Rischio e propensione al rischio - OSTIAMARE

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Rischio e propensione al rischio
                                       Dott. Emanuele Currò
                                             Abstract - IT

        Questo articolo riprende gli studi riguardanti il concetto di rischio e la propensione al rischio
che caratterizza l‟individuo.
        Vengono riportate le principali teorie sul risk-taking, ovvero l‟assunzione di rischio, ponen-
do l‟accento soprattutto sugli studi di Zuckerman riguardanti i Sensation Seekers, letteralmente cer-
catori di emozioni estreme. Con questo termine l‟autore intende delimitare una categoria di persone
che nutrono un‟attrazione particolare per attività e comportamenti rischiosi con l‟obiettivo di perce-
pire sensazioni nuove e fortemente coinvolgenti, a tal punto da arrivare persino a sfidare la morte.
        Si evidenzia come questi individui presentino caratteristiche di personalità impulsive, a tratti
aggressive, un‟elevata curiosità, anticonformismo e livelli di ansia relativamente bassi.
        All‟interno di questa categoria d‟individui rientrano gli extreemers, i praticanti di sport e-
stremi, che riescono ad incanalare la propria costante necessità di ricerca di sensazioni intense nella
pratica di una disciplina sportiva estrema (come per esempio il paracadutismo).
        Viene trattato l‟argomento degli sport estremi, delle motivazioni che spingono questi sporti-
vi alla pratica di determinate discipline ed alla ricerca di sensazioni ed emozioni forti, per finire con
la descrizione di quattro delle principali discipline estreme maggiormente praticate.

                                Risk and the Inclination to Take Risk
                                              Abstract - EN
        This article takes into consideration the studies regarding the concept of risk and the incli-
nation to take risk which characterize an individual. Principal theories regarding risk-taking are pre-
sented, giving particular attention to the studies of Zuckerman, regarding sensation seekers or seek-
ers of extreme emotions. With this term, the author aims to delineate a category of persons who has
a particular attraction to risky activities and behaviour for the scope of perceiving new and
strongly engaging sensations to the point of defying death itself. It is shown that these individuals
present impulsive personality characteristic, with traits of aggressiveness, high curiosity, anti-
conformism, and relatively low anxiety level. Extreme sports and the motivations of extreme
sportsmen are treated, followed by a discussion of four of the most practiced extreme disciplines.

                                  El riesgo y la propensión al riesgo
                                              Resumen ES
        Este artículo retoma los estudios sobre el concepto de riesgo y sobre la propensión al riesgo
que caracterizan al individuo.
        En él se consideran las principales teorías sobre el risk-taking, o sea, la asunción del riesgo,
poniendo el acento sobre todo en los estudios de Zuckerman sobre los Sensation Seekers, literal-
mente buscadores de emociones extremas. Con este término el autor pretende delimitar una categor-
ía de personas que alimentan una atracción particular hacia actividades y comportamientos arries-
gados con el objetivo de percibir sensaciones nuevas y fuertemente comprometedoras, hasta el pun-
to de retar a la misma muerte.
        El estudio deja en evidencia que estos individuos presentan las características de una perso-
nalidad impulsiva y de vez en cuando agresiva, una elevada curiosidad, anticonformismo y niveles
de ansiedad relativamente bajos.
        En esta categoría de individuos entran los extreemers, practicantes de deportes extremos,
que consiguen encauzar la propia y constante necesidad de buscar sensaciones fuertes a través de un
ejercicio deportivo extremo (por ejemplo, el paracaidismo).
        El artículo trata el tema de los deportes extremos, de las motivaciones que empujan a estos
deportistas a la práctica de determinados ejercicios y a la búsqueda de sensaciones y de emociones
fuertes, para acabar con la descripción de los cuatro principales ejercicios extremos practicados
mayoritariamente.

                               RISCO E TENDÊNCIA AO RISCO
                                             Abstract - PR
    Este artigo retoma os estudos sobre o conceito de risco e sobre a tendência ao risco, que caracte-
rizam o indivíduo.
Acentuam-se sobretudo as principais teorias sobre o risk-taking, ou seja a assunção do risco pondo
o acento principalmente nos estudos de Zuckerman sobre os Sensation Seekers, literalmente busca-
dores de emoções radicais. Com este termo o autor pretende delimitar uma categoria de pessoas,
que nutrem uma atração particular por atividades e comportamentos arriscados, com o objetivo de
experimentar sensações novas e fortemente comprometedoras, a ponto de desafiar a própria morte.
    O estudo deixa evidenciado que estes indivíduos apresentam características de uma personali-
dade impulsiva e de vez em quando agressiva, uma elevada curiosidade, anticonformismo e níveis
de ansiedade relativamente baixos.
    Nesta categoria de indivíduos classificam-se os extreemers, os praticantes de esportes radicais,
que conseguem canalizar a constante necessidade de busca de sensações fortes, mediante a prática
de um exercício esportivo radical (por exemplo, o paraquedismo).
    O artigo trata do tema dos esportes radicais, das motivações que levam estes desportistas à prá-
tica de determinados exercícios e à procura de sensações e de emoções fortes, concluindo com a de-
scrição de quatro principais exercícios radicais mais praticados.
Rischio e propensione al rischio

                                                   Introduzione

    Nel medioevo il concetto di rischio era associato sempre a cause esterne all‟uomo, ovvero ad
eventi naturali come una tempesta, un‟alluvione o un epidemia, piuttosto che ad una situazione
deliberatamente creata dall‟uomo.
    Oggi, il termine rischio è utilizzato, in genere, esclusivamente in riferimento agli esiti negativi
o indesiderati e indica minacce, azzardi, pericoli o danni.
    Tecnicamente, con il concetto di rischio ci si riferisce a situazioni nelle quali viene presa una
decisione le cui conseguenze dipendono dagli esiti di eventi futuri aventi probabilità conosciute;
tuttavia, nella maggior parte dei casi, la nostra conoscenza di tali probabilità non è così esatta e,
nel caso in cui risulti errata, o completamente assente, si può affermare che le decisioni vengono
prese in condizioni di incertezza o ignoranza (Lopes, 1997) 1.
    Yates e Stone (1992) 2 descrivono il rischio come un costrutto soggettivo che prende in consi-
derazione la perdita, il significato di tale perdita e l‟incertezza ad essa associata. Mentre per Vlek
e Hendrickx (1988) 3 l‟esperienza del rischio è il risultato dell‟assenza di un controllo percepito,
associata a gravi conseguenze indesiderate.
    Seguendo il punto di vista della Lopes (1997) 4, per “scelte rischiose” si possono intendere
quelle decisioni che presentano un elemento di pericolo e possono portare a conseguenze spiace-
voli (perdite, speranze distrutte, opportunità sprecate), oppure le scelte tra rischi diversi o tra ri-
schi ed eventi sicuri (giochi d‟azzardo).
    Comunque si voglia definire, se c‟è rischio, ci deve essere incertezza riguardo i risultati delle
azioni future, infatti non si può parlare di rischio quando l‟esito di un‟azione risulta garantito.
Ogni volta che non si ha possibilità di andare a determinare l‟esito di un‟azione in modo sicuro,
il termine rischio assume effettivamente il significato d‟incertezza; qualora, invece, si sia consa-
pevoli della possibilità che una perdita si verifichi, l‟incertezza riguarda l‟effettiva probabilità
che ciò accada; dunque maggiore è la probabilità d‟insuccesso, maggiore è il rischio.

