LUCREZIO :: DE RERUM NATURA - DIVINA COMMEDIA

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LUCREZIO :: DE RERUM NATURA                                     - DIVINA COMMEDIA
Bruno CUTRI ’ - Vibo Valentia, 2000 - Rev B.15, 2014                 HomePage LCR    - HomePage UNF

INDEX
   1. Un confronto tra valori universali. Da Venere/Lucrezio a Maria/Alighieri.
   2. Una riflessione che rinasce. Sulla Festa della Mamma.

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[L1,V1-70] E’ l’incipit del più famoso Poema del pensiero scientifico antico, emerso solitario e
possente dalla Cultura greco-latina.
E‘ la preghiera più bella di quella Cultura, di quel mondo, oggi detto pagano; prima del diffondersi
invasivo e sostitutivo delle religioni di Abramo.

  Aeneadum genetrix, hominum divomque voluptas,          Genitrice degli Eneadi, degli uomini e degli dei voluttà
  Alma Venus, caeli subter labentia signa                Alma Venere, sotto gli astri volanti del cielo
  Quae mare navigerum, quae terras frugiferentis         che il mare dei naviganti, che le terre fruttifere
  Concelebras, per te quondam genus omne animantum       concelebri, per te dunque ogni genere di animato
.
  Concipitur, visitque exortum lumina solis,             concepisce, vede il nato le luci del sole.
  Te, Dea, te fugiunt venti, te nubila caeli             Te, Dea, te fuggono i venti, te le nubi del cielo,
  Adventumque tuum, tibi suavis daedala tellus           al tuo arrivo, a te soavi la terra feconda
  Submittit flores, tibi rident aequora ponti,           riporta i fiori, a te ridono le acque del mare
  Placatumque nitet diffuso lumine caelum.               e placato rifulge di luce diffusa il cielo.

La chiusura del passo è un accorato desiderio di pace; un invito struggente rivolto alla Dea
dell’Amore - unica Divinità riconosciuta dall’uomo Lucrezio - antagonista efficace alle violenze ed
ai lutti delle guerre; delle quali Marte esprime l’incoerente, quanto instancabile, voglia umana di
distruzione e di autodistruzione, dibattendosi tutti nel bisogno dell’Amore e nel terrore della Morte.
  Hunc tu, diva, tuo recubantem corpore sancto         Tu Diva, a Lui ripiegato sul santo tuo corpo
  Circumfusa super, suavis ex ore loquellas            Nell’abbraccio, soavi dalla bocca parole
  Funde, petens placidam Romanis, incluta, pacem       Disciogli, chiedendo una placida ai Romani inclita pace

Per quanto in passato molti Critici famosi abbiano spesso elucubrato sulla contraddizione filosofica
intrinseca, espressa da Lucrezio – poeta anti-religioso ed ateo – nel produrre questo accorato
appello ad una Divinità, altrettanto sterile è il pensiero di chi non sa cogliere l’atmosfera pesante ed
opprimente di quella cultura romana militaresca, che adora Divinità costruite ad arte per giustificare
nefandezze umane.
Da questo ambiente irrazionale, turbolento e distruttivo, Lucrezio desidera tirarsi fuori, seguendo gli
insegnamenti terreni del filosofo Epicuro, amato per i buoni e sensati consigli di vita, più che per la
dottrina scientifica, sapendo che l’Arte richiede armonia interna ed esterna, vivendo, sulla propria
pelle, la coscienza che il pensiero razionale e scientifico non basta a frenare istinti umani ferini,
intrisi di religiosità superstiziosa e pretestuosa.

Lo stesso Epicuro, maestro di vita in tono minore, indica e pratica esempi di relazioni umane, al
tramonto di un’epoca belluina; che ha visto Alessandro Magno portare l’ordine militare greco-
macedone in tutto il mondo raggiungibile; e, solo come sottoprodotto, promuovere i veri tesori della
Cultura greca; quella cultura che ha raggiunto l’immortalità, rigenerandosi presso altre genti.
Ma Epicuro rinuncia all’azione e si contenta del suo stare appartato. Lucrezio invece, gigante
imprigionato, si dibatte nella contraddizione (Natura/Cultura) per superarla, e finisce col farsi male
sul piano personale; ma non rinuncia ad indicare la strada maestra, pur sapendo che l’Umanità volge
e volgerà altrove i propri destini. Questo temperamento lo ritroveremo ancora indomito, dopo 19
secoli, in Giacomo Leopardi.

