COMBATTERE L'ANSIA: QUALE TERAPIA? - A cura della Dott.ssa Roberta Caradonna Psicologa e Psicoterapeuta - Psicologia Scientifica

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COMBATTERE L'ANSIA: QUALE TERAPIA? - A cura della Dott.ssa Roberta Caradonna Psicologa e Psicoterapeuta - Psicologia Scientifica
COMBATTERE
    L'ANSIA:
      QUALE
   TERAPIA?

                    A cura della
    Dott.ssa Roberta Caradonna
     Psicologa e Psicoterapeuta
COMBATTERE L’ANSIA: QUALE TERAPIA?

                                            A cura di:
                                  Dott.ssa Roberta Caradonna

Indice
1. DESCRIZIONE DEL DISTURBO LEGATO ALL’ANSIA .......................................................... 2
2. COME SI MANIFESTANO I SINTOMI E IL LORO SIGNIFICATO ........................................ 4
  2.1 Ansia da separazione ....................................................................................................... 4
  2.2 Il mutismo selettivo .......................................................................................................... 5
  2.3 Agorafobia ......................................................................................................................... 6
  2.4 Fobia specifica ................................................................................................................... 7
  2.5 Disturbo d’ansia generalizzata ....................................................................................... 7
  2.6 Disturbi di panico.............................................................................................................. 8
  2.7 Fobia sociale ...................................................................................................................... 9
3. COSA HANNO IN COMUNE LE PERSONE CHE SOFFRONO DI DISTURBI D’ANSIA ..... 9

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1. DESCRIZIONE DEL DISTURBO LEGATO ALL’ANSIA
Con questo breve manuale cercheremo di fare luce sugli aspetti che caratterizzano i

disturbi d’ansia, considerando le cause all’origine del disturbo, le caratteristiche

psicologiche che accomunano i soggetti che soffrono di questa tipologia di disagio e i

trattamenti utilizzati per la cura della sintomatologia e della patologia.

L’ansia corrisponde ad una serie di risposte fisiologiche a stimoli definiti e indefiniti,

percepiti anche attraverso segnali fisici e collegati ad uno stato d’animo di agitazione e

tensione. Se protratte per un periodo di tempo prolungato e ad una intensità elevata

possono provocare stress e disagio. L’ansia tollerata entro certi livelli è assolutamente

una risorsa positiva nello svolgimento delle nostre attività, nella gestione e nella

risoluzione di situazioni potenzialmente rischiose, nel raggiungimento degli obiettivi e

molto altro.

Un livello di ansia elevato è generato da una sensazione di minaccia, angoscia interiore

e tensione muscolare con innalzamento dei livelli dell’arousal che coinvolge tutto il

sistema nervoso. A livello neuropsicologico avviene una temporanea risposta ad uno

stimolo variabile che genera modificazioni dei parametri attentivi, cognitivi e fisiologici

che mettono in stato di allerta il soggetto, e lo predispongono ad una risposta adattiva.

Il ritorno allo stato di equilibrio pre-stimolo, non è sempre immediato, perché

l’esperienza crea il ricordo dell’esperienza stessa, che si interpone fra percezione e

risposta neurofisiologica. La connotazione dell’esperienza condizionerà più o meno la

successiva esperienza e l’elaborazione della percezione di uno stimolo vissuto come

minaccioso, stressante, angosciante sarà determinante nella comprensione dello

stimolo vissuto come ansiogeno.

Occorre distinguere in questa breve descrizione le differenze esistenti fra i disturbi

d’ansia secondo la classificazione del DSM 5, manuale diagnostico e statistico dei

disturbi mentali.

Disturbo d’ansia da separazione

Mutismo selettivo

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Agorafobia

Fobia specifica

Disturbo d’ansia generalizzata

Disturbo di panico

Fobia sociale.

Ognuno di questi disturbi si differenzia per caratteristiche espressive del disagio, ma si

rilevano   anche     notevoli    analogie     di   funzionamento       psicologico    spiegate

successivamente.

