Come si comanda il Mondo - Corporations e Superclass: l'élite paredra de Il Potere del nostro Tempo - Image Credit: Kyklos Greek Cafe - Orizzonte ...

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Come si comanda il Mondo
             Corporations e Superclass: l'élite paredra de
                     Il Potere del nostro Tempo

Image Credit: Kyklos Greek Cafe
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Come si comanda il Mondo
Corporations e Superclass: l'élite paredra de
Il Potere del nostro Tempo

Nel nostro precedente frammento (“Hostes publici”, 18 febbraio 2021), fugace
frantume fuggito dall’orbita ortodossa dell’Oggi per dare manifestazione ignea a
una delle principali figurazioni del Moderno, la profligazione ovvero del Politico in
funzione dell’Economico o, egualmente, del Pubblico in favore del Privato,
provammo a comparare, numeris extractis, il Potere reale delle soggettualità
coinvolte – in (post-moderna) pariteticità giuridica – nella “scaramuccia”
epifenomenica oggetto del frammento: l’azienda Facebook Inc. e lo Stato sovrano di
Australia.
In quel contesto, dunque, evocammo, pur indirettamente, Vexilla regis prodeunt
inferni, i reali “Padroni dell’umanità” (Adam Smith) al nostro tempo.
Tenteremo pertanto, qui, nell’innanzi, l’ulteriore catabasi di quel percorso
prospezionale, votati, come da nostra prassi e postura, al disvelamento dell’essenza
del molteplice, ebbene, in questo contesto, al dimostramento (apó-deixis) della
nudità di quell’oligarchia, in verità per nulla occulta, che impera sul mondo, ormai
doloroso regno, nel giro d’orizzonte dell’odierno, spingendoci sino ad affissare
fauci maciullatrici e ceffo trifacciale del vertice ipogeo, sino ovvero a conferire
fondamento e ipostasi, volto e nome, all’uno diadico di quell’epiclesi plutocratica,
sive plutonica.
E lo facciamo seguendo il lume addottorante di Giorgio Galli e Mario Caligiuri,
Come si comanda il mondo. Teorie, volti, intrecci, edito da Rubbettino, nel 2017.
Partiamo anzitutto con una dichiarazione metodologica che ci trova consentanei,
anche col suffragio di quando da noi già esposto (L’utile idiozia del complotto
permanente): “non si tratta di complotti ma di rapporti di forza e strategie di
dominio, effettuate di solito alla luce del sole […]. Questo studio intende fornire,
per quanto possibile, un contributo di comprensione alla realtà. Infatti, quello che
sembra emergere è che il disordine mondiale non è il disegno di forze oscure che
agiscono nell’ombra in una congiura perenne contro i popoli, oppure il frutto della
globalizzazione impazzita o degli sviluppi delle tecnologie e dell’intelligenza
artificiale, bensì il risultato delle decisioni di una ben individuata élite
transnazionale che, attraverso i suoi molteplici intrecci, orienta l’economia
mondiale”.

    Il problema non è quindi solo della ribellione delle élite, né della scomparsa della distinzione tra
    destra e sinistra, né di scontri tra chi sta in alto e chi sta in basso nella scala sociale, né tantomeno delle
    dinamiche attinenti alla trasformazione del potere, ma è qualcosa di molto più profondo. La politica è
    stata neutralizzata dall’economia attraverso un potere che non è anonimo o legato agli sviluppi
    dell’innovazione tecnologica e dell’intelligenza artificiale, bensì è rappresentato dai manager che
    controllano determinate multinazionali economiche e finanziarie. Un’élite ampiamente ignota
    all’opinione pubblica mondiale, che tuttavia non è indefinita: ha nomi e cognomi ben individuabili.
    Noi abbiamo provato a scriverli. Capiremo così che le persone di cui parlano i giornali probabilmente
non sono quelle che determinano le sorti del mondo. Il controllo del loro operato è il problema della
     democrazia del XXI secolo.

E il controllo principia dalla conoscenza.

La storiografia pone, per tradizione e consuetudine, la cesura che dà principio
all’Evo moderno con la scoperta del continente americano da parte degli europei.
L’apertura delle rotte di commercio transoceaniche è senz’altro, fattualmente,
coimplicata nell’Orizzonte che conquista esordio a far data dal 1492. Nondimeno,
noi riteniamo che tale fomite faustiano, cagionante quella scoperta di nuovi tracciati
ai commerci, precisamente dimostrantesi già in essere nell’azzardo che osa trans-
guardare i riguardi eraclei, l’ipostatizzazione granitico-ideale ossia della soglia del
mondo antico o apollineo, retrodati quell’inizio, e che pertanto il limes essenziale tra
l’epoca Antica e la Moderna, debba essere anticipato, oltrepassando le partizioni
canoniche dei sussidiari che disvolgono la Storia tra Antichità, Medioevo,
Modernità e Contemporaneità.
Tuttavia, possiamo certamente collocare la linea vincente del Moderno, giacché
destinalmente faustiana è la stessa Prussia di Guglielmo II, nelle appendici
occidentali del continente europeo, Inghilterra elisabettiana in primis. Sarà solo,
nonpertanto, col passaggio del banno geopolitico dall’Europa agli Stati Uniti che
tale tracciato carsico trionfatore dispiegherà, pressoché nell’oggi compiutamente,
tutta la propria essenza, dissoluzione del concetto stesso di geopolitica
internazionale compreso.
Infatti, come nel casus belli del nostro attuale procedere proemialmente e-vocato, se
la geopolitica è “lo studio delle influenze che la collocazione geografica di un
popolo, di una nazione, di uno Stato ha sulla sua storia politica”, è del tutto
evidente che, nel Nomos der Erde post-Vestfalia, nell’ordinamento ovvero dello Jus
Publicum Europaeum, la geopolitica non potrà essere la medesima dantesi nel tempo
terracqueo del Großraum.
Se dunque la geopolitica dipende dall’ordinamento del Mondo, risulta affatto
diafano che, allorquando il Mondo diventa Uno, e allorquando il possesso di terra e
acqua entro l’Unità del mondo non appartiene più alle Nazioni o, in genere, al di là
dell’ordinamento statuale (Poleis, Imperi multietnici, Nazioni o Federazioni di Stati
o Grandi Spazi), all’orizzonte del Politico e del Pubblico, non può darsi più “geo”-
politica alcuna, né tantomeno più alcuna politica, piuttosto divenendo possibile il
parlare di geo-marketing, ovvero di strategie di vendita che le immani Corporations
transnazionali orientano e pianificano su base territoriale.
Se la sovranità, dunque, passa dallo Stato alla Corporation, è in questa fitta trama di
relazioni tra multinazionali che la nuova geopolitica deve imparare a farsi strada,
partendo proprio, in considerazione di quell’ultimo avamposto dell’attaccamento
alla terra offrentesi nel nostro tempo globalmente sradicalizzante (Bodenlosigkeit),
dal quel suolo nordamericano in cui ha trovato ultima patria (Heimat) la linea
vincente del Moderno.

