Cinema e propaganda - Prof. Giovambattista Fatelli - Coris

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Cinema e propaganda - Prof. Giovambattista Fatelli - Coris
Cinema e
propaganda

Prof. Giovambattista Fatelli
Cinema e propaganda - Prof. Giovambattista Fatelli - Coris
Il cinema

La prima guerra mondiale introduce notevoli cambiamenti
in tutti gli aspetti della vita quotidiana, ma nessuno è più
importante della disintegrazione degli atteggiamenti
«autoritari» verso le masse urbane e il forzato
riconoscimento della loro importanza nel sostegno alla
guerra e del ruolo del cinema nel loro governo, sia come
informazione che come intrattenimento.
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Il cinema

Quando inizia la guerra, infatti, il cinema è già la forma di
intrattenimento popolare più importante in quasi tutti i
paesi occidentali, dove può contare su un seguito
immenso e su strutture produttive sempre più ambiziose.
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Pericoli

Lo scoppio delle ostilità però non offre nell’immediato alcun
vantaggio, anzi - non apparendo scontati né il predominio nel
panorama dei consumi né il possibile uso propagandistico del
mezzo – sembra prospettare più minacce che altro. Anzitutto
sono a rischio la sopravvivenza delle sale e il rifornimento di
pellicole: i cinema potrebbero essere chiusi dal governo o
requisiti, come in Belgio dopo l’invasone tedesca; la loro
operatività è insidiata dal reclutamento di molti professionisti
del settore e le provviste di film potrebbero essere messe a
repentaglio dalle difficoltà della produzione interna e dalla
interruzione degli scambi con l’estero.
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Pericoli                    Dopo l’attacco di uno Zeppelin, Londra 1915

In secondo luogo, non è detto che l’attenzione dei governi sia
necessariamente positiva. In tutti i Paesi le spese di guerra
vengono sostenute ricorrendo a imposte sull’intrattenimento
che gravano sul prezzo del biglietto, aumentato tra il 25 e il
50% in Gran Bretagna nel 1916. inoltre, col progredire della
guerra, il pubblico potrebbe essere indotto a disertare le sale
per paura dei bombardamenti aerei o delle malattie infettive.
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Potere del cinema
            Invece, come afferma Brunetta,
            «In tutti i paesi in guerra le sale
            cinematografiche vedono un
            enorme incremento di spettatori
            e sembra confermata la
            constatazione, fatta da parte di
            molti intellettuali, già nel primo
            decennio del Novecento, che il
            cinema è “cibo per le masse” e
            le folle hanno bisogno, nella loro
            dieta quotidiana, di panem et
            circenses».
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Potere del cinema

Il cinema uscirà dalla guerra,
e grazie ad essa, come il
centro d’interesse preferito
dalle masse: «Agli occhi del
pubblico di tutto il mondo la
guerra diventa un vero e
proprio “luogo visivo”
frequentato periodicamente,
uno spazio verso cui sono
orientati e polarizzati milioni
di sguardi».
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Trasformazioni

La guerra fornisce anche uno
stimolo per la trasformazione di
molti aspetti essenziali di quella che
diventerà la maggiore «industria
culturale» della prima metà del 20°
secolo, riguardanti il prodotto -
sottoposto a un rapido processo di
maturazione - ma soprattutto le
linee di industrializzazione e di
redistribuzione geografica dei centri
di produzione a livello mondiale.
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Trasformazioni

Prima del 1914 il mondo del cinema è dominato dalle
produzioni francesi, italiane e danesi, ma la guerra sconvolge
e tronca molti legami commerciali, anche con i paesi alleati e
neutrali. La distribuzione «globale» è ostacolata dal blocco
territoriale degli Imperi Centrali (una barriera fisica nel cuore
dell’Europa) e dal blocco navale inglese. La guerra quindi
modifica significativamente la geografia produttiva del cinema,
rafforzando la produzione interna in alcuni paesi (Germania e
Russia) e consegnando le chiavi del mercato internazionale
allo strapotere americano.
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Reputazione

