IL "CASO POLONIO": LA RISPOSTA DELLA REGIONE LOMBARDIA AD UNA POSSIBILE EMERGENZA SANITARIA

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IL “CASO POLONIO”: LA RISPOSTA DELLA REGIONE LOMBARDIA AD
UNA POSSIBILE EMERGENZA SANITARIA
           A. Anversa***, M.T. Cazzaniga**, S. De Crescenzo***, M. Forte**, R.Rusconi**,
                             A. Alberici*, L. Macchi***, G. Sgorbati**
                            *
                                ARPA Lombardia – Settore Aria e Agenti Fisici
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                                        Regione Lombardia – D.G. Sanità
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                                   ARPA Lombardia – Dipartimento di Milano

INTRODUZIONE

La vicenda dell’avvelenamento mortale da polonio 210 del cittadino russo Alexander Litvinenko
verificatosi a Londra nel novembre 2006 ha creato a livello internazionale molto scalpore.
In Italia la preoccupazione per l’eventuale esposizione accidentale a polonio 210 di cittadini italiani
che si fossero trovati nello stesso periodo a Londra o in altri luoghi coinvolti è cresciuta nei giorni
successivi alla notizia dell’avvelenamento, man mano che venivano diffuse notizie riguardanti la
contaminazione radioattiva di ambienti nei quali Litvinenko aveva soggiornato (albergo, bar, ecc.) o
comunque in qualche modo collegati alla vicenda (aeroplani della British Airways), nonché il
coinvolgimento del cittadino italiano Mario Scaramella.

La Direzione Generale Sanità della Regione Lombardia, in particolare la U.O. Prevenzione, Tutela
Sanitaria e Veterinaria, ha ritenuto probabile che qualche cittadino lombardo potesse aver
soggiornato a Londra nei giorni e nei luoghi “a rischio”, anche se ovviamente non era possibile
prevederne il numero; si è quindi deciso di prepararsi a tale evenienza e di attivare le procedure
necessarie, allertando le strutture del Servizio Sanitario Regionale ed assicurandosi il supporto
analitico dell’ARPA.

Scopo di questa comunicazione è illustrare sia lo schema organizzativo adottato, che ha comportato
una elevata integrazione tra Regione, Servizio Sanitario ed ARPA, nell’ottica di sistema regionale,
sia le procedure analitiche impiegate con particolare riferimento ai metodi rapidi di screening.

1 - ASPETTI ORGANIZZATIVI: RUOLO DEL “SISTEMA REGIONALE” NELLA
PREVISIONE DELLA GESTIONE DI UN’EVENTUALE EMERGENZA RADIOLOGICA

Nel 2004 e 2005 erano stati predisposti dalla Regione Lombardia alcuni documenti di indirizzo
sulla gestione delle emergenze, anche di natura radiologica e derivanti da atti terroristici; in
particolare:
    - decreto n. 23058 del 21 dicembre 2004 “Linee guida regionali sulla previsione e gestione dei
        rischi conseguenti ad atti terroristici” (Regione Lombardia 2004); nel Capitolo “7. Azioni
        terroristiche con impiego di sostanze radioattive” vengono fornite indicazioni e riferimenti
        per affrontare eventuali emergenze radiologiche e si individuano sei presidi ospedalieri
        lombardi in possesso di requisiti che consentano di assistere persone irradiate e/o
        contaminate a seguito di incidenti o atti deliberati che comportino dispersione di sostanze
        radioattive;
    - decreto n. 11514 del 21 luglio 2005 “Linee guida regionali per la gestione ospedaliera di
        persone esposte a irradiazioni e/o contaminazioni acute in relazione ad eventuali emergenze
        radiologiche” (Regione Lombardia 2005); contiene indicazioni operative adeguate per
        conseguire l’obiettivo della gestione sanitaria di vittime irradiate e/o contaminate.
Si è pertanto deciso di allertare le strutture sanitarie lombarde, ed in particolare i sei ospedali di
riferimento di cui sopra, circa il fatto che avrebbero potuto presentarsi al pronto soccorso, o
rivolgersi ai medici di base, cittadini lombardi preoccupati di essersi trovati in una condizione di
esposizione a polonio 210.