1
  Lopes, L.L. (1997), Between Hope and Fear: The Psychology of Risk, In W.M. Goldstein, R.M. Hogarth (a cura di)
Research on Judgment and Decision Making, Cambridge University Press, New York.
2
  Yates, F. J. e Stone E.R. (1992), The risk construct, Wiley, London.
3
  Vleck, C. e Hendrickx, L. (1988), Statistical risk versus personal control as conceptual bases for evaluating (traffic)
safety, Van Grocum, Assem.
4
  Lopes, L.L. (1997), Between Hope and Fear: The Psychology of Risk, In W.M. Goldstein, R.M. Hogarth (a cura di)
Research on Judgment and Decision Making, Cambridge University Press, New York.
Vlek e Stallen (1980) 5 sostengono che il concetto di rischio possa essere associato sia alla pro-
babilità di una perdita, sia alla possibile importanza e gravità della perdita stessa.
    Anche Yates e Stone (1992) 6, infine, notano che una comune definizione di rischio riguarda la
possibilità di una perdita, ma non specificano come le possibili combinazioni di tale possibilità e
tale perdita determinino il rischio.
    In ambito sanitario, il rischio assume principalmente due significati (Lupton, 1995)7. Quello di
un pericolo per la salute della persona, dovuto a fattori esterni quali, per esempio,
l‟inquinamento, le scorie industriali, la presenza di additivi tossici nel cibo; dimensione sulla
quale l‟individuo ha, chiaramente, un controllo molto limitato.
    Il secondo significato è legato a una dimensione interna e considera il rischio come una conse-
guenza di determinati stili di vita o comportamenti nocivi quali il fumo, le abitudini alimentari, la
maggiore o minore propensione all'attività motoria.

                                                    Il rischio oggi

    Tradizionalmente, il concetto di rischio ha sempre avuto una connotazione negativa
nell‟immaginario sociale, percepito come un disvalore, cioè un fattore da evitare in quanto nega-
tivo a tutti i livelli, dall'ambito della salute a quello lavorativo, in cui, per esempio, si privilegia-
va la sicurezza del posto e la stabilità dei percorsi professionali. Nell‟ultimo ventennio, però, so-
prattutto tra i giovani questa concezione del rischio si è modificata, sino ad assumere un carattere
fortemente ambivalente (Bucchi e Neresini, 2001) 8. Infatti, se prima comportamenti a rischio
quali l'uso di sostanze stupefacenti o l'abuso di alcool caratterizzavano specifiche fasce della po-
polazione giovanile, spesso fortemente connotate in termini di marginalità sociale e culturale,
oggi questi comportamenti appaiono più trasversali ed in certi casi addirittura più diffusi tra i
giovani più istruiti o di livello sociale più elevato o comunque non chiaramente collegati a pro-
blemi di disinformazione.
    Nasce così una nuova cultura del rischio, non più visto come qualcosa da evitare a priori, ma
come una situazione che si riesce tanto meglio a gestire quanto più la si conosce. In altre parole,
il rischio viene visto come un pericolo ed al tempo stesso come un'opportunità.

5
  Vlek, C. e Stallen, P. (1980), Rational and personal aspects of risk, Acta Psichologica, 45, pp. 273-300.
6
  Yates, F. J. e Stone E.R. (1992), The risk construct, Wiley, London.
7
  Lupton, D. (1995), The Imperative of Health, Sage, London.
8
  Bucchi, e Neresini, F. (2001), La salute e il rischio, Sociologia della salute, Carocci, Roma, pp. 183-201.
Infatti emerge una sempre maggior consapevolezza, a volte illusoria, di poter gestire il rischio
insito in comportamenti pericolosi (guidare in modo spericolato, senza cinture o in stato di eb-
brezza, avere rapporti sessuali non protetti o praticare sport estremi).
     Il rischio appare così come un aspetto ineliminabile del vivere quotidiano con il quale si deve
in qualche modo imparare a convivere.
     La propensione al rischio sembra, in particolare, contraddistinguere la fase adolescenziale, in
cui il bisogno di rischiare si manifesta con particolare intensità.
Si tratta di condotte che consentono ai ragazzi di mettere alla prova le proprie abilità e compe-
tenze, di concretizzare i livelli di autonomia e di controllo progressivamente raggiunti e di spe-
rimentare nuovi e differenti stili di comportamento (Bucchi e Neresini, 2001) 9.
     Tuttavia, l‟assunzione di rischio può portare l‟adolescente a mettere in atto comportamenti e-
stremamente dannosi per la propria ed altrui salute (Malagoli Togliatti, 2004) 10.
     Per questo motivo, diversi studiosi hanno indagato sui possibili meccanismi psicologici che
possono essere alla base della percezione e propensione al rischio e del senso di invulnerabilità
che i ragazzi provano di fronte a molteplici comportamenti pericolosi.
     La maturazione biologica dell‟adolescente porta a modificazioni nel sistema cognitivo, nella
percezione di sé, nella percezione dell‟ambiente sociale e nei propri valori personali. All‟interno
di questa complessa trasformazione della persona sono stati individuati alcuni fenomeni partico-
larmente rilevanti: l‟ottimismo irrealistico; la ricerca di sensazioni (sensation seeking) ed il senso
della sfida nelle attività al limite (edgework).
                        11
     Weinstein (1980)        definisce l‟ottimismo irrealistico come “un errore di giudizio che produce
una sottostima del rischio che si corre personalmente rispetto a una generica persona media”.
     Questo consiste nell‟effetto di un eccesso di stima e di fiducia sulle probabilità di conseguire il
risultato desiderato, sottraendosi al confronto con la realtà. Le persone tendono a credere di ave-
re, in una medesima situazione, maggiori possibilità di sperimentare eventi positivi rispetto alla
maggior parte delle altre persone ed a ritenere, allo stesso tempo, di avere minori probabilità de-
gli altri di andare incontro ad eventi negativi, come se si sentissero superiori alla media, meno
vulnerabili.
     Lo stesso Weinstein (1989) 12, successivamente, osserva che la tendenza ad una distorsione ot-
timistica del rischio personale si manifesta con maggior probabilità di fronte ad eventi partico-

