Con l'andare dei giorni e il crescere dei timori, anche la speranza più audace può evaporare. La speranza di Gesù è diversa. Immette nel cuore la ...

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Con l'andare dei giorni e il crescere dei timori, anche la speranza più audace può evaporare. La speranza di Gesù è diversa. Immette nel cuore la ...
quistato a lode dell
Ufficio Liturgico della Diocesi di San Marino-Montefeltro

                                                                       Veglia Pasquale
                                                                                         Sussidio per il Tempo Pasquale
                                                            3 aprile

                                                                                                                              «Con l’andare dei giorni
                                                                                                                               e il crescere dei timori,
                                                                                                                           anche la speranza più audace
                                                                                                                                    può evaporare.
                                                                                                                           La speranza di Gesù è diversa.
                                                                                                                           Immette nel cuore la certezza
                                                                                                                          che Dio sa volgere tutto al bene,
                                                                                                                                    perché persino
                                                                                                                           dalla tomba fa uscire la vita»
                                                                                                                                    (Papa Francesco)
Con l'andare dei giorni e il crescere dei timori, anche la speranza più audace può evaporare. La speranza di Gesù è diversa. Immette nel cuore la ...
Qualche suggerimento per la celebrazione
Struttura della veglia
Per antichissima tradizione questa è “la notte di veglia in onore del
Signore” (Es 12,42). Essa è strutturata in questo modo: dopo un breve
“lucernario” (prima parte della Veglia), la santa Chiesa medita le
“meraviglie” che il Signore ha compiuto per il suo popolo fin dall’inizio,
e confida nella sua Parola e nella sua promessa (seconda parte della
Veglia – Liturgia della Parola). La Chiesa si incammina così, rigenerata
per mezzo del Battesimo (terza parte della Veglia), verso il banchetto
della Pasqua eterna che il Signore ha preparato per il suo popolo per
mezzo della sua morte e risurrezione (quarta parte della Veglia)
(cf. MR, pag. 169).

Particolare avvertenze da seguire
La Veglia pasquale potrà essere celebrata in tutte le sue parti come
previsto dal rito, in orario compatibile con l’eventuale coprifuoco (CEI –
Orientamenti per la Settimana Santa). Si garantisca però in ogni caso il
rispetto del distanziamento fra le persone, evitando assembramenti
pericolosi, in particolare attorno al cero pasquale nel momento
dell’accensione delle candele dei fedeli.

Verità dei segni
Compatibilmente con l’esigenza di consentire ai fedeli il rientro nelle
loro case prima del coprifuoco, si abbia cura che la Veglia si celebri
nel buio, dedicando ad essa il giusto tempo: occorre infatti sostare
senza fretta nell’ascolto della Parola, nella preghiera e nella lode. A tal
riguardo si curi con particolare attenzione il linguaggio dei segni
affinché possano veramente parlare, la necessaria preparazione e
presenza di ministri, l’opportunità pastorale di unire in un’unica
celebrazione le comunità affidate alla cura pastorale di un unico
pastore (cf. Preparazione e celebrazione delle feste pasquali, n. 43).

Solenne inizio della Veglia
Come indicato nel Messale Romano, questa prima parte si struttura in
alcuni momenti: benedizione del fuoco, preparazione del cero, proces-
sione, annunzio pasquale (MR, pp. 169-176). In modo particolare si
raccomanda il canto del preconio pasquale secondo le melodie
proposte in Appendice al Messale Romano.

Liturgia della Parola
Come indicato nel Messale Romano, si abbia cura nel proclamare le
letture proposte, seguite dal rispettivo salmo responsoriale (pos-
sibilmente da eseguire in canto, almeno il ritornello) e dall’orazione.
Come indicato nel Messale romano, il salmo responsoriale può essere
sostituito da un congruo tempo di silenzio.

Gloria
Dopo l’ultima lettura dell’Antico Testamento, con relativo responsorio
ed orazione, si accendono le candele dell’altare e si intona il Gloria, che
dovrebbe essere cantato da tutta l’assemblea. È possibile, durante
l’inno, suonare le campane secondo le consuetudini locali (cf. MR, pag.
180).

