Commento Settimanale - Niche Asset Management
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19/04/2021 Commento Settimanale Trip to Jerusalem Valutare una società è attività sicuramente affascinante. Tantissime sono le variabili. I metodi valutativi sono molti, ma alla fine si può dire che coincidono: una società viene valutata per i flussi di cassa attesi in futuro. Questo vale sia che l’investitore sia value, che sia growth o che non abbia un particolare approccio ricorrente (blended). Durante la bolla della Trip to Jerusalem (il gioco delle sedie) Compagnia del Mare del Sud (picco nel 1720) si scontavano infiniti commerci di merci e schiavi con il Sudamerica nei successivi 100 anni, dando per scontato che la situazione politica non sarebbe cambiata. In tal caso le valutazioni avrebbero avuto indubbiamente senso. Durante la bolla dei tulipani (picco 1637) si scontava che quei bulbi di fiori rari, usati come status simbol e valuta rifugio, avrebbero prodotto altri bulbi e questi, a loro volta, altri bulbi, e così via. Questo motivava valutazioni astronomiche che tuttavia avevano senso (le bolle sono cavalcate anche da persone smart, altrimenti non divengono bolle). Tuttavia, non si pensava che all’aumentare dell’offerta di fiori i prezzi sarebbero scesi, facendo crollare il valore teorico definito dal foglio elettronico del tempo (si presume su pergamena di cotone e penna d’oca). La bolla di Internet anticipava una rivoluzione prima ancora che vi fosse l’infrastruttura necessaria. La bolla delle banche nel 2007, come la bolla dei farmaci generici nel 2015, scontava una redditività che non sarebbe durata. E si può andare avanti. Quello che contraddistingue ogni valutazione è la possibilità (più o meno alta, ma lo si scopre solo dopo) che quella valutazione sia corretta. Quando noi oggi definiamo alcune aziende tecnologiche eccessivamente valutate non vuol dire che non possano valere quella cifra. Vuole solo dire che noi vediamo la probabilità che valgano quella cifra, o anche molto di più (si compra per guadagnare), come estremamente limitata rispetto al rischio che si corre. Anche se guardiamo asset rifugio come l’oro, dobbiamo riconoscere che questo materiale ha ancora un utilizzo concreto nel campo della gioielleria e, in misura molto minore, in una serie di applicazioni elettroniche e industriali. L’oro potrebbe aumentare di prezzo se la domanda per la gioielleria crescesse molto, non solo come bene rifugio “per se”. In definitiva il prezzo di ogni asset ha senso economico se si introducono le ipotesi giuste. O quasi… Infatti, oggi siamo entrati in una nuova fase del mercato. Una fase sconosciuta prima, almeno in queste dimensioni. Oggi abbiamo a che fare con asset che in ogni caso non possono valere economicamente la cifra che paghiamo, sotto ogni ipotesi. L’unica ragione per cui vengono comprati è che ci si aspetta che altri investitori li compreranno, per una ragione o per l’altra, oppure che l’alternativa sia peggio. Di cosa stiamo parlando? Chiaramente delle criptovalute, ma non solo. Anche di titoli (o meglio fattispecie) come Gamestop. O ancora delle obbligazioni a tassi negativi, molto meno vituperate e sicuramente più istituzionali delle due precedenti, ma ugualmente buffe dal punto di vista economico. La criptovaluta basa il suo valore sul fatto che, sebbene drammaticamente priva di un qualsiasi sottostante, è limitata in quantità (almeno una parte di queste, come la bitcoin) e quindi rappresenta un’alternativa alla moneta tradizionale che invece può essere stampata. Ma forse non considera adeguatamente, tra le altre cose, che