     “La supremazia dei grandi gruppi economici con le elezioni per il Congresso del 1866 e fu consolidata
     dalla decisione della Corte Suprema pure nel 1866, che poneva i grandi gruppi sotto la protezione del
     Quattordicesimo emendamento”. Quel periodo vede l’iniziativa passare dal governo ai grandi
gruppi” […]. Durante il New Deal i grandi dell’economia si unirono ai dirigenti politici, ma solo con la
     Seconda guerra mondiale giunsero a dominarli” (C.W. Mills, L’élite del potere, Oxford University
     Press, N.Y, 1956, ed. it. Feltrinelli, Milano 1959).

Ecco, dunque, l’autentica Birth of a Nation di Griffith:
     Ottanta anni fa, mezzo secolo prima che si cominciasse a sentir parlare della Bank of Credit and
     Commerce International (Bcci) o dell’affare Iran-Contras, George Herbert Bush, padre fondatore e
     progenitore spirituale del clan Bush, era stato il primo a mettere al loro posto gli elementi del blasone
     di famiglia: traffico di armi, operazioni clandestine, operazioni segrete all’estero, “banche canaglia” e
     riciclaggio di denaro. Gli anni precedenti la prima guerra mondiale convinsero molte delle più ricche
     famiglie americane che la produzione di armi e di materiale bellico poteva portare notevoli profitti.
     Mentre il ruolo degli Stati Uniti diventava sempre maggiore, gli americano danarosi furono attratti
     anche da mezzi di investimento che affermavano di basarsi sulle informazioni di servizi segreti
     stranieri per individuare opportunità oltremare. Se i Rockefeller, gli Harriman, i Morgan, gli Stillman
     della National City Bank occupavano la posizione centrale, le famiglie Walker e Bush facevano parte
     del gruppo di supporto […]. I cannoni dell’agosto del 1914 portarono profitti di dimensioni inaudite,
     uno dei beneficiari, Marcellus Hartley Dodge, che aveva di recente ereditato il controllo della
     Remington Arms-Union Metallic Cartridge Company, nel 1915 dovette affrontare la necessità, imposta
     dalle dimensioni della domanda bellica, di espandere e investire ulteriormente. Per sua fortuna il
     suocero, il finanziere William Rockefeller (fratello di John D. senior) e il cognato Percy Rockefeller,
     insieme ai loro parenti Stillman, controllavano la più grande banca della nazione, la National City
     Bank di New York. Aiutarono la Remington a espandersi e modernizzarsi e Percy Rockefeller e James
     A. Stillman a diventarne consigliere di amministrazione […]. Quello di individuare le “dirigenze
     interfacciate” dei vertici delle multinazionali è lo scopo principale della nostra ricerca. Per quel che
     riguarda esattamente un secolo prima, il fatale agosto del 1914, la tabella di Phillips comprende, oltre
     alla National City Bank, la W.A. Security Corporation, la American International Corporation, la
     Remington Arms, la American Skip and Commerce Corporation, la Union Banking Corporation, la
     Morgan Manganese Corporation, la Barnsdall Corporation, la Harrina Fifteen Corporation, imprese
     tutte embrioni di future multinaizonali […]. L’elenco continua per altre sei pagine di “dirigenze
     interfacciate”. Ci fermiamo qui per rilevare che ai confronti con le altre monarchie europee si potrebbe
     aggiungere il fatto che quelle combatterono al fianco di Hitler, il clan Bush lo riarmò, mentre
     contemporaneamente aiutava Stalin a industrializzare l’URSS: le multinazionali nascenti non si
     preoccupavano di democrazia, anche se poi gli Stati Uniti sconfissero Hitler nella guerra calda e
     l’URSS nella guerra fredda […]. “A mano a mano che avanziamo nel XXI secolo, lo squilibrio tra
     ricchezza e democrazia negli Stati Uniti appare sempre più insostenibile, per lo meno in base ai
     parametri tradizionali. La teologia del mercato e una leadership non elettiva hanno relegato in
     secondo piano la politica e le consultazioni elettorali. La democrazia deve essere rinnovata con una
     decisa rivitalizzazione della politica, oppure la ricchezza finirà per cementare un regime nuovo e
     meno democratico, che possiamo tranquillamente definire plutocrazia” (K.P. Phillips, Richezza e
     democrazia, Garzanti, Milano 2005).

Con buona pace di Fukuyama e dei modernolatri progressisti e liberal, la
Democrazia parlamentare anglo-franco-americana, ormai in tutta evidenza storica,
non è certo il risultato ultimo della lotta emancipativa plurimillenaria dei popoli,
conquista somma di civiltà che fende col lume sottile della scienza applicata alla
Politica la coltre della barbarie passata, bensì, assai più prosaicamente e
pragmaticamente, incarna il sistema più fertile entro cui fare affari: ce lo si stampi bene
in testa una volta per tutte.

