Convegno Assolombarda in collaborazione con Assonime Milano, 23 gennaio 2008-01-23 Intervento di Vittorio Mincato Presidente di Assonime

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Convegno Assolombarda in collaborazione con Assonime Milano, 23 gennaio 2008-01-23 Intervento di Vittorio Mincato Presidente di Assonime
23/01/2008

                                          INTERVENTO PUBBLICO

Convegno Assolombarda in collaborazione con Assonime
        “Finanziaria 2008 – Prime osservazioni”
            Milano, 23 gennaio 2008-01-23

             Intervento di Vittorio Mincato
               Presidente di Assonime

                        www.assonime.it
Intervento di Vittorio Mincato in Assolombarda                                    23/01/ 2008

1.      Anche quest’anno la legge finanziaria ha introdotto modifiche di notevole
rilevanza sulla fiscalità delle imprese. Va prima di tutto apprezzato il fatto che le
modifiche non abbiano rimesso in questione l’impostazione della riforma del 2004, ma
anzi in vario modo l’abbiano confermata e rafforzata.
        Certamente molto positiva è la riduzione delle aliquote Ires (dal 33 al 27,5 per
cento) e Irap (dal 4,5 al 3,9 per cento). La riduzione delle aliquote nominali
dell’imposizione societaria è da tempo in atto nei principali ordinamenti europei: da
ultimo in Germania, dove l’aliquota dell’imposta statale sulle società è stata ridotta di
10 punti e quella dell’imposta locale di quasi tre punti (peraltro, l’effettiva riduzione è
ben minore, come del resto in Italia, a causa di varie modifiche nei criteri di
determinazione della base imponibile). La riduzione delle aliquote introduce un
significativo incoraggiamento dell’investimento, anche dall’estero; gli effetti sarebbero
più forti se si rimuovessero i troppi ostacoli burocratici che ancora frenano l’attività
d’impresa nel nostro paese.

      Sono stati attuati anche rilevanti interventi di semplificazione delle basi
imponibili, che nel complesso dovrebbero rendere più facile la vita delle imprese,
anche se non mancheranno incertezze nell’applicazione di istituti e criteri di
determinazione dell’imposta radicalmente nuovi. L’auspicio è che – dopo molti
cambiamenti – si prepari un periodo di stabilità, nel quale i nuovi istituti possano essere
metabolizzati e, se necessario, perfezionati senza radicali mutamenti di sistema.

2.        La riduzione delle aliquote è stata accompagnata da misure compensative di
allargamento della base imponibile, disegnate in modo da evitare riduzioni di gettito.
Tali misure compensative hanno in gran parte effetti solo finanziari sui conti delle
imprese, e non incidono sui conti economici; inoltre, l’aggravio finanziario tenderà a
ridursi nel corso del tempo. In particolare, mentre hanno effetti permanenti sui conti
economici le misure che riducono i benefici del «consolidato nazionale» – in particolare
la deducibilità dei dividendi infra-gruppo – ciò non avviene per l’abolizione del regime di
deduzione extracontabile degli ammortamenti e degli accantonamenti eccedenti quelli
civilistici e per la nuova disciplina sulla deducibilità degli interessi passivi: tali misure
implicano essenzialmente un differimento nel tempo di deduzioni d’imposta e dunque si
configurano, per le imprese, come un’anticipazione finanziaria, della quale esse
sosterranno il costo d’interesse. Se tale aspetto può risultare di modesto rilievo per i
grandi gruppi, esso può determinare qualche difficoltà alle imprese di minore
dimensione, laddove le disponibilità di credito siano razionate dal sistema bancario.

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Per questo motivo avevamo suggerito, in sede parlamentare, di prevedere una
franchigia di deducibilità degli interessi – da fissare in valore assoluto – il cui beneficio
sarebbe stato proporzionalmente crescente con la diminuzione della dimensione
d’impresa.

