COLLEGIO DEI RAGIONIERI COMMERCIALISTI DI BRESCIA - Come difendersi dagli studi di settore brevi note - A cura della Commissione Studi

Pagina creata da Claudia Bonetti
 
CONTINUA A LEGGERE
COLLEGIO DEI RAGIONIERI COMMERCIALISTI DI BRESCIA

          Come difendersi dagli studi di settore
                      brevi note

                            A cura della Commissione Studi

                                                             1
Sommario

PREMESSA

1) Normativa…………………………………….pag. 4

2) Prassi ………………………………………...pag. 7

3) Dottrina e Giurisprudenza …………………..pag. 10

4) Le regole dell’accertamento ………………..pag. 48

5) Accertamento con adesione……….…… ….pag. 51

6) Le strategie difensive ………..…………….pag. 54

7) Schema ricorso……………………………….pag. 66

                                                 2
PREMESSA

La disciplina degli studi di settore è stata introdotta nel nostro ordinamento dall’art. 62 bis del D.L.
30 agosto 1993, n. 331, convertito dalla legge 29 ottobre 1993 n. 427.

L’Agenzia delle Entrate così motiva l’introduzione di questo strumento :

Il sistema tributario dei primi anni settanta aveva ancorato la determinazione del reddito d’impresa
e di lavoro autonomo, alle risultanze delle scritture contabili. Ciò aveva, conseguentemente,
determinato l’introduzione di vincoli e cautele all’utilizzo, da parte degli uffici tributari , di
accertamenti induttivi che dovevano considerarsi del tutto eccezionali e legittimati solo in presenza
di gravi irregolarità contabili commesse dal contribuente. In tale contesto gli accertamenti induttivi
erano destinati a costituire una quota non significativa del totale delle rettifiche eseguite.

Si realizzava così il paradosso per cui il sistema finiva per privilegiare il contribuente-evasore, che
però aveva fatto attenzione a tenere in regola le scritture contabili, penalizzando invece il
contribuente che pagava fino all’ultima tutte le sue tasse, ma che aveva semplicemente dimenticato
di ottemperare ad alcune regole formali, come ad esempio la vidimazione di un registro contabile.

Gli studi di settore sono stati introdotti per superare le incongruenze del vecchio sistema, per
“regolare” e prevenire eventuali conflitti, nel nuovo clima di lealtà e collaborazione che si respira
nel rapporto Fisco - contribuente , anche grazie all’introduzione di istituti come l’accertamento
con adesione e l’auto tutela. In questo nuovo rapporto assume finalmente importanza tutto quello
che è utile a circostanziare la posizione fiscale effettiva del singolo contribuente in relazione alle
caratteristiche oggettive della sua attività.

Tuttavia la nostra esperienza maturata sul campo e verificata quotidianamente ci porta a ritenere che
detti strumenti debbano essere considerati delle presunzioni semplici e, d'altra parte questi modelli
matematici non potranno mai cogliere appieno le diverse capacità imprenditoriali, sottolineare le
diverse attitudini, valutare le procedure gestionali che fanno la differenza e consentono a
quell’imprenditore piuttosto che all’altro risultati, anche reddituali , diversi.
Ecco perché questi strumenti devono essere ausilio dell’Accertamento e non diventare essi stessi
Accertamento.
                                                                   La Commissione Studi
                                                                      Il coordinatore
                                                                      Eugenio Vitello

                                                                                                           3
NORMATIVA

Decreto del 19 maggio 2005. Approvazione delle disposizioni per l'applicazione degli Studi
di Settore ai contribuenti che esercitano due o più attività di impresa, ovvero a una o più
attività in diverse unità di produzione o di vendita (61 studi in vigore a decorrere dal periodo
d’imposta 2004)

Decreto del 22 aprile 2005. Approvazione dei limiti di ricavi o compensi entro cui è
possibile avvalersi del regime fiscale delle attività marginali (61 studi in vigore a decorrere
dal periodo d’imposta 2004)

DECRETO 24 marzo 2005 - Approvazione di un nuovo studio di settore e delle evoluzioni
di studi di settore relativi ad attività professionali (G.U. n. 74 del 31-3-2005- Suppl.
Straordinario)

DECRETO 24 marzo 2005 - Approvazione delle evoluzioni di studi di settore relativi ad
attività economiche nel settore delle manifatture (G.U. n. 74 del 31-3-2005- Suppl.
Straordinario)

DECRETO 17 marzo 2005 - Approvazione delle evoluzioni di dodici studi di settore relativi
ad attività economiche nel settore delle manifatture (G.U. n. 74 del 31-3-2005- Suppl.
Straordinario)

DECRETO 17 marzo 2005 - Approvazione di un nuovo studio di settore e le evoluzioni di
12 studi di settore relativi ad attività economiche nel settore dei servizi (G.U. n. 74 del 31-3-
2005- Suppl. Straordinario)

DECRETO 17 marzo 2005 - Approvazione delle evoluzioni di 21 studi di settore relativi ad
attività economiche nel settore del commercio (G.U. n. 74 del 31-3-2005- Suppl.
Straordinario)

Provvedimento del 21/02/2005 - Programma delle revisioni degli studi di settore applicabili
a partire dal periodo d’imposta 2005 (Gazzetta Ufficiale n. 48 del 28/02/2005)

Decreto del 14/07/2004. Approvazione delle disposizioni per l'applicazione degli studi di
settore ai contribuenti che esercitano due o più attività di impresa ovvero una o piu' attività
in diverse unità di produzione o di vendita

Decreto del 18/07/2003. Approvazione delle disposizioni per l'applicazione degli studi di
settore ai contribuenti che esercitano due o più attività di impresa ovvero una o piu' attività
in diverse unità di produzione o di vendita

Provvedimento del 15/04/2003 - Approvazione dei limiti di ricavi o compensi entro cui è
possibile avvalersi del regime fiscale

Decreto del 25/03/2002. Criteri di applicazione degli studi a imprese multipunto e
multiattività

                                                                                                  4
Provvedimento sui limiti per le attivitagrà marginali relativamente agli ultimi 13 studi di
settore (14/04/2002)

Criteri di applicazione degli studi a imprese multipunto e multiattività (25/03/2002)

Modalità di riduzione dei ricavi e compensi determinati in base agli studi di settore per la
loro applicazione nei confronti dei contribuenti "marginali"(02/01/2002)

Adeguamento spontaneo in dichiarazione ai maggiori ricavi derivanti dall'applicazione degli
studi di settore: legge n. 448 del 28 dicembre 2001, articolo 9, commi 12 e 13

Modifiche concernenti le modalità di annotazione separata dei componenti rilevanti ai fini
dell'applicazione degli studi di settore - PROVVEDIMENTO DEL 15/06/2001 - Emanato
da Agenzia delle Entrate - Pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 147 del 27/06/2001 - Per la
decorrenza vedi il terzo comma dell'art. 1

Approvazione dei limiti di ricavi o compensi entro cui è possibile avvalersi del regime
fiscale delle attività marginali, relativi alle attività comprese nei 29 studi di settore approvati
con decreti ministeriali del 20 marzo 2001 - PROVVEDIMENTO DEL 26/03/2001 -
Emanato da Agenzia delle Entrate - Pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 73 del 28/03/2001

