Democrito e Aristotele - AulaWeb 2020

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Democrito e Aristotele - AulaWeb 2020
Democrito e Aristotele
Per Democrito (460 a.C.) l’universo è
  costituito da atomi immersi nel vuoto.
  L’atomo è la particella originaria,
  indivisibile, eterna e immutabile che
  esiste da sempre e sempre esisterà.
Non è percepibile a livello sensibile, ma
  solo con un processo intellettuale.
Per Aristotele (384 a. C.) esistono 4
  elementi (fuoco, aria, terra e acqua)
  immersi nell’etere, un quinto elemento
  senza peso che non reagisce. Il vuoto
  non esiste.
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2000 anni dopo …
Esperienza di Evangelista Torricelli
  (Faenza 1607) del 1644 a Firenze (G.
  Galilei è morto da soli 2 anni, il
  rinascimento non ha portato sviluppo
  solo umanistico).
Il vuoto sopra il livello del mercurio nel
   tubo di vetro dimostrava che la natura
   non ha l'horror vacui e che uno dei
   postulati fondamentali della teoria
   atomistica era corretto: il vuoto
   esiste.
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Cartesio e Newton
Renè Descartes o Cartesio (1596)
  elabora induttivamente la struttura
  della materia, concezione
  meccanicistica, con un dualismo tra
  materia e spirito, poi importante nodo
  nel pensiero scientifico.
Isaac Newton (1643) dimostra
  matematicamente nel 1687 l'erroneità
  cartesiana ed enuncia il
  corpuscolarismo, senza mai riuscire
  a provarlo.
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Tra il XVIII e XIX secolo - 1
Lavoisier (1774) Legge della
  conservazione della massa:
in un sistema chiuso, la massa dei reagenti
  è esattamente uguale alla massa dei
  prodotti.
Proust (1799) Legge delle proporzioni
  definite:
quando due o più elementi reagiscono, per
  formare un determinato composto, si
  combinano sempre secondo proporzioni
  in massa definite e costanti.
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Tra il XVIII e XIX secolo - 2
Dalton (1804) Legge delle proporzioni
  multiple:
quando due elementi si combinano con
  rapporti ponderali diversi dando
  composti diversi, le quantità di uno di
  essi che nei vari casi si combinano con la
  medesima quantità dell’altro stanno fra
  loro in rapporti espressi da numeri
  interi piccoli.
Gay-Lussac (1808) Legge dei gas:
a pressione costante il volume aumenta
  linearmente con la temperatura.
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Tra il XVIII e XIX secolo - 3
Avogadro (1811) Uniformità del volume
   molare dei gas:
volumi uguali di gas diversi, in uguali
   condizioni di temperatura e pressione,
   hanno lo stesso numero di particelle.
Cannizzaro (1858) Misura dei pesi
   molecolari con l’ipotesi di Avogadro:
le varie quantità in peso di uno stesso
   elemento, contenute nelle molecole di
   sostanze diverse, sono tutte multipli
   interi di una stessa quantità, il peso
   atomico dell'elemento.
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Composizione degli atomi
 La materia, in ogni sua forma, è costituita da atomi nei
    quali si possono individuare particelle diverse per massa e
    carica: un nucleo (positivo) e uno o più elettroni
    (negativi).
   Il nucleo a sua volta è costituito da neutroni (neutri) e da
    protoni (positivi) il cui raggio è intorno ai 10-18 m .
   La carica di un elettrone, pari a 1.602 10-19 C, è uguale, in
    valore assoluto, alla carica di un protone.
   In un atomo isolato (raggio circa 10-11 m), gli elettroni sono
    in numero pari alle cariche positive del nucleo rendendo
    così l’atomo elettricamente neutro.
   Sono state isolate altre particelle di massa inferiore che si
    possono trascurare nelle trasformazioni chimiche.
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Elementi chimici
 Un elemento chimico s’identifica attraverso il numero di
  protoni Z detto numero atomico (o di carica). Ad ogni
  elemento si attribuisce un simbolo, una lettera maiuscola
  o una coppia di lettere di cui solo la prima maiuscola.
 All’elemento costituito da un solo protone si è dato il nome
  idrogeno e simbolo H, a quello costituito da 2 protoni si è
  dato il nome elio e simbolo He e via di seguito.
 Al momento noti più di 110 elementi, di cui solo poco più di
  91 presenti in natura e gli altri sintetizzati in laboratorio,
  ma sono numeri soggetti a variazioni e interpretazioni.
 Il numero di neutroni presente in un nucleo di uno stesso
  elemento invece può variare.
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Isotopi
 Il numero di neutroni in un nucleo di uno stesso elemento
  invece può variare. La somma dei protoni e dei neutroni
  presenti in un nucleo è il numero di massa A o N.
 Uno stesso elemento può possedere diversi numeri di
  massa A, si parla allora di diversi isotopi. La maggior parte
  degli elementi naturali è costituita da una miscela d’isotopi
  in proporzioni costanti e indipendenti dall’origine
  dell’elemento. L’idrogeno, ad esempio, presenta 3 isotopi
  (H = 99.985%; D = 0.015%; T = tracce).
 Per identificare in modo univoco un generico isotopo, si
  antepone al simbolo X il numero di massa ad apice e il
  numero atomico a pedice, AZX.
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Masse atomiche
 La massa degli atomi varia tra i 10-27 e 10-25 kg ed è
  concentrata nel nucleo, in quanto la massa dell’elettrone,
  9.109 10-31 kg, è molto inferiore a quella di protoni e
  neutroni, rispettivamente 1.673 10-27 e 1.675 10-27 kg.
 Essendo quantità estremamente piccole, in chimica è più
  agevole esprimersi in un sistema di masse relative che
  convenzionalmente assegna all’isotopo 126C = 12 u.m.a.
  (Unità di Massa Atomica).
 Le masse di tutti gli atomi sono quindi indicate in u.m.a.
  dove:
      1 u.m.a. = 1/12 della massa dell’isotopo 12 del C.
Mole
 Per legare gli u.m.a. ai convenzionali metodi metrici,
  occorre conoscere il numero d’atomi contenuti in una data
  massa d’elemento puro.
 Si è valutato che il numero d’atomi contenuti in 12 g di C
  purissimo corrisponde al Numero di Avogadro N pari a
  6.023 1023. Un singolo atomo di 12C avrà massa: m(12C) = 12
  / 6.023 1023 = 1.99 10-25 kg.
 Si definisce mole (simbolo mol) un numero di entità
  elementari pari a N. Questa grandezza, una delle 7 unità di
  misura fondamentali del sistema di misura internazionale,
  consente di esprimere la massa degli atomi in termini di
  peso atomico.
Peso molecolare
 Più semplicemente, il peso atomico corrisponde al peso in
  grammi di N atomi, di conseguenza il numero di moli n
  presenti in una determinata massa in grammi g di un
  elemento di peso atomico PA si può calcolare dalla
  relazione:
                         n = g/PA

