COLLEGIO DEI RAGIONIERI COMMERCIALISTI DI BRESCIA - Come difendersi dagli studi di settore brevi note - A cura della Commissione Studi
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COLLEGIO DEI RAGIONIERI COMMERCIALISTI DI BRESCIA Come difendersi dagli studi di settore brevi note A cura della Commissione Studi 1
Sommario PREMESSA 1) Normativa…………………………………….pag. 4 2) Prassi ………………………………………...pag. 7 3) Dottrina e Giurisprudenza …………………..pag. 10 4) Le regole dell’accertamento ………………..pag. 48 5) Accertamento con adesione……….…… ….pag. 51 6) Le strategie difensive ………..…………….pag. 54 7) Schema ricorso……………………………….pag. 66 2
PREMESSA La disciplina degli studi di settore è stata introdotta nel nostro ordinamento dall’art. 62 bis del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito dalla legge 29 ottobre 1993 n. 427. L’Agenzia delle Entrate così motiva l’introduzione di questo strumento : Il sistema tributario dei primi anni settanta aveva ancorato la determinazione del reddito d’impresa e di lavoro autonomo, alle risultanze delle scritture contabili. Ciò aveva, conseguentemente, determinato l’introduzione di vincoli e cautele all’utilizzo, da parte degli uffici tributari , di accertamenti induttivi che dovevano considerarsi del tutto eccezionali e legittimati solo in presenza di gravi irregolarità contabili commesse dal contribuente. In tale contesto gli accertamenti induttivi erano destinati a costituire una quota non significativa del totale delle rettifiche eseguite. Si realizzava così il paradosso per cui il sistema finiva per privilegiare il contribuente-evasore, che però aveva fatto attenzione a tenere in regola le scritture contabili, penalizzando invece il contribuente che pagava fino all’ultima tutte le sue tasse, ma che aveva semplicemente dimenticato di ottemperare ad alcune regole formali, come ad esempio la vidimazione di un registro contabile. Gli studi di settore sono stati introdotti per superare le incongruenze del vecchio sistema, per “regolare” e prevenire eventuali conflitti, nel nuovo clima di lealtà e collaborazione che si respira nel rapporto Fisco - contribuente , anche grazie all’introduzione di istituti come l’accertamento con adesione e l’auto tutela. In questo nuovo rapporto assume finalmente importanza tutto quello che è utile a circostanziare la posizione fiscale effettiva del singolo contribuente in relazione alle caratteristiche oggettive della sua attività. Tuttavia la nostra esperienza maturata sul campo e verificata quotidianamente ci porta a ritenere che detti strumenti debbano essere considerati delle presunzioni semplici e, d'altra parte questi modelli matematici non potranno mai cogliere appieno le diverse capacità imprenditoriali, sottolineare le diverse attitudini, valutare le procedure gestionali che fanno la differenza e consentono a quell’imprenditore piuttosto che all’altro risultati, anche reddituali , diversi. Ecco perché questi strumenti devono essere ausilio dell’Accertamento e non diventare essi stessi Accertamento. La Commissione Studi Il coordinatore Eugenio Vitello 3
NORMATIVA Decreto del 19 maggio 2005. Approvazione delle disposizioni per l'applicazione degli Studi di Settore ai contribuenti che esercitano due o più attività di impresa, ovvero a una o più attività in diverse unità di produzione o di vendita (61 studi in vigore a decorrere dal periodo d’imposta 2004) Decreto del 22 aprile 2005. Approvazione dei limiti di ricavi o compensi entro cui è possibile avvalersi del regime fiscale delle attività marginali (61 studi in vigore a decorrere dal periodo d’imposta 2004) DECRETO 24 marzo 2005 - Approvazione di un nuovo studio di settore e delle evoluzioni di studi di settore relativi ad attività professionali (G.U. n. 74 del 31-3-2005- Suppl. Straordinario) DECRETO 24 marzo 2005 - Approvazione delle evoluzioni di studi di settore relativi ad attività economiche nel settore delle manifatture (G.U. n. 74 del 31-3-2005- Suppl. Straordinario) DECRETO 17 marzo 2005 - Approvazione delle evoluzioni di dodici studi di settore relativi ad attività economiche nel settore delle manifatture (G.U. n. 74 del 31-3-2005- Suppl. Straordinario) DECRETO 17 marzo 2005 - Approvazione di un nuovo studio di settore e le evoluzioni di 12 studi di settore relativi ad attività economiche nel settore dei servizi (G.U. n. 74 del 31-3- 2005- Suppl. Straordinario) DECRETO 17 marzo 2005 - Approvazione delle evoluzioni di 21 studi di settore relativi ad attività economiche nel settore del commercio (G.U. n. 74 del 31-3-2005- Suppl. Straordinario) Provvedimento del 21/02/2005 - Programma delle revisioni degli studi di settore applicabili a partire dal periodo d’imposta 2005 (Gazzetta Ufficiale n. 48 del 28/02/2005) Decreto del 14/07/2004. Approvazione delle disposizioni per l'applicazione degli studi di settore ai contribuenti che esercitano due o più attività di impresa ovvero una o piu' attività in diverse unità di produzione o di vendita Decreto del 18/07/2003. Approvazione delle disposizioni per l'applicazione degli studi di settore ai contribuenti che esercitano due o più attività di impresa ovvero una o piu' attività in diverse unità di produzione o di vendita Provvedimento del 15/04/2003 - Approvazione dei limiti di ricavi o compensi entro cui è possibile avvalersi del regime fiscale Decreto del 25/03/2002. Criteri di applicazione degli studi a imprese multipunto e multiattività 4
Provvedimento sui limiti per le attivitagrà marginali relativamente agli ultimi 13 studi di settore (14/04/2002) Criteri di applicazione degli studi a imprese multipunto e multiattività (25/03/2002) Modalità di riduzione dei ricavi e compensi determinati in base agli studi di settore per la loro applicazione nei confronti dei contribuenti "marginali"(02/01/2002) Adeguamento spontaneo in dichiarazione ai maggiori ricavi derivanti dall'applicazione degli studi di settore: legge n. 448 del 28 dicembre 2001, articolo 9, commi 12 e 13 Modifiche concernenti le modalità di annotazione separata dei componenti rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore - PROVVEDIMENTO DEL 15/06/2001 - Emanato da Agenzia delle Entrate - Pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 147 del 27/06/2001 - Per la decorrenza vedi il terzo comma dell'art. 1 Approvazione dei limiti di ricavi o compensi entro cui è possibile avvalersi del regime fiscale delle attività marginali, relativi alle attività comprese nei 29 studi di settore approvati con decreti ministeriali del 20 marzo 2001 - PROVVEDIMENTO DEL 26/03/2001 - Emanato da Agenzia delle Entrate - Pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 73 del 28/03/2001 Approvazione dei limiti di ricavi o compensi entro cui è possibile