GWENDOLYN MASIN & ORIGIN - Gastone CRM

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Mercoledi, 3 aprile 2019

Comunicato stampa

GWENDOLYN MASIN & ORIGIN
Undici rintocchi sulla corda di re scandiscono la mezzanotte
e assicurano al programma offerto da Gwendolyn Masin & Origin
un incipit ch’è quasi da fiaba …

TEATRO SOCIALE DI COMO
martedì, 9 aprile – ore 20.30

Gwendolyn Masin, olandese (classe 1977), virtuosa del violino, nei suoi concerti, e ancor più nelle
sue performance con l’ensemble Origin (violini: Abigail McDonagh, Priyanka Ravanelli, Ernst Jan Vos;
viola: Martin Moriarty; violoncello, Patrick Moriarty; contrabbasso: Massimo Pinca) propone un
mélange di culture, musica e tradizioni, che hanno influenzato la sua complessa e alquanto versatile
vita musicale; enfant prodige, nota a livello internazionale, è musicista che non ha voluto rimanere
ancorata ad un genere o a un repertorio circoscritto, ma ha preferito affrontare anche
contaminazioni e stili diversi.
Gwendolyn Masin suona un violino Lorenzo Carcassi, realizzato a Firenze nel 1761, di proprietà della
sua famiglia da più di 50 anni.

Terzultimo appuntamento della stagione concertistica 2018/2019, il concerto di martedì 9 aprile
dimostrerà grande padronanza tecnica e una consapevole raffinatezza, nel ripercorrere alcuni
capolavori, da Camille Saint-Saëns a Fritz Kreisler: il programma inizia infatti con la Danse macabre
e il Poème symphonique op. 40 di Camille Saint-Saëns (1835-1921), procede con Humoresque di
Rodion Konstantinowitsch Schtschedrin (*1932), Zigeunerweisen op. 20 di Pablo de Sarasate (1844-
1908), Bucolics, 5 pezzi per viola e violoncello di Witold Lutoslawski (1913-1994), affronta
successivamente la Passacaglia per violino e viola da un tema di Georg Friedrich Händel di Johan
Halvorsen (1864-1935) e i Duos di Béla Bartók (1881-1945), La Gitana di Fritz Kreisler (1875-1962).
La seconda parte inizierà con Nigun (Improvisation) da Baal Shem – Drei Bilder aus dem
chassidischen Leben di Ernest Bloch (1880-1959), Rumänische Volkstänze Sz. 68 di Béla Bartók (1881-
1945) e terminerà con Pièce en forme de Habanera e Tzigane e Rhapsodie de concert di Maurice
Ravel (1875-1937).
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BIGLIETTERIA
Piazza Verdi, 22100 Como
Tel. +39. 031.270170; biglietteria@teatrosocialecomo.it; www.teatrosocialecomo.it
ORARIO di APERTURA: martedì e giovedì ore 10.00 – 14.00; mercoledì e venerdì ore 16.00 – 20.00; sabato ore 10.00 –
13.00 / 14.00 – 18.00
INFOLINE/PRENOTAZIONI TELEFONICHE: dal martedì al venerdì ore 14,30 – 16.30; tel.+39.031.270170 – fax
+39.031.271472