Approvazione dei limiti di ricavi o compensi entro cui è possibile avvalersi del regime
fiscale delle attività marginali - PROVVEDIMENTO DEL 28/02/2001 - Emanato da
Agenzia delle Entrate - Pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 58 del 10/03/2001

Approvazione dei limiti di ricavi o compensi entro cui è possibile avvalersi del regime
fiscale delle attività marginali - PROVVEDIMENTO DEL 08/02/2001 - Emanato da
Agenzia delle Entrate - Pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 42 del 20/02/2001 -
Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate

LEGGE DEL 21/11/2000 N. 342 (Pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 276 del 25/11/2000
- supplemento ordinario) Misure in materia fiscale
art. 70

Disposizioni riguardanti l'accertamento basato sugli studi di settore e l'accertamento
basato sui parametri
art. 71

Adeguamento alle risultanze degli studi di settore
art. 72
Adempimenti contabili dei soggetti esercenti più attività

ANNOTAZIONE SEPARATA: Decreto del direttore generale del Dipartimento delle
entrate del 24 dicembre 1999

                                                                                                  5
ADEGUAMENTO DELLE ESISTENZE INIZIALI: Articolo 7, commi da 9 a 14, legge 23
dicembre 1999, n. 488

STUDI DI SETTORE & PARAMETRI: Decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio
1999 n. 195

OSSERVATORI PROVINCIALI - Decreto del direttore generale del Dipartimento delle
entrate 15 aprile 1999

STUDI DI SETTORE - NORMATIVA A REGIME: Legge 8 maggio 1998, n. 146, Articolo
10

PARAMETRI MODIFICHE DAL '96: Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27
marzo 1997

CONTABILITA' INATTENDIBILE: Decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre
1996, n. 570 - Regolamento per la determinazione dei criteri in base ai quali la contabilità
ordinaria è considerata inattendibile, relativamente agli esercenti attivià d'impresa, arti e
professioni

PROROGA PARAMETRI OLTRE IL '95: Legge 23 dicembre 1996, n. 662

PARAMETRI VERSIONE '95: Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29
gennaio 1996 - Elaborazione dei parametri per la determinazione di ricavi, compensi e
volume d'affari sulla base delle caratteristiche e delle condizioni di esercizio sull'attività
svolta

PARAMETRI - LEGGE ISTITUTIVA: Legge 28 dicembre 1995, n. 549 - Articolo 3,
commi da 181 a 189

STUDI DI SETTORE - PRIME NORME: Decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331 convertito
in legge 29 ottobre 1993, n. 427 - Art. 62-bis - Art. 62-sexies

                                                                                                 6
PRASSI

Circolare n. 32/E del 21/06/2005: "Studi di settore - periodo di imposta 2004"

Circolare n. 27/E del 18/06/2004: "Studi di settore. Periodo d'imposta 2003"

Circolare n. 42/E del 24 luglio 2003: "Prevenzione e contrasto all'evasione - Attività
dell'Agenzia per il 2003"

Circolare n. 39/E del 17/07/2003: "Studi di settore - periodo di imposta 2002"

Attività di controllo dei dati strutturali e contabili rilevanti ai fini dell'applicazione degli
studi di settore (09/06/2003)

Circolare 58/E del 27 giugno 2002 "Studi di settore - periodo di imposta 2001"

Chiarimenti nelle istruzioni ai modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini
dell’applicazione degli studi di settore: Risoluzione n. 165/E del 4 giugno 2002

Attività di accertamento sulla base degli studi di settore per il periodo d'imposta 1998 -
CIRCOLARE - 11 APRILE 2002 N. 29 / E

ANNOTAZIONE SEPARATA - CIRCOLARE 25 FEBBRAIO 2000, n. 31/E

Adeguamento spontaneo in dichiarazione ai maggiori ricavi derivanti dall’ applicazione
degli studi di settore: Circolare 15/E del 1 febbraio 2002, paragrafo 10

OSSERVATORI PROVINCIALI per l'adeguamento degli studi di settore alle realtà
economiche locali. Compiti e modalità di funzionamento - Circolare 96/E del 15 novembre
2001

Annotazione separata dei componenti rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore
- Facoltà prevista dal provvedimento del 15 giugno 2001 - RISOLUZIONE DEL
06/07/2001 N. 111 - Emanata da Agenzia delle Entrate - Direzione Centrale Accertamento

Sanatoria dei codici di attività ai fini della corretta applicazione degli studi di settore -
RISOLUZIONE DEL 06/07/2001 N. 112 - Emanata da Agenzia delle Entrate - Direzione
Centrale Accertamento

Sanatoria dei codici di attività ai fini della corretta applicazione degli studi di settore -
RISOLUZIONE DEL 06/07/2001 N. 112 - Emanata da Agenzia delle Entrate - Direzione
Centrale Accertamento

STUDI DI SETTORE - CIRCOLARE DEL 13/06/2001 N. 54 - Emanata da Agenzia delle
Entrate - Direzione Centrale Accertamento

                                                                                                   7
Attività di accertamento sulla base dei parametri previsti dalla legge 28 dicembre 1995, n.
549, per il periodo d'imposta 1996 - Ulteriori indicazioni in merito alla gestione della fase
del contraddittorio - CIRCOLARE DEL 14/03/2001 N. 25 - Emanata da Agenzia delle
Entrate - Direzione Centrale Accertamento

Attività di verifica nei confronti di contribuenti che, per il periodo di imposta 1998,
risultano "non coerenti" rispetto agli indicatori economici individuati dagli studi di settore -
CIRCOLARE DEL 17/11/2000 N. 210 - Emanata da Ministero delle Finanze - Direzione
Centrale Accertamento

Metodologie di controllo differenziate per attività economiche dirette al consumatore finale
- CIRCOLARE - 13 OTTOBRE 2000 N. 185 / E

Attività di accertamento nei confronti delle persone fisiche sulla base dei parametri previsti
dalla legge 28 dicembre 1996, n. 549, per il periodo d'imposta 1996 - CIRCOLARE DEL
03/10/2000 N. 175 - Emanata da Ministero delle Finanze - Dipartimento delle Entrate - Dir.
Centrale Accertamento

Attività di accertamento nei confronti delle persone fisiche sulla base dei parametri previsti
dalla legge 28 dicembre 1996, n. 549, per il periodo d'imposta 1996 - CIRCOLARE DEL
03/10/2000 N. 175 - Emanata da Ministero delle Finanze - Dipartimento delle Entrate - Dir.
Centrale Accertamento