Nell’area mediterranea -dopo Atene, dopo Roma- i tempi storici si dilatano in grandiose
manifestazioni di culture diverse, che si scontrano e si succedono, accomunate dalla fede popolare
in Utopie impossibili, palingenetiche; e dalla violenza dei dominatori, in ansia distruttrice di una
Eternità bramata, ma irragiungibile, portatrice di lutti e dolori.
Per tali motivi infausti nell’Arte e nella Poesia occorre un periodo di tempo enorme -1.300 anni- per
avere un esempio altrettanto fulgido di poesia altissima, che esprimere ancora una volta l’istanza
umana di relazione forte e risolutiva con la Divinità, dopo le brucianti disillusioni di una religione
loquace ma incapace di salvare, di pacificare, di rasserenare gli animi.
In queste vaste circostanze, al culmine del potere imperiale, tramontano gli Dei e sorge il Dio di
Abramo, che in tempi uguali si tripartisce, senza accomunare tre popoli, divisi da tre Utopie ancora
irriducibili. Ci troviamo di fronte ad un passaggio epocale, quando muore Lucrezio. La sua
riflessione filosofica e la sua visione scientifica di lunga durata avrebbe potuto far maturare meglio,
e più efficacemente, quelle sorti magnifiche e progressive dei fedeli – se il loro contenuto religioso
fosse stato vissuto come culmine dell’Umanità e non come passaggio improprio di poteri insensati
alla mediazione malfida della Divinità.

E dunque la cultura biblica prima, ma soprattutto quella cristiana dopo, che ha avuto a disposizione
più di un millennio per esprimersi, si ritrova come prima, peggio di prima, di fronte al silenzio della
Divinità ed al bisogno di tutti di rivolgersi ancora fiduciosi, di pregare un’altra Donna per accedere
alla fonte primaria della ragione di essere dell’Umanità pacificata.

   Vergine madre, figlia del tuo figlio,             Nel ventre tuo si raccese l’amore,
   umile ed alta più che creatura,                   per lo cui caldo ne l’etterna pace
   termine fisso d’etterno consiglio,                così è germinato questo fiore.
   tu se’ colei che l’umana natura                   Qui se’ a noi meridiana face
   nobilitasti sì, che’l suo fattore                 Di caritate, e giuso, intra’ mortali,
   non disdegnò di farsi sua fattura.                se’ di speranza fontana vivace.
   Donna, se’ tanto grande e tanto vali,             In te misericordia, in te pietate,
   che qual vuol grazia e te non ricorre,            in te magnificenza, in te s’aduna
   sua disianza vuol volar senz’ali.                 quantunque in creatura è di bontate.
   La tua benignitate non pur soccorre
   a chi domanda, ma molte fiate                     Or questi, che da infima lacuna ( Dante )
   liberamente al dimandar precorre.                 …….. …..

Umanità incosciente che continuerà a vivere altri cento furori, ma un solo desiderio inappagato.

Se contraddizione va notata, questa riguarda il modo di essere di milioni di persone, che praticano
una vita belluina, e tuttavia teorizzano la tolleranza, la pace, l’amore.
Quando costruiscono i Miti con il loro linguaggio insufficiente, incoerente, incostante si
convincono di avere creato le Divinità giuste, belle, buone; le fanno vivere di una vita divina
autonoma e onnipotente, caricandole infine della responsabilità di non essere, loro, efficaci, a fronte
delle proprie male-volontà.

Forse Lucrezio si sarà illuso anche egli, in qualche momento, ma non c’è incoerenza, se infine
mantiene la rotta indicata dalla ragione pensante, che osserva la Natura con occhio sereno; anche
quella Natura umana, con le sue contraddizioni, ai cui abitanti consegna un messaggio semplice:
non abbiate paura della Morte. Al suo pensiero, alla sensazione del Nulla, che vi impedisce di
vivere bene la Vita, nella felicità dell’essere venuti al mondo.
Non ha ricette, non ha Dei, tanto meno un Dio universale, da proporre per la salvezza e per la
felicità infinita ed eterna. L’unico indizio, che rivela sommessamente il suo animo più profondo, e
da cui dedurre una relazione incerta tra Umanità e Divinità, viene dall’incipit del De Rerum Natura:
ritornare alla Grande Madre, per abitare la Natura, così come era, e come potrebbe essere ancora,
non tanto per giungere ad un Paradiso immaginario, come forse non c’è stato e forse non ci sarà.