9
  Bucchi, e Neresini, F. (2001), La salute e il rischio, Sociologia della salute, Carocci, Roma, pp. 183-201.
10
   Malagoli Togliatti, M. (2004), Costruzione delle relazioni familiari all’interno della famiglia, Convegno Internazio-
nale Sviluppo della persona e promozione del senso, Studi Filosofici di Napoli, 22 Ottobre.
11
   Weinstein, N.D. (1980), Unrealistic optimism about future life events, Journal of Personality and Social Psychology,
39, pp.806-820.
larmente indesiderabili, che non fanno parte dell‟esperienza personale, ma che sono percepiti
come al di fuori del proprio controllo ed associati a forti stereotipie sociali.
     Sembra che la distorsione ottimistica diventi quasi necessaria per ridurre l‟ansia associata a
particolari conseguenze negative e per difendere la stima di sé (Malagoli Togliatti, 2004) 13.
     La sensation seeking, o ricerca di sensazioni, viene definita da Zuckermann (1971)14 come "il
bisogno di varie, nuove e complesse sensazioni ed esperienze e perciò la propensione ad assume-
re rischi fisici e sociali al solo fine di tale esperienza”. Questo autore, al fine di rilevare tale biso-
gno, ha ideato la Sensation Seeking Scale (SSS), strumento finalizzato a rilevare l'attrazione e la
propensione per i comportamenti ad alto rischio. Le persone con alti livelli di sensation-seeking
preferiscono esperienze nuove ed intense, viste come sfide personali alla ricerca di brivido ed
emozioni forti, mentre le persone con bassi livelli di sensation-seeking potrebbe trovare spiace-
voli tali esperienze.
     Alti punteggi alla Sensation-Seeking Scale sono correlati con l‟esperienza sessuale, l‟utilizzo di
droga e di alcool, la pratica di sport estremi o di altri comportamenti che implicano forti sensa-
zioni.
     Lyng (1990) 15 spiega la ricerca di queste sensazioni come una sperimentazione del rischio nel-
le modalità più estreme.
     Secondo l‟autore, il rischio volontario costituisce il modo attraverso il quale molti soggetti cer-
cano se stessi ed una connotazione soggettiva di risposta ai determinismi sociali, vincoli e pres-
sioni esterne.
     L‟assunzione del rischio volontario dipenderebbe da caratteristiche di personalità che spinge-
rebbero alcune persone a cercare la situazione rischiosa (personalità narcisistiche, sensation-
seekers), mentre altre lo respingerebbero (fobici, introversi).
     Lyng, attraverso una ricerca sugli sky diver, i paracadutisti, interpreta l‟assunzione del rischio
come una sfida che l‟individuo fa a se stesso, per valutare le proprie capacità di fronte ad una si-
tuazione rischiosa. Questo tipo di attività viene definita edgework (azione al limite), cioè come
un‟azione al confine tra la vita e la morte, la salute ed uno stato d‟infermità permanente.
Nell‟edgework l‟individuo, impegnando al massimo le proprie potenzialità, tenta di controllare
una situazione estremamente rischiosa.

12
   Weinstein, N.D. (1989), Effects of Personal Experience on Self-Protecting Behavior, Psychological Bulletin, 105, 1,
pp. 31-50.
13
   Malagoli Togliatti, M. (2004), Costruzione delle relazioni familiari all’interno della famiglia, Convegno Internazio-
nale Sviluppo della persona e promozione del senso, Studi Filosofici di Napoli, 22 Ottobre.
14
   Zuckerman, M. (1971), Dimension of sensation-seeking, Journal of Consulting and Clinical Psychology 36, pp. 45-
52.
15
   Lyng, S. (1990), Edgework: a social psychological analysis of voluntary risk taking, American Journal of Sociology,
4, 95, pp. 851-886.
Teorie sul rischio

     Per risk-taking, o assunzione di rischio, s‟intende qualsiasi comportamento, controllato co-
scientemente e non, associato alla percezione di incertezza circa il suo risultato, i suoi possibili
benefici o costi per il benessere fisico, economico, psico-sociale di se stessi o di altri (Trimpop,
1994) 16.
     Assumersi un rischio vuol dire decidere di indirizzarsi verso situazioni dall‟esito incerto, intra-
prendendo volontariamente comportamenti potenzialmente pericolosi o dannosi.
     La prima teoria esplicita sul rischio si deve a Daniel Bernoulli (1738) 17, il quale sostenne che il
rischio verrebbe valutato in termini di attesa matematica del valore soggettivo dei possibili risul-
tati (utilità attesa). L'utilità rappresenterebbe un costrutto psicologico nel quale si riflette
l‟intuizione comune che "qualsiasi incremento, non importa quanto insignificante, darà sempre
come risultato un incremento dell'utilità che è inversamente proporzionale alla quantità di beni
già posseduta".
                                               18
     Dopo ben 200 anni, Savage (1954)               nella sua teoria nota come, Subjective Expected Utility
Theory (SEU), sposta il punto di vista di Benoulli dal di fuori all‟interno della persona, con
l‟introduzione della nozione di soggettività, presupponendo che gli esseri umani siano decisori
puramente razionali, che cercano di massimizzare il loro profitto finanziario in ogni condizione.
                                         19
Successivamente, Atkinson (1957)              , propone il concetto di Motivational Determinants of Risk
Taking Behavior, ponendo l‟attenzione sulla relazione tra motivazione al successo, assunzione di
rischio, aspettative di successo e valore del successo stesso.
     Tversky e Kahneman, invece con la The Prospect Theory (1974) 20 affermano che gli individui,
nel tentativo di ridurre compiti complessi quali la valutazione delle probabilità e la previsione dei
risultati, ad operazioni di giudizio più semplici, si affidino ad un numero limitato di principi euri-
stici, l'euristica della rappresentatività, l'euristica della disponibilità e l'euristica dell'ancoraggio,
che pur risultando generalmente utili, comportano spesso gravi errori sistematici delle procedure
di stima.