STUDI DI SETTORE - ANNOTAZIONE SEPARATA - ULTERIORI PRECISAZIONI -
CIRCOLARE 3 LUGLIO 2000, N. 134/E

ADEGUAMENTO DEL MAGAZZINO - CIRCOLARE I GIUGNO 2000, N. 115/E

STUDI DI SETTORE - CIRCOLARE 8 GIUGNO 2000, N. 121/E

ADEGUAMENTO DEL MAGAZZINO - CIRCOLARE I GIUGNO 2000, N. 115/E

STUDI DI SETTORE - RISPOSTE A QUESITI - CIRCOLARE 5 LUGLIO '99, n. 148/E

STUDI DI SETTORE - ESTRATTO CIRCOLARE 9 GIUGNO '99, n.127/E

STUDI DI SETTORE - PRIMA CIRCOLARE 21 MAGGIO '99, n. 110/E

STUDI DI SETTORE - CHIARIMENTI FORNITI IN OCCASIONE DELLA
PRESENTAZIONE DEI PRIMI QUESTIONARI STUDI DI SETTORE - (ESTRATTO
DALLE CIRCOLARI 205/E-215/E-257/E DEL 1997)

                                                                                                   8
Circolare 205/E del 13/07/1997: "Studi di Settore - Invio dei questionari ai contribuenti"

PARAMETRI - SECONDA CIRCOLARE - 16 MAGGIO 1997 N.140/E

PARAMETRI per la determinazione presuntiva dei ricavi, dei compensi e del volume
d'affari. Art. 3, commi da 181 a 189, della legge 28/12/1995, n. 549 - PRIMA CIRCOLARE
- 13 MAGGIO 1996 N. 117 / E

                                                                                             9
DOTTRINA e GIURISPRUDENZA

Parametri 1995: le possibilità di difesa per il professionista
di Gorgoglione Lorenzo
in Pratica Professionale - I Casi, n. 5/2001, pag. 181 - Caso n. 83

In sede di verifica, è stato riscontrato che le annotazioni in contabilità ordinaria di un
professionista sono state stampate su bollato denominato "incassi e pagamenti". In verità le
annotazioni sono state effettuate considerando altresì le movimentazioni finanziarie. L'ufficio
sostiene l'errato utilizzo del bollato. In conseguenza di tale comportamento, l'Ufficio intende
applicare i parametri, determinando un maggior reddito imponibile ai fini Irpef e Iva. E' corretto
l'operato dell'ufficio? Su quali basi è possibile motivare un ricorso contro l'applicazione dei
parametri?

                                                                         (L.A., Milano)

I parametri quali elementi presuntivi di maggiori ricavi, compensi e volume di affari
Il Legislatore con la legge 28 dicembre 1995, n. 549, all'articolo 3, commi da 181 a 189, ha
introdotto il metodo di accertamento che conosciamo con il nome di "Parametri" o "Ricavometro".
Nel comma 181 del citato articolo 3, legge n. 549/1995, è stabilito che, fino all'approvazione degli
studi di settore, gli accertamenti di cui all'articolo 39, comma 1, lett. d) del D.P.R. 29 settembre
1973, n. 600, possono essere effettuati utilizzando i parametri stabiliti con D.P.C.M. 29 gennaio
1996.
I parametri presuntivi di ricavi, compensi e volume di affari sono stati elaborati tenendo conto delle
specifiche caratteristiche dell'attività esercitata in ciascun settore economico.
I soggetti interessati dal particolare meccanismo presuntivo sono gli esercenti attività di impresa o
arti e professioni in regime di contabilità semplificata ovvero, in presenza di particolari condizioni,
quelli in regime di contabilità ordinaria, sempre che gli stessi non abbiano dichiarato ricavi o
compensi di ammontare superiore a 10 miliardi di lire.
Per gli esercenti arti o professioni in regime di contabilità ordinaria, anche per opzione, lo
strumento accertativo in commento può essere utilizzato dagli uffici quando dal verbale di
ispezione, redatto ai sensi dell'articolo 33 del D.P.R. n. 600/1973, risulti l'inattendibilità della detta
contabilità in base ai criteri stabiliti con apposito regolamento.
Ad ogni modo, "il contribuente potrà valersi del diritto di fornire prova contraria, motivando e
documentando idoneamente le ragioni in base alle quali la dichiarazione di ricavi o compensi di
ammontare inferiore a quello presunto in base ai parametri può ritenersi giustificata, in relazione
alle concrete modalità di svolgimento dell'attività. Tali situazioni possono tenere conto anche delle
peculiari situazioni di mercato in cui il contribuente opera o delle modalità di espletamento
dell'attività" (C.M. 13 maggio 1996, n. 117/E, punto 6, in Pratica Professionale n. 21/1996, pag.
743).
Scritture contabili dei professionisti
L'articolo 19 del D.P.R. n. 600/1973 prevede in generale che gli esercenti arte o professione
annotino in ordine cronologico in un apposito registro le somme percepite indicando il relativo
importo, al lordo e al netto dell'eventuale rimborso spese, le generalità, il comune di residenza e
l'indirizzo del soggetto che effettua il pagamento, gli estremi della fattura, parcella o nota. Le stesse