Alleluia
Secondo la modalità indicata nel Messale Romano, si intoni
solennemente l’alleluia, che dev’essere ripetuto da tutta l’assemblea.
Si ricorda che al Vangelo non si portano i candelieri ma soltanto
l’incenso (cf. MR, pag. 180).
Omelia
Non si trascuri una sapiente omelia, seppur breve, che raccordi i riti al
vissuto della comunità, aiutando i fedeli a gustare la gioia della
risurrezione che invade e rinnova tutta la vita, aprendola alla speranza,
particolarmente in questo difficile tempo di smarrimento e sofferenza.

Liturgia battesimale
La liturgia battesimale si compone dei seguenti elementi: litanie dei
santi, benedizione dell’acqua, [eventuali battesimi], rinnovazione delle
promesse battesimali (cf. MR, pp. 181-187).
In particolare si cantino le litanie dei Santi, se possibile durante il
tragitto verso il fonte battesimale: ciò indica come l’assemblea terrena
procede al passo di quella celeste, unite in un unico atto di
invocazione.

Congedo dell’assemblea
Quale peculiarità di questa notte, del giorno e dell’ottava di Pasqua,
dopo la benedizione (per la quale si può utilizzare la formula solenne)
si esegua in canto il congedo con il duplice alleluia.

              Qualche spunto per l’omelia

Viviamo di paure. Paure da vivere, paure di una vita, paure da quando
viviamo. Non abbiamo neppure l'uso della ragione, e uno dei
primissimi sentimenti che proviamo, è proprio la paura.
Da bambini, abbiamo paura di non avere più la mamma al nostro
fianco, ogni volta che la cerchiamo.
Da ragazzi, abbiamo paura che i nostri amici o le nostre amiche del
cuore ci possano tradire, oppure ci possano escludere perché
risultiamo essere loro antipatici.
L'adolescente ha paura di non piacere, ora che il suo corpo si
trasforma.
Da giovani, abbiamo paura del futuro, perché di roseo - in particolare
nella società contemporanea - non s'intravede proprio nulla, e la
parola "definitivo" sta ormai scomparendo dal nostro lessico
quotidiano.
Da adulti, le paure non sono più quelle del futuro, ma quelle dell'oggi,
della vita di ogni giorno: paura di ammalarsi, paura di non arrivare alla
fine del mese con lo stipendio, paura di perdere il lavoro, paura che i
figli prendano una brutta strada, paura ad andare in giro soprattutto la
sera. E quando alla sera ci arriviamo, intendo dire alla sera della vita,
emergono le paure dell'anziano: paura di non avere capito bene quello
che ci dice il medico, paura di dar fastidio a figli e nipoti, paura a uscire
di casa, paura di perdere l'uso della ragione, paura di restare da soli.
È una paura continua, sia perché non ci abbandona mai, sia perché si
ripresenta in ogni età in forma diversa, per cui difficilmente riusciamo
a vincerla definitivamente, sia perché ci è sconosciuto l'oggetto, il
motivo di fondo della nostra paura. Se sapessimo cos'è effettivamente
ciò di cui abbiamo paura, se - ammesso di saperlo - avessimo la
possibilità di conoscerlo fino in fondo, di certo non avremmo paura,
perché sapremmo quali strategie attuare per affrontarlo. Invece, è
proprio l'ignoto che ci fa paura, lo sconosciuto, ciò che ignoriamo, ciò
di cui non sappiamo. Di molte cose non sappiamo, ma più di tutte le
cose, ciò che maggiormente ignoriamo è il "dopo di noi", il "dopo" che
avverrà "di noi", ciò che succederà di noi "dopo". Dopo la morte: la
grande incognita e - insieme - l'unica grande certezza.
Neppure "passato il sabato" le donne che si recavano al sepolcro
avevano terminato di avere paura. "Passato il sabato" significava anche
"passato il venerdì", per cui ormai non è che rimanesse molto da fare,
più di quello che era stato fatto. Lacrime da versare non ne erano
rimaste più: era ormai tutto finito, e non rimaneva che imbalsamare il
corpo, ungerlo per l'eternità. E comprati gli oli aromatici, andarono al
sepolcro, con la paura di non riuscire a rotolarne via la grande pietra.
Ma la pietra, benché fosse molto grande, era già stata fatta rotolare: e
qui, la paura aumenta, fino a raggiungere il suo culmine alla vista di un
giovane in bianche vesti, seduto sulla destra del sepolcro.
Chi non avrebbe paura a entrare in un sepolcro e trovarci una persona
seduta, viva, che per di più ti rivolge la parola, ma soprattutto
costatare che non si tratta della persona defunta che potevi
immaginare di trovare? La paura ha talmente pervaso il cuore e
l'animo di Salome e delle due Marie che anche uscendo dal sepolcro
(lo dice l'ultimo versetto del brano, che non abbiamo letto nella
Liturgia) scapparono impaurite senza dire nulla a nessuno, ovvero
senza dare l'annuncio della resurrezione di Gesù Nazareno.
L'annuncio della resurrezione di Gesù - al contrario di quanto Gesù ha
fatto in vita - non fa miracoli, non cambia di colpo l'animo delle
persone, non li fa passare di colpo dall'angoscia alla gioia: va
assimilato, compreso, capito, accettato. Perché è scomodo. Perché
vuol dire ricominciare tutto da capo, dalla Galilea, dove il Risorto ci
precede.
Eppure, quel giorno "passato il sabato", Gesù risorto era già nel cuore
di Salome e delle due Marie: perché - ci dice Marco - arrivarono al
sepolcro "al levare del sole". I primi cristiani chiamavano Gesù "il sole
che nasce vittorioso dall'alto"; il verbo "levare", riferito al sole, è lo
stesso verbo della resurrezione. Senza saperlo, senza essersene
accorte, Salome e le due Marie arrivano al sepolcro con il Risorto già
nel cuore. E questo perché il giorno "prima di quel sabato" avevano
avuto il coraggio di stare sotto la croce; e ora, nonostante la paura,
sono state nel sepolcro.
Se stai sotto la croce, vieni inondato dal dolore della morte; se poi però
entri nel sepolcro, lo troverai vuoto perché la morte è divenuta vita.
Allora, forse, anche la morte non farà più così paura; e forse, non ci
farà più paura neppure vivere la vita.