Tutto questo naturalmente modificherà in modo
significativo l’atteggiamento della cultura nei confronti del
cinema, diventato un pezzo importante della politica e
della società. Se nel 1913, lo Zar lo definiva una
«faccenda ridicola», nel 1922 Lenin dichiara che il
cinema è la più importante fra tutte le arti.
Reputazione

Tuttavia, tornando all’inizio della guerra, le origini da fiera
e la volgarità del suo pubblico condannano il cinema a un
generale disprezzo, particolarmente sentito negli strati
sociali più alti, che rischia di confinarlo in un ruolo
marginale nell’orchestra che la propaganda si prepara ad
allestire.
Reputazione

Quando Masterman,
durante le prime fasi del
conflitto, suggerisce che i
film potrebbero essere un
mezzo utile per la
propaganda, il Segretario
dell’Ufficio della censura
Joseph Brooke Wilkinson,
accoglie l’idea chiedendo
con orrore: “Cosa? Il
Paese è a questo punto?”
Ufficialità

La riluttanza ad accettare il cinema come strumento di
comunicazione porta ad estrapolare il suo carattere di
documento e a cercare di aumentare la reputazione dei
film propagandistici esaltando il loro carattere “ufficiale”,
in contrasto col proposito - auspicato da Masterman e già
sperimentato negli altri media - di celare la persuasione
dentro un incarto «neutro», nella convinzione ch’essa
sarebbe stata più efficace se percepita come frutto di un
pensiero “indipendente”.
Ufficialità

Sin dal principio perciò i filmati dal fronte sono posti sotto
stretta sorveglianza ed escono con etichette formali:
Official Pictures of the British Army in France (Topical
Budget, il cinegiornale nazionalizzato nel 1917, viene
ribattezzato War Office Official Topical Budget e poi
Pictorial News (Official); anche negli USA e in Germania
ai film vengono apposti marchi come Official United
States War Films e Militärisch-amtlicher Film.
Cinegiornale

La produzione in serie di film che tentano di raccontare la
guerra, s’incanala pertanto nel genere cinematografico
già esistente, in continua crescita, conosciuto come
cinegiornale (newsreel), nato nel 1908 con il Pathé-
Journal della Pathé Frères e consolidato dappertutto
come un pacchetto di storie di attualità offerto insieme al
regolare programma di attrazioni.
Cinegiornale

All’inizio della guerra, oltre al Pathé-Journal, in Francia
esitono le Gaumont-Actualités, l’Éclair-Journal e
l’Éclipse-Journal, nel Regno Unito la Pathé’s Animated
Gazette, seguita da Warwick Bioscope Chronicle, Topical
Budget e Gaumont Graphic, mentre negli USA vengono
prodotti cinegiornali dalla Pathé dal 1911, dalla Universal
dal 1912 e da Hearst dal 1914.
Cinegiornale

Durante la guerra, l’interruzione degli schemi di produzione e
distribuzione, unita all’impulso patriottico, al controllo e alla
propaganda, causa un’evoluzione “nazionalistica” dei
cinegiornali. All’inizio delle ostilità in Russia, lo Zar preferisce
concedere l’esclusiva per i film dal fronte a un anonimo
Comitato Skobolev piuttosto che alla Pathé-Russe. Allo stesso
modo la Wiener Kunstfilm-Industrie e Messter-Woche avviano
cinegiornali nazionali in Austria e Germania.
Cinegiornale

In Francia, nel 1917, il Service cinématographique des
armées crea direttamente un nuovo cinegiornale chiamato
Les Annales de la Guerre e nello stesso anno in gran
Bretagna il Topical Budget viene nazionalizzato come veicolo
per i film ufficiali. Una serie dal titolo Yser Journal viene
creata nel 1918 perfino dal Service Cinématographique de
l’Armée belge.
Cinegiornale