 Analogamente per una molecola o per un composto ionico,
  costituiti rispettivamente da un ben definito numero o
  rapporto di atomi, vale la medesima relazione sostituendo
  al peso atomico il peso molecolare o il peso formula.
Isotopi e radioattività
Finché il rapporto tra i nucleoni è bilanciato, l’atomo è
stabile; se viene a mancare si ha emissione di particelle ed
energia e quindi radioattività.
L’emissione di radiazione avviene perché l’atomo, in accordo
ai principi di conservazione della massa/energia, tende ad un
livello energetico minimo possibile. Il processo di perdita
delle particelle e quindi di trasformazione da un isotopo
all’altro, viene definito decadimento radioattivo o
disintegrazione.
Per tenere insieme protoni e neutroni nel nucleo: si fa
riferimento alla forza nucleare, o interazione forte, che, a
parità di raggio d’azione, è molto più intensa di quella
coulombiana (repulsione tra protoni).
Difetto di massa
il valore della massa del nucleo di un atomo è sempre di poco
inferiore alla somma delle masse delle particelle p+ e n. Tale
differenza prende il nome di difetto di massa ed è
quantizzabile in termini energetici secondo la ben nota legge
relativistica di Einstein:
                            E = mc2
      dove E = energia; m = massa; c = velocità della luce.