                                                                                                       10
indicazioni devono essere riportate in riferimento agli elementi di spesa inerenti l'esercizio dell'arte
o professione.
Il professionista assolve agli obblighi suddetti ai fini Irpef mediante la tenuta di un registro detto
"degli incassi e dei pagamenti". Il regime naturale è quello della cd. "contabilità semplificata".
Il contribuente può adottare per opzione un regime di contabilità ordinaria. Questa scelta obbliga il
professionista ad istituire, previa bollatura, un diverso e particolare registro, il cd. "cronologico
delle movimentazioni finanziarie". In questo libro il contribuente deve annotare le operazioni
produttive di componenti positivi e negativi di reddito, integrate dalle movimentazioni finanziarie
inerenti l'esercizio dell'arte o professione, ancorché estranee alla sfera di attività, nonché gli estremi
dei conti correnti bancari utilizzati. Il registro cronologico ha una veste formale ben definita da un
decreto ministeriale (il D.M. 15 settembre 1990).
Con D.M. 20 dicembre 1990 è stata ammessa la possibilità di utilizzare il metodo contabile della
partita doppia per la tenuta della contabilità ordinaria da parte di un professionista. In questo caso
occorre provvedere a bollare preventivamente le scritture ausiliarie (i mastrini o partitari), salvo che
le denominazioni dei conti menzionino espressamente le intestazioni delle colonne del registro
manuale, secondo i criteri indicati nel D.M. 15 settembre 1990.
Dal tenore del quesito non è dato conoscere se la irregolarità contestata al contribuente sia solo
quella della intestazione del registro (violazione formale e a mio avviso ininfluente ove il registro
contenesse le voci previste dal citato D.M. 15 settembre 1990 e rispettasse le previsioni del
successivo D.M. 20 dicembre 1990) ovvero se altre e maggiori sono le omissioni rilevate.
Le linee di difesa
Premessa che nella fattispecie è da chiedere in via pregiudiziale la illegittimità nell'utilizzo dello
strumento dei parametri, trattandosi di un soggetto in contabilità ordinaria e non rilevando
presumibilmente l'irregolarità descritta quale legittimante il ricorso alle presunzioni di legge, resta
da vedere come impostare una difesa contro l'avviso di accertamento.
In primo luogo, consiglierei di non sottovalutare il fatto che la procedura di accertamento, nota
come parametri, può affascinare il giudice tributario per l'aurea di infallibilità e perfezione che il
richiamo a formule matematiche e ad elaborazioni statistiche porta con sé.
Si può ricordare che l'articolo 3, comma 180, della legge n. 549/1995, ha inteso rendere applicabili i
parametri soltanto fino all'approvazione degli studi di settore. Il Legislatore stesso ha riconosciuto
la natura provvisoria e la funzione di temporanea sostituzione per i parametri. In altre parole, nel
momento stesso della loro nascita la norma istitutiva ne ha riconosciuto i limiti e l'imperfezione.
Ancora, la stessa legge istitutiva, al successivo comma 185 dell'articolo 3, ha previsto la possibilità
per il contribuente di definire l'accertamento in base ai parametri ai sensi dell'articolo 2-bis del D.L.
30 settembre 1994, n. 564, convertito, con modifiche, dalla legge 30 novembre 1994, n. 656
(Accertamento con adesione). A tal fine, anzi, gli uffici devono inviare al contribuente una proposta
di accertamento alla quale potrà far seguito la menzionata procedura di definizione prima della
notifica dell'accertamento. Quanto sopra ad evidenziare di nuovo come il Legislatore innanzitutto, e
l'Amministrazione finanziaria in seconda battuta, si siano resi ben conto dei limiti oggettivi che
connotano la procedura di accertamento in commento. Il meccanismo di determinazione presuntivo
viene a costituire soltanto indizio, fondato e supportato quale una presunzione di legge può essere,
ma comunque presunzione semplice e non appuramento di una verità sostanziale e incontestabile.
Adeguamento ai parametri
Ai sensi del comma 188 del citato articolo 3 della legge n. 549/1995 il contribuente che non risulti
congruo ai parametri presuntivi può evitare l'accertamento incrementando i ricavi e/o i compensi in
sede di dichiarazione dei redditi ovvero i corrispettivi nella dichiarazione annuale Iva.
                                                                                                       11
La possibilità concessa al contribuente di adeguarsi al risultato dei parametri evidenzia, a mio
avviso con immediatezza, la natura di "strumento di pressione" dell'Amministrazione finanziaria nei
confronti dei contribuenti poco "virtuosi". Se il Legislatore ritenesse i parametri, o li potesse
ritenere, strumento rivelatore senza ombra di dubbio di una evasione di materia imponibile,
prevederebbe l'irrogazione di sanzioni e la corresponsione di interessi e non invece l'adeguamento
senza oneri.
Vizio di motivazione
Parte della dottrina che si è occupata dell'argomento ha osservato che "può ritenersi, pertanto, che
nel giustificare la maggiore pretesa erariale addotta esclusivamente mediante il ricorso allo schema
matematico-statistico di cui ai decreti citati, l'atto di accertamento fondato sull'applicazione dei
paramenti si rilevi carente di motivazione" ("Difesa del contribuente dagli accertamenti fondati sui
parametri", J. Bloch e L. Sorgato, in Corriere Tributario n. 36/1999, pag. 2696).
Di diverso avviso altri autori, che giungono invece a conclusione diversa, ritenendo che "non
esistono problemi di legittimità dell'avviso di accertamento sotto l'aspetto formale" ("Motivazione
dell'atto e mezzi di difesa del contribuente", F. Forte e P. Fagiolo, in Il Fisco n. 7/2001).
A mio avviso, non ha molte possibilità di successo il contestare sic e simpliciter il difetto di
motivazione dell'atto di accertamento. Il vizio di legittimità concernente la mancata esposizione dei
motivi deve invece essere impostato in maniera più articolata.
Le risultanze dei parametri costituiscono presunzioni semplici, sia pure gravi, precise e concordanti,
avverso le quali il contribuente ha diritto di addurre qualsivoglia elemento di prova, e ciò è
opportuno che sia ribadito nella motivazione del ricorso.
Come può però il contribuente valutare e confutare l'assimilazione della sua particolare situazione a
quella media del settore o meglio l'inserimento in un determinato "cluster" che ha dato origine alla
formula matematica a lui applicabile, ovvero come può difendersi dalla pretesa dell'ufficio fondata
sui parametri?
Il contribuente, in sede di concordato o al ricevimento dell'avviso di accertamento, ha interesse a
mio avviso ad attivarsi, ai sensi della legge n. 241/1990 e della legge n. 212/2000, chiedendo
all'Ufficio di conoscere le caratteristiche del cluster di riferimento in cui è stato inserito, sì da
confrontare la propria situazione con quella tipica dei soggetti inclusi nel medesimo intervallo. Non
pervenendo, come naturale, alcuna risposta dall'Ufficio, il contribuente potrà contestare, meglio che
un generico difetto di motivazione dell'atto, una violazione o meglio una limitazione del diritto alla
difesa, stante la ermeticità assoluta dei dati utilizzati dall'Amministrazione finanziaria per elaborare
i parametri, senza che alcuna esplicitazione, sia pur richiesta, sia stata fornita.
La metodologia accertativa propria dei parametri ha natura di presunzione grave, precisa e
concordante se e a condizione che si adatti validamente alla situazione personale del contribuente
che intende rappresentare. Ove il risultato della procedura induttiva si limiti a ricostruire la
posizione fiscale del soggetto accertato (con metodi e algoritmi che solo con grande
approssimazione possono ritenersi atti a riflettere le reali capacità produttive dell'azienda o del
professionista), l'atto è contestabile in quanto non validamente fondato su un ragionamento
presuntivo.
Peculiarità dell'attività svolta
Il contribuente conosce invero quali sono le modalità di esercizio dell'attività, le peculiarità del suo
settore, della sua zona geografica, della sua collocazione commerciale, delle sue capacità tecniche e
professionali.
Tali caratteristiche personali sono fondamentali tanto più nelle attività con volume di affari ridotto,
quelle appunto soggette all'accertamento in base ai parametri. Una possibile strategia di difesa
                                                                                                     12
diventa quindi quella di descrivere al meglio sé stessi come imprenditore e professionista,
pretendendo anzi che sia verificata la corrispondenza di queste peculiari caratteristiche con quelle
medie dei soggetti inseriti nel cluster di riferimento ai fini dell'elaborazione dei parametri. Ove
questa verifica non fosse, come non è, possibile, la domanda da porre all'Ufficio e al Giudice
tributario sarebbe: "in base a quale principio di giustizia e correttezza, in forza di quale norma può
essere ritenuta corretta una pretesa patrimoniale fondata su medie elaborate in base alle
caratteristiche di soggetti assolutamente diversi?".
Tale peculiarità e singolarità di ciascuna situazione è avvertita dallo stesso Ministero, che, da ultimo
nella circolare 14 marzo 2001, n. 25/E (in Pratica Professionale n. 14/2001, pag. 419), ha ricordato
"il contribuente può motivare e documentare idoneamente le ragioni in base alle quali la
dichiarazione dei ricavi e dei compensi di ammontare inferiore a quello presunto in base ai
parametri può ritenersi in tutto o in parte giustificata, in relazione alle concrete modalità di
svolgimento dell'attività". Fattori esterni ed interni all'azienda possono determinare una limitazione
della capacità stessa (orari, situazioni di mercato), elementi che appunto gli studi di settore cercano
di considerare.
Per il Ministero, anzi, gli studi di settore possono essere utilizzati a favore del contribuente, ove
portino a conclusioni diverse da quelle dei parametri e più favorevoli, con ciò ammettendo
nemmeno troppo velatamente le intrinseche e gravi limitazioni che i parametri hanno sin
dall'origine.
Limiti intrinseci al meccanismo presuntivo
Una limitazione intrinseca al meccanismo presuntivo in commento è quello di pretendere di
ricostruire il volume di vendite o di servizi partendo dalle voci di costo o di spesa.
Gran parte delle attività imprenditoriali o professionali sono offerte a favore di altri soggetti Iva, nei
confronti dei quali risulta impossibile non fatturare ovvero incassare in nero i corrispettivi
(pensiamo ai padroncini nel settore dell'autotrasporto ovvero ai consulenti operanti solo nei
confronti delle grandi aziende).
In questi casi il soggetto tenderà probabilmente a imputare con troppa "facilità" costi e spese
all'attività (pensiamo a carburanti e vitto), con una conseguente ripercussione sul volume di ricavi o
compensi determinato dal meccanismo dei parametri. Ciò non toglie però che nessun maggiore
ricavo o compenso è contestabile al soggetto. Il dato presunto potrebbe essere utilizzato per
contestare analiticamente i costi imputati all'attività e non per creare invece materia imponibile
inesistente. Di tale considerazione è opportuno, a mio avviso, offrire specifica annotazione.
In secondo luogo, i parametri determinano il volume di ricavi e compensi presunto a seconda del
tipo di attività, della natura e dell'importo di alcune classi di costo e di altre informazioni, tra le
quali i ricavi o i compensi dichiarati. Una variabile inserita nella funzione matematico-statistica che
elabora i ricavi o compensi sono proprio i ricavi o compensi dichiarati. Non è necessario possedere
cognizioni tecniche particolari per non vedere l'incongruenza: una variabile non può generare se
stessa. L'esempio, ormai classico, è quello di due contribuenti con identica attività, uguali
componenti di costo e volume di compensi dichiarati diversi: i parametri evidenziano per i due
soggetti due livelli di maggiori compensi. In altre parole i due contribuenti con i medesimi elementi
di costo non presentano a livello di elaborazione dei parametri lo stesso volume di ricavi o
compensi, senza che di ciò si possa comprendere il motivo.
La giurisprudenza e le medie di settore
I parametri altro non sono, come illustrato, che medie di settore particolarmente raffinate, ma i dati
medi restano. Sistemi meno sofisticati (e invero con meno pretese) sono stati da sempre di largo