Primo cerchio concentrico di Cocito (Caina): la Superclass globale di David
Rothkopt

Procediamo dunque con una prima stretta della circonferenza che trova ultima
concentrazione nell’imo centro cociteo. Aumentiamo ovvero la definizione della
troppo generica espressione “Corporation multinazionale con headquarter
statunitense”, sino a ridurre – qui ancora con Galli, Caligiuri e le loro fonti –, la
nostra indagine entro un panel iniziale di 1.500 gruppi finanziari transnazionali i cui
fatturati anni e asset superano i 5 miliardi di dollari.
Questi individui, qui ancora anonimi, costituiscono una “super-classe” interna-
zionale (D. Rothkopt), un microcosmo, definibile “capitalismo relazionale”, i cui
esponenti frequentano le stesse Università (e addirittura qui le stesse confraternite),
gli stessi “super-club planetari” (Council on Foreign Relations, Gruppo Bilderberg,
Trilater Commission, Ur-Lodges o superlogge internazionali), e siedono,
scambievolmente, sui medesimi scranni decisionali, ora assisi in Istituzioni
politiche e Fondazioni o Commissioni parapolitiche, ora in Cda di gruppi finanziari
e imprese a ramificazione multinazionale, dotati sia di multiposizionalità (quando
un medesimo soggetto occupa di persona più cariche in diverse realtà), sia di
ubiquità posizionale (se un medesimo soggetto delega l’occupazione di cariche a
propri uomini di fiducia).

     “La superclass gobale - la geopolitica dopo «Davos»”. Così inizia il libro di David Rothkopt sulle
     Superclass (Mondadori, 2008) […], cioè, secondo la prefazione: “capi di Stato, alti dirigenti delle più
     importanti multinazionali, magnati dei mass-media, miliardari che gestiscono personalmente i propri
     investimenti […], qualche capo religioso, qualche scrittore noto, scienziati, artisti e persino leader
     terroristici e maestri del crimine”. Di questa pittoresca fauna scegliamo la componente con maggior
     potere, alti dirigenti delle più importanti multinazionali e magnati dei mass media (che appartengono
     a multinazionali). Il perché della scelta si riallaccia all’insegnamento di Wright Mills, al quale l’autore
     esplicitamente si riferisce: “al corso di Civiltà Contemporanea, L’élite del potere era uno dei testi
     prediletti […]. Mills sosteneva che quelle élite raggiungevano posizioni privilegiate attraverso percorsi
     simili e passavano spesso da un settore dall’altro: dai ruoli preminenti nel Governo, a quelli più
     importanti nell’economia, dal Gabinetto della Casa Bianca alla sala riunioni del consiglio di
     amministrazione, dai comandi militari alla politica, da una posizione di grande responsabilità a
     un’altra, formavano una sorta di direttorio indipendente per gli Stati Uniti […]. Il libro viene letto
     ancora oggi ed è considerato una critica classica della struttura del potere americano; bisogna però
     ammettere che anche il mondo è cambiato profondamente nei cinquant’anni ormai trascorsi dalla sua
     pubblicazione […]. Se Mills avesse scritto quel libro ai nostri giorni, avrebbe trasferito la sua
     attenzione dall’élite nazionale americana a un fenomeno nuovo e più importante: l’ascesa di una élite
     del potere internazionale, una superclass che nelle gerarchie dell’era globale svolge un ruolo analogo a
     quello che fu dell’élite del potere statunitense durante i primi anni vissuti dal Paese come
     superpotenza. Durante il vertice di Davos si sentiva ripetere spesso quanto fosse diventata omogenea
     questa élite globale e come si fosse trasformata in una vera e propria comunità […]. Si sta costituendo
     una nuova comunità, di pari passo con l’internazionalizzazione delle economie che stanno valicando i
     ristretti ambiti nazionali […]. Nel 1974, Christopher Lasch, in La ribellione delle élite, scriveva: “Le
     loro fortune sono legate a imprese che operano senza badare ai confini nazionali. La loro lealtà, se il
     termine non è anacronistico in questo contesto, è di tipo internazionale. I loro esponenti hanno molte
     più cose in comune con le loro controparti di Bruxelles e di Hong Kong che con le masse di americani
     non ancora allacciati alla rete della comunicazione globale” […]. L’universo che intendiamo catalogare
     viene così presentato: “Fra tutte le categorie di personaggi che compongono la Superclass
     internazionale, prevalgono gli imprenditori e i finanzieri. Per diverse ragioni. La nascita di società e
     gruppi finanziari transnazionali ha messo in moto la globalizzazione. Secondo le stime prudenti, ce ne
     sono più di 1.500 con fatturati annui o asset che superano i 5 miliardi di dollari. L’influenza degli
     uomini che si assumono la responsabilità di questi giganti è immensa a livello planetario. Uno dei
     fenomeni più rilevanti dell’era globale è la conquista da parte di alcune grandi società di ruoli
     economici e sociali che rivaleggiano e talvolta superano quello degli Stati. Nel 2007, per esempio, il Pil
     globale è stato stimato in 47 trilioni di dollari. In quello stesso anno, le prime 250 società del mondo
     hanno realizzato complessivamente fatturati per oltre 14,87 trilioni di dollari, una cifra quasi
     equivalante a un terzo del Pil globale e superiore a quelli degli Stati Uniti e dell’Unione Europea,
     rispettivamente di 13,20 e 13,74 trilioni” […]. Conclusivamente “si può ritenere che il ristretto gruppo
     dei più ricchi, un migliaio di miliardari, abbia un peso perlomeno doppio rispetto al gruppo dei più
poveri, che sono 2,5 miliardi. Il genere umano ha compiuto enormi progressi nel corso dei secoli, ma
    simili disparità continuano a essere una tragedia della nostra civiltà”.