16
   Trimpop, R. M. (1994), The Psychology of Risk Taking Behavior, North Holland, Amsterdam.
17
   Bernoulli, D. (1738), Specimen Theoriae novae de Mensura Sortis, Commentarii Academiae Scientiarum Imperialis
Petropolitanae 5 St. Petersburg, pp. 175-192.
18
   Savage, L. J. (1954), The Foundations of Statistics, New York: John Wiley and Sons.
19
  Atkinson, J. W. (1957), Motivational determinants of risk-taking behaviour, Psychological Review, 64, pp. 359-372.
20
   Tversky, A. e Kahneman, D. (1974), Judgment under uncertainty: Heuristics and biases, Science, 185, pp. 1124–
1131.
21
     La teoria di Coombs, nota come The Portfolio Theory (1975)                   , pur riconoscendo agli indivi-
dui, in una situazione data, un livello di rischio preferito o ideale per ogni risultato atteso, pre-
suppone che le persone compiano in ogni situazione scelte razionali, mostrandosi quindi sempre
in grado di valutare correttamente le oggettive probabilità di rischio.
                                                          22
     Successivamente Kahneman e Tversky (1979)                 , al fine di individuare un quadro concettuale
che tenesse in considerazione le molteplici evidenze sperimentali e per ridimensionare il concetto
che le persona riescano a compiere sempre scelte razionali, come affermato da Coombs (1975)
23
     , introdussero il principio di un punto di riferimento individuale (reference point), atto a defini-
re il peso che le emozioni rivestono nella presa di decisione di ciascun soggetto (decision
weight). Tale peso è capace cioè di spiegare, ad esempio, la tendenza degli individui ad essere
particolarmente “risk avoider” di fronte alla possibilità di gravi perdite.
     Queste ricerche hanno permesso di dimostrare come situazioni di possibile perdita tendessero
ad indirizzare gli individui verso scelte “risk averse”, mentre situazioni di possibile guadagno de-
                                                                                                             24
terminassero più facilmente comportamenti “risk inclined” (Fischhoff, Mac Gregor, 1983)                           ; i-
noltre è stato dimostrato come la presentazione, in termini positivi o negativi, di opzioni aventi le
stesse probabilità influenzava pesantemente il processo decisionale dei soggetti, inducendoli a
fornire risposte completamente opposte (Tversky e Kahneman, 1986) 25.
     Contemporaneamente a questi autori, Wilde propone la The Risk Homeostasis Theory (RHT)
(1982; 1986; 1988) 26 27 28, sostenendo che il livello di rischio che ciascun individuo ritiene otti-
male per il proprio benessere, sia emotivo che fisiologico, risulta controllato omeostaticamente.
Concetto chiave diviene l'ottimizzazione del livello di rischio intrapreso: il sistema individuo
mantiene nel tempo un livello omeostatico di rischio, fluttuando continuamente per compensare i
cambiamenti dell'ambiente di vita; le differenze tra la situazione desiderata (livello ottimale di
rischio) e la situazione realmente percepita (livello effettivo di rischio) vengono ridotte o con l'at-

21
   Coombs, C.H. (1975), Portfolio Theory and The Measurement of Risk, M.J. Kaplan, S. Schwartz (a cura di) Human
Judgement and Decision Processes. Academic Press, New York.
22
   Kahneman, D. e Tversky, A. (1979), Prospect Theory: An Analysis of Decision Under Risk, Econometrica, 47, pp.
263-91.
23
   Coombs, C.H. (1975), Portfolio Theory and The Measurement of Risk, M.J. Kaplan, S. Schwartz (a cura di) Human
Judgement and Decision Processes. Academic Press, New York.
24
   Fischhoff, B. e MacGregor, D. (1983), Judged Lethality: How Much People Seem to Know Depends Upon How
They Are Asked, Risk Analysis, 3, pp. 229-35.
25
   Tversky, A. e Kahnemann D. (1986), Rational Choice and The Framing of Decisions, Journal of Business, 59, pp.
251-78.
26
   Wilde, G.J.S. (1982), The Theory of Risk Homeostasis: Implications for Safety and Health, Risk Analysis, 2, pp. 209-
25.
27
   Wilde, G.J.S. (1986), Beyond The Concept of Risk Homeostasis: Suggestions for Research and Application Towards
The Prevention of Accidents and Lifestyle-related Disease, Accident Analysis and Prevention, 18, pp. 377-401.
28
   Wilde, G.J.S. (1988), Risk Homeostasis Theory and Traffic Accidents: Propositions, Deductions and Discussion of
Dissension in Recent Reactions, Ergonomics, 31, pp. 441-468.
tuazione di un comportamento compensatorio (Wilde, 1986) 29 o attraverso una rivalutazione co-
gnitiva (Festinger, 1957) 30.
     Risulta comunque evidente che non tutte le persone assumono il più elevato livello di rischio in
ogni situazione, né cercano di evitare ad ogni costo situazioni rischiose, pertanto il comporta-
mento di rischio non può essere spiegato unicamente in termini di una pura e semplice decisione
razionale (Tversky e Kahneman, 1986) 31.
     La logica che guida gli individui nella vita di ogni giorno differisce da quella predetta dalle teo-
rie sulla presa di decisione ottimale, che prendendo in considerazione quasi esclusivamente la
massimizzazione dell'utile, ignorano quasi completamente le componenti fisiologiche ed emo-
zionali, le differenze di personalità e l'esistenza di persone con una maggior tendenza all'azzardo
ed altre generalmente più caute nelle decisioni che intraprendono.
     In questo discorso sul rischio la teoria del Security-Potential/Aspiration Theory (SP/A), (Lopes
                   32 33
1983 e 1984)               , sottolinea l‟esistenza sia di un fattore disposizionale che di un fattore situa-
zionale, che danno origine a complessi pattern comportamentali nei quali scelte di evitamento e
di ricerca del rischio coesistono all'interno di uno stesso soggetto. Con questa teoria si è arrivati,
così, ad integrare i fattori interni, di atteggiamento o di personalità e le situazioni esterne, prese
in considerazione dalle precedenti teorie.
     Per fattore disposizionale si considerano i motivi che spingono gli individui al raggiungimento
della sicurezza, ossia risk-averse, o allo sfruttamento delle potenzialità, ossia risk-seeking (Zu-
                     34
ckerman, 1979)            ; con fattori situazionali si definiscono invece le risposte di tali individui alle
opportunità ed ai bisogni immediati.
     Secondo questa prospettiva il fattore sicurezza/potenzialità è una variabile disposizionale che
riflette il modo in cui gli individui considerano normalmente il rischio, in assenza di motivazioni
più forti, mentre il livello di aspirazione è invece una variabile situazionale che riflette le oppor-
tunità che si presentano al soggetto, così come le limitazioni imposte dall'ambiente.
                                                                    35
     Trimpop (The Risk Motivation Theory o RMT, 1994)                    idealizza un modello dinamico sta-
to/tratto che combina i fattori di personalità con le variabili situazionali, al fine di raggiungere