                                                                                                       13
utilizzo da parte degli organi accertatori per determinare ricarichi, percentuali di cali e sfridi, dati
statistici di vario genere e utilizzo.
L'utilizzo acritico ed automatico di tali dati è stato ampiamente confutato e disapplicato dalla
giurisprudenza dominante, per la loro inconferenza e inutilizzabilità, ammettendo al contrario per il
contribuente la possibilità di contestarli sotto il profilo della sufficienza o adeguatezza degli
elementi analizzati per la loro individuazione (vedasi tra le tante Cass. 15 febbraio 1995, n. 1628;
Cass. 2 settembre 1995, n. 9265)
Tali elementi, uniti ad un eventuale riesame dei dati indicati in dichiarazione e utilizzati dall'ufficio,
sono a mio avviso tra i principali motivi da portare a propria difesa.

Fonti normative
D.L. 30 settembre 1994, n. 564, art. 2-bis
Legge 28 dicembre 1995, n. 549
D.P.C.M. 29 gennaio 1996
C.M. n. 117/E del 13 maggio 1996
C.M. n. 25/E del 14 marzo 2001

DIFESA DEL CONTRIBUENTE DAGLI                              ACCERTAMENTI              FONDATI         SUI
PARAMETRIPPARAMETRIARAMETRI
di Bloch John e Sorgato Luciano
in Corr. Trib. n.36/1999, pag. 2696

Le recenti istruzioni dettate relativamente all'effettuazione dell'accertamento cosiddetto
"parametrico" pongono le premesse per l'analisi delle possibilità di resistenza, sul piano
processuale o pre - processuale, all'atto di accertamento fondato sui parametrii. A tale fine, si
esaminano la valenza probatoria dei parametri, i criteri di elaborazione degli stessi, l'eventuale
esistenza di un vizio di motivazione e, con l'ausilio di un esempio pratico, alcune incongruenze che
si possono verificare nell'applicazione dell'accertamento parametrico.

La C.M. n. 136/E del 21 giugno 1999 [1] ha dettato istruzioni in materia di effettuazione
dell'accertamento cosiddetto "parametrico", istituto introdotto per effetto dell'art. 3, commi 179 e
seguenti, legge n. 549/1995. Sono state, così, poste, da un punto di vista contingente, le premesse
per l'analisi delle possibilità di resistenza, sul piano processuale o pre-processuale, all'atto di
accertamento fondato sui parametri. parametri.
Valenza probatoria dei parametri.
L'accertamento parametrico appartiene, in sintesi estrema, al più ampio genere degli accertamenti
condotti secondo criteri di forfetizzazione, questi ultimi basati, nel caso specifico, su logiche-
matematico-statistiche ereditate dai coefficienti presuntivi. Ai parametri            viene, peraltro,
riconosciuta, sin dall'originaria previsione legislativa, un'operatività provvisoria predefinita, in
quanto destinati a "fare da ponte" tra coefficienti presuntivi e studi di settore.

