) a partire dal 1998 e pubblicato nel luglio 2000. La genesi che portò alla elaborazione del report finale passò attraverso le seguenti azioni intraprese dallo SCC. Gennaio 1998: lo SCC stabilì un elenco di fattori su cui basare la raccolta delle informazioni necessarie per determinare il GBR; 8
luglio 1998: la Commissione raccomandò gli Stati Membri di fornire queste informazioni; dicembre 1998: SCC pubblicò una bozza di opinione sul metodo per stabilire il GBR di un paese o regione; febbraio 1999: adozione del metodo proposto in bozza; marzo 1999: applicazione del metodo su 11 Stati Membri della UE che avevano fornito i dossier. La metodologia fu aggiornata ripetutamente in base all’esperienza effettuata su 26 paesi che avevano volontariamente aderito e dei loro commenti. L’aggiornamento si basò sui drafts dei loro reports (aprile/maggio e giugno 1999 e 2000), su un documento di lavoro dello SCC sul GBR (aprile 2000), sulla opinione preliminare dello SCC sul GBR e i reports preliminari sul Risk assessment della BSE (Maggio 2000) GBR: ASSUNTI DELLA METODOLOGIA La metodologia individuata per valutare il GBR era basata sulle seguenti assunzioni: - limitata ai bovini e agli alimenti in grado di trasmettere la BSE, vale a dire che non considera altre possibili fonti di origine della BSE se non l’importazione di bovini infetti o alimenti contaminati; - la malattia apparve per la prima volta nel Regno Unito originante da una fonte iniziale ancora sconosciuta; - il GBR non dipende dall’incidenza confermata di casi clinici di BSE, che sono talvolta difficili da stabilire a causa delle intrinseche limitazioni dei sistemi di sorveglianza (processo di identificazione dei casi di BSE e degli animali a rischio di essere infetti); - il GBR permette una facile identificazione di possibili misure aggiuntive che, in una determinata situazione, possono migliorare la capacità di un Paese di far fronte alla BSE; - la natura qualitativa di questa metodica e le sue limitazioni vanno viste alla luce del contesto delle attuali conoscenze scientifiche e della disponibilità e qualità dei dati; - il principale obiettivo della metodica è di stabilire se la presenza di uno o più bovini infetti in un determinato Paese è “altamente improbabile”, “improbabile ma non esclusa”, o “confermata a bassi o alti livelli” e quale potrebbe essere la tendenza nel futuro; - approccio conservativo (ipotesi ragionevole del peggior caso) ogni qualvolta la disponibilità dei dati risultava insufficiente; - il GBR non ha una ricaduta diretta sulla esposizione umana alla BSE. Infatti, per un determinato GBR, il rischio che l’alimento sia contaminato con l’agente della BSE dipende da tre fattori principali: - la probabilità che bovini infetti siano trasformati ed entrino nella catena alimentare; - la quantità e la distribuzione di carico infettante dei bovini alla macellazione; - le modalità con cui sono trattati i vari tessuti infetti. GBR: METODOLOGIA E PROCEDURA Il GBR è un indicatore qualitativo della probabilità della presenza di uno o più bovini infetti con l’agente della BSE sia in forma pre-clinica sia clinica, in un determinato momento, in un Paese. Dove viene confermata la sua presenza, il GBR fornisce una indicazione del livello dell’infezione come specificato nella tabella 1. Tabella 1. Definizione del GBR e dei suoi livelli Livello di presenza di uno o più bovini infetti in forma clinica o pre-clinica con l'agente della BSE in una GBR regione/paese geografico I altamente improbabile II improbabile, ma non escluso III probabile ma non confermato o confermato a livelli bassi IV confermato ad alti livelli Lo SCC era consapevole che il confine tra il livello III e IV è arbitrario, poiché non esiste nessuna chiara giustificazione scientifica che consenta una differenziazione. Al tempo lo SCC aveva usato la soglia dell’OIE, cioè un’incidenza di più di 100 casi di BSE confermati per milione di bovini oltre i 24 mesi di età in un Paese o zona, calcolati nell’arco di 12 mesi. D’altro canto, lo SCC era in accordo con l’OIE sul fatto che, in certe circostanze, i paesi con una incidenza tra 1 e 100 casi di BSE/1.000.000 bovini con oltre 24 mesi di età, dovrebbero essere classificati in un livello di rischio più alto se, per esempio, vi sono chiare indicazioni che la vera incidenza clinica è di fatto più alta di 100 casi per milione di bovini adulti calcolata 9