Solo qui in questo passo lirico la figurazione di Venere, che assimila e assorbe quella di Marte, per
dissolverla e distoglierla dalla morte, resta la sola concessione ad un pensiero religioso altissimo,
che si esalta nella Poesia, senza protervie dogmatiche del pensiero razionale mistificato, senza
concedersi alle facili illusioni.
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DRN[L1-S003] Una riflessione che rinasce. Sulla Festa della Mamma.                           Testata

Nelle aree a cultura occidentale le festività religiose, dopo il grande rivolgimento illuminista, che ha
introdotto l’era della borghesia laica e liberale, esse hanno continuato a svolgere il ruolo sociale di
costruzione condivisa delle identità sociali; senza peraltro rinunciare a viverle in competizione
tribale.
Nel mondo religioso, che è rimasto in retroguardia fino ai giorni nostri, il proliferare di
Santificazioni e relative Congregazioni, di nuovo conio, mostrano ancora segni evidenti di vitalità
popolare; e non ci sono richiami alla sobrietà o coerenza che tengano: sono occasioni umane, molto
umane, a natura libera, di sentirsi parte di un Cosmo coccolante.
Parimenti nel mondo laico e liberale, le forme omologhe succedanee si sono proposte e – fatte salve
le ritualità militaresche di rango nazionalistico – esse non sono riuscite, come quelle religiose, a
conquistare i cuori inconsci delle genti e delle popolazioni in cammino nella Storia.
La varie ricorrenze però si incrociano sulle strade delle processioni rurali prima, urbane dopo, ed
oggi sulle vie virtuali di INTERNET; campeggiano le schiere oranti delle Divinità rivestite di nuovi
colori, che occultano la perenne, insoddisfatta ricerca dell’eternità. E giocano ai riti, che i tempi e i
modi suggeriscono; oggi la competizione, la concorrenza, il marketing sostituiscono e ibridano le
antiche devozioni.

Così per la Festa della Mamma. Dopo il Natale cristiano - rifacimento di culti pagani -; le varie e
disgregate Pasque di Risurrezione; Feste nazionali; Feste patronali; dei Papà anche, in tono minore;
la Festa della Mamma rinasce sotto mentite spoglie e pochi soggetti vi riflettono su; – generalmente
sono studiosi, più che partecipi – essi si limitano a ripercorrere memorie librarie ed oggi digitali.
E’ la festività più antica; è il ritorno mitico della Grande Madre.
Se non fosse per questa Natura particolare, che ci fa nascere tutti, anche se solo viventi bisessuati,
allo stesso modo. Con un impegno emotivo senza pari; e con altrettanto rischio vitale e sforzo
fisico, da parte della Madre, la nostra Mamma personale; questo avvenimento unico per ognuno di
noi si ripete da milioni di anni, milioni di generazioni. E’ questa unicità, che rigenera vita e mito, a
rendere intenso il legame che abbiamo con la Natura dell’esistere – per il mezzo complesso della
Madre, più che quello piacevole del Padre, al quale si chiede in fondo di procurare risorse. Le
finalità culturali vengono dopo; ed ogni società si è inventata la varietà dei modi, a volte ridicoli, a
volte cruenti, per glorificare eventi di per sè affascinanti, ma lontani dal buon senso e dalla felicità
agognata, sempre traslata alle prossime generazioni.

Per tanti motivi, soprattutto per continuare la riflessione sui valori universali, non quelli che
guardano alla cultura in superficie, ma quelli che desiderano conoscere la natura, nella sua profonda
semplicità, che ho ripreso il tema.
Oggi mi soffermo sulla figura e sulla personalità di Anna Jarvis ( 1864-1948 ). Il tema ricorre :
intuizioni umane, che superano l’individuo gretto, avido e isolante; desiderio di cooperazione
sociale; coerenza e dedizione alla natura delle cose. Sono valori che la polvere della Storia ricopre,
ma non annulla. La sua storia personale è un simbolo della cecità e insensibilità delle generazioni
successive. Salve le poche marginali cerchie (oggi va di moda nominarle così, sul Libro delle
Facce), che riprendono ma non praticano le memorie svanite, sono assenti i motivi fondanti che
hanno portato questa bella figura di Grande Madre a proporre un modo dolcissino di ringraziare la
Vita, ringraziando la propria Madre.
Chi ne vuol sapere di più può andare nelle vaste Mediateche di INTERNET, per capire come una
bella intuizione è finità nei SuperMarket dei produttori furbastri e dei consumatori cretini. I quali
tutti si sentono migliori e innovativi, perché sono On Line; il dito sul Tablet, lo sguardo sul Video,
ma non, il cuore, negli occhi della Mamma.

