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Come si comanda il Mondo Corporations e Superclass: l'élite paredra de Il Potere del nostro Tempo Image Credit: Kyklos Greek Cafe
Come si comanda il Mondo Corporations e Superclass: l'élite paredra de Il Potere del nostro Tempo Nel nostro precedente frammento (“Hostes publici”, 18 febbraio 2021), fugace frantume fuggito dall’orbita ortodossa dell’Oggi per dare manifestazione ignea a una delle principali figurazioni del Moderno, la profligazione ovvero del Politico in funzione dell’Economico o, egualmente, del Pubblico in favore del Privato, provammo a comparare, numeris extractis, il Potere reale delle soggettualità coinvolte – in (post-moderna) pariteticità giuridica – nella “scaramuccia” epifenomenica oggetto del frammento: l’azienda Facebook Inc. e lo Stato sovrano di Australia. In quel contesto, dunque, evocammo, pur indirettamente, Vexilla regis prodeunt inferni, i reali “Padroni dell’umanità” (Adam Smith) al nostro tempo. Tenteremo pertanto, qui, nell’innanzi, l’ulteriore catabasi di quel percorso prospezionale, votati, come da nostra prassi e postura, al disvelamento dell’essenza del molteplice, ebbene, in questo contesto, al dimostramento (apó-deixis) della nudità di quell’oligarchia, in verità per nulla occulta, che impera sul mondo, ormai doloroso regno, nel giro d’orizzonte dell’odierno, spingendoci sino ad affissare fauci maciullatrici e ceffo trifacciale del vertice ipogeo, sino ovvero a conferire fondamento e ipostasi, volto e nome, all’uno diadico di quell’epiclesi plutocratica, sive plutonica. E lo facciamo seguendo il lume addottorante di Giorgio Galli e Mario Caligiuri, Come si comanda il mondo. Teorie, volti, intrecci, edito da Rubbettino, nel 2017. Partiamo anzitutto con una dichiarazione metodologica che ci trova consentanei, anche col suffragio di quando da noi già esposto (L’utile idiozia del complotto permanente): “non si tratta di complotti ma di rapporti di forza e strategie di dominio, effettuate di solito alla luce del sole […]. Questo studio intende fornire, per quanto possibile, un contributo di comprensione alla realtà. Infatti, quello che sembra emergere è che il disordine mondiale non è il disegno di forze oscure che agiscono nell’ombra in una congiura perenne contro i popoli, oppure il frutto della globalizzazione impazzita o degli sviluppi delle tecnologie e dell’intelligenza artificiale, bensì il risultato delle decisioni di una ben individuata élite transnazionale che, attraverso i suoi molteplici intrecci, orienta l’economia mondiale”. Il problema non è quindi solo della ribellione delle élite, né della scomparsa della distinzione tra destra e sinistra, né di scontri tra chi sta in alto e chi sta in basso nella scala sociale, né tantomeno delle dinamiche attinenti alla trasformazione del potere, ma è qualcosa di molto più profondo. La politica è stata neutralizzata dall’economia attraverso un potere che non è anonimo o legato agli sviluppi dell’innovazione tecnologica e dell’intelligenza artificiale, bensì è rappresentato dai manager che controllano determinate multinazionali economiche e finanziarie. Un’élite ampiamente ignota all’opinione pubblica mondiale, che tuttavia non è indefinita: ha nomi e cognomi ben individuabili. Noi abbiamo provato a scriverli. Capiremo così che le persone di cui parlano i giornali probabilmente
non sono quelle che determinano le sorti del mondo. Il controllo del loro operato è il problema della democrazia del XXI secolo. E il controllo principia dalla conoscenza. La storiografia pone, per tradizione e consuetudine, la cesura che dà principio all’Evo moderno con la scoperta del continente americano da parte degli europei. L’apertura delle rotte di commercio transoceaniche è senz’altro, fattualmente, coimplicata nell’Orizzonte che conquista esordio a far data dal 1492. Nondimeno, noi riteniamo che tale fomite faustiano, cagionante quella scoperta di nuovi tracciati ai commerci, precisamente dimostrantesi già in essere nell’azzardo che osa trans- guardare i riguardi eraclei, l’ipostatizzazione granitico-ideale ossia della soglia del mondo antico o apollineo, retrodati quell’inizio, e che pertanto il limes essenziale tra l’epoca Antica e la Moderna, debba essere anticipato, oltrepassando le partizioni canoniche dei sussidiari che disvolgono la Storia tra Antichità, Medioevo, Modernità e Contemporaneità. Tuttavia, possiamo certamente collocare la linea vincente del Moderno, giacché destinalmente faustiana è la stessa Prussia di Guglielmo II, nelle appendici occidentali del continente europeo, Inghilterra elisabettiana in primis. Sarà solo, nonpertanto, col passaggio del banno geopolitico dall’Europa agli Stati Uniti che tale tracciato carsico trionfatore dispiegherà, pressoché nell’oggi compiutamente, tutta la propria essenza, dissoluzione del concetto stesso di geopolitica internazionale compreso. Infatti, come nel casus belli del nostro attuale procedere proemialmente e-vocato, se la geopolitica è “lo studio delle influenze che la collocazione geografica di un popolo, di una nazione, di uno Stato ha sulla sua storia politica”, è del