CUBA non LIBRE - Pier Francesco Moretti

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CUBA non LIBRE - Pier Francesco Moretti
CUBA non LIBRE
CUBA non LIBRE - Pier Francesco Moretti
Ad Hemal,

                                          sei stata al mio fianco senza saperlo.

Pier Francesco Moretti

All right reserved

Bruxelles, 17 Luglio 2015

Copyright Pier Francesco Moretti - 2015
CUBA non LIBRE - Pier Francesco Moretti
MAGHREB
 – senza pane e senza denti.

Caramelle, caramelle , mister!
Con l’accento sulla ultima “e” di mister.

Bambini si affollano intorno a signori con sandali, pantaloncini corti e canottiera, cappello con
visiera, occhiali da sole, zainetto e macchina fotografica ben in vista. E orologio.
Caramelle escono dalle tasche, molte in da pacchetti che hanno volato per migliaia di
chilometri, ora riposti negli zaini, insieme ad alcune gomme americane. Trasmettono quel senso
di solidarietà, di buon cuore, quello spirito yankee di voler dare la felicità a chi è meno
fortunato, meno eletto da Dio.
Al lancio segue la calca. I bambini si affollano intorno a quelle che non sono riusciti ad afferrare
al volo. I più piccoli le scartano immediatamente e se le infilano in bocca quante più possono,
altrimenti i grandi li costringerebbero a deporre quelle rimaste.
Zucchero…la più grande estensione di terra coltivata sul pianeta. Rhum e coca. Calorie. Euforia.
Zucchero…lavatevi i denti bambini prima di andare a letto: ogni sera sempre la stessa storia,
mamme e nonne a noi bambini dopo la tv.
Senza spazzolino, senza dentifricio, senza acqua. Senza dentista. Giorno dopo giorno, caramella
dopo caramella, a ventanni tante carie, meno denti, e un sorriso che non incute più alcuna
tenerezza.

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Un dollar, dollar, mister!
Stesso accento sulla “e”.

Bambini si affollano intorno a signori coi calzini ai piedi che indossano i sandali, pelli rosate e
scottate dal sole, pantaloncini corti e canottiera, cappello con visiera, occhiali da sole, zainetto
e macchina fotografica ben in vista. Applewatch.
Monetine che volano. La ressa. Volano anche spintoni e pugni. I più piccoli scappano appena ne
afferrano una. Anche quelle straniere che loro non potrebbero usare o cambiare nella loro
moneta, ma che i loro genitori sano come convertire.
Non più carie. Lezione imparata.
Un dollaro equivale, in una dimensione di economia riduttiva e monetizzata, ad una giornata di
lavoro di papà…non male per un bambino di sei anni. Studierà dopo, quando anche lui manderà
i propri figli in strada a raccogliere più di quanto il suo paese paga per coltivare la terra.
Non più carie. Non più libri.

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CUBA
 - estudio, trabajo, fusil

La revoluciòn vincerà sempre.
Tutto deciso, tutto organizzato: da uno a due dollari al giorno, dipende se fai lo spazzino o il
medico, scuola e sanità gratuita e accessibile a tutti, bus a buon mercato. Da vecchio, il sussidio
non proporzionale a quanto guadagnato.
Per i vestiti…fa caldo, poche cose.
Tanta pulizia in giro, tanti spazzini quindi. Tanta polizia in giro.

“tengo tanta necessidad”, ma nessuno che chiede l’elemosina.
“te gusta una chica? Yo te gusto? No soy una puta”. La prostituzione è illegale. Forse anche
l’elemosina.
Le mie scarpe, la mia maglietta, il mio orologio. Li vedono, li vedono e li riconoscono subito
come segno inequivocabile di benessere economico, nonostante il mio colore della pelle,
nonostante non indossi i sandali coi calzini, nonostante non abbia macchina fotografica.
Se mi denudassi, tutto quello che ho addosso varrebbe almeno quattro anni del loro lavoro.
Lo spazzino mi passa accanto tre o quattro volte, in giri concentrici sempre più stretti, e
sottovoce mi offre sua figlia. E’ giovane, la figlia. Io credo avere la sua età, ma non i sui segni in
viso che io chiamerei rughe ma non esistono creme per nasconderle.

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La ragazza delle pulizie indugia molto nel rifare il letto, piegata, mentre leggo il mio libro di
fisica sulla sedia della camera cercando di non far cadere i miei occhi anche su di lei.
Difficile.
Specialmente quando, sempre restando piegata nel sistemare le lenzuola, si gira e mi chiede “te
gusteria una chica come me?”. Si sarà innamorata appena mi ha visto…colpo di fulmine! Lei 19
anni, così dice, io più del doppio. Ancora un po’ di capelli li ho, e anche qualche neurone mi è
rimasto…cerco di spiegarle che non sono qui come molti italiani per “divertirmi” ma per
rilassarmi, per parlare con la gente, per riflettere su cosa voglio. Non le parlo della famosa crisi
dei 40enni europei, ma fondamentalmente cerco di bilanciare le parole evitando di tagliare a
corto, ad esempio, dicendo che sono gay! Anche perché sono sicuro che mi ritroverei il ratello o
il cugino entro oche ore a rifarmi il letto! E comunque, io, non ho mai pagato una donna, o
ameno credo di non averlo fatto.
“tengo tanta necessidad. Se non vuoi pagarmi va bene anche il tuo telefonino.”
Le dico che se non mi servisse in questi giorni, glielo regalerei il mio telefonino che, tra l’altro è
quello vecchio che mi diedero in ufficio e che ora non vogliono neanche più in reso.
Non pagare, mai. Si innesca un meccanismo distorto tra il turista bancomat e i valori della
revoluciòn…dignità, libertà.
“Allora una cena, una cerveza, un regalito”.
Sono convinto che con i soldi non si pagherebbe gli studi, dal momento che qui lei li avrebbe
gratuiti fino alla fine del’università. E non mi sembra abbia fatto questo tipo di scelta.
Che regalito?
“un viaggio, voglio essere come te….”, mi dice.
E io…l’unica cosa che so dire è “io no”.