Si nota inoltre che attualmente i disturbi d’ansia continuano a crescere nella

popolazione di entrambi i sessi e rimangono a prevalenza femminile. Sono

estremamente diffusi anche nei disturbi di tipo depressivo. In presenza di disturbo

depressivo maggiore è fondamentale riconoscere l’entità ansiogena, per evitarne rischi

suicidari e valutare l’uso terapeutico delle benzodiazepine che spesso vengono

utilizzate nella terapia farmacologica. Terapie di tipo cognitivo-comportamentale si

sono dimostrate prevalentemente efficaci nel trattamento dei disturbi d’ansia, come

anche molte terapie di ultima generazione.

I disturbi d’ansia esordiscono nell’infanzia e possono perdurare in età adulta, ma si

presentano anche in età adolescenziale, come nel disturbo d’ansia sociale, o in età

adulta con prevalenza di attacchi di panico, fino in età avanzata. La diagnosi è un punto

fondamentale che se associata all’anamnesi del paziente consente di riconoscere le

cause ed escludere l’ansia generata da patologie mediche o indotte da sostanze.

I disturbi di ansia possono essere trattati con successo se si considerano le cause

soggettive, la storia del soggetto e la sua narrazione, ossia i vissuti dell’individuo, il quale

viene accompagnato dal terapeuta anche con interventi psicoeducativi                        che

considerano l’ambiente del paziente e le caratteristiche mentali; ogni individuo infatti

possiede risorse differenti da utilizzare in ambito terapeutico. E’ necessario a tal

proposito intercettare le opportunità terapeutiche presenti nel paziente a cui può

accedere, poiché la terapia non può prescindere dalla consapevolezza del paziente,

dalla volontà di fare un processo terapeutico, da una buona alleanza terapeutica e da

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un'attenta analisi degli aspetti taciuti dei sintomi e della loro funzione nel

mantenimento dell’equilibrio psicopatologico del paziente.

   2. COME SI MANIFESTANO I SINTOMI E IL LORO SIGNIFICATO

Entrando nel mondo dei sintomi dei disturbi d’ansia possiamo far riferimento a

numerosi studi scientifici che dimostrano alcuni fattori predisponenti nell’ insorgenza

dei disturbi d’ansia. Età giovane, sesso femminile, situazioni di separazione dal partner,

traumi pregressi o perdurati nel tempo, la comorbilità con altre malattie psichiche,

alcune malattie organiche, come quelle legate alla respirazione o al sistema

cardiovascolare, una situazione socio-economica precaria, un basso livello di istruzione,

la solitudine e lo scarso supporto sociale e familiare sono ritenuti fattori a rischio. In

particolare, la preoccupazione anticipatoria nei momenti di stress intenso e in assenza

di una causa esterna importante può generare stati ansiosi; se tollerati dal soggetto

entro certi limiti di tempo, si considerano normali risposte di adattamento psico-fisico.

Potrebbero invece divenire debilitanti e invalidanti se protratti nel tempo, circa sei mesi

per gli adulti e quattro settimane per i bambini.

Vediamo le variazioni dei sintomi per tipologia.

2.1 Ansia da separazione
Nel disturbo d’ansia da separazione è presente la preoccupazione di allontanarsi da

casa per timore di lasciare figure di riferimento o semplicemente di allontanarsi da

queste, paura di dormire da soli, idee e incubi riguardanti la separazione, sintomi

gastrici che precedono la separazione dalle figure di riferimento, preoccupazione per

la salute e idee catastrofiche e di morte riferite alle figure di riferimento. È un disturbo

che può comportare livelli anche allarmanti di ansia nella sfera lavorativa e sociale oltre

che personale, perché l’individuo perde il pieno senso di autonomia e di autoefficacia

con un decadimento anche dell’autostima.