tutto evidente che, nel Nomos der Erde post-Vestfalia, nell’ordinamento ovvero dello Jus Publicum Europaeum, la geopolitica non potrà essere la medesima dantesi nel tempo terracqueo del Großraum. Se dunque la geopolitica dipende dall’ordinamento del Mondo, risulta affatto diafano che, allorquando il Mondo diventa Uno, e allorquando il possesso di terra e acqua entro l’Unità del mondo non appartiene più alle Nazioni o, in genere, al di là dell’ordinamento statuale (Poleis, Imperi multietnici, Nazioni o Federazioni di Stati o Grandi Spazi), all’orizzonte del Politico e del Pubblico, non può darsi più “geo”- politica alcuna, né tantomeno più alcuna politica, piuttosto divenendo possibile il parlare di geo-marketing, ovvero di strategie di vendita che le immani Corporations transnazionali orientano e pianificano su base territoriale. Se la sovranità, dunque, passa dallo Stato alla Corporation, è in questa fitta trama di relazioni tra multinazionali che la nuova geopolitica deve imparare a farsi strada, partendo proprio, in considerazione di quell’ultimo avamposto dell’attaccamento alla terra offrentesi nel nostro tempo globalmente sradicalizzante (Bodenlosigkeit), dal quel suolo nordamericano in cui ha trovato ultima patria (Heimat) la linea vincente del Moderno. “La supremazia dei grandi gruppi economici con le elezioni per il Congresso del 1866 e fu consolidata dalla decisione della Corte Suprema pure nel 1866, che poneva i grandi gruppi sotto la protezione del Quattordicesimo emendamento”. Quel periodo vede l’iniziativa passare dal governo ai grandi
gruppi” […]. Durante il New Deal i grandi dell’economia si unirono ai dirigenti politici, ma solo con la Seconda guerra mondiale giunsero a dominarli” (C.W. Mills, L’élite del potere, Oxford University Press, N.Y, 1956, ed. it. Feltrinelli, Milano 1959). Ecco, dunque, l’autentica Birth of a Nation di Griffith: Ottanta anni fa, mezzo secolo prima che si cominciasse a sentir parlare della Bank of Credit and Commerce International (Bcci) o dell’affare Iran-Contras, George Herbert Bush, padre fondatore e progenitore spirituale del clan Bush, era stato il primo a mettere al loro posto gli elementi del blasone di famiglia: traffico di armi, operazioni clandestine, operazioni segrete all’estero, “banche canaglia” e riciclaggio di denaro. Gli anni precedenti la prima guerra mondiale convinsero molte delle più ricche famiglie americane che la produzione di armi e di materiale bellico poteva portare notevoli profitti. Mentre il ruolo degli Stati Uniti diventava sempre maggiore, gli americano danarosi furono attratti anche da mezzi di investimento che affermavano di basarsi sulle informazioni di servizi segreti stranieri per individuare opportunità oltremare. Se i Rockefeller, gli Harriman, i Morgan, gli Stillman della National City Bank occupavano la posizione centrale, le famiglie Walker e Bush facevano parte del gruppo di supporto […]. I cannoni dell’agosto del 1914 portarono profitti di dimensioni inaudite, uno dei beneficiari, Marcellus Hartley Dodge, che aveva di recente ereditato il controllo della Remington Arms-Union Metallic Cartridge Company, nel 1915 dovette affrontare la necessità, imposta dalle dimensioni della domanda bellica, di espandere e investire ulteriormente. Per sua fortuna il suocero, il finanziere William Rockefeller (fratello di John D. senior) e il cognato Percy Rockefeller, insieme ai loro parenti Stillman, controllavano la più grande banca della nazione, la National City Bank di New York. Aiutarono la Remington a espandersi e modernizzarsi e Percy Rockefeller e James A. Stillman a diventarne consigliere di amministrazione […]. Quello di individuare le “dirigenze interfacciate” dei vertici delle multinazionali è lo scopo principale della nostra ricerca. Per quel che riguarda esattamente un secolo prima, il fatale agosto del 1914, la tabella di Phillips comprende, oltre alla National City Bank, la W.A. Security Corporation, la American International Corporation, la Remington Arms, la American Skip and Commerce Corporation, la Union Banking Corporation, la Morgan Manganese Corporation, la Barnsdall Corporation, la Harrina Fifteen Corporation, imprese tutte embrioni di future multinaizonali […]. L’elenco continua per altre sei pagine di “dirigenze interfacciate”. Ci fermiamo qui per rilevare che ai confronti con le altre monarchie europee si potrebbe aggiungere il fatto che quelle combatterono al fianco di Hitler, il clan Bush lo riarmò, mentre contemporaneamente aiutava Stalin a industrializzare l’URSS: le multinazionali nascenti non si preoccupavano di democrazia, anche se poi gli Stati Uniti sconfissero Hitler nella guerra calda e l’URSS nella guerra fredda […]. “A mano a mano che avanziamo nel XXI secolo, lo squilibrio tra ricchezza e democrazia negli Stati Uniti appare sempre più insostenibile, per lo meno in base ai parametri tradizionali. La teologia del mercato e una leadership non elettiva hanno relegato in secondo piano la politica e le consultazioni elettorali. La democrazia deve essere rinnovata con una decisa rivitalizzazione della politica, oppure la ricchezza finirà per cementare