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CUBA
 - tutto, ma non il cuore

Mango, palme, qualche canna da zucchero che man mano che procediamo diminuisce alla vista
dal momento che il terreno diventa più accidentato e scosceso. La strada sterrata è ora già un
sentiero di sassi e ogni tanto devo abbassare la testa per evitare rami tra gli alberi.
Il cavallo segue bene il percorso. E’ abituato ai turisti, ha dieci anni e avanti a se altrettanti,
probabilmente con in groppa anche ciccione americane coi sandali ai piedi.
Fabiano è un buttero o cowboy come voglia chiamarlo, ha 23 anni e pochi denti in bocca. Fa
questo mestiere da poco meno di dieci anni e non credo abbia studiato molto da quando
accompagna i turisti dalle sette di mattina alle sei del pomeriggio.
Estudio, trabajo, fusil.
Estudio, quindi, poco. Trabajo sicuro, Fusil pure. Ma il suo fusil non è per la revoluciòn ma
perché da queste parti si porta, come il machete che ogni tanto apre la strada tra rami e
arbusti.
Scende dal suo cavallo e taglia un frutto di mango via da uno degli alberi più bassi. Me lo regala.
Ne ha rubati due in realtà e uno ho la sensazione che lo porterà a casa oppure lo mangerà tra
poco quando mi lascia proseguire a piedi, dal momento che i cavalli non possono più
addentrarsi nella foresta con gli zoccoli che ha montato.

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Sono il primo turista della mattinata, ero stato chiaro il giorno prima: non mi portate dove ci
sono turisti. E loro quindi hanno detto: alle sette, i turisti tanto arrivano dopo le dieci che la
sera vanno a ballare.
La cascata non è mozzafiato per chi come me ha lavorato per sei anni alle Hawaii, scoprendo le
domeniche mattina paesaggi sempre meno affollati e pubblicizzati sulle guide della Lonely
Planet.
Sempre affascinante però essere colpito da tante farfalle, gialle specialmente, che sembrano
non curarsi di me mentre mi fisso a guardarle e pensare al perché vesto sempre degli stessi
colori, blu quasi sempre, quando in giro la natura ce ne offre come questi.
I profumi anche sono meno intensi di quanto mi aspettassi. Alle Hawaii è la sensazione che più
resta impressa…la plumeria, quella orchidea che ti riempie la testa con il suo odore così dolce e
sensuale, tremendamente femminile e naturale.
Sono dentro la cascata, o meglio nella pozza che si forma ai suoi piedi, in mutande e
guardandomi riflesso vorrei che invece dei soli miei due occhi ce ne fossero altri due…quanta
complessità ha nascosto le priorità.

Un cavallo. Strano, noi ci siamo fermati molto prima. Arriva con un uomo di piccola statura,
scuro ma non di colore. Lineamenti dello stereotipo del latino-americano, un solo dente in
bocca. Avrà una quarantina di anni ma potrebbe averne anche cinquanta, magro e ossuto.
Sicuramente povero, e vende l’acqua ai margini della cascata in un chiosco rudimentale fatto di
tronchi di albero e qualche lastra di eternit. Si è anche attrezzato per fare il mojito, portando
con se della menta fresca che tira fuori da un sacco appeso alla sella.
Tra i quaranta e i cinquanta, come me. Al mio paese dicono potrei iniziare una nuova vita.
Lui può solo sognarla.
“Arriveranno gli americani” dice, “Staremo meglio, ma non sarò mai ricco e non devono
prendersi la natura e il nostro cuore. Credo che comunque starò meglio, anche perché qui da
noi, quando sarò vecchio, un amico mi darà sempre un piatto di fagioli”.

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CUBA non LIBRE - Pier Francesco Moretti
“Ieri” continua, “un americano mi ha regalato venti pesos. Ho visto che era contento quando
me li porgeva. La mia vita non è cambiata, forse quella del mio ragazzo, se continueranno a
darmene di venti pesos”.
Tiro fuori dallo zaino la coperta dell’Air France che “avevo reso in prestito” come telo mare. E’
morbida e leggera come peso ma calda per il tessuto di cui è fatta.
La prende in mano e gli si illuminano gli occhi “esto es un regalo special, hombre, tu ami el mi
caballo”. Aggiunge che la sua donna lo rinforzerà ai bordi col giunco e lo metterà come
sottosella per non rovinare la pelle dell’animale, cui tiene tanto e che si sta facendo vecchio.
Mi bacia e mi parla in spagnolo stretto con un senso che intendo come “non sei come
l’americano di ieri, il tuo cuore parla con gli occhi, e il denaro potrà comprare tutto ma non il
tuo cuore”.

Verso la città. Fermata tipica e concordata per la dimostrazione dell’estrazione del succo di
canna da zucchero. Un pizzo, inutile arrabbiarsi, e poi il succo è squisito. Ne rendo un bicchiere
anche per Fabiano e gli dico: non sono gay, non aver paura, sono solo.
“ buena suerte hombre, aqui encontrar una chica, ciertamente”.
Proseguiamo.
Le canne…arriveranno presto anche qui, ma non vi si estrarrà alcun succo squisito.

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CUBA
 - che testa che hai

Penso ancora alle parole sotto la cascata, se le ho capite in uno spagnolo semplice ma parlao
troppo velocemente.
“Raul Castro è un uomo molto intelligente.
Vuole far star bene la gente.
Non possiamo chiudere tutto e per sempre.
La terra non la venderemo mai, e sotto i piedi abbiamo tante armi.
Ai turisti diamo quello che cercano, e noi staremo meglio”.
Gli ho fatto una sola, semplicissima domanda: perché pensate agli americani e non ai russi che
stranamente hanno permesso tutto questo?
Lui guarda la cascata….”Si hai ragione, ora che ci penso è strano. Ma Raul sa. Prima Fidel, ora
Raul.”

Tornando in città, tanto abbandono, tanto degrado in un centro storico, patrimonio
dell’UNESCO, un tempo splendore coloniale fondato su zucchero e schiavi. Nelle case, con porte
in legno variopinto, il cui lo strato pittura cade in lastre piccole e grandi che, non ancora
staccate dal muro, ondeggiano alla brezza che corre tra i vicoli.

