Consiglio Nazionale dei Geologi
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Data 30-04-2019 Pagina 9 Foglio 1 /2 Clima e geologia modificati dai microbi «vulcanici» Lo studio arriva su Nature I risultati di un gruppo di ricerca cui fa parte la Federico II Tali microorganismi rimuovono fino del 94% il flusso di C02 biologiche e le biotecnologie no, scivolando una sotto l'al importanti conseguenze per di Romualdo Gianoli marine di Ancona (Cnr-Ir tra, mettendo così in comuni la stabilità climatica. La ricer bim). Protagonisti di questa cazione superficie terrestre e ca, che ha coinvolto discipli NAPOLI Un gruppo di ricerca storia sono i microbi estre mantello. Durante questo ne diverse come la geologia, internazionale di cui fa parte mofili (cioè microorganismi la vulcanologia, la geochimi la Federico II, ha svelato il processo la crosta oceanica e i capaci di sopravvivere in con sedimenti che la ricoprono ca e la microbiologia, in defi meccanismo con cui certi mi nitiva ha profonde implica crobi presenti nelle zone vul dizioni ambientali estreme sprofondano, fondendo e ri come accade, appunto, in lasciando C02 e altri compo zioni per la comprensione del caniche, possono influenzare clima terrestre nel passato (e processi geologici su grande prossimità dei vulcani) e sti volatili che, in parte, risal l'anidride carbonica, uno dei gono in superficie e formano quindi in futuro) e dei mecca scala, con importanti e inatte nismi di cattura della C02. In se conseguenze su clima e ge principali gas-serra respon ad esempio i gas delle catene sabili dell'aumento di tempe vulcaniche. Conoscere le definitiva mostra come i mi ologia. crobi presenti nel sottosuolo Napoli, da buona città vul ratura del pianeta e dei cam quantità rilasciate in superfi biamenti climatici. cie e quelle sequestrate nel possano influenzare processi canica, ha dato e continua a Lo studio, al quale hanno geologici enormi, in misura dare un notevole contributo partecipato 27 istituzioni di 6 mantello è fondamentale per alla comprensione d_ei feno capire il ciclo del carbonio ben superiore a quanto im meni del sottosuolo. E di que Paesi, mostra che i microor globale e la sua influenza sul maginato finora ma, soprat sti giorni la notizia di un im ganismi presenti nel sotto clima nel lungo periodo». tutto, suggerisce che la biolo portante risultato raggiunto suolo sono direttamente o in I risultati hanno mostrato gia ha un ruolo nell'evoluzio grazie a uno studio, da poco direttamente responsabili che i microorganismi estre ne geologica del nostro pia pubblicato sulla rivista Natu della cattura di grandi quanti mofili che vivono nel sotto neta ancora tutto da studiare re, tra i cui responsabili c'è il tà di C02 proveniente dal rici suolo contribuiscono a ri che, se svelato, potrà cambia microbiologo Donato Gio clo della crosta terrestre in zo muovere fino al 94% del flus re significativamente la no vannelli, ricercatore all'Uni ne di subduzione. Spiega Gio so di C02 nelle zone intorno stra comprensione delle inte versità Federico II e associato vannelli: «Le zone di subdu agli archi vulcanici (le cosid razioni tra il sistema Terra e la presso l'Istituto per le risorse zione si formano quando due dette zone di "avanarco"), con vita. placche tettoniche si scontra- © RIPRODUZIONE RISERVATA Tm:rc.i \nnwuiala, �,alcrfronl cporlo:sic'ominda , 1 Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.
Data 30-04-2019 Pagina 13 Foglio 1 FEDERICO Il Microbi influenzano le quantità di anidride carbonica NAPOLI. Possono i microbi presenti in ambiente influenzare processi geologici su grande scala? Apparentemente sì. Un nuovo studio, pubblicato su Nature, mostra che i microorganismi presenti nel sottosuolo sono direttamente o indirettamente responsabili del sequestro di grandi quantità di CO2 proveniente dal riciclo della crosta terrestre in zone di subduzione. Lo studio ha visto impegnate 27 istituzioni di sei paesi: tra i coautori e responsabili scientifici del progetto Donato Giovannelli, ricercatore presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II ed associato presso l'Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine di Ancona (Cnr-Irbim); nel team anche Elena Manini e Francesco Smedile del Cnr Irbim di Ancona e Messina. Il progetto è finanziato dal consorzio internazionale Deep Carbon Observatory, primo autore Peter Barry del Wood Hole Oceanographic Institution (Usa), tra gli altri autori Maarten de Moor dell'Osservatorio Vulcanologico della Costa Rica (Ovsicori), Karen Lloyd dell'Università del Tennessee a Knoxville e Cadono calcinacci da un palazzo storico Francesco Regoli dell'Università Politecnica delle Marche. Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.