un regime nuovo e meno democratico, che possiamo tranquillamente definire plutocrazia” (K.P. Phillips, Richezza e democrazia, Garzanti, Milano 2005). Con buona pace di Fukuyama e dei modernolatri progressisti e liberal, la Democrazia parlamentare anglo-franco-americana, ormai in tutta evidenza storica, non è certo il risultato ultimo della lotta emancipativa plurimillenaria dei popoli, conquista somma di civiltà che fende col lume sottile della scienza applicata alla Politica la coltre della barbarie passata, bensì, assai più prosaicamente e pragmaticamente, incarna il sistema più fertile entro cui fare affari: ce lo si stampi bene in testa una volta per tutte. Primo cerchio concentrico di Cocito (Caina): la Superclass globale di David Rothkopt Procediamo dunque con una prima stretta della circonferenza che trova ultima concentrazione nell’imo centro cociteo. Aumentiamo ovvero la definizione della
troppo generica espressione “Corporation multinazionale con headquarter statunitense”, sino a ridurre – qui ancora con Galli, Caligiuri e le loro fonti –, la nostra indagine entro un panel iniziale di 1.500 gruppi finanziari transnazionali i cui fatturati anni e asset superano i 5 miliardi di dollari. Questi individui, qui ancora anonimi, costituiscono una “super-classe” interna- zionale (D. Rothkopt), un microcosmo, definibile “capitalismo relazionale”, i cui esponenti frequentano le stesse Università (e addirittura qui le stesse confraternite), gli stessi “super-club planetari” (Council on Foreign Relations, Gruppo Bilderberg, Trilater Commission, Ur-Lodges o superlogge internazionali), e siedono, scambievolmente, sui medesimi scranni decisionali, ora assisi in Istituzioni politiche e Fondazioni o Commissioni parapolitiche, ora in Cda di gruppi finanziari e imprese a ramificazione multinazionale, dotati sia di multiposizionalità (quando un medesimo soggetto occupa di persona più cariche in diverse realtà), sia di ubiquità posizionale (se un medesimo soggetto delega l’occupazione di cariche a propri uomini di fiducia). “La superclass gobale - la geopolitica dopo «Davos»”. Così inizia il libro di David Rothkopt sulle Superclass (Mondadori, 2008) […], cioè, secondo la prefazione: “capi di Stato, alti dirigenti delle più importanti multinazionali, magnati dei mass-media, miliardari che gestiscono personalmente i propri investimenti […], qualche capo religioso, qualche scrittore noto, scienziati, artisti e persino leader terroristici e maestri del crimine”. Di questa pittoresca fauna scegliamo la componente con maggior potere, alti dirigenti delle più importanti multinazionali e magnati dei mass media (che appartengono a multinazionali). Il perché della scelta si riallaccia all’insegnamento di Wright Mills, al quale l’autore esplicitamente si riferisce: “al corso di Civiltà Contemporanea, L’élite del potere era uno dei testi prediletti […]. Mills sosteneva che quelle élite raggiungevano posizioni privilegiate attraverso percorsi simili e passavano spesso da un settore dall’altro: dai ruoli preminenti nel Governo, a quelli più importanti nell’economia, dal Gabinetto della Casa Bianca alla sala riunioni del consiglio di amministrazione, dai comandi militari alla politica, da una posizione di grande responsabilità a un’altra, formavano una sorta di direttorio indipendente per gli Stati Uniti […]. Il libro viene letto ancora oggi ed è considerato una critica classica della struttura del potere americano; bisogna però ammettere che anche il mondo è cambiato profondamente nei cinquant’anni ormai trascorsi dalla sua pubblicazione […]. Se Mills avesse scritto quel libro ai nostri giorni, avrebbe trasferito la sua attenzione dall’élite nazionale americana a un fenomeno nuovo e più importante: l’ascesa di una élite del potere internazionale, una superclass che nelle gerarchie dell’era globale svolge un ruolo analogo a quello che fu dell’élite del potere statunitense durante i primi anni vissuti dal Paese come superpotenza. Durante il vertice di Davos si sentiva ripetere spesso quanto fosse diventata omogenea questa élite globale e come si fosse trasformata in una vera e propria comunità […]. Si sta costituendo una nuova comunità, di pari passo con l’internazionalizzazione delle economie che stanno valicando i ristretti ambiti nazionali […]. Nel 1974, Christopher Lasch, in La ribellione delle élite, scriveva: “Le loro fortune sono legate a imprese che operano senza badare ai confini nazionali. La loro lealtà, se il termine non è anacronistico in questo contesto, è di tipo internazionale. I loro esponenti hanno molte più cose in comune con le loro controparti di Bruxelles e di Hong Kong che con le masse di americani non ancora allacciati alla rete della comunicazione globale” […]. L’universo che intendiamo catalogare viene così presentato: “Fra tutte le categorie di personaggi che compongono la Superclass internazionale, prevalgono gli imprenditori e i finanzieri. Per diverse ragioni. La nascita di società e gruppi finanziari transnazionali ha messo in moto la globalizzazione. Secondo le stime prudenti, ce ne sono più di 1.500 con fatturati annui o asset che superano i 