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Nelle case, TV anni ’80, a tubo catodico, con musica a tutto volume anche di mattina. Vecchi e
giovani su sedie a dondolo spazzate da ventilatori alla massima velocità.
Le lastre di pittura sembrano quasi ballare al ritmo della musica, ma poi improvvisamente una si
stacca e vola per pochi attimi, leggera e colorata. Poi si adagia sulla strada impolverata…e si
confonde con gli altri rifiuti.

Prima di scendere da cavallo Fabiano mi chiede cosa faccio di lavoro in Italia. Troppo complicato
spiegarlo, anche fosse in italiano: la ricerca, i finanziamenti, l’unione europea, Bruxelles.
Sono un fisico, mi piace risolvere i problemi.
Hai una gran testa, mi dice, ma alle chicas piace divertirsi.
Appunto, non serve la testa.

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CUBA
 - più carne che pesce

Circa 10 milioni di abitanti.
Centomila chilometri quadrati. Forma allungata. Circondata dal mare.
Clima tropicale e marittimo.
Una storia giovane.
Sogno di molti.

Circa 5 milioni di abitanti.
Duecentomila chilometri quadrati. Forma allungata. Circondata dal mare.
Clima temperato e marittimo
Una storia giovanissima.
Chiusa ai sogni, se non quelli autorizzati ad entrarvi.

Circa 60 milioni di abitanti.
Trecentomila chilometri quadrati. Forma allungata. Quasi tutta circondata dal mare.
Clima temperato e marittimo.
Una storia antica e complessa.
Sogno di molti, forse non più.

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A Fabiano piace la carne di maiale, la più economica, quella che può permettersi e che ha
sempre mangiato. Ai polinesiani anche, e anche ai sardi.
A me piace l’aragosta, la spigola, i gamberoni, quelle cose da ricchi che fanno bene alla salute.
Eppure a Cuba c’è tanto pesce, anche in Nuova Zelanda ce ne è.
Tanto tonno intorno a loro…ma non ne conoscono neanche il nome.
Ma certo, si chiama sushi…l’atun viene spedito lontano…

Tra Paesi, tre grandi isole o quasi, poste geograficamente lontane le une dalle altre, storie
diverse ma, darwinianamente, popolate da uomini che si sono adattati alle condizioni
climatiche, alle risorse naturali, all’influenza degli altri uomini. Cuba, Nuova Zelanda, Italia.
Come disse un cammelliere in Marocco, il 99% degli uomini vuole poche cose: salute, pace,
pane e istruzione per i figli. Anche il rimanente 1% vuole le stesse cose, ma solo per loro.

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CUBA
 - Grexit

Il bus si è rotto.
Era indicato come il mezzo più sicuro e affidabile per i turisti.
Aria condizionata e orari fissi. Così era specificato sulla Lonely Planet, per non avere trappole
dai tassisti locali.
Hanno appena comunicato che sta arrivando il mezzo sostitutivo.
Benvenuto a Cuba, senor!
Benvenuto a Napoli direi, o Torino, o Milano…
La sala d’aspetto è piena di turisti, zaini a terra e sandali ai piedi.
Pochi i cubani, per ora. Questi infatti entrano solo pochi minuti prima la partenza dei bus…non
hanno l’ansia dell’imprevisto come noi. La soluzione migliore sarebbe un bel taxi collettivo:
stesso prezzo del bus a persona se siete in tre, meno tempo di percorrenza, e parli col tassista.
Il tassista..uguale in tutto il mondo. Si lamenta, controlla il territorio, quando gli riesce, ti fotte.
E comunque statisticamente raramente non ci prova, a fottere almeno un pochino….

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Ci sono due televisori accesi appesi ai bracci ai muri. Due televisori a tubo catodico non troppo
grandi.
Uno trasmette a tutto volume alcuni video musicali, su un canale tipo videomusic dove passano
anche la Pausini e Ramazzotti in spagnolo, ma soprattutto salsa e rumba. Anche Hotel California
e With or Without You dove Eagles e U2 sono sostituiti da abbronzati locali in canottiera e
occhiali da sole. Anche la batteria è sostituita dalle maracas e le chitarre elettriche da quelle
classiche. Diverse…ma non male.
I cubani sono tutti davanti quello schermo.
Sull’altro schermo, il notiziario con i sottotitoli che scorrono in spagnoli, come alla CNN, dove
riportano: Grecia ha votado no all’eurogrupo.
Molti turisti commentano. Chissà cosa succederà: un territorio inesplorato nelle relazioni
politico-finanziarie.
Il poliziotto accanto a me, che vedeva i video e salutava tutte le persone che entravano, da
subito si scusa del fatto che non ci permette di posare gli zaini sulle sedute della sala: le valigie
sono sporche, le sedie sono per le persone e bisogna rispettare persone e mantenere pulito.
Poi, meravigliato del trambusto causato dalla notizia sulla Grecia, mi chiede perché siamo
preoccupati. Lui di greci non ne ha mai visti. Italiani si, con tanti soldi e bei vestiti, sempre in
cerca di chicas. Greci no. Anche se con onestà dice che non può esserne sicuro in quanto lui
interagisce di solito solo con italiani, spagnoli e americani, che parlano spagnolo.
Cerco quindi di spiegare in uno spagnolo maccheronico che la Grecia fa parte di una unione di
paesi europei e che non riesce a pagare i propri debiti.
“Esto es un problema de la Grecia”
E no, perché l’Europa è una unione e non è così facile come tra le persone.
“Esto allora es un tu problema!”
Mio? Ne sono io la causa? Posso risolverlo personalmente?
La guardia continua, “Cuba ce la ha fatta da sola, con l’aiuto dei russi, la Grecia basta che chieda
ai russi”.
Lo provoco quindi: si, credo che la Russia abbia venduto Cuba agli americani e ora si comprerà
la Grecia.