nell’arco di un anno. L’esperienza fatta in Svizzera e nel Regno Unito ha dimostrato che la sorveglianza eseguita su bovini adulti regolarmente macellati non notificati come sospetti BSE e soprattutto appartenenti a sotto-popolazioni a rischio, come gli animali morti in stalla, i macellati d’urgenza, ha rilevato diversi casi confermati di BSE che sarebbero rimasti nascosti con la normale sorveglianza passiva, anche se mirata ad animali con sintomi neurologici. Lo SCC assumeva, pertanto, che la sorveglianza passiva non fornisce una reale stima dei casi di BSE esistenti. I risultati ottenuti in Svizzera e nel Regno Unito indicano che è probabile che la sorveglianza passiva, basata unicamente sulla notifica di sospetti BSE sintomatici, non rilevi più di metà o un terzo di tutti i casi clinici, o perfino livelli più bassi. Comunque, fino a quando sarà impossibile rilevare casi pre-clinici nelle prime fasi del periodo di incubazione, la sorveglianza attiva di animali apparentemente sani più giovani di 24 mesi non può essere considerata di ausilio nell’aumentare il livello di rilevazione dei positivi. Assunzioni di base La BSE è insorta nel Regno Unito e si è propagata tramite il riciclo di tessuti bovini in alimenti per animali. L’esportazione di animali infetti e di alimenti contaminati spiega la diffusione della BSE in altri paesi, in cui nuovamente è stata riciclata e propagata con la catena alimentare. In tutti i paesi eccettuato il regno Unito, l’importazione di alimenti contaminati o animali infetti è la sola possibile origine di BSE che si tiene in considerazione. Il solo modo di trasmissione considerato nel modello è l’alimento. Sangue, seme ed embrioni non sono considerati come possibili vettori di trasmissione, come pure le farine di sangue. La cross- contaminazione di MMBM (mammalian meat bone meal = mangimi contenenti proteine animali trasformate derivate da mammiferi) di bovini indenni con altri mangimi che contengano tali ingredienti è una possibile via di propagazione della malattia. Perciò, fino a quando è stato legalmente possibile alimentare gli animali con MMBM, BM (bone meal) o ciccioli, non è stata eliminata la possibilità di cross-contaminazione degli alimenti con proteine animali (di ruminanti). E’ da tenere a mente che qualunque cross-contaminazione di alimenti per bovini con MMBM, persino al di sotto dello 0,5%, rappresenta un rischio di trasmettere la malattia. Il possibile impatto della trasmissione materna sul GBR non è stata presa in considerazione, a causa della natura qualitativa della metodologia, dell’importanza relativamente minore di questa via di trasmissione rispetto alla somministrazione di alimenti contenenti farine di carne e di ossa e della mancanza di conferme scientifiche finali della sua esistenza. A questo riguardo, per la verità, ci sono indicazioni statistiche che la malattia può essere trasmessa verticalmente dalla madre al vitello ed è statisticamente dimostrato che il rischio di trasmissione materna è più elevato, se il vitello è nato entro 6 mesi prima dell’insorgenza dei segni clinici nella madre. Anche una terza via di trasmissione, quella orizzontale tramite l’ambiente, non può essere esclusa, ma a tutt’oggi non vi è evidenza scientifica e perciò non è stata considerata., come pure l’eventualità che le pecore e le capre si possano essere infettate con la BSE. Fattori utilizzati per determinare il GBR Gli 8 fattori identificati dal SCC e usati nel caratterizzare il modello del sistema BSE/bovini sono i seguenti. 