5 miliardi di dollari. L’influenza degli uomini che si assumono la responsabilità di questi giganti è immensa a livello planetario. Uno dei fenomeni più rilevanti dell’era globale è la conquista da parte di alcune grandi società di ruoli economici e sociali che rivaleggiano e talvolta superano quello degli Stati. Nel 2007, per esempio, il Pil globale è stato stimato in 47 trilioni di dollari. In quello stesso anno, le prime 250 società del mondo hanno realizzato complessivamente fatturati per oltre 14,87 trilioni di dollari, una cifra quasi equivalante a un terzo del Pil globale e superiore a quelli degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, rispettivamente di 13,20 e 13,74 trilioni” […]. Conclusivamente “si può ritenere che il ristretto gruppo dei più ricchi, un migliaio di miliardari, abbia un peso perlomeno doppio rispetto al gruppo dei più
poveri, che sono 2,5 miliardi. Il genere umano ha compiuto enormi progressi nel corso dei secoli, ma simili disparità continuano a essere una tragedia della nostra civiltà”. Secondo cerchio concentrico (Antenòra): il panel di Mediobanca Delle 61.000 multinazionali registrate sul pianeta (con 60.000 filiali), le 376 più importanti del 2012 sono catalogate da una pubblicazione di Mediobanca (R&S Publications). L’insieme dei loro consiglieri di amministrazione costituiscono la componente economica della superclass di Rothkopf. Sono situate 148 in Europa, 68 in Nord America, 36 in Giappone, 50 in Russia e nel resto dell’Asia, 23 altrove. Calcolando una dozzina di componenti dei Consigli di Amministrazione per ciascuna di queste 376 multinazionali (indipendentemente dalla multiposizionalità), si possono raccogliere oltre quattomila nomi, circa due terzi dei seimila membri della superclass dello stesso Rothkopf. Terzo cerchio concentrico (Tolomea): il panel del Politecnico di Zurigo (The Network of Global Corporate Control) Se, pertanto, con l’avvento del Moderno, la Politica cede, incrementalmente certo, il passo all’Economia, con l’avvento della globalizzazione postmoderna sono la produzione industriale e la commercializzazione massiva a indietreggiare di fronte allo strapotere della Finanza, ipostasi prima e fondamento della celebre “società liquida” dell’Oggi. Appare infatti e preclarmente ormai ai desti del XXI secolo la co- essenzialità della finanziarizzazione transfrontaliera di un’economia già profligatrice del Politico e gangliformemente omniafferrante, con le epifigurazioni dell’equoreo anti-tipico o morfo-clasta, sia nel costume (dai vari movimenti gender free, alle [deliranti] istanze anti-speciste, con già intravedibile l’ultima Thule del trans-umanesimo), sia nella cosiddetta Cultura alta (dal de-costruzionismo di Derrida, al rizoma di Deleuze), sino, in ultimo e avanguardialmente, all’arte (dalle moderne suggestioni sonore aleatorie, all’astrattismo di Kandinskij): l’essenza unitaria e omnicompartecipata comparativamente appare, abbacinante nella Notte del Tempo o Era estrema dell’Indistinto deuteriore. Come afferma Noam Chomsky: “quando ci domandiamo «chi comanda il mondo?» partiamo dal principio universalmente accettato che gli attori protagonisti siano gli Stati, in particolare le grandi potenze, e valutiamo quindi le loro scelte e le relazioni tra di loro. Non è sbagliato, ma un tale livello di astrazione può rivelarsi fuorviante. Gli Stati hanno complesse strutture interne e le scelte e le decisioni dei vertici politici sono profondamente influenzate dai centri di potere interni, mentre la popolazione è sovente tenuta ai margini. Questo vale anche per le società più democratiche, e naturalmente per le altre. Non possiamo avere un quadro realistico di chi governa effettivamente il mondo se non teniamo conto dei «padroni dell’umanità», come li chiamava Adam Smith: ai suoi tempi erano i mercanti e i produttori d’Inghilterra; nella nostra epoca sono le conglomerate multinazionali, le enormi istituzioni finanziarie, gli imperi commerciali e così via […]. Nell’ordine globale contemporaneo le istituzioni dei padroni detengono un potere immenso, non soltanto nello scacchiere internazionale, ma anche all’interno dei loro Stati, nei quali confidano per salvaguardare quel potere e ottenere sostegno economico con strumenti di vario tipo”. Il nostro punto di vista è che a seguito della globalizzazione le istituzioni finanziarie sembrano molto più potenti delle istituzioni governative, che dovrebbero invece regolarle […]. E mentre l’economia prende il sopravvento sulla politica, “la finanza sembra incontrollabile”. Possiamo allora sostenere che esiste davvero una élite costituita da presidenti e amministratori delegati di poche società finanziarie mossa soltanto da profitto? Infine, prima di tracciare il terzo solco enantio-pomeriale, in caso vi fossero ancora desti tra coloro che considerano la Politica il luogo della de-cisione o, egualmente,