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“Vedremo, i cubani tanto peggio di così non possono stare. E la Grecia spero abbia il mare e il
sole come noi”.
Basta che ce sta ‘o maaaaare, basta che ce sta ‘o soooole…

Il bus arriva.
Stavolta, inaspettatamente e diversamente dalla volta precedente, due ragazzini hanno
organizzato un servizio bagagli dalla sala d’aspetto al bus. Che dista massimo trenta metri.
Mezzo peso a collo.
Che bello vedere i turisti, consapevoli che si tratta di un vile stratagemma, non rischiare la lite o
ulteriori ritardi e quindi pagare.
Io tiro fuori una banconota da 50 pesos..non hanno il resto di 49.5 pesos, a meno che non
accettino i 10 cents che ho come monetina nella tasca destra.
“Bien senor, vada con dios”
Prima di salire a bordo compro l’acqua, con le monete nella tasca sinistra…

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CUBA
 - low-cost

Non ricordo più come si chiama.
Canottiera, jeans e mocassino senza calzini. Capelli biondi, tinti, ricci e corti. Direi in forma fisica
ma non saprei attribuirgli una età precisa. Sopra i quaranta sicuro.
E’ di Piacenza.
Si rivolge a me in italiano, anche lui seduto sul muretto a bordo oceano.
Accanto a lui una bella ragazza mulatta, con gli occhiali stretti i lunghi da maestra, non non pi`u
di ventanni. Lei ha gli occhi chiari e l’apparecchio ai denti ed è distratta e silenziosa mente lui mi
racconta di se, e mi chiede di me.
E’ in pensione e viene due volte l’anno a Cuba, da sei anni ormai.
Credo sia un baby-pensionato, e dice che in Italia è duro vivere con quello che prende. Fa anche
dei lavoretti quando capita, forse di idraulica o falegnameria, ma la cosa che mi colpisce di più è
che non ha l’IBAN.
Lui prende i voli low-cost per Cuba. Stavolta c’era un forte ritardo sul proprio volo e gli hanno
proposto di fare uno scalo a Roma per prendere un altro vettore o rimandare di un giorno la
partenza accettando un indennizzo di quattrocento euro. Lui non aveva problemi di tempi e i
quattrocento euro gli facevano proprio comodo. Però, la compagnia avrebbe effettuato un
bonifico sul conto corrente, e lui ha solo il libretto postale!

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Io invece ho preso un aereo di linea, non posso permettermi ritardi e sapevo che a volte i
charter vengono cancellati o ritardati. Dieci giorni fuori dal mondo, poi di nuovo al chiodo.
La pensione…chissà se io la vedrò mai.
Certo è che quando andrò in pensione io, Cuba sarà molto diversa.
Improvvisamente, saltando di palo in frasca, mi chiede se ho già trovato una chica. La “sua”
chica comincia a prestare attenzione a quello che diciamo.
Sto qui per starmene fuori dal mio mondo di tutti i giorni, spengo il mio cervello lavorativo, no
internet, telefono solo con sms a casa. E rifletto su cosa mi rende veramente felice.
“Appunto…una chica ti servirebbe per passare il tempo. Dieci giorno tutto solo, non ti annoi?”
La ragazza fa una faccia strana, come avesse capito cosa lui sta dicendo e disapprovasse.
Ripeto per la ennesima volta che tutto questo non è altro che una prostituzione ben poco
mascherata e che ricorda un colonialismo sessuale abbastanza squallido.
Non è vero, mi dice, guarda me: io non parlo neanche una parola di spagnolo e però con lei ci
capiamo benissimo. La porto a cena, in spiaggia, facciamo dei giretti qui intorno con un taxi.
Tutte cose che lei non può permettersi ma con me almeno vive un po’. Dovresti farlo anche tu,
consideralo una opera buona.
Pochi secondi di silenzio.
Lei parla in un perfetto italiano: “Lui è diverso”.
La guardo negli occhi e mi sento sprofondare.
“Ma che sei gay? Guarda che se è così qui ci sono pure dei bei ragazzi. Io mica giudico, sono fatti
tuoi, basta che state tutti bene!”.
Mi vergogno. Lei mi guarda negli occhi come per scusarsi per lui. E io per scusarmi per lui.
Lei scende dal muretto e gli tende la mano per invitarlo a venir via. Lui gliela prende e mentre si
allontana si gira e mi fa l’occhiolino, puntando lo sguardo poi il sedere marmoreo di lei.
Mi vergogno ancora. Maledetto viagra.
Buona serata e goditi la pensione.
Che ti pago io.

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CUBA
 - estudio, trabajo, communicacion

Estudio, trabajo, communicacion.
Questo è il nuovo slogan che abbiamo coniato con Renso.
Renso ha una casa particolar (privata) a l’Avana: una moglie e due figli. La grande ha diciannove
anni e va all’università: odontoiatria…come mi dice lui “qui lo zucchero ci rovina, e col diabete
non si fanno i soldi, mica fabbrichiamo le medicine qui”.
L’alfabetizzazione qui è ai massimi livelli nel mondo. Come la sanità pubblica gratuita (anche se i
medicinali non si trovano, nonostante non siano sotto embargo….).
La rivoluzione ha imposto che, dal momento che tutti hanno un cervello alla loro nascita, la
migliore forma di democrazia è quella che fornisce loro la possibilità di esprimersi al meglio.
Un cervello, un motore.
Renso mi spiega poi che se non sai leggere non puoi capire la propaganda e quindi sei
influenzabile facilmente dalle idee contrarie ad essa. Quindi saper leggere significa poter capire
e quindi scegliere.
Strano che ometta il fatto che qui non mi sembra ci sia stata grande scelta. Propaganda…e
basta.