30 Apr 2019 Speciale Sblocca-cantieri, al via l'iter al Senato: lunedì 6 le audizioni, decreto in Aula il 17 maggio Mauro Salerno È iniziato ieri l'esame nelle commissioni Lavori Pubblici e Ambiente del Senato del decreto Sblocca-cantieri (qui il testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale). Il decreto sarà esaminato congiuntamente dalle due commissioni che hanno deciso anche di dare il via a un nuovo ciclo di audizioni fissato per lunedì 6 maggio. «Abbiamo deciso insieme a tutti i gruppi di ascoltare di nuovo una quindicina circa di soggetti», spiega Antonella Raggi (Lega) relatrice del provvedimento insieme a Fabio Santillo (M5S) . Sarà un ciclo rapido che si aggiunge al lungo elenco di audizioni (oltre 60) già tenute dalla commissione sul tema della riforma degli appalti nel corso delle ultime settimane. Dopo le audizioni si passerà agli emendamenti, con la scadenza fissata alle 18 di martedì 7 maggio. Poi cominceranno le votazioni, con l'obiettivo di arrivare in Aula il 17 maggio, «in modo da lasciare poi anche alla Camera un tempo congruo per l'esame del provvedimento», continua Faggi. Il decreto, ricordiamo, deve essere convertito in legge entro il 17 giugno. P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved
30 Apr 2019 Speciale Sblocca-cantieri/2. Analisi. Rischio impatto al ralenti: commissari solo dopo il sì finale al decreto Giorgio Santilli Sono passati quasi 70 giorni (si veda Il Sole 24 Ore del 23 febbraio) dalle prime anticipazioni che attribuivano al governo e all’«imminente» decreto sbloccacantieri la volontà di accelerare grandi e piccole opere italiane mediante la nomina di commissari straordinari dotati di poteri eccezionali, in deroga alle farraginose procedure ordinarie. E dei commissari non si vede neanche l’ombra. Ieri si è svolta la prima seduta dedicata al decreto legge al Senato, dopo una gestazione molto complicata e poco efficiente, con addirittura due approvazioni in Consiglio dei ministri e tante liti in mezzo fra Lega e Cinquestelle. Alla fine, i poteri eccezionali sono stati partoriti come modello astratto di intervento, ma tutta la scommessa ora è nel mantenere quel carattere potente di straordinarietà e di rapidità che consenta di vincere una battaglia che hanno perso tutti i governi - anche più coesi e più coerenti di questo - negli ultimi quindici anni. La novità di queste ore non lascia presagire una evoluzione di questo tenore. Passeranno infatti altri 50 o 60 giorni (per un totale che a quel punto supererà i quattro mesi) per vedere la nomina del primo commissario straordinario. Per vederlo all’opera, di questo passo, bisognerà certamente attendere la seconda metà dell’anno. Non è ancora una certezza ma un orientamento: il governo ritiene infatti necessario attendere la conversione del decreto in legge per passare alla fase operativa. Intendiamoci: questa è la regola ordinaria ed è una buona regola, rispettosa di una buona prassi costituzionale. Prima di emanare atti giuridicamente rilevanti, che per altro hanno pesanti impatti su amministratori pubblici, imprese e cittadini, per giunta con poteri derogatori rispetto alle norme ordinarie, si attende che la fonte primaria, quindi il decreto legge, sia stabilizzato. In aggiunta qui c’è anche la riforma delicatissima del codice degli appalti: una pentola che, una volta scoperchiata, rischia di non chiudersi più. Proprio qui, però, è il punto. In condizioni ordinarie accade questo ed è giusto che sia così. La normativa sbloccacantieri è stata però annunciata - giustamente - come una specie di legislazione di guerra, la guerra dei cantieri, appunto. Veniva dopo la melina sulla Tav e voleva essere un segnale di riscatto. Veniva dopo i dati sul Pil del quarto trimestre 2018 e sulla «recessione tecnica» che ne scaturiva e voleva essere un segnale a tutto il mondo (a partire da Bruxelles) della volontà di riscatto. Il rilancio degli investimenti pubblici in Italia, la spesa di 150 miliardi stanziati e bloccati, il bisogno di tornare a fare crescita a tutti i costi erano diventati, in effetti, le priorità di questo governo e del Paese intero. Lo erano. E lo sono ancora. Ed è una priorità, bisogna dirlo senza false meline, che va affrontata con gli strumenti di una guerra perché con i mezzi annunci, le misure all’acqua di rose, le liti infinite sulle competenze delle
centrali di progettazione, i dispetti su “pochi commissari, tanti commissari” o sulla lista delle opere da sbloccare non si andrà da nessuna parte. Stamattina il dato del Pil dell’Istat ci ricorderà ancora una volta a che punto siamo. Magari usciremo dalla recessione tecnica, con un +0,1%, o forse invece ci resteremo ancora con crescita piatta. Ma nella sostanza nulla cambia e gli allarmi di 70 giorni fa sono gli stessi di oggi. Con la differenza che ormai un semestre se ne è quasi andato e di crescita indotta dalla politica economica del governo non si è visto ancora nulla. Chi si occupa di statistiche dell’economia reale e ancora più di conti pubblici sa bene che un semestre butatto via sul Pil vuol dire un anno buttato via. Non abbiamo settimane o mesi per invertire la rotta. Forse, giorni. Senza infrangere delicati equilibri istituzionali dovrebbe essere la politica a fare la sua parte. Non la politica che da settimane dà uno spettacolo degradante di interessi di parte e meramente elettorali, ma la politica che si assume la responsabilità di decidere. Di decidere che il decreto legge sbloccacantieri si può convertire in due settimane e che nel frattempo il governo (e le forze politiche che ne fanno parte) può scegliere le trenta opere su cui mettere alla prova la sua capacità di fare. Diverse liste circolano già, un lavoro preliminare è stato fatto soprattutto da chi lavora sul campo, come Fs o Anas. Serve decidere. Se prima dell’estate non avremo segnali chiari, con i commissari all’oppera per fare il possibile su un primo elenco di lavori, un altro anno sarà perso. E dopo tante battaglie perse, alla fine si perde anche la guerra. P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved
30 Apr 2019 Speciale Sblocca-cantieri/3. Offerta più vantaggiosa, al prezzo mai più del 50% dei punti Jacopo Recla e Elisa Carloni Il Decreto-Legge Sblocca-cantieri interviene sul testo dell'art. 95 del D.Lgs. 50/2016 rubricato «criteri di aggiudicazione dell'appalto», ed in particolare sulla previsione di cui al comma 10-bis. Tale comma prevedeva che «La stazione appaltante, al fine di assicurare l'effettiva individuazione del miglior rapporto qualità/prezzo, valorizza gli elementi qualitativi dell'offerta e individua criteri tali da garantire un confronto concorrenziale effettivo sui profili tecnici» e precisava che «a tal fine la stazione appaltante stabilisce un tetto massimo per il punteggio economico entro il limite del 30 per cento». Ebbene, il decreto ha abrogato l'ultimo periodo della norma, vale a dire la definizione del «tetto massimo per il punteggio economico». Di conseguenza, a fronte di tale eliminazione, nelle procedure i cui bandi, avvisi o inviti verranno rispettivamente pubblicati o inviati dopo la data di entrata in vigore del Dl (art. 1, comma 3 del D.L. 32/2019), le stazioni appaltanti non dovranno obbligatoriamente rispettare il limite massimo predeterminato dal legislatore. Tuttavia, come detto, il Dl ha abrogato solo l'ultima parte del comma 10-bis, mentre rimane in vigore la prima parte ove viene affermato che le stazioni appaltanti devono necessariamente valorizzare la componente qualitativa dell'offerta nelle gare aggiudicate secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, da cui può essere desunto che il peso della componente qualitativa debba comunque prevalere rispetto a quella economica. L'applicazione controversa della previgente normativa Si tratta, come è noto, di un "ritorno al passato" in quanto il comma 10-bis non era presente nella versione originaria del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016), ma è stato introdotto dal cd. Decreto Correttivo (D.Lgs. 56/2017). La modifica a suo tempo introdotta derivava dalla necessità per il legislatore di arginare la prassi in uso di talune stazioni appaltanti, che limitavano fortemente il peso della componente tecnica a vantaggio di quella economica. La finalità era dunque quella di evitare che l'obbligo di utilizzare il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo potesse essere eluso stabilendo il peso delle due componenti in modo tale da rendere gli elementi qualitativi sostanzialmente irrilevanti ai fini dell'aggiudicazione dell'appalto. La norma era stata subito oggetto di critica dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, la quale aveva fatto rilevare che essa «limita eccessivamente la facoltà della stazione appaltante di tenere adeguatamente conto delle offerte economiche», e in particolare che «l'introduzione di una soglia rigida e bassa non appare appropriata per quella tipologia di appalti caratterizzati da prodotti o servizi considerati sostanzialmente analoghi» (Atto di Segnalazione n. 1422 del 18 agosto 2017).