avvalersi del regime fiscale delle attività marginali - PROVVEDIMENTO DEL 28/02/2001 - Emanato da Agenzia delle Entrate - Pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 58 del 10/03/2001 Approvazione dei limiti di ricavi o compensi entro cui è possibile avvalersi del regime fiscale delle attività marginali - PROVVEDIMENTO DEL 08/02/2001 - Emanato da Agenzia delle Entrate - Pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 42 del 20/02/2001 - Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate LEGGE DEL 21/11/2000 N. 342 (Pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 276 del 25/11/2000 - supplemento ordinario) Misure in materia fiscale art. 70 Disposizioni riguardanti l'accertamento basato sugli studi di settore e l'accertamento basato sui parametri art. 71 Adeguamento alle risultanze degli studi di settore art. 72 Adempimenti contabili dei soggetti esercenti più attività ANNOTAZIONE SEPARATA: Decreto del direttore generale del Dipartimento delle entrate del 24 dicembre 1999 5
ADEGUAMENTO DELLE ESISTENZE INIZIALI: Articolo 7, commi da 9 a 14, legge 23 dicembre 1999, n. 488 STUDI DI SETTORE & PARAMETRI: Decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999 n. 195 OSSERVATORI PROVINCIALI - Decreto del direttore generale del Dipartimento delle entrate 15 aprile 1999 STUDI DI SETTORE - NORMATIVA A REGIME: Legge 8 maggio 1998, n. 146, Articolo 10 PARAMETRI MODIFICHE DAL '96: Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 marzo 1997 CONTABILITA' INATTENDIBILE: Decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1996, n. 570 - Regolamento per la determinazione dei criteri in base ai quali la contabilità ordinaria è considerata inattendibile, relativamente agli esercenti attivià d'impresa, arti e professioni PROROGA PARAMETRI OLTRE IL '95: Legge 23 dicembre 1996, n. 662 PARAMETRI VERSIONE '95: Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 gennaio 1996 - Elaborazione dei parametri per la determinazione di ricavi, compensi e volume d'affari sulla base delle caratteristiche e delle condizioni di esercizio sull'attività svolta PARAMETRI - LEGGE ISTITUTIVA: Legge 28 dicembre 1995, n. 549 - Articolo 3, commi da 181 a 189 STUDI DI SETTORE - PRIME NORME: Decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331 convertito in legge 29 ottobre 1993, n. 427 - Art. 62-bis - Art. 62-sexies 6
PRASSI Circolare n. 32/E del 21/06/2005: "Studi di settore - periodo di imposta 2004" Circolare n. 27/E del 18/06/2004: "Studi di settore. Periodo d'imposta 2003" Circolare n. 42/E del 24 luglio 2003: "Prevenzione e contrasto all'evasione - Attività dell'Agenzia per il 2003" Circolare n. 39/E del 17/07/2003: "Studi di settore - periodo di imposta 2002" Attività di controllo dei dati strutturali e contabili rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore (09/06/2003) Circolare 58/E del 27 giugno 2002 "Studi di settore - periodo di imposta 2001" Chiarimenti nelle istruzioni ai modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore: Risoluzione n. 165/E del 4 giugno 2002 Attività di accertamento sulla base degli studi di settore per il periodo d'imposta 1998 - CIRCOLARE - 11 APRILE 2002 N. 29 / E ANNOTAZIONE SEPARATA - CIRCOLARE 25 FEBBRAIO 2000, n. 31/E Adeguamento spontaneo in dichiarazione ai maggiori ricavi derivanti dall’ applicazione degli studi di settore: Circolare 15/E del 1 febbraio 2002, paragrafo 10 OSSERVATORI PROVINCIALI per l'adeguamento degli studi di settore alle realtà economiche locali. Compiti e modalità di funzionamento - Circolare 96/E del 15 novembre 2001 Annotazione separata dei componenti rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore - Facoltà prevista dal provvedimento del 15 giugno 2001 - RISOLUZIONE DEL 06/07/2001 N. 111 - Emanata da Agenzia delle Entrate - Direzione Centrale Accertamento Sanatoria dei codici di attività ai fini della corretta applicazione degli studi di settore - RISOLUZIONE DEL 06/07/2001 N. 112 - Emanata da Agenzia delle Entrate - Direzione Centrale Accertamento Sanatoria dei codici di attività ai fini della corretta applicazione degli studi di settore - RISOLUZIONE DEL 06/07/2001 N. 112 - Emanata da Agenzia delle Entrate - Direzione Centrale Accertamento STUDI DI SETTORE - CIRCOLARE DEL 13/06/2001 N. 54 - Emanata da Agenzia delle Entrate - Direzione Centrale Accertamento 7
Attività di accertamento sulla base dei parametri previsti dalla legge 28 dicembre 1995, n. 549, per il periodo d'imposta 1996 - Ulteriori indicazioni in merito alla gestione della fase del contraddittorio - CIRCOLARE DEL 14/03/2001 N. 25 - Emanata da Agenzia delle Entrate - Direzione Centrale Accertamento Attività di verifica nei confronti di contribuenti che, per il periodo di imposta 1998, risultano "non coerenti" rispetto agli indicatori economici individuati dagli studi di settore - CIRCOLARE DEL 17/11/2000 N. 210 - Emanata da Ministero delle Finanze - Direzione Centrale Accertamento Metodologie di controllo differenziate per attività economiche dirette al consumatore finale - CIRCOLARE - 13 OTTOBRE 2000 N. 185 / E Attività di accertamento nei confronti delle persone fisiche sulla base dei parametri previsti dalla legge 28 dicembre 1996, n. 549, per il periodo d'imposta 1996 - CIRCOLARE DEL 03/10/2000 N. 175 - Emanata da Ministero delle Finanze - Dipartimento delle Entrate - Dir. Centrale Accertamento Attività di accertamento nei confronti delle persone fisiche sulla base dei parametri previsti dalla legge 28 dicembre 1996, n. 549, per il periodo d'imposta 1996 - CIRCOLARE DEL 03/10/2000 N. 175 - Emanata da Ministero delle Finanze - Dipartimento delle Entrate - Dir. Centrale Accertamento STUDI DI SETTORE - ANNOTAZIONE SEPARATA - ULTERIORI PRECISAZIONI - CIRCOLARE 3 LUGLIO 2000, N. 134/E ADEGUAMENTO DEL MAGAZZINO - CIRCOLARE I GIUGNO 2000, N. 115/E STUDI DI SETTORE - CIRCOLARE 8 GIUGNO 2000, N. 121/E ADEGUAMENTO DEL MAGAZZINO - CIRCOLARE I GIUGNO 2000, N. 115/E STUDI DI SETTORE - RISPOSTE A QUESITI - CIRCOLARE 5 LUGLIO '99, n. 148/E STUDI DI SETTORE - ESTRATTO CIRCOLARE 9 GIUGNO '99, n.127/E STUDI DI SETTORE - PRIMA CIRCOLARE 21 MAGGIO '99, n. 110/E STUDI DI SETTORE - CHIARIMENTI FORNITI IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE DEI PRIMI QUESTIONARI STUDI DI SETTORE - (ESTRATTO DALLE CIRCOLARI 205/E-215/E-257/E DEL 1997) 8
Circolare 205/E del 13/07/1997: "Studi di Settore - Invio dei questionari ai contribuenti" PARAMETRI - SECONDA CIRCOLARE - 16 MAGGIO 1997 N.140/E PARAMETRI per la determinazione presuntiva dei ricavi, dei compensi e del volume d'affari. Art. 3, commi da 181 a 189, della legge 28/12/1995, n. 549 - PRIMA CIRCOLARE - 13 MAGGIO 1996 N. 117 / E 9