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Gli accenno quindi al fatto che qui non ho visto antenne paraboliche per ricevere i canali
satellitari.
Al Cairo, a Tunisi, a marrakesh, a Napoli, la cosa che impressione maggiormente quando si
vedono le città da una collina in periferia, `e la sterminata copertura dei terrazzi con le
parabole.
Panni stesi e parabole.
Sintonizzate sui video musicali, sui porno, sulla CNN, sulle partite di calcio.
La parabola è vietata qui, ma avremo internet, dice, e potremo accedere a tutto.
Gli faccio l’esempio di internet in Cina, dove cercando informazioni sul Tibet, non ci si può
collegare ai siti che invece sono accessibili dall’Europa e addirittura non sono suggeriti dai
grandi motori di ricerca americani. Un filtro concordato tra governo e mercato.
“Il Tibet non ci interessa. Ci serve invece per avere prenotazione dai turisti, liberarci dal giro
delle agenzie e intermediari che non fanno nulla ma si prendono la percentuale. Internet libera
e da lavoro ai giovani col cervello.
Trabajo quindi.
Communicacion. Ci siamo arrivati dopo una lunga discussione su cosa ci sarà di migliore tra
qualche anno qui a Cuba.
Conviene con me che la russia ha venduto Cuba in cambio dell’Artico con gli americani. Anzi gli
statunitensi, precisa Renso, in quanto lui `e anche americano, come i fratelli colombiani,
peruviani, argentini ecc.
E quindi, se anche Cuba fosse stata venduta, il turismo esploderà: questo porterà bene ai
cubani e agli stranieri che avranno servizi migliori, a prezzi più alti però.
La canna da zucchero non servirà più e non garantirà un salario competitivo, quindi metteranno
più mango e ananas da esportare oppure offrire sulle tavole dei resort che sorgeranno.
Corruzione e prostituzione…tanto già esistono, continua Renso, e poi sono sempre esistite dai
tempi di Colombo!
Communicacion quindi: è l’unica possibilità che Cuba ha di esportare le idee, la musica, la
cultura nata con Fidel e Che. Santo Che, come viene celebrato in bolivia, che era un medico con
le idee di Teresa di Calcutta. O quasi. Il Che infatti forse è stato mitizzato, morto giovane e bello

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(come James Dean) ma probabilmente la storia lo avrebbe descritto altrimenti come
sanguinario e eccentrico, non certo un modello da seguire come “comamdante”.
Fidel e il Che non moriranno mai.
Anche cristo è sopravvissuto alla storia…il primo vero rivoluzionario.
Ma non esistono paesi al mondo e nella storia con la “sharia cristiana”. Insomma, possibile che
il “bene” non vinca mai su grande scala o a livello governativo-amministrativo?
Renso mi versa l’ultima tazzina di caffe, finalmente buono rispetto a quello che servono a
Bruxelles. Raro come le persone per bene.
Sparecchia e mi augura buona giornata.
Vado in camera a lavarmi i denti e prepararmi per una giornata a zonzo, forse tra i pescatori.
Quando esco, alla tavola della cucina ora è seduto un ragazzo sui quindici anni. Ha un
videogioco in mano e parla, o meglio emette suoni confusi e dondola con la testa. Mangia il
pane e burro che ho lasciato io, incurante delle briciole che gli cadono sulla maglietta.
Renso ha un terzo figlio, ma per lui la democrazia non può aiutarlo…è down.

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CUBA
 - frittatina di maccheroni e avogado

Ombrellone.
Sotto la sua ombra, a malapena, sono riposti a dir poco dieci colli tra zaini, buste e borse frigo.
Intorno ad essi un gran vociare, spesso urla, con bambini correnti tra altri bagnanti, ragazzi in
canottiera e capelli tagliati a zazzera, ragazze e signore ben in carne.
Si, ben in carne, nel senso di bracciotte, coscione e pancia mostrate con disinvoltura, quasi
orgoglio. Spesso sedute su sdraio basse e con le gambe divaricate, asciugandosi fronte e ascelle
con fazzoletti enormi, ma forse sono strofinacci una volta a casa.
Il pallone a volte sbatte sulle buste e subito interviene il gruppo di mamme a bada di esse,
ricordando anche che devono aspettare un pochino ancora e che che poi il bagno…dopo tre
ore!
Si, un pochino ancora, poi la frenesia alimentare!
Le donne si alzano e iniziano a scartare, ad aprire le confezioni di piatti di plastica, a preparare,
a servire porzioni esagerate.
Riso, fagioli, pollo, avogado. Pane e birra.
Parmigiana di melanzane, frittatina di pasta, fettine panate e pomodori. Sfilatino e birra.

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Diecimila chilometri di distanza. Stessa scena, stessi visi, stesso abbigliamento, stessi
comportamenti sociali.
Uno è Cienfuegos, l’altro Baia Domizia.
Il primo ha davanti il Mar dei Caraibi, con palme e coralli.
Il secondo il Mar tirreno, una volta blu e approdo di enea. Le palme sono tagliate a causa del
punteruolo rosso e il bagno al mare…per lavare le posate è meglio che per abbassare la
temperatura del corpo.
C’è anche il “bambino”. Nome in gergo che indica uno stero di proporzioni ciclopiche che
naturalmente trasmette salsa o neomelodici, a seconda della latitudine.
Cibo e musica. In compagnia. Il tutto condito con olio e sudore.
Cento chilometri più a nord, sul tirreno, ragazze magre in sandalo bianco con leggero tacco,
tunica bianca e collana al collo, sotto gazebo rigorosamente bianchi, ordinano invece insalate di
mais, mozzarella di bufala e sesamo tostato.
Moijto chiaramente. Il tutto ad un costo, compreso l’affitto del gazebo e dei lettini stile
imperiale, di almeno due mesi di salario a Cienfuegos.
Fregene quindi, con in acqua poche persone in quanto a rinfrescare il corpo ci sono docce ben
organizzate degli stabilimenti. E le posate si lavano nel retro delle cucine, se non sono di
plastica da riporre nei bidoni appositi.
La musica è rigorosamente soffusa…
Uno è rozzo, l’altro è figo.
Figo perché? Diverso? Costoso? Di pochi?
Diverso, costoso, per pochi…quindi innaturale.
Percezione di qualità o reale indicatore di benessere?
Se dessimo due volte il salario mensile ad un cubano da spendere in un giorno: andrebbe a
Fregene?
Non credo.
Ma se alla fighetta in tunica bianca dicessimo che grassa è bello e la lasciassimo sola, senza che
nessuno la vedesse, non ordinerebbe una buona carbonara?
Figo è semplicemente…quando sorridi.

