STUDI DI SETTORE: LE NOVITA' DEL MODELLO UNICO 2009 - REDDITI 2008 - COMMISSIONE IMPOSTE DIRETTE
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COMMISSIONE IMPOSTE DIRETTE STUDI DI SETTORE: LE NOVITA’ DEL MODELLO UNICO 2009 – REDDITI 2008 A cura di: Daniela Casale Stefano Coleti Vittorio Di Guida Anna Gallo Luigia Gentile Francesco Parretta Pagina 1 di 15
COMMISSIONE IMPOSTE DIRETTE Indice 1. Premessa. 3 2. Studi di settore ed intervallo di confidenza: il punto della situazione. 4 3. Le novità relative ai soggetti multiattività. 6 4. Le novità in tema di cause di esclusione dall’applicazione degli studi di settore. 8 5. I correttivi anticrisi. 9 6. Brevi cenni in materia di accertamento sulla base degli studi di settore. 12 Pagina 2 di 15
COMMISSIONE IMPOSTE DIRETTE 1. Premessa. In tema di applicazione degli studi di settore il Decreto Legge 29 novembre 2008 n. 185 (cd. Decreto Anticrisi), convertito con modificazioni dalla Legge 28 gennaio 2009 n. 2, ha previsto all' art. 8 che: "al fine di tenere conto degli effetti della crisi economica e dei mercati, con particolare riguardo a determinati settori o aree territoriali" gli Studi di Settore possano essere modificati con Decreto Ministeriale, previa acquisizione del parere della Commissione di cui all' art. 10, comma 7, Legge 146/1998. Inoltre il Dpcm 4 giugno 2009, nel modificare il calendario dei versamenti per i soggetti esercenti attività economiche per le quali siano stati elaborati gli studi di settore1, ha concesso a tali contribuenti un ampliato lasso temporale per effettuare – nei casi di non congruità da studi – le scelte sull’eventuale adeguamento ai ricavi proposti da Ge.ri.co. . Nella sua versione definitiva il Decreto Legge 185/2008 prevede due importanti novità: A. La revisione congiunturale degli studi di settore al fine di tener conto degli effetti della crisi economica e dei mercati (art.1, comma 1); B. L’aggiornamento della territorialità generale degli Studi di Settore (art. 1, comma 3). Quanto agli interventi volti a tenere in considerazione la crisi economica sono state introdotte misure che consentono di adattare le funzioni di ricavo degli Studi di Settore con l’intento specifico di mitigare il livello di ricavi calcolati dal software e presuntamente attribuibili al contribuente. Quanto all’aggiornamento della territorialità, premesso che la funzione di calcolo dei ricavi presunti contenuta in Ge.ri.co. considera l’area territoriale in cui ciascuna attività economica è esercitata2 assegnandola - in funzione di grado di benessere, istruzione e sviluppo del sistema economico - ad una delle cinque “Aree Territoriali Omogenee”, 16 Comuni italiani hanno subito un declassamento. La nuova assegnazione ha comportato una progressione della qualificazione territoriale (cioè uno spostamento da un’Area Territoriale Omogenea più sviluppata ad una meno sviluppata), con conseguente effetto di riduzione del livello dei ricavi attribuiti dal software alla specifica attività economica3. Nel seguito del documento si darà conto delle principali novità in tema di Studi di Settore applicabili al periodo d’imposta 2008, ed in particolare: della già citata revisione congiunturale degli studi di settore, attuata mediante l’introduzione dei cd. correttivi, suscettibili di attenuare l’attribuzione presuntiva di maggior ricavi o compensi per i contribuenti che non dichiarassero elementi reddituali di entità tale da conseguire la congruità; degli innovati adempimenti formali di compilazione riferiti ai soggetti cd. Multiattività; dell’introduzione di una nuova causa di esclusione dagli Studi di Settore; 1 Le scadenze di versamento sono così modificate: all’ordinario termine del 16 giugno 2009 si sostituisce, per i citati soggetti, quello del 6 luglio 2009; chi intenda fruire di un maggior lasso temporale può differire la corresponsione delle imposte al 5 agosto, assoggettandosi così alla maggiorazione dello 0,40% a titolo di interesse. 2 Per conoscere il “peso” che lo svolgimento di un’attività economica assuma in riferimento al singolo Studio di Settore è sufficiente consultare la funzione di ricavo stimato riportata nelle Note Tecniche e Metodologiche di di ciascuno Studio. Si osservi che tale “peso” assume rilevanza differente da caso a caso. 3 Tra i 16 Comuni interessati l’unico appartenente alla Regione Campania è quello di Sala Consilina (SA). Pagina 3 di 15