DOTTRINA e GIURISPRUDENZA Parametri 1995: le possibilità di difesa per il professionista di Gorgoglione Lorenzo in Pratica Professionale - I Casi, n. 5/2001, pag. 181 - Caso n. 83 In sede di verifica, è stato riscontrato che le annotazioni in contabilità ordinaria di un professionista sono state stampate su bollato denominato "incassi e pagamenti". In verità le annotazioni sono state effettuate considerando altresì le movimentazioni finanziarie. L'ufficio sostiene l'errato utilizzo del bollato. In conseguenza di tale comportamento, l'Ufficio intende applicare i parametri, determinando un maggior reddito imponibile ai fini Irpef e Iva. E' corretto l'operato dell'ufficio? Su quali basi è possibile motivare un ricorso contro l'applicazione dei parametri? (L.A., Milano) I parametri quali elementi presuntivi di maggiori ricavi, compensi e volume di affari Il Legislatore con la legge 28 dicembre 1995, n. 549, all'articolo 3, commi da 181 a 189, ha introdotto il metodo di accertamento che conosciamo con il nome di "Parametri" o "Ricavometro". Nel comma 181 del citato articolo 3, legge n. 549/1995, è stabilito che, fino all'approvazione degli studi di settore, gli accertamenti di cui all'articolo 39, comma 1, lett. d) del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, possono essere effettuati utilizzando i parametri stabiliti con D.P.C.M. 29 gennaio 1996. I parametri presuntivi di ricavi, compensi e volume di affari sono stati elaborati tenendo conto delle specifiche caratteristiche dell'attività esercitata in ciascun settore economico. I soggetti interessati dal particolare meccanismo presuntivo sono gli esercenti attività di impresa o arti e professioni in regime di contabilità semplificata ovvero, in presenza di particolari condizioni, quelli in regime di contabilità ordinaria, sempre che gli stessi non abbiano dichiarato ricavi o compensi di ammontare superiore a 10 miliardi di lire. Per gli esercenti arti o professioni in regime di contabilità ordinaria, anche per opzione, lo strumento accertativo in commento può essere utilizzato dagli uffici quando dal verbale di ispezione, redatto ai sensi dell'articolo 33 del D.P.R. n. 600/1973, risulti l'inattendibilità della detta contabilità in base ai criteri stabiliti con apposito regolamento. Ad ogni modo, "il contribuente potrà valersi del diritto di fornire prova contraria, motivando e documentando idoneamente le ragioni in base alle quali la dichiarazione di ricavi o compensi di ammontare inferiore a quello presunto in base ai parametri può ritenersi giustificata, in relazione alle concrete modalità di svolgimento dell'attività. Tali situazioni possono tenere conto anche delle peculiari situazioni di mercato in cui il contribuente opera o delle modalità di espletamento dell'attività" (C.M. 13 maggio 1996, n. 117/E, punto 6, in Pratica Professionale n. 21/1996, pag. 743). Scritture contabili dei professionisti L'articolo 19 del D.P.R. n. 600/1973 prevede in generale che gli esercenti arte o professione annotino in ordine cronologico in un apposito registro le somme percepite indicando il relativo importo, al lordo e al netto dell'eventuale rimborso spese, le generalità, il comune di residenza e l'indirizzo del soggetto che effettua il pagamento, gli estremi della fattura, parcella o nota. Le stesse 10
indicazioni devono essere riportate in riferimento agli elementi di spesa inerenti l'esercizio dell'arte o professione. Il professionista assolve agli obblighi suddetti ai fini Irpef mediante la tenuta di un registro detto "degli incassi e dei pagamenti". Il regime naturale è quello della cd. "contabilità semplificata". Il contribuente può adottare per opzione un regime di contabilità ordinaria. Questa scelta obbliga il professionista ad istituire, previa bollatura, un diverso e particolare registro, il cd. "cronologico delle movimentazioni finanziarie". In questo libro il contribuente deve annotare le operazioni produttive di componenti positivi e negativi di reddito, integrate dalle movimentazioni finanziarie inerenti l'esercizio dell'arte o professione, ancorché estranee alla sfera di attività, nonché gli estremi dei conti correnti bancari utilizzati. Il registro cronologico ha una veste formale ben definita da un decreto ministeriale (il D.M. 15 settembre 1990). Con D.M. 20 dicembre 1990 è stata ammessa la possibilità di utilizzare il metodo contabile della partita doppia per la tenuta della contabilità ordinaria da parte di un professionista. In questo caso occorre provvedere a bollare preventivamente le scritture ausiliarie (i mastrini o partitari), salvo che le denominazioni dei conti menzionino espressamente le intestazioni delle colonne del registro manuale, secondo i criteri indicati nel D.M. 15 settembre 1990. Dal tenore del quesito non è dato conoscere se la irregolarità contestata al contribuente sia solo quella della intestazione del registro (violazione formale e a mio avviso ininfluente ove il registro contenesse le voci previste dal citato D.M. 15 settembre 1990 e rispettasse le previsioni del successivo D.M. 20 dicembre 1990) ovvero se altre e maggiori sono le omissioni rilevate. Le linee di difesa Premessa che nella fattispecie è da chiedere in via pregiudiziale la illegittimità nell'utilizzo dello strumento dei parametri, trattandosi di un soggetto in contabilità ordinaria e non rilevando presumibilmente l'irregolarità descritta quale legittimante il ricorso alle presunzioni di legge, resta da vedere come impostare una difesa contro l'avviso di accertamento. In primo luogo, consiglierei di non sottovalutare il fatto che la procedura di accertamento, nota come parametri, può affascinare il giudice tributario per l'aurea di infallibilità e perfezione che il richiamo a formule matematiche e ad elaborazioni statistiche porta con sé. Si può ricordare che l'articolo 3, comma 180, della legge n. 549/1995, ha inteso rendere applicabili i parametri soltanto fino all'approvazione degli studi di settore. Il Legislatore stesso ha riconosciuto la natura provvisoria e la funzione di temporanea sostituzione per i parametri. In altre parole, nel momento stesso della loro nascita la norma istitutiva ne ha riconosciuto i limiti e l'imperfezione. Ancora, la stessa legge istitutiva, al successivo comma 185 dell'articolo 3, ha previsto la possibilità per il contribuente di definire l'accertamento in base ai parametri ai sensi dell'articolo 2-bis del D.L. 30 settembre 1994, n. 564, convertito, con modifiche, dalla legge 30 novembre 1994, n. 656 (Accertamento con adesione). A tal fine, anzi, gli uffici devono inviare al contribuente una proposta di accertamento alla quale potrà far seguito la menzionata procedura di definizione prima della notifica dell'accertamento. Quanto sopra ad evidenziare di nuovo come il Legislatore innanzitutto, e l'Amministrazione finanziaria in seconda battuta, si siano resi ben conto dei limiti oggettivi che connotano la procedura di accertamento in commento. Il meccanismo di determinazione presuntivo viene a costituire soltanto indizio, fondato e supportato quale una presunzione di legge può essere, ma comunque presunzione semplice e non appuramento di una verità sostanziale e incontestabile. Adeguamento ai parametri Ai sensi del comma 188 del citato articolo 3 della legge n. 549/1995 il contribuente che non risulti congruo ai parametri presuntivi può evitare l'accertamento incrementando i ricavi e/o i compensi in sede di dichiarazione dei redditi ovvero i corrispettivi nella dichiarazione annuale Iva. 11