        Con il passare del tempo gli effetti finanziari sulle imprese della riduzione delle
deduzioni per ammortamenti e per interessi tenderanno a ridursi: per gli ammortamenti,
mano a mano che la transizione dal vecchio al nuovo profilo di ammortamento sarà
completata; per la deduzione degli interessi, con il progressivo adattamento delle
strutture patrimoniali ai nuovi vincoli fiscali.

        Le misure sull’imponibile incidono meno sulle imprese bancarie e assicurative,
le quali da un lato sono espressamente esonerate dalla nuova disciplina limitativa degli
interessi passivi, dell’altro sostengono oneri di ammortamento più limitati in rapporto ai
volumi di attività. Per queste imprese, però, è stata allargata la base imponibile
dell’Irap, in pratica riportando in equilibrio il saldo dei benefici.

3.      Le misure sull’imponibile non hanno soltanto una funzione compensativa sul
gettito della riduzione dell’aliquota, ma perseguono anche uno scopo di semplificazione
dei criteri di determinazione del reddito, attraverso l’avvicinamento delle basi imponibili
agli assetti contabili delle imprese.

        Anzitutto, si muove nell’ottica della semplificazione la nuova disciplina della
deducibilità degli interessi passivi, la quale sostituisce istituti che si sono rivelati
complicati e di difficile applicazione, in particolare quello della “capitalizzazione sottile”;
analogamente, l’eliminazione delle deduzioni extracontabili ricongiunge il regime fiscale
degli ammortamenti alle risultanze di bilancio, con rilevanti benefici di trasparenza e di
efficienza economica.

       Ma i passi più importanti e innovativi riguardano le modifiche del sistema
d’imposizione, ai fini Ires per le imprese che adottano i principi contabili internazionali
(IFRS/IAS) e ai fini Irap per tutte le imprese.

         Per le imprese che applicano gli IAS, la scelta è stata – con limitate eccezioni –
di allineare le regole di determinazione dell’imponibile ai principi contabili. Se da un lato
ciò realizza una forte semplificazione negli adempimenti fiscali, dall’altro, può creare
nuove incertezze.

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        Gli IAS, infatti, sono improntati al principio della prevalenza della sostanza sulla
forma: la rilevazione dei costi e dei proventi non dipende più dal compimento di atti
giuridici formali, quali i contratti di trasferimento della proprietà dei beni, ma dal
passaggio in concreto degli oneri, dei benefici e dei rischi economici, secondo le
valutazioni effettuate in sede di redazione dei bilanci. Inevitabilmente, per verificare
l’esatto adempimento degli obblighi fiscali, l’amministrazione finanziaria sarà chiamata
a verificare la legittimità delle soluzioni contabili dell’impresa, ben al di là delle sue
tradizionali attribuzioni.

        Quanto all’Irap, si è scelto di introdurre un criterio di derivazione diretta della
base imponibile dalle risultanze di bilancio, le quali, dunque, diventano
automaticamente rilevanti ai fini fiscali per tutte le imprese – sia per quelle che
applicano i principi nazionali, sia per quelle che seguono gli IAS – eliminando tutte le
variazioni che prima erano richieste a causa del rinvio ai principi dell’Ires.

       Di fronte a tali radicali mutamenti di impostazioni, non è infondato il timore di un
aumento del contenzioso tra imprese e amministrazione finanziaria. Lo sviluppo di
standard applicativi comuni per le fattispecie tipiche più rilevanti, anche attraverso
un’azione diffusa di consultazione delle imprese nell’ambito dell’Organismo italiano di
contabilità, può contribuire a ridurre le incertezze e a fugare tali timori.

4.     La legge finanziaria introduce anche misure di razionalizzazione di istituti
portanti del sistema di imposizione dei redditi di impresa.