sebbene l’offerta della criptocurrency è teoricamente controllata, può aumentare il numero di criptocurrency e quindi il risultato non cambia. Gamestop stà dove stà perché una serie nutrita di investitori (che chiameremmo speculatori) ha deciso che, essendo il flottante troppo shortato, la società può andare, per motivi tecnici, dove un gruppo di rialzisti vuole che vada. Ricorda gli squeeze tecnici come quello su Volkwagen dell’ottobre 2008 (che portò al triste suicidio del finanziere tedesco Adolf Merckel, proprietario di Heidelbergcement), ma quell’evento durò pochi giorni. Qui abbiamo un chiaro intento di usare il mercato per squeezare gli short. La società sottostante al titolo e la sua valutazione sono irrilevanti. Abbiamo quindi una serie di asset la cui valutazione non ha, in ogni ipotesi, fondamento economico, almeno non in termini assoluti. È uno sviluppo interessante. Soprattutto, quando questo coesiste con assets che hanno invece un chiaro valore economico, che però il mercato valuta in modo estremamente severo. Che derivi ancora dalla mancanza di fiducia sulla crescita futura? O sulla paura di un QE senza fine? O da un eccesso di avidità/liquidità ed un deficit di sana attività regolatoria? O un pochino di ognuna di queste cose? Lo scopriremo presto. Sole e Scintille La Lombardia, hub del business italico, non brilla per efficienza nella gestione del Covid. Le vaccinazioni non fanno eccezione e la regione risulta molto indietro, piazzandosi al nono posto tra le regioni per % di persone vaccinate. La volontà di recuperare è forte. Palazzo Scintille diventerà presto il più grande centro italiano per le vaccinazioni, capace di gestirne oltre 10mila al giorno. Palazzo Scintille, un palazzo in stile déco, fu progettato nel 1923 dall’architetto Paolo Vietti Violi per ospitare un velodromo nell’ambito della vecchia Fiera Campionaria di Milano. 15mila metri quadri in zona Tre Torri, da utilizzare per eventi autorizzati, di cui solo 2500 sfruttabili commercialmente. Il palazzo è stato comprato a fine 2019 da Generali per 30 mln di euro. A circa 5 minuti di auto, in zona San Siro, troviamo la sede storica del Il Sole 24ore, in Via Monte Rosa 91, da poco lasciata per la più decentrata (ed economica) sede alla Bicocca. Cos’hanno in comune un bel palazzo storico nel centro di Milano e il primo gruppo di informazione finanziaria italiano e uno dei più grandi in Europa? Entrambi li compri a 30 mln di euro ... Difficile non conoscere iI Sole 24 ore, storica testata giornalistica economica italiana. 183k copie vendute al giorno (Total Paid per Circulation), di cui 2/3 digitali. Fatturato di circa 200 milioni di euro nel 2020 con pareggio di bilancio; quindi una tenuta del fatturato (pubblicità e circulation) estremamente buona rispetto alla competizione, anche considerando Palazzo delle Scintille poco dopo la sua costruzione il generalizzato crollo della pubblicità legato al COVID. Inoltre bisogna notare che le divisioni Cultura e Eventi hanno visto il fatturato quasi azzerarsi. Altro elemento positivo per il futuro è la tenuta della parte di editoria digitale Tax&Legal. Il Sole è controllato al 61,5% da Confindustria che lo ha sempre gestito più come uno strumento che come un business che deve essere profittevole. Quotato nel 2007, raccoglie dall’IPO circa 150 mln di euro che, uniti ai circa 90 netti in cassa, danno al giornale un significativo potere di fuoco. Allora (2006) aveva ricavi per circa 520 mln di euro, EBITDA margin del 10% e un EBIT margin del 7% (4% nel 2005). Insomma, nel pieno del successo non era particolarmente efficiente. Poi arrivò la crisi finanziaria seguita dalla crisi della carta stampata. La società è riuscita a