                                                   (don Alberto Brignoli)
Ufficio Liturgico della Diocesi di San Marino-Montefeltro

                                          4 aprile
                                                                                   quistato a lode dell

                    Domenica di Pasqua
                                   Sussidio per il Tempo Pasquale

(Sequenza)
                    trionfa»
                   era morto;
                  ma ora, vivo,
             «Il Signore della vita
Qualche suggerimento per la celebrazione
Il tempo di Pasqua
«I cinquanta giorni che si succedono dalla domenica di Risurrezione
alla domenica di Pentecoste si celebrano nell’esultanza e nella gioia
come un solo giorno di festa, anzi come “la grande domenica”»
(Norme Generali per l’Ordinamento dell’Anno Liturgico e del
Calendario, 22).
Sono giorni rischiarati dalla luce del cero pasquale che resta acceso in
tutte le celebrazioni liturgiche fino alla domenica di Pentecoste. Sono
giorni allietati dal canto dell’Alleluia che, in modo del tutto particolare,
risuona nelle antifone, nei salmi e nei canti della liturgia. Sono anche i
giorni in cui, in modo del tutto particolare, la Chiesa celebra i
sacramenti della fede (prima Comunione, Cresima, Matrimonio, ecc.).
Infine, sono i giorni in cui i neofiti sono accolti con calore dalla
comunità cristiana e, insieme ai loro padrini, aiutati a inserirsi nella
comunità parrocchiale.

Il clima della celebrazione
La liturgia della domenica di Pasqua è caratterizzata da un clima
gioioso perché i germogli della risurrezione si diffondono nel mondo,
facendo rinascere la bellezza, la speranza, la gioia. Nel Tempo
pasquale, dunque, è opportuno curare in modo particolare i linguaggi
della gioia (canti, luci, fiori, ecc.), senza dimenticare, tuttavia, che la
vera festa nasce lì dove fiorisce la carità e un’autentica fraternità
cristiana.

Canto della Sequenza
La domenica di Pasqua è caratterizzata dal canto della Sequenza di
Pasqua Victimæ Paschali che, posto tra la seconda lettura e
l’acclamazione al Vangelo, chiede di essere eseguito in canto (RN 195),
oppure, lì dove non è possibile, lo si potrebbe affidare ad un lettore
(possibilmente diverso da colui che ha proclamato la seconda lettura),
con un eventuale sottofondo musicale sul tema dell’antica melodia
gregoriana.