Anche quando è in mano ai privati, il cinegiornale
conserva un carattere solenne e formale. I produttori
sanno che i loro film saranno visti in un contesto di svago
e i proprietari dei cinema non vogliono guai o polemiche
che turbino il pubblico. Nei paesi più democratici come in
quelli autoritari, la copertura della guerra è generalmente
patriottica e ottimista, e i cinegiornali ufficiali diventano gli
apostoli dell’allineamento.
Cinegiornale
Il dissenso semplicemente non esiste,
se non per essere criticato, nel migliore
dei casi. Mitigata l’urgenza del
reclutamento, i cinegiornali continuano a
mostrare giovani entusiasti dell’esercito,
ma si prestano anche per la diffusione di
messaggi pratici - sia incorporati nel
blocco principale sia forniti a parte con
piccoli filmati - che promuovono il
risparmio del cibo, la frugalità nei
consumi, l’uso delle verdure, la
sottoscrizione dei risparmi di guerra,
l’attenzione alle chiacchiere inutili.
Il vento cambia
Intanto però gli sforzi del cinema per
migliorare la propria immagine,
sospinta da film importanti come quelli
dell’americano Griffith o i kolossal
italiani, sta dando i propri frutti. Tanto
che sul Times si può leggere: «Esiste
uno spazio sempre maggiore per
l’apprezzamento dell’intelligenza e del
gusto da parte della gente, che il
cinematografo [riempie] con le sue
meravigliose risorse, le prodigiose
abilità con cui impone all’attenzione di
ciascuno un valido intrattenimento».
Il vento cambia
Parallelamente, lo stesso progredire
della guerra spinge nei cinema
gente che prima li avrebbe evitati,
con la speranza di acquisire una
migliore comprensione degli eventi
e i tempi sembrano maturi per
profondere un impegno maggiore
nella realizzazione di veri e propri
film che documentino in modo più
esaustivo e con diverso spessore
l’impegno della Nazione in guerra.
Divieti

Il primo ostacolo da superare è la diffidenza dei comandanti
verso l’idea stessa di filmare sulla linea del fronte. In un
quadro in cui tutti i Paesi in guerra emanano leggi che
restringono la libertà d’informazione (nella convinzione che
una «manica larga» avrebbe potuto fornire notizie utili al
nemico e le immagini cruente fiaccare l’arruolamento e il
morale della nazione), il disprezzo per il cinema in generale,
condiviso dalle classi «alte», ha portato Lord Kitchener,
Ministro della Guerra, a bandire fotografi e cineoperatori dal
fronte in modo assoluto per quasi un anno.
Divieti

Ma la percezione che questo «immobilismo» stia
portando la Gran Bretagna a perdere le simpatie dei
paesi neutrali e la volontà di rispondere adeguatamente
al bisogno di coinvolgimento della popolazione, inducono
nell’autunno del 1915 a revocare i provvedimenti di
Kitchener e a nominare i primi Official Kinematographers.
Documentari

              I progetti di Wellington House
              per realizzare film documentari
              di propaganda prendono
              finalmente corpo e viene formato
              un Cinema Committee inteso a
              produrre e distribuire film per gli
              alleati e i paesi neutrali, con il
              coinvolgimento di una delle
              figure principali dell’industria
              cinematografica inglese: Charles
              Urban, il produttore più
              conosciuto dell’epoca.
Documentari

Si realizza così, entro il dicembre 1915, Britain Prepared,
film subito distribuito negli States dalla Patriot Film
Corporation, agli inizi del 1916. Le scene di guerra
vengono usate per affermare l’idea della potenza
britannica e della sua determinazione a superare ogni
avversità.
Documentari

I documentari prodotti da Urban hanno il merito di
stimolare la domanda – offrendo al pubblico a casa
l’opportunità di condividere le esperienze dei soldati - e
indirizzare l’offerta, ma il loro successo non è ancora
quello sperato, sia per le risapute origini tedesche di
Urban, sia perché dietro lo spettacolo ancora si vede in
trasparenza la malcelata intenzione di convincere gli
americani.
The Battle of the Somme

i cameramen ufficiali si rimettono al lavoro e, sotto gli
auspici di Wellington House, nell’agosto del 1916 può
uscire The Battle of the Somme, che attira un pubblico
enorme e genera un vero e proprio entusiasmo popolare,
modificando le idee sull’impatto del cinema sul morale
della Nazione.
The Battle of the Somme