29
   Wilde, G.J.S. (1986), Beyond The Concept of Risk Homeostasis: Suggestions for Research and Application Towards
The Prevention of Accidents and Lifestyle-related Disease, Accident Analysis and Prevention, 18, pp. 377-401.
30
   Festinger, L. (1957), A Theory of Cognitive Dissonance, Row Peterson, Evanston, ILL.
31
   Tversky, A. e Kahnemann D. (1986), Rational Choice and The Framing of Decisions, Journal of Business, 59, pp.
251-78.
32
   Lopes, L.L. (1983) Some Thoughts on The Psychological Concept of Risk, Journal of Experimental Psychology: Hu-
man Perception and Performance, 9, pp. 137-44.
33
   Lopes, L.L. (1984), Risk and Distributional Inequality, Journal of Experimental Psychology: Human Perception and
Performance, 10, pp. 465-85.
34
     Zuckerman, M. (1979), Sensation Seeking: Beyond The Optimal Level of Arousal, Lawrence Erlbaum, Hillsdale, NJ.
35
     Trimpop, R. M. (1994), The Psychology of Risk Taking Behavior, North Holland, Amsterdam.
una valutazione dell'utilità totale attraverso un'analisi costi/benefici dal punto di vista sia fisiolo-
gico, sia emotivo, sia cognitivo.
     L‟aurore sostiene che l‟assunzione di un comportamento rischioso risulta essere determinata
dalle proprietà fisiche del sistema nervoso, ma che sono i fattori di personalità ed i fattori situa-
zionali a determinare l'esperienza fisiologica, emotiva e cognitiva del risk-taking.
     Le motivazioni di base per sperimentare tale comportamento sono costituite dal desiderio di ot-
tenere la ricompensa intrinseca, dovuta all'esplorazione ed al controllo del proprio ambiente,
nonché quella estrinseca, psico-sociale ed economica, elargita dalla società (fama e fortuna).
     La teoria di Trimpop va ad ampliare il punto di vista delle teorie precedenti, in quanto integra i
diversi aspetti del risk-taking in un modello olistico, che prende, così, in considerazione sia il de-
siderio di rischiare che quello di controllare il rischio, evidenziando contemporaneamente la pre-
senza di processi non percepiti coscientemente, quali quelli fisiologici ed emotivi elementari e di
un feedback comportamentale compensatorio, predisposto geneticamente allo scopo di massi-
mizzare i benefici dell'assunzione di rischio.
     Negli anni „80, alcuni ricercatori, hanno dimostrato come la maggior parte dei modelli prece-
denti sulla presa di decisione in caso d‟incertezza non andavano a valutare come le persone
prendevano effettivamente decisioni nel loro ambiente naturale; mancavano, dunque di potere
esplicativo in situazioni reali (Klein, Orasanu, Calderwood e Zsambok, 1993) 36.
     Nel 1989 nasce, così, il concetto di Naturalistic Decision Making (NDM), per indicare il modo
in cui gli individui usano la loro esperienza per prendere decisioni sul campo. I processi e le stra-
tegie utilizzati in "una presa di decisione naturalistica" differiscono ampiamente da quelli studiati
tradizionalmente, in quanto l‟individuo si trova impegnato a migliorare la propria consapevolez-
za riguardo la situazione attraverso il feedback ed a considerarla nel suo insieme, piuttosto che a
                                                                                                  37
sviluppare molteplici alternative da confrontare tra loro. Per Zsambok e Klein (1997)                  , quindi
"Il NDM è interessato a come le persone esperte, lavorando come individui o come gruppi, in
ambienti dinamici, incerti e spesso caratterizzati da urgenza, identificano e valutano la situazio-
ne, prendono decisioni e compiono azioni le cui conseguenze sono significative per loro stessi o
per l'organizzazione nella quale operano".

                                        Rischio e sport estremi

36
   Klein, G., Orasanu, J., Calderwood, R. e Zsambok, C.E. (1993), Decision Making in Action: Models and Methods,
Ablex, Norwood, NJ.
37
   Zsambok, C.E. (1997), Naturalistic Decision Making: Where Are We Now? In C.E. Zsambok, G. Klein (a cura di)
Naturalistic Decision Making, Lawrence Erlbaum, Mahwah, NJ.
Negli ultimi anni sta prendendo sempre più piede il fenomeno dei “Sensation Seekers”, lette-
ralmente "cercatori di emozioni estreme" il quale, strettamente correlato al concetto di rischio,
pone in evidenza la motivazione che sollecita il singolo individuo alla pratica di uno sport estre-
mo.
     Infatti con tale espressione si fa riferimento a individui che nutrono un‟attrazione particolare
per attività rischiose, di qualunque genere, che vengono esercitate principalmente con l‟obiettivo
di sfidare la morte.
     Il concetto di “sensation seekers” si deve a Zuckerman (1994) 38, il quale, mediante esperimenti
sulle ripercussioni a lungo termine dell‟impoverimento di stimoli (deprivazione sensoriale) aveva
notato che alcuni individui presentavano la tendenza a sopportare le situazioni monotone a cui
venivano sottoposti, meglio di altri che, al contrario, tendevano a diventare subito inquieti, pro-
vando sensazioni di forte avversione in assenza di stimoli.
                                                        38
     Secondo quanto ipotizzato da Zuckerman (1994)           , le differenze emerse in questa situazione
sperimentale dipendevano da una particolare disposizione comportamentale di questi individui. È
stato, così, possibile individuare le caratteristiche preminenti che identificano i cosiddetti “sensa-
tion seekers” quali soggetti relativamente giovani, con caratteristiche di personalità impulsive ed
a tratti aggressive, molto curiosi, anticonformisti e con livelli di ansia relativamente bassi.
     Diversi autori hanno approfondito lo studio del fenomeno dei “sensation seekers” addivenendo
a molteplici spiegazioni riguardo il loro comportamento. Alcuni attribuiscono serie responsabili-
tà alla società moderna troppo spinta agli eccessi, altri sottolineano la presenza di elementi narci-
sistici nella personalità, mentre altri ancora colgono nei loro comportamenti la ricerca di atten-
zione familiare e sociale.
     I comportamenti dei cacciatori di emozioni si caratterizzano per lo scarso senso morale, l'indif-
ferenza alle regole, l'inosservanza della sicurezza propria e di quella altrui. Attraverso condotte
trasgressive, infatti, questi individui mettono alla prova la propria capacità di controllo degli e-
venti ed hanno come obiettivo il superamento della noia che caratterizza la loro vita quotidiana
(ad esempio, guida automobilistica spericolata, assunzione di droghe e alcool che riducono i fre-
ni inibitori).