Il congedo
Ricordiamo che la domenica di Pasqua e per l’intera Ottava, il Messale
prevede il congedo pasquale proprio (Andate in pace. Alleluia, alleluia.
Oppure La Messa è finita: andate in pace. Alleluia, alleluia. Oppure
Portate a tutti la gioia del Signore risorto. Andate in pace. Alleluia.
Alleluia.).

I Vespri solenni
Il giorno di Pasqua, per antica tradizione, si conclude con la
celebrazione dei secondi Vespri celebrati nel modo più solenne, «per
festeggiare il tramonto di un giorno così sacro e per commemorare le
apparizioni nelle quali il Signore si mostrò ai suoi discepoli”.
Là dove è ancora in vigore, si conservi con la massima diligenza la
tradizione particolare di celebrare, nel giorno di Pasqua, i Vespri
battesimali durante i quali, mentre si cantano i salmi, si fa la
processione al fonte» (Principi e Norme per la Liturgia delle Ore, 213).
Vivere il Programma Pastorale Diocesano
                        nel Tempo di Pasqua

ICONA BIBLICA: Mt 10,26-33
Non li temete dunque, poiché non v’è nulla di nascosto che non debba
essere svelato, e di segreto che non debba essere manifestato. Quello
che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce e quello che ascoltate
all’orecchio predicatelo sui tetti.

Come vivi tornati dai morti
“Non avere paura”, dice Gesù. A noi, invece, succede spesso di vivere
nella paura: paura degli altri, di ciò che diranno, penseranno; paura di
non essere all’altezza, di non farcela, del nuovo che, portando
cambiamento, toglie una sicurezza acquisita con fatica; paura delle
crisi, del conflitto, delle situazioni che ci prendono di sorpresa. Matteo
delinea in questa pagina di Vangelo una magna charta del missionario
che, inevitabilmente dovrà confrontarsi col rifiuto del messaggio, con
le persecuzioni, più o meno garbate, con le incomprensioni. La paura è
la grande trappola che annulla la realtà della risurrezione nella loro
vita. (Programma Pastorale Diocesano pag. 24)

RIFERIMENTI ALLA MISSIONE NELLA LITURGIA ODIERNA

Prima lettura: “E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di
testimoniare…”
Nel giorno di Pentecoste sintetizza il ministero affidato agli apostoli
che è anche compito di ogni cristiano, come constatiamo da subito
nella vita della comunità primitiva: annunciare Gesù risorto e
testimoniarlo con la propria vita.
Vangelo: “Corse allora e andò da Simon Pietro e da quell’altro
discepolo…”
L’annuncio della tomba vuota, primo segno della resurrezione del
Signore, è portato alle “colonne della Chiesa” Pietro e Giovanni, dalla
Maddalena: l’impegno missionario consiste nell’annunciare “quello che
abbiamo veduto con i nostri occhi” (1 Gv 1,1) ed è affidato a ciascun
discepolo di Gesù. La fede si trasmette, oggi più che mai, per
“contagio” da persona a persona. Tutti siamo Maria di Magdala, tutti
come lei dobbiamo correre, dobbiamo cioè sentire nel cuore un
urgenza che ci inquieta e ci spinge: portare l’annuncio di Gesù risorto a
quanti non lo conoscono o lo hanno diemticato.

                          IL SEGNO PROPOSTO

        Si suggerisce di utilizzare, per il congedo della
        assemblea, la terza formula “Portate a tutti l’annuncio
        del Signore risorto. Andate in pace. Alleluia, alleluia”
        per la sua chiara valenza missionaria.
        Il significato di tale scelta potrebbe essere sottolineato
        brevemente dal celebrante o dal commentatore prima
        della benedizione solenne.
Qualche spunto per l’omelia