Esprimendo il difetto di massa in termini energetici:

                         Δm = − E/c2
Tipi di radiazioni
Il fenomeno della
radioattività è caratterizzato
dall’emissione di energia da
parte dell’atomo sotto
diverse forme: di nucleoni,
di elettroni e di onde
elettromagnetiche.
Osservando l’effetto di un
campo elettrico sulla
propagazione di queste
radiazioni, si sono
identificati tre tipi principali
di radioattività
Serie radioattive
Con Z > 83 tutti i nuclidi
sono instabili e il
decadimento avviene con
reazioni nucleari
successive costituite da una
sequenza di emissioni α e β
(serie radioattiva). In
natura sono state
individuate tre serie
radioattive:
238U  206Pb;                  N = Numero di massa
                               Z = Numero atomico
235U  207Pb;
232Th  208Pb
Cinetica di decadimento
La disintegrazione segue una cinetica del primo ordine che si
può riassumere nella legge del decadimento radioattivo:

                         ln(N/N°) = -kt
 Dove: t = tempo; k = costante; N e N° rispettivamente atomi
                   al tempo t e al tempo 0.
Il tempo di dimezzamento invece è il tempo in cui metà
degli atomi radioattivi inizialmente presenti in una data
quantità di materia subisce il decadimento; viene anche
chiamato tempo di semivita ed è caratteristico per ogni
nuclide, infatti:

                        t1/2 = 0.69 / k
Energia nucleare
L’energia nucleare può essere
quindi prodotta grazie a due
processi: il primo con rottura
dei nuclei a numero atomico
inferiore che prende il nome di
fissione e un secondo, opposto,
nel quale due nuclei leggeri ne
formano uno più pesante, detta
fusione. Attualmente più
diffusa è la prima, con oltre 400
centrali in funzione nel modo,
di cui un 40% circa in Europa.
Fissione nucleare
Una volta iniziata la reazione di fissione, questa può
autoalimentarsi se durante il processo si formano più
neutroni di quelli necessari per innescarla, e la reazione diventa
a catena, per esempio:
                 235 U + n  141 Ba + 92 Kr + 3n
                    92          56       36