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CUBA
 - no education, trabajo, fusil

Su una ruota sola. Mano destra sulla manopola dell’acceleratore e col polso che ruota su e giù.
Corpo all’indietro e manubrio leggermente ruotato.
Da noi si chiama “pinna” e si fa sui motocicli a due ruote, preferibilmente dalla cilindrata 50 fino
a 600, ma dipende molto dalla ciclistica del mezzo, il peso ma soprattutto, dal pilota.
Più la pinna è lunga e più sei riconosciuto come uno che ci sa fare, non solo con le pinne. Uno
con le palle.
A cuba le moto non hanno potenza e ciclistica necessaria per poterle alzare su una ruota. Sono,
come le auto, vecchi modelli spompati, spesso col sidecar, e nessun particolare stile di guida mi
ha colpito in questi dieci giorni fuori dal mondo, dal mio mondo. Anche a Bruxelles non ho visto
pinne, ma certo non è qualcosa che in quei paesi viene riconosciuto come accattivante e
sicuramente molto poco tollerato dalla polizia e popolazione stessa.
La cittadina è arroccata, si dice così in italiano ma non ha la rocca. Le strade sono pavimentate
con selci molto grandi, a roma detti sanpietrini o “serci”, e marciapiedi molto alti. Insomma
pietroni sconnessi in un paesaggio che per quanto riguarda le strade ricorda Pompei in epoca
pre-eruzione, dove scorrevano i liquami sulla strada e i passanti attraversavano la strada su
grandi pietroni per evitare di sporcarsi i piedi.
Molte delle strade sono strette, come a Napoli, perché la luce del sole non possa ardere il
terreno e le persone possano starsene sull’uscio di casa sedute sulle poltroncine di plastica

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bianche. Conversano, si fanno aria chi con ventagli chi con ventilatori. Ai loro piedi cagnolini
boccheggianti sdraiati sulle mattonelle più fresche.
Un gra rumore, uno scalpitio di zoccoli sulle pietre.
Da lontano un ragazzo in maglietta a maniche lunghe, pantaloni lunghi, stivali, avanza spavaldo
e a testa alta. In una sola mano ha le briglie e cavalca a pelo nudo un cavallo color fango, non
molto alto, criniera rada e magro.
Corre, con gli zoccoli che spesso scivolano sulle pietre levigate nel tempo. Corre e sembra fiero
di portare il proprio scudiero a mostrare la propria abilità.
La prima cosa cui penso è il pericolo che il cavallo possa inciampare in una pietra più alta o un
fosso profondo. Penso ad una zampa che si rompe. Al dolore di doverlo abbattere.
Poi mi passa accanto veloce, un tuttuno col ragazzo dal viso scolpito nella pietra, mulatto di
lineamenti e carnagione, e uno sguardo che sembra voler dire “Largo! Io sono di questa terra!”.
Un “guaglione”. Per me che ho sempre preso il bus o l’auto lui è l’esempio massimo di
adattamento al territorio e provo in un certo senso anche invidia per quella andatura
straordinaria sul cavallo, a pelo nudo. Il cavallo che probabilmente ha visto nascere e accudito
ogni giorno.
Un guaglione, e non spaccia. Questo non ha la possibilità di morire per un parcheggio fuori della
discoteca o uno sguardo di troppo ad una ragazza di un altro.
Per ora.
Scampia oggi, Texas fine ‘800: motivazioni diverse, contesti diversi. Non troppo dissimili alla
fine.
No education.
Trabajo.
Fusil.

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CUBA
 - Camilo

“Posso ospitare solo per stasera, domani vengono sei ragazzi australiani e non ho posto
sufficiente. Però non è detto, se qualcuno non viene, tu puoi restare.
La camera è questa, la più isolata, non ha aria condizionata ma tre ventilatori, uno al soffitto. E
hai un terrazzo tutto tuo salendo la scala qui sul lato del letto. Il bagno è da dividere con gli
ospiti di un’altra stanza. Ma tanto oggi sei da solo. Puoi portarti chi vuoi in stanza ma ti prego
non fare troppo rumore: qui siamo tutti attaccati e si sente tutto. I vicini hanno anche dei
bambini piccoli”.
No, no. Sto qui per rilassarmi, stare lontano da internet, leggere e scrivere racconti su Cuba.
“Sei uno scrittore?”.
No, ma cerco di capire attraverso i dialoghi con le persone cosa sta succedendo qui. Sono
italiano, fisico, ma lavoro all’estero.
“Io insegno matematica a scuola. Ora siamo nella pausa estiva e allora aiuto a gestire questa
casa particolar. Sai, qui gli stipendi dei professori sono bassi. Sei un italiano strano, se ti va un
caffe’, facciamo de chiacchere”.

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Il caffe è buono. Una macchinetta per la moka, come le nostre. Una ragionevole e gustosa
tazzina di caffe, non una zozzeria come quelle del nord Europa…che costano poi come un chilo
di carne!
Sulla tavola un centrino, come quelli delle zie zitelle che mi raccontavano i fatti di guerra
quando ero piccolo. Che bei ricordi, col ciambelline coi confettini colorati sopra, il te e tutti
intorno al tavolo ad ascoltare storie vere che sembravano immaginarie. Nella stanza accanto a
quella da pranzo c’era anche una campana di vetro con dentro una Madonna…mi faceva una
certa impressione se non paura. Ne ho viste di simili al museo municipale proprio ieri. La
Spagna, i borboni…anche i ventagli di pizzo ricordo con tenerezza quando le zie allungavano il
braccio per sventolare anche me nei pomeriggi afosi senza TV. Parole crociate, racconti,
chiacchere.
“A cuba chissà cosa succederà. Qui i ragazzi vogliono tutto facile e veloce. Perderanno la
memoria di quanto hanno conquistato i nostri padri. Nei bar qui abbiamo dei cartelloni che
mostrano il cambio da pesos cubani a convertibili. I convertibili sono quelli che usi tu. Noi già
abbiamo difficoltà ad usare i nostri, i prezzi si stanno alzando. Il cartellone riporta la
conversione, peso per peso: pochi sanno fare i conti e poi è inutile…tanto i soldi non bastano
mai. Io avrei dovuto are lingue, ora sarebbe stato utile, specie col turismo che sta aumentando
ogni giorno che passa.
Tu hai comprato i sigari? Ti hanno già truffato?”.
Si, ma ne ero consapevole. Ho pagato l’ora di tempo usata per convincermi..mi sono quasi
divertito ad ascolare le solite storie inventate per turisti che, secondo me, non sono sprovveduti
ma sempliceente stanno al gioco delle parti.
“E sei stato a ballare?”
No, te lo ho detto. Non voglio entrare nel vortice della movida costruita per turisti con denaro
che compra un degrado economico e morale sotto la maschera di un divertimento inevitabile.
Anzi, stasera farò un esperimento. Sul muretto in riva al mare.
“Io invece ascolterò i Metallica, Rolling Stones, Led Zeppelin. Non sopporto la salsa. La vera
rivoluzione è stata il rock e solo un’altra forma di musica potrà risolvere il mondo. La musica è
emozione ordinata, quello che la gente crede di Cuba. Passione organizzata.