                                                                                                       14
Trattasi, in sintesi, di moltiplicatori, determinati ad opera di appositi atti normativi secondari, da
applicarsi a dati indicatori di natura contabile, al fine di provare, in capo al contribuente accertato,
l'esistenza di gravi asimmetrie tra redditività potenziale e redditi dichiarati.
Tanto la collocazione normativa dell'accertamento parametrico tra gli accertamenti analitico-
induttivi di cui all'art. 39, primo comma, lett. d), D.P.R. n. 600/1973, quanto l'assenza di
qualsivoglia accenno legislativo in merito alla valenza probatoria ascrivibile all'impiego dei
parametri convergono, ai fini dell'attribuzione alle affermazioni contenute nei parametri della
valenza probatoria propria delle presunzioni cosiddette "semplici" e non, viceversa, di quelle
cosiddette "legali". In quanto tali, i paparametrir risultano aggredibili, in sede processuale,
opponendo qualsivoglia argomentazione suscettibile di ledere alla base la suggestività probatoria di
cui essi appaiono portatori, essendo ben nota la discriminante tra presunzioni semplici e presunzioni
legali. Queste ultime descrivono, in particolare, una relazione tecnica tra fatto noto e fatto dedotto,
la cui valenza probatoria abbia espressamente riscosso l'apprezzamento del legislatore, così da
vincolare il giudice tributario a recepirne il risultato inferenziale. Il contrario si verifica con
riguardo alle presunzioni semplici, la cui capacità probatoria deve rendersi manifesta attraverso
l'indagine analitica delle relative caratterizzazioni tecniche; indagine analitica, questa, tesa a
vagliare se siffatte attitudini tecniche riescano idonee a correlare criticamente, se non con un nesso
di univocità, perlomeno con un nesso accentuato di verosimiglianza, il fatto noto e il fatto che si
intende provare. In siffatte circostanze, pertanto, il giudice tributario resta libero di apprezzare il
valore probatorio che le presunzioni riescono a esprimere.
Elaborazione dei Parametri
L'art. 3, comma 184, legge 28 dicembre 1995, n. 549 ha demandato al Dipartimento delle entrate
del Ministero delle finanze l'elaborazione dei parametri, senza imporre a tale Dipartimento l'onere
di divulgare, neppure sommariamente, i procedimenti formativi dei medesimi. I procedimenti
formativi dei parametri hanno, così, trovato esteriorizzazione solo nelle note tecniche allegate al
D.P.C.M. 29 gennaio 1996 e al D.P.C.M. 27 marzo 1997. In esse, siffatti procedimenti sono, così,
sinteticamente descritti:
1) identificazione di un campione di contribuenti economicamente coerente;
2) identificazione di "gruppi massimamente omogenei di contribuenti" all'interno di un'attività
economica;
3) identificazione di una funzione di ricavo e di compenso;
4) identificazione di una funzione che consenta di associare qualsiasi contribuente ad uno dei gruppi
omogenei individuati per la sua attività;
5) calcolo di un fattore di adeguamento personalizzato.
Come rilevato in dottrina [2], poiché per ciascun settore economico e voce contabile possono essere
stati elaborati più parametri, in dipendenza del numero di gruppi omogenei in cui risulta suddivisa
ciascuna categoria, il posizionamento del contribuente all'interno del cluster avviene secondo una
funzione probabilistica, predisposta in base al metodo dell'"analisi discriminante", non esplicitata
nelle citate note tecniche. Le conseguenze di detta mancata esplicitazione consistono,
conclusivamente, nel fatto che i passaggi logici sottesi alla nuova iniziativa accertativa non trovano
compiuta esteriorizzazione.
Vizio di motivazione
Dalla dottrina [3], in particolare, è stata ritenuta "non sufficiente, dal punto di vista conoscitivo,
l'indicazione dei criteri statistici che sarebbero stati seguiti nell'elaborazione dei p parametri ,
dovendosi dare conto di quali soggetti siano stati campionati e di come si sia concretamente
pervenuti al calcolo dei singoli moltiplicatori". Può ritenersi, pertanto, che nel giustificare la
                                                                                                     15
maggiore pretesa erariale addotta esclusivamente mediante il ricorso allo schema matematico-
statistico di cui ai decreti citati, l'atto di accertamento fondato sull'applicazione dei parametriametri
si riveli carente di motivazione. Per dottrina e giurisprudenza consolidate, infatti, l'obbligo di
motivazione può ritenersi pienamente assolto solo con la previa esplicitazione dell'iter logico-
deduttivo che informa il ragionamento critico del verificatore. Solo la diretta e immediata
apprensibilità di siffatto ragionamento critico, infatti, può consentire al contribuente raggiunto dalle
contestazioni erariali di apprestare efficaci reazioni difensive. Laddove, nel caso in esame, la
mancata esplicitazione, da parte delle note tecniche allegate al D.P.C.M. 29 gennaio 1996 e al
D.P.C.M. 27 marzo 1997, di alcuni passaggi fondamentali non consente a quest'ultimo di
apprezzare pienamente i criteri di impiego dei parametri. In tale senso va valutata, altresì, la
necessità, avvertita in sede legislativa stessa, di procedere alla predisposizione e alla distribuzione
dei supporti meccanografici contenenti i relativi programmi applicativi. Come si può osservare, il
contribuente raggiunto da un atto di accertamento fondato sull'applicazione dei parametriparametri
si trova di fronte ad una sorta di motivazione costruita per relationem, con riferimento, in
particolare, alle note tecniche contenute dai citati decreti. In siffatte circostanze, come
autorevolmente affermato [4], "... appare evidente la necessità di una sufficiente informazione,
accessibile alla generalità dei contribuenti, circa i dati presi in considerazione, le regole ed i
procedimenti tecnici seguiti per determinare il contenuto dei decreti ministeriali sui quali si fondano
i singoli accertamenti. Né varrebbe obiettare che questi elementi riguardano l'eventuale illegittimità
dei decreti stessi (ad efficacia normativa, o comunque generale), come tali autonomamente
impugnabili ovvero disapplicabili, non i singoli accertamenti; infatti la conoscenza del
procedimento seguito per la determinazione dei "coefficienti" è necessaria al contribuente, non solo
ai fini dell'impugnazione o della richiesta di disapplicazione del decreto ministeriale, ove possibile,
ma anche per argomentare, nel pur limitato ambito concesso dalla legge, l'eventuale "prova
contraria" al risultato dell'accertamento". In caso di accertamento analitico-induttivo fondato
sull'applicazione dei parametrii, l'atto di accertamento, in altri termini, deve rendere noto il
processo di stima attraverso il quale è stato determinato un maggiore livello di ricavi: se tale
estrinsecazione avviene per relationem, ossia mediante il riferimento, in particolare, alle note
tecniche contenute dai citati decreti, è chiaro che le carenze, sotto tale profilo, di questi ultimi non
possono che riflettersi sull'atto di accertamento [5]. Conclusivamente, quindi, l'atto di accertamento
si presta all'invalidazione in via pregiudiziale, in quanto sprovvisto dei contenuti legali minimali
prescritti dall'art. 42, terzo comma, D.P.R. n. 600/1973.
Incongruenze dell'accertamento parametrico
Come già evidenziato, l'indagine parametrica della congruità reddituale del contribuente si fonda su
di una elaborazione matematico-statistica che deve dimostrarsi in grado di assurgere al rango di
presunzione grave, precisa e concordante, in tale senso dovendosi apprezzare la stessa collocazione
normativa dell'accertamento parametrico tra gli accertamenti analitico-induttivi di cui all'art. 39,
primo comma, lett. d), D.P.R. n. 600/1973.
Se si passano in rassegna le informazioni di tipo contabile che il programma ministeriale richiede al
contribuente, ci si imbatte, in particolare, in una variabile manifestamente eterogenea rispetto alle
altre e per di più immediatamente riconoscibile quale del tutto "anomala": il "ricavo contabile del
contribuente".
Trattasi, in particolare, di una variabile del tutto inidonea a partecipare con ragionevolezza al
procedimento formativo del ricavo stimato. In primo luogo, perché è di elementare assunzione che
una variabile non può generare se stessa. Se l'intera procedura è protesa all'individuazione del
ricavo congruo, è palesemente irrazionale volere introdurre nel suo schema matematico-statistico,
inquinandolo, una variabile che è esattamente identica a quella che il suo meccanismo di
                                                                                                      16
funzionamento dovrebbe conclusivamente esprimere. In secondo luogo, perché si tratta di una
variabile manifestamente inattendibile, risentendo, con ogni ovvietà, dei tentativi di evasione posti
in essere dal contribuente. Laddove, ad ogni evidenza, l'inserimento di una variabile inattendibile in
uno schema che reagisce esclusivamente a impulsi matematico-statistici finisce per inquinare
l'intera procedura, che si dimostra complessivamente inattendibile e incapace, in quanto tale, di
pervenire ad una determinazione reddituale ragionevole.
Un esempio
é sufficiente, per rendere immediata evidenza delle precedenti considerazioni, porre a confronto due
contribuenti che, a fronte di dati contabili di costo (rilevanti ai fini dell'applicazione dei parametri)
identici, presentino dati contabili di ricavo divergenti: ad esempio, 100 per il primo e 120 per il
secondo contribuente. Siffatta divergenza in termini di "ricavi contabili" fa sì che, se si impostano,
nel caso specifico, le relative simulazioni, si ottengono determinazioni reddituali manifestamente
irragionevoli. Nei confronti del primo e del secondo contribuente, il programma applicativo
evidenzia maggiori ricavi stimati pari, per ipotesi, rispettivamente a 50 e a 40. Se i due contribuenti
reimpostano le simulazioni, introducendo, in luogo del dato originario (e a parità degli altri dati
contabili), ricavi contabili pari, rispettivamente, a 150 e a 160, entrambi vengono ridefiniti non
congrui dal programma ministeriale, che adduce ulteriori pretese in termini di maggiori ricavi
imponibili. Proseguendo la simulazione, entrambi pervengono, alfine, ad una soglia definitiva di
congruità (in termini di "ricavi contabili") pari, per ipotesi, a 200. Le ragioni di tale identità (in
termini di ricavi contabili che rendono "congruo" il contribuente) sono palesi: entrambi i
contribuenti sono in possesso degli stessi dati di costo rilevanti ai fini dell'applicazione dei
parametri e presentano, pertanto, tanto un identico potenziale produttivo, quanto un identico
potenziale reddituale. A rivestire una valenza segnaletica, al tempo stesso efficace e ragionevole,
dei ricavi effettivi del contribuente, in altri termini, sono solo i costi, mentre l'inserimento nel
meccanismo dei ricavi contabili influenza negativamente l'intero procedimento, adombrandolo sul
piano dell'inattendibilità complessiva, quanto delegittimandolo sul piano del necessario rispetto dei
principi costituzionali di ragionevolezza, di capacità contributiva e di uguaglianza. Se si riprende la
prima simulazione, si può, infatti, constatare come il secondo contribuente, pur avendo
contabilizzato, rispetto al primo, maggiori ricavi, finirà per adempiere ad una pretesa erariale
complessiva pari a 160 (ossia 120 + 40), superiore, pertanto, a quella, pari a 150 (ossia 100 + 50),
incontrata dal primo contribuente. Ne consegue che le affermazioni contenute nei parametriametri
finiscono per incentivare l'evasione, oltre a essere viziate di irragionevolezza e a dimostrarsi
incapaci, da sole, di assurgere, conclusivamente, al rango di presunzioni gravi, precise e
concordanti.