l’arena dello scontro, se ancora vi fossero ovvero non satolli dormienti tra coloro che hanno ritenuto i recenti eventi di Capitol Hill, egualmente il “vetero”- capitalismo “machista” e “patriarcale” di Trump, una luce di resistenza e avvenire alla Palach, noi diciamo loro, eracliteamente, risvegliatevi e prestate ascolto al Logos: La finanziarizzazione dell’economia, secondo molti analisti, può essere ricondotta alle politiche neoliberiste promosse dai Governi Margaret Thatcher e Ronald Reagan. Negli Stati Uniti, però, non furono soltanto i Repubblicani a perseguire una politica del laissez-faire, considerata da molti analisti responsabile della crisi finanziaria scoppiata nel 2008. La successiva amministrazione democratica proseguì sulla stessa scia, accentuandola. Infatti, nel 1988, Bill Clinton firmò il Financial Services Modernization Act, che annullò il Glass-Steagall Act emanato nel 1933 per impedire le speculazioni e le concentrazioni finanziarie. Un anno dopo, attraverso il Commodity Futures Modernization Act, Clinton perfezionò il provvedimento, che esentava dal rispetto delle regole tutte le obbligazioni dei derivati e degli strumenti di copertura dei crediti. Queste normative aprirono la strada a un mercato completamente deregolamentato, con mutui legati a quegli strumenti finanziari che sono stati responsabili della successiva crisi economica. Ecco dunque le 50 multinazionali più influenti al mondo: Barclays Bank PLC Uk Capitol Group Companies Inc. Us Fmr Us Axa Fr State Street Corporation Us JP Morgan Chase & Co Us Legal & General Group Plc Uk Vanguard Group, Inc. The Us Ubs Ag Ch Merrill Lynch & Co., Inc Us Wellington Management Co. L.L.P. Us Deutsche Bank Ag De Franklin Resources, Inc. Us Credit Suisse Group Ch Walton Enterprise Llc Us Bank of NY Mellon Corp Us Natixis Fr GoldmanSachs Group Inc., The Us T. Rowe Price Group, Inc. Us Legg Mason, Inc. Us Morgan Stanley Us Mitsubishi Ufj Financial Group, Jp Inc. Northern Trust Corporation Us
Société Générale Fr Bank of America Corp Us Lloyds Tsb Group Plc Gb Invesco Plc Gb Alliance Se De Tiaa Us Old Mutual Pubblic Limited Gb Company Aviva Plc Gb Schroders Plc Gb Dodge & Cox Us Lehman Brothers Holding, Inc. Us Sun Life Financial, Inc Ca Standard Life Plc Gb Cnce Fr Nomura Holding, Inc Jp The Depository Trust Company Us Massachusetts Mutual Life Insur. Us Ing Groep N.V. Nl Brandes Investment Partners, L.P. Us Unicredito Italiano Spa It Deposit Insurance Corporation of Jp Japan Vereniging Aegon Nl Bnp Paribas Fr Affiliated Manager Group, Inc. Us Resona Holding, Inc. Jp Capital Group International, Inc. Us China Petrochemical Group Co. C … e le 65 persone che le dirigono: Ai vertici delle 50 società globali […] tra Presidenti e Amministratori delegati abbiamo individuato un ristretto gruppo di 65 persone che fanno parte di svariati consigli di amministrazione di altre multinazionali, università, fondazioni o istituzioni private […]. Possiamo dire di trovarci di fronte a una sorta di “capitalismo di relazione” su base planetaria? Osservando la composizione dei consigli di amministrazione abbiamo rilevato l’esistenza di varie relazioni formali o informali tra i dirigenti delle società considerate e gli ambienti dei settori petrolifero, industriale, commerciale e parastatale. Questa élite di finanzieri, attraverso i suoi legami, influenza il potere politico, detta le agende dei governi inserisce uomini all’interno delle istituzioni, utilizza i media per orientare l’opinione pubblica. Il potere del capitalismo finanziario appare, quindi, in grado di dominare il sistema politico di vari Paesi e l’economia mondiale nel suo complesso […]. Gli intrecci descritti hanno cercato di confermare questo fenomeno, individuando l’esistenza di un’élite privata che dirige multinazionali, banche,
università e media, orientando fortemente il sistema economico mondiale attraverso legami confidenziali. Questa élite, proveniente sostanzialmente dal settore finanziario, domina il processo di globalizzazione e controlla molti governi attraverso il potere economico delle multinazionali. La rete di società finanziari e industriali, che di fatto governa l’economia mondiale, così come illustrata nella ricerca del Politecnico di Zurigo, ha dimostrato che, attraverso un complesso e articolato incrocio proprietario, 50 società globali rappresentano il cuore dell’economia mondiale. Abbiamo quindi individuato 65 persone, sconosciute ai più ma che probabilmente sono proprio quelle in grado di influenzare i destini del mondo. Si tratta di presidenti e amministratori delegati di quelle società che, secondo lo studio appena citato, rappresentano il nocciolo duro dell’economia mondiale. Gli incroci individuati che fanno propendere per questa tesi sono numerosi e significativi. Tra questi, le relazioni tra i manager privati e il mondo accademico; lo scambio dei ruoli tra dirigenti privati e ruoli pubblici; i collegamenti tra le multinazionali finanziarie e i gruppi editoriali; i finanziamenti elettorali ai candidati della Casa Bianca; il ruolo e le proprietà delle agenzie di rating; gli intrecci con i fondi sovrani; le rivelazioni dei casi Panama Papers e WikiLeaks […]. I leader mondiali della classe dirigente finanziaria e politica quasi sempre provengono dai circuiti delle banche d’affari e di investimento come GoldmanSachs, JP Morgan Chase, Barclays Bank PLC, UBS, Credit