1) Struttura e dinamica della popolazione bovina - Numero e distribuzione per età dei bovini da carne e da latte, vivi e macellati; - sistemi di allevamento, proporzionali alla popolazione bovina totale (carne/latte, intensivo/estensivo, produttività delle bovine da latte, allevamenti misti suini/pollame e bovini, distribuzione geografica delle popolazioni di bovini e suini/pollame e dei differenti sistemi di allevamento) 2) Sorveglianza della BSE Misure attuate per la rilevazione dei casi di BSE: - sistema di identificazione e capacità di rintraccio; - data dalla quale la BSE è una malattia denunciabile e criteri per elevare sospetto di BSE; - formazione (quando, come e chi è stato addestrato); - indennizzo (da quando, quanto in relazione ai valori di mercato e condizioni di pagamento); - altre misure prese per assicurare la notifica dei casi sospetti; - azioni e programmi specifici per la sorveglianza BSE; - metodi e procedure (di campionamento e di laboratorio) usate per la conferma dei casi di BSE; Risultati della sorveglianza per BSE: - numero dei bovini, origine (nazionale o di importazione), tipo (carne/latte), età, metodo usato per confermare la diagnosi e la ragione per la quale l’animale è stato esaminato (sospetto, eliminazione per 10
correlazione, etc.) - incidenza annuale dei casi riportati confermati, per coorte di nascita e, se possibile, per tipo di bovino 3) Eliminazione dei capi correlati alla BSE - schemi di eliminazione, data di introduzione e criteri usati per identificare gli animali da eliminare; - informazioni sugli animali già eliminati nel contesto della BSE 4) Importazione di bovini e di MBM (Meat Bone Meal) - Importazioni di bovini vivi e/o MBM da l Regno Unito e da altri paesi infetti da BSE; - informazioni che potrebbero utili per valutare l’influenza sul rischio di importazioni dell’agente della BSE (stato sanitario per BSE degli allevamenti di origine dei capi importati, definizione precisa delle proteine animali importate, etc.) - principali importazioni di bovini vivi e/o MBM da altri paesi; - l’uso fatto dei bovini o MBM importati 5) Alimentazione - Produzione nazionale di MBM e uso degli MBM (nazionali e importati); - produzione nazionale di mangimi composti per animali e loro uso; - potenziale cross-contaminazione degli alimenti per bovini con MBM durante la produzione, il trasporto e in allevamento; misure prese per assicurare e controllare di evitare la cross-contaminazione; - metodi e risultati dei controlli effettuati. 6) Divieti degli MBM - Date di introduzione e scopo (tipo di proteine animali vietate per l’uso alimentare in specie differenti, eccezioni, etc.); - misure attuate per assicurare il controllo; - metodi e risultati del controllo. 7) Divieti degli SRM (Specified Risk Material) - Date di introduzione e scopo (definizione degli SRM, uso fatto degli SRM, etc.); - misure attuate per assicurare il controllo; - metodi e risultati del controllo. 8) Rendering - Materiale grezzo usato (tipo: frattaglie al macello inclusi gli SRM o meno, altri scarti animali, animali morti, etc., quantità annuali per tipo di materiale grezzo); - caratteristiche del processo di trasformazione attuato (tempo, temperatura, pressione; a lotti o in continuo) e quota del prodotto ottenuto rispetto alla produzione nazionale annuale. Al fine di chiarire le interazioni tra questi fattori lo SCC ha elaborato un modello strettamente qualitativo del sistema bovini/BSE, riguardante la popolazione bovina di un paese o regione e tutti i fattori rilevanti per la propagazione dell’agente della BSE e che è presentato nella figura 1. Nel modello la introduzione iniziale dell’agente della BSE viene dall’esterno ed è considerata una esposizione al rischio esterna al sistema. Sono considerate due possibili vie di introduzione: - l’importazione di animali