E malgrado il dato letterale - piuttosto chiaro e inequivoco - anche le posizioni di giurisprudenza e Anac erano state oscillanti. Sussistevano infatti sia tesi aderenti al testo della norma, per cui il superamento del tetto del 30% comporta automaticamente l'illegittimità della lex specialis (Tar Sicilia, Catania, Sez. III, 29 gennaio 2018, n. 227 e Parere di Precontenzioso Anac n. 7 del 9 gennaio 2019), sia tesi intermedie secondo cui anche in caso di superamento spetterebbe al ricorrente dimostrare che «una differente modalità di valutazione dell'offerta tecnica e dell'offerta economica avrebbe comportato il suo collocamento nella prima posizione in graduatoria» (Tar Lazio, Roma, II quater, n. 5554/2018; cfr. anche Tar Toscana, 8 marzo 2018, n. 351), sia infine tesi come quella sostenuta da Consiglio di Stato, Sez. V, 18 giugno 2018, n. 3733 secondo cui «il comma 10-bis dell'art. 95 cit. fornisce solamente un'indicazione di massima». La nuova norma impone comunque di valorizzare gli elementi qualitativi La modifica introdotta dal Decreto Sblocca-cantieri consentirà ora alle stazioni appaltanti di recuperare margini di discrezionalità nell'individuare il punteggio più opportuno da attribuire alle offerte economiche in relazione allo specifico appalto oggetto di affidamento. E tale facoltà sarà certamente utile per gli appalti da aggiudicarsi con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa ove la componente tecnica è di difficile individuazione. In tali casi, infatti, l'abrogazione del tetto massimo consentirà di non dover assegnare i 70 punti sulla base di criteri di valutazione che spesso finivano per essere di difficile enucleazione da parte delle stazioni appaltanti. Tuttavia, è importante rilevare che la modifica legislativa non coinvolge l'intero comma, ma lascia invariata la previsione di cui al primo periodo del comma 10-bis. Ciò che viene eliminato è quindi la "presunzione" legislativa secondo cui solo prevedendo un tetto massimo di 30 punti alle offerte economiche, le stazioni appaltanti sarebbero in grado di valorizzare le offerte tecniche. Rimane invece in vigore la disposizione che impone comunque un obbligo stringente per le stazioni appaltanti di valorizzare la componente qualitativa dell'offerta, stabilendo che è necessario «assicurare l'effettiva individuazione del miglior rapporto qualità/prezzo», che devono essere «valorizzati gli elementi qualitativi delle offerte» e che è indispensabile infine «garantire un effettivo confronto concorrenziale sui profili tecnici». Si tratta, come è noto, di disposizioni che cristallizzano un principio fondamentale connesso al criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, tanto che la giurisprudenza lo aveva affermato anche prima dell'inserimento del comma 10-bis ad opera del cd. Decreto Correttivo (D.Lgs. 56/2017), rilevando che anche in assenza di prescrizioni vincolanti dei criteri ponderali per la valutazione dell'offerta, sono preclusi «irragionevoli e non giustificati sacrifici e sottovalutazioni del profilo tecnico-qualitativo dell'offerta economicamente più vantaggiosa» (Cons. Stato, sez. V, 16 agosto 2018, n. 4945/2018; analogamente Cons. Stato, sez. III, n, 2892/2018 secondo cui «è nella logica che nelle gare da affidare con il sistema economicamente più vantaggioso il peso attribuito all'elemento economico non possa finire per neutralizzare quello assegnato all'offerta tecnica»). Sia pure in assenza di un'espressa previsione legislativa - e tenendo conto delle critiche relative alla "rigidità" del precedente criterio meramente matematico - dal tenore letterale della previsione rimasta in vigore del comma 10-bis si può ritenere che la natura stessa del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa imponga che il peso della componente economica non può superare il peso degli elementi qualitativi della stessa offerta e dunque non può essere superiore al 50% del punteggio complessivo da assegnare. L'onere di motivare l'eventuale peso rilevante della componente economica Ai sensi della prima parte della norma, tuttora vigente, resta dunque stringente per le stazioni appaltanti l'obbligo di evitare che i profili tecnici delle offerte siano resi del tutto irrilevanti ai
fini dell'aggiudicazione dell'appalto. E se la precedente formulazione consentiva di ritenere ex lege garantito il rispetto della previsione legislativa di cui all'art. 95, comma 10-bis laddove non veniva superato il tetto massimo, in assenza ora di una specifica indicazione legislativa si ritiene che le stazioni appaltanti dovranno adeguatamente motivare l'eventuale attribuzione di un peso rilevante al fattore economico. E tale onere motivazionale è finalizzato appunto a poter controllare che l'obbligo di utilizzare il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo non venga eluso operando sulla suddivisione dei punteggi a svantaggio della valorizzazione dei profili tecnici delle offerte. P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved
30 Apr 2019 Speciale Sblocca-cantieri/4. Più dubbi che certezze sui consorzi stabili Alessio Cicchinelli (*) Nell'età della centralizzazione della domanda pubblica di acquisti e della qualificazione delle stazioni appaltanti, i consorzi stabili rappresentano una forma aggregativa di partecipazione tramite cui il singolo operatore economico può aumentare la propria capacità competitiva nel mercato delle gare pubbliche. Nel dettare la disciplina normativa sul regime di dimostrazione dei requisiti di partecipazione alle gare da parte dei consorzi stabili, l'intento del Legislatore è sempre stato quello di individuare un punto di equilibrio tra l'interesse a tutelare la portata pro- concorrenziale di questa forma aggregativa d'imprese e quello volto ad evitare che i consorzi si trasformino in meri moltiplicatori di requisiti cartolari, senza alcuna garanzia, in capo alla stazione appaltante, in merito alla loro concreta capacità di portare a compimento le prestazioni oggetto di appalto. Sintomo della difficoltà ad individuare tale punto di equilibrio è rappresentato dalle molteplici modifiche legislative che hanno interessato la disciplina dei consorzi stabili, nel corso della stagione riformatrice avviata nel 2016. In particolare, la versione originaria dell'art. 47, D.Lgs. n. 50/16, prescriveva un regime di qualificazione apparentemente comune a lavori, servizi e forniture, limitando il meccanismo del cumulo dei requisiti di qualificazione delle consorziate solo per i primi cinque anni di costituzione del consorzio e solo per i requisiti posseduti dalle consorziate esecutrici. Con il cd. decreto correttivo e sempre attraverso una disciplina apparentemente unitaria per lavori, servizi e forniture, veniva eliminato il limite temporale del quinquennio e veniva confermato che il cumulo dei requisiti ai fini della qualificazione poteva essere sfruttato solo attraverso i requisiti posseduti dalle consorziate designate, mentre l'eventuale possibilità di utilizzare anche i requisiti posseduti dalle altre consorziate veniva subordinata alla stipulazione di un apposito contratto di avvalimento. In tal senso, il limite imposto all'osmosi dei requisiti di qualificazione tra il consorzio e le consorziate - o la loro necessaria esteriorizzazione tramite un contratto di avvalimento - a detta della più attenta dottrina e giurisprudenza, sembrava aver assestato un duro colpo alla teoria organica del consorzio, quale operatore economico che si basa sulla causa mutualistica e realizza una particolare forma di avvalimento che poggia direttamente sul patto consortile e sulla causa mutualistica. Con l'art. 1, co. 1, lett. h), D.L. cd. "sblocca cantieri" viene modificato ulteriormente l'art. 47, D.Lgs. n. 50/16, attraverso l'introduzione di una disciplina che, nonostante il dichiarato e lodevole intento di "chiarire la disciplina dei consorzi stabili onde consentire l'operatività e sopravvivenza di tale strumento pro-concorrenziale" (cfr. la relazione di accompagnamento al decreto), non è esente da criticità, sia nel settore dei lavori che in quello dei servizi e delle forniture.