Secondo cerchio concentrico (Antenòra): il panel di Mediobanca

    Delle 61.000 multinazionali registrate sul pianeta (con 60.000 filiali), le 376 più importanti del 2012
    sono catalogate da una pubblicazione di Mediobanca (R&S Publications). L’insieme dei loro consiglieri
    di amministrazione costituiscono la componente economica della superclass di Rothkopf. Sono situate
    148 in Europa, 68 in Nord America, 36 in Giappone, 50 in Russia e nel resto dell’Asia, 23 altrove.
    Calcolando una dozzina di componenti dei Consigli di Amministrazione per ciascuna di queste 376
    multinazionali (indipendentemente dalla multiposizionalità), si possono raccogliere oltre quattomila
    nomi, circa due terzi dei seimila membri della superclass dello stesso Rothkopf.

Terzo cerchio concentrico (Tolomea): il panel del Politecnico di Zurigo
(The Network of Global Corporate Control)

Se, pertanto, con l’avvento del Moderno, la Politica cede, incrementalmente certo, il
passo all’Economia, con l’avvento della globalizzazione postmoderna sono la
produzione industriale e la commercializzazione massiva a indietreggiare di fronte
allo strapotere della Finanza, ipostasi prima e fondamento della celebre “società
liquida” dell’Oggi. Appare infatti e preclarmente ormai ai desti del XXI secolo la co-
essenzialità della finanziarizzazione transfrontaliera di un’economia già
profligatrice del Politico e gangliformemente omniafferrante, con le epifigurazioni
dell’equoreo anti-tipico o morfo-clasta, sia nel costume (dai vari movimenti gender
free, alle [deliranti] istanze anti-speciste, con già intravedibile l’ultima Thule del
trans-umanesimo), sia nella cosiddetta Cultura alta (dal de-costruzionismo di
Derrida, al rizoma di Deleuze), sino, in ultimo e avanguardialmente, all’arte (dalle
moderne suggestioni sonore aleatorie, all’astrattismo di Kandinskij): l’essenza
unitaria e omnicompartecipata comparativamente appare, abbacinante nella Notte
del Tempo o Era estrema dell’Indistinto deuteriore.

    Come afferma Noam Chomsky: “quando ci domandiamo «chi comanda il mondo?» partiamo dal
    principio universalmente accettato che gli attori protagonisti siano gli Stati, in particolare le grandi
    potenze, e valutiamo quindi le loro scelte e le relazioni tra di loro. Non è sbagliato, ma un tale livello
    di astrazione può rivelarsi fuorviante. Gli Stati hanno complesse strutture interne e le scelte e le
    decisioni dei vertici politici sono profondamente influenzate dai centri di potere interni, mentre la
    popolazione è sovente tenuta ai margini. Questo vale anche per le società più democratiche, e
    naturalmente per le altre. Non possiamo avere un quadro realistico di chi governa effettivamente il
    mondo se non teniamo conto dei «padroni dell’umanità», come li chiamava Adam Smith: ai suoi
    tempi erano i mercanti e i produttori d’Inghilterra; nella nostra epoca sono le conglomerate
    multinazionali, le enormi istituzioni finanziarie, gli imperi commerciali e così via […]. Nell’ordine
    globale contemporaneo le istituzioni dei padroni detengono un potere immenso, non soltanto nello
    scacchiere internazionale, ma anche all’interno dei loro Stati, nei quali confidano per salvaguardare
    quel potere e ottenere sostegno economico con strumenti di vario tipo”. Il nostro punto di vista è che a
    seguito della globalizzazione le istituzioni finanziarie sembrano molto più potenti delle istituzioni
    governative, che dovrebbero invece regolarle […]. E mentre l’economia prende il sopravvento sulla
    politica, “la finanza sembra incontrollabile”. Possiamo allora sostenere che esiste davvero una élite
    costituita da presidenti e amministratori delegati di poche società finanziarie mossa soltanto da
    profitto?

Infine, prima di tracciare il terzo solco enantio-pomeriale, in caso vi fossero ancora
desti tra coloro che considerano la Politica il luogo della de-cisione o, egualmente,
l’arena dello scontro, se ancora vi fossero ovvero non satolli dormienti tra coloro
che hanno ritenuto i recenti eventi di Capitol Hill, egualmente il “vetero”-
capitalismo “machista” e “patriarcale” di Trump, una luce di resistenza e avvenire
alla Palach, noi diciamo loro, eracliteamente, risvegliatevi e prestate ascolto al
Logos:

    La finanziarizzazione dell’economia, secondo molti analisti, può essere ricondotta alle politiche
    neoliberiste promosse dai Governi Margaret Thatcher e Ronald Reagan. Negli Stati Uniti, però, non
    furono soltanto i Repubblicani a perseguire una politica del laissez-faire, considerata da molti
    analisti responsabile della crisi finanziaria scoppiata nel 2008. La successiva amministrazione
    democratica proseguì sulla stessa scia, accentuandola. Infatti, nel 1988, Bill Clinton firmò il
    Financial Services Modernization Act, che annullò il Glass-Steagall Act emanato nel 1933 per
    impedire le speculazioni e le concentrazioni finanziarie. Un anno dopo, attraverso il Commodity
    Futures Modernization Act, Clinton perfezionò il provvedimento, che esentava dal rispetto delle
    regole tutte le obbligazioni dei derivati e degli strumenti di copertura dei crediti. Queste normative
    aprirono la strada a un mercato completamente deregolamentato, con mutui legati a quegli strumenti
    finanziari che sono stati responsabili della successiva crisi economica.