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Note di sala

«Quel venerabile sentimento di un popolo che pare essersi addormentato, nei nostri cuori»
Undici rintocchi sulla corda di re scandiscono la mezzanotte e assicurano al programma offertoci stasera da
Gwendolyn Masin un incipit ch’è quasi da fiaba. Come invitandoci ad accedere in un tempo diverso, posto
qui in scena da un violino che pare proporsi come un vero e proprio attore, in teatro, ecco che il sinistro
accordarsi con sarcastica successione di quinte giuste e diminuite, allestisce da subito la più adatta atmosfera
per la Danse macabre di Camille Saint-Saëns. Musicista colto, raffinato, solito deliziarsi, con occasionale
sarcasmo, entro i profili di una forma dal classicismo impeccabile, Saint-Saëns è stato una colonna portante
dell’Ottocento musicale francese, capace di introdurre sperimentalismi wagneriani e di ergersi al contempo
campione del verbo classico per eccellenza, attento esploratore del poema sinfonico e delle potenzialità
immaginifiche del suono (il caso è celeberrimo, nel Carneval des animaux), pianista virtuoso nonché raffinato
maestro di colorismi timbrici e armonici. Pagina oggi molto conosciuta, la Danse ha conosciuto la sorte di una
gelida accoglienza di pubblico, solo poi seguita da più celebri apprezzamenti (primo tra tutti quello di Liszt).
L’accorgimento effettistico delle campane notturne non è certo l’unico, nell’allucinazione fantastica di questo
showpiece; ecco così gli echi del Dies Irae (quasi ovvio pendant a un infernale sabba di scheletri) e il divertito
scricchiolar d’ossa, imitato in orchestra dal percussivo xilofono. Da subito tutto si tinge però di una sinuosa
malinconia, capace di conferire a quest’infernalità un’eleganza tutta francese, per una morte più che a
proprio agio in una decadenza salottiera e alquanto aristocratica.
Tutt’altra forma d’ironia consente a Rodion Ščedrin di confezionare quella piccola gemma di sarcasmo
sovietico ch’è il suo Humoresque, eco della percussiva propulsività di un Prokofjev e della stralunata
melanconia di Šostakovic, che pare anzi sintetizzare a suo modo, bistrando qui e là con più acide tinture
sonore. È con Pablo De Sarasate che cominciamo però ad avvicinare il nucleo tematico di questo programma.
Enfant prodige di Pamplona, figlio del direttore di una banda militare, protetto della regina di Spagna, De
Sarasate fu violinista eccelso, acclamato in tutta Europa nonché nelle Americhe, anche dedicatario di alcuni
capolavori (proprio Saint-Saëns comporrà per lui uno dei suoi Concerti più noti). Per molto tempo derubricato
ad autore di un virtuosismo un po’ kitsch, lo si è da tempo riconsiderato per quelle doti di sperimentatore
violinistico che condivide in effetti con altri grandi virtuosi dell’epoca (si pensi ad esempio al viennese Fritz
Kreisler). La passione per lo ‘zingaresco’ fu del resto fenomeno non solo diffuso – e da sempre – nell’Europa
musicale (un esempio celebre lo si trova nel Trio Zigano di Haydn), ma anche soggetto a un particolare revival,
in pieno XIX secolo, com’è ben documentato nel piccolo ma delizioso libretto di Franz Liszt titolato Gli zigani
(o Des bohémiens et de leur musique en Hongrie), dove troviamo indagati i tratti più caratteristici della musica
rom e dei sinti ungheresi. L’imitazione stilistica non è cero però equivalente al vero interesse etnografico (che
giungerà in musica solo qualche decennio più tardi), tuttavia qui già si ascolta una perfetta fusione di
emulazione linguistica e di estro improvvisativo, pur se non immune da stilizzazioni a volte un po’ di maniera.
Il caso di Maurice Ravel è in certo senso consimile; medesima la ricerca di emulazione, sottoposta però a più
delicati stilemi e sovente trasfigurata da un’elegante ironia. Eccellente ricreatore di universi sonori, Ravel
sperimenta volentieri i linguaggi, anche quando alieni per l’epoca alla ‘musica colta’. Così è per il Blues, nella
Sonata per violino, o per il Fox-Trot in L’Enfant et les sortilèges. Rivolte piuttosto a colorismi locali, certo ben
più usuali ma parimenti vivaci, sono invece l’Habanera e la Tzigane per violino. Se nella prima rivive infatti
tutto l’amore raveliano per la Spagna assolata (che ritroviamo nel Boléro, nell’Heure Spagnole o in Alborada
del Gracioso), con Tzigane Ravel rende omaggio a quel mondo – reale ma anche immaginifico – che già si
agitava in Kreisler e in Sarasate. Qui rivissuto grazie a una sapiente calibratura di trilli, corde pizzicate e
armonici flautati, travolti però nel turbine di una verve di bravura capace di arrestarsi, come un tuffo nel
vuoto, solo al vorticante finale.
Parentesi tutta particolare è in questi programma la celebre Passacaglia in Sol minore di Georg Friederich
Händel, qui in una trascrizione per archi del norvegese Johan Halvorsen, che rende così omaggio al grande
Barocco europeo. Forma classica per eccellenza, su figurazione di ostinato con serie di variazioni, il ‘basso di
Passacaglio’ (che prende il proprio nome dall’espressione spagnola di pasar la calle, cioè incedere per strada)
è un classico di origine ispanica col quale in molti si sono cimentati, da Frescobaldi, Bach e Couperin, passando