                                     La reazione a catena
                                     procede però solo se è
                                     presente un numero
                                     adeguato di atomi fissili
                                     detto massa critica.
Fusione nucleare
Si basa sul processo opposto: due nuclei leggeri vengono
avvicinati per formarne uno nuovo più pesante e stabile, con
liberazione di neutroni; questa operazione deve vincere la
repulsione elettromagnetica tra particelle che hanno stessa
carica (protoni), facendo così prevalere l’interazione forte a
corto raggio che andrà a costituire il nuovo nucleo.
Modelli atomici classici
Il primo modello di atomo è di J.J.
   Thomson, che, dopo gli studi sui raggi
   catodici di J.B Perrin, pensa a elettroni
   negativi all’interno di una sfera fluida
   elettricamente positiva (1904).
Nel 1911 il modello è superato da E.
   Rutherford, che propone un atomo
   costituito da un nucleo piccolo e
   positivo nel quale è concentrata la
   massa dell’atomo e da elettroni
   negativi che ruotano intorno ad esso
   come i pianeti intorno al sole.
Problema 1 …
Questo modello è però in forte
 contraddizione con le leggi della fisica
 classica, in quanto, secondo
 l’elettromagnetismo, l’elettrone, che si
 muove di moto circolare, quindi soggetto
 a una accelerazione, dovrebbe emettere
 una radiazione di energia decrescente e
 cadere sul nucleo in 10-11 secondi.
… e problema 2
Dagli studi sul corpo nero (oggetto ideale
 che assorbe tutta l’energia radiante che
 lo colpisce), M. Planck evidenzia che
 l’energia di un elettrone è
 quantizzata cioè circoscritta a valori
 discreti (quanti) e quindi tale energia
 non può essere emessa (o assorbita) in
 continuo, ma solo in “pacchetti”
 secondo l’equazione: E = nhν (E =
 energia; n = numero intero; h = costante
 di Planck (6.63 10-34 Joule s); ν =
 frequenza dell’onda e.m.).
Onde elettromagnetiche
 Un’onda elettromagnetica è costituita da una variazione,
    lungo l’asse di propagazione, di un campo elettrico E e di
    un campo magnetico M ad esso perpendicolare.
   La frequenza ν di un’onda è definita come il numero di
    cicli nell’unità di tempo (tempo-1) e si misura generalmente
    in Hertz (Hz). La lunghezza d’onda λ è la distanza tra due
    creste o due avvallamenti dell’onda.
   Frequenza e lunghezza d’onda sono in relazione tra loro
    secondo la relazione:
                               λ = c/ ν
   dove c = velocità della luce, pari a circa 300000 km/sec
   L’insieme di tutte le onde elettromagnetiche è detto
    spettro elettromagnetico.
Atomo di Bohr - 1
Nel 1913 N. Bohr propone, la sua ipotesi
  quantistica: gli elettroni hanno a
  disposizione delle orbite fisse,
  caratterizzate da energie quantizzate. Il
  modello si basa sulla quantizzazione
  dell’energia.
In altri termini, gli elettroni non emettono
  naturalmente alcuna radiazione in
  quanto si trovano in stati stazionari e
  che l’assorbimento, e la conseguente
  emissione, di energia avviene per salti
  quantici tra gli stati stazionari.
Atomo di Bohr - 2
Applicando le leggi della fisica classica e
  aggiungendo l’ipotesi di una
  quantizzazione del momento
  angolare
                 mvr = nh/2
Bohr determina il raggio e l’energia delle
  orbite accessibili all’elettrone dell’atomo
  di idrogeno
          E = -e2/2r = -22me4/n2h2
Conclusioni di Bohr - 1
•   L’elettrone si muove intorno al protone
    centrale in un’orbita circolare; sono
    consentite solamente orbite di un
    determinato raggio ed energia,
    caratterizzate da un numero intero
    detto numero quantico.
•   Un elettrone su queste orbite si trova
    in uno stato elettronico permesso che
    può essere fondamentale se
    corrispondente al valore di minima
    energia o eccitato per tutti gli altri
    valori.
Conclusioni di Bohr - 2
•   In assenza di energia radiante
    l’elettrone può restare
    indefinitamente nello stato
    fondamentale E0, ma l’interazione
    con la radiazione può risolversi