( segue )

Sulla Maternità. Tra mito e realtà.
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In memoria e onore di Anna JARVIS. La grande madre dei tempi moderni.                                    Testata

Its whiteness is to symbolize the truth, purity and broad-charity of mother love; its fragrance, her
memory, and her prayers. The carnation does not drop its petals, but hugs them to its heart as it
dies, and so, too, mothers hug their children to their hearts, their mother love never dying. When I
selected this flower, I was remembering my mother’s bed of white pinks.

Il suo candore simboleggia la verità, la purezza e la grande carità, dell’amore materno; il suo
profumo, la sua memoria e le sue preghiere.
Il garofano non perde i suoi petali, ma li stringe al suo cuore morendo; e così, anche, le madri
abbracciano i loro figli ai loro cuori, il loro amore di madre non muore mai.
Quando ho scelto questo fiore, stavo ricordando il letto di mia madre, di rose bianche.

Cit. [Anna JARVIS]
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Per una biografia minimale, in Lingua Italiana, ho trovato questo LINK.
Fonte : NATIONAL GEOGRAPHIC – Italia. Bryan HANDWERK. 10 maggio 2014.

L'11 maggio, come ogni seconda domenica del mese, si celebra in Italia e in diversi paesi del mondo la
Festa della Mamma. Nata oltre un secolo fa negli Stati Uniti, la ricorrenza ha una storia bizzarra e meno
"festosa" di quanto si possa pensare: in origine infatti era una giornata di lutto per le madri che avevano
perso i figli in guerra. E Anna Jarvis, la donna che più di tutte aveva propugnato l'adozione della festa,
combattè per tutta la vita contro la sua deriva commerciale, morendo sola e senza un soldo in un ospizio.

Tutto ha inizio in West Virginia negli anni Cinquanta dell'Ottocento: Ann Reeves Jarvis, madre di Anna, cominciò
a organizzare club di donne impegnate nel miglioramento delle condizioni igieniche e nella lotta alle malattie e
alla mortalità infantile. Questi gruppi, spiega la storica Katharine Antolini del West Virginia Wesleyan College, si
occuparono anche dell'assistenza ai soldati feriti durante la Guerra civile americana, tra il 1861 e il 1865.

Nel dopoguerra furono organizzate "Giornate dell'amicizia tra madri" e altri simili eventi pacifisti per
promuovere la riconciliazione tra gli ex nemici. Un'attivista, Julia Ward Howe, pubblicò con grande successo un
"Mother's Day Proclamation" ("Proclama per il Giorno della Madre") in cui invitava le donne a impegnarsi in
politica soprattutto a favore della pace. Nel suo Stato, Ann Jarvis lanciò un "Mother's Friendship Day" per i reduci
degli eserciti che si erano combattuti. Ma fu soprattutto sua figlia Anna a battersi per istituire una vera e propria
festa, salvo poi passare il resto della vita a osteggiarla.
Anna Jarvis non ebbe mai figli suoi; fu la morte di sua madre, nel 1905, a spingerla a organizzare il primo
Mother's Day su scala nazionale. Avvenne il 10 maggio 1908: furono tenute cerimonie a Grafton, in West Virginia,
luogo natale di Jarvis, in una chiesa oggi chiamata International Mother's Day Shrine ("Tempio della Festa
internazionale della Mamma"); a Philadelphia, dove Jarvis viveva, e in diverse altre città americane. Negli anni
seguenti l'appuntamento riscosse sempre più successo, finché, nel 1914, il presidente americano Woodrow
Wilson destinò ufficialmente la seconda domenica di maggio alla celebrazione della festività.

