LUCREZIO :: DE RERUM NATURA - DIVINA COMMEDIA
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LUCREZIO :: DE RERUM NATURA - DIVINA COMMEDIA Bruno CUTRI ’ - Vibo Valentia, 2000 - Rev B.15, 2014 HomePage LCR - HomePage UNF INDEX 1. Un confronto tra valori universali. Da Venere/Lucrezio a Maria/Alighieri. 2. Una riflessione che rinasce. Sulla Festa della Mamma. _______________________________________________________________________________ [L1,V1-70] E’ l’incipit del più famoso Poema del pensiero scientifico antico, emerso solitario e possente dalla Cultura greco-latina. E‘ la preghiera più bella di quella Cultura, di quel mondo, oggi detto pagano; prima del diffondersi invasivo e sostitutivo delle religioni di Abramo. Aeneadum genetrix, hominum divomque voluptas, Genitrice degli Eneadi, degli uomini e degli dei voluttà Alma Venus, caeli subter labentia signa Alma Venere, sotto gli astri volanti del cielo Quae mare navigerum, quae terras frugiferentis che il mare dei naviganti, che le terre fruttifere Concelebras, per te quondam genus omne animantum concelebri, per te dunque ogni genere di animato . Concipitur, visitque exortum lumina solis, concepisce, vede il nato le luci del sole. Te, Dea, te fugiunt venti, te nubila caeli Te, Dea, te fuggono i venti, te le nubi del cielo, Adventumque tuum, tibi suavis daedala tellus al tuo arrivo, a te soavi la terra feconda Submittit flores, tibi rident aequora ponti, riporta i fiori, a te ridono le acque del mare Placatumque nitet diffuso lumine caelum. e placato rifulge di luce diffusa il cielo. La chiusura del passo è un accorato desiderio di pace; un invito struggente rivolto alla Dea dell’Amore - unica Divinità riconosciuta dall’uomo Lucrezio - antagonista efficace alle violenze ed ai lutti delle guerre; delle quali Marte esprime l’incoerente, quanto instancabile, voglia umana di distruzione e di autodistruzione, dibattendosi tutti nel bisogno dell’Amore e nel terrore della Morte. Hunc tu, diva, tuo recubantem corpore sancto Tu Diva, a Lui ripiegato sul santo tuo corpo Circumfusa super, suavis ex ore loquellas Nell’abbraccio, soavi dalla bocca parole Funde, petens placidam Romanis, incluta, pacem Disciogli, chiedendo una placida ai Romani inclita pace Per quanto in passato molti Critici famosi abbiano spesso elucubrato sulla contraddizione filosofica intrinseca, espressa da Lucrezio – poeta anti-religioso ed ateo – nel produrre questo accorato appello ad una Divinità, altrettanto sterile è il pensiero di chi non sa cogliere l’atmosfera pesante ed opprimente di quella cultura romana militaresca, che adora Divinità costruite ad arte per giustificare nefandezze umane. Da questo ambiente irrazionale, turbolento e distruttivo, Lucrezio desidera tirarsi fuori, seguendo gli insegnamenti terreni del filosofo Epicuro, amato per i buoni e sensati consigli di vita, più che per la dottrina scientifica, sapendo che l’Arte richiede armonia interna ed esterna, vivendo, sulla propria pelle, la coscienza che il pensiero razionale e scientifico non basta a frenare istinti umani ferini, intrisi di religiosità superstiziosa e pretestuosa. Lo stesso Epicuro, maestro di vita in tono minore, indica e pratica esempi di relazioni umane, al tramonto di un’epoca belluina; che ha visto Alessandro Magno portare l’ordine militare greco- macedone in tutto il mondo raggiungibile; e, solo come sottoprodotto, promuovere i veri tesori della Cultura greca; quella cultura che ha raggiunto l’immortalità, rigenerandosi presso altre genti. Ma Epicuro rinuncia all’azione e si contenta del suo stare appartato. Lucrezio invece, gigante imprigionato, si dibatte nella contraddizione (Natura/Cultura) per superarla, e finisce col farsi male sul piano personale; ma non rinuncia ad indicare la strada maestra, pur sapendo che l’Umanità volge e volgerà altrove i propri destini. Questo temperamento lo ritroveremo ancora indomito, dopo 19 secoli, in Giacomo Leopardi. Nell’area mediterranea -dopo Atene, dopo Roma- i tempi storici si dilatano in grandiose manifestazioni di culture diverse, che si scontrano e si succedono, accomunate dalla fede popolare in Utopie impossibili, palingenetiche; e dalla violenza dei dominatori, in ansia distruttrice di una Eternità bramata, ma irragiungibile, portatrice di lutti e dolori.