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alle rivisitazioni romantiche (come quella di Mendelssohn, per organo, o a questa di Halvorsen) sino al
Novecento inoltrato, con Benjam Britten, Paul Hindemith o Dmitrij Šostakovic.
Approfondendo l’interesse per le ‘lingue musicali europee’, il primo Novecento si è avventurato lungo sentieri
all’epoca inesplorati, in certo senso vicini a un particolare impegno etnografico. Caso quanto mai
emblematico, in tal senso, al punto da essere riconosciuto come antesignano della più moderna
etnomusicologia, è l’interesse rivolto da Béla Bartók al patrimonio musicale magiaro, ungherese e romeno.
L’importanza culturale di questo lavoro non si esaurisce però nel solo valore etnologico; lo studio della musica
popolare, infatti, mediato da un suo accurato reimpiego nei canoni della ‘musica colta’, ha permesso
all’ungherese Bartók (così come al ceco Janáček, all’armeno Kačaturjan o al polacco Szymanowski) di
contribuire in modo rilevante al decorso storico della musica europea. Nel 1915 ne sono un ottimo esempio
le Sette danze popolari romene (composte prima per pianoforte solo, poi riviste per piccola orchestra e infine
in veste da camera, con il violino). Lo specifico riferimento ai passi di danza, tipici della tradizione popolare,
rende qui nei titoli esplicita quella connotazione gestuale – dei ritmi, delle figurazioni melodiche o del tessuto
armonico – che è in grado di caratterizzarne l’origine regionale. La Danza del bastone è di Mezözabad; la
Danza della fascia e la Danza sul posto provengono da Egrés; la Danza del corno da Bisztra; la Polka romena,
infine, e le ultime due sono dei distretti di Belényes e Nyàgra, nella Romania settentrionale. Con più specifica
attenzione didattica sono nati invece i 44 Duo per violino, equivalenti dei più noti Mikrokosmos pianistici,
capaci di riassumere magistralmente il colore folclorico con l’intento didattico. In entrambi i casi però, sia in
questi piccoli ‘esercizi’ che nelle Danze, è la timbrica a spiccare come qualità preminente, «oscillando» – per
dirlo con Sablich – «tra i due poli opposti della ricostruzione di un paesaggio sonoro, anch’esso
presumibilmente popolare, e della modernità che aggiunge tratti e figure inediti a quel paesaggio, senza però
tradirne lo spirito».
Simili nel carattere, le cinque Bucoliche del polacco Witold Lutosławski non sono altro che idillî naturali, e
traggono la loro ispirazione melodica da altrettanti motivi tradizionali, qui deformati mediante sottili frizioni
dissonantiche tra l’esposizione melodica e le parallele linee in contrappunto. Un ricercato ‘sfasamento
metrico’ tra le parti è solo il più evidente tra gli accorgimenti che a Lutosławski consentono un elevato grado
di sofisticazione compositiva. Qui ancor più evidente, nella versione per viola e violoncello, dove – rispetto
all’originale pianistico – la dissociazione timbrica aiuta ad accentuare quella trasfigurazione sonora cui il
materiale tradizionale è di volta in volta sottoposto, con esiti a dir poco stranianti.
«L’anima ebraica, quella enigmatica, ardente e turbolenta che sento vibrare attraverso l’Antico Testamento
e che tento di trascrivere anche nella mia stessa musica è quel venerabile sentimento di un popolo che pare
essersi addormentato, nei nostri cuori». Così scriveva Ernst Bloch, compositore svizzero, che per tutta la vita
cercò di tradurre coi suoni la trascendenza sperimentata nel Cassidismo, movimento ispirato al rinnovamento
spirituale dell’ebraismo ortodosso secondo gli insegnamenti di Ba’al Sheem Tov, rabbino e mistico
seicentesco da cui trae il titolo una delle opere più conosciute del compositore. Del trittico Ba’al Sheem, tre
scene di vita cassidica fa infatti parte Nigun (in ebraico “improvvisazione”) nel quale al violino è affidata la
sfida di una particolare imitazione; quella di un salmodiare sommesso prima, poi sempre più accorato che,
con espressività semi-improvvisativa, si accresce sempre più d’intensità fino a raggiungere l’equivalente
melodico di una vera estasi religiosa, spegnendosi infine in meditativa preghiera. La malia di uno strumento
in grado, nelle sue molteplici trasfigurazioni, di essere fantasma di una voce che, quand’anche perduta, certo
è ricordata, cercata, invocata.
                                                                                                    Nicolò Rizzi