La nuova disposizione, infatti, riproponendo quella distinzione tra regime di qualificazione dei consorzi stabili nei lavori rispetto a quello nei servizi e nelle forniture già presente nel D.Lgs. n. 163/06 e che sembrava superata dalla disciplina unitaria contenuta nel D.Lgs. n. 50/16, sconta, per entrambi i regimi di qualificazione, incisive omissioni. Per quanto riguarda il settore dei lavori, la norma introdotta dal D.L. cd. "sblocca cantieri" si distingue più per quello che non dice; oltre a riproporre in sede legislativa la disciplina contenuta nell'art. 94, co. 1, d.P.R. n. 207/10 sulla non configurabilità del subappalto nel caso di esecuzione dei lavori da parte delle consorziate indicate in sede di gara, infatti, viene omesso ogni riferimento al regime di dimostrazione dei requisiti di qualificazione nelle gare dei lavori, rinviando al successivo atto attuativo (il regolamento di cui all'articolo 216, co. 27-octies, D.Lgs. n. 50/16) ogni più approfondita indicazione. Tale omissione appare ancor più significativa, in quanto, nelle more dell'approvazione di tale atto attuativo, continuano ad applicarsi le norme regolamentari contenute nella parte II, titolo III del d.P.R. n. 207/10, con particolare riferimento all'art. 81, d.P.R. n. 207/10 secondo il quale «I requisiti per la qualificazione dei consorzi stabili sono quelli previsti dall'articolo 36, comma 7, del codice». Pertanto, prima dell'adozione del regolamento unico previsto dall'art. 216, co. 27- octies, D.Lgs. n. 50/16 ed attraverso una costruzione giuridica non priva di debolezze, sembra uscire rafforzata la tesi di una sorta di ultra-vigenza dell'art. 36, co. 7, D.Lgs. n. 163/06, quale norma di riferimento per l'operatività della cd. regola del cumulo dei requisiti di qualificazione nei lavori, secondo cui il consorzio stabile si qualifica sulla base delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate, senza alcuna distinzione tra consorziate designate per l'esecuzione e non designate. Il regime di qualificazione dei consorzi stabili nei lavori pubblici, dunque, troverebbe la sua disciplina non attraverso un'espressa fonte di rango primario, ma mediante un sistema di rinvii e rimandi il cui punto di arrivo, almeno sino all'adozione dell'atto attuativo, si collocherebbe in una norma del D.Lgs. n. 163/06 ormai abrogata, con buona pace di quelle esigenze di maggior chiarezza e coerenza del quadro normativo menzionate nello stesso D.L. cd. "sblocca cantieri". Tali esigenze di chiarezza del quadro normativo, inoltre, sembrano non essere state avvertite neanche nell'ambito della disciplina inerente la partecipazione dei consorzi stabili alle gare di servizi e forniture, per le quali il D.L. cd. "sblocca cantieri" ha solo parzialmente colmato un vuoto normativo per tali settori. In particolare, il comma 2-bis dell'art. 47, D.Lgs. n. 50/16 ripropone la disciplina prima contenuta nell'art. 277, co. 2, d.P.R. n. 207/10, secondo cui la sussistenza in capo ai consorzi stabili dei requisiti richiesti nel bando di gara per l'affidamento di servizi e forniture è valutata in capo ai singoli consorziati, ma non il successivo comma 3 dell'art. 277 citato, ai sensi del quale era possibile per i consorzi stabili di servizi e forniture cumulare con riferimento alle consorziate esecutrici i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi diversi dalla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d'opera. Dalle considerazioni sin qui espresse, dunque, emerge un quadro normativo che, per quanto attiene alla disciplina dei consorzi stabili, pare ancora frastagliato o comunque non certo ispirato a quelle logiche di certezza del diritto e maggior coerenza e semplificazione che dovrebbero ispirare questa ulteriore stagione di riforme nella contrattualistica pubblica. L'auspicio, dunque, è che in sede di conversione al D.L. cd. "sblocca cantieri" venga posto rimedio alle omissioni ancora presenti nel testo dell'art. 47, co. 2, D.Lgs. n. 50/16 sul regime di qualificazione dei consorzi stabili, quali strumenti fondamentali per accrescere le chances competitive dei singoli operatori economici e per agevolare effettivamente la partecipazione alle gare delle piccole e medie imprese.