infetti; - l’importazione di MBM contaminati. I fattori ritenuti capaci di prevenire l’evoluzione dell’infettività da BSE nel sistema sono i seguenti: - sorveglianza e abbattimento. Identificazione dei casi di BSE tramite il sistema di sorveglianza passivo e attivo, che prevede il test rapido, quello di conferma e la eliminazione dei capi positivi e correlati a rischio di essere infetti con loro distruzione. Il rischio di introdurre l’agente della BSE viene ridotto; - rimozione degli SRM. L’esclusione di questi tessuti potenzialmente infetti che possono derivare da casi di BSE (pre-)clinici destinati al rendering, riduce il carico infettante che potrebbe entrare nella catena alimentare. L’esclusione degli animali morti dalla catena alimentare si considera efficace come un parziale divieto SRM perché, come visto nell’esperienza svizzera, la frequenza di casi (pre-clinici) negli animali 11
morti sembra essere più alta rispetto a quelli regolarmente macellati; - rendering. Processi appropriati di rendering riducono l’infettività BSE apportata dal materiale grezzo di un fattore fino a 1.000; - alimentazione. Assicurando che nessun alimento potenzialmente infetto raggiunga i bovini, si riduce il rischio di nuove infezioni nella popolazione domestica bovina. Il modello si può dividere in due parti, esposizione al rischio (challenge) e stabilità del sistema, su cui si può valutare la loro interazione. Challenge esterno Il termine “challenge esterno” si riferisce sia alla probabilità sia alla quantità dell’agente BSE che entra, attraverso bovini o MBM infetti, in una definita area geografica, in un determinato periodo di tempo. Al fine di poter paragonare le diverse valutazioni, lo SCC ha considerato il challenge esterno indipendentemente dalle dimensioni e dalla struttura della popolazione bovina totale. La tabella 2 si riferisce alle importazioni dal Regno Unito e da altri paesi infetti BSE e il periodo di tempo in cui il rischio di contaminazione dovuto alle esportazioni era il più alto. Per l’importazione di animali vivi si è assunto il periodo che andava dal 1988 al 1993, che copre indicativamente un periodo di incubazione prima della più alta incidenza rilevata (1992-93) nel Regno Unito. Dati recenti sull’incidenza dei casi nelle coorti di nascita mostrano che questa era già alta nel 1985/86 e nel 1986/87. Comunque, poiché i bovini sono generalmente esportati ad una età tra i 6 e 24 mesi, si ritenne giustificato mantenere questo range. Nondimeno, usando questo approccio, potrebbe essere possibile che il rischio dovuto alle importazioni nel 1987 fosse leggermente sottostimato. Come ragionevole peggior caso si è assunto che durante questo periodo la prevalenza media di BSE di animali infetti nei bovini esportati fosse di circa il 5%, cioè su 20 animali uno poteva essere infetto. Il valore 5% fu usato perché, alle normali probabilità di sopravvivenza, solo 1 di 5 vitelli raggiunge un’età di 5 anni. Se l’incidenza dei casi in una coorte di nascita era di circa l’1%, circa il 5% dei vitelli in quella coorte di nascita poteva essere stata infettata. Perciò, questo moderato challenge esterno corrisponderebbe alla probabilità che almeno un animale infetto fosse importato. La valutazione della esposizione al rischio relativa alle importazioni di MBM fu scelta sulla base dei seguenti punti: - il periodo critico, cioè a più alto rischio che le importazioni di MBM dal Regno Unito fossero contaminate, fu stabilito dal 1986 al 1990. Questo è il periodo con la più alta incidenza di casi nelle coorti di nascita; - il rischio raggiunse il picco nel 1988 quando gli SBO (specified bovine offal) furono esclusi dalla catena alimentare umana, ma inclusi nel rendering e nella produzione di alimenti. Il rischio diminuì con l’esclusione degli SBO dal rendering alla fine del 1989. La tabella 2 indica che l’importazione di 1 tonnellata di MBM è equivalente al challenge