Ecco dunque le 50 multinazionali più influenti al mondo:

                   Barclays Bank PLC                                 Uk
            Capitol Group Companies Inc.                             Us
                           Fmr                                       Us
                           Axa                                       Fr
                State Street Corporation                             Us
                 JP Morgan Chase & Co                                Us
              Legal & General Group Plc                              Uk
               Vanguard Group, Inc. The                              Us
                         Ubs Ag                                      Ch
                Merrill Lynch & Co., Inc                             Us
           Wellington Management Co. L.L.P.                          Us
                   Deutsche Bank Ag                                  De
                Franklin Resources, Inc.                             Us
                  Credit Suisse Group                                Ch
                  Walton Enterprise Llc                              Us
                Bank of NY Mellon Corp                               Us
                         Natixis                                     Fr
            GoldmanSachs Group Inc., The                             Us
               T. Rowe Price Group, Inc.                             Us
                    Legg Mason, Inc.                                 Us
                    Morgan Stanley                                   Us
            Mitsubishi Ufj Financial Group,
                                                                      Jp
                           Inc.
             Northern Trust Corporation                               Us
Société Générale                                   Fr
                  Bank of America Corp                                  Us
                  Lloyds Tsb Group Plc                                  Gb
                        Invesco Plc                                     Gb
                        Alliance Se                                     De
                            Tiaa                                        Us
              Old Mutual Pubblic Limited
                                                                        Gb
                         Company
                         Aviva Plc                                      Gb
                       Schroders Plc                                    Gb
                       Dodge & Cox                                      Us
             Lehman Brothers Holding, Inc.                              Us
                  Sun Life Financial, Inc                               Ca
                     Standard Life Plc                                  Gb
                           Cnce                                         Fr
                  Nomura Holding, Inc                                   Jp
             The Depository Trust Company                               Us
            Massachusetts Mutual Life Insur.                            Us
                      Ing Groep N.V.                                    Nl
            Brandes Investment Partners, L.P.                           Us
                 Unicredito Italiano Spa                                It
            Deposit Insurance Corporation of
                                                                         Jp
                           Japan
                    Vereniging Aegon                                    Nl
                        Bnp Paribas                                     Fr
             Affiliated Manager Group, Inc.                             Us
                   Resona Holding, Inc.                                 Jp
            Capital Group International, Inc.                           Us
             China Petrochemical Group Co.                              C

… e le 65 persone che le dirigono:

    Ai vertici delle 50 società globali […] tra Presidenti e Amministratori delegati abbiamo individuato un
    ristretto gruppo di 65 persone che fanno parte di svariati consigli di amministrazione di altre
    multinazionali, università, fondazioni o istituzioni private […]. Possiamo dire di trovarci di fronte a
    una sorta di “capitalismo di relazione” su base planetaria? Osservando la composizione dei consigli di
    amministrazione abbiamo rilevato l’esistenza di varie relazioni formali o informali tra i dirigenti delle
    società considerate e gli ambienti dei settori petrolifero, industriale, commerciale e parastatale. Questa
    élite di finanzieri, attraverso i suoi legami, influenza il potere politico, detta le agende dei governi
    inserisce uomini all’interno delle istituzioni, utilizza i media per orientare l’opinione pubblica. Il
    potere del capitalismo finanziario appare, quindi, in grado di dominare il sistema politico di vari Paesi
    e l’economia mondiale nel suo complesso […]. Gli intrecci descritti hanno cercato di confermare
    questo fenomeno, individuando l’esistenza di un’élite privata che dirige multinazionali, banche,
università e media, orientando fortemente il sistema economico mondiale attraverso legami
     confidenziali. Questa élite, proveniente sostanzialmente dal settore finanziario, domina il processo di
     globalizzazione e controlla molti governi attraverso il potere economico delle multinazionali. La rete
     di società finanziari e industriali, che di fatto governa l’economia mondiale, così come illustrata nella
     ricerca del Politecnico di Zurigo, ha dimostrato che, attraverso un complesso e articolato incrocio
     proprietario, 50 società globali rappresentano il cuore dell’economia mondiale. Abbiamo quindi
     individuato 65 persone, sconosciute ai più ma che probabilmente sono proprio quelle in grado di
     influenzare i destini del mondo. Si tratta di presidenti e amministratori delegati di quelle società che,
     secondo lo studio appena citato, rappresentano il nocciolo duro dell’economia mondiale. Gli incroci
     individuati che fanno propendere per questa tesi sono numerosi e significativi. Tra questi, le relazioni
     tra i manager privati e il mondo accademico; lo scambio dei ruoli tra dirigenti privati e ruoli pubblici; i
     collegamenti tra le multinazionali finanziarie e i gruppi editoriali; i finanziamenti elettorali ai
     candidati della Casa Bianca; il ruolo e le proprietà delle agenzie di rating; gli intrecci con i fondi
     sovrani; le rivelazioni dei casi Panama Papers e WikiLeaks […]. I leader mondiali della classe
     dirigente finanziaria e politica quasi sempre provengono dai circuiti delle banche d’affari e di
     investimento come GoldmanSachs, JP Morgan Chase, Barclays Bank PLC, UBS, Credit Suisse,
     Citigroup, Morgan Stanley, Bank of America, Merrill Lynch. Queste ultime, peraltro, sono anche le
     principali istituzioni che finanziano i due maggiori partiti americani e le campagne elettorali dei
     candidati alla presidenza. Sia il partito repubblicano che quello democratico vengono infatti sostenuti
     dalle multinazionali in maniera indistinta, ottenendo vantaggi con qualunque esito poiché queste
     “conglomerate” influenzano in ogni caso le scelte del Congresso, “suggerendo” proposte di legge e
     indicando uomini di fiducia indipendentemente dall’esito elettorale. Queste multinazionali, come
     abbiamo dimostrato, dirette da una ristretta élite che […] riesce a controllare le nomine dei principali
     componenti dei consigli di amministrazione di banche, università, gruppi mediatici e finanziari.
     Questa élite incide sulle decisioni politiche dei governi, indirizzando l’andamento economico, politico
     e sociale a livello internazionale […]. Pur non esistendo una “cupola” globale che condiziona i destini
     del mondo, anche perché le multinazionali sono in sfrenata competizione tra loro, dobbiamo
     riconoscere che esse esprimono un forte potere di indirizzo sui destini del pianeta. Si tratta di persone
     che condividono gli stessi orizzonti culturali, i medesimi percorsi formativi, una comune visione del
     mondo. Persone che tendono all’arricchimento individuale, prescindendo non solo da qualunque
     interesse nazionale ma, a volte, anche societario.