Per tali motivi infausti nell’Arte e nella Poesia occorre un periodo di tempo enorme -1.300 anni- per avere un esempio altrettanto fulgido di poesia altissima, che esprimere ancora una volta l’istanza umana di relazione forte e risolutiva con la Divinità, dopo le brucianti disillusioni di una religione loquace ma incapace di salvare, di pacificare, di rasserenare gli animi. In queste vaste circostanze, al culmine del potere imperiale, tramontano gli Dei e sorge il Dio di Abramo, che in tempi uguali si tripartisce, senza accomunare tre popoli, divisi da tre Utopie ancora irriducibili. Ci troviamo di fronte ad un passaggio epocale, quando muore Lucrezio. La sua riflessione filosofica e la sua visione scientifica di lunga durata avrebbe potuto far maturare meglio, e più efficacemente, quelle sorti magnifiche e progressive dei fedeli – se il loro contenuto religioso fosse stato vissuto come culmine dell’Umanità e non come passaggio improprio di poteri insensati alla mediazione malfida della Divinità. E dunque la cultura biblica prima, ma soprattutto quella cristiana dopo, che ha avuto a disposizione più di un millennio per esprimersi, si ritrova come prima, peggio di prima, di fronte al silenzio della Divinità ed al bisogno di tutti di rivolgersi ancora fiduciosi, di pregare un’altra Donna per accedere alla fonte primaria della ragione di essere dell’Umanità pacificata. Vergine madre, figlia del tuo figlio, Nel ventre tuo si raccese l’amore, umile ed alta più che creatura, per lo cui caldo ne l’etterna pace termine fisso d’etterno consiglio, così è germinato questo fiore. tu se’ colei che l’umana natura Qui se’ a noi meridiana face nobilitasti sì, che’l suo fattore Di caritate, e giuso, intra’ mortali, non disdegnò di farsi sua fattura. se’ di speranza fontana vivace. Donna, se’ tanto grande e tanto vali, In te misericordia, in te pietate, che qual vuol grazia e te non ricorre, in te magnificenza, in te s’aduna sua disianza vuol volar senz’ali. quantunque in creatura è di bontate. La tua benignitate non pur soccorre a chi domanda, ma molte fiate Or questi, che da infima lacuna ( Dante ) liberamente al dimandar precorre. …….. ….. Umanità incosciente che continuerà a vivere altri cento furori, ma un solo desiderio inappagato. Se contraddizione va notata, questa riguarda il modo di essere di milioni di persone, che praticano una vita belluina, e tuttavia teorizzano la tolleranza, la pace, l’amore. Quando costruiscono i Miti con il loro linguaggio insufficiente, incoerente, incostante si convincono di avere creato le Divinità giuste, belle, buone; le fanno vivere di una vita divina autonoma e onnipotente, caricandole infine della responsabilità di non essere, loro, efficaci, a fronte delle proprie male-volontà. Forse Lucrezio si sarà illuso anche egli, in qualche momento, ma non c’è incoerenza, se infine mantiene la rotta indicata dalla ragione pensante, che osserva la Natura con occhio sereno; anche quella Natura umana, con le sue contraddizioni, ai cui abitanti consegna un messaggio semplice: non abbiate paura della Morte. Al suo pensiero, alla sensazione del Nulla, che vi impedisce di vivere bene la Vita, nella felicità dell’essere venuti al mondo. Non ha ricette, non ha Dei, tanto meno un Dio universale, da proporre per la salvezza e per la felicità infinita ed eterna. L’unico indizio, che rivela sommessamente il suo animo più profondo, e da cui dedurre una relazione incerta tra Umanità e Divinità, viene dall’incipit del De Rerum Natura: ritornare alla Grande Madre, per abitare la Natura, così come era, e come potrebbe essere ancora, non tanto per giungere ad un Paradiso immaginario, come forse non c’è stato e forse non ci sarà. Solo qui in questo passo lirico la figurazione di Venere, che assimila e assorbe quella di Marte, per dissolverla e distoglierla dalla morte, resta la sola concessione ad un pensiero religioso altissimo, che si esalta nella Poesia, senza protervie dogmatiche del pensiero razionale mistificato, senza concedersi alle facili illusioni. ______________________________________________________________________________ HomePage LCR - HomePage UNF - Testata