La possibilità concessa al contribuente di adeguarsi al risultato dei parametri evidenzia, a mio avviso con immediatezza, la natura di "strumento di pressione" dell'Amministrazione finanziaria nei confronti dei contribuenti poco "virtuosi". Se il Legislatore ritenesse i parametri, o li potesse ritenere, strumento rivelatore senza ombra di dubbio di una evasione di materia imponibile, prevederebbe l'irrogazione di sanzioni e la corresponsione di interessi e non invece l'adeguamento senza oneri. Vizio di motivazione Parte della dottrina che si è occupata dell'argomento ha osservato che "può ritenersi, pertanto, che nel giustificare la maggiore pretesa erariale addotta esclusivamente mediante il ricorso allo schema matematico-statistico di cui ai decreti citati, l'atto di accertamento fondato sull'applicazione dei paramenti si rilevi carente di motivazione" ("Difesa del contribuente dagli accertamenti fondati sui parametri", J. Bloch e L. Sorgato, in Corriere Tributario n. 36/1999, pag. 2696). Di diverso avviso altri autori, che giungono invece a conclusione diversa, ritenendo che "non esistono problemi di legittimità dell'avviso di accertamento sotto l'aspetto formale" ("Motivazione dell'atto e mezzi di difesa del contribuente", F. Forte e P. Fagiolo, in Il Fisco n. 7/2001). A mio avviso, non ha molte possibilità di successo il contestare sic e simpliciter il difetto di motivazione dell'atto di accertamento. Il vizio di legittimità concernente la mancata esposizione dei motivi deve invece essere impostato in maniera più articolata. Le risultanze dei parametri costituiscono presunzioni semplici, sia pure gravi, precise e concordanti, avverso le quali il contribuente ha diritto di addurre qualsivoglia elemento di prova, e ciò è opportuno che sia ribadito nella motivazione del ricorso. Come può però il contribuente valutare e confutare l'assimilazione della sua particolare situazione a quella media del settore o meglio l'inserimento in un determinato "cluster" che ha dato origine alla formula matematica a lui applicabile, ovvero come può difendersi dalla pretesa dell'ufficio fondata sui parametri? Il contribuente, in sede di concordato o al ricevimento dell'avviso di accertamento, ha interesse a mio avviso ad attivarsi, ai sensi della legge n. 241/1990 e della legge n. 212/2000, chiedendo all'Ufficio di conoscere le caratteristiche del cluster di riferimento in cui è stato inserito, sì da confrontare la propria situazione con quella tipica dei soggetti inclusi nel medesimo intervallo. Non pervenendo, come naturale, alcuna risposta dall'Ufficio, il contribuente potrà contestare, meglio che un generico difetto di motivazione dell'atto, una violazione o meglio una limitazione del diritto alla difesa, stante la ermeticità assoluta dei dati utilizzati dall'Amministrazione finanziaria per elaborare i parametri, senza che alcuna esplicitazione, sia pur richiesta, sia stata fornita. La metodologia accertativa propria dei parametri ha natura di presunzione grave, precisa e concordante se e a condizione che si adatti validamente alla situazione personale del contribuente che intende rappresentare. Ove il risultato della procedura induttiva si limiti a ricostruire la posizione fiscale del soggetto accertato (con metodi e algoritmi che solo con grande approssimazione possono ritenersi atti a riflettere le reali capacità produttive dell'azienda o del professionista), l'atto è contestabile in quanto non validamente fondato su un ragionamento presuntivo. Peculiarità dell'attività svolta Il contribuente conosce invero quali sono le modalità di esercizio dell'attività, le peculiarità del suo settore, della sua zona geografica, della sua collocazione commerciale, delle sue capacità tecniche e professionali. Tali caratteristiche personali sono fondamentali tanto più nelle attività con volume di affari ridotto, quelle appunto soggette all'accertamento in base ai parametri. Una possibile strategia di difesa 12
diventa quindi quella di descrivere al meglio sé stessi come imprenditore e professionista, pretendendo anzi che sia verificata la corrispondenza di queste peculiari caratteristiche con quelle medie dei soggetti inseriti nel cluster di riferimento ai fini dell'elaborazione dei parametri. Ove questa verifica non fosse, come non è, possibile, la domanda da porre all'Ufficio e al Giudice tributario sarebbe: "in base a quale principio di giustizia e correttezza, in forza di quale norma può essere ritenuta corretta una pretesa patrimoniale fondata su medie elaborate in base alle caratteristiche di soggetti assolutamente diversi?". Tale peculiarità e singolarità di ciascuna situazione è avvertita dallo stesso Ministero, che, da ultimo nella circolare 14 marzo 2001, n. 25/E (in Pratica Professionale n. 14/2001, pag. 419), ha ricordato "il contribuente può motivare e documentare idoneamente le ragioni in base alle quali la dichiarazione dei ricavi e dei compensi di ammontare inferiore a quello presunto in base ai parametri può ritenersi in tutto o in parte giustificata, in relazione alle concrete modalità di svolgimento dell'attività". Fattori esterni ed interni all'azienda possono determinare una limitazione della capacità stessa (orari, situazioni di mercato), elementi che appunto gli studi di settore cercano di considerare. Per il Ministero, anzi, gli studi di settore possono essere utilizzati a favore del contribuente, ove portino a conclusioni diverse da quelle dei parametri e più favorevoli, con ciò ammettendo nemmeno troppo velatamente le intrinseche e gravi limitazioni che i parametri hanno sin dall'origine. Limiti intrinseci al meccanismo presuntivo Una limitazione intrinseca al meccanismo presuntivo in commento è quello di pretendere di ricostruire il volume di vendite o di servizi partendo dalle voci di costo o di spesa. Gran parte delle attività imprenditoriali o professionali sono offerte a favore di altri soggetti Iva, nei confronti dei quali risulta impossibile non