COMMISSIONE IMPOSTE DIRETTE Al riepilogo delle novità, così come sopra esposto, si aggiungono delle considerazioni sulla scelta di adeguamento nell’ipotesi di un’eventuale non congruità dei ricavi dichiarati. Tale scelta merita infatti di essere attentamente ponderata in considerazione della valenza probatoria attribuita e riconosciuta allo strumento degli Studi di Settore4. 2. Studi di settore ed intervallo di confidenza: il punto della situazione. Come è noto, il processo di verifica della congruità eseguito dall’applicativo Ge.Ri.Co. si basa sul confronto dei dati dichiarati dal singolo contribuente con due valori elaborati dallo specifico studio di settore sulla base del cluster5 di appartenenza: il “Ricavo puntuale atteso” ed il “Ricavo minimo ammissibile”. Il primo è calcolato come media dei ricavi di ciascun gruppo omogeneo (cluster), ponderata con pesi pari alla probabilità di appartenenza del contribuente a ciascun gruppo; il secondo rappresenta il valore soglia che segna il confine per la rilevazione dell' incoerenza dei dati dichiarati dal contribuente rispetto al cluster di appartenenza. Il “Ricavo puntuale atteso” ed il “Ricavo minimo ammissibile” definiscono, a loro volta, il c.d. “Intervallo di confidenza”, cioè lo spatium all’interno del quale un qualsiasi valore di ricavo è ritenuto statisticamente possibile. Tralasciando il caso della congruità rispetto al “Ricavo puntuale atteso”, la valutazione della situazione del singolo contribuente deve, allora, considerare due distinte ipotesi: - i contribuenti che si collocano “naturalmente” all’interno dell’”intervallo di confidenza”, per i quali la Circolare 5/E del 2008 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che “devono, ..., considerarsi generalmente in linea con le risultanze degli studi di settore, in quanto si ritiene che i valori rientranti all’interno del predetto “intervallo” hanno un’elevata probabilità statistica di costituire il ricavo/compenso fondatamente attribuibile ad un soggetto esercente un’attività avente le caratteristiche previste dallo studio di settore”6. In tal caso, pur non operando una esclusione automatica del contribuente da un possibile accertamento7, si deve tener conto della necessità dell’ufficio di supportare l’eventuale pretesa tributaria (basata sull’applicazione dello studio di settore) con elementi probatori ulteriori e specifici. Si segnala, inoltre, che in virtù di quanto indicato dalla citata Circolare 5/E, l’attività di accertamento sulla base degli studi di settore deve essere prioritariamente rivolta nei confronti di quei contribuenti “non congrui” che, sulla base delle risultanze della contabilità, abbiano dichiarato un ammontare di ricavi o compensi inferiori al ricavo o compenso minimo; 4 Come è noto la stessa Agenzia delle Entrate, nella Circolare 5/E del 2008, ha riconosciuto che il risultato di Ge.ri.co. costituisce una presunzione semplice e non integra invece la fattispecie di presunzione legale relativa. 5 La parola “cluster” (ovvero “gruppo omogeneo”) identifica un sottoinsieme di imprese o di professionisti – all’interno dello stesso settore di attività - contrassegnato da comuni caratteristiche strutturali. 6 Si veda, a tal proposito, anche l’interessante pronuncia della IV Sez. della Commissione tributaria prov. di Bari (sentenza n. 14 del 11/02/2008). 7 In tal senso si è espressa l’Agenzia delle Entrate in occasione del “Forum sugli studi di settore” organizzato da Il Sole 24 Ore in data 09.06.2009; si veda inoltre C. Nocera: “Studi, la non salva” – Il Sole 24 Ore del 11.06.2009. Pagina 4 di 15
COMMISSIONE IMPOSTE DIRETTE − i contribuenti che, invece, si collocano al di fuori dell’”intervallo di confidenza”, avendo dichiarato un ammontare di ricavi o compensi inferiori al ricavo o compenso minimo, devono essere ulteriormente distinti tra quelli soggetti a studi di settore revisionati per i periodi 2007/2008 e contribuenti soggetti a studi di settore da revisionarsi nel corso del 20098. Infatti: a. per gli studi revisionati nel 2007/2008, l’adeguamento va effettuato al valore puntuale richiesto da Gerico; b. per gli studi, invece, che verranno sottoposti a revisione nel 2009 (e, quindi, non interessati da evoluzione per i periodi di imposta 2007 e 2008) l’adeguamento va effettuato al maggiore tra il valore minimo, aumentato delle risultanze degli indicatori di normalità economica9, ed il valore puntuale, senza tener conto degli indicatori di normalità economica. Di conseguenza, l’intervallo di confidenza sarà differente a seconda che il maggior valore sia quello minimo aumentato degli indicatori, in qual caso l’intervallo di confidenza sarà dato dal valore minimo e dallo stesso valore minimo aumentato dagli indicatori di normalità; ovvero sia quello puntuale, ed in tal caso l’intervallo di confidenza sarà dato dal valore minimo e dal valore puntuale, senza tener conto degli indicatori10. Schematizzando: − nel caso sub a) - Studi revisionati nel 2007 e nel 2008 l’intervallo di confidenza può essere così rappresentato: Intervallo di confidenza Valore puntuale Valore minimo Qualsiasi valore di ricavo incluso nell’intervallo determina una naturale congruità (Circ. 5/E 2008) 8 Due terzi degli studi di settore attualmente vigenti (complessivamente 137 studi su 206) sono stati revisionati nel 2007 e nel 2008; la quota restante (pari a 69) sarà soggetta a revisione nel 2009. 9 L’art. 1, comma 14, della Legge n. 296 del 27 dicembre 2006 (Legge Finanziaria 2007) ha previsto che, ai fini dell’applicazione degli studi di settore, si debba tener conto anche di specifici indicatori di normalità economica di significativa rilevanza, idonei alla individuazione di ricavi, compensi e corrispettivi fondatamente attribuibili al contribuente in relazione alle caratteristiche e alle condizioni di esercizio della specifica attività svolta. Tali indicatori di normalità economica, approvati con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 20 marzo 2007, hanno natura transitoria e verranno applicati fino al momento dell’elaborazione e revisione degli studi di settore già in vigore. 10 Studi di settore 2009 “Istruzioni parte generale” – par. ‘9. Indicatori di normalità.’ Pagina 5 di 15