DRN[L1-S003] Una riflessione che rinasce. Sulla Festa della Mamma. Testata Nelle aree a cultura occidentale le festività religiose, dopo il grande rivolgimento illuminista, che ha introdotto l’era della borghesia laica e liberale, esse hanno continuato a svolgere il ruolo sociale di costruzione condivisa delle identità sociali; senza peraltro rinunciare a viverle in competizione tribale. Nel mondo religioso, che è rimasto in retroguardia fino ai giorni nostri, il proliferare di Santificazioni e relative Congregazioni, di nuovo conio, mostrano ancora segni evidenti di vitalità popolare; e non ci sono richiami alla sobrietà o coerenza che tengano: sono occasioni umane, molto umane, a natura libera, di sentirsi parte di un Cosmo coccolante. Parimenti nel mondo laico e liberale, le forme omologhe succedanee si sono proposte e – fatte salve le ritualità militaresche di rango nazionalistico – esse non sono riuscite, come quelle religiose, a conquistare i cuori inconsci delle genti e delle popolazioni in cammino nella Storia. La varie ricorrenze però si incrociano sulle strade delle processioni rurali prima, urbane dopo, ed oggi sulle vie virtuali di INTERNET; campeggiano le schiere oranti delle Divinità rivestite di nuovi colori, che occultano la perenne, insoddisfatta ricerca dell’eternità. E giocano ai riti, che i tempi e i modi suggeriscono; oggi la competizione, la concorrenza, il marketing sostituiscono e ibridano le antiche devozioni. Così per la Festa della Mamma. Dopo il Natale cristiano - rifacimento di culti pagani -; le varie e disgregate Pasque di Risurrezione; Feste nazionali; Feste patronali; dei Papà anche, in tono minore; la Festa della Mamma rinasce sotto mentite spoglie e pochi soggetti vi riflettono su; – generalmente sono studiosi, più che partecipi – essi si limitano a ripercorrere memorie librarie ed oggi digitali. E’ la festività più antica; è il ritorno mitico della Grande Madre. Se non fosse per questa Natura particolare, che ci fa nascere tutti, anche se solo viventi bisessuati, allo stesso modo. Con un impegno emotivo senza pari; e con altrettanto rischio vitale e sforzo fisico, da parte della Madre, la nostra Mamma personale; questo avvenimento unico per ognuno di noi si ripete da milioni di anni, milioni di generazioni. E’ questa unicità, che rigenera vita e mito, a rendere intenso il legame che abbiamo con la Natura dell’esistere – per il mezzo complesso della Madre, più che quello piacevole del Padre, al quale si chiede in fondo di procurare risorse. Le finalità culturali vengono dopo; ed ogni società si è inventata la varietà dei modi, a volte ridicoli, a volte cruenti, per glorificare eventi di per sè affascinanti, ma lontani dal buon senso e dalla felicità agognata, sempre traslata alle prossime generazioni. Per tanti motivi, soprattutto per continuare la riflessione sui valori universali, non quelli che guardano alla cultura in superficie, ma quelli che desiderano conoscere la natura, nella sua profonda semplicità, che ho ripreso il tema. Oggi mi soffermo sulla figura e sulla personalità di Anna Jarvis ( 1864-1948 ). Il tema ricorre : intuizioni umane, che superano l’individuo gretto, avido e isolante; desiderio di cooperazione