La particolarità della sostanza radioattiva impiegata a Londra, il polonio 210, e le sue caratteristiche
hanno portato a ritenere che per determinare l’avvenuta esposizione di persone fossero necessarie
competenze e dotazioni strumentali e di laboratorio specifiche e non comuni, non presenti nel
Servizio Sanitario Regionale; la D.G. Sanità si è quindi rivolta all’ARPA Lombardia, il cui
Dipartimento di Milano è dotato di un attrezzato laboratorio di misure radiometriche e di
radiochimica, per verificare la disponibilità alle determinazioni di polonio 210 su liquidi biologici.

Va sottolineato infatti che la Regione Lombardia opera per la massima collaborazione e
integrazione tra Direzione Generale Sanità, le Aziende del Servizio Sanitario Regionale e l’ARPA,
nell’ottica del “sistema regionale”, così come definito dalla recente legge regionale 30/2006.

Il Laboratorio del Dipartimento di Milano dell’ARPA esegue abitualmente, tra l’altro, la
determinazione di sostanze radioattive naturali nelle acque destinate al consumo umano, a supporto
delle Aziende Sanitarie Locali (ASL) della Lombardia ed in attuazione del D. Lgs. 31/2001; era
pertanto in possesso delle capacità e della esperienza necessarie per affrontare anche la
problematica della valutazione della esposizione umana al polonio 210 e si è reso subito disponibile
in proposito.

Sulla base dei citati documenti regionali si è proceduto rapidamente a definire un protocollo per
l’assistenza sanitaria e l’accertamento della eventuale radiocontaminazione delle persone con la
collaborazione dell’ARPA.

Nel protocollo suddetto, trasmesso il 1° dicembre 2006 a tutte le strutture sanitarie regionali e per
conoscenza al Ministero della Salute, si è previsto di inviare i cittadini, che si fossero presentati
spontaneamente per accertamenti o che fossero stati messi sull’avviso dalle autorità italiane o
inglesi, ad uno dei sei ospedali di riferimento; tali presidi ospedalieri avevano il compito di
effettuare uno screening informativo preliminare, allo scopo di appurare la concreta possibilità di
contaminazione delle persone: in caso positivo, la struttura ospedaliera doveva provvedere al
prelievo di un campione di urine, da inviare al laboratorio del Dipartimento ARPA di Milano per la
determinazione radiometrica del polonio 210.

Si è raccomandato alle strutture sanitarie di procedere alla richiesta di determinazione del polonio
210 nelle urine solo nei casi in cui le persone si fossero effettivamente trovate in luoghi segnalati
come contaminati dalle autorità inglesi. Si è inoltre precisato che né gli eventuali pazienti né i loro
campioni di urine potevano ragionevolmente presentare rischi di irradiazione esterna per il
personale sanitario, ma che gli escreti dovevano essere trattati con le cautele previste per campioni
biologici potenzialmente radiocontaminati.

Si è previsto che il laboratorio dell’ARPA di Milano avrebbe provveduto ad effettuare e comunicare
nel giro di circa 3 ore l’esito delle analisi di screening, attivando se necessario il servizio di pronta
disponibilità. Le analisi di screening sarebbero state sistematicamente seguite dalle determinazioni
analitiche per spettrometria alfa; tutti gli esiti sarebbero stati comunicati dal laboratorio ARPA
direttamente all’ospedale di riferimento, cui spettava la gestione di tutti gli aspetti sanitari
concernenti le persone interessate.

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Nel mese di dicembre alcuni cittadini lombardi che si erano trovati nei giorni e nei luoghi “a
rischio” si sono spontaneamente rivolti a strutture sanitarie; inoltre il 29 dicembre la D.G. della
Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute ha inviato una nota alla D.G. Sanità della Regione
Lombardia, a seguito della segnalazione inoltrata dal Foreign Office del Regno Unito con la quale
la Health Protection Agency del Regno Unito comunicava di avere esteso, su base precauzionale,
gli accertamenti (raccolta delle urine ed analisi) per evidenziare una eventuale contaminazione da
polonio 210 ai clienti che avessero frequentato il Pine Bar presso il Millennium Hotel di Londra dal
1° al 7 novembre 2006. Poiché uno dei cittadini italiani coinvolti era domiciliato a Milano, ci si è
attivati tramite la ASL Città di Milano per seguire anche questo caso.