COMMISSIONE IMPOSTE DIRETTE − nel caso sub b) - Studi che verranno sottoposti a revisione nel 2009 l’intervallo di confidenza è differente a seconda che il maggior valore sia: quello puntuale, ed in tal caso l’intervallo di confidenza sarà: Intervallo di confidenza Valore minimo Valore puntuale quello minimo che consideri gli indicatori, ed in tal caso l’intervallo di confidenza sarà: Intervallo di confidenza Valore minimo Valore minimo che tenga conto degli indicatori 3. Le novità relative ai soggetti multiattività. Come è noto i soggetti cd. multiattività sono i contribuenti che esercitano due o più attività d’impresa per almeno una delle quali risultino approvati gli studi di settore. Questi soggetti, a seguito del D.M. 11/02/2008, godono di alcune semplificazioni contabili inerenti la registrazione dei ricavi (ci si riferisce all’annotazione separata dei ricavi relativi alle diverse attività esercitate)11. Per i contribuenti multiattività le novità inerenti gli studi di settore applicabili per il periodo d’imposta 2008 trovano la propria fonte nel già citato Decreto Ministeriale 11/02/2008, il quale ha – ai fini del presente elaborato – due aspetti salienti: il primo attinente agli adempimenti (ovvero alla compilazione della modulistica) ed il secondo, non meno rilevante, riferito all’accertamento da studi di settore. Occorre premettere che l’art. 2, comma 2 del D.M. 11/02/2008, oltre a stabilire che gli studi di settore trovino applicazione nei confronti dei contribuenti “che svolgono in maniera prevalente le attività indicate nei decreti di attuazione degli studi medesimi”, ha precisato che già a decorrere dal periodo d’imposta 2007 gli studi di settore si applichino con riferimento all’attività prevalente, intendendo per tale “quella da cui deriva nel 11 La semplificazione consiste nel fatto che, diversamente dal passato, oggetto di annotazione separata sono esclusivamente i ricavi derivanti dalle diverse attività (ivi inclusi quelli derivanti dall’alienazione di generi soggetti ad aggio o a ricavo fisso), e non più anche le altre componenti contabili (costi) ed extracontabili (cioè i dati rilevanti per l’applicazione degli studi di settore). Pagina 6 di 15
COMMISSIONE IMPOSTE DIRETTE periodo d’imposta la maggiore entità dei ricavi”12. Ciò è valso a significare che in caso di due o più attività si compili solo ed esclusivamente la modulistica dello studio di settore riferito all’attività prevalente. Per l’individuazione dell’attività prevalente, la Circolare 31/E del 01/04/2008 ha precisato che, stante la nozione normativa citata, i contribuenti che esercitino più attività d’impresa debbano anzitutto analizzare quali di queste siano attratte nello stesso studio di settore e – in tale ipotesi – determinare quella prevalente sommando i ricavi provenienti dalle attività che, seppur contraddistinte da diversi codici ISTAT, rientrano nel medesimo studio. Per ulteriori dettagli relativi alle componenti di ricavo da considerare ai fini dell’individuazione dell’attività prevalente si rimanda al citato documento di prassi. La novità che, come detto sopra, concerne gli adempimenti di compilazione dello studio di settore consiste nell’obbligo di valorizzare la sezione “Imprese multiattività” proposta da Ge.ri.co. nel caso in cui i ricavi da attività non prevalente superino il 30% dei ricavi totali. Per quanto attiene l’ulteriore novità applicabile al periodo d’imposta 2008, il già citato art. 2 del D.M. 11/02/2008 ha introdotto nuove modalità di utilizzo degli studi di settore in sede di accertamento per le imprese multiattività: Qualora i ricavi delle attività non prevalenti superino il 30% del totale dei ricavi le risultanze dello studio di settore non possono essere utilizzate ai fini di eventuali rettifiche da parte dell’Agenzia delle Entrate: tali risultanze possono essere utilizzate esclusivamente con finalità di selezione delle posizioni da sottoporre a controllo; Qualora invece i ricavi delle attività non prevalenti risultassero pari o inferiori al 30% dei ricavi totali la possibilità di utilizzare le risultanze degli studi di settore sussiste nelle tradizionali modalità previste dall’art.10, L.146/1998. La differenza rispetto al precedente periodo d’imposta (ed in ciò la novità per i soggetti multiattività) sta nell’incremento della soglia di ricavi da attività non prevalente che squalifica le risultanze degli studi di settore ai fini accertativi. L’art. 3 del Decreto, infatti, aveva previsto un regime transitorio applicabile al periodo d’imposta 2007 in forza del quale la suddetta soglia era posta pari