Suisse, Citigroup, Morgan Stanley, Bank of America, Merrill Lynch. Queste ultime, peraltro, sono anche le principali istituzioni che finanziano i due maggiori partiti americani e le campagne elettorali dei candidati alla presidenza. Sia il partito repubblicano che quello democratico vengono infatti sostenuti dalle multinazionali in maniera indistinta, ottenendo vantaggi con qualunque esito poiché queste “conglomerate” influenzano in ogni caso le scelte del Congresso, “suggerendo” proposte di legge e indicando uomini di fiducia indipendentemente dall’esito elettorale. Queste multinazionali, come abbiamo dimostrato, dirette da una ristretta élite che […] riesce a controllare le nomine dei principali componenti dei consigli di amministrazione di banche, università, gruppi mediatici e finanziari. Questa élite incide sulle decisioni politiche dei governi, indirizzando l’andamento economico, politico e sociale a livello internazionale […]. Pur non esistendo una “cupola” globale che condiziona i destini del mondo, anche perché le multinazionali sono in sfrenata competizione tra loro, dobbiamo riconoscere che esse esprimono un forte potere di indirizzo sui destini del pianeta. Si tratta di persone che condividono gli stessi orizzonti culturali, i medesimi percorsi formativi, una comune visione del mondo. Persone che tendono all’arricchimento individuale, prescindendo non solo da qualunque interesse nazionale ma, a volte, anche societario. La tabella, dettagliatissima, per nome e cognome, funzione (Ad e/o Presidenti), società diretta e anno della nomina apicale, incarichi precedenti, altri incarichi attuali e studi svolti (atenei frequentati), si trova nell’appendice n°6 (“Le 65 persone che comandano il mondo”) del volume citato di Galli e Caligiuri: costituendo questa deduzione tabellare il nucleo della di essi affatto preziosa attività di ricerca, rimandiamo il cortese lettore interessato alla loro pubblicazione. Prima di tentare, ordunque, l’ultima restrizione perimetrale che ci condurrà sino alla banchisa stessa di Cocito e al duumvirato lì a mezzo busto agiatamente incastrato, concediamoci tre digressioni atte a ulteriormente dimostrare l’immorsatura monadica e mondiale dell’Orizzonte dell’Oggi: dalla formazione all’informazione, dal dato privato e financo intimo di miliardi di persone alla tecnologia che lo controlla e immagazzina, governa ed elabora, tutto passa nelle mani e nelle menti di pochissimi individui. • Excursus 1: Le Università che controllano il mondo Le relazioni informali sono spesso determinanti nelle scelte pubbliche e in quelle private. Molte di queste maturano durante il periodo degli studi, costruendo anche un medesimo orizzonte mentale e culturale. Per questa ragione, è interessante valutare quest’aspetto in relazione alla provenienza delle “persone che controllano il mondo” […]. La nostra analisi si è concentrata anche sulla provenienza universitaria dei dirigenti delle multinazionali oggetto del nostro studio, che in maggioranza hanno conseguito la laurea ad Harvard. In seconda battuta seguono la New York University Stern School of Business e l’Università di Pennsylvania. Alcuni di questi manager hanno poi studiato presso le
Università europee e in particolare negli atenei inglesi di Oxford e Cambridge nonché nell’alta formazione francese e tedesca, come l’École nationale supèrieure des mines e l’Università di Amburgo […]. La maggioranza possiede una laurea in discipline economiche o giuridiche […]. Dalla nostra ricerca è anche emerso che molti dirigenti delle 50 multinazionali hanno fatto parte o sono tutt’ora membri dei consigli di amministrazione di alcune tra le più prestigiose università del mondo […]. Molti dei manager a capo di queste società sono titolari di cattedre presso istituzioni universitarie, insegnando materie quali l’economia o il diritto […]. Le università sono ritenute il centro di diffusione della cultura […]. Pertanto il potere accademico […] è ancora in grado di influenzare le politiche pubbliche […]. Il controllo della èlite finanziaria, percome la stiamo definendo, non è soltanto di carattere economico ma anche culturale. La saldatura tra élite e mondo accademico rivela come, attraverso l’influenza sul sistema della formazione e sui mezzi di comunicazione, si possa influenzare l’opinione pubblica proponendo modelli sociali e culturali dominanti. Riportiamo solo alcune risultanze significative della tabella contenuta in appendice n°7 Ruolo nell’Università Nome Funzione Azienda Vistiting Committee of the Harvard Law Sean M. President Affiliated School Haley e e Ad Manager Group W.M. van Direttore non esecutivo presso Radbound President Vereniging den University e Aegon Goorbergh Membro dell’Advisory Board del Paolo Baffi Centre on Central Banking and Lorenzo Bini President Société Générale Financial Regulation dell’Università Smaghi e Commerciale Luigi Bocconi Bill J. President T. Rowe Price Membro de Cda Johns Hopkins University Stromberg e e Ad Group Membro del consiglio consultivo della Harvard Law School, membro del Cda Llyod C. President Goldman Sachs Tsinghua University School of Economics Blankfein e e Ad Group