In conclusione si è adottato uno schema di organizzazione a più livelli di attivazione, illustrato nella
Fig. 1.

                                   Struttura sanitaria generica

                                       Struttura sanitaria di
                                            riferimento
                                                                                 P o-210
                                                                                 Bq/L

                                        Laboratorio ARPA

                                     Fig. 1 – Schema organizzativo

                                                                      210
2 - ASPETTI ANALITICI: DETERMINAZIONE                           DEL         Po E METODI RAPIDI DI
SCREENING

Il polonio 210 è un radioisotopo di origine naturale, normalmente presente nell’organismo in cui
viene introdotto attraverso la dieta: la sua concentrazione nei principali alimenti varia da alcuni
mBq/kg fino ad un valore massimo dell’ordine del Bq/kg, l’intake annuale è stimato pari a circa 60
Bq (UNSCEAR 2000). I livelli naturali di polonio 210 escreto nelle urine sono tipicamente variabili
tra 5 e 15 mBq/giorno (HPA 2007), corrispondenti ad una concentrazione di circa 3-10 mBq/kg. In
Italia le concentrazioni medie rilevate sono un po’ più elevate e più variabili, ma comunque
dell’ordine al massimo di 100 mBq/kg (Battisti 2006).

Il polonio 210 si misura normalmente mediante spettrometria alfa ad alta risoluzione su campioni
autodepositati. Il metodo è sensibile ed accurato, ma i tempi di preparazione del campione ed i
tempi di conteggio non sono particolarmente rapidi: la preparazione dei campione richiede 1 giorno,
mentre la durata del conteggio varia, in funzione della sensibilità analitica richiesta, da alcune ore
ad alcuni giorni.

Nella prospettiva di dovere analizzare più campioni di urine al giorno, e con l’esigenza di fornire i
risultati nel minor tempo possibile, ci eravamo interrogati sulla possibilità di utilizzare in prima
istanza un metodo di analisi più veloce che, per quanto approssimativo, fosse in grado di

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identificare rapidamente i casi di potenziale contaminazione. Le analisi per spettrometria alfa ad alta
risoluzione su campioni depositati, che sarebbero comunque state effettuate, avrebbero confermato
entro alcuni giorni i risultati delle analisi di screening, rendendo però possibile nel frattempo un
eventuale intervento sanitario.

L’ultima considerazione determinante ai fini della scelta del metodo di misura per le analisi di
screening è stata relativa alle modalità di decadimento del polonio 210, che è un emettitore alfa
pressoché puro: la tecnica privilegiata per la misura di particelle alfa, con pretrattamento minimo o
nullo del campione ed efficienza di rivelazione elevata, è quella della scintillazione liquida
(possibilmente con discriminazione alfa/beta) sul campione tal quale.

                             Tab. 1 – Alcune caratteristiche del polonio 210
Tempo di dimezzamento
                         138,376 ± 0,002 giorni                                        Rif.: NNDC
fisico:
Emissioni alfa           E1 (keV): 4516,53 ± 0,09   Intensità (%): 0,00122 ± 0,00004   Rif.: NNDC
                         E2 (keV): 5304,33 ± 0,07   Intensità (%): 100                 Rif.: NNDC
Emissioni gamma          E (keV): 803,10            Intensità (%): 0,00121 ± 0,00004   Rif.: NNDC
Attività specifica:      166 GBq/mg
Quantità letale per
ingestione               1 – 3 GBq                                                     Rif.: Harrison 2007
(assorbimento = 10%):

Sulla base delle premesse di cui sopra si è proceduto allo sviluppo del metodo di screening.

2.1 - Il metodo di screening rapido

Il metodo di screening rapido si basa sulla misura degli alfa emettitori presenti nelle urine mediante
conteggio in scintillazione liquida (LSC) con discriminazione alfa/beta, e sulla verifica sistematica
dell’efficienza di rivelazione mediante il sistema del campione marcato in doppio (metodo dello
standard interno).