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Ma la salsa è solo corpo. Il rock invece è cuore e cervello, unica soluzione al darwinismo della
lotta tra individui”.
Le stesse parole le ho sentite, identiche, ad un convegno sulla crisi finanziaria. Un grande
economista americano ha detto che solo l’innovazione sociale può innescare un cambiamento
del sistema economico attuale e che negli anni ’60 è stato identificato nel rock come
espressione a livello globale.
“Senti, se non ti orti ragazze stasera, e neanche domani, puoi prendere la mia stanza. Ha un
letto singolo e costa la metà”.
E tu dove dormi?
Per una notte andrò in giro ad osservare i turisti sul muretto che vengono abbordati. Ho tempo
di dormire tutta la vita”.
Undici. Undici in un’ora. Sessanta minuti. Quasi una ogni cinque minuti.
Alcune bellissime, ma anche alcune simil-lavatrici.
Alcune direttamente con “Vuoi amore?”. Altre iniziano raccontandomi che hanno figli, hanno
bisogno, e che io sono carino e sicuramente ricco.
Undici in un’ora. Alcune, ai miei rifiuti cortesi, propongono l’affare: dai venti ai trenta pesos,
senza una regola precisa ma non indago oltre.
Venti pesos, venti euro. A Bruxelles, una pizza. E cattiva.

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CUBA
 - da e verso l’ Angola

Preparo lo zaino.
Ho comprato poche cose da riportare a casa.
Due maracas, gialle. Una tela stile naif primitivo che raffigura il guateque, ovvero la
scampagnata con picnic e canzoni fuori porta. E del peperoncino piccante.
Udito, vista, gusto e olfatto. Manca il tatto.
Forse avrei dovuto sendere venti euro per sentire una pelle mulatta e giovane sotto le mie dita.
Lascio il paio di scarpe da golf ormai rovinate: chiedo che vengano regalate a chi veramente non
ha nulla e che non so come identificare e non offendere.
In quel momento una telefonata. E’ per me.
Ma che dite? Nessuno sa che sono da voi a dormire.
E’ Camilo e chiede di te, vuole salutarti.
“Racconta quello che hai visto, che non siamo tutti uguali, che abbiamo coraggio ma anche
paura. E’ una chance per tutti noi e per voi. Hai ragione quando hai detto che la russia ci ha
venduti. Ma noi siamo anacronistici ormai. E ormai ci siamo e non possiamo restare sempre
chiusi nelle idee di pochi grandi eroi che hanno fatto e resteranno nella storia. I singoli volano, i
popoli camminano, spesso inciampano. Hanno bisogno di strade ma soprattutto di lampioni per
vedere di notte e segnali per gidarli.

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Anche tu hai insegnato e lo sai: siamo qui per salvarne uno o due, con un gesto o una parola che
possa accendere la loro fantasia e talento.
Dobbiamo preparar loro i migliori piatti affinchè vogliano cucinarne di nuovi, anche se sazi.
Se torni, prometti di passare da noi, tanto saremo ancora qui, e forse un giorno potremo venire
noi da voi.”
Ciao Camilo, buena suerte.

Il mio zaino, non lo vedo più.
E’ già sul taxi. Una vecchia Lada sgangherata coi sedili in finta pelle, nessun poggiatesta,
ventilatore a ventosa sul cruscotto che gira a destra e sinistra. Mancano i cagnolini con le teste
dondolanti sul retro.
“A che ora parte il suo volo?”
Tra quattro ore! Ma non ho più nulla da fare ormai e non voglio rischiare problemi che mi
possano far perdere l’aereo, domani rientro al lavoro.
“Ah bene, allora se non le dispiace mi metto sulla corsia di destra e vado piano. Le gomme qui si
consumano velocemente e costano come tutta la macchina. Ho 78 anni e guido il taxi da 56.
Tutti i giorni.
Da dieci anni non scrivo più la verità sul taccuino. Non riuscivo a mettere via un peso. Lavoro,
riso, fagioli e la sera con mia moglie ad ascoltare la radio.
Dieci anni fa ho scoperto le gomme per cancellare l’inchiostro della penna. A fine giornata
riduco un po’ qua e un po’ la. Tipo ora, lei va in aeroporto, ma scriverò che va al terminal del
bus. Dieci pesos meno a loro, dieci in più a me.
Dieci anni. I miei figli hanno potuto aprire una officina meccanica: montano le Chevrolet
d’epoca che a voi piacciono tanto sugli chassis e motori tedeschi o coreani. Vanno bene, non
inquinano più ma appena si rompe un pezzo sono guai! Li paghi come voi…un faro costa come
tutta la mia Lada. Da voi ci sono le Lada?
I miei figli aspettano gli americani, dicono che i pezzi non costeranno meno, ma le persone
compreranno le macchine, e sempre si romperanno.
Io a fine anno parto. Vado in Angola.

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Ho i soldi per due biglietti: uno per me e uno per mia moglie. 56 anni di matrimonio, come col
taxi.
Subito prima avevo tanta paura…i soldati potevano entrare in casa e spararti senza motivo,
specie a noi poveri che subivamo di tutto.
Poi Fidel e il Che ci hanno liberato.
Mio padre era uno schiavo, lo portarono dall’Angola a coltivare la canna da zucchero che era un
bambino. O forse era mio nonno.
A fine anno saluto i miei figli, so che non li vedrò più, ma sono contento perché io un mestiere
ce l’ho. Sono tassista. E anche loro ce l’hanno. El tabajo serve.
Chissà se in angola le strade sono rovinate come qui. Vedremo”.
Le Lada in Italia ce ne sono pochissime e anche da noi i pezzi di ricambio costano come tutta la
macchina. Ma non glielo dico.