          Al riguardo, va apprezzato il ripristino della quota imponibile delle plusvalenze
su partecipazioni (immobilizzate) al 5 per cento degli incrementi di valore: ciò riporta
l’istituto alla sua funzione nel sistema Ires che, giova ricordarlo, è di assicurare alle
plusvalenze su partecipazioni un regime di tassazione equivalente a quello dei
dividendi, nella considerazione che le plusvalenze esprimono utili conseguiti o
potenziali dell’impresa partecipata. Ne risulterà favorita sul piano fiscale la collocazione
in Italia di holding di partecipazione.

        Inoltre, è stata estesa la valenza del principio di neutralità come principio
regolatore delle vicende straordinarie di impresa, ridisegnando in tal senso la disciplina
dei conferimenti di azienda a prescindere dalle impostazioni di bilancio.
Parallelamente, è stato introdotto un regime di favore attraverso il quale – con
l’assolvimento di un’imposta sostitutiva progressiva a scaglioni con aliquota dal 12 al

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16 per cento – è possibile ottenere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori civilistici
delle aziende oggetto di operazioni di conferimento, fusione e scissione.

5.      Un sistema fiscale può dirsi realmente efficiente e competitivo – oltre che per la
qualità delle sue disposizioni sostanziali – anche per la capacità di eliminare o ridurre
fortemente le incertezze applicative che possono pregiudicare l’affidabilità e la stabilità
dell’ordinamento.

        In questo senso, da tempo Assonime sottolinea l’importanza di evitare interventi
normativi con effetti retroattivi – che modificano ex post i parametri sui quali gli
operatori hanno basato le proprie decisioni – e che si affermi il rispetto assoluto dei
principi dello Statuto dei diritti del contribuente.

        Nello stesso senso – e ancor più alla luce delle modifiche apportate nella
definizione delle basi imponibili del reddito d’impresa – è necessaria una riformulazione
della disciplina antielusiva di cui all’art. 37 bis del d.p.r. 600 del 1973, aspetto sul quale
mi ero soffermato già nel mio intervento in questa sede l’anno scorso. La norma
attuale, infatti, implica un’ampia, forse eccessiva, discrezionalità dell’Amministrazione,
la quale può contestare le imputazioni di bilancio in base alla mancata sussistenza di
“valide ragioni economiche”: un criterio che lascia aperti ampi margini di incertezza, in
particolare per le operazioni straordinarie, e che sembra porsi in antitesi con gli stessi
obiettivi di incentivazione all’incremento dimensionale delle imprese perseguiti dalla
legge finanziaria.

6.      Si apprende dalla stampa che il Governo si appresta a riprendere i progetti di
riordino della tassazione delle rendite finanziarie.

        L’auspicio che si può formulare, a questo riguardo, è che si possa
effettivamente realizzare una razionalizzazione del sistema impositivo, che allinei la
tassazione dei frutti del capitale su tutte le attività patrimoniali, in modo da rendere
finalmente il sistema univoco e coerente. Particolarmente urgente, in questo contesto,
appare il riordino della tassazione dei fondi comuni di investimento, per i quali
l’introduzione, dieci anni fa, del criterio di tassazione dei risultati maturati,
indipendentemente dalla realizzazione, si è rivelato gravemente penalizzante. In
generale, la tassazione dei guadagni all’atto della realizzazione e in capo ai portatori

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delle quote appare più coerente con i principi di semplicità dell’accertamento e di
facilità della riscossione.

        Inoltre, l’obiettivo della neutralità della fiscalità rispetto ai diversi strumenti di
risparmio potrebbe essere esteso al settore immobiliare, applicando alle locazioni un
regime di ritenuta secca alla fonte analogo a quello dei frutti degli strumenti finanziari.
Ne deriverebbero due benefici di non poco conto. In primo luogo, nell’ipotesi di un
allineamento dell’aliquota intorno al 18 per cento, il saldo netto delle entrate fiscali
sarebbe prossimo allo zero, evitando nuovi aumenti della pressione fiscale; in secondo
luogo, l’alleggerimento della pressione fiscale sulle locazioni contribuirebbe certamente
a fare emergere i redditi non dichiarati e a migliorare la trasparenza del mercato.

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