Tale auspicio appare ancor più importante sol che si pensi alla circostanza per cui l'art. 48, co. 14, D.Lgs. n. 50/16 estende, ai fini della qualificazione Soa, la disciplina dettata per i consorzi stabili anche alle reti d'impresa che ne condividano i medesimi requisiti; in questo modo, il regime di qualificazione dei consorzi stabili di lavori è ancor più strategico per quelle imprese che vogliono aumentare la loro capacità competitiva, perché da esso discende anche l'opportunità per esse di usufruire di una diversa forma aggregativa, quale quella della rete d'impresa. (*) Studio Legale Associato Piselli & Partners P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved
30 Apr 2019 Speciale Sblocca-cantieri/5. L'addio al «rito superaccelerato» riduce gli obblighi di pubblicità per la Pa Laura Savelli Addio, per i contratti pubblici, anche al rito super accelerato. Il decreto Sblocca-cantieri porta anche al definitivo superamento delle regole processuali che erano state introdotte dal primo decreto correttivo del Codice (d.lgs. n. 56/2017), e che non avevano di certo semplificato, alle Pa e alle imprese, la gestione delle procedure di affidamento e del relativo contenzioso. Il rito super-accelerato e gli obblighi di comunicazione Si ritorna dunque al passato, innanzi tutto, mediante l'eliminazione di tutti i riferimenti a tale rito all'interno dell'articolo 120 del Codice del processo amministrativo: ragion per cui, non sarà più obbligatorio, per i concorrenti, contestare immediatamente la propria esclusione, oppure l'ammissione di altre imprese, pena l'impossibilità di impugnare i successivi atti della procedura di gara, e quindi anche l'aggiudicazione finale. Queste nuove regole scatteranno naturalmente - stando all'articolo 1, comma 5, del decreto- legge n. 32/2019 - per tutti i processi iniziati dopo la data della sua entrata in vigore, e quindi dal 19 aprile scorso, sul presupposto che l'espressione «processi iniziati» dovrebbe intendersi come riferita alla notifica dell'atto introduttivo del giudizio di primo grado effettuata a partire da tale data. Ad ogni modo, tali modifiche comportano anche - in termini di impatto sulla procedura di gara - che non dovranno più essere pubblicati dalle stazioni appaltanti, sul profilo di committente, i provvedimenti di esclusione dei concorrenti dalla gara, oltre a quelli di ammissione, adottati a seguito della valutazione dei loro requisiti generali e speciali: un adempimento, che - ai sensi dell'oramai abrogato secondo periodo dell'articolo 29, comma 1, del Codice - doveva essere effettuato entro due giorni dalla data di adozione dei provvedimenti stessi, proprio per consentire alle imprese interessate la loro impugnazione entro il termine di trenta giorni da tale pubblicazione. Ad ogni modo, ciò non toglie che, dell'esito delle operazioni di verifica dei requisiti a seguito dell'apertura delle buste contenenti la documentazione amministrativa, le amministrazioni dovranno comunque continuare a dare evidenza, secondo quanto dispone il nuovo comma 2-bis dell'articolo 76 del Codice. Con tale previsione, è stato infatti stabilito che, nei termini di cui al comma 5 dell'articolo 75, e cioè entro un tempo non superiore a cinque giorni, le P.a. dovranno comunicare d'ufficio, ai candidati e ai concorrenti, sia i provvedimenti che determinano le esclusioni dalla procedura di affidamento, sia quelli che comportano l'ammissione, sempre a seguito della verifica della documentazione attestante l'assenza dei motivi di esclusione di cui all'articolo 80, nonché la sussistenza dei requisiti economico-finanziari e tecnico-professionali.
La verifica dei requisiti e la pubblicità dei bandi di gara Per le procedure bandite dal 19 aprile scorso, sono previste poi ulteriori novità sotto il profilo degli obblighi pubblicitari legati alle verifiche dei requisiti, che riguardano il settore degli affidamenti sotto-soglia. Con riferimento a questi casi, il comma 5 dell'articolo 36 del Codice - a seguito della riforma da parte del decreto Sblocca-cantieri - ha introdotto la possibilità, per le stazioni appaltanti, di invertire le fasi di gara, nel senso cioè di procedere prima con l'esame delle offerte e, poi, con la verifica della documentazione relativa al possesso dei requisiti generali e speciali. Ma, l'esercizio di tale facoltà dovrà essere evidenziato nel bando di gara o nell'avviso con cui si indice la procedura, insieme con le modalità di svolgimento dei controlli a campione, che le P.a. dovranno in ogni caso effettuare sui soggetti diversi dall'affidatario (e ciò, vale anche nei settori speciali, a prescindere dalla soglia Ue, come specificato dall'articolo 133, comma 8, del Codice). P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved
30 Apr 2019 Speciale Sblocca-cantieri/6. Gare «libere» per i piccoli comuni Paola Conio Tra le modifiche più discusse del decreto Sblocca-cantieri vi è quella dell'art. 37 c. 4 del Codice Contratti, relativo ai Comuni non capoluogo di provincia. Si tratta solo di pochissime parole: dove la norma originale recitava «procede» oggi si legge «può procedere direttamente e autonomamente oppure». Pochissime parole, nelle quali però è racchiuso un profondo cambiamento, si potrebbe dire "di rotta" rispetto al percorso tracciato – ancorché ad oggi rimasto sostanzialmente inattuato – dalla riforma del 2016. Qualificazione delle stazioni appaltanti e aggregazione/centralizzazione delle committenze L'art. 37 del Codice contratti pubblici si inserisce nell'ambito del Titolo II, dedicato alla qualificazione delle stazioni appaltanti. La riforma del 2016, sulla scorta dei principi della Legge Delega (L. n. 11/2016) aveva previsto l'introduzione di un sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti che, partendo dall'analisi di parametri obiettivi, ne misurasse l'effettiva capacità tecnica e organizzativa, con il fine di riorganizzarle e ridurne sensibilmente il numero, a vantaggio di una più elevata competenza e professionalizzazione. Come noto, il sistema è rimasto di fatto sulla carta e, a tre anni di distanza dalla riforma, lo schema di Dpcm non ha ancora ricevuto l'approvazione della Conferenza Unificata Stato- Regioni, trattandosi come è facile immaginare di un tema assai delicato, visto che l'entrata in vigore del sistema – almeno stando alle previsioni dell'Anac – avrebbe determinato una riduzione del numero delle stazioni appaltanti attuali di circa il 75-80%. Un tassello a parte, nell'ambito di questo processo, era rappresentato dalla disciplina relativa ai Comuni non capoluogo di Provincia, che in sostanza non avrebbero più potuto procedere in autonomia. I Comuni non capoluogo di provincia La legge delega del 2016, alla lettera dd) dell'art. 1, dava al legislatore delegato l'indicazione di procedere all'introduzione di adeguate forme di centralizzazione delle committenze e di riduzione del numero delle stazioni appaltanti, effettuate sulla base del sistema di qualificazione di cui si è detto al precedente paragrafo, con la possibilità di gestire contratti di diversa complessità a seconda del grado di qualificazione conseguito. La medesima lettera dd) della citata legge delega prevedeva espressamente, tuttavia, che il nuovo codice contratti avrebbe dovuto perseguire gli obiettivi predetti «fatto salvo l'obbligo, per i comuni non capoluogo di provincia, di ricorrere a forme di aggregazione o centralizzazione delle committenze, a livello di unione dei comuni, ove esistenti, o ricorrendo ad altro soggetto aggregatore secondo la normativa vigente». Tale obbligo, in effetti, era già stato previsto da precedenti disposizioni normative, con un termine di applicazione piena dapprima fissato al 31 marzo 2012 e poi successivamente