Note:
1 In Corr. Trib. n. 28/1999, pag. 2162 e in Banca Dati n. 8/1999, pag. 877.

2 L. Tosi, Le predeterminazioni normative nell'imposizione reddituale, 1999, pag. 264. Nello stesso
senso anche C.F. Maggi e N. Miglietta, "Dubbi sulla legittimità dei criteri e dei gruppi omogenei
definiti per la determinazione dei ricavi, dei compensi e del volume d'affari", in il fisco, 1996, pag.
3993.

3 L. Tosi, op. cit.

                                                                                                      17
4 A. Fedele, "I principi costituzionali e l'accertamento tributario", in Riv. Dir. Fin. Sc. Fin., 1992, I,
pagg. 477-478. L'illustre Autore prosegue rilevando che "... a questo punto l'individuazione di un
sicuro fondamento costituzionale alle esigenze del "giusto procedimento" amministrativo, ancora
non del tutto sicura con riferimento alle norme sull'attività amministrativa (l'art. 97 della
Costituzione, ad es.) potrebbe essere agevolata dal richiamo ai principi generali sul processo.
L'attività amministrativa del controllo ed accertamento in materia fiscale si connette infatti con la
successiva fase contenziosa giurisdizionale, non solo per l'eventuale qualificazione dell'atto in
termini di provocatio ad opponendum (secondo la nota tesi del Berliri), ma anche e soprattutto
perché i risultati dell'attività amministrativa si trasfondono nel processo sia in termini di
predeterminazione degli argomenti che l'Amministrazione finanziaria potrà legittimamente addurre
in sede contenziosa, sia come materiale probatorio che non necessita di nuove rituali acquisizioni.
Sembra dunque ovvio che i fondamentali principi ispiratori della disciplina del processo debbano
essere rispettati anche nella fase amministrativa che precede e condiziona il processo medesimo. In
particolare, queste considerazioni potrebbero essere riferite alla regola del contraddittorio, la cui
necessaria applicazione alla fase amministrativa dell'accertamento potrebbe essere dedotta dalla
rilevanza che i risultati dell'accertamento stesso verranno ad assumere nel processo".

5 Sull'obbligo di motivazione in sede di accertamento induttivo, nel caso in cui l'Amministrazione
ricorra alle presunzioni avvalendosi di indici indiretti di redditività, cfr. G.F. Gaffuri,
"Considerazioni sull'accertamento tributario", in Riv. Dir. Fin. Sc. Fin., 1981, I, pagg. 532 ss.

Il Ministero smentisce “ l' infallibilità" degli studi di settore
di Michelutti Giorgio
in Corr. Trib. n. 28/2000, pag. 2017

Gli studi di settore costituiscono un metodo di accertamento induttivo e, secondo il Ministero,
tenuto conto della loro fondatezza matematico-statistica, sono assolutamente precisi; pertanto, in
base agli studi di settore si faranno accertamenti di massa. Ma, cammin facendo, sono emersi
elementi di criticità (anomalie e particolarità), riconosciuti dal Ministero stesso. Se da un lato si
auspica un ripensamento dell'impostazione iniziale (o quantomeno un prudente utilizzo), dall'altro
si evidenzia che tali elementi di criticità costituiscono una categoria privilegiata di attenuanti
specifiche in sede di concordato o di contenzioso. Non solo. Viene meno la funzione preventiva
degli studi di settore e perde di significato la facoltà di adeguamento concessa ai contribuenti.

Dalle affermazioni iniziali alla prova dei fatti
Gli studi di settore sono stati introdotti, quale metodologia di accertamento induttivo, con una vaga
e scarna norma quadro nel 1993 [1], e sono poi rimasti nel cassetto per diversi anni in attesa di
precisazioni circa i contenuti concreti.
Lo " stand-by " era dovuto alle diverse vedute dei numerosi Ministri delle finanze che in quegli anni
si erano avvicendati. All'epoca, infatti, sugli studi di settore circolavano idee contrastanti:
- chi pensava a guide elastiche per il controllo personalizzato [2];
- chi a determinazioni forfettarie di tipo catastale;
- chi, ancora, ad accertamenti di massa per mezzo del computer.