38
  Zuckerman, M. (1994), Behavioral Expression and Biosocial Bases of Sensation Seeking, Cambridge University
Press.
Diverse ricerche psicologiche hanno confrontato le differenze tra le persone comuni e gli a-
manti del brivido, attraverso l‟utilizzo di un‟ipotetica curva che rappresenta la propensione a ri-
cercare esperienze “no limits” (Farley, 1991) 39.
     Alla base della curva vengono individuati i cosiddetti “Big T”, dove la T sta per Thrill (brivi-
do). Si tratta di persone caratterizzate dal bisogno di provare l‟estremo, amanti della scossa, alla
ricerca del brivido, anche attraverso sport pericolosi.
     All‟altro estremo della curva sono stati posti i cosiddetti “Small T”, cioè quelle persone con
una vera e propria avversione nei confronti delle situazioni pericolose, che tendono a vivere la
propria vita con estrema prudenza, nel ligio rispetto delle tradizioni, dei costumi e delle regole, in
modo da ridurre al minimo ogni imprevisto.
Al centro, cioè nell‟area della curva in cui si situano la maggior parte delle persone, esiste una
tendenza intermedia che può propendere verso l‟uno o l‟altro polo.
     I “Big T puri” rappresentano solo una piccola parte di coloro che si impegnano in sfide sportive
estreme; questi, infatti, sono caratterizzati da una ricerca di situazioni ad alto contenuto emotivo,
poiché necessitano di stimoli molto intensi a causa della loro tendenza a sviluppare forme di tol-
leranza al brivido, necessitano, cioè, di dosi sempre più alte di stimoli per ottenere le medesime
emozioni. In altre parole, essi si abituano alla stessa esperienza estrema e ricercano una ulteriore
sfida per vivere il brivido, diventando sempre meno capaci di valutare i rischi, in quanto concen-
trati sui propri bisogni fino al punto da guardare da vicino la morte, proprio come nelle dipen-
denze da alcune sostanze.
     Infine, rientrano nei cosidetti “T negativi” coloro che tendono a rischiare in modo negativo ed a
soddisfare i propri bisogni di avventura attraverso attività autodistruttive, come bere, correre in
auto, abusare di droghe o attuando attività antisociali e delinquenziali.
     In queste situazioni il bisogno di ricercare il brivido si combina ad un sistema di valori deterio-
rato e quindi a tendenze comportamentali negative o criminali. Ne consegue che questi individui
tendono a perseguire le proprie passioni, ponendo a rischio sé e altri.
     Resta chiaro che la definizione dei tratti di personalità e comportamentali di questo gruppo
d‟individui non deve essere generalizzata, in quanto emerge che sempre più soggetti attuano
sport estremi, attraverso i quali riescono ad incanalare la propria costante necessità di ricerca di
sensazioni intense. Ed invero, gli sportivi estremi (extreemers) vivono quell‟esperienza, forse
negata nella vita di tutti i giorni, di sentire l'eccitazione fisica in una situazione di stress, restando
tuttavia in grado di mantenere il controllo e di fare nel momento decisivo la cosa più opportuna.

39
  Farley, F. 1991, The Type T Personality, in Lewis P. Lipsett and Leonard L. Mitnick eds., Self-Regulatory Behavior
and Risk Taking: Causes and Consequences, Norwood, NJ: Ablex Publishers.
Li si definisce sport estremi perché si ritiene che essi mettano alla prova la resistenza degli es-
seri umani alla paura, ai limiti delle leggi fisiche e della sopportazione del corpo umano.
     L‟essenza della filosofia di un extreemers si può racchiudere nel pensiero dello sportivo estre-
mo Patrick De Gayardon, secondo il quale “l'estremo è ricerca del limite da superare, della meta
più lontana che un uomo può proporsi di raggiungere. E, una volta che l'ha raggiunta, l'estremo
diventa un ulteriore limite, una meta ancor più lontana. Ma l'estremo è anche ragionevolezza,
studio, calcolo, programmazione, pianificazione delle proprio forze e capacità in vista del risulta-
to che si intende conseguire. Superare un limite, un confine stabilito da noi stessi oppure da altri
è, prima che coraggio, disciplina, somma di esperienze, anche aiuto della scienza, della medici-
na, della fisiologia, della psicologia. Solo concentrando in sé, nel proprio corpo, nella propria
mente, tutte queste cose si può diventare padroni dell'estremo.”
Il rapporto con la propria vita, la necessità personale di sfidarla, di sentirsi padroni e di control-
larne anche gli eventi più incerti, costituiscono le motivazioni che spingono gli amanti del rischio
a ricercare continuamente sfide in luoghi pericolosi, per trovarsi faccia a faccia con elementi i-
gnoti o incontrollabili della natura, per vivere sensazioni fisiche fuori dal comune.
     Gli sport estremi permettono, a chi li pratica, di provare l‟ebbrezza di vivere quelle esperienze
in cui è possibile sentire in modo inconsueto di essere vivi. In alcuni extreemers queste attività
rappresentano l‟unica possibilità di sentire di avere un corpo, poiché il contatto con quest‟ultimo,
in tali individui, viene percepito solo in condizioni di iperattivazione, ossia in quelle situazioni in
cui la loro incolumità viene messa a rischio o più semplicemente le certezze fisiche vengono tol-
te. In queste condizioni, percepire ed esistere diventano una cosa sola e la scissione sogget-
to/oggetto si annulla per un istante. Coloro che, per esempio, si lanciano con il paracadute o sca-
lano una parete, non si sentono più separati da ciò che mettono in atto: azione e coscienza coin-
cidono.
                                                              40
     Lo psicologo americano Csikszentmihalyi (1975)                ha definito questa sensazione “flow”, ov-
vero flusso, fluttuare, essere fluttuanti. In questa condizione l‟individuo vive sé stesso come unità
integra, senza essere turbato da alcun pensiero o dubbio nell‟esecuzione della propria attività e
tutto, persino l‟impegno fisico più gravoso, avviene senza sforzo. Il soggetto si abbandona com-
pletamente all‟azione, dedicando tutta la sua attenzione alla meta che si è proposto. È proprio
l‟identificazione di mete chiare e precise e la soddisfazione dei propri desideri e bisogni
l‟elemento essenziale dell‟esperienza di flow.
     Durante l‟azione estrema, lo sportivo deve raccogliere ed integrare tutti i feedback riguardo ai
risultati dei propri sforzi, onde trarre le giuste conclusioni per poter raggiungere la meta. Infatti
40
     Csikszentmihalyi, M. (1975), Beyond Boredom and Anxiety, Jossey-Bass: San Francisco, CA. 36.
la gioia di aver portato a termine la sua impresa, nascerà dalla consapevolezza di essersi prefissa-
to una meta precisa e di aver riconosciuto ed interpretato correttamente le risposte di riscontro
ricevute durante il cammino.
     Durante attività rischiosa tutti i sensi dell‟uomo sono a tal punto tesi a superare la situazione,
che gli stimoli e le informazioni provenienti dall‟esterno non riescono a superare la soglia della
coscienza.
     L‟identificazione completa con la propria impresa, l‟abbandono alla situazione, possono essere
così spiccati da far perdere persino la cognizione di sé. Le azioni diventano più intense e signifi-
cative, tutto succede senza l‟intervento della volontà. Automaticamente si fa la cosa giusta, senza
rifletterci sopra. Talvolta la perdita della cognizione di sé è così totale da determinare una comu-
nione con ciò che ci circonda, cosicché si annulla la scissione tra soggetto e oggetto e ci si fonde
con l‟ambiente circostante.
     Questo annullamento della propria identità, però, non giunge mai fino alla perdita di coscienza.
Al contrario, in questo stato la capacità di percezione aumenta e si domina il proprio corpo me-
glio che nella vita di tutti i giorni. È in questo stato, al di là dei limiti dell‟immagine di sé stessi,
che si presentano nuove prospettive e possibilità. L‟esperienza di flow, ed in particolare la perdi-
ta della sensazione di sé, permette di gettare uno sguardo sulla propria totalità, superando ogni
barriera, di oltrepassare i propri limiti.
     Come più volte osservato, il rischio determina una tensione verso una meta non sicuramente
raggiungibile ed in particolare un‟azione viene definita rischiosa quando il suo corso sfavorevole
implica una perdita. Dunque, l‟incertezza dei guadagni e la possibilità di trovarsi al termine
dell‟azione con un valore in meno rispetto a quanto si aveva all‟inizio, rendono una determinata
attività rischiosa e per molti decisamente attraente.
     Accanto agli incentivi di riuscita e ricerca di eccitazione, sembra che un terzo fattore vada ad
influenzare la scelta di attività sportive estreme, ovvero il puro divertimento che può nascere dal
movimento rotatorio o dall‟oscillazione nel vuoto che risulta essere un retaggio infantile, speri-
mentato attraverso giochi come il dondolare o il girare.
     Questo piacere sembra mantenuto nelle persone dedite a questi sport e soddisfatto sopratutto at-
traverso quelle attività basate su caduta o lancio nel vuoto, rotazione vertiginosa, velocità, acce-
lerazione lineare o rotatoria.
     Questo concetto è stato chiarito da Caillois (1958) 41, il quale ha analizzato quattro aspetti fon-
damentali dello sport:
        Agon (agonismo), gioco in cui domina la competizione
41
     Caillois, R. (1958), I Giochi e gli Uomini, Bompiani.
        Alea (fortuna), in cui la molla del gioco è il caso
        Mimicry (pantomima), il regno dell'illusione, della fortuna
        Ilinx (terrore) il gioco è costituito dalla vertigine, dallo spasmo, dall'angoscia
Quest‟ultimo fattore, determinante nella scelta di praticare sport estremi, può essere incanalato
dall‟individuo in forme comportamentali controllate come, per esempio, alpinismo, bungee jum-
ping, ebbrezza della velocità, mentre nelle sue forme degenerate porta all'alcolismo e all‟uso di
droghe.
     Alcune ricerche hanno cercato di spiegare i motivi neurofisiologici alla base del meccanismo
che guida alcune persone, maggiormente di altre, a ricercare esperienze “no limits”. Tali studi
hanno associato la capacità, che alcune attività possiedono, di aumentare la secrezione di adrena-
lina, al bisogno di rischio di alcune persone, alla loro propensione a cercare sensazioni estreme,
alle tendenze stravaganti e poco ripetitive nelle azioni quotidiane. La scossa adrenalinica che la
partecipazione ad attività pericolose o rischiose produce, consente alle persone di sfuggire ai vin-
coli di una mente razionale e di un corpo controllato.
     Questa risposta dell‟organismo è legata all‟attivazione del sistema attacco-fuga durante
un‟esperienza estrema. Queste situazioni, infatti, riescono a far sperimentare, a chi le vive, una
sensazione di pericolo imminente che attiva i meccanismi di sopravvivenza in risposta ad uno
stress, per far fronte all‟evento.
     E‟ stato osservato, inoltre, che le emozioni intense vissute durante l‟esecuzione di una discipli-
na estrema, determinano, a livello fisiologico, un aumento della secrezione di dopamina, che
tende a generare sensazioni piacevoli simili a quelle sperimentate quando si assumono sostanze
alcoliche, droghe stimolanti oppure quando si fa sesso. La risposta del cervello a tutte quelle si-
tuazioni che sono soggettivamente vissute con grande eccitazione produce questo accumulo do-
paminergico, che spiega, insieme alla presenza di adrenalina, la frequente propensione a sorride-
re o gridare in maniera incontrollata nel corso di tali esperienze.
     Infine, è stata osservata una relazione tra l‟attrazione abituale nei confronti di queste situazioni
e fattori genetici. Molti extreemers, infatti, possiedono una minor quantità di recettori dopami-
nergici. Questo aspetto spiega la tendenza, da parte di questi individui, a ricercare esperienze
volte ad attivare una sovrapproduzione del neuromediatore stimolante, in modo da ottenere que-
gli effetti fisiologici che in altre persone vengono vissuti ad una soglia inferiore di sollecitazione
dei propri recettori dopaminergici (Noble, 1998) 42.