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CENNI BIOGRAFICI

Gwendolyn Masin, nata ad Amsterdam nel 1977, discende da una famiglia di musicisti da
generazioni, lei stessa ricorda di come sia stato spontaneo apprendere la tecnica del violino fin da
bambina; è considerata “un talento formidabile che conquista attenzione” «The Irish Times»;
“sembra fondersi con lo strumento in un corpo solo e così facendo incanta il pubblico” «Thuner
Tagblatt». Ha debuttato all’età di cinque anni, esibendosi in importanti sale da concerto in tutto il

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mondo; all’età di undici anni ha conquistato una celebrità in Irlanda per essere apparsa alla
trasmissione televisiva The Late Late Show, da allora è stata regolarmente ospite di programmi radio
e televisivi, e si è esibita riscuotendo il consenso del pubblico e della critica in Asia, Europa, Sud
Africa, Medio Oriente, Nord America, sia come solista, sia con importanti orchestre. Diplomatasi con
a pieni voti e menzioni speciali alla Royal Schools of Music di Londra, alla Hochschule der Künste di
Berna e alla Musikhochschule di Lubecca, tra i suoi insegnanti meritano di essere ricordati Herman
Krebbers, Igor Ozim, Ana Chumachenco, Zakhar Bron e Shmuel Ashkenasi.
Gwendolyn Masin non è solo un’interprete versatile e tecnicamente molto preparata, ma è sovente
chiamata a curare trascrizioni musicali e ad affiancare celebri compositori contemporanei, di cui
spesso propone brani nei suoi concerti. È altresì coinvolta nell’organizzazione di manifestazioni
musicali e festival, è direttore artistico di GAIA, un festival annuale in Svizzera. La sua tesi di
dottorato, conseguita al Trinity College, esamina affinità e differenze nella didattica per violino del
XX secolo. Nel 2009 ha pubblicato, per i tipi di Müller & Schade, il volume The Magic of the Violin,
tradotto in tedesco nel 2017, come strumento iniziatico allo studio del violino, con numerosi esercizi
e composizioni da lei scritte. È altresì docente di violino all’Haute école de musique di Ginevra, dal
settembre 2013, ed è chiamata a tenere numerose masterclass e corsi di perfezionamento in tutta
Europa. Del 2017 è l’album Flame, registrato con il pianista Simon Bucher, con brani tratti da
Debussy, Ravel, Stravinsky e Szymanowski. Sempre nel 2017 è uscito Origin, una raccolta di
composizioni e improvvisazioni che si basano sul repertorio più virtuoso dei fuoriprogrammi più
celebri.

ORIGIN è una raccolta di culture, musica, tradizioni e patrimonio che hanno plasmato la vita e i
talenti di Gwendolyn Masin. Come discendente di un lignaggio di musicisti dell'Europa centrale e
orientale, il giovane violinista è cresciuto circondato dalla musica. Soprannominato un prodigio,
Gwendolyn si esibì in tutto il mondo e viaggiando costantemente, fu esposta alla musica e alle arti
di molte culture e luoghi.

ORIGIN mette in mostra pezzi provenienti dai paesi delle radici di Gwendolyn, mentre altri sono
compagni della sua infanzia - le canzoni che è stata sollevata ascoltando e suonando, la musica di
cui è fatta. L'album testimonia l'unità di questo maestro contemporaneo con alcuni dei migliori e
più freschi talenti contemporanei - gli studenti di Gwendolyn. Le composizioni e le improvvisazioni
registrate qui sono alla base del repertorio di bravura e dei bis del violinista, che ha trasmesso ai
suoi studenti nel corso degli anni.

Ogni lavoro e disposizione del programma ORIGIN è collegato a quello successivo attraverso la sua
natura virtuosa e la tradizione della musica che lo ispira - le danze dei romani o quelle della Spagna,
le melodie ebraiche e i temi popolari della Romania. I compositori di queste opere sono stati
profondamente impressionati dalla musica folk di altre culture e quindi miravano a emularlo e
onorarlo nella loro composizione. Gwendolyn dirige questi lavori dal loro oblio per commemorare
l'origine della loro creazione e della sua storia, e per guardare avanti, creare nuove radici,
immaginare un mondo di musica che le generazioni future possano chiamare proprie.
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PROGRAMMA

Camille Saint-Saëns (1835-1921)
Danse macabre
Poème symphonique op. 40
Durata : 7 minuti circa

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Teatro Sociale di Como AsLiCo – Via Vincenzo Bellini 3, 22100 Como
Pablo de Sarasate (1844-1908)
Zigeunerweisen op. 20
Moderato
Lento
Un poco più lento
Allegro molto vivace
Arrangement von Raymond Deane
Durata : 8 minuti circa