Una aliquota di campione (8 mL) viene trasferita senza alcun pretrattamento in una fiala per
scintillazione in polietilene teflonato da 20 mL. Vengono poi aggiunti 12 mL di liquido scintillante
adatto alla discriminazione alfa/beta (Zinsser Quicksafe 400). La fiala viene agitata e contata per 60
minuti.
Viene preparato allo stesso modo un campione doppio marcato, aggiungendo all’urina circa 0,1 g
di standard radioattivo certificato di 241Am (attività corrispondente circa 100 Bq). Il campione
marcato viene misurato per 5 minuti; in entrambi i casi viene applicata la discriminazione alfa/beta
impostando il circuito in modo tale da ottimizzare le condizioni di misura per la determinazione di
alfa emettitori, minimizzando l’interferenza beta.
Queste impostazioni sono differenti da quelle normalmente utilizzate nelle misure sulle acque, nelle
quali si misurano contemporaneamente l’attività alfa e beta totale; d’altra parte le stesse
impostazioni non sono applicabili nell’analisi delle urine, che presentano uno spegnimento sia
chimico che di colore più elevato. Inoltre la possibilità di interferenza beta nelle urine è
particolarmente elevata, dato che contengono quantità apprezzabili di attività beta totale dovuta al
potassio 40 (tra 20 e 80 Bq/L nell’urina delle 24 ore).

La misura del campione marcato viene utilizzata per determinare sia ampiezza e posizione della
finestra di conteggio che l’efficienza di rivelazione. I campioni di urina misurati tal quali, infatti,
possono presentare un elevato spegnimento (quench) sia chimico che di colore, che altera posizione
e forma dello spettro ed influisce sulla discriminazione con conseguente variazione dell’efficienza.

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Per quanto riguarda l’interpretazione dello spettro relativo al campione incognito, si sono distinti
due casi:
          1. non è evidente alcun picco alfa: in questo caso il risultato viene fornito come
              “minore di”; il limite cautelativo di rivelazione viene ottenuto utilizzando tutti i
              conteggi misurati nella finestra selezionata, e fornendo una stima assolutamente
              cautelativa in considerazione della variabilità statistica dei conteggi misurati;
          2. è evidente un picco alfa: in questo caso si esegue una valutazione quali-quantitativa
              dell’attività alfa presente (senza alcuna sottrazione del fondo, che peraltro in questo
              tipo di misure è normalmente trascurabile), considerando i conteggi totali nella
              finestra selezionata; inoltre la ripetizione della misura per tempi più lunghi può
              fornire una stima più accurata dell’attività presente. Questa prima stima, in attesa dei
              risultati delle analisi per spettrometria alfa, consente comunque, opportunamente
              contestualizzata, di avviare le procedure sanitarie ritenute necessarie (es.: primi
              interventi per ridurre/contenere la contaminazione, estensione delle indagini a
              familiari, etc.).

Questo approccio è motivato da alcune considerazioni:
          1. non è possibile disporre di un dato di ‘bianco’ affidabile, in considerazione della
             variabilità delle caratteristiche chimico-fisiche delle urine: per questo motivo non è
             possibile eseguire alcuna sottrazione del fondo;
          2. il metodo non è selettivo rispetto alla presenza di altri radionuclidi naturali alfa
             emettitori, e le urine contengono normalmente alfa emettitori di origine naturale
             anche se l’intake giornaliero (quantificabile in circa 0,5 Bq/giorno – UNSCEAR
             2000) e quindi l’escrezione sono probabilmente trascurabili rispetto alla sensibilità
             del metodo di screening proposto;
          3. il metodo deve fornire risultati assolutamente cautelativi dal punto di vista della
             radioprotezione, e non deve produrre risultati classificabili come falsi negativi.

2.2 - Il metodo spettrometrico

Il metodo di misura del 210Po nelle matrici liquide in generale è ben consolidato in letteratura
(ANPA 2000, DOE 1997, Murray 2007, HPA 2007-2). Nel presente lavoro sono stati analizzati
campioni di urina di circa 100 mL, cui sono stati aggiunti perossido di idrogeno 30% (5 mL), acido
nitrico 67% (5 mL) e una soluzione di tracciante 209Po (0,05 Bq c.a.). Il campione viene lentamente
evaporato per riscaldamento al fine di permettere la distruzione dei composti organici presenti; il
polonio viene poi separato per autodeposizione e fissato su un dischetto di nichel seguendo la
procedura elaborata dall’Agenzia per la protezione dell’ambiente e i servizi tecnici (APAT). Il
campione viene infine sottoposto a conteggio tramite spettrometria alfa ad alta risoluzione per circa
16 ore.