42
  Noble E. et al. (1998), D-2 and D-4 Dopamine-Receptor Polymorphisms and Personality, American Journal of Medi-
cal Genetics, 81, 3, pp. 257–267.
Quando si pratica uno sport estremo, si deve anche tener conto dei possibili errori che si posso-
no commettere riguardo la valutazione del rischio.
     Tra gli extreemers è, infatti, frequente la tendenza a sopravvalutare le proprie probabilità di
successo a partire dalla constatazione del fallimento di precedenti prove identiche; un errore di
ragionamento definito “fallacia del giocatore”. In questi casi, sfide non dipendenti tra loro, ven-
gono considerate interconnesse sulla base della credenza errata che l‟esito di eventi precedenti
possa andare ad influenzare il risultato dei successivi, partendo dal presupposto che un successo
debba prima o poi fatalmente verificarsi.
     Un ulteriore elemento importante nella valutazione del rischio è costituito dal locus of control,
ovvero la capacità di stimare il grado di dipendenza degli eventi, come dovuti al caso o, al con-
trario, alle abilità individuali.
In genere chi tende a sentirsi meno esperto in un determinato ambito tende anche ad assumersi
rischi minori, considerando più realisticamente l‟intervento del caso. Al contrario, l‟aumento del-
la fiducia nelle proprie abilità, tipico dei professionisti, tende a produrre una crescente, ma non
reale, tendenza ad assumersi rischi (Langers, 1975) 43.
     Questo può spiegare perché, spesso, in determinati contesti sportivi gli incidenti nascono quan-
do si cominciano a considerare gli eventi casuali come dipendenti dalla propria volontà o dalle
abilità personali, aumentando, così, paradossalmente i rischi rispetto alle esperienze da princi-
pianti.
     Esistono anche individui che, pur non avendo ancora acquisito la necessaria esperienza, vanno
alla ricerca di forti emozioni, trovandosi poi in situazioni che non sono in grado di gestire. In
questo caso vi è, alla base, un'errata valutazione delle proprie capacità e dei pericoli oggettivi. In
questi momenti predomina la mera ricerca di un immediato innalzamento del livello di attivazio-
ne. Si cerca esclusivamente l'eccitazione e si perde, anche solo per qualche istante, il controllo
razionale.
     Questa risulta essere la più frequente causa di incidenti nel mondo dell'estremo, sportivo e non.
     Tuttavia, è stato osservato che, coloro che compiono tale tipo di errori, non costituiscono certo
la maggioranza di quelli che praticano attività ad alto rischio. Infine, rientrano tra gli amanti del
brivido anche quella buona parte di persone che non ha nemmeno la possibilità di lasciarsi anda-
re, in quanto responsabili, come prima cosa, dell'incolumità di altri. Si tratta degli istruttori e di
coloro che hanno trasformato la loro passione per lo sport in una vera e propria occupazione. Es-
si si mettono al servizio di altri e non hanno certo modo di pensare alla ricerca di forti emozioni.