al 20%. Con ogni evidenza l’intervento del legislatore è quello di riconoscere, per quelle attività che si qualificano come più “ibride” rispetto alla fonte dei ricavi, che lo strumento studio di settore possa non cogliere tale specificità. Appare utile ricordare che il citato art. 10, comma 4-bis della Legge 146/1998 preclude agli Uffici di effettuare rettifiche basate su presunzioni semplici (ex art. 39, comma 1, lett. d), secondo periodo, D.P.R. 600/1973 ed ex art.54, comma 2, ultimo periodo, D.P.R. 633/1972) nei confronti dei contribuenti che dichiarino, anche per effetto di adeguamento, ricavi pari o superiori al livello della congruità tenuto conto degli indicatori di 12 Questa previsione aveva già comportato l’eliminazione della causa di inapplicabilità connessa all’esercizio di due o più attività d’impresa non rientranti nello stesso studio di settore per le quali non è stata tenuta la contabilità separata. Pagina 7 di 15
COMMISSIONE IMPOSTE DIRETTE normalità economica, qualora l’ammontare delle attività non dichiarate – con un massimo di 50.000 Euro – sia pari o inferiore al 40% del dichiarato. 4. Le novità in tema di cause di esclusione dall’applicazione degli studi di settore. Le cause di esclusione dagli studi di settore devono essere tenute distinte dalle cause di inapplicabilità. Le prime, infatti, escludono sempre il contribuente dall' applicazione degli studi di settore ed anche dai parametri. Le cause di inapplicabilità, invece, comportano l' esclusione dagli studi di settore ma non dai parametri. Inoltre, con effetto dal periodo d' imposta in corso al 31/12/2007, il D.M. 11/02/2008 ha espressamente abrogato le cause di inapplicabilità relativamente: all' esercizio di due o più attività; all' esercizio dell' attività d' impresa attraverso l' utilizzo di più unità locali. Di conseguenza, già dal 2007, costituisce condizione di inapplicabilità degli studi settore soltanto l' esercizio dell' attività d' impresa da parte di: a) società cooperative, società consortili e consorzi che operano esclusivamente a favore delle imprese socie o associate; b) società cooperative costituite da utenti non imprenditori che operano esclusivamente a favore degli utenti stessi. Il manifestarsi di una delle cause di esclusione dagli studi di settore determina invece la non applicazione degli stessi (così anche per i parametri)13. Da quest’anno è stata introdotta una nuova fattispecie di esclusione, individuata dal codice 12, per i soggetti che nel corso del periodo d’imposta abbiano modificato la propria attività, avviandone una nuova regolata da un differente studio di settore. Con ogni evidenza l’introduzione della nuova causa di esclusione risponde all’esigenza di eliminare le incertezze, in siffatte circostanze di cessazione di attività, in merito all’applicazione dei codici 1 ((“Inizio attività entro 6 mesi dalla data di cessazione nel corso dello stesso periodo d’imposta”) e 2 (“Cessazione dell’attività ed inizio della stessa, nel periodo d’imposta successivo, entro 6 mesi dalla sua cessazione”). La causa di esclusione individuata dal codice 12 contempla il caso in cui avvenga la cessazione ed il successivo riavvio di una nuova attività in corso d’anno, nel caso in cui le due attività appartengano a differenti studi di settore. Con riferimento a tale ipotesi le istruzioni al Modello Unico 2009 riportano l’esempio di un imprenditore che fino ad aprile abbia svolto l’attività “Commercio all’ingrosso di prodotti di salumeria” (codice attività - 46.32.20 - compreso nello studio di settore UM21E) e da maggio in poi in quella di “Trasporto con taxi” (codice attività - 49.32.10 – compreso nello studio di settore UG72A). In tal caso l’imprenditore è escluso dall’applicazione degli studi di settore in quanto le due attività sono soggette a differenti studi di settore. 13 Cosa diversa è invece la cd. condizione di inapplicabilità degli studi, che riguarda esclusivamente le cooperative ed i consorzi che svolgano attività esclusivamente in favore dei soci o consorziati. Pagina 8 di 15
COMMISSIONE IMPOSTE DIRETTE Al contrario, non costituisce causa di esclusione la modifica in corso d’anno dell’attività esercitata qualora le due attività, quella cessata e la nuova, siano contraddistinte da codici attività differenti ma compresi nel medesimo studio di settore. Con finalità meramente riepilogative si riporta una tabella illustrativa dei codici riferiti alle diverse ipotesi di esclusione dall’applicazione degli studi di settore. Codice Causa di esclusione 1 Inizio dell’attività nel corso del periodo d’imposta. 2 Cessazione dell’attività nel corso del periodo d’imposta. Ammontare di ricavi dichiarati di cui all’articolo 85, comma 1, esclusi quelli di cui alle lettere c), d) ed e), o compensi di cui all’articolo 54, comma 1 del TUIR superiore ad € 5.164.569,00 e fino ad € 3 7.500.000,00. Ammontare dei ricavi dichiarati di cui all’articolo 85, comma 1, esclusi quelli di cui alle lettere c), d) ed e) o compensi di cui all’articolo 54, comma 1 superiore ad € 7.500.000,00, ovvero in caso di 4 causa di esclusione dai parametri, superiore ad € 5.164.569,00. 