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2.2 Il mutismo selettivo
Il mutismo selettivo è un disturbo che si manifesta nei bambini solitamente in età

scolare e prescolare ed è caratterizzato da una incapacità a parlare in molte situazioni

in cui viene richiesto di farlo, solitamente nei contesti sociali come scuola e asilo. In

questi casi il bambino affetto da mutismo selettivo, pur avendo capacità e facoltà di

parlare si rifiuta di farlo chiudendosi ad una possibile interazione o riducendo quelle

già esistenti. Spesso accade che i genitori dei bambini rimangano sorpresi alle

comunicazioni di insegnanti sulla condotta del bambino e sulle segnalazioni rispetto

all’isolamento del bambino. Le cause e quindi la diagnosi non è immediata; viene

spesso attribuita a sintomi depressivi di cui sono note anche alcune correlazioni, ma

nel contempo si indaga addirittura su alcuni disturbi del linguaggio e disturbi di tipo

autistico. È necessario inoltre accertarsi che non vi sia timore sull’uso della lingua, come

può accadere per esempio in famiglie di immigrati, in cui la lingua a volte può essere

percepita come ancora sconosciuta o scarsa.

Per riconoscere il disturbo devono essere scartate le suddette condizioni e deve essere

presente da almeno un mese tale impedimento nella comunicazione verbale e non

riconducibile al periodo di inserimento scolastico, in quanto sintomo transitorio

riconducibile ad uno stress contestuale momentaneo. In molti casi la condotta del

bambino e l’interazione con gli altri assumono caratteristiche specifiche; il bambino

muove il capo per dire sì o no e non usa il linguaggio verbale o invia bigliettini per

comunicare con gli insegnanti o con qualche compagno e talvolta produce disegni

anche per descrivere ciò che vede o che sta vivendo.

Si possono riscontrare anche alcune difficoltà nel rendimento scolastico oltre che

sociale e l’inibizione al linguaggio non è dovuta ad una mancanza di conoscenza di

alcune tematiche rispetto ad altre, ma è un disagio innescato dalla percezione di una

richiesta del contesto sociale. I bambini con un disagio di mutismo selettivo hanno

sviluppato sintomi di tipo ansioso nella sfera della socialità. Una diagnosi attenta e

tempestiva consente di dare supporto specifico al tipo di disagio, ma anche di ridurre

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possibili risvolti su patologie future innescate dall’isolamento, dall’impoverimento della

socialità e da condotte di evitamento di contesti scolastici e lavorativi.

2.3 Agorafobia
L’agorafobia, letteralmente paura della piazza, indicherebbe una dimensione di fobia

degli spazi aperti o delle piazze, in realtà questa è una delle dimensioni del disagio,

perché quel che contraddistingue le caratteristiche psicologiche dell’agorafobia è la

sensazione sgradevole di non poter fuggire da una situazione di sofferenza soggettiva

in contesti specifici. Potrebbe dunque verificarsi un evitamento nell’uso di mezzi

pubblici o di luoghi come supermercati, parcheggi, ma anche spazi chiusi, ascensori,

teatri, cinema, luoghi affollati, essere soli fuori dalla propria abitazione, contesti in cui il

soggetto percepisce una difficoltà a ricevere aiuto in presenza di determinati sintomi

come malessere, palpitazione, agitazione, debolezza, dispnea, mancanza d’aria,

sensazione di freddo, tipici della sintomatologia ansiosa.

Le esperienze di agorafobia sono vissute con un grado di intensità elevato anche in

presenza di un accompagnatore, non sono specifiche come le fobie, non sono

riconducibile ad altre malattie di tipo medico e psichiatrico o a sintomi post traumatici.

Anche in presenza di attacchi di panico è necessario fare una diagnosi dettagliata dei

sintomi di entrambe le condizioni, in quanto potrebbe verificarsi la coesistenza di

entrambi i disagi. Spesso l’agorafobia esordisce dopo un periodo di attacchi di panico,

si struttura come conseguenza di periodi di attacchi di panico e si consolida nei sintomi

e nell’espressione del disagio. In alcuni casi anche l’agorafobia può essere predittiva

rispetto a successivi attacchi di panico. Questi sintomi possono essere altamente

invalidanti se si pensa che in alcuni casi si sviluppa il timore di guidare da soli, di

camminare senza il supporto di qualcuno, soprattutto quando sono associati ad eventi

traumatici o a malattie pregresse, come vertigini o incidenti stradali. Il soggetto con

agorafobia appare ipervigile o ipereccitato, con intensificate sensazioni di paura e

sopravvalutazione del pericolo, vive su una soglia di stress elevato e di ansia fluttuante

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che sfocia in sintomi spesso ingestibili e condotte di evitamento e ricerca di

rassicurazioni anche sul piano medico.