43
     Langer, E.J. (1975), No32. The illusion of control, Journal of Personality and Social Psychology.
Si può concludere affermando che, la pratica dello sport estremo riguarda per lo più alcuni tipi
di personalità.
 Fra le categorie che lo praticano possiamo identificare il professionista sano che riesce a pro-
grammare la propria impresa riducendo al minimo i fattori di rischio, avvalendosi di un team
preparato tanto dal punto di vista tecnico quanto da quello psicologico.
 La buona programmazione dell'impresa o del record consiste nel calcolo del rischio che deve
essere il più possibile oggettivo e che diventa la componente fondamentale per la decisione e la
riuscita dell'impresa.
 Un'altra categoria è rappresentata dai "sensation seekers" che, come visto, pur di andare a cac-
cia di emozioni, sono pronti a compiere, a volte, imprese spericolate, senza un‟adeguata prepara-
zione.
 Una terza categoria è rappresentata dal soggetto narcisista, colui che si ciba della propria im-
magine, che accetterà la sfida pur vedendo aumentare il numero di rischi. Queste persone conti-
nueranno a praticare sport estremi spinti dalla continua ricerca di colmare il vuoto interiore attra-
verso sensazioni intense, non tanto al fine di migliorarsi quanto soprattutto per accrescere l'im-
magine che hanno di sé stessi.

                                           Sport estremi

 I cosiddetti sport estremi, definiti anche sport d‟azione e sport d‟avventura nascono come atti-
vità ludiche che vanno sotto il nome di sport californiani, proprio perché diffusisi inizialmente
sulla costa occidentale degli Stati Uniti attorno agli anni Sessanta.
 Successivamente, intorno agli anni Ottanta, si è assistito alla loro diffusione oltre i confini sta-
tunitensi e, da sport di nicchia praticati da un ristretto gruppo di temerari, si sono trasformati in
un fenomeno globale, che coinvolge un numero altissimo di appassionati.
 Per sport estremi si considerano quelle attività sportive che presuppongono un alto livello di
pericolo. Attività spesso caratterizzate da alta velocità, altezza, attrezzature specializzate e gesti
spettacolari, che presuppongono un alto livello di rischio associato molto spesso ad una grande
preparazione.
 Aspetti comuni di chi pratica queste discipline sono la forza ed il coraggio, l' autoperfeziona-
mento, la sfida dell'imprevedibilità e la ricerca del brivido, sino alla sfida con la morte. Infatti i
praticanti di questi sport mettono da parte la propria incolumità e si preparano ad affrontare
l‟inaspettato.
Gli sport estremi si differenziano da quelli tradizionali in quanto coloro che li praticano non
devono competere unicamente contro altri atleti, ma anche, e soprattutto, contro una serie di va-
riabili ed ostacoli naturali non sempre completamente controllabili. Questo richiede, non solo
una notevole preparazione atletica, ma anche uno studio approfondito ed accurato di questi fe-
nomeni, per ridurre al minimo il rischio durante l‟esperienza estrema.
 Inoltre, mentre negli sport tradizionali i criteri di giudizio sono unicamente legati alla perfor-
mance dell‟atleta, come per esempio il tempo di una gara o il punteggio di una partita, negli sport
estremi le prestazioni vengono valutate sulla basa di criteri soggettivi ed estetici.
 Come detto in precedenza, dagli anni Sessanta in poi si è assistito ad un aumento della propen-
sione e dell‟interesse, da parte di un numero sempre maggiore d‟individui, verso quelle attività
che consentono di confrontarsi con situazioni estreme e di rischio. Questo ha portato alla nascita
ed allo sviluppo di una molteplice varietà di sport estremi (Tabella 1), oltre ad attività note, quali
il paracadutismo, il surf o l‟alpinismo.

     Tabella 1 – Sport estremi
      Aliante                  Freestyle sky            Sky surf
      Alpinismo/Climbing       Helinsnow                Sledog
      Base jumping             In Skate                 Snowboard
      Bike trial               Jet ski                  Supermotard
      Bmx                      Kitesurf                 Surf
      Bodyboard                Kitewings                Torrentismo
      Bungee Jumping           Motocross Fmx            Trekking
      Canoa e rafting          Paracadutismo            Wakeboard
      Deltaplano               Parapendio               Windsurf
      Diving                   Quad
      Downhill                 Skateboard

A titolo esplicativo segue la descrizione di quattro discipline estreme a forte impatto emotivo.

Bungee Jumping
 Anche detto salto con elastico, è un'attività sportiva che consiste nel lanciarsi nel vuoto da un
luogo elevato, solitamente un ponte, dopo essere stati imbracati con una corda elastica. Un'e-
stremità della corda è fissata al corpo della persona che si lancia, in genere alle caviglie, e l'altra
al punto da cui avviene il lancio. Si cade per pochi secondi e si rimbalza attaccati all'elastico.
 Rappresenta forse l‟attività estrema maggiormente praticata anche da quelle persone che voglio
semplicemente provare a vivere un esperienza emozionale intensa, poiché non necessita di una
particolare preparazione fisica e le attrezzature ormai hanno raggiunto tali livelli di stabilità che
scongiurano ogni pericolo.

Base jumping
 Trasformazione molto pericolosa del tradizionale Bungee Jumping, in cui il livello di eccita-
mento cresce a causa del maggiore pericolo fisico che si corre, dal momento che l‟attività di lan-
cio nel vuoto si pratica da basi più basse quali edifici, torri, ponti o basi naturali, luoghi che nella
lingua inglese rappresentano le iniziali dell‟acronimo “B.A.S.E.” (Buildings-Antennas-Span-
Earth) e dai quali è anche illegale praticare queste attività. La sfida con una fuga spettacolare do-
po la prestazione, rappresenta un ulteriore elemento che funge da stimolo per chi si misura con
queste imprese “off limits”. In questi casi naturalmente un altro elemento eccitante è rappresenta-
to dalla soddisfazione del narcisismo attraverso l‟esibizione, talvolta messa in scena con vistosi
costumi, durante la quale si riesce a catturare una grande attenzione da parte dei mass media, del-
le forze dell‟ordine e degli spettatori presenti.

Skysurf
 Lo Skysurf è una specialità di paracadutismo acrobatico, praticato con una tavola, che permette
allo skysurfer di eseguire, durante la caduta libera, diverse figure con cambi di velocità molto ra-
dicali. Sembra di osservare un surfista che in aria riesce a compiere gli stessi movimenti che si
eseguono cavalcando un'onda.
 Le tavole utilizzate sono simili a quelle da snowboard e sono agganciate con un sistema che ga-
rantisce lo sganciamento rapito nel caso in cui il paracadutista perde il controllo.

Kitesurf
 Il kitesurf è una variante naturale del surf, in quanto è stata aggiunta un vela che, collegata con
delle corde a circa 25 metri d'altezza, sfruttando la forza del vento, provoca tiro. Chi pratica que-
sto sport utilizza le forze della natura per sentire l'ebbrezza e l'adrenalina di trovarsi tra cielo e
mare.
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