5 Periodo di non normale svolgimento dell’attività in quanto l’impresa è in liquidazione ordinaria. Periodo di non normale svolgimento dell’attività in quanto l’impresa è in liquidazione coatta 6 amministrativa o fallimentare. 7 Altre situazioni di non normale svolgimento dell’attività. Periodo di imposta di durata superiore o inferiore a 12 mesi, indipendentemente dalla circostanza 8 che tale arco temporale sia o meno a cavallo di due esercizi. 9 Determinazione del reddito con criteri forfaitari. 10 Incaricati delle vendite a domicilio. Classificazione in una categoria reddituale diversa da quella prevista dal quadro degli elementi 11 contabili contenuto nel modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione dello studio di settore approvato per l’attività esercitata. 12 Modifica nel corso del periodo d’imposta dell’attività esercitata, nel caso in cui le due attività siano soggette a due differenti studi di settore. 5. I correttivi anticrisi. In considerazione della difficile congiuntura economica internazionale l’art. 8 del Decreto Legge 29 novembre 2008 n. 185 (cd. Decreto Anticrisi) ha previsto la “revisione congiunturale degli studi di settore al fine di tener conto degli effetti della crisi economica e dei mercati”. Tale revisione è stata attuata mediante adattamento della funzione matematico-statistica eseguita dal software Ge.ri.co per attribuire il ricavo stimato alla posizione specifica di ciascun contribuente soggetto agli Studi di Settore. A tal fine sono stati introdotti dei correttivi ritenuti utili al fine di considerare: Gli effetti distorsivi dell’analisi di normalità economica conseguente alla crisi economica in atto; Il maggior costo delle materie prime e dei carburanti sostenuto dagli imprenditori operanti in taluni settori economici; Gli impatti della crisi economica suscettibili di compromettere la rappresentatività dei cluster di riferimento all’interno dello specifico Studio di Settore; Le situazioni di crisi che si manifestino in forma di contrazione dei ricavi o compensi 2008 rispetto alle stesse componenti positive di reddito del periodo d’imposta precedente. Pagina 9 di 15
COMMISSIONE IMPOSTE DIRETTE Il D.M. 19/05/2009 titolato “Approvazione della revisione congiunturale degli studi di settore”, Allegato 2 “Note Tecniche e Metodologiche”, illustra le specifiche modalità applicative dei correttivi. Non tutti risultano applicabili alla generalità dei contribuenti; inoltre alcuni di essi operano “a valle” del tradizionale calcolo della congruità: ciò ne ha valso la denominazione gergale di “correttivi multilivello”. La Società per gli Studi di Settore (SOSE) ha elaborato delle stime sulla base delle Comunicazioni Annuali IVA 2009, in considerazione delle quali ritiene di poter stimare che il 58% del totale dei contribuenti soggetti agli Studi di Settore per il periodo d’imposta 2008 sarà interessato all’applicazione di almeno un correttivo. La tabella riportata in calce classifica i correttivi, riassumendone condizioni di accesso e funzionamento. Condizioni di accesso e funzionamento Studi di Settore interessati del correttivo TUTTI Correttivi sull’analisi di Accedono al correttivo tutti i soggetti che (a condizione che si normalità economica registrino riduzioni dei abbiano registrato una contrazione dei ricavi rispetto al precedente ricavi 2008 rispetto al periodo d’imposta periodo d’imposta) precedente. Il correttivo agisce (prima di tutti gli altri qui riepilogati) con modalità differenti in funzione dello specifico Indicatore di Normalità Economica. Per dettagli si faccia riferimento al testo del presente paragrafo. 16 a) Materie Prime. Correttivi di 1° livello Accedono al correttivo soltanto i soggetti (materie prime e carburanti) TD40U, UD20U, TD41U, non congrui che abbiano registrato un UD32U, TG90U, UG61B, incremento dell’incidenza della variabile UG61D, UG61F, UG61HA, “costo del venduto e costo per la UG72B, UG61A, UG61C, produzione di servizi” sui ricavi 2008 UG61E, UG61G, UG68U, rispetto all’anno di costruzione dello UG72A Studio di Settore. Il correttivo agisce adeguando la variabile “costo del venduto e costo per la produzione di servizi” all’aument del prezzo del materiale metallico impiegato nel processo produttivo. b) Carburante. Accedono al correttivo i soggetti non congrui. Il correttivo agisce mediante introduzione di un fattore di adattamento che tiene conto dell’incremento dei prezzi dei carburanti registratisi nel corso del 2008. Pagina 10 di 15