"Per Jarvis doveva essere una giornata da passare con la propria madre per ringraziarla di tutto ciò che aveva
fatto", spiega Antolini, che ha dedicato al tema la sua tesi di dottorato. "Non era la festa di tutte le mamme, era la
festa della migliore mamma che ciascuno di noi avesse mai conosciuto: la propria". Ecco perché Jarvis insisteva
che se ne parlasse al singolare: "Mother's Day", non "Mothers' Day" (Festa della Mamma, non "delle mamme").

Ma agli occhi di Jarvis il successo si trasformò in fallimento. Quella che doveva essere una giornata da trascorrere
nell'intimità della famiglia diventò presto un'occasione d'oro per incentivare l'acquisto di fiori, dolci, biglietti
d'auguri. Anna ne fu profondamente infastidita, e cominciò a dedicare tutta se stessa (e la sua non trascurabile
eredità) al compito di riportare la Festa alle origini. Fondò la Mother's Day International Association per
riprendere il controllo delle celebrazioni; organizzò boicottaggi, minacciò cause legali e attaccò persino la First
Lady Eleanor Roosevelt e le sue iniziative di beneficenza organizzate nel giorno della festa.

"Nel 1923 Anna fece irruzione a un congresso di produttori di dolciumi che si teneva a Philadelphia", racconta
Antolini. "Due anni dopo si ripeté al congresso delle American War Mothers, un'associazione che esiste tuttora,
che nel giorno della Festa della Mamma vendevano garofani per raccogliere fondi. Anna fece irruzione nella sala
e fu arrestata per disturbo della quiete pubblica".

Anna Jarvis continuò a combattere per la "sua" festa almeno fino ai primi anni Quaranta. Morì nel 1948, a 84
anni, in un ospizio di Philadelphia, senza un soldo e afflitta da demenza senile. "Avrebbe potuto approfittare della
sua invenzione se avesse voluto", commenta Antolini, "ma invece continuò a combattere contro chiunque ne
approfittasse. Per questa battaglia diede tutto ciò che aveva, sia dal punto di vista fisico che da quello
economico".

La Festa del Consumo
Oggi naturalmente la vocazione commerciale della Festa della Mamma è più viva che mai. Secondo la National
Retail Federation - l'associazione dei rivenditori al dettaglio - quest'anno gli americani spenderanno in media
162,94 dollari per celebrarla, un piccolo calo rispetto al record di 168,94 dollari stabilito l'anno scorso. Per la
National Restaurant Association è il giorno dell'anno preferito dagli americani per andare a mangiare fuori. È la
terza occasione per lo scambio di biglietti e cartoline d'auguri, dopo Natale e San Valentino: Hallmark, il noto
produttore, ne vende ogni anno 133 milioni. Dopo Natale, è il giorno dell'anno in cui gli americani si fanno più
regali.

Dagli Stati Uniti la ricorrenza si è diffusa in tutto il mondo, anche se con sfumature di significato e di entusiasmo
diverse. Molti paesi festeggiano la seconda domenica di maggio, tra cui l'Italia, dove la ricorrenza fu "importata" a
partire dagli anni Cinquanta. Le cronache raccontano che una delle prime celebrazioni si tenne a Bordighera,
zona non a caso famosa per la coltivazione di fiori freschi.

In gran parte del mondo arabo la Festa della Mamma si celebra il 21 marzo, in coincidenza con l'inizio della
primavera. A Panama è l'8 dicembre, quando la Chiesa festeggia l'Immacolata Concezione di Maria, la mamma
per eccellenza; in Thailandia il 12 agosto, compleanno della regina Sirikit, sul trono dal 1956 e considerata la
mamma di tutti i thailandesi.

Una parziale eccezione è la Gran Bretagna, dove la tradizione della cosiddetta Mothering Sunday risale a diversi
secoli fa. Fissata per la quarta domenica di Quaresima, la ricorrenza in origine era dedicata non alle mamme ma
alle "chiese madri": era infatti una giornata di primavera in cui i fedeli andavano a visitare la loro cattedrale. Solo
con il tempo la tradizione ha finito per sovrapporsi con la Festa della Mamma così come si festeggia nel resto del
mondo.