    nell’assorbimento di energia ed il
    conseguente passaggio ad un altro
    stato energetico superiore permesso E1.
•   La frequenza ν della radiazione
    assorbita si determina dalla differenza
    di energia (ΔE) esistente tra i due stati
    energetici: ΔE = E1-E0 = hν
Ancora problemi …
Il modello spiega gli spettri a righe e la
    quantizzazione delle energie, ma:
Non giustifica ancora su base scientifica la
    mancanza di perdita di energia per
    emissione di radiazioni da parte di una
    particella carica in moto circolare.
Funziona solo per l’idrogeno, e si devono
    introdurre nuovi numeri quantici,
    oltre a quello per la quantizzazione del
    momento angolare, senza un
    significato fisico.
… ma Davisson e Germer
Un passo fondamentale
   avviene nel 1925, quando
   C. Davisson e L. Germer
   osservano che un fascio di
   elettroni indirizzato su un
   cristallo forma una figura
   di diffrazione del tutto
   simile alla figura che si
   ottiene quando un raggio
   di luce monocromatica
   passa attraverso un foro.
… e de Broglie
Nello stesso periodo L. de Broglie
 suggerisce:  = h/p
Un elettrone con velocità pari a 1/5
 della velocità della luce c, ha una
 λ di 2.4 10-7 m (campo spettrale
 dei raggi X) infatti:
m = 9 10-31 kg; c = 3 108 m/sec; h =
 6.63 10-34 J sec
Un uomo di 70 kg che cammina a 5
 km/h, ha λ pari a 6.8 10-33 m (la
 λ più piccola, i raggi γ, sono
 dell’ordine dei 10-12 m)
Le funzioni d’onda - 1
Il superamento dell’idea classica di
   particella che si sposta lungo una
   traiettoria, con quella di particella che si
   distribuisce nello spazio come un’onda
   comporta che, per descrivere l’elettrone
   intorno al nucleo, si debba ricorrere a
   una funzione d’onda .
In fisica classica l’onda è una
   perturbazione che si propaga nel tempo
   e nello spazio rappresentabile da
   equazioni d’onda (onde acustiche,
   onde e.m., onde marine …)
Le funzioni d’onda - 2
Passando dalla fisica classica alla
  meccanica ondulatoria, la funzione
  d’onda è una funzione matematica delle
  coordinate di posizione x, y e z della
  particella e nel tempo t e contiene tutta
  l’informazione che si può apprendere
  circa la particella.
Nel 1926 E. Schrödinger propone una
  equazione idonea per individuare una
  funzione d’onda in un qualsiasi sistema,
  detta appunto equazione di
  Schrödinger
Equazione di Schrödinger - 1
Essendo una equazione differenziale al
  primo ordine nel tempo, essa ammette
  infinite soluzioni e ad ogni soluzione
  dell’equazione, corrispondente ad uno
  stato energetico dell’atomo, è associata
  una determinata funzione d’onda ,
  detta anche orbitale atomico.
Tra le infinite soluzioni, sono accettabili
  solo quelle che soddisfano alcune
  condizioni al contorno, queste sono
  dette autofunzioni e sono associate a
  valori di energia detti autovalori.
Equazione di Schrödinger - 2
Condizioni al contorno significa
  introdurre vincoli da rispettare. Un
  semplice esempio è quello della corda
  vibrante. Se la vibrazione deve essere in
  fase, l’onda deve avere un numero intero
  di cicli ( = 2L/n; n = 1, 2, 3, …).
Sostituendo in de Broglie la :
       Ecinetica = p2/2m = n2h2/8mL2
n prende il nome di numero quantico.
  Importante implicazione è che l’energia
  è quantizzata.
Meccanica quantistica - 1
La quantizzazione dell’energia si era già
  vista nel modello di Bohr, ma, in quel
  caso era una ipotesi basata sulle
  evidenze sperimentali, mentre con
  l’equazione di Schrödinger compare
  nella soluzione dalle condizioni al
  contorno presenti nel sistema.
La meccanica ondulatoria non contraddice
  il modello di Bohr, anzi lo completa e
  porta alla definizione di un modello
  atomico sulla base della meccanica
  quantistica.
Meccanica quantistica - 2
Da  non si ricava ancora un’indicazione
 diretta sullo stato della particella ma,
 ricordando che il quadrato
 dell’ampiezza di un’onda e.m. individua
 l’intensità della radiazione (quindi in
 termini quantistici il numero di fotoni),
 si può associare, secondo M. Born, al
 valore di 2 la densità di probabilità