Rodion Konstantinowitsch Schtschedrin (*1932)
Humoreske aus „Klavierstücke“
Riarraggiato da Massimo Pinca
Durata : 2 minuti circa

Jean-Baptiste Barrière (1707 – 1747)
Sonata for Two Cellos in G Major, No. 22
Durata : 9 minuti circa

Johan Halvorsen (1864-1935)
Passacaglia per violino e viola da un tema di Georg Friedrich Händel
Durata : 8 minuti circa

Dimitri Shostakovich (1906 – 1975)
Polka per quartetto d’archi
Durata : 2 minuti circa

Fritz Kreisler (1875-1962)
La Gitana
Arrangiamento di Raymond Deane
Durata : 3 minuti circa

Ernest Bloch (1880-1959)
Nigun (Improvisation)
da „Baal Shem – Drei Bilder aus dem chassidischen Leben“
Arrangiamento di Raymond Deane
Durata : 7 minuti circa

Béla Bartók (1881-1945)
Rumänische Volkstänze Sz. 68
Bot tánc / Jocul cu bâtă (Stabtanz) - Allegro moderato
Brâul (Rundtanz) - Allegro
Topogó / Pe loc (Stampftanz) - Moderato
Bucsumí tánc / Buciumeana (Tanz aus Butschum) - Moderato
Román polka / Poarga Românească (Rumänische Polka) - Allegro
Aprózó / Mărunțel (Schnelltanz) - Allegro
Aprózó / Mărunțel (Schnelltanz) - Allegro vivace
Arrangiamento di Arthur Willner
Durata : 7 minuti circa

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Teatro Sociale di Como AsLiCo – Via Vincenzo Bellini 3, 22100 Como
Fritz Kreisler (1875-1962)
Liebesleid
Durata : 4 minuti circa

Maurice Ravel (1875-1937)
Tzigane
Rhapsodie de concert
Arrangement von David Walter
Durata : 11 minuti circa

Violino Solo: Gwendolyn Masin

Violino: Abigail McDonagh, Priyanka Ravanelli
Violino: Ernst Jan Vos
Viola: Martin Moriarty
Violoncello: Patrick Moriarty
Contrabbasso: Massimo Pinca

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PROSSIMI APPUNTAMENTI

Domenica, 14 aprile – ore 17.00
Vespri op. 37 per coro misto “a cappella” di Sergej Rachmaninov

Giovedì 2 maggio, ore 20.30
L'Arlésienne, musiche di scena di Georges Bizet

Gli ultimi due appuntamenti della rassegna concertistica, all’interno della stagione notte 2018/2019
avvengono in collaborazione con il Conservatorio Giuseppe Verdi di Como: domenica, 14 aprile –
ore 17.00, con i Vespri op. 37 per coro misto “a cappella” di Sergej Rachmaninov (1873 - 1943), con
il Coro da camera del Conservatorio di Como, diretto da Domenico Innominato e giovedì 2 maggio,
ore 20.30 L'Arlésienne, musiche di scena di Georges Bizet (1838 - 1875), con l’ Orchestra Filarmonica
del Conservatorio di Como, diretta da Bruno Dal Bon e la partecipazione di Stefano De Luca, in
qualità di voce recitante.
L’appuntamento di domenica sarà preceduto come sempre da una degustazione di te e biscotti a
cura di Peter’s Tea House.
Vsenocnoe Bdenie (Vigilia notturna) op. 37 è in realtà il titolo originale dei Vespri, ad indicare
appunto una veglia notturna, nel contesto dei monasteri russi, nell’arco temporale che si estende
dall’ufficio mattutino (prima dell’alba) all’ora prima (le 6 del mattino). Una composizione che venne
eseguita in prima assoluta a Mosca nel 1915 ed è riproposta al Teatro Sociale in occasione della
Domenica delle Palme.
Il concerto del 2 maggio condurrà gli spettatori in un viaggio a ritroso al 1872, anno in cui Georges
Bizet compose Arlésienne, musiche di scena, destinate ad accompagnare l’omonima opera teatrale
di Alphonse Daudet; a causa del disappunto da parte del pubblico e della critica alla prima della

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pièce teatrale al Théâtre du Vaudeville di Parigi, la musica venne ignorata, e Bizet, negli anni che
seguirono, ne rielaborò quattro parti, con un’orchestrazione molto più ricca e brillante.
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