La tabella, dettagliatissima, per nome e cognome, funzione (Ad e/o Presidenti),
società diretta e anno della nomina apicale, incarichi precedenti, altri incarichi
attuali e studi svolti (atenei frequentati), si trova nell’appendice n°6 (“Le 65 persone
che comandano il mondo”) del volume citato di Galli e Caligiuri: costituendo questa
deduzione tabellare il nucleo della di essi affatto preziosa attività di ricerca,
rimandiamo il cortese lettore interessato alla loro pubblicazione.
Prima di tentare, ordunque, l’ultima restrizione perimetrale che ci condurrà sino
alla banchisa stessa di Cocito e al duumvirato lì a mezzo busto agiatamente
incastrato, concediamoci tre digressioni atte a ulteriormente dimostrare
l’immorsatura monadica e mondiale dell’Orizzonte dell’Oggi: dalla formazione
all’informazione, dal dato privato e financo intimo di miliardi di persone alla
tecnologia che lo controlla e immagazzina, governa ed elabora, tutto passa nelle
mani e nelle menti di pochissimi individui.

    • Excursus 1: Le Università che controllano il mondo

     Le relazioni informali sono spesso determinanti nelle scelte pubbliche e in quelle private. Molte di
     queste maturano durante il periodo degli studi, costruendo anche un medesimo orizzonte mentale e
     culturale. Per questa ragione, è interessante valutare quest’aspetto in relazione alla provenienza delle
     “persone che controllano il mondo” […]. La nostra analisi si è concentrata anche sulla provenienza
     universitaria dei dirigenti delle multinazionali oggetto del nostro studio, che in maggioranza hanno
     conseguito la laurea ad Harvard. In seconda battuta seguono la New York University Stern School of
     Business e l’Università di Pennsylvania. Alcuni di questi manager hanno poi studiato presso le
Università europee e in particolare negli atenei inglesi di Oxford e Cambridge nonché nell’alta
    formazione francese e tedesca, come l’École nationale supèrieure des mines e l’Università di Amburgo
    […]. La maggioranza possiede una laurea in discipline economiche o giuridiche […]. Dalla nostra
    ricerca è anche emerso che molti dirigenti delle 50 multinazionali hanno fatto parte o sono tutt’ora
    membri dei consigli di amministrazione di alcune tra le più prestigiose università del mondo […].
    Molti dei manager a capo di queste società sono titolari di cattedre presso istituzioni universitarie,
    insegnando materie quali l’economia o il diritto […]. Le università sono ritenute il centro di diffusione
    della cultura […]. Pertanto il potere accademico […] è ancora in grado di influenzare le politiche
    pubbliche […]. Il controllo della èlite finanziaria, percome la stiamo definendo, non è soltanto di
    carattere economico ma anche culturale. La saldatura tra élite e mondo accademico rivela come,
    attraverso l’influenza sul sistema della formazione e sui mezzi di comunicazione, si possa influenzare
    l’opinione pubblica proponendo modelli sociali e culturali dominanti.

Riportiamo solo alcune risultanze significative della tabella contenuta in appendice
n°7

Ruolo nell’Università                                     Nome              Funzione Azienda
Vistiting Committee of the Harvard Law                    Sean M.           President Affiliated
School                                                    Haley             e e Ad    Manager Group
                                                          W.M. van
Direttore non esecutivo presso Radbound                                     President Vereniging
                                                          den
University                                                                  e         Aegon
                                                          Goorbergh
Membro dell’Advisory Board del Paolo
Baffi Centre on Central Banking and                       Lorenzo Bini President
                                                                                 Société Générale
Financial Regulation dell’Università                      Smaghi       e
Commerciale Luigi Bocconi
                                                          Bill J.           President T. Rowe Price
Membro de Cda Johns Hopkins University
                                                          Stromberg         e e Ad    Group
Membro del consiglio consultivo della
Harvard Law School, membro del Cda                        Llyod C.          President Goldman Sachs
Tsinghua University School of Economics                   Blankfein         e e Ad    Group
and Management di Pechino
Presidente del Cda dell’Università di                                       President
                                                          Urs Rohner                       Credit Suisse
Zurigo, Dipartimento di Economia                                            e
                                                          Joseph            President      State Street
Membro del Cda del Boston College
                                                          Hooley            e e Ad         Corporation
                                                          Brian B.          President
Advisory Board Università di Notre Dame                                                    Fmr Corporation
                                                          Hogan             e

   • Excursus 2: I media che controllano il mondo

    L’insieme costituito da banchieri, leader politici, accademici e multinazionali si amplia con le società
    editoriali globali, le cui azioni sono detenute da alcune tra le prime 50 società mondiali oggetto dello
    studio dei ricercatori svizzeri. Questo sistema configura una ristretta élite di potere che riesce ad avere
    il controllo di gran parte dei gruppi proprietari dei media, che condizionano direttamente e
    indirettamente l’opinione pubblica. Tutto questo mostra inequivocabilmente i collegamenti tra le
    grandi società finanziarie e i principali gruppi editoriali mondiali. Se si studiano le proprietà delle
    testate americane, britanniche e francesi si può notare che un solo gruppo editoriale possiede
    numerosi quotidiani e periodici. Ad esempio, il New York Times, il Boston Globe, l’International
New Yort Times            e il Press Democrat sono tutti pubblicati dalla New York Times Company.
    Quest’ultima è quotata in borsa e tra i suoi maggiori investitori troviamo alcune delle società oggetto
    del nostro studio: Vanguard Group, Wellington Management Company, State Street Corporation,
    Bank of New York Mellon Corporation […]. I media sono sostanzialmente strumenti di accesso alla
    conoscenza e quindi influenzano le opinioni dei cittadini, diventando determinanti nei procedimenti
    elettorali, soprattutto attraverso i “media d’élite” che dettano la linea prevalente a tutti gli altri.