prorogato. L'art. 37 comma 4, del Codice contratti del 2016, in attuazione del principio di delega, prevedeva che – fatto salvo quanto stabilito al precedente comma 1 e al primo periodo del comma 2, i comuni non capoluogo di provincia dovessero procedere necessariamente per i propri affidamenti: a) ricorrendo a una centrale di committenza o a soggetti aggregatori qualificati; b) mediante unioni di comuni costituite e qualificate come centrali di committenza, ovvero associandosi o consorziandosi in centrali di committenza nelle forme previste dall'ordinamento. c) ricorrendo alla stazione unica appaltante costituita presso le province, le città metropolitane ovvero gli enti di area vasta. Il primo comma dell'art. 37 – richiamato come si è visto dal comma 4 – dopo aver fatto salvi gli obblighi di utilizzo di strumenti di acquisto e di negoziazione, anche telematici, di cui alle vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa, prevede che le stazioni appaltanti, per l'acquisizione di forniture e servizi di importo inferiore a 40.000 euro e di lavori di importo inferiore a 150.000 euro, possano procedere direttamente e, in alternativa, possano operare attraverso l'effettuazione di ordini a valere su strumenti di acquisto messi a disposizione dalle centrali di committenza e dai soggetti aggregatori. Per gestire, invece, procedure di importo superiore alle soglie appena indicate è necessario il conseguimento della qualificazione. Il primo periodo del comma 2 – anch'esso espressamente richiamato dal comma 4 - sempre facendo salvi i medesimi obblighi di acquisto aggregato di cui al comma 1, stabilisce che per gli acquisti di forniture e servizi di importo superiore a 40.000 euro e inferiore alla soglia europea, nonché per gli acquisti di lavori di manutenzione ordinaria d'importo superiore a 150.000 euro e inferiore a 1 milione di euro, le stazioni appaltanti qualificate possano procedere mediante utilizzo autonomo degli strumenti telematici di negoziazione messi a disposizione dalle centrali di committenza qualificate secondo la normativa vigente. L'art. 37 comma 4 non richiama, invece, il secondo periodo del comma 2, che dà la possibilità alle stazioni appaltanti, in caso di indisponibilità degli strumenti telematici di negoziazione messi a disposizione dalle centrali di committenza qualificate, anche in relazione alle singole categorie merceologiche, di poter autonomamente utilizzare le procedure di cui al presente codice. Alla luce di queste disposizioni, l'Anac aveva chiarito nelle proprie «Faq» che avrebbe provveduto a rilasciare il CIG ai Comuni non capoluogo di Provincia soltanto per: • gli acquisti effettuati mediante il ricorso a strumenti di acquisto e di negoziazione, anche telematici, previsti dalle disposizioni vigenti in materia di contenimento della spesa; • l'effettuazione di ordini a valere su strumenti di acquisto messi a disposizione dalle centrali di committenza; • l'acquisizione di forniture e servizi di importo inferiore a 40.000 euro e di lavori di importo inferiore a 150.000 euro; • all'acquisto di forniture e servizi di importo superiore a 40.000 euro e inferiore alla soglia europea, nonché all'acquisto di lavori di manutenzione ordinaria d'importo superiore a 150.000 e inferiore a 1 milione di euro mediante utilizzo autonomo degli strumenti telematici di negoziazione messi a disposizione dalle centrali di committenza qualificate. Al di fuori di queste ipotesi, il Comune non capoluogo di provincia non poteva procedere. La modifica dello sblocca-cantieri Come anticipato, la modifica dello sblocca-cantieri consiste nel trasformare l'obbligo sancito dal comma 4 dell'art. 37 in una mera facoltà. Le tre modalità di acquisto aggregato descritte dalla norma e richiamate al paragrafo precedente non vengono eliminate, ma divengono semplici alternative rispetto alla possibilità, comunque
riconosciuta ai comuni non capoluogo di provincia, di procedere «direttamente e autonomamente» ai propri affidamenti. Il comma 4 continua, comunque, a fare riferimento all'applicazione del comma primo del medesimo art. 37 nonché al primo periodo del comma secondo. Pertanto, nel momento in cui sarà operativo il sistema di qualificazione di cui all'art. 38 anche i comuni non capoluogo dovranno necessariamente qualificarsi per poter procedere agli affidamenti di importo superiore a 40.000 euro per le forniture e i servizi e a 150.000 euro per i lavori. Si rammenta che, nel periodo transitorio, la qualificazione viene provvisoriamente fatta coincidere con l'iscrizione all'Ausa (ovvero all'Anagrafe Unica delle Stazione Appaltanti). Restano, altresì, invariati gli obblighi di utilizzo di strumenti di acquisto e di negoziazione, anche telematici, previsti dalle vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa, quindi in sostanza gli obblighi di acquisto aggregato previsti dalle varie leggi finanziarie per determinate tipologie di affidamenti, come ad esempio gli acquisti informatici. La sentenza TAR Brescia n. 266/2019 La modifica apportata dallo sblocca cantieri, peraltro fortemente voluta dall'Anci, è certamente sostanziale, in quanto consente ai Comuni non capoluogo di cimentarsi in via diretta e autonoma anche nelle procedure di gara per gli acquisti di maggior rilievo, sottraendosi all'obbligo di aggregazione. È interessante comunque notare come una recente sentenza del Tar Brescia (sent. n. 266 del 2019) abbia affermato – con riferimento ad una procedura per l'affidamento in concessione trentennale di una farmacia comunale bandita da un Comune non capoluogo di provincia – che la violazione del principio di aggregazione e centralizzazione delle committenze, anche nei casi previsti dall'art. 37 comma 4 del D.Lgs. n. 50 del 2016 – ovviamente nella formulazione precedente allo sblocca-cantieri – non sarebbe stata comunque sanzionabile con l'annullamento dell'intera procedura di gara in mancanza di parametri precostituiti che consentissero di misurare la sproporzione tra la complessità della procedura e le competenze tecniche della stazione appaltante. Questi parametri, ad avviso del TAR Brescia, avrebbero potuto essere forniti solo dal Dpcm deputato ad individuare i requisiti tecnico-organizzativi per la qualificazione delle stazioni appaltanti, come detto non ancora emanato. Prima di quel momento, dunque, secondo l'interpretazione contenuta nella sentenza richiamata, a prescindere dallo sblocca cantieri, la violazione dell'obbligo di procedere con l'acquisto aggregato e centralizzato non avrebbe avuto conseguenze sulla legittimità della procedura. P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved
30 Apr 2019 Sblocca-cantieri/7. Sui rifiuti del cratere post- sisma niente deroga sull'amianto Massimo Frontera Tra le misure che riguardano la ricostruzione post terremoto del Centro Italia, nello sblocca- cantieri trova spazio anche una norma che riguarda la gestione delle macerie degli edifici danneggiati o crollati, per le quali il decreto terremoto n.189/2016 aveva previsto un apposito regime semplificato in deroga al codice ambiente. L'articolo 24 del decreto sblocca-cantieri precisa che l'applicazione del regime semplificato può applicarsi ai materiali contenenti amianto, ma solo per quantità inferiori ai limiti indicati nel codice ambiente (al punto 3.4 dell'allegato D alla parte IV del Dlgs n.15/2006). La novità riguarda le attività di rimozione e scavo dei detriti descritti nel comma 11 dell'articolo 28 del Dl terremoto e si applica in particolare ai «materiali nei quali si rinvenga, anche a seguito di ispezione visiva, la presenza di amianto». Lo stesso articolo 24 dello sblocca-cantieri proroga inoltre al 31 dicembre 2019 il termine per il deposito e/o il trasporto dei materiali da scavo prodotti dalle attività per realizzare opere (incluse abitazioni) nell'ambito dell'attività di emergenza post-sisma. P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved
Codice dei contratti e sblocca cantieri: le fasi del progetto di fattibilità tecnica ed economica 30/04/2019 Con l’articolo 1, comma 1, lettera a.3) del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32 è stato integralmente riscritto il comma 5 dell’articolo 23 del Codice dei contratti pubblici che disciplina le fasi di elaborazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica. Anche il nuovo testo, rilevabile nella colonna di destra del “Testo a fronte Codice dei contrattI/#sbloccacantieri”, mantiene, nella sostanza, due diverse fasi di elaborazione, così come il testo previgente con la differenza che la prima fase, così come previsto dal testo previgente, è solo eventuale e consiste nella redazione di un documento di fattibilità delle alternative progettuali. La vera differenza sostanziale rispetto al testo previgente sta, quindi, nel fatto che l’espletamento della prima fase non è più condizionato dal contesto (la norma previgente prevede che la prima fase sia obbligatoria ai soli fini delle attività di programmazione triennale dei lavori pubblici e dell'espletamento
delle procedure di dibattito pubblico o dei concorsi di progettazione e di idee) bensì dall’importo del contratto. La nuova disciplina dettata dalla disposizione in esame prevede, infatti, che il progetto di fattibilità tecnica ed economica è obbligatoriamente preceduto dal documento di fattibilità delle alternative progettuali solo per i lavori pubblici “sopra soglia” (cioè di importo pari o superiore alla soglia di rilevanza europea fissata dall'art. 35 del Codice). Per i lavori “sottosoglia”, invece, l’elaborazione del documento di fattibilità delle alternative progettuali sarà effettuata solo, eventualmente, su richiesta della stazione appaltante. A cura di Redazione LavoriPubblici.it © Riproduzione riservata Documenti Allegati Decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32 Tabella modifiche al Codice Decreto Legislativo 18 aprile 2019, n. 50 aggiornato al 18 aprile 2019 Testo a fronte Codice dei contrattI/#sbloccacantieri
Sblocca Cantieri e Codice dei contratti: attestazione SOA a 15 anni 30/04/2019 Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 92 del Decreto Legge n. 32/2019 (c.d.Decreto Sblocca Cantieri) è "quasi" terminata la prima fase delle due previste per la riforma del D.Lgs. n. 50/2016 (c.d. Codice dei contratti). Lo Sblocca Cantieri è stato, infatti, assegnato in sede referente all'esame delle Commissioni riunite Lavori pubblici e Ambiente, per la sua conversione in legge con la quale si delineeranno più chiaramente le intenzioni del Governo e la direzione che si vuole intraprendere per risolvere le problematiche rilevate in questi primi 3 anni di applicazione del Codice dei contratti. Tra le diverse disposizioni previste dallo Sblocca Cantieri, segnaliamo le modifiche introdotte all’articolo 84, comma 4, lettera b) del Codice dei contratti che riguarda l'attestazione del possesso dei requisiti di capacità economica e finanziaria e tecniche e professionali. In particolare, la disposizione prevede l'estensione del periodo di attività documentabile ai quindici anni (e non più 10) antecedenti la data di sottoscrizione del contratto con la SOA per il conseguimento della qualificazione.
Con l'art. 1, comma 1, lett. p), n. 3 del Decreto Sblocca Cantieri viene, infatti, ampliato l’arco temporale di riferimento per la comprova dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, funzionali al conseguimento dell’attestazione SOA. Si passa dall’attuale decennio, ai quindici anni antecedenti il contratto con la SOA. La relazione illustrativa del D.L. n. 32/20149 ha motivato questa modifica indicando la necessità di tenere conto della crisi economica e la conseguente impossibilità per alcune imprese di attestare lavori negli ultimi dieci anni per gli importi previsti a legislazione vigente. Sull'argomento molto critico era stato il Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) Raffaele Cantone che in una nostra recente intervista aveva affermato "Credo che l’estensione ai 15 anni sia una delle norme meno condivisibili (e azzarderei nel dire, peggiori) del decreto; rischia di abbassare il livello reale di qualificazione delle imprese e di sminuire la valutazione delle SOA; già prima del codice del 2016 era previsto il termine di 5 anni per la valutazione dei requisiti, che poi era stata alzato a 10 su richiesta del mondo imprenditoriale, soprattutto in relazione alla situazione di crisi del settore dei lavori pubblici; il codice del 2016 aveva confermato il quinquennio che poi era stato portato di nuovo a 10 anni per le stesse ragioni. Quindici anni è un termine che, dal punto di vista imprenditoriale, è assolutamente enorme; valutare requisiti di un tempo precedente così lungo significa davvero non dare peso alcuno all’attività reale e non “premiare” quelle entità che operano davvero". Molto critico anche l'ing. Raffaele Zurlo, Amministratore di parte italiana di BBT SE - Galleria di Base del Brennero, che sull'estensione a 15 anni aveva affermato "Sono contrario: l’attestazione SOA non può essere concessa alla “carriera”, men che meno “alla memoria”. Trovo che addirittura 10 anni siano troppi. Ai fini dell’accertamento delle capacità di un’impresa che si candida a rifornire lo Stato, ciò che realmente fa testo è lo stato attuale dell’impresa, le sue attuali capacità, non quelle correlate ad un passato che, seppur glorioso, è ormai irripetibile". A cura di Redazione LavoriPubblici.it © Riproduzione riservata Documenti Allegati Decreto Sblocca Cantieri