COMMISSIONE IMPOSTE DIRETTE 11 Accedono al correttivo i soggetti non Correttivi di 2° livello: congrui. cd. correttivi “congiunturali TG17U, TD25U, TD36U, Il correttivo agisce riducendo il ricavo TD44U, UD09A, UD13U, stimato da congruità per tener conto della di settore” UD14U, UD18U, UM04U, riduzione dei margini intervenute rispetto (rappresentatività nel cluster) UM05U, TG91U all’anno di costruzione dello Studio di Settore. TUTTI Accedono al correttivo tutti i soggetti che Correttivi di 3° livello: (a condizione che si abbiano registrato una contrazione dei cd. correttivi “congiunturali registrino riduzioni dei ricavi 2008 rispetto al periodo d’imposta ricavi rispetto al precedente precedente. individuali” periodo d’imposta) Il correttivo agisce (dopo il calcolo della congruità) introducendo dei coefficienti che, in funzione dell’entità della contrazione dei ricavi, riducono l’importo del ricavo presunto da congruità calcolato da Ge.ri.co. . Una notazione specifica meritano i cd. Correttivi sull’analisi di normalità economica che, riferiti a tutti gli studi di settore, trovano applicazione nei soli casi di contrazione dei ricavi/compensi dichiarati ai fini della congruità nel 2008 rispetto al precedente periodo d’imposta. Come chiarito dalla Circolare 29/E 18 giugno 2009 (paragrafo 5), essi trovano applicazione prima di tutti gli altri correttivi e riguardano i seguenti Indicatori di Normalità Economica (nel seguito INE): 1) Valore aggiunto per addetto; 2) Redditività dei beni strumentali; 3) Resa oraria per addetto; 4) Resa oraria del professionista; 5) Durata delle scorte; 6) Rotazione di magazzino. Le modalità di funzionamento prevedono: Per i primi quattro INE (Valore aggiunto per addetto, Redditività dei beni strumentali, Resa oraria per addetto, Resa oraria del professionista) il correttivo consiste nella riduzione della soglia minima di normalità economica di una percentuale corrispondente alla contrazione dei ricavi/compensi registrata nel 2008 rispetto al precedente periodo d’imposta. Nel caso degli altri due INE è l’aumento delle rimanenze ad incidere: per la Durata delle scorte il correttivo prevede lo spostamento (rectius aumento) della soglia massima di normalità economica di un ammontare corrispondente alla percentuale di incremento delle rimanenze; per la Rotazione di magazzino, è la soglia minima di normalità economica ad essere diminuita della stessa percentuale. Tutto ciò al fine di non alterare l’analisi di normalità economica per effetto dell’incremento dell’invenduto dovuto alla crisi economica. Nel caso di contribuenti per i quali permanga una situazione di “non normalità” nonostante l’applicazione delle nuove soglie di coerenza relative agli INE “Durata delle scorte” e “Rotazione del magazzino”, il meccanismo del correttivo genera una riduzione del Costo del Venduto pari all’entità delle Rimanenze Finali. Pagina 11 di 15
COMMISSIONE IMPOSTE DIRETTE E’ bene specificare che in fase di accertamento una condizione di “non normalità” avrà differenti effetti in quanto nel novero degli Indicatori di Normalità Economica si distinguono: − INE di prima generazione, corrispondenti a quelli introdotti dal comma 14 dell’art.1, Legge 296/2006. Tali indicatori sono stati comunemente definiti “transitori” in quanto destinati ad essere in vigore fino alla revisione dei singoli studi di settore; − INE di seconda generazione (qualificati anche come indicatori “definitivi”), introdotti dal comma 13 dell’art.1 della Legge citata. Questi ultimi costituiscono gli indicatori di normalità applicabili agli studi revisionati nel 2008 e da revisionarsi nel 2009. I cd. Correttivi sull’analisi di normalità economica riguardano tutti gli INE: di prima e seconda generazione. La distinzione tra le due tipologie generazioni di indicatori di normalità economica ha rilevanti impatti in termini di applicazione dei correttivi in quanto solo quelli di seconda generazione impattano direttamente sull’analisi di congruità complessiva del contribuente. Nel caso in cui ci si trovi in presenza di uno studio di settore da revisionarsi nel 2009, e quindi in presenza di indicatori transitori (di prima generazione), il correttivo al ribasso dell’analisi di congruità ha una modesta utilità in quanto essa si raggiunge adeguandosi al maggior valore tra i due seguenti: il ricavo puntuale ed il ricavo minimo derivante dall’analisi di normalità economica. Contrariamente, nel caso in cui ci si trovi a dover compilare uno studio nuovo o già revisionato, gli indicatori definitivi impattano direttamente sulla congruità complessiva del contribuente senza possibilità di confronto tra il “puntuale” o “minimo con normalità economica”. 6. Brevi cenni in materia di accertamento sulla base degli studi di settore. Come è noto l’accertamento in base agli studi di settore trova la sua fonte normativa nell’art. 62-sexies del D.L.30 agosto 1993, n. 331, il quale al comma 3 ha previsto la possibilità di fondare gli accertamenti di cui all’art. 39 co. 1 lett. d) del D.P.R. 600/1973 ( accertamenti analitico-presuntivi) “ … anche sull' esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, ovvero dagli studi di settore elaborati a sensi dell' articolo 62-bis del presente decreto”. Per effetto del predetto rinvio all’art. 39, co. 1 lett. d), il quale prevede che, in assenza di una specifica rettifica in sede di verifica alle risultanze contabili, l’esistenza di attività non dichiarate e/o l’inesistenza di passività, può essere desunta anche sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, gli studi di settore non possono costituire motivazione di per sé sufficiente su cui basare un accertamento perché debbono sottostare al regime delle prove presuntive, e se ne deve provare non solo la costruzione e la loro adattabilità al caso concreto, ma anche l’affidabilità matematico-statistica non essendo giustificato il mero rinvio alle sole note metodologiche degli stessi14. Ciò premesso, con la successiva L. 8 maggio 1998, n. 146, all’art. 10 sono state espressamente previste le modalità di utilizzazione degli studi di settore in sede di accertamento. 14 Fiaccadori S., La giurisprudenza di merito sulla natura dell’accertamento da studi di settore, in “Il fisco” n. 43/2008. Pagina 12 di 15