2.4 Fobia specifica
Il disturbo da fobia specifica è presente in tutte le fasce di età specie nei bambini. Si

manifestano con paura o ansia per un oggetto o situazioni specifiche come la visione

del sangue, sottoporsi ad una iniezione, paura di un animale, paura di volare. Si

manifestano nei bambini anche in forma mista, con due o più fobie specifiche simili,

scatenando collera, pianto e immobilizzazione e reazioni differenti dall’adulto. In questi

casi le reazioni sono di evitamento dell’oggetto o della situazione ansiogena con

compromissione della sfera personale e lavorativa. I sintomi devono essere presenti

per almeno sei mesi per essere diagnosticati con esattezza rispetto ad altri disturbi

simili come il disturbo da attacco di panico, l’agorafobia, l’ansia sociale e soprattutto

non è riconducibile ad altre patologie cliniche.

2.5 Disturbo d’ansia generalizzata
Il disturbo è caratterizzato da eccessiva preoccupazione e ansia presenti in modo

incalzante e per un periodo prolungato, possono spesso manifestarsi tensione

muscolare, irrequietezza, difficoltà di concentrazione, vuoti di memoria e difficoltà

nell’addormentamento o nel mantenere un sonno prolungato nella notte, nervosismo

e complicazioni sul piano relazionale, lavorativo e sociale. Il disturbo d’ansia

generalizzato viene sottovalutato dal paziente per una gestibilità maggiore rispetto per

esempio ad altri disturbi di carattere più pervasivo, come le fobie e gli attacchi di panico.

Occorre aggiungere che questo tipo di disturbo seppur in grado di mantenere una certa

costanza nella manifestazione dei sintomi dall’esordio ai tre e ai sei mesi, è altresì

possibile che evolva in un disturbo di tipo depressivo, se non elaborata, contenuta e

canalizzata. Anche l’uso eccessivo di sostanze come caffeina, nicotina alcol e droghe e

l’astinenza possono aumentare e peggiorare il disturbo d’ansia generalizzata.

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Nel disturbo d’ansia generalizzato come in altri disturbi legati all’ansia, occorre

ricordare la necessità di sottoporsi a visita medica per poter escludere cause di origine

medica come per esempio ipertiroidismo.

2.6 Disturbi di panico
Chi soffre di attacchi di panico in genere vive nella preoccupazione di rivivere la stessa

situazione che ha generato sofferenza e disagio, vivendo nell’evitamento fobico di

contesti che ricordano o che in qualche modo generano sensazioni di ansia. Il

prolungarsi della tensione genera a sua volta la probabilità che i livelli si sofferenza

psichica salgano fino a scatenare con maggiore probabilità altri episodi simili. Chi soffre

di attacchi di panico frequenti mette in atto delle vere e proprie strategie, come

controllare la presenza di vie di fuga in un luogo pubblico, evitare percorsi in macchina

come attraversare alcune strade o ponti che si percorrevano prima che si manifestasse

la sintomatologia, o andare a teatro e altre situazioni in cui si è avvertita la perdita di

controllo tipica di questo disagio. I contesti possono ovviamente essere molti e il disagio

ha risvolti importanti sull’equilibrio psichico di chi ne soffre. Gli attacchi di panico

cambiano le abitudini di chi ne soffre anche sul piano sociale e lavorativo, in quanto

hanno un grado di pervasività elevato. Gli attacchi di panico arrivano all’improvviso e

senza un motivo, sono il picco di tensione accumulata e generano sintomi simili ad