and Management di Pechino Presidente del Cda dell’Università di President Urs Rohner Credit Suisse Zurigo, Dipartimento di Economia e Joseph President State Street Membro del Cda del Boston College Hooley e e Ad Corporation Brian B. President Advisory Board Università di Notre Dame Fmr Corporation Hogan e • Excursus 2: I media che controllano il mondo L’insieme costituito da banchieri, leader politici, accademici e multinazionali si amplia con le società editoriali globali, le cui azioni sono detenute da alcune tra le prime 50 società mondiali oggetto dello studio dei ricercatori svizzeri. Questo sistema configura una ristretta élite di potere che riesce ad avere il controllo di gran parte dei gruppi proprietari dei media, che condizionano direttamente e indirettamente l’opinione pubblica. Tutto questo mostra inequivocabilmente i collegamenti tra le grandi società finanziarie e i principali gruppi editoriali mondiali. Se si studiano le proprietà delle testate americane, britanniche e francesi si può notare che un solo gruppo editoriale possiede numerosi quotidiani e periodici. Ad esempio, il New York Times, il Boston Globe, l’International
New Yort Times e il Press Democrat sono tutti pubblicati dalla New York Times Company. Quest’ultima è quotata in borsa e tra i suoi maggiori investitori troviamo alcune delle società oggetto del nostro studio: Vanguard Group, Wellington Management Company, State Street Corporation, Bank of New York Mellon Corporation […]. I media sono sostanzialmente strumenti di accesso alla conoscenza e quindi influenzano le opinioni dei cittadini, diventando determinanti nei procedimenti elettorali, soprattutto attraverso i “media d’élite” che dettano la linea prevalente a tutti gli altri. Gruppo Azionisti Quotidiani mediatico Vanguard Group Wellington Management New York Times Boston Globe New York Times Company Internazional New York Times Press Company State Street Democrat Corporation Bank of New York Mellon Corporation State Street Corporation BlackRock Istitutional Trust The Wall Street Journal Company News The Sun Dodge & Cox Corporation The Times Vanguard Group New York Post Price (T.Rowe) Associates BlueMontain Capital Management JP Morgan Chase & Company The Morning call Tribune Media Vanguard Group Los Angeles Times Company Price (T.Rowe) Chicago Tribune Associates • Excursus 3: le 4 Big Tech che controllano i dati del mondo e il mondo attraverso i big data Le big della tecnologia influenzano l’attività dei governi perché penetrano la nostra vita: i gusti musicali e quelli gastronomici, le destinazioni turistiche, le persone che conosciamo e anche i nostri dettagli più intimi, come le tendenze sessuali, politiche e religiose. Cresce dunque il potere di queste multinazionali che sono capaci di conoscere le nostre relazioni, i nostri spostamenti, le nostre inclinazioni, condizionando così le nostre scelte […]. Google, Amazon, Facebook e Apple sono giganti del web che possiedono il 90% delle informazioni digitali dell’intera umanità […]. Analizzando i bilanci di queste multinazionali emergono i legami con le prime 50 multinazionali finanziarie. Approfondendo la composizione del capitale azionario delle quattro big abbiamo appunto potuto appurare come alcune tra le finanziarie presenti nell’elenco dello studio del Politecnico di Zurigo siano tra i loro principali azionisti. In particolare possiamo notare come Vanguard Group sia il primo azionista di Google con il 5,53%, di Facebook con il 6,42%, di Apple con il 6,42%, di Amazon con il 5,27%. Altri importanti investitori istituzionali dei colossi del web sono, oltre alla BlackRock, anche
altre multinazionali presenti nell’elenco dei 50: Fmr, State Street Corporation, T. Rowe Price Group, JP Morgan Chase&Co., Bank of New York Mellon, Capital Group e Northern Trust Corporation. Quarto cerchio concentrico di Cocito (Giudecca): il panel di Forbes (World’s Most Valuable Brands) I 10 Brand a maggior valore nel 2020 Ranking Brand Valore (in mld di $ Usa) 1 Apple 241,2 2 Google 207,5 3 Microsoft 162,9 4 Amazon 135,4 5 Facebook 70,3 6 Coca-Cola 64,4 7 Disney 61,3 8 Samsung 50,4 9 Louis Vuitton 47,2 10 McDonald's 46,1 Possiamo forse accostare a queste tipologie di attribuzioni valoriali sul marchio, tutto sommato in parte astratte e soggettive, (vi sono infatti rating a kpi affini [Kantar, Interbrand, Brand Finance] che nondimeno forniscono valutazioni differenti), le più concrete classifiche basate sul market cup dell’azienda (valore totale delle azioni in circolazione sul mercato ottenuto moltiplicando il valore per singola azione con il numero complessivo di esse). Le prime 10 aziende globali per capitalizzazioni di mercato (market cup) nel 2019 (in mld di $ Usa) Microsoft 1.058 Apple 959 Amazon 959 Alphabet 839 Berkshire Hathaway 496 Tencent 436 Alibaba 431 Visa 389 J.P. Morgan Chase 366 Bene, analizziamo ora, lucis ante terminum, i maggiori investitori istituzionali di queste aziende, l’azionariato loro apicale, per vedere se, dalla loro comparazione, non possa emergere proprio quel contro climax irsuto che qui andiamo peregrini e anagogici ricercando, già astri rimirando oltre.