COMMISSIONE IMPOSTE DIRETTE Orbene, ripercorrendo gli interventi legislativi che hanno interessato le norme in materia di studi di settore, talvolta modificandole radicalmente, emergeva il chiaro intento del legislatore tributario, di attribuire maggiore forza a tale strumento di accertamento, nel tentativo di riconoscergli la valenza di prova “rinforzata” di evasione fiscale15. In realtà, attraverso una più attenta interpretazione delle suddette modifiche normative, anche alla luce del più ampio contesto di interventi legislativi che hanno caratterizzato gli ultimi anni, appare evidente che la reale intenzione del legislatore è stata ab origine quella di mirare ad una catastalizzazione del reddito imponibile. Da un lato veniva infatti rafforzato lo studio di settore nell’ambito del processo di accertamento, dall’altro si offrivano al contribuente istituti16 alternativi per sottrarsi ai controlli del Fisco. A partire dal periodo d’imposta 2005, per effetto delle modifiche operate dell’art. 37 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, vengono completamente ridisegnati i criteri di applicabilità degli studi di settore ai fini dell’accertamento, sganciandoli dalle caratteristiche soggettive e contabili dei soggetti interessati. La prefata norma, infatti, abrogando i commi 2 e 3 dell’art. 10 della L. n. 146/1998 ha di fatto eliminato: • la regola del “due su tre”, in virtù della quale per i soggetti in contabilità ordinaria (per natura o per opzione) l’accertamento basato studi di settore scattava se in almeno due periodi d’imposta su tre considerati, compreso quello da accertare, l’ammontare dei ricavi o compensi determinabile sulla base degli studi risultasse superiore all’ammontare dei ricavi o compensi dichiarati • la disposizione normativa che consentiva l’accertamento sulla base degli studi di settore nei confronti dei soggetti in contabilità ordinaria, per obbligo o per opzione, in ipotesi di inattendibilità della contabilità. Ne è conseguita l’estensione a tutte le categorie di contribuenti della possibilità di essere accertati sulla base degli studi di settore quando i ricavi/compensi dichiarati siano non congrui rispetto a quelli calcolati da Ge.Ri.Co., anche per un solo periodo d’imposta, pur se previo contraddittorio Altro tentativo legislativo volto ad avvalorare l’accertamento da studi di settore è ravvisabile nella modifica apportata all’art. 10 comma 1 della L. 8 maggio 1998, n. 146. Detta norma, infatti, così come modificata dall’art. 1, comma 23, della L. 27 dicembre 2006, n. 296 (Legge Finanziaria per il 2007) stabilisce che gli accertamenti basati sugli studi di settore, di cui all’art. 62-sexies del D.L. n. 331/1993 sono effettuati nei confronti dei contribuenti con le modalità di cui al presente articolo, “qualora l’ammontare dei ricavi o compensi dichiarati risulti inferiore all’ammontare dei ricavi o compensi determinabili sulla base degli studi di settore stessi”. Il frettoloso legislatore sembrerebbe, infatti, aver cercato, con una piccola aggiunta, di trasformare la valenza presuntiva degli studi da semplice a legale relativa, ma senza però andare a modificare la norma istitutiva, ovvero gli artt. 62-bis e 62-sexies del D.L. n. 331/1993. A fronte di tale orientamento legislativo si è sviluppato un divergente orientamento giurisprudenziale17, oramai consolidato, secondo cui le presunzioni derivanti dall’applicazione degli studi di settore 15 Buccico C., Gli studi di settore e il redditometro tra attuazione del federalismo e crisi economica, in “Il fisco” n.44/2004. 16 Si pensi al concordato fiscale introdotto dalla Legge finanziaria per il 2003 nonché alla Pianificazione fiscale concordata introdotta dalla Legge Finanziaria per il 2005 17 Comm. trib. prov. di Macerata, Sez. III. sentenze n. 51 del 5 dicembre 2003, n. 90 del 22 marzo 2005, n. 95 del 19 settembre 2005, n. 243 del 21 gennaio 2008; Comm. trib. reg. della Puglia sentenze n. 42 del 27 settembre 2005, n. 54 del 17 novembre 2005, n. 67 del 24 agosto 2006, n. 70 del 29 settembre 2006, n. 94/5/2007; Comm. trib. reg. del Pagina 13 di 15