Lo stesso re Giorgio V sostiene: «Il
pubblico dovrebbe vedere questi film
per avere qualche idea di cosa sta
facendo l’esercito e del significato
del suo lavoro».
The Battle of the Somme
The Battle of the Somme viene
usato ampiamente dalla
propaganda britannica diretta
all’estero, soprattutto per
influenzare l’opinione pubblica
statunitense ancora neutrale. È
anche uno dei film portati in
tour in Russia da una missione
inglese inviata a convincere
l’esercito dello Zar che i suoi
alleati stavano facendo la loro
parte sul fronte occidente per
sconfiggere Kaiser.
La risposta tedesca

Tra gli effetti del film c’è anche quello, non voluto, di stimolare
la produzione tedesca. Se infatti la percezione di un vantaggio
della Germania nell’opera di persuasione dei paesi neutrali ha
convinto a filmare con più intensità il campo di battaglia,
l’ironia della sorte vuole che la buona riuscita dell’operazione
sposti il pendolo dall’altra parte e induca i tedeschi a sentirsi
in svantaggio e a fondare, nel gennaio 1917, l’Ufficio
Fotografico e Cinematografico (Bild- und Filmamt, BUFA), che
supervisiona i cinegiornali e i documentari e produce molti film
di propaganda, incluso Bei unseren Helden an der Somme
(Con i nostri eroi sulla Somme), in risposta al film britannico.
Immagini e realtà

Ad ogni modo il film, anche per il suo successo, segnala tutti i
problemi che vengono posti dall’uso del mezzo
cinematografico per gli scopi della propaganda. Il primo
riguarda la fotogenia della guerra e le difficoltà nell’afferrane
gli aspetti più realistici. L’ostacolo che infatti si presenta a tutti
gli operatori che vanno a filmare il campo di battaglia è
l’impossibilità di riprendere immagini che catturino la realtà dei
combattimenti in modo coinvolgente per il pubblico.
Immagini e realtà

Con le tecnologie disponibili in quel momento, il campo di
battaglia vuoto che propone la guerra moderna e la
preferenza per gli attacchi all’alba o al tramonto, offre
poche immagini che si accordino col modo in cui i civili
pensano il combattimento.
Immagini e realtà

È questo il problema che prova ad esprimere D.W.
Griffith quando la racconterà le sue esperienze nella
realizzazione di Hearts of the World: «Vista come
dramma, la guerra è in qualche modo deludente: se ne
stanno tutti rintanati nei fossi. Se guardi verso la terra di
nessuno l’occhio letteralmente non incontra niente se
non una dolorosa desolazione di inesistenza. (...) É
troppo gigantesca per essere drammatica».
Immagini e realtà

Per superare l’ostacolo, Griffith e gli altri hanno due
strade a disposizione: la prima è la ricerca di location più
remunerative, collocate a distanza dalla prima linea. Si
prediligono perciò le riprese delle esercitazione o
dell’addestramento delle truppe, l’uso massiccio di scene
filmate nelle retrovie che mostrano soldati in marcia o
accampati, prestando attenzione agli aspetti «marginali»
del combattimento (trasporto di rifornimenti, lavoro
dell’artiglieria, campi d’aviazione, servizi medici).
Immagini e realtà

L’altra strada consiste nel ripiegare sulle riprese «in
studio». Un cineasta russo osserva «come
l’esperienza ha dimostrato, filmare sotto il fuoco
non crea un impatto così potente quanto una buona
messa in scena». Infatti, è noto che anche The
Battle of the Somme include sequenze
“contraffatte”, allestite in studio per compensare la
deludente ripresa reale dell’attacco britannico.
Più vero del vero