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DRN[L1-S003] Maternità. Tra mito e realtà.                                             Testata

La letteratura su questo tema è immensa. Corrisponde ad un deposito culturale che riguarda uno
Spazio-Tempo antropologico di scala planetaria. Così come i flussi di comunicazione sul tema si
intrecciano e si fecondano a vicenda; dopo l’avvento della tecnologia della Stampa e, di recente,
della Rete WEB; a seconda del prevalere dei modelli di organizzazione sociale.
La facilità della diffusione del pensiero autore e dell’accesso alla scolarizzazione in Occidente,
coinvolge direttamente larghe popolazioni femminili. In presenza di culture che altrove sono
rimaste ferme a stadi evolutivi già vissuti da millenni nelle aree occidentali, e che oggi sono
considerati superati, o quanto meno poco praticati.
Dal matriarcato dei primordi al patriarcato attuale, che nell’area occidentale vive una crisi epocale,
a causa del prevalere, sui modelli storici evolutivi precedenti, dei temi dell’emancipazione e della
liberazione sociale coniugata al femminile. Si ibridano scuole di pensiero che non garantiscono
uniformità di azione, piuttosto rimescolano modelli e comportamenti di vita, dove resta ancora
compressa ed inespressa la potenzialità di una vita emozionale che meriterebbe molto di più.
Questo aspetto diviene focalizzato in modo sghembo quando, sulla prospettiva di una possibile
evoluzione ulteriore futura, si inseriscono due istanze contrapposte e fuori da qualche sintesi
dialettica prevedibile :
    1. Le dinamiche sociali di trasformazione sociale ( dalle lotte rivoluzionarie, alle convenienze
        socio-economiche ) hanno precostituito una base di rappresentanza per le donne, che le vede
        protagoniste molto più che nel passato; ma non ne qualifica la direzione di autonomia e
        creatività.
    2. In contrapposizione, un retaggio patriarcale di resistenza e conservazione di privileggi, su
        base fisiologica e psicologica, impediscono ovvero alterano l’affermarsi delle politiche di
        parità giuridica e di equità sociale; tanto meno di autenticità relazionale.
Le forme del conflitto di genere assumono inoltre le caratteristiche di una strategia relazionale e
sociale che cambia nel tempo, oltre che nello spazio culturale: dall’esercizio della forza brutale, alla
seduzione con interscambio di illusione/disillusione rispetto ai valori attesi.

Argomento più complesso è il rapposto fisiologia/psicologia che risente – in Occidente, più che
altrove – del portato culturale di modelli normativi autostrutturati; sistemi di rappresentanza ed
esercizio del potere, che hanno plasmato millenni di trasformazioni radicali: religioni, costituzioni,
rivoluzioni. Processi ancora in atto che lasciano poche energie alle istanze di riequilibrio e che
impegnano invece potenziali emotivi enormi, nella lotta per l’esistenza e per l’accesso alle risorse.
Questo ultimo aspetto è ancora il vero limite fisico, oltre che fisiologico, per un dispiegarsi delle
politiche al femminile; dove sia lasciato libero corso alla creatività di genere, dovendosi – da parte
delle donne – conciliarsi il tempo di vita per la riproduzione con il tempo di vita qualificata per
l’organizzazione sociale. In un regime di competizione - ed il modello libertista-borghese ne
magnifica le risultanze falsamente positive - la componente sociale femminile ne resta limitata,
quando non impedita, salvo accettare il ruolo di dedizione subalterna al modello maschile finora
attuato. Ed in qesto orizzonte le culture tradizionali hanno una inerzia di sistema che si accresce
nella resistenza al mutamento, anche quando la componente femminili ambiguamente ne accetta i
vantaggi, soprattutto se provengono dal confronto tra classi.
Basta guardare all’Italia dell’ultimo ventennio per capire quanto falsamente progressiva sia la
rappresentanza femminile, che accetta il potere economico, espresso in spreggio alla pari dignità
relazionale; a fronte della subalternità economica subità da tantissime altre donne, che non riescono
ad accedere alle risorse, se non al prezzo del sacrificio individuale alla realtà dei modelli
precostituiti, propagandati da miti mistificanti. Sarà un caso che l’oggettiviazione dei desideri
sessuali maschili si attua nella propaganda veicolata dalla “bellezza” femminile esaltata per il
consumo “altro”, non tanto per l’accrescimento culturale ed emozionale. Doppia mitizzazione di
genere che impedisce ogni crescita civile ed umana.

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