 di trovare la particella in una certa
 porzione di spazio.
Meccanica quantistica - 3
Per una particella con traiettoria definita,
  la fisica classica consente di determinare
  posizione e momento lineare, ma per
  un’onda non è così.
Nella corda vibrante l’onda si distribuisce
  su tutta la corda, non in un punto
  preciso.
Questa, e altre osservazioni, hanno
  indotto W. Heisenberg ad enunciare
  nel 1927 il principio di
  indeterminazione:
                  px = 1/2h
Orbitali atomici
L’espressione matematica degli orbitali
   atomici si può esprimere in diversi
   modi, il più conveniente è come
   prodotto di una funzione d’onda
   radiale, che determina l’estensione e di
   una funzione d’onda angolare, che ne
   definisce la forma.
Ciascuna funzione d’onda possiede 3
   numeri quantici n, l e m.
Numeri quantici
Ogni orbitale può quindi essere definito in
   base ai tre numeri quantici che hanno
   una complessa origine matematica, ma
   ai quali si possono dare dei semplici
   significati fisici ben distinti:
n specifica il livello energetico e le
   dimensioni;
l (n – 1) dà informazioni sulla simmetria e
   forma;
ml (± l) indica l’orientamento spaziale.
Un quarto numero quantico ms indica il
   senso di rotazione di un elettrone.
Atomi multi-elettronici
La soluzione esatta dell’equazione di Schrödinger relativa ad
un atomo contenente più elettroni, detto multi-elettronico,
è una funzione d’onda estremamente complessa, molto più
complicata di quella trovata per l’atomo di idrogeno, in
quanto dipende simultaneamente dalle coordinate di tutti gli
elettroni:
                              (r1, r2… rN)
Inoltre il maggior numero di cariche positive presenti nel
nucleo di un atomo multi elettronico attira maggiormente gli
elettroni abbassandone l’energia; per contro, più elettroni
vicini gli uni agli altri si respingono e tale repulsione, al
contrario di prima, aumenta l’energia degli orbitali.
Con alcune considerazioni, si arriva però ad una soluzione.
Carica nucleare effettiva - 1
 Il moto di ogni singolo elettrone va visto come
  combinazione del campo attrattivo prodotto dai protoni
  presenti nel nucleo, e della carica negativa globale data
  dall’effetto medio di tutti gli altri elettroni presenti tra il
  nucleo e l’elettrone che si sta prendendo in considerazione.
 Per questo si dice che l’elettrone è schermato e che questo
  schermaggio riduce considerevolmente la presa del nucleo
  sul singolo elettrone, cosicché la carica nucleare effettiva
  Zeff subita dall’elettrone è sempre inferiore, con modalità
  che dipende da quali tipi di orbitali sottostanti sono
  occupati, alla carica del nucleo Ze.
Carica nucleare effettiva - 2
 La determinazione rigorosa con la meccanica ondulatoria
  di Zeff non è possibile, ma se ne può avere una stima
  empirica in grado di giustificare tutte le evidenze
  sperimentali.
 Questa approssimazione rende possibile e semplifica
  notevolmente i calcoli. Infatti si può immaginare ciascun
  elettrone di un atomo multi elettronico come se fosse
  associato a un orbitale atomico idrogenoide, ma con
  autovalori di energia leggermente modificati. In termini
  matematici vale a dire che la funzione d’onda comprensiva
  di tutti gli elettroni si può approssimare al prodotto di N
  funzioni d’onda idrogenoidi:
                      = ( r1) ( r2) …( rN)
Aufbau
 Si può quindi procedere nella
  elaborazione della configurazione
  elettronica di minima energia
  degli atomi multi elettronici.
 Prima si stabilisce l’ordine nel quale
  si susseguono i valori dell’energia
  degli orbitali atomici, poi si
  introducono gli elettroni negli
  orbitali partendo da quello di
  minima energia.
 Per la prima fase il livello energetico
  degli orbitali si può schematizzare,
  al variare del numero atomico, nella
  figura a fianco:
Configurazioni elettroniche - 1
 Si può costruire un modello di configurazione elettronica
  per gli atomi isolati riempiendo gli orbitali secondo
  l’ordine: 1s, 2s, 2p, 3s, 3p, 4s, 3d, 4p, …
 Per i primi cinque elementi si ottiene:

H      He            Li             Be            B

1s     1s2           1s2 2s         1s2 2s2       1s2 2s2 2p

                                          
Configurazioni elettroniche - 2
 Quando si è in presenza di riempimento di orbitali degeneri si adotta la regola
  di Hund:

C                           N                           O
1s2 2s2 2p2                 1s2 2s2 2p3                 1s2 2s2 2p4
1s2 2s2 2px 2py             1s2 2s2 2px 2py 2pz         1s2 2s2 2px2 2py 2pz
                                               

F                           Ne                          Na
1s2 2s2 2p5                 1s2 2s22p6                  1s2 2s22p63s
1s2 2s2 2px2 2py2 2pz       1s2 2s2 2px2 2py2 2pz2      1s2 2s2 2px2 2py2 2pz23s
                                          
Sistema periodico
 La classificazione degli elementi in funzione delle proprietà
  chimiche e fisiche su base sperimentale è ben
  rappresentata della Tavola (o Sistema) periodica degli
  elementi (o di Mendeleev), fin dal 1869.
 Ogni periodo (riga) corrisponde al completamento di un
  orbitale p e il numero del periodo coincide con il valore del
  numero quantico principale degli orbitali s e p. La prima
  riga riempie solo l’orbitale s e la vera periodicità, di fatto,
  inizia, dal terzo elemento, un metallo alcalino, con
  configurazione elettronica esterna s1 e termina con un gas
  nobile con configurazione elettronica esterna s2p6.
 Ogni gruppo (colonna) della tavola periodica è costituito
  da elementi con la stessa configurazione elettronica
  esterna.
Carattere chimico

Il riempimento
   degli orbitali
   atomici
   determina il
   carattere
   chimico degli
   elementi.
Proprietà periodiche
Il comportamento chimico all’interno di un gruppo è simile,
in particolar modo a partire dagli elementi del terzo periodo
in poi, mentre in uno stesso periodo le differenze variano in
modo graduale, più evidente nei blocchi s e p, molto più
limitatamente nei blocchi d ed f, spostandosi da un metallo
alcalino a un gas nobile.
Tra le proprietà periodiche più significative si possono
ricordare il raggio atomico, il potenziale di ionizzazione,
l’affinità elettronica e l’elettronegatività. Si può
riassumere che lungo un periodo si osserva una diminuzione
del carattere metallico da sinistra a destra, e che lungo un
gruppo la perdita di carattere metallico procede dall’alto al
basso. Il F è l’elemento meno metallico, il Cs quello stabile
più metallico.
Elettronegatività
L’elettronegatività
è una grandezza
relativa in grado
di stimare,
all’interno di un
legame, quanto gli
elettroni siano
tendenzialmente       Covalente, legame tra atomi molto
ceduti o acquistati   elettronegativi;
dagli atomi che       Metallico, legame tra atomi poco elettronegativi;
contraggono il        Ionico, legame tra atomo molto elettronegativo e
legame.               atomo poco elettronegativo.
Blocco s
 I blocchi s, d ed f presentano spiccate caratteristiche
  metalliche (facile ossidabilità, comportamento alcalino in
  soluzione acquosa, formazione di legame ionico o
  metallico in base all’elettronegatività del partner di
  legame).
 Un elemento del blocco s, cede facilmente i suoi elettroni
  più esterni formando cationi E+ (alcalini) e E2+ (alcalino-
  terrosi), tanto che non è possibile trovare questi elementi
  in natura allo stato nativo, ma solo in forma ossidata.
 Presentano tutti spiccate caratteristiche metalliche, eccetto
  il Be e tutti, eccetto il Be, reagiscono con H2O formando i
  corrispondenti idrossidi.
 I composti di tutti questi elementi sono ionici.
Blocco p
 Il blocco p presenta invece una certa eterogeneità di
  comportamento sulla base di diversi fattori e si possono
  individuare 4 tipi di carattere chimico.
 Nella colonna all’estremità di destra del blocco i gas nobili
  sono caratterizzati da una forte inerzia chimica; quelli sotto
  la diagonale (elettronegatività circa 2), che parte dal vertice
  in alto a sinistra e che divide in due la parte rimanente di
  questo gruppo, da carattere metallico; quelli sopra la
  diagonale da carattere non metallico quelli a cavallo della
  diagonale da carattere non ben definito, detto semi
  metallico.
Blocco d
 Quelli che si trovano a destra sono i meno reattivi ed è
  relativamente possibile trovarli in natura allo stato nativo.
 Una caratteristica peculiare di questi elementi è la capacità
  di formare molti ioni con diversi numeri di ossidazione. In
  generale, per un metallo di transizione in grado di avere più
  di 3 stati di ossidazione, nei numeri più alti si avvicina a un
  non metallo, in quelli più bassi a quello di un metallo. Un
  tipico esempio è il Cr che è stabile come ione metallico
  cromoso Cr2+ e cromico Cr3+, mentre con il numero di
  ossidazione +6 si trova in forma di anione cromato CrO42- o
  dicromato Cr2O7-2 al variare del pH.
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