COMMISSIONE IMPOSTE DIRETTE rappresentano presunzioni semplici, non qualificate e perciò non dotate di per sé dei requisiti di gravità, precisione e concordanza. I giudici di merito hanno infatti sostenuto che le presunzioni espresse dallo strumento informatico e statistico Ge.Ri.Co hanno la valenza di semplici indizi insuscettibili di giustificare un atto impositivo, e pertanto devono essere avvalorati con ulteriori indagini, documenti, indizi, riscontri e prove in modo che non si possa totalmente prescindere dall’effettiva capacità contributiva del contribuente e dalla situazione in cui viene svolta in concreto l’attività. Dal suo canto l’Amministrazione finanziaria, in sede di interpretazione della suddetta disposizione18 ha in primo luogo sostenuto che la modifica normativa in esame non alterava la ratio della norma non avendo la stessa “ … altra finalità che quella di ribadire, esplicitandola più chiaramente rispetto al testo previgente, la valenza probatoria dei ricavi e compensi stimati sulla base dello studio di settore, quale presunzione relativa, dotata dei requisiti di gravità, precisione e concordanza” (quindi “qualificata” n.d.r.). Secondo l’Agenzia pertanto “… il nuovo disposto normativo intende semplicemente riaffermare che gli accertamenti basati sugli studi di settore possono essere effettuati ogni qual volta il contribuente dichiari ricavi o compensi ‘non congrui’, rispetto alla stima, senza che l’Amministrazione finanziaria debba fornire ulteriori dimostrazioni a sostegno della pretesa tributaria”; pur riconoscendo che “trattandosi di presunzione relativa, gli accertamenti in parola devono essere sempre calibrati tenendo in debito conto tutti gli elementi offerti dal contribuente per dimostrare che i ricavi o compensi presunti non sono stati effettivamente conseguiti”. Tuttavia nella medesima circolare l’Agenzia precisa che, “… gli studi di settore non sono uno strumento di accertamento automatico” e che “le gravi incongruenze ...non possono ritenersi sussistenti in presenza di qualsiasi scostamento, indipendentemente dalla relativa rilevanza in termini assoluti o percentuali”. In altri termini, per la prima volta, l’Amministrazione afferma che i predetti scostamenti non sono di per sé idonei ad integrare le menzionate “gravi incongruenze” e pertanto a legittimare un accertamento. Occorrerà attendere la successiva circolare n. 5/E del 23 gennaio 2008 per avere, da parte dell’Agenzia, il riconoscimento (seppure implicito) agli studi di settore della valenza di presunzione semplice. Nel citato documento di prassi, infatti, l’Amministrazione, in sede di interpretazione delle modifiche introdotte dal D.L. 81/2007 e dalla L. finanziaria per il 2008, afferma espressamente che i maggiori ricavi o compensi desumibili dall’applicazione degli indicatori di normalità economica costituiscono presunzioni semplici non diverse da quelle che caratterizzano l’utilizzo degli studi di settore. Nella medesima circolare, inoltre, – in merito alla valutazione delle risultanze derivanti dall’applicazione di quest’ultimi – viene precisato che il cardine sul quale ruota il corretto utilizzo delle stime operate dagli studi di settore nell’ambito dell’accertamento analitico- presuntivo è rappresentato dall’espressione “fondatamente desumibili” contenuta nell’art. 62 sexies. Dette stime, a parere dell’Agenzia, infatti “in tanto sono utilizzabili in quanto da esse sia ‘fondatamente desumibile’ l’ammontare dei ricavi, compensi e corrispettivi effettivamente conseguiti nel periodo d’imposta considerato” Piemonte sent. n. 27 del 19 luglio 2006; Comm. trib. prov. Di Lucca, sent. n. 132 /6/2005; Comm. trib. prov. di Vicenza, sent. n. 282 del 17 agosto 2006; Comm. trib. prov. Di Padova, sent. n. 205 del 12 dicembre 2006, Comm. trib. prov. Di Bologna, sentenza n. 385 del 18 dicembre 2006, n. 77 del 21 aprile 2008, Comm. trib. prov. di Livorno, sent. n. 500 del 16 marzo 2007; Comm. trib. reg. del Lazio, sent. n. 88 del 4 marzo 2008, Comm. trib. reg. della Sicilia, sent. n. 17 del 19 marzo 2008, Comm. trib. prov. di Perugia, sent. n. 15 del 26 marzo 2009. 18 Circolare 31/E del 22 maggio 2007. Pagina 14 di 15
COMMISSIONE IMPOSTE DIRETTE Percorrendo tale ragionamento l’Agenzia perviene ad escludere, in maniera espressa, l’utilizzo in modo indiscriminato (o “automatico”), delle stime operate dagli studi di settore, attribuendo alle stesse la qualità di presunzione semplice - qualificata dai requisiti della gravità della precisione e della concordanza - solo ove le stesse siano “fondatamente” idonee allo scopo che si propongono: ossia desumere da fatti noti (dati strutturali e contabili), quello ignoto che si intende dimostrare (cioè il quantum dei ricavi, compensi e corrispettivi effettivamente conseguiti). Alla luce della sopra decritta posizione assunta dall’Agenzia con la suddetta circolare, nonché della prassi successiva19 che identifica lo studio di settore quale mero strumento di orientamento nell’attività’ di selezione dei soggetti da sottoporre ad accertamento, ne deriva un evidente indebolimento di tale strumento in sede di accertamento, rendendo sempre più indispensabile il suo coordinamento con altri strumenti di controllo quali il redditometro e le indagini bancarie. 19 Circolare 13/E del 09 maggio 2009. Pagina 15 di 15
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