registrare in 10 anni perdite per quasi 430 mln di euro (sob). Al netto di circa 100 mln impairment, ilSole24Ore si è così mangiato 330 mln di cassa. Quindi tutto il cash netto del 2007 più 90 mln di euro di debito. Nel 2017 riparte con un altro aumento di capitale di 50 mln (a 0,97 euro) e vende la divisione formazione per 80 mln di euro (!), acquisendo le risorse per ristrutturare il business. Il costo del personale passa da 108 mln (2016) a 78 mln euro. I costi per servizi da 152 mln (2016) euro a 81 mln. Giusto per dare un’idea di cosa è successo dal 2006 al 2020. I ricavi per la pubblicità sono passati da 190 mln a 80 mln. Se si calcola l’inflazione di 15 anni non siamo lontani da un crollo dell’75%. La diffusione è scesa da 345k copie al giorno a circa 180k copie al giorno. Oggi la società ha un debito (ex IFSR 16) di circa 1,5x l’EBITDA (30 mln euro) stabile e sostenibile. Il management è serio (Cerbone-Robiglio). Il piano industriale prevede un EBIT di 24 mln nel 2023 (10% margine) e 36 mln 2024. Se questo fosse raggiunto la società non avrebbe più debito a fine 2023 (ma a quel punto il debito non importerebbe). Oggi siamo ad un inflection point sulla parte giornalistica. Trovare notizie serie gratis sui siti è sempre più difficile. Sta aumentando il bisogno di informazione di qualità, dopo essere caduti troppo in basso con l’informazione spazzatura dei social network. Questo fatto, oltre che la necessità legale che i contenuti vengano rispettati e quelli usati vengano pagati, ha portato al recente accordo di Google con gli editori. Crediamo sia solo l’inizio: i contenuti sono preziosi. Anche quelli giornalistici. Coi dovuti distinguo, ricordiamoci quando i diritti delle etichette musicali non venivano rispettati. Vi sono quasi 180k persone tra commercialisti e consulenti del lavoro in Italia. Senza considerare consulenti finanziari, analisti e investitori privati e professionisti. Anche nel peggiore dei casi difficile vedere le vendite di giornali scendere (e il 2020 lo prova). La divisione Tax&Legal (36 mln di euro di fatturato) e la radio (14% mk share in Italia) possono valere oggi ben più di tutta la societa’ (29 mln di mk cap + 30 mln di debito). Il resto e gratis. Se il piano industriale fosse sbagliato del 50% (2023 EBIT 12mln euro) la società varrebbe almeno 150 mln di euro (4x il valore attuale). Un cliente amico ci faceva notare che la qualità editoriale del giornale è peggiorata, vi è inoltre una vergognosa paura a criticare chi ti paga la pubblicità (banche e asset manager) ed i 1000 pop up rendono spesso gli articoli difficili da leggere. Tutto vero. Ma IlSole24ore è un franchise di contenuti importante, ristrutturato e che non ha quasi concorrenza. Se ci sbagliamo e la società riinizia a perdere soldi? Sarà finalmente la volta che Confindustria la vende e i compratori interessati non mancano. Infine, un’ultima indicazione, il Financial Times (2.5x il fatturato del IlSole24ore) è stato comprato nel 2019 per 1 miliardo di euro dal Nikkei sebbene registrasse un utile molto modesto vicino ai 10 mln di sterline. Pur facendo i dovuti distinguo, legati alla diversa potenziale platea, la differenza di cifre fa pensare. Per concludere, chiaramente non possiamo sapere cosa capiterà, ma qui il profilo rischio/rendimento non sembra malaccio. Abbiamo l’1,5% di esposizione a IlSole24ore sul fondo Asian Niches, nella Nicchia Internet Victims, sotto-Nicchia Publishers. Piove, guarda come pioveee … Abbiamo parlato recentemente di Atos. Successivamente due sue divisioni americane (Atos IT Solutions and Services Inc. e Atos IT Outsourcing Services LLC) sono state oggetto di qualified opinion (parere con riserva) in quanto una serie di errori contabili sono stati riscontrati con, come è normale in questi casi, una procedura di controllo che è stata bypassata. Stiamo parlando di problemi legati all’IFSR 15, competenza dei ricavi, che puo’ creare problematiche nell’ambito delle prestazioni continuative. Le due divisioni derivano dall’acquisizione di Syntel, avvenuta nel 2018 e non ancora completamente (e si vede) integrata. Inoltre, le due societa’ rappresentano solo il 9% dell’EBIT del gruppo ed il bilancio consolidato è stato confermato dalla capogruppo e certificato (con eccezione) dal revisore. Sembra chiaro che non vi sia dolo, ma “solo” procedure non appropriate. Ci chiediamo solo come mai non sono state individuate e gestite durante la fase di due diligence prima