Codice dei contratti e sblocca cantieri: Prima riunione delle commissioni riunite 8a e 13a del Senato 30/04/2019 E’ iniziato ieri presso le Commissioni 8a e 13a riunite l’iter della conversione in legge del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32. Dopo che Il senatore Agostino Santillo, relatore per l'8a Commissione, ha illustrato gli articoli da 1 a 4 del provvedimento, il Presidente Vilma Moronese della 13a Commissione ha comunicato che, nella riunione degli Uffici di Presidenza delle Commissioni riunite svoltasi prima dell'inizio della seduta, si è convenuto di svolgere nella giornata di lunedì 6 maggio le audizionirelative al provvedimento, restando inteso che ciascun Gruppo, in linea di massima, si limiterà ad indicare non più di due soggetti da audire e di fissare il termine per la presentazione degli emendamenti a martedì 7 maggio, alle ore 18. Successivamente inizieranno le votazioni sui vari emendamenti, con l'obiettivo, sembrerebbe, di arrivare in Aula prima delle elezioni europee. Questa insolita accelerazione si scontra, però, con l’importanza del provvedimento che ha necessità di ampie riflessioni per evitare di aggiungere
altri errori a quelli già esistenti nel provvedimento stesso. Il decreto, ricordiamo, deve essere convertito in legge entro il 17 giugno 2019, circa 3 settimane dopo le elesioni europee del 26 maggio. Speriamo bene! A cura di Redazione LavoriPubblici.it © Riproduzione riservata Documenti Allegati Decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32 Tabella modifiche al Codice Decreto Legislativo 18 aprile 2019, n. 50 aggiornato al 18 aprile 2019 Testo a fronte Codice dei contrattI/#sbloccacantieri
Dispositivi per il controllo da remoto, ecco i requisiti per accedere all’ecobonus di Alessandra Marra La detrazione del 65% si applica agli apparecchi collegati ad impianti di riscaldamento, di climatizzazione e per la produzione di acqua calda Foto: scyther5 123RF.com 30/04/2019 – Quali requisiti devono soddisfare i dispositivi multimediali per il controllo da remoto per accedere all’ecobonus? Le caratteristiche di tali dispositivi sono state elencate dall’Agenzia delle Entrate nella Guida all’ecobonus e dall’Enea nei Vademecum. Dispositivi per il controllo da remoto: ecco quando accedono all’ecobonus
Per le spese sostenute tra il 1° gennaio 2016 e il 31 dicembre 2019, è prevista una detrazione per l’acquisto, l’installazione e la messa in opera di dispositivi multimediali per il controllo a distanza degli impianti di riscaldamento, produzione di acqua calda o climatizzazione delle unità abitative. L’obiettivo è aumentare la consapevolezza dei consumi energetici da parte degli utenti e a garantire un funzionamento più efficiente degli impianti. La detrazione spetta nella misura del 65% dell’intero importo speso, senza un limite massimo di detrazione. Sono agevolabili, oltre alla fornitura e posa in opera di tutte le apparecchiature (elettriche, elettroniche e meccaniche), le opere elettriche e murarie necessarie per l’installazione e la messa in funzione, all’interno degli edifici, di sistemi di “building automation” degli impianti termici degli edifici. La detrazione spetta anche se l’acquisto, l’installazione e la messa in opera dei dispositivi multimediali sono effettuati successivamente a un intervento di riqualificazione energetica, o anche in assenza di un intervento. Ecobonus per il controllo da remoto: i requisiti dei dispositivi Questi dispositivi multimediali devono essere dotati di specifiche caratteristiche, cioè: - consentire l’accensione, lo spegnimento e la programmazione settimanale degli impianti da remoto; - indicare, attraverso canali multimediali, i consumi energetici, mediante la fornitura periodica dei dati; - mostrare le condizioni di funzionamento correnti e la temperatura di regolazione degli impianti. Non sono ammissibili le spese per l’acquisto di dispositivi che permettono di interagire a distanza con le predette apparecchiature (telefoni cellulari, tablet, personal computer e dispositivi simili). Infine, tali dispositivi devono essere a servizio di edifici accatastati, residenziali e dotati di impianto termico. © Riproduzione riservata
Sblocca Cantieri, Commercialisti: la norma sulle cause di esclusione è illegittima di Paola Mammarella Presidente Associazione italiana Dottori commercialisti: ‘contrari ad uno Stato di polizia tributaria’ Foto: van Kruk©123RF.com 30/04/2019 – No ad uno Stato di polizia tributaria. Ad affermarlo è l’Associazione italiana Dottori commercialisti, che ha messo sotto accusa il Decreto Sblocca Cantieri (DL 32/2019). A finire sotto esame è una norma dello Sblocca Cantieri che modifica l’articolo 80 del Codice Appalti (D.lgs. 50/2016) sulle cause di esclusione dalle gare.
Sblocca Cantieri e esclusione dalle gare In base al Decreto Sblocca cantieri, “un operatore può essere escluso dalla partecipazione a una procedura d'appalto se la stazione appaltante è a conoscenza e può adeguatamente dimostrare che lo stesso non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali non definitivamente accertati”. Possono invece essere ammessi gli operatori che abbiano ottemperato ai loro obblighi “pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o multe, ovvero quando il debito tributario o previdenziale sia comunque integralmente estinto, purchè l'estinzione, il pagamento o l'impegno si siano perfezionati anteriormente alla scadenza del termine per la presentazione delle domande”. Commercialisti: illegittima la norma dello Sblocca Cantieri Secondo Andrea Ferrari, presidente dell’Associazione Italiana Dottori Commercialisti (AIDC), “l’attuale legislatore sta calpestando sempre più lo Statuto dei Diritti del Contribuente”. Lo Sblocca Cantieri, scrive in una nota, “rappresenta l’ulteriore avanzata di un regime di polizia tributaria, del tutto estraneo al dettato costituzionale. La norma che introduce una causa di esclusione dagli appalti pubblici per le imprese non in regola con gli obblighi di pagamento di imposte e contributi, anche non definitivamente accertati, è semplicemente illegittima”. “Il sistema tributario e legale – continua la nota - prevede la distinzione tra pretese definitive e pretese in via di definizione. È del tutto evidente che non può essere considerato debitore un soggetto per il quale una data pretesa impositiva non sia stata ancora definitivamente accertata. Le stesse direttive europee nn. 23 e 24/2014, pur dettando specifiche regole a tutela della trasparenza negli affidamenti e della libera concorrenza, prevedono la possibilità di escludere gli operatori economici dagli appalti solo quando vi sia intervenuta una decisione giudiziaria ed amministrativa definitiva e vincolante ed a condizione che l’inadempimento sia di rilevante entità”.
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