Sempre di fretta. Tutti corrono. Non c'è mai tempo. Sempre ansia.
Anche Maria di Magdala e poi i discepoli si agitano, camminano con
passo svelto, tornano a casa, allarmano tutti, uno corre più veloce
dell'altro... poi arrivano al sepolcro vuoto e si bloccano! (cfr. Gv 20,1-9)
Il tutto succede quando è ancora buio, mancano poche ore al giorno,
manca ancora il completamento della notte che permette di gettare
luce per vedere bene. È tutto buio, dentro e fuori... L'uomo ha
difficoltà a comprendere l'opera divina. È sempre così! E iniziano le
ansie, perché ciascuno crede in se stesso, piuttosto che confidare in
Dio.
L'ansia d'amore per Gesù muove tutti e ci fa credere che Lui abbia
bisogno degli uomini per salvarsi: donne e uomini che preoccupati
cercano nel buio la luce, cercano nella morte la vita. Anche oggi
cerchiamo qualcosa, qualcuno che riempia la nostra vita, ma spesso lo
cerchiamo nel luogo sbagliato, proprio come Maria e i discepoli.
Il sepolcro è vuoto, Dio ha fatto rotolare via i pesi del peccato che
ostacolano il Signore, la Vita ha ribaltato la morte. In fondo, come
poteva il "Dio della vita" accettare che il Figlio dell'uomo restasse
morto? Come poteva il Signore creare gli uomini per amarli e avere
compagnia senza dar loro la possibilità di tornare a vivere?
Gesù lo aveva promesso: dopo tre giorni ricostruirò questo tempio...
ma «non avevano ancora compreso la Scrittura» (Gv 20,9). Ma per Dio
ogni promessa è debito!

Cos'è per me la risurrezione?
Dove/come sto cercando il Signore?
                                                    (don Domenico Bruno)
Traccia ispirata al Programma Pastorale Diocesano

Da quel mattino del primo giorno della settimana c’è una notizia
incredibile che si diffonde di bocca in bocca fra gli amici di Gesù, a
Gerusalemme, nel mondo intero: Lui è vivo! E’ risorto!

Si tratta di un annuncio inverosimile e non dobbiamo meravigliarci se
questo nostro tempo, cinico e disincantato, fatica a riceverlo: la corsa
dell’uomo verso la morte non è a senso unico, Qualcuno è tornato! Ma
non è solo tornato in vita: ha portato “sprazzi” di vita eterna nella vita
del mondo, nella nostra vita.

E dove sono questi “sprazzi”, quali sono queste chiazze di eternità che
Gesù risorto ha portato in questo nostro mondo? Proviamo a dirne
alcuni: i miracoli, che ignorano le leggi fisiche e che ancora avvengono,
segni di una realtà nuova che ci vengono regalati; le conversioni, quella
forza misteriosa che tocca il cuore di alcune persone operando
trasformazioni impensabili, da vite dedite all’odio e al male a vite piene
dell’amore di Dio; i santi che il Signore moltiplica in questo nostro
tempo, segni di una presenza del Signore risorto che in loro pare quasi
di toccare; la liturgia, dono di grazia che annulla tempo e spazio e ci
pone a diretto contatto con Gesù risorto presente in mezzo a noi,
come ci ricorda il bel segno del cero pasquale che illumina la nostra
notte.

Ma miracoli e conversioni li opera Dio come, quando e dove vuole.
Santi noi non siamo affatto, e quanto alla liturgia, ci appare – e forse
qualche volta purtroppo lo è – così scontata e ripetitiva… come
possiamo inserirci in questa catena di annunciatori del Risorto?

Possiamo farlo con la testimonianza della nostra vita quotidiana, con le
sue fatiche e miserie, con le lotte e le sconfitte, ma sempre illuminata
da una certezza: Gesù è vivo! Cammina con me, soffre con me, agisce
in me e con me, per questo la speranza non mi abbandona. Il cristiano
è l’unico che, sul letto di morte, può ancora guardare al futuro con
fiducia, perché il meglio deve ancora venire!

Gli psicologi dicono che questa pandemia, una volta sconfitta, lascerà
comunque tante macerie nelle persone di ogni età: paure, sfiducia,
tristezze, ansie, persino rabbia in alcuni. Tocca a noi cristiani versare
sulle ferite delle persone che ci stanno accanto il balsamo della
speranza e la medicina della tenerezza, perché possano aprire il cuore
alla presenza straordinariamente reale di Gesù risorto nella loro vita.

Portiamo dunque, a tutti e con gioia, come ci invita a fare la liturgia al
termine di questa celebrazione, l’annuncio del Signore risorto.
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