attacchi cardiaci, con sudorazione, mancanza d’aria, sensazione di pressione al petto,

freddo e vampate di calore, palpitazioni, tachicardia, svenimento, fame d’aria, asfissia,

tremori, nausea e vomito, vertigini, giramenti di testa, paura di morire, paura di

impazzire, formicolii, parestesie e derealizzazione. La difficoltà a gestire la

sintomatologia porta il soggetto in preda all’attacco di panico a ricercare le cure del

pronto soccorso più vicino e ad avere la preoccupazione nei giorni e le settimane

successive che accada di nuovo. Questa preoccupazione induce il soggetto a credere di

avere dei problemi di salute importanti, per cui può iniziare a sottoporsi a molti controlli

medici e ad evitare tutto quello che potrebbe scatenare un eventuale attacco di panico.

Ovviamente sono tutte strategie di controllo esterno e con un focus attentivo non

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autoriferito. Il soggetto ha difficoltà a gestire sintomi riconducibili all’ansia, generando

un sistema di allarme che va in corto circuito generando l’attacco di panico. Più

verosimilmente si potrebbe ipotizzare la cura farmacologica al momento del bisogno,

come anche un piano terapeutico in caso di ripetuti attacchi di panico, ma è necessario

che il soggetto sposti il focus attentivo verso di sé e sviluppi maggiore consapevolezza

del funzionamento del proprio corpo, tale per cui fare esperienza di potere gestionale

di sé. Il disturbo di attacco di panico in psicoterapia diventa un momento di svelamento

e consapevolezza delle risorse del paziente, un momento di crescita e di conoscenza

profonda di sé. La disponibilità a prendersene cura da parte del paziente è necessaria

per ridurre il grado di sofferenza.

2.7 Fobia sociale
La fobia sociale o disturbo d’ansia sociale è caratterizzato dalla preoccupazione di

svolgere attività in pubblico per il timore di provare imbarazzo, sentirsi inadeguati.

Questa difficoltà genera limitazioni sul piano sociale e isolamento per paura del giudizio

altrui delle proprie prestazioni o di affrontare un discorso in pubblico o di esprimere le

proprie idee, il soggetto evita contesti e quando non può diventano momenti di forte

sofferenza. E’ importante distinguere la timidezza dall’ansia sociale, in quanto

quest’ultima assume un livello di stress molto elevato e compromissione

dell’espressione di sé, come anche viene distinta dagli attacchi di panico, in cui la paura

non è riferibile al giudizio altrui, ma alla perdita di controllo, come anche da altre

patologie più gravi come depressione, o preoccupazioni circa parti del corpo che si

ritengono imbarazzanti, ma anche sul piano organico, come balbuzie e altre.

   3. COSA HANNO IN COMUNE LE PERSONE CHE SOFFRONO DI
      DISTURBI D’ANSIA

Disturbi di ansia attualmente hanno un’incidenza elevatissima e sono spesso causa di

situazioni invalidanti a causa dei comportamenti fobici ed evitanti. Se pensiamo alla

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modalità in cui si distribuiscono fra popolazione, fascia di età, sesso e culture,

potremmo farci un’idea di un quadro davvero ampio nella popolazione. Esistono

oltretutto sintomi legati all’ansia anche nei disturbi di personalità borderline o nelle

depressioni in cui i livelli di attivazione del sistema nervoso sono coinvolti in modo

anche molto diretto ed evidente.

L’ansia ha un ruolo protettivo dal senso di minaccia, pericolo o da ciò che non si conosce

o riconosce che si avverte dentro o fuori di noi. Se da una parte abbiamo dei bisogni,

come essere amati, rispettati, considerati, accettati, protetti, sin dalla giovane età

dall’altra parte dobbiamo fare i conti con la possibilità di realizzare questi bisogni

importanti.   La   realizzazione   dipende    dalle   condizioni    in   cui   ci   troviamo

psicologicamente e quindi quelle che in termini freudiani chiamiamo meccanismi di

difesa, più o meno adattivi, ma anche dall’ambiente con cui interagiamo e nel quale

abbiamo la possibilità di agire. Pensiamo ad un bambino che in un ambiente altamente

frustrante o con figure di riferimento insicure o aggressive, dovrà sviluppare un senso

di sicurezza ed emancipazione in un contesto in cui avrà interiorizzato la paura e la

dipendenza dai genitori, o pensiamo a situazioni di violenza di alcune donne adulte ed

emancipate, ma sofferenti sul piano affettivo, in cui i bisogni entrati in conflitto cedono

il passo all’ansia e al compromesso.