dell’acquisto. Come abbiamo accennato qualche settimana fa, Atos soffre di problemi di digestione. È ora importante che spenda tempo e risorse per razionalizzare e integrare tutte le acquisizioni passate. Atos è scesa circa dell’8-10% a seguito di questo evento (14%, di cui una parte recuperato). Dopo questo incidente e un maldestro tentativo di acquisire DXC, la società ha perso di credibilità. Dall’annuncio dell’offerta per DXC (gennaio 2021) a oggi la societa’ ha perso 20% del suo valore, partendo da livelli già modesti. La settimana scorsa vi erano rumori non confermati di possibile bid di Cap Gemini. Non crediamo siano genuini ma sicuramente la società in questa fase rappresenta una bestia debole, appetibile e vulnerabile ad un’offerta. L’outlook di fondo del business rimane positivo e la situazione finanziaria solida. Abbiamo un’esposizione dell’1,1% ad Atos sul fondo NEF SDG, nel trendSDG 5G, all’interno del Tema Comunicazione. Abbiamo poi un’esposizione dello 0,8% al titolo sul fondo Asian Niches, nella Nicchia 5G, sotto-Nicchia Apps. Covid math Non siamo medici, né virologi. Tuttavia, siamo cittadini e leggiamo i dati. In Italia i morti di Covid sopra i 60 anni sono il 96% del totale. Inoltre, solo il 3% dei decessi non aveva neanche una patologia pre-esistente conclamata. Una sola dose di vaccino riduce dell’85% il rischio di morte e dell’80% il rischio di ricovero. Entro fine aprile dovrebbero essere somministrate in Italia circa 18/19 mln di dosi. I cittadini sopra i 60 anni in Italia sono 17,2 mln. Ci chiediamo allora, da ignoranti, quanto fosse difficile pensare di somministrare le dosi disponibili iniziando dalle persone sopra i 60 anni oltre che ai giovani con eventuali patologie; in tal caso a fine aprile avremmo potuto vedere i decessi calare a livelli insignificanti. Invece sono state somministrate a persone che a rischio non sono. Detto questo, dovremmo comunque arrivare a vaccinare una buona parte (circa 2/3) delle persone sopra i 70 anni (che rappresentano l’86% dei decessi). Questo dovrebbe portarci da inizio maggio a respirare un’aria nuova. Così in Italia come in tutta Europa. Con gli USA che per tale data probabilmente vedranno scendere il numero dei decessi a livelli trascurabili e la Gran Bretagna che e’ gia’ in quella situazione. Il mercato o anticipa troppo o troppo poco. Oggi se abbiamo dei titoli esposti alla riapertura, che sono rimasti al palo, e quindi che hanno valutazioni attraenti in un’ottica di normalizzazione, è forse il caso di osare. Earning season Sono iniziati a uscire i numeri negli USA. Come al solito iniziano le grandi banche e i risultati sono stati ottimi, anche se attesi. Questa settimana sarà ancora grassa. Tra i titoli che seguiamo da vicino segnaliamo: IBM, Harley Davidson, Netflix, Biogen, Verizon, Freeport, Intel, AT&T. In Europa segnaliamo Associated British Food (proprietario di Primark e del tè Twinnings), Orange e Yara International. In Cina, China Telecom e China Unicom. In Corea le tre più importanti banche, KB, Shinhan e Hana, e una delle più grandi società di costruzioni, Hyundai Engineering&Construction. In Tailandia Siam Commercial Bank, la seconda banca del paese. In Australia i miner Syrah (grafite) e Pilbara (litio).
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