A questo punto sorge un altro problema che riguarda la
percezione della realtà. La quantità di «falsi» che i registi
provano a far passare come genuine scene di battaglia,
rimane sempre modesta poiché è subito chiaro che, in
film che dopotutto sostengono di «mostrare la realtà», la
scoperta di sequenze «aggiustate», potrebbe mettere in
discussione la credibilità dell’intero film o dell’intera
campagna propagandistica.
Più vero del vero
Questa foto sembra ritrarre in modo convincente il caos
della guerra. Le cose raffigurate accadono veramente e
sono state riprese durante la guerra, ma non è una foto
“reale”, bensì un montaggio dell’australiano Frank Hurley,
war photographer ufficiale, che realizza questi collage
per catturare quella “verità” che una normale foto singola,
secondo lui, non avrebbe mai potuto imprigionare.
Più vero del vero

Mentre filmano, gli operatori spesso incoraggiano i
soggetti ad agire davanti alla macchina da presa,
suggerendo azioni o scene che avrebbero dato un
piccolo conforto al pubblico a casa; ma i soldati spesso
non hanno bisogno di nessuno stimolo perché
reagiscono con entusiasmo alla presenza della camera.
Le scene che ne risultano ovviamente rappresentano
una cosa diversa rispetto alla pura “verità oggettiva” e
ancora oggi forniscono interessanti spunti di riflessione
sulla verità delle notizie.
Credibilità

Ma in effetti il discorso sulla credibilità è ancora più
complesso. Non basta rispettare la verosimiglianza delle
immagini, è anche necessario non allontanarsi troppo
dalla percezione della realtà fornita dall’ambiente
attraverso altri mezzi. L’idea cioè che il film possa
imporre una visione in contrasto con la realtà dei fatti non
è proponibile.
Credibilità

Come puntualizzano gli spettatori-soldati (che possono
comparare la rappresentazione cinematografica con il
suo corrispettivo reale) il film sulla Somme risparmia al
suo pubblico gli odori e i suoni della guerra, ma
soprattutto fornisce loro una visione solitamente priva di
dettagli sulle vittime. Ma la reticenza dei produttori, e
perfino una censura totale dei film, non riuscirebbero
comunque a «nascondere» la morte.
Credibilità

Non va infatti dimenticato che, sul piano delle notizie, la
fonte primaria per il pubblico sono ancora i giornali che,
almeno nelle grandi città, competendo fra loro con
numerose edizioni, anche serali, offrono il veicolo più
autorevole, a poche ore dall’accaduto, mentre per un film
sullo stesso evento occorre aspettare giorni o settimane.
Credibilità
Prima che esca il film sulla
Battaglia della Somme, i lettori del
Times già sanno attraverso il
regolare Roll of Honour (che
riporta valutazioni giornaliere di
100 caduti fra gli ufficiali e 700 fra
le truppe, saliti nella prima
settimana di luglio a 608 ufficiali e
più di 5000 soldati) che il tributo di
sangue è stato molto alto, prima
ancora che il 24 luglio sia reso
noto il dettaglio delle perdite.
Credibilità

Anche se i giornali non hanno esplicitamente
sottolineato che la battaglia è costata pesantissime
perdite, le cifre che emergono dai necrologi
consentono ugualmente di trarre le proprie
conclusioni. In almeno un’occasione la notizia che il
film Somme sta spopolando appare in una colonna
a fianco della lista delle vittime locali.
Il lato emotivo

Il pubblico perciò è di solito già al corrente delle vicende
che vede rappresentate sullo schermo, e comunque il
valore informativo dei film appare presto secondario
rispetto alla «potenza» e al senso particolare delle
immagini, che aggiungono al sapere la sensazione di
condividere un’esperienza con i diretti protagonisti.
Il lato emotivo

Se questo diventa il senso principale della fruizione
cinematografica, il valore propagandistico dei film
documentari slitta allora dalla piattaforma razionale
dell’apprendimento e del vaglio dei fatti a quella più
scivolosa dell’emozione e l’accento si sposta, di
conseguenza, dalla veridicità dei fatti alla
«genuinità» dell’esperienza da condividere.
Ambiguità