fatturare ovvero incassare in nero i corrispettivi (pensiamo ai padroncini nel settore dell'autotrasporto ovvero ai consulenti operanti solo nei confronti delle grandi aziende). In questi casi il soggetto tenderà probabilmente a imputare con troppa "facilità" costi e spese all'attività (pensiamo a carburanti e vitto), con una conseguente ripercussione sul volume di ricavi o compensi determinato dal meccanismo dei parametri. Ciò non toglie però che nessun maggiore ricavo o compenso è contestabile al soggetto. Il dato presunto potrebbe essere utilizzato per contestare analiticamente i costi imputati all'attività e non per creare invece materia imponibile inesistente. Di tale considerazione è opportuno, a mio avviso, offrire specifica annotazione. In secondo luogo, i parametri determinano il volume di ricavi e compensi presunto a seconda del tipo di attività, della natura e dell'importo di alcune classi di costo e di altre informazioni, tra le quali i ricavi o i compensi dichiarati. Una variabile inserita nella funzione matematico-statistica che elabora i ricavi o compensi sono proprio i ricavi o compensi dichiarati. Non è necessario possedere cognizioni tecniche particolari per non vedere l'incongruenza: una variabile non può generare se stessa. L'esempio, ormai classico, è quello di due contribuenti con identica attività, uguali componenti di costo e volume di compensi dichiarati diversi: i parametri evidenziano per i due soggetti due livelli di maggiori compensi. In altre parole i due contribuenti con i medesimi elementi di costo non presentano a livello di elaborazione dei parametri lo stesso volume di ricavi o compensi, senza che di ciò si possa comprendere il motivo. La giurisprudenza e le medie di settore I parametri altro non sono, come illustrato, che medie di settore particolarmente raffinate, ma i dati medi restano. Sistemi meno sofisticati (e invero con meno pretese) sono stati da sempre di largo 13
utilizzo da parte degli organi accertatori per determinare ricarichi, percentuali di cali e sfridi, dati statistici di vario genere e utilizzo. L'utilizzo acritico ed automatico di tali dati è stato ampiamente confutato e disapplicato dalla giurisprudenza dominante, per la loro inconferenza e inutilizzabilità, ammettendo al contrario per il contribuente la possibilità di contestarli sotto il profilo della sufficienza o adeguatezza degli elementi analizzati per la loro individuazione (vedasi tra le tante Cass. 15 febbraio 1995, n. 1628; Cass. 2 settembre 1995, n. 9265) Tali elementi, uniti ad un eventuale riesame dei dati indicati in dichiarazione e utilizzati dall'ufficio, sono a mio avviso tra i principali motivi da portare a propria difesa. Fonti normative D.L. 30 settembre 1994, n. 564, art. 2-bis Legge 28 dicembre 1995, n. 549 D.P.C.M. 29 gennaio 1996 C.M. n. 117/E del 13 maggio 1996 C.M. n. 25/E del 14 marzo 2001 DIFESA DEL CONTRIBUENTE DAGLI ACCERTAMENTI FONDATI SUI PARAMETRIPPARAMETRIARAMETRI di Bloch John e Sorgato Luciano in Corr. Trib. n.36/1999, pag. 2696 Le recenti istruzioni dettate relativamente all'effettuazione dell'accertamento cosiddetto "parametrico" pongono le premesse per l'analisi delle possibilità di resistenza, sul piano processuale o pre - processuale, all'atto di accertamento fondato sui parametrii. A tale fine, si esaminano la valenza probatoria dei parametri, i criteri di elaborazione degli stessi, l'eventuale esistenza di un vizio di motivazione e, con l'ausilio di un esempio pratico, alcune incongruenze che si possono verificare nell'applicazione dell'accertamento parametrico. La C.M. n. 136/E del 21 giugno 1999 [1] ha dettato istruzioni in materia di effettuazione dell'accertamento cosiddetto "parametrico", istituto introdotto per effetto dell'art. 3, commi 179 e seguenti, legge n. 549/1995. Sono state, così, poste, da un punto di vista contingente, le premesse per l'analisi delle possibilità di resistenza, sul piano processuale o pre-processuale, all'atto di accertamento fondato sui parametri. parametri. Valenza probatoria dei parametri. L'accertamento parametrico appartiene, in sintesi estrema, al più ampio genere degli accertamenti condotti secondo criteri di forfetizzazione, questi ultimi basati, nel caso specifico, su logiche- matematico-statistiche ereditate dai coefficienti presuntivi. Ai parametri viene, peraltro, riconosciuta, sin dall'originaria previsione legislativa, un'operatività provvisoria predefinita, in quanto destinati a "fare da ponte" tra coefficienti presuntivi e studi di settore. 14
Trattasi, in sintesi, di moltiplicatori, determinati ad opera di appositi atti normativi secondari, da applicarsi a dati indicatori di natura contabile, al fine di provare, in capo al contribuente accertato, l'esistenza di gravi asimmetrie tra redditività potenziale e redditi dichiarati. Tanto la collocazione normativa dell'accertamento parametrico tra gli accertamenti analitico- induttivi di cui all'art. 39, primo comma, lett. d), D.P.R. n. 600/1973, quanto l'assenza di qualsivoglia accenno legislativo in merito alla valenza probatoria ascrivibile all'impiego dei parametri convergono, ai fini dell'attribuzione alle affermazioni contenute nei parametri della valenza probatoria propria delle presunzioni cosiddette "semplici" e non, viceversa, di quelle cosiddette "legali". In quanto tali, i paparametrir risultano aggredibili, in sede processuale, opponendo qualsivoglia argomentazione suscettibile di ledere alla base la suggestività probatoria di cui essi appaiono portatori, essendo ben nota la discriminante tra presunzioni semplici e presunzioni legali. Queste ultime descrivono, in particolare, una relazione tecnica tra fatto noto e fatto dedotto, la cui valenza probatoria abbia espressamente riscosso l'apprezzamento del legislatore, così da vincolare il giudice tributario a recepirne il risultato inferenziale. Il contrario si verifica con riguardo alle presunzioni semplici, la cui capacità probatoria deve rendersi manifesta attraverso l'indagine analitica delle relative caratterizzazioni tecniche; indagine analitica, questa, tesa a vagliare se siffatte attitudini tecniche riescano idonee a correlare criticamente, se non con un nesso di univocità, perlomeno con un nesso accentuato di verosimiglianza, il fatto noto e il fatto che si intende provare. In siffatte circostanze, pertanto, il giudice tributario resta libero di apprezzare il valore probatorio che le presunzioni riescono a esprimere. Elaborazione dei Parametri L'art. 3, comma 184, legge 28 dicembre 1995, n. 549 ha demandato al Dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze l'elaborazione dei parametri, senza imporre a tale Dipartimento l'onere di divulgare, neppure sommariamente, i