Gruppo
                      Azionisti                    Quotidiani
mediatico
               Vanguard Group
               Wellington
               Management
                                                   New York Times Boston Globe
New York Times Company
                                                   Internazional New York Times Press
Company        State Street
                                                   Democrat
               Corporation
               Bank of New York
               Mellon Corporation
               State Street
               Corporation
               BlackRock
               Istitutional Trust
                                                   The Wall Street Journal
               Company
News                                               The Sun
               Dodge & Cox
Corporation                                        The Times
               Vanguard Group
                                                   New York Post
               Price (T.Rowe)
               Associates
               BlueMontain Capital
               Management
               JP Morgan Chase &
               Company                             The Morning call
Tribune Media
               Vanguard Group                      Los Angeles Times
Company
               Price (T.Rowe)                      Chicago Tribune
               Associates

   • Excursus 3: le 4 Big Tech che controllano i dati del mondo e il mondo
     attraverso i big data

    Le big della tecnologia influenzano l’attività dei governi perché penetrano la nostra vita: i gusti
    musicali e quelli gastronomici, le destinazioni turistiche, le persone che conosciamo e anche i nostri
    dettagli più intimi, come le tendenze sessuali, politiche e religiose. Cresce dunque il potere di queste
    multinazionali che sono capaci di conoscere le nostre relazioni, i nostri spostamenti, le nostre
    inclinazioni, condizionando così le nostre scelte […]. Google, Amazon, Facebook e Apple sono giganti
    del web che possiedono il 90% delle informazioni digitali dell’intera umanità […]. Analizzando i
    bilanci di queste multinazionali emergono i legami con le prime 50 multinazionali finanziarie.
    Approfondendo la composizione del capitale azionario delle quattro big abbiamo appunto potuto
    appurare come alcune tra le finanziarie presenti nell’elenco dello studio del Politecnico di Zurigo
    siano tra i loro principali azionisti. In particolare possiamo notare come Vanguard Group sia il primo
    azionista di Google con il 5,53%, di Facebook con il 6,42%, di Apple con il 6,42%, di Amazon con il
    5,27%. Altri importanti investitori istituzionali dei colossi del web sono, oltre alla BlackRock, anche
altre multinazionali presenti nell’elenco dei 50: Fmr, State Street Corporation, T. Rowe Price Group, JP
    Morgan Chase&Co., Bank of New York Mellon, Capital Group e Northern Trust Corporation.

Quarto cerchio concentrico di Cocito (Giudecca): il panel di Forbes (World’s Most
Valuable Brands)

I 10 Brand a maggior valore nel 2020
Ranking                      Brand                                 Valore (in mld di $ Usa)
1                            Apple                                 241,2
2                            Google                                207,5
3                            Microsoft                             162,9
4                            Amazon                                135,4
5                            Facebook                              70,3
6                            Coca-Cola                             64,4
7                            Disney                                61,3
8                            Samsung                               50,4
9                            Louis Vuitton                         47,2
10                           McDonald's                            46,1

Possiamo forse accostare a queste tipologie di attribuzioni valoriali sul marchio,
tutto sommato in parte astratte e soggettive, (vi sono infatti rating a kpi affini
[Kantar, Interbrand, Brand Finance] che nondimeno forniscono valutazioni
differenti), le più concrete classifiche basate sul market cup dell’azienda (valore
totale delle azioni in circolazione sul mercato ottenuto moltiplicando il valore per
singola azione con il numero complessivo di esse).

Le prime 10 aziende globali per capitalizzazioni di mercato (market cup) nel 2019
(in mld di $ Usa)
Microsoft                                                    1.058
Apple                                                        959
Amazon                                                       959
Alphabet                                                     839
Berkshire Hathaway                                           496
Tencent                                                      436
Alibaba                                                      431
Visa                                                         389
J.P. Morgan Chase                                            366

Bene, analizziamo ora, lucis ante terminum, i maggiori investitori istituzionali di
queste aziende, l’azionariato loro apicale, per vedere se, dalla loro comparazione,
non possa emergere proprio quel contro climax irsuto che qui andiamo peregrini e
anagogici ricercando, già astri rimirando oltre.
Apple: i maggiori investitori istituzionali (30 dicembre 2020)
Vanguard Group, Inc. (The)                                     7,48%
BlackRock Inc.                                                 6,29%
Berkshire Hathaway, Inc                                        5,28%
State Street Corporation                                       3,80%
FMR, LLC                                                       2,14%
Geode Capital Management, LLC                                  1,48%
Price (T.Rowe) Associates Inc                                  1,25%
Northern Trust Corporation                                     1,22%
Norges Bank Investment Management                              1,00%
Bank Of New York Mellon Corporation                            0,94%

Amazon: i maggiori investitori istituzionali (30 dicembre 2020)
Vanguard Group, Inc. (The)                                   6,44%
BlackRock Inc.                                               5,47%
State Street Corporation                                     3,17%
Price (T.Rowe) Associates Inc                                3,10%
FMR, LLC                                                     3,07%
Geode Capital Management, LLC                                1,28%
Morgan Stanley                                               1,24%
Northern Trust Corporation                                   0,98%
Norges Bank Investment Management                            0,91%
Bank Of New York Mellon Corporation                          0,79%

Google: i maggiori investitori istituzionali (30 dicembre 2020)
Vanguard Group, Inc. (The)                                    6,60%
BlackRock Inc.                                                5,97%
Price (T.Rowe) Associates Inc                                 4,10%
State Street Corporation                                      3,39%
FMR, LLC                                                      2,37%
Geode Capital Management, LLC                                 1,35%
Capital International Investors                               1,24%
Northern Trust Corporation                                    1,18%
AllianceBernstein, L.P.                                       1,13%
Bank Of New York Mellon Corporation                           1,01%

Facebook: i maggiori investitori istituzionali (30 dicembre 2020)
Vanguard Group, Inc. (The)                                    7,60%
BlackRock Inc.                                                6,64%
FMR, LLC                                                      5,13%
Price (T.Rowe) Associates Inc                                 4,23%
State Street Corporation                                      3,88%
Capital International Investors                               2,02%
Capital Research Global Investors                             2,02%
Capital World Investors                                       1,69%
Geode Capital Management, LLC                                 1,54%
Morgan Stanley                                                1,26%