Apple: i maggiori investitori istituzionali (30 dicembre 2020) Vanguard Group, Inc. (The) 7,48% BlackRock Inc. 6,29% Berkshire Hathaway, Inc 5,28% State Street Corporation 3,80% FMR, LLC 2,14% Geode Capital Management, LLC 1,48% Price (T.Rowe) Associates Inc 1,25% Northern Trust Corporation 1,22% Norges Bank Investment Management 1,00% Bank Of New York Mellon Corporation 0,94% Amazon: i maggiori investitori istituzionali (30 dicembre 2020) Vanguard Group, Inc. (The) 6,44% BlackRock Inc. 5,47% State Street Corporation 3,17% Price (T.Rowe) Associates Inc 3,10% FMR, LLC 3,07% Geode Capital Management, LLC 1,28% Morgan Stanley 1,24% Northern Trust Corporation 0,98% Norges Bank Investment Management 0,91% Bank Of New York Mellon Corporation 0,79% Google: i maggiori investitori istituzionali (30 dicembre 2020) Vanguard Group, Inc. (The) 6,60% BlackRock Inc. 5,97% Price (T.Rowe) Associates Inc 4,10% State Street Corporation 3,39% FMR, LLC 2,37% Geode Capital Management, LLC 1,35% Capital International Investors 1,24% Northern Trust Corporation 1,18% AllianceBernstein, L.P. 1,13% Bank Of New York Mellon Corporation 1,01% Facebook: i maggiori investitori istituzionali (30 dicembre 2020) Vanguard Group, Inc. (The) 7,60% BlackRock Inc. 6,64%
FMR, LLC 5,13% Price (T.Rowe) Associates Inc 4,23% State Street Corporation 3,88% Capital International Investors 2,02% Capital Research Global Investors 2,02% Capital World Investors 1,69% Geode Capital Management, LLC 1,54% Morgan Stanley 1,26% Microsoft: i maggiori investitori istituzionali (30 dicembre 2020) Vanguard Group, Inc. (The) 8,14% BlackRock Inc. 6,83% State Street Corporation 3,97% FMR, LLC 2,95% Price (T.Rowe) Associates Inc 2,35% Geode Capital Management, LLC 1,56% Capital World Investors 1,46% Capital Research Global Investors 1,27% Capital International Investors 1,22% Northern Trust Corporation 1,21% Coca-Cola: i maggiori investitori istituzionali (30 dicembre 2020) Berkshire Hathaway, Inc 9,28% Vanguard Group, Inc. (The) 7,25% BlackRock Inc. 6,56% State Street Corporation 3,97% Wellington Management Company, LLP 2,31% JP Morgan Chase & Company 1,50% Geode Capital Management, LLC 1,31% FMR, LLC 1,31% Northern Trust Corporation 1,14% Morgan Stanley 1,13% Disney: i maggiori investitori istituzionali (30 dicembre 2020) Vanguard Group, Inc. (The) 8,03% BlackRock Inc. 6,35% State Street Corporation 3,93% State Farm Mutual Automobile Insurance Co. 2,10% Morgan Stanley 1,77%
Geode Capital Management, LLC 1,45% Bank of America Corporation 1,33% FMR, LLC 1,32% Northern Trust Corporation 1,31% Bank Of New York Mellon Corporation 1,22% McDonald’s: i maggiori investitori istituzionali (30 dicembre 2020) Vanguard Group, Inc. (The) 8,71% BlackRock Inc. 6,81% State Street Corporation 4,84% Wellington Management Company, LLP 4,46% Bank of America Corporation 1,54% Geode Capital Management, LLC 1,53% JP Morgan Chase & Company 1,42% Northern Trust Corporation 1,41% Wells Fargo & Company 1,18% Morgan Stanley 1,11% Due nomi, ebbene, sempre compaiono nelle primissime posizioni di questi ordinamenti dell’azionariato, quasi sempre in prima e seconda posizione: Vanguard Group e BlackRock. Andiamo dunque a verificare, anzitutto, il loro proprio azionariato: American Vanguard Corporation: i maggiori investitori istituzionali (30 dicembre 2020) BlackRock Inc. 14,06% Vanguard Group, Inc. (The) 9,20% Dimensional Fund Advisors LP 8,18% Price (T.Rowe) Associates Inc. 6,80% Janus Henderson Group PLC 4,73% Wellington Management Company, LLP 4,68% State Street Corporation 2,83% Northern Trust Corporation 2,39% Heartland Advisors Inc. 2,35% Royce & Associates LP 1,96% BlackRock Inc. Maggiori investitori istituzionali (30 dicembre 2020) Vanguard Group, Inc. (The) 7,95% BlackRock Inc. 6,35% Capital World Investors 4,85%
State Street Corporation 4,00% Temasek Holdings (Private) Limited 3,90% Bank of America Corporation 3,86% Wellington Management Company, LLP 3,19% FMR, LLC 2,50% Capital International Investors 1,76% JP Morgan Chase & Company 1,60% In perfetta specularità, il connubio che governa il mondo concede la posizione di maggiore investitore alla controparte, immediatamente seguendola: appare proprio la libertà emancipativa di Thomas Jefferson l’essenza del Potere del nostro tempo. Stando ad alcune fonti giornalistiche (Il Fatto Quotidiano, 29 maggio 2018, Maria Maggiore, “BlackRock, quel potere occulto che domina tutta la finanza europea”), il capitale gestito dalla BlackRock ammonterebbe a 6.300 miliardi di dollari, indirettamente altresì controllando, tramite il software proprietario per la gestione dei rischi (Aladdin) ulteriori 20.000 miliardi; mentre Vanguard Group gestirebbe asset per 5.100 miliardi di dollari (dati 2018). Bene, al di là delle fluttuazioni nell’oggi, possiamo stimare con discreta ed essoterica certezza come la diarchia comandante il mondo maneggi circa 30 miliardi di dollari statunitensi. Piace pertanto ulteriormente ricordare, ai romantici nostalgici della geopolitica vestfaliana, che il PIL calcolato a parità dei potere d’acquisto (PPA) nel 2019, vede, come risaputo, l’economia cinese primeggiare con una ricchezza stimata in 27 mila miliardi, inferiore ovvero all’ammontare del denaro gestito dalla sizigia al potere. Se, invece, consideriamo il PIL nominale calcolato dal FMI, troviamo l’economia statunitense primeggiare con una ricchezza stimata di 21 mila miliardi, ancor di più dunque inferiore al danaro gestito dai due colossali fondi di investimento globali. Stanti dunque i due azionariati “sinergici”, possiamo a buon titolo considerare il duumvirato Vanguard Group - BlackRock come il soggetto che possiede, a livello mondiale, la maggior quantità di danaro nelle proprie mani, poco importa se formalmente non proprio. Siamo certamente convinti, in ultimo, che la nudità dell’autentico rex inferni permanga ancora in-dimostrata (deíknumi) e, nonpertanto, ci contendiamo nell’aver qui desnudato, dati estratti a punto, perlomeno i paredri del Potere del nostro tempo. Alberto Iannelli
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