procedimenti formativi dei medesimi. I procedimenti formativi dei parametri hanno, così, trovato esteriorizzazione solo nelle note tecniche allegate al D.P.C.M. 29 gennaio 1996 e al D.P.C.M. 27 marzo 1997. In esse, siffatti procedimenti sono, così, sinteticamente descritti: 1) identificazione di un campione di contribuenti economicamente coerente; 2) identificazione di "gruppi massimamente omogenei di contribuenti" all'interno di un'attività economica; 3) identificazione di una funzione di ricavo e di compenso; 4) identificazione di una funzione che consenta di associare qualsiasi contribuente ad uno dei gruppi omogenei individuati per la sua attività; 5) calcolo di un fattore di adeguamento personalizzato. Come rilevato in dottrina [2], poiché per ciascun settore economico e voce contabile possono essere stati elaborati più parametri, in dipendenza del numero di gruppi omogenei in cui risulta suddivisa ciascuna categoria, il posizionamento del contribuente all'interno del cluster avviene secondo una funzione probabilistica, predisposta in base al metodo dell'"analisi discriminante", non esplicitata nelle citate note tecniche. Le conseguenze di detta mancata esplicitazione consistono, conclusivamente, nel fatto che i passaggi logici sottesi alla nuova iniziativa accertativa non trovano compiuta esteriorizzazione. Vizio di motivazione Dalla dottrina [3], in particolare, è stata ritenuta "non sufficiente, dal punto di vista conoscitivo, l'indicazione dei criteri statistici che sarebbero stati seguiti nell'elaborazione dei p parametri , dovendosi dare conto di quali soggetti siano stati campionati e di come si sia concretamente pervenuti al calcolo dei singoli moltiplicatori". Può ritenersi, pertanto, che nel giustificare la 15
maggiore pretesa erariale addotta esclusivamente mediante il ricorso allo schema matematico- statistico di cui ai decreti citati, l'atto di accertamento fondato sull'applicazione dei parametriametri si riveli carente di motivazione. Per dottrina e giurisprudenza consolidate, infatti, l'obbligo di motivazione può ritenersi pienamente assolto solo con la previa esplicitazione dell'iter logico- deduttivo che informa il ragionamento critico del verificatore. Solo la diretta e immediata apprensibilità di siffatto ragionamento critico, infatti, può consentire al contribuente raggiunto dalle contestazioni erariali di apprestare efficaci reazioni difensive. Laddove, nel caso in esame, la mancata esplicitazione, da parte delle note tecniche allegate al D.P.C.M. 29 gennaio 1996 e al D.P.C.M. 27 marzo 1997, di alcuni passaggi fondamentali non consente a quest'ultimo di apprezzare pienamente i criteri di impiego dei parametri. In tale senso va valutata, altresì, la necessità, avvertita in sede legislativa stessa, di procedere alla predisposizione e alla distribuzione dei supporti meccanografici contenenti i relativi programmi applicativi. Come si può osservare, il contribuente raggiunto da un atto di accertamento fondato sull'applicazione dei parametriparametri si trova di fronte ad una sorta di motivazione costruita per relationem, con riferimento, in particolare, alle note tecniche contenute dai citati decreti. In siffatte circostanze, come autorevolmente affermato [4], "... appare evidente la necessità di una sufficiente informazione, accessibile alla generalità dei contribuenti, circa i dati presi in considerazione, le regole ed i procedimenti tecnici seguiti per determinare il contenuto dei decreti ministeriali sui quali si fondano i singoli accertamenti. Né varrebbe obiettare che questi elementi riguardano l'eventuale illegittimità dei decreti stessi (ad efficacia normativa, o comunque generale), come tali autonomamente impugnabili ovvero disapplicabili, non i singoli accertamenti; infatti la conoscenza del procedimento seguito per la determinazione dei "coefficienti" è necessaria al contribuente, non solo ai fini dell'impugnazione o della richiesta di disapplicazione del decreto ministeriale, ove possibile, ma anche per argomentare, nel pur limitato ambito concesso dalla legge, l'eventuale "prova contraria" al risultato dell'accertamento". In caso di accertamento analitico-induttivo fondato sull'applicazione dei parametrii, l'atto di accertamento, in altri termini, deve rendere noto il processo di stima attraverso il quale è stato determinato un maggiore livello di ricavi: se tale estrinsecazione avviene per relationem, ossia mediante il riferimento, in particolare, alle note tecniche contenute dai citati decreti, è chiaro che le carenze, sotto tale profilo, di questi ultimi non possono che riflettersi sull'atto di accertamento [5]. Conclusivamente, quindi, l'atto di accertamento si presta all'invalidazione in via pregiudiziale, in quanto sprovvisto dei contenuti legali minimali prescritti dall'art. 42, terzo comma, D.P.R. n. 600/1973. Incongruenze dell'accertamento parametrico Come già evidenziato, l'indagine parametrica della congruità reddituale del contribuente si fonda su di una elaborazione matematico-statistica che deve dimostrarsi in grado di assurgere al rango di presunzione grave, precisa e concordante, in tale senso dovendosi apprezzare la stessa collocazione normativa dell'accertamento parametrico tra gli accertamenti analitico-induttivi di cui all'art. 39, primo comma, lett. d), D.P.R. n. 600/1973. Se si passano in rassegna le informazioni di tipo contabile che il programma ministeriale richiede al contribuente, ci si imbatte, in particolare, in una variabile manifestamente eterogenea rispetto alle altre e per di più immediatamente riconoscibile quale del tutto "anomala": il "ricavo contabile del contribuente". Trattasi, in particolare, di una variabile del tutto inidonea a partecipare con ragionevolezza al procedimento formativo del ricavo stimato. In primo luogo, perché è di elementare assunzione che una variabile non può generare se stessa. Se l'intera procedura è protesa all'individuazione del ricavo congruo, è palesemente irrazionale volere introdurre nel suo schema matematico-statistico, inquinandolo, una variabile che è esattamente identica a quella che il suo meccanismo di 16