sociale; coerenza e dedizione alla natura delle cose. Sono valori che la polvere della Storia ricopre, ma non annulla. La sua storia personale è un simbolo della cecità e insensibilità delle generazioni successive. Salve le poche marginali cerchie (oggi va di moda nominarle così, sul Libro delle Facce), che riprendono ma non praticano le memorie svanite, sono assenti i motivi fondanti che hanno portato questa bella figura di Grande Madre a proporre un modo dolcissino di ringraziare la Vita, ringraziando la propria Madre. Chi ne vuol sapere di più può andare nelle vaste Mediateche di INTERNET, per capire come una bella intuizione è finità nei SuperMarket dei produttori furbastri e dei consumatori cretini. I quali tutti si sentono migliori e innovativi, perché sono On Line; il dito sul Tablet, lo sguardo sul Video, ma non, il cuore, negli occhi della Mamma. ( segue ) Sulla Maternità. Tra mito e realtà. _______________________________________________________________________________
In memoria e onore di Anna JARVIS. La grande madre dei tempi moderni. Testata Its whiteness is to symbolize the truth, purity and broad-charity of mother love; its fragrance, her memory, and her prayers. The carnation does not drop its petals, but hugs them to its heart as it dies, and so, too, mothers hug their children to their hearts, their mother love never dying. When I selected this flower, I was remembering my mother’s bed of white pinks. Il suo candore simboleggia la verità, la purezza e la grande carità, dell’amore materno; il suo profumo, la sua memoria e le sue preghiere. Il garofano non perde i suoi petali, ma li stringe al suo cuore morendo; e così, anche, le madri abbracciano i loro figli ai loro cuori, il loro amore di madre non muore mai. Quando ho scelto questo fiore, stavo ricordando il letto di mia madre, di rose bianche. Cit. [Anna JARVIS] _______________________________________________________________________________ Per una biografia minimale, in Lingua Italiana, ho trovato questo LINK. Fonte : NATIONAL GEOGRAPHIC – Italia. Bryan HANDWERK. 10 maggio 2014. L'11 maggio, come ogni seconda domenica del mese, si celebra in Italia e in diversi paesi del mondo la Festa della Mamma. Nata oltre un secolo fa negli Stati Uniti, la ricorrenza ha una storia bizzarra e meno "festosa" di quanto si possa pensare: in origine infatti era una giornata di lutto per le madri che avevano perso i figli in guerra. E Anna Jarvis, la donna che più di tutte aveva propugnato l'adozione della festa, combattè per tutta la vita contro la sua deriva commerciale, morendo sola e senza un soldo in un ospizio. Tutto ha inizio in West Virginia negli anni Cinquanta dell'Ottocento: Ann Reeves Jarvis, madre di Anna, cominciò a organizzare club di donne impegnate nel miglioramento delle condizioni igieniche e nella lotta alle malattie e alla mortalità infantile. Questi gruppi, spiega la storica Katharine Antolini del West Virginia Wesleyan College, si occuparono anche dell'assistenza ai soldati feriti durante la Guerra civile americana, tra il 1861 e il 1865. Nel dopoguerra furono organizzate "Giornate dell'amicizia tra madri" e altri simili eventi pacifisti per promuovere la riconciliazione tra gli ex nemici. Un'attivista, Julia Ward Howe, pubblicò con grande successo un "Mother's Day Proclamation" ("Proclama per il Giorno della Madre") in cui invitava le donne a impegnarsi in politica soprattutto a favore della pace. Nel suo Stato, Ann Jarvis lanciò un "Mother's Friendship Day" per i reduci degli eserciti che si erano combattuti. Ma fu soprattutto sua figlia Anna a battersi per istituire una vera e propria festa, salvo poi passare il resto della vita a osteggiarla.