riferito all’importazione di un animale vivo. Questo è giustificato dal fatto che le statistiche di importazione disponibili non consentono la differenziazione tra differenti forme di proteine animali e che praticamente tutti gli MBM prodotti in Europa sono sempre un mix di materiale derivato da ruminanti e non ruminanti. La probabilità che più di un bovino infetto sia stato trasformato in una tonnellata di MBM finale è molto bassa, perfino nel Regno Unito. Si precisa che una sola carcassa può essere trasformata in circa 65 Kg di MBM e che 18 carcasse sarebbero necessarie per produrre una tonnellata di MBM. Per altri periodi, il rischio che i bovini esportati da paesi colpiti da BSE e dal Regno Unito fossero infetti o che gli MBM fossero contaminati fu più basso. Perciò, il challenge apportato dalla medesima quantità di importazioni avrebbe dovuto essere molto più basso o allo stesso livello, se le importazioni fossero state più alte. Per adattare i valori soglia sono stati utilizzati i seguenti coefficienti: Importazioni dal Regno Unito in altri periodi - Bovini. Prima del 1988 e dal 1994 al 1997: moltiplicare tutti i valori per un fattore 10; dal 1998 in poi: moltiplicare per 100; - MBM. Prima del 1986 e dal 1994 al 1997: moltiplicare tutti i valori per un fattore 10; dal 1993 in poi: moltiplicare per 100. Importazioni da altri paesi colpiti da BSE - Bovini: moltiplicare per 100. - MBM: moltiplicare per 10. E’ ovvio che il challenge esterno finale associato ai bovini importati e al loro impatto dipenderà grandemente 12
da un certo numero di variabili, tra cui l’età alla macellazione degli animali. Escludendo gli animali importati dalla catena alimentare si ridurrebbe il challenge fino a un livello trascurabile. Allo stesso modo, gli animali importati che sono macellati prima di raggiungere i 24 mesi di età rappresenterebbero un più basso challenge rispetto ad animali importati destinati alla riproduzione e poi destinati al rendering ad una età abbastanza elevata per essere prossima alla fine del periodo di incubazione. Queste informazioni modulano i criteri della tabella. Tabella 2. Definizione dei livelli di challenge esterno importazione di bovini (numero capi) importazione MBM (tonnellate) CHALLENGE ESTERNO 1998 - 1993 da UK 1986 - 1990 da UK estremamente alto >= 10000 >= 10000 molto alto 1000 - < 10000 importazioni 1000 - < 10000 importazioni alto 100 - < 1000 da UK importazioni da 100 - < 1000 da UK importazioni da prima dell'88 e altri paesi con prima dell'88 e altri paesi con moderato 200 - < 100 dal 94 al 97:*10 BSE :*100 200 - < 100 dal 91 al 93:*10 BSE :*100 basso 10 - < 20 dopo il 97 :*100 10 - < 20 dopo il 93 :*100 molto basso 5 - < 10 5 - < 10 trascurabile 0-
1) Ottimalmente stabile: tutti i tre fattori di stabilità sono attivati, ben controllati, implementati e validati (“OK”). Idealmente, tale sistema escluderebbe non solo i capi morti dall’essere trasformati in alimento, ma anche i soggetti correttamente identificati come casi di BSE e gli animali correlati a rischio. Tale sistema previene pienamente la propagazione dell’infezione e la elimina molto rapidamente. 2) Molto stabile: due dei tre fattori sono OK ma uno di questi è solo ragionevolmente implementato (ragionevolmente OK). La propagazione sarebbe grandemente prevenuta, ma l’eliminazione dell’infezione dal sistema è più lenta del livello precedente. 3) Stabile: due dei tre fattori sono OK oppure due ragionevolmente OK. La BSE sarà eliminata dal sistema nel corso del tempo, ma la propagazione può ancora verificarsi, solamente ad un tasso più lento dell’eliminazione dell’infettività 4) Neutralmente stabile: tutti i tre fattori sono ragionevolmente OK. La circolazione dell’infettività non si amplifica né si riduce nel tempo. Lo stesso è vero se solo un fattore è OK e due non sono presenti o malamente implementati. 