funzionamento dovrebbe conclusivamente esprimere. In secondo luogo, perché si tratta di una variabile manifestamente inattendibile, risentendo, con ogni ovvietà, dei tentativi di evasione posti in essere dal contribuente. Laddove, ad ogni evidenza, l'inserimento di una variabile inattendibile in uno schema che reagisce esclusivamente a impulsi matematico-statistici finisce per inquinare l'intera procedura, che si dimostra complessivamente inattendibile e incapace, in quanto tale, di pervenire ad una determinazione reddituale ragionevole. Un esempio é sufficiente, per rendere immediata evidenza delle precedenti considerazioni, porre a confronto due contribuenti che, a fronte di dati contabili di costo (rilevanti ai fini dell'applicazione dei parametri) identici, presentino dati contabili di ricavo divergenti: ad esempio, 100 per il primo e 120 per il secondo contribuente. Siffatta divergenza in termini di "ricavi contabili" fa sì che, se si impostano, nel caso specifico, le relative simulazioni, si ottengono determinazioni reddituali manifestamente irragionevoli. Nei confronti del primo e del secondo contribuente, il programma applicativo evidenzia maggiori ricavi stimati pari, per ipotesi, rispettivamente a 50 e a 40. Se i due contribuenti reimpostano le simulazioni, introducendo, in luogo del dato originario (e a parità degli altri dati contabili), ricavi contabili pari, rispettivamente, a 150 e a 160, entrambi vengono ridefiniti non congrui dal programma ministeriale, che adduce ulteriori pretese in termini di maggiori ricavi imponibili. Proseguendo la simulazione, entrambi pervengono, alfine, ad una soglia definitiva di congruità (in termini di "ricavi contabili") pari, per ipotesi, a 200. Le ragioni di tale identità (in termini di ricavi contabili che rendono "congruo" il contribuente) sono palesi: entrambi i contribuenti sono in possesso degli stessi dati di costo rilevanti ai fini dell'applicazione dei parametri e presentano, pertanto, tanto un identico potenziale produttivo, quanto un identico potenziale reddituale. A rivestire una valenza segnaletica, al tempo stesso efficace e ragionevole, dei ricavi effettivi del contribuente, in altri termini, sono solo i costi, mentre l'inserimento nel meccanismo dei ricavi contabili influenza negativamente l'intero procedimento, adombrandolo sul piano dell'inattendibilità complessiva, quanto delegittimandolo sul piano del necessario rispetto dei principi costituzionali di ragionevolezza, di capacità contributiva e di uguaglianza. Se si riprende la prima simulazione, si può, infatti, constatare come il secondo contribuente, pur avendo contabilizzato, rispetto al primo, maggiori ricavi, finirà per adempiere ad una pretesa erariale complessiva pari a 160 (ossia 120 + 40), superiore, pertanto, a quella, pari a 150 (ossia 100 + 50), incontrata dal primo contribuente. Ne consegue che le affermazioni contenute nei parametriametri finiscono per incentivare l'evasione, oltre a essere viziate di irragionevolezza e a dimostrarsi incapaci, da sole, di assurgere, conclusivamente, al rango di presunzioni gravi, precise e concordanti. Note: 1 In Corr. Trib. n. 28/1999, pag. 2162 e in Banca Dati n. 8/1999, pag. 877. 2 L. Tosi, Le predeterminazioni normative nell'imposizione reddituale, 1999, pag. 264. Nello stesso senso anche C.F. Maggi e N. Miglietta, "Dubbi sulla legittimità dei criteri e dei gruppi omogenei definiti per la determinazione dei ricavi, dei compensi e del volume d'affari", in il fisco, 1996, pag. 3993. 3 L. Tosi, op. cit. 17
4 A. Fedele, "I principi costituzionali e l'accertamento tributario", in Riv. Dir. Fin. Sc. Fin., 1992, I, pagg. 477-478. L'illustre Autore prosegue rilevando che "... a questo punto l'individuazione di un sicuro fondamento costituzionale alle esigenze del "giusto procedimento" amministrativo, ancora non del tutto sicura con riferimento alle norme sull'attività amministrativa (l'art. 97 della Costituzione, ad es.) potrebbe essere agevolata dal richiamo ai principi generali sul processo. L'attività amministrativa del controllo ed accertamento in materia fiscale si connette infatti con la successiva fase contenziosa giurisdizionale, non solo per l'eventuale qualificazione dell'atto in termini di provocatio ad opponendum (secondo la nota tesi del Berliri), ma anche e soprattutto perché i risultati dell'attività amministrativa si trasfondono nel processo sia in termini di predeterminazione degli argomenti che l'Amministrazione finanziaria potrà legittimamente addurre in sede contenziosa, sia come materiale probatorio che non necessita di nuove rituali acquisizioni. Sembra dunque ovvio che i fondamentali principi ispiratori della disciplina del processo debbano essere rispettati anche nella fase amministrativa che precede e condiziona il processo medesimo. In particolare, queste considerazioni potrebbero essere riferite alla regola del contraddittorio, la cui necessaria applicazione alla fase amministrativa dell'accertamento potrebbe essere dedotta dalla rilevanza che i risultati dell'accertamento stesso verranno ad assumere nel processo". 5 Sull'obbligo di motivazione in sede di accertamento induttivo, nel caso in cui l'Amministrazione ricorra alle presunzioni avvalendosi di indici indiretti di redditività, cfr. G.F. Gaffuri, "Considerazioni sull'accertamento tributario", in Riv. Dir. Fin. Sc. Fin., 1981, I, pagg. 532 ss. Il Ministero smentisce “ l' infallibilità" degli studi di settore di Michelutti Giorgio in Corr. Trib. n. 28/2000, pag. 2017 Gli studi di settore costituiscono un metodo di accertamento induttivo e, secondo il Ministero, tenuto conto della loro fondatezza matematico-statistica, sono assolutamente precisi; pertanto, in base agli studi di settore si faranno accertamenti di massa. Ma, cammin facendo, sono emersi elementi di criticità (anomalie e particolarità), riconosciuti dal Ministero stesso. Se da un lato si auspica un ripensamento dell'impostazione iniziale (o quantomeno un prudente utilizzo), dall'altro si evidenzia che tali elementi di criticità costituiscono una categoria privilegiata di attenuanti specifiche in sede di concordato o di contenzioso. Non solo. Viene meno la funzione preventiva degli studi di settore e perde di significato la facoltà di adeguamento concessa ai contribuenti. Dalle affermazioni iniziali alla prova dei fatti Gli studi di settore sono stati introdotti, quale metodologia di accertamento induttivo, con una vaga e scarna norma quadro nel 1993 [1], e sono poi rimasti nel cassetto per diversi anni in attesa di precisazioni circa i contenuti concreti. Lo " stand-by " era dovuto alle diverse vedute dei numerosi Ministri delle finanze che in quegli anni si erano avvicendati. All'epoca, infatti, sugli studi di settore circolavano idee contrastanti: - chi pensava a guide elastiche per il controllo personalizzato [2]; - chi a determinazioni forfettarie di tipo catastale; - chi, ancora, ad accertamenti di massa per mezzo del computer. 18