Anna Jarvis non ebbe mai figli suoi; fu la morte di sua madre, nel 1905, a spingerla a organizzare il primo Mother's Day su scala nazionale. Avvenne il 10 maggio 1908: furono tenute cerimonie a Grafton, in West Virginia, luogo natale di Jarvis, in una chiesa oggi chiamata International Mother's Day Shrine ("Tempio della Festa internazionale della Mamma"); a Philadelphia, dove Jarvis viveva, e in diverse altre città americane. Negli anni seguenti l'appuntamento riscosse sempre più successo, finché, nel 1914, il presidente americano Woodrow Wilson destinò ufficialmente la seconda domenica di maggio alla celebrazione della festività. "Per Jarvis doveva essere una giornata da passare con la propria madre per ringraziarla di tutto ciò che aveva fatto", spiega Antolini, che ha dedicato al tema la sua tesi di dottorato. "Non era la festa di tutte le mamme, era la festa della migliore mamma che ciascuno di noi avesse mai conosciuto: la propria". Ecco perché Jarvis insisteva che se ne parlasse al singolare: "Mother's Day", non "Mothers' Day" (Festa della Mamma, non "delle mamme"). Ma agli occhi di Jarvis il successo si trasformò in fallimento. Quella che doveva essere una giornata da trascorrere nell'intimità della famiglia diventò presto un'occasione d'oro per incentivare l'acquisto di fiori, dolci, biglietti d'auguri. Anna ne fu profondamente infastidita, e cominciò a dedicare tutta se stessa (e la sua non trascurabile eredità) al compito di riportare la Festa alle origini. Fondò la Mother's Day International Association per riprendere il controllo delle celebrazioni; organizzò boicottaggi, minacciò cause legali e attaccò persino la First Lady Eleanor Roosevelt e le sue iniziative di beneficenza organizzate nel giorno della festa. "Nel 1923 Anna fece irruzione a un congresso di produttori di dolciumi che si teneva a Philadelphia", racconta Antolini. "Due anni dopo si ripeté al congresso delle American War Mothers, un'associazione che esiste tuttora, che nel giorno della Festa della Mamma vendevano garofani per raccogliere fondi. Anna fece irruzione nella sala e fu arrestata per disturbo della quiete pubblica". Anna Jarvis continuò a combattere per la "sua" festa almeno fino ai primi anni Quaranta. Morì nel 1948, a 84 anni, in un ospizio di Philadelphia, senza un soldo e afflitta da demenza senile. "Avrebbe potuto approfittare della sua invenzione se avesse voluto", commenta Antolini, "ma invece continuò a combattere contro chiunque ne approfittasse. Per questa battaglia diede tutto ciò che aveva, sia dal punto di vista fisico che da quello economico". La Festa del Consumo Oggi naturalmente la vocazione commerciale della Festa della Mamma è più viva che mai. Secondo la National Retail Federation - l'associazione dei rivenditori al dettaglio - quest'anno gli americani spenderanno in media 162,94 dollari per celebrarla, un piccolo calo rispetto al record di 168,94 dollari stabilito l'anno scorso. Per la National Restaurant Association è il giorno dell'anno preferito dagli americani per andare a mangiare fuori. È la terza occasione per lo scambio di biglietti e cartoline d'auguri, dopo Natale e San Valentino: Hallmark, il noto produttore, ne vende ogni anno 133 milioni. Dopo Natale, è il giorno dell'anno in cui gli americani si fanno più regali. Dagli Stati Uniti la ricorrenza si è diffusa in tutto il mondo, anche se con sfumature di significato e di entusiasmo diverse. Molti paesi festeggiano la seconda domenica di maggio, tra cui l'Italia, dove la ricorrenza fu "importata" a partire dagli anni Cinquanta. Le cronache raccontano che una delle prime celebrazioni si tenne a Bordighera, zona non a caso famosa per la coltivazione di fiori freschi. In gran parte del mondo arabo la Festa della Mamma si celebra il 21 marzo, in coincidenza con l'inizio della primavera. A Panama è l'8 dicembre, quando la Chiesa festeggia l'Immacolata Concezione di Maria, la mamma per eccellenza; in Thailandia il 12 agosto, compleanno della regina Sirikit, sul trono dal 1956 e considerata la mamma di tutti i thailandesi. Una parziale eccezione è la Gran Bretagna, dove la tradizione della cosiddetta Mothering Sunday risale a diversi secoli fa. Fissata per la quarta domenica di Quaresima, la ricorrenza in origine era dedicata non alle mamme ma alle "chiese madri": era infatti una giornata di primavera in cui i fedeli andavano a visitare la loro cattedrale. Solo con il tempo la tradizione ha finito per sovrapporsi con la Festa della Mamma così come si festeggia nel resto del mondo. _______________________________________________________________________________ HomePage LCR - HomePage UNF - Testata