Prendo lo zaino.
Mi stringe la mano per salutarmi. Ecco, una pelle ruvida, calda. Venti pesos il costo della corsa.
Il tatto…ora ho anche quello.

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Ieri, oggi e domani

1961. Il Muro di Berlino.
1989. Il suo crollo.
Due ideali di società a confronto/scontro: uno liberista/capitalista, l’atro socialista/comunista,
che avevano trovato la loro realizzazione su territori ben definiti geograficamente e
sopravvivevano grazie alla chiusura dei loro confini in termini di merci, persone, culture.
Un sistema lasciava all’individuo grande libertà di eccellere e dominare attraverso la personale
realizzazione economica, l’altro soddisfava i bisogni primari di ogni individuo ma senza
permettergli di emergere rispetto alla collettività. Due forze basate sugli estremi del ruolo dello
stato legato alla libertà dei singoli o al loro controllo. Entrambe superpotenze militari, nel
confronto mirato a preservare il proprio sistema. Le due superpotenze erano due vasi con una
valvola di comunicazione, il muro, che è stata aperta timidamente e ha cominciato a livellare i
due silos.
Verso quale sistema di equilibrio? La comunicazione ha permesso al liquidi di fluire, ma
abbiamo raggiunto lo stesso livello di liquido tra i vasi? e i due liquidi si sono realmente
mischiati? L’idea capitalista sembra aver prevalso, nel senso che gli ideali di dominanza legati al
potere economico hanno pervaso i paesi ex-comunisti, ma non permettendo di realizzare il
sogno americano che esalta ogni individuo nel suo percorso verso la propria soddisfazione
personale. Nel frattempo, e’ emerso un terzo attore che prima era anche esso chiuso tra i
propri confini. La Cina.

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Le diverse politiche di espansione territoriale sono state solitamente legate a diversi obiettivi:
apertura dei mercati, per il capitalista, o conquista territoriale per approvvigionamento di
risorse e conferma di potenza, per il comunista. La Cina ha con grande discrezione e adattabilità
perseguito l’economia socialista di mercato di Deng Xiaoping e della Politica della Porta Aperta,
perché lo scambio e la comunicazione con gli altri sono naturali, come citato nei famosi trattati
di John Locke, e perché la Cina ha bisogno di “sostenere” oltre un miliardo di cittadini, senza
generare timori e reazioni attraverso una controproducente dimostrazione della propria
potenza.
L’evoluzione più probabile, in assenza di fattori aggiuntivi, sembra essere quindi una dominanza
delle grandi multinazionali che controllano le risorse energetiche e dei materiali, supportate dai
paesi che sono maggiormente legate ad esse e una politica che ne favorisce il ritorno sul
proprio territorio.
Ma questa idea di politica-governance comincia ad essere inadeguata nel momento in cui la
velocità di evoluzione del sistema è maggiore di quella con cui le leggi e le relazioni
internazionali riescono ad adattarsi. In pratica, mentre prima il sistema socio-economico si
adattava alle condizioni territoriali e governative, adesso lo scavalca, trovando nuove forme di
alleanze e di soluzioni che sono avveniristiche rispetto alla capacità di comprensione e
intervento della politica.
E allora assistiamo ad un interessante approccio inaspettato da parte della politica: il “prova e
vedi che succede”.
Tutto è legato alla complessità del sistema attualmente in essere, legato a variabili politiche,
economiche, finanziarie, sociali.
Ricordiamo che un sistema complesso è un sistema deterministico, ovvero dove ci sono leggi
che regolano le interazioni e l’evoluzione tra i diversi componenti, ma spesso non conosciamo
tali leggi e le variabili sono talmente tante che è difficile osservarne tutti i dettagli e prevedere
l’evoluzione del sistema stessa su lunghi periodi. In linea di principio, esiste un metodo,
chiamato degli analoghi e scientificamente conosciuto, che a partire dalla conoscenza della
situazione fino a un tempo abbastanza remoto nel passato, permette di prevedere il futuro. In
pratica è quello che si basa sull’esperienza che alcune situazioni si siano avverate in maniera

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analoga nel passato. Il problema è che assistiamo ad una complessità odierna dove non
esistono esperienze passate paragonabili.
Il passaggio dal "sequenziale temporalmente e definito spazialmente" al "simultaneo ovunque"
dove le relazioni sociali-economiche-politiche non permettono di ripercorrere il passato per
capire il futuro, impone una flessibilita' e un cambiamento di riferimento continuo-adattivo, con
l’approccio di sperimentare per conoscere.
Assistiamo quindi a “test” di provocazione militare nel Baltico, nel Mediterraneo, ma anche test
di nuove tecnologie, farmaci, spesso in aree geografiche dove le regole non sono così restrittive
come altrove.
Ma questo approccio “sperimentare per conoscere“ legato alla complessità, è esattamente
uguale a quello dettato dalla meccanica quantistica per i sistemi probabilistici. Senza entrare
nel dettaglio, in questi sistemi, è l’azione che stabilisce lo stato del sistema stesso e la sua
evoluzione, e senza l’azione, non succede nulla. Quindi la mancanza di accuratezza nella
previsione, in un sistema complesso è legata all’ignoranza, in uno probabilistico è intrinseca al
suo funzionamento.
Il “prova e vedi che succede”, se ripetuto in diversi condizioni e diversi luoghi, permette quindi
di far imparare: ma non più cercandone una legge che leghi le relazioni causa-effetto ma
estraendone la probabilità di accadimento e la correlazione tra gli eventi.
In un futuro prossimo di enorme produzione/accessibilità ai dati, tale approccio rivoluzionerà
drasticamente le capacità di “intelligence” della politica, dove i tempi ridotti, l’assenza di
barriere e filtri, il consenso, la copertura geografica e demografica dello stesso, potrebbero
portare ad una intelligenza collettiva che può essere fraintesa per collaborativa, per
socialmente evoluta.
Allora aspettiamo un altro Gesù, un altro Che, un nuovo rock&roll.

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