3 - I RISULTATI DELLE ANALISI

Complessivamente sono state prese in carico dalle strutture sanitarie lombarde 8 persone, per le
quali sono stati svolti approfondimenti di indagine attraverso l’analisi di campioni di urine, con le
procedure indicate in precedenza. Gli ospedali di riferimento coinvolti sono stati due, l’Azienda
Ospedaliera Cà Granda Niguarda di Milano e l’Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di Bergamo;
inoltre ad ARPA è pervenuto anche un campione da analizzare tramite l’Ospedale San Martino di
Belluno.

In tabella 2 si riportano i valori di spegnimento chimico (SQP(E)), di efficienza di rivelazione ed il
limite di rivelazione determinati nei 7 campioni sui quali è stata condotta l’analisi di screening. In
nessun caso si è evidenziata l’esistenza di casi ‘positivi’.

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Tabella 2: Parametri caratteristici del metodo di screening

                         Prot.   SQP(E) Efficienza        Limite cautelativo di
                         interno           (%)                rivelazione
                                                                (Bq/kg)
                         060879      733        100
Si precisa che i campioni analizzati non sono relativi all’urina delle 24 ore ma ad una singola
minzione, in quanto si è ritenuto preferibile velocizzare i tempi di raccolta e conferimento dei
campioni.

4 - CONCLUSIONI

L’esperienza condotta in Lombardia a seguito del “caso Litvinenko” ha rappresentato un banco di
prova per il “sistema regionale” riguardo alla applicazione delle procedure di gestione sanitaria in
caso di emergenze radiologiche già messe a punto.

In breve tempo, dal momento in cui si ha avuta la consapevolezza di una possibile situazione di
emergenza, si è messo a punto un protocollo sanitario da applicare ai cittadini che si fossero
eventualmente presentati per accertamenti di un’eventuale radiocontaminazione, da indirizzare a
presidi ospedalieri di riferimento preventivamente individuati e da sottoporre, tramite misure di
radiocontaminazione di urine, ad una valutazione della eventuale esposizione a polonio 210. I
protocolli analitici utilizzati da ARPA si sono dimostrati adeguati allo scopo; in particolare il
protocollo di screening ha consentito di dare risposte in tempo pressoché reale.

I casi effettivi sono stati fortunatamente pochi; valutazioni a posteriori dicono però che questo
modello organizzativo avrebbe consentito di trattare un numero ben maggiore di casi: infatti il
numero di campioni analizzabili al giorno, utilizzando il metodo di screening, è dell’ordine di 20.

Come noto, la valutazione dell’intake di un certo radionuclide a partire dalla misura della quantità
di radioattività presente nelle urine dipende da molti parametri: la via di esposizione (inalazione,
ingestione, permeazione attraverso la cute), la forma chimica del composto (e quindi la sua
solubilità), il momento esatto e la durata dell’esposizione (e quindi la % di attività escreta).
In situazioni di emergenza le circostanze dell’esposizione non sono il più delle volte note con
esattezza: le stime di dose pertanto non possono che essere in prima analisi molto imprecise. La
disponibilità di un metodo rapido di screening rappresenta comunque uno strumento importante per
l’identificazione dei casi di contaminazione importanti, e può fornire una griglia utile per definire le
priorità e le precedenze di gestione dei diversi casi.

Il metodo di screening messo a punto, pur presentando una sensibilità analitica limitata, consente
comunque di evidenziare valori dosimetrici tali da valutare la necessità di interventi sanitari,
privilegiando nel contempo la possibilità di trattare un numero elevato di campioni in tempi
compatibili con eventuali esigenze di trattamenti sanitari. Inoltre il metodo è genericamente
applicabile a tutti i radionuclidi alfa emettitori, ed è pertanto applicabile anche ai casi di presunte
contaminazioni da altri radioisotopi.

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