L’ansia agisce nella dimensione del conflitto e dell’inconsapevolezza, rafforzata da

comportamenti disfunzionali. Quando si innesca l’ansia, il bisogno autentico viene

sovrapposto dal bisogno di fuga da altro (causa ansiogena) perché l’obiettivo diventa la

ricerca della soluzione all’ansia. Un conflitto emotivo è uno scontro fra aggressività,

bisogni desideri e regole sociali, morali e personali. E’ importante considerare che

l’ambiente in cui si cresce e si vive gioca un ruolo importante nello sviluppo delle proprie

capacità adattive al conflitto e di realtà come campo di azione della nostra personalità.

Se il senso di minaccia o di disapprovazione incombono nella nostra esistenza sarà più

facile sviluppare sintomi legati all’ansia. Se la paura di ritorsioni fisiche in un bambino

genera un senso di minaccia sul piano soggettivo per impulsi aggressivi o di

esplorazione dell’ambiente, un atteggiamento di costante minaccia può avere ritorsioni

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sul piano di realtà per difficoltà di gestire ciò che appartiene ai propri bisogni profondi

e alla loro realizzazione.

L’ansia genera insoddisfazione e frustrazione, due condizioni purtroppo molto lontane

da bisogni definiti primari in psicologia come protezione, autorealizzazione e senso di

appartenenza.

   4. TRATTAMENTO
La cura dei disturbi d’ansia riguarda la riduzione dei sintomi e la ricerca delle cause

scatenanti. Nel trattamento dell’ansia patologica e disfunzionale generalmente sarebbe

indicata una terapia farmacologica affiancata da una psicoterapia.

Il motivo dell’associazione delle due terapie scaturisce dall’effetto invalidante dell’ansia

nella vita dei soggetti affetti dalla sintomatologia ansiosa.

Studi scientifici hanno evidenziato che l’esistenza di alcuni fattori biochimici, ambientali,

genetici concorrerebbero allo sviluppo di patologie legate all’ansia.

Nei primi troviamo agenti scatenanti con effetti specifici sui circuiti cerebrali riferiti a

sostanze stimolanti come la caffeina e simili. Negli studi sui fattori ambientali si

enfatizza il ruolo delle emozioni sottostanti all’ansia, come rabbia e conflitto. La teoria

dell’apprendimento pone l’accento sull’origine persistenza dei sintomi come una

spiccata   sensibilità   alle   sensazioni   corporee    considerate    come     pericolose.

All’aumentare della soglia di vigilanza corrisponde uno stato attentivo delle sensazioni

interiori che condizionerebbero in modo aberrante sulla produzione di sintomi e sui

parametri fisiologici come respirazione e percezione del battito cardiaco considerati dal

soggetto, in molti casi come minacciosi o alterati. Questo meccanismo risulta essere

alla base di vere e proprie distorsioni cognitive.

I disturbi d’ansia assumono forme differenti di espressione e l’identificazione di specifici

geni correlati a tali disturbi appare tutt’altro che semplice. Rimane certo il legame con

il fattore familiare nella trasmissione dell’ansia a percentuali importanti.

Come già detto l’importanza della psicoterapia associata alla farmacologia per i disturbi

più invalidanti, risulta essere la strada vincente nella gestione dei disturbi legati

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all’ansia, come anche tutte le tecniche legate alla respirazione, al rilassamento

muscolare, ma anche tecniche di visualizzazione e desensibilizzazione, possono dare

un valido supporto e sollievo dal disagio causato dai disturbi di ansia.

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