Microsoft: i maggiori investitori istituzionali (30 dicembre 2020)
Vanguard Group, Inc. (The)                                     8,14%
BlackRock Inc.                                                 6,83%
State Street Corporation                                       3,97%
FMR, LLC                                                       2,95%
Price (T.Rowe) Associates Inc                                  2,35%
Geode Capital Management, LLC                                  1,56%
Capital World Investors                                        1,46%
Capital Research Global Investors                              1,27%
Capital International Investors                                1,22%
Northern Trust Corporation                                     1,21%

Coca-Cola: i maggiori investitori istituzionali (30 dicembre 2020)
Berkshire Hathaway, Inc                                       9,28%
Vanguard Group, Inc. (The)                                    7,25%
BlackRock Inc.                                                6,56%
State Street Corporation                                      3,97%
Wellington Management Company, LLP                            2,31%
JP Morgan Chase & Company                                     1,50%
Geode Capital Management, LLC                                 1,31%
FMR, LLC                                                      1,31%
Northern Trust Corporation                                    1,14%
Morgan Stanley                                                1,13%

Disney: i maggiori investitori istituzionali (30 dicembre 2020)
Vanguard Group, Inc. (The)                                    8,03%
BlackRock Inc.                                                6,35%
State Street Corporation                                      3,93%
State Farm Mutual Automobile Insurance Co.                    2,10%
Morgan Stanley                                                1,77%
Geode Capital Management, LLC                                  1,45%
Bank of America Corporation                                    1,33%
FMR, LLC                                                       1,32%
Northern Trust Corporation                                     1,31%
Bank Of New York Mellon Corporation                            1,22%

McDonald’s: i maggiori investitori istituzionali (30 dicembre 2020)
Vanguard Group, Inc. (The)                                   8,71%
BlackRock Inc.                                               6,81%
State Street Corporation                                     4,84%
Wellington Management Company, LLP                           4,46%
Bank of America Corporation                                  1,54%
Geode Capital Management, LLC                                1,53%
JP Morgan Chase & Company                                    1,42%
Northern Trust Corporation                                   1,41%
Wells Fargo & Company                                        1,18%
Morgan Stanley                                               1,11%

Due nomi, ebbene, sempre compaiono nelle primissime posizioni di questi
ordinamenti dell’azionariato, quasi sempre in prima e seconda posizione:
Vanguard Group e BlackRock.

Andiamo dunque a verificare, anzitutto, il loro proprio azionariato:

American Vanguard Corporation: i maggiori investitori istituzionali (30
dicembre 2020)
BlackRock Inc.                                        14,06%
Vanguard Group, Inc. (The)                            9,20%
Dimensional Fund Advisors LP                          8,18%
Price (T.Rowe) Associates Inc.                        6,80%
Janus Henderson Group PLC                             4,73%
Wellington Management Company, LLP                    4,68%
State Street Corporation                              2,83%
Northern Trust Corporation                            2,39%
Heartland Advisors Inc.                               2,35%
Royce & Associates LP                                 1,96%

BlackRock Inc. Maggiori investitori istituzionali (30 dicembre 2020)
Vanguard Group, Inc. (The)                                      7,95%
BlackRock Inc.                                                  6,35%
Capital World Investors                                         4,85%
State Street Corporation                                           4,00%
Temasek Holdings (Private) Limited                                 3,90%
Bank of America Corporation                                        3,86%
Wellington Management Company, LLP                                 3,19%
FMR, LLC                                                           2,50%
Capital International Investors                                    1,76%
JP Morgan Chase & Company                                          1,60%

In perfetta specularità, il connubio che governa il mondo concede la posizione di
maggiore investitore alla controparte, immediatamente seguendola: appare proprio
la libertà emancipativa di Thomas Jefferson l’essenza del Potere del nostro tempo.
Stando ad alcune fonti giornalistiche (Il Fatto Quotidiano, 29 maggio 2018, Maria
Maggiore, “BlackRock, quel potere occulto che domina tutta la finanza europea”), il
capitale gestito dalla BlackRock ammonterebbe a 6.300 miliardi di dollari,
indirettamente altresì controllando, tramite il software proprietario per la gestione
dei rischi (Aladdin) ulteriori 20.000 miliardi; mentre Vanguard Group gestirebbe
asset per 5.100 miliardi di dollari (dati 2018).
Bene, al di là delle fluttuazioni nell’oggi, possiamo stimare con discreta ed
essoterica certezza come la diarchia comandante il mondo maneggi circa 30
miliardi di dollari statunitensi. Piace pertanto ulteriormente ricordare, ai romantici
nostalgici della geopolitica vestfaliana, che il PIL calcolato a parità dei potere
d’acquisto (PPA) nel 2019, vede, come risaputo, l’economia cinese primeggiare con
una ricchezza stimata in 27 mila miliardi, inferiore ovvero all’ammontare del
denaro gestito dalla sizigia al potere. Se, invece, consideriamo il PIL nominale
calcolato dal FMI, troviamo l’economia statunitense primeggiare con una ricchezza
stimata di 21 mila miliardi, ancor di più dunque inferiore al danaro gestito dai due
colossali fondi di investimento globali.
Stanti dunque i due azionariati “sinergici”, possiamo a buon titolo considerare il
duumvirato Vanguard Group - BlackRock come il soggetto che possiede, a livello
mondiale, la maggior quantità di danaro nelle proprie mani, poco importa se
formalmente non proprio.
Siamo certamente convinti, in ultimo, che la nudità dell’autentico rex inferni
permanga ancora in-dimostrata (deíknumi) e, nonpertanto, ci contendiamo nell’aver
qui desnudato, dati estratti a punto, perlomeno i paredri del Potere del nostro
tempo.

                                                              Alberto Iannelli
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