Ciò aggiunge particolare ambiguità all’uso della “propaganda
visuale” come arma di persuasione. Perfino su un pubblico
«amico» gli effetti di un film possono essere imprevedibili e le
stesse scene avere esiti opposti, favorendo tanto la voglia di
combattere che l’amore per la pace. Il Manchester Guardian
scrive a proposito di The Battle of the Somme : «Più il film
esibisce gli strumenti della guerra, più persone vedono le sue
desolazioni, follie e crudeltà, così come le sue glorie, e più
calorosamente chiederanno la pace».
Ambiguità

La stessa imprevedibilità, ancora più facilmente,
potrebbe verificarsi sul palcoscenico internazionale.
Quando il film viene proiettato in Olanda, nel settembre
del 1916, il Bioscoop-Courant afferma: «Questo film
potrebbe servire come un eccellente mezzo della
propaganda pacifista, sebbene questa non sembri al
momento l’intenzione del governo britannico».
Ambiguità

Lo stesso problema si manifesta in Germania rispetto ad
alcuni film molto popolari che narrano il siluramento delle
navi mercantili da parte degli U-boat: Graf Dohna und
seine “Möwe” (Il Conte Dohna e il suo «Gabbiano»,
1917) e Der magische Gürtel (Il cerchio incantato, 1917).
Ambiguità

Mentre il pubblico di casa coglie perfettamente il senso
nazionalista del messaggio («Chi non può portare a noi il
grano non dovrebbe portare il carbone al nemico ed è
giusto che venga silurato»), i diplomatici tedeschi notano
che questo discorso può avere un impatto negativo nei
paesi neutrali, dove lo spettacolo di navi cariche di cibo
spedite in fondo al mare non desta alcuna simpatia.
Ambiguità

L’aspetto ambivalente viene chiaramente confermato
dopo la guerra, quando viene prodotta una versione di
Der magische Gürtel in cui le stesse sequenze del film
originale acquistano per magia un significato antitedesco
solo cambiando le didascalie.
Limiti del Documentario

Tornando in Inghilterra, neppure la risposta del pubblico
appare sempre garantita: dopo il successo di due altri
film successivi a The Battle of the Somme (The King
Visits his Armies in the Great Advance del 1916 e The
Battle of the Ancre and the Advance of the Tanks del
1917), un quarto film, The Retreat of the Germans and
the Battle of Arras (1917), ha riscontri molto deludenti.
Limiti del Documentario

Si producono ancora documentari lunghi che affrontano
temi come la mobilitazione dei civili e il ruolo delle donne
(Mrs John Bull Prepared del 1918), ma è evidente che il
raggiungimento del suo principale obiettivo (l’ingresso nel
conflitto degli Stati Uniti), toglie alla propaganda inglese il
suo mordente e il Dipartimento dell’Informazione non sa
più che fare della sua macchina produttiva.
Limiti del Documentario

Vengono così sostanzialmente abbandonati i
lungometraggi, che costano tempo e fatica e lasciano un
intervallo troppo lungo fra gli eventi e l’uscita del film, per
concentrarsi sul meno impegnativo cinegiornale, che
resta il formato propagandistico più popolare.
La fiction

L’arrivo degli Stati Uniti sancisce anche un’altra
importante trasformazione: l’avvento di film fictional
che incanalano l’ondata di patriottismo e lo spirito
guerresco dentro storie più o meno avvincenti e
finiscono per prendere nell’immaginario collettivo il
sopravvento su tutte le altre forme di propaganda
cinematografica.
La fiction

In Europa infatti l’argomento guerra viene riversato in
massima parte nei cinegiornali e lo sguardo della
propaganda istituzionale non si arrischia oltre la
produzione di qualche documentario. Per quanto
riguarda la fiction, le realizzazioni nel vecchio continente
appaiono esitanti e semplicistiche e danno luogo a
prodotti esili, ripetitivi e didascalici, in molti dei quali la
vicenda bellica appare solo di sfuggita.
La fiction