DRN[L1-S003] Maternità. Tra mito e realtà. Testata La letteratura su questo tema è immensa. Corrisponde ad un deposito culturale che riguarda uno Spazio-Tempo antropologico di scala planetaria. Così come i flussi di comunicazione sul tema si intrecciano e si fecondano a vicenda; dopo l’avvento della tecnologia della Stampa e, di recente, della Rete WEB; a seconda del prevalere dei modelli di organizzazione sociale. La facilità della diffusione del pensiero autore e dell’accesso alla scolarizzazione in Occidente, coinvolge direttamente larghe popolazioni femminili. In presenza di culture che altrove sono rimaste ferme a stadi evolutivi già vissuti da millenni nelle aree occidentali, e che oggi sono considerati superati, o quanto meno poco praticati. Dal matriarcato dei primordi al patriarcato attuale, che nell’area occidentale vive una crisi epocale, a causa del prevalere, sui modelli storici evolutivi precedenti, dei temi dell’emancipazione e della liberazione sociale coniugata al femminile. Si ibridano scuole di pensiero che non garantiscono uniformità di azione, piuttosto rimescolano modelli e comportamenti di vita, dove resta ancora compressa ed inespressa la potenzialità di una vita emozionale che meriterebbe molto di più. Questo aspetto diviene focalizzato in modo sghembo quando, sulla prospettiva di una possibile evoluzione ulteriore futura, si inseriscono due istanze contrapposte e fuori da qualche sintesi dialettica prevedibile : 1. Le dinamiche sociali di trasformazione sociale ( dalle lotte rivoluzionarie, alle convenienze socio-economiche ) hanno precostituito una base di rappresentanza per le donne, che le vede protagoniste molto più che nel passato; ma non ne qualifica la direzione di autonomia e creatività. 2. In contrapposizione, un retaggio patriarcale di resistenza e conservazione di privileggi, su base fisiologica e psicologica, impediscono ovvero alterano l’affermarsi delle politiche di parità giuridica e di equità sociale; tanto meno di autenticità relazionale. Le forme del conflitto di genere assumono inoltre le caratteristiche di una strategia relazionale e sociale che cambia nel tempo, oltre che nello spazio culturale: dall’esercizio della forza brutale, alla seduzione con interscambio di illusione/disillusione rispetto ai valori attesi. Argomento più complesso è il rapposto fisiologia/psicologia che risente – in Occidente, più che altrove – del portato culturale di modelli normativi autostrutturati; sistemi di rappresentanza ed esercizio del potere, che hanno plasmato millenni di trasformazioni radicali: religioni, costituzioni, rivoluzioni. Processi ancora in atto che lasciano poche energie alle istanze di riequilibrio e che impegnano invece potenziali emotivi enormi, nella lotta per l’esistenza e per l’accesso alle risorse. Questo ultimo aspetto è ancora il vero limite fisico, oltre che fisiologico, per un dispiegarsi delle politiche al femminile; dove sia lasciato libero corso alla creatività di genere, dovendosi – da parte delle donne – conciliarsi il tempo di vita per la riproduzione con il tempo di vita qualificata per l’organizzazione sociale. In un regime di competizione - ed il modello libertista-borghese ne magnifica le risultanze falsamente positive - la componente sociale femminile ne resta limitata, quando non impedita, salvo accettare il ruolo di dedizione subalterna al modello maschile finora attuato. Ed in qesto orizzonte le culture tradizionali hanno una inerzia di sistema che si accresce nella resistenza al mutamento, anche quando la componente femminili ambiguamente ne accetta i vantaggi, soprattutto se provengono dal confronto tra classi. Basta guardare all’Italia dell’ultimo ventennio per capire quanto falsamente progressiva sia la rappresentanza femminile, che accetta il potere economico, espresso in spreggio alla pari dignità relazionale; a fronte della subalternità economica subità da tantissime altre donne, che non riescono ad accedere alle risorse, se non al prezzo del sacrificio individuale alla realtà dei modelli precostituiti, propagandati da miti mistificanti. Sarà un caso che l’oggettiviazione dei desideri sessuali maschili si attua nella propaganda veicolata dalla “bellezza” femminile esaltata per il consumo “altro”, non tanto per l’accrescimento culturale ed emozionale. Doppia mitizzazione di genere che impedisce ogni crescita civile ed umana. ______________________________________________________________________________ HomePage LCR - HomePage UNF - Testata
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