5) Instabile: se solo due fattori sono “ragionevolmente OK”. La BSE sarà amplificata, se già presente oppure vi sarà la possibilità che possa essere introdotta.. 6) Molto instabile: solo uno dei fattori è “ragionevolmente OK”. Vi è un riciclo dell’agente infettante in grandi proporzioni e la propagazione della malattia è piuttosto rapida. 7) Estremamente instabile: nessuno dei tre fattori può essere considerato “ragionevolmente OK”. Rapida propagazione dell’agente infettante, che dovrebbe entrare nel sistema e amplificarsi. Criteri di valutazione dei tre principali fattori di stabilità Alimentazione: OK = evidenza che è altamente improbabile che alcun bovino abbia ricevuto MMBM Ragionevolmente OK = improbabile alimentazione volontaria, ma la cross contaminazione non può essere esclusa Rendering: OK = solo impianti che operano secondo lo standard di 133°/20min/3bar Ragionevolmente OK = tutti gli impianti di trasformazione di materiale ad alto rischio (SRM, morti, materiale non idoneo per il consumo umano) che operano secondo lo standard di 133°/20min/3bar. Il materiale a basso rischio è trattato in condizioni meno severe. Rimozione degli SRM: OK = la rimozione degli SRM da bovini importati e domestici è applicata, bene implementata e documentata. I morti sono esclusi dalla catena alimentare. Ragionevolmente OK = la rimozione degli SRM da bovini importati e domestici è applicata, ma non bene implementata e documentata. Se in aggiunta al ragionevolmente OK i morti sono esclusi dal rendering, la rimozione degli SRM potrebbe essere considerata OK. L’esclusione dal rendering dei morti da sola è considerata utile, ma non efficace e sufficiente da essere valutata come ragionevolmente OK. La sorveglianza è essenziale per la capacità del sistema di identificare i casi clinici di BSE, mentre l’abbattimento e l’eliminazione dei casi clinici e degli animali a rischio correlati è fondamentale per prevenire il loro ingresso nei processi di trasformazione. Un buon sistema di sorveglianza può, perciò, in combinazione con una appropriata politica di eliminazione dei capi, aumentare la stabilità favorendo l’eliminazione dell’infettività da BSE dal sistema, ma potrebbe non essere sufficiente a raggiungere un livello di stabilità più elevato di quello ottenibile con l’applicazione e implementazione dei tre principali fattori che caratterizzano la stabilità. Challenge interno Il challenge interno si riferisce alla probabilità che una certa quantità di agente della BSE sia presente e circoli in una specifica area geografica, in un determinato periodo di tempo. Se presente, l’agente infettante potrebbe essere negli animali domestici, dove si replicherebbe, in particolare negli SRM e negli MBM domestici derivati. Il challenge interno in un determinato punto del tempo è la conseguenza dell’interazione tra la stabilità del 14
sistema e i challenge esterno e interno combinati, ai quali il sistema fu esposto nel precedente periodo. Se un sistema BSE/bovini pienamente stabile è esposto a un challenge esterno, l’introduzione nella catena alimentare e il riciclo del carico infettante saranno prevenuti e neutralizzati nel tempo. Nessun challenge interno deriverà da questo challenge esterno, perché il sistema è in grado di far fronte ad esso. Se un sistema BSE/bovini instabile viene esposto a un challenge esterno, l’introduzione nella catena alimentare e il riciclo del carico infettante consentiranno l’attecchimento e il ricircolo dell’agente nel sistema. L’agente sarà presente negli MBM contaminati domestici che, se somministrati ai bovini domestici, potranno trasmettere l’infezione. Dopo circa altri 5 anni (periodo di incubazione medio) un certo numero di bovini, che sono sopravvissuti fino a quell’età, potranno diventare casi clinici. Altri potranno essere trasformati prima dello sviluppo della sintomatologia e l’infettività essere di nuovo riciclata. Tramite questa via il carico infettante interno al sistema si va ad amplificare