Alla fine è prevalsa la terza via. Ignorando le obiezioni di chi temeva contraddizioni, abusi e rigidità di un siffatto meccanismo automatico-numerico, gli studi di settore sono stati presentati come un "sistema esperto", fondato su metodi matematico-statistici in grado di valutare perfettamente la capacità di produrre ricavi da parte delle singole attività economiche. Si è sostenuto infatti che lo strumento "è sostanzialmente indiscutibile sul piano tecnico-scientifico, perché accerta i ricavi con assoluta precisione, accerta i parametri strutturali dell'azienda collegandoli anche alla sua localizzazione" [3]. Tale affermazione dogmatica, tuttavia, è stata più volte smentita sia dai primi esempi pratici che da interventi normativi o interpretativi. In questo contesto va segnalata la recente C.M. 8 giugno 2000, n. 121/E [4] che, recependo le osservazioni più rilevanti formulate da una apposita Commissione di esperti, evidenzia tutta una serie di particolarità ed anomalie relative agli studi di settore [5]. A detta della circolare tali anomalie non sono colte immediatamente, in via automatica, da GE.RI.CO. (il software per la determinazione dei ricavi e dei compensi in base agli studi di settore); solo in una fase successiva, infatti, tali anomalie devono essere recepite dagli Uffici attraverso il contraddittorio con il contribuente nell'ambito del concordato. In altri termini, le risultanze del software - tanto la non congruità dei ricavi, quanto l'incoerenza degli indicatori - perdono di significatività e la corretta applicazione degli studi si potrà raggiungere, pertanto, solamente con una "personalizzazione" in fase di contraddittorio. Ne discendono due immediate osservazioni. La prima, importantissima, è costituita proprio dal fatto che il programma di calcolo non è in grado, in prima battuta, di determinare un risultato preciso, ma deve essere corretto "manualmente" in sede di concordato. In tal modo gli studi di settore perdono sempre di più la loro funzione preventiva. Con gli studi di settore - aveva viceversa affermato il Ministero [6] - il contribuente è in grado di conoscere preventivamente le aspettative dell'Amministrazione finanziaria. La seconda osservazione, stante l'approssimatività degli studi, è che la sede più idonea per il necessario confronto con le ragioni del contribuente dovrebbe essere individuata a monte del concordato, in un contraddittorio anticipato [7]. Gli elementi di criticità evidenziati dalla C.M. n. 121/E Segnaliamo, di seguito, alcuni degli elementi di criticità, sia di carattere generale che settoriale, evidenziati dalla menzionata C.M. n. 121/E del 2000, elementi che, si ribadisce, non sono colti in via automatica dagli studi di settore [8]. 1. La localizzazione dell'impresa nell'ambito del territorio comunale Il problema era già stato sollevato dalla stampa l'anno scorso in occasione del primo anno di applicazione degli studi [9]. Si evidenzia che tale anomalia è particolarmente rilevante per il settore del commercio, per i bar, i ristoranti ed affini: gli esercizi che sono nel centro di una grande città, infatti, vengono trattati dagli studi allo stesso modo dei negozi in periferia. Secondo gli esperti di Confcommercio e Confesercenti tali effetti negativi non si fanno sentire soltanto a Roma o Milano ma anche in città che hanno 50 o 100 mila abitanti: è decisivo che ci sia una differenza sostanziale fra una zona e l'altra della stessa località. 2. Le condizioni di marginalità economica per le imprese condotte da un imprenditore anziano 19
Tale fattore - già sollevato a suo tempo a proposito della c.d. minimum-tax - determina uno svolgimento dell'attività secondo logiche non strettamente economiche. Per effetto di tali logiche, l'impresa in questione si differenzia dalle altre imprese appartenenti allo stesso settore. 3. La classificazione del contribuente nell'ambito dei gruppi omogenei In sostanza il software GE.RI.CO. potrebbe addirittura assegnare il contribuente ad un gruppo omogeneo (c.d. cluster ) che non corrisponde alle caratteristiche aziendali del contribuente stesso, generando anomalie. Il contribuente, preliminarmente, deve quindi procedere a tale verifica, che sembra alquanto complessa. 4. La svalutazione (latente) nella voce "magazzino" In determinate fattispecie, nel settore del commercio al dettaglio, il valore contabile del magazzino (quantificato a costi), non tiene conto del deprezzamento dovuto al fenomeno moda, e quindi non corrisponde al reale valore commerciale. Questo fatto, evidentemente, altera pesantemente il ricarico. 5. I prezzi ed il ricarico degli esercizi commerciali in regime di concorrenza Gli esercizi commerciali tradizionali, messi seriamente in crisi per la concorrenza della grande distribuzione, sono costretti a praticare a loro volta una politica di prezzi al ribasso, con una ripercussione diretta sul ricarico. 6. Il ricarico del dettagliante che vende non solo ai privati Alcuni esercizi al dettaglio vendono - con ricarichi diversi - sia a privati che ad altri utilizzatori professionali o ad altri esercizi commerciali. Può essere il caso del supermercato o del fruttivendolo che vende anche a ristoranti con un ricarico sensibilmente più basso rispetto a quello realizzato con le vendite al dettaglio effettuate nei confronti dei privati. Anche questo caso si ripercuote sul ricarico medio. Gli altri elementi di criticità Le anomalie rappresentate dalla C.M. n. 121/E non costituiscono la prima smentita in ordine alla asserita millimetrica precisione degli studi di settore. Infatti: - già in passato, con la C.M. 21 maggio 1999 n. 110/E, paragrafo 7, [10] erano state enucleate altre particolarità ed anomalie: ad esempio, con riferimento agli intermediari del commercio, si era già affermato che è doveroso tenere conto del periodo iniziale di attività del soggetto, impegnato nell'acquisizione della clientela e che deve sopportare costi elevati; - è stato ripetuto in svariate occasioni, che molti codici Istat, per mezzo dei quali viene assegnato a ciascun contribuente il relativo studio di settore, non sono più rispondenti alla realtà organizzativa delle imprese, in quanto vengono classificate separatamente attività svolte unitariamente (sia a causa dell'evoluzione avvenuta negli ultimi anni nei comparti produttivi e dei servizi, sia per l'entrata in vigore della recente normativa sul commercio); -altri dubbi circa l'accertamento di massa con gli studi di settore sono venuti dal D.M. 24 dicembre 1999 [11] relativo alle modalità di annotazione separata dei componenti rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore. Non tanto per le complicazioni ivi introdotte, quanto per le motivazioni addotte per l'introduzione del decreto: si afferma [12] infatti che 200.000-300.000 soggetti (su una platea di 1.300.000 di soggetti) non possono applicare gli studi perché "multi- punto" o "pluri-attività". In altri termini, gli studi di settore "non vedono" oltre il 20 % dei contribuenti interessati. 20
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