                                                                                                       18
Alla fine è prevalsa la terza via.
Ignorando le obiezioni di chi temeva contraddizioni, abusi e rigidità di un siffatto meccanismo
automatico-numerico, gli studi di settore sono stati presentati come un "sistema esperto", fondato su
metodi matematico-statistici in grado di valutare perfettamente la capacità di produrre ricavi da
parte delle singole attività economiche.
Si è sostenuto infatti che lo strumento "è sostanzialmente indiscutibile sul piano tecnico-scientifico,
perché accerta i ricavi con assoluta precisione, accerta i parametri strutturali dell'azienda
collegandoli anche alla sua localizzazione" [3].
Tale affermazione dogmatica, tuttavia, è stata più volte smentita sia dai primi esempi pratici che da
interventi normativi o interpretativi.
In questo contesto va segnalata la recente C.M. 8 giugno 2000, n. 121/E [4] che, recependo le
osservazioni più rilevanti formulate da una apposita Commissione di esperti, evidenzia tutta una
serie di particolarità ed anomalie relative agli studi di settore [5].
A detta della circolare tali anomalie non sono colte immediatamente, in via automatica, da
GE.RI.CO. (il software per la determinazione dei ricavi e dei compensi in base agli studi di settore);
solo in una fase successiva, infatti, tali anomalie devono essere recepite dagli Uffici attraverso il
contraddittorio con il contribuente nell'ambito del concordato. In altri termini, le risultanze del
software - tanto la non congruità dei ricavi, quanto l'incoerenza degli indicatori - perdono di
significatività e la corretta applicazione degli studi si potrà raggiungere, pertanto, solamente con
una "personalizzazione" in fase di contraddittorio.
Ne discendono due immediate osservazioni.
La prima, importantissima, è costituita proprio dal fatto che il programma di calcolo non è in grado,
in prima battuta, di determinare un risultato preciso, ma deve essere corretto "manualmente" in sede
di concordato. In tal modo gli studi di settore perdono sempre di più la loro funzione preventiva.
Con gli studi di settore - aveva viceversa affermato il Ministero [6] - il contribuente è in grado di
conoscere preventivamente le aspettative dell'Amministrazione finanziaria.
La seconda osservazione, stante l'approssimatività degli studi, è che la sede più idonea per il
necessario confronto con le ragioni del contribuente dovrebbe essere individuata a monte del
concordato, in un contraddittorio anticipato [7].

Gli elementi di criticità evidenziati dalla C.M. n. 121/E
Segnaliamo, di seguito, alcuni degli elementi di criticità, sia di carattere generale che settoriale,
evidenziati dalla menzionata C.M. n. 121/E del 2000, elementi che, si ribadisce, non sono colti in
via automatica dagli studi di settore [8].
1. La localizzazione dell'impresa nell'ambito del territorio comunale
Il problema era già stato sollevato dalla stampa l'anno scorso in occasione del primo anno di
applicazione degli studi [9]. Si evidenzia che tale anomalia è particolarmente rilevante per il settore
del commercio, per i bar, i ristoranti ed affini: gli esercizi che sono nel centro di una grande città,
infatti, vengono trattati dagli studi allo stesso modo dei negozi in periferia. Secondo gli esperti di
Confcommercio e Confesercenti tali effetti negativi non si fanno sentire soltanto a Roma o Milano
ma anche in città che hanno 50 o 100 mila abitanti: è decisivo che ci sia una differenza sostanziale
fra una zona e l'altra della stessa località.
2. Le condizioni di marginalità economica per le imprese condotte da un imprenditore anziano

                                                                                                    19
Tale fattore - già sollevato a suo tempo a proposito della c.d. minimum-tax - determina uno
svolgimento dell'attività secondo logiche non strettamente economiche. Per effetto di tali logiche,
l'impresa in questione si differenzia dalle altre imprese appartenenti allo stesso settore.
3. La classificazione del contribuente nell'ambito dei gruppi omogenei
In sostanza il software GE.RI.CO. potrebbe addirittura assegnare il contribuente ad un gruppo
omogeneo (c.d. cluster ) che non corrisponde alle caratteristiche aziendali del contribuente stesso,
generando anomalie. Il contribuente, preliminarmente, deve quindi procedere a tale verifica, che
sembra alquanto complessa.
4. La svalutazione (latente) nella voce "magazzino"
In determinate fattispecie, nel settore del commercio al dettaglio, il valore contabile del magazzino
(quantificato a costi), non tiene conto del deprezzamento dovuto al fenomeno moda, e quindi non
corrisponde al reale valore commerciale. Questo fatto, evidentemente, altera pesantemente il
ricarico.
5. I prezzi ed il ricarico degli esercizi commerciali in regime di concorrenza
Gli esercizi commerciali tradizionali, messi seriamente in crisi per la concorrenza della grande
distribuzione, sono costretti a praticare a loro volta una politica di prezzi al ribasso, con una
ripercussione diretta sul ricarico.
6. Il ricarico del dettagliante che vende non solo ai privati
Alcuni esercizi al dettaglio vendono - con ricarichi diversi - sia a privati che ad altri utilizzatori
professionali o ad altri esercizi commerciali. Può essere il caso del supermercato o del fruttivendolo
che vende anche a ristoranti con un ricarico sensibilmente più basso rispetto a quello realizzato con
le vendite al dettaglio effettuate nei confronti dei privati. Anche questo caso si ripercuote sul
ricarico medio.

Gli altri elementi di criticità
Le anomalie rappresentate dalla C.M. n. 121/E non costituiscono la prima smentita in ordine alla
asserita millimetrica precisione degli studi di settore.
Infatti:
- già in passato, con la C.M. 21 maggio 1999 n. 110/E, paragrafo 7, [10] erano state enucleate altre
particolarità ed anomalie: ad esempio, con riferimento agli intermediari del commercio, si era già
affermato che è doveroso tenere conto del periodo iniziale di attività del soggetto, impegnato
nell'acquisizione della clientela e che deve sopportare costi elevati;
- è stato ripetuto in svariate occasioni, che molti codici Istat, per mezzo dei quali viene assegnato a
ciascun contribuente il relativo studio di settore, non sono più rispondenti alla realtà organizzativa
delle imprese, in quanto vengono classificate separatamente attività svolte unitariamente (sia a
causa dell'evoluzione avvenuta negli ultimi anni nei comparti produttivi e dei servizi, sia per
l'entrata in vigore della recente normativa sul commercio);
-altri dubbi circa l'accertamento di massa con gli studi di settore sono venuti dal D.M. 24 dicembre
1999 [11] relativo alle modalità di annotazione separata dei componenti rilevanti ai fini
dell'applicazione degli studi di settore. Non tanto per le complicazioni ivi introdotte, quanto per le
motivazioni addotte per l'introduzione del decreto: si afferma [12] infatti che 200.000-300.000
soggetti (su una platea di 1.300.000 di soggetti) non possono applicare gli studi perché "multi-
punto" o "pluri-attività". In altri termini, gli studi di settore "non vedono" oltre il 20 % dei
contribuenti interessati.

                                                                                                    20
Puoi anche leggere