e si può sviluppare l’epidemia (figura 1 e 2). Il numero di bovini infetti in forma pre-clinica o clinica esistenti nel sistema in un determinato periodo di tempo può rappresentare un indicatore delle dimensioni del challenge interno. D’altra parte, al momento è impossibile individuare i casi pre-clinici e gli animali nelle prime fasi cliniche possono essere non correttamente diagnosticati. Perciò, per rilevare il challenge interno in un paese instabile è necessario attendere almeno un periodo di incubazione (5 anni) a partire dal challenge iniziale. Esso potrebbe essere molto più lungo in relazione ai seguenti fattori: - il grado di esposizione al rischio (più è grande e maggiore sarà il numero di nuove infezioni, con un più alto numero di casi che raggiungono la fase clinica); - il grado di instabilità del paese (un sistema molto instabile amplificherebbe l’infettività più velocemente e porterebbe più rapidamente ad un più alto numero di casi); - le dimensioni della popolazione bovina nazionale (in popolazioni più piccole lo stesso numero di casi potrebbe essere più facilmente scoperto rispetto a popolazioni più grandi, vale a dire che per una esposizione iniziale similare e tassi similari di propagazione ci vorrebbe più tempo per raggiungere lo stesso livello di incidenza), la demografia animale e agricola e le logiche di mercato dei paesi che subiscono l’esposizione al rischio (cioè, se il bovino raggiunge a mala pena l’età di 5 anni o più, la probabilità che animali in incubazione diventino casi clinici si riduce); - la qualità e la validità del sistema di sorveglianza nel paese esposto (migliore è la sorveglianza e più precoce è la rilevazione, poiché il rischio di perdere dei casi è più piccolo). A seconda dei casi specifici può essere necessario attendere periodi più lunghi, cioè diversi cicli di incubazione per raggiungere il numero di casi clinici sufficienti per essere evidenziati dai sistemi di sorveglianza. Di principio non si può escludere che, in certe circostanze, perfino un carico infettante che entra in un sistema instabile possa non avere alcun impatto. Ciò può accadere se c’è una eliminazione non intenzionale dell’agente infettante dal sistema, e.g.. se gli MBM contaminati importati sono tutti somministrati a suini e pollame e non raggiungono i bovini, anche se durante quel periodo l’alimentazione dei bovini con MBM era legalmente possibile e generalmente attuata. Comunque lo SCC ha assunto come ragionevole peggior scenario che l'esposizione alla BSE di un sistema instabile esiterebbe sempre prima o poi in una esposizione interna. La velocità di sviluppo dipende dalla stabilità del sistema. Interazione tra l’esposizione totale al rischio e la stabilità del sistema nel tempo L’esposizione totale al rischio è la combinazione delle esposizioni interna ed esterna che sono presenti in un sistema BSE/bovini, in un determinato punto del tempo. Si possono verificare 4 differenti combinazioni di stabilità ed esposizione al rischio: - un sistema stabile che non è o solo lievemente esposto al rischio: questa è ovviamente la miglior situazione; - un sistema stabile che è altamente esposto al rischio: questa è ancora una situazione piuttosto buona perché il sistema è capace di rimuovere la BSE; - un sistema instabile che non è o è solo lievemente esposto al rischio: finché la BSE non entra nel sistema, la situazione è buona. Se dovesse entrare, il sistema la amplificherebbe; - un sistema instabile che è altamente esposto al rischio: ovviamente è la situazione più sfortunata. Con l’entrata dell’infettività BSE il sistema la amplificherebbe e si svilupperebbe l’epidemia. Queste situazioni di stabilità e di esposizione al rischio sono illustrate nel diagramma bi-dimensionale in figura 2 dove entrambi gli assi diffondono attraverso i rispettivi possibili livelli più bassi e più alti. 15
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