In Francia emerge lo spirito di rivincita rispetto alla guerra
franco-prussiana. In Gran Bretagna si capitalizzano temi
molto popolari nella produzione d’anteguerra, come lo
spionaggio e il pericolo di un’invasione (An Englishman’s
Home e England’s Menace, entrambi del 1914). In
Germania escono una serie di melodrammi kitsch noti
come “film in grigioverde” che glorificano l’eroismo dei
soldati: Auf dem Felde der Ehre (Sul campo dell’onore,
1913), Wie Max das Eiserne Kreuz erwarb (Come Max
conquistò la Croce di ferro, 1914), ecc.
La fiction

Anche in Italia la vicenda bellica fa capolino qua e là e
nel 1916 Bartolomeo Pagano, il Maciste di Cabiria viene
chiamato sullo schermo, nelle vesti di Maciste alpino, a
mettere in fuga gli austriaci.
Pacifismo

Insieme a questi, sono comparsi anche film «pacifisti»
che tentavano di arginare il crescente militarismo, come
il belga Maudite soit la guerre di Alfred Machin (1914),
smentito e spazzato via dall’invasione tedesca.
Il lato emotivo

Ma l’impiego del cinema per le esigenze patriottiche non
ha una presa durevole sul grande pubblico, che anzi
manifesta ovunque un sorta di crisi di rigetto, rivelando di
considerare sempre più il cinema come un luogo di fuga
dalla guerra e dalle preoccupazioni della vita, e di essere
disposto a lasciarsi sedurre più dalle storie di passioni
fatali che dai discorsi retorici.
Il lato emotivo

Oltre a fare una lunga anticamera per essere ammesso
sul campo di battaglia, precisa Brunetta, il cinema
«eviterà comunque il più possibile – e per tutta la durata
del conflitto – di offrirsi come testimone e mediatore
rispetto alla possibilità di avere un rapporto diretto con
l’orrore, la follia, le stragi, i massacri di milioni di
persone».
Il lato emotivo

«Il sangue di fatto scorrerà poco nei film patriottici e nei
documentari di guerra e, in ogni caso, in misura assai
inferiore che nei melodrammi e nelle grandi storie
d’amore e morte. E ben presto, non appena alla guerra
di movimento si sostituirà quella di trincea, dall’esito
incerto e dalla fine imprevedibile, i pubblici di tutta
Europa, dall’Inghilterra alla Russia, sembreranno perdere
ogni interesse per il film patriottico».
Il lato emotivo

Nel suo complesso, il pubblico non va al cinema per sentire
argomentazioni sulla guerra o vederne in faccia la realtà. Un
eccesso di informazione o di propaganda diretta potrebbe
essere un disincentivo per il pubblico che non cerca questo
tipo di offerta e i proprietari di cinema sanno di gestire un
luogo che i loro clienti abituali associano principalmente
all’evasione e al divertimento. Nel 1916 un cinema inglese
espone un cartello in cui spiega «noi non proiettiamo The
Battle of the Somme. Questo è un luogo di divertimento e non
un teatro degli orrori».
Il lato emotivo

Anche i soldati al fronte sono inclini a divertirsi piuttosto che
sorbirsi istruzioni e indottrinamento. In una lettera dal fronte, il
Colonnello Rowland Fielding scrive a sua moglie il 5
settembre 1916: «Stanotte ho visto con altri il film Somme,
proiettato su uno schermo eretto in un campo fangoso
all’aperto. Probabilmente come termine di paragone, si era
visto anche Charlie Chaplin, e io confesso che era lui che
volevo vedere. Ma sono arrivato tardi e così ho visto solo la
parte più straziante dello spettacolo».
Il lato emotivo

I film più popolari nel periodo 1914-1917 furono film leggeri, in
tutti i paesi. In Francia, ad esempio, il pubblico accorre a
vedere le serie poliziesche di Feuillade; in Gran Bretagna
sono popolari Ultus: The Man from the Dead (1916)
o Dombey and Son (1917). Libera dalla concorrenza straniera
e incoraggiata dal governo, l’industria tedesca inizia anche a
pescare dal teatro, la cui collaborazione licenzia titoli come
Der Golem (1915), Homunculus (1916) e Das Bildnis des
Dorian Gray (1917) I cui temi fantastici presagivano le
atmosfere dell’espressionismo.
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