Cina, India, Bangladesh e Myanmar: il futuro correrà lungo la Stilwell Road? - ISPI
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N. 11 - MAY 2010 Stefano Caldirola Abstract Cina, India, Bangladesh e Myanmar: il futuro correrà lungo la Stilwell Road? The BCIM Forum (Bangladesh, China, India, Myanmar) has attempted to link the plans of the Chinese Government for the development of the South-Western backward Gli ultimi dati relativi all’attuale livello di crescita delle economie asia- Provinces, notably Yunnan, to tiche e alla capacità di ripresa dei paesi della regione ci danno alcuni India's “Look East Policy”. spunti di notevole interesse: da un lato le due principali economie Centuries ago Bengal, Northeast emergenti, quella cinese e quella indiana, sembrano ormai avere India, Myanmar and Yunnan were superato la crisi e avere imboccato livelli di crescita vicini a quelli del more integrated politically and periodo precedente la recessione; dall’altro il permanere di una forte economically than they are today. contrazione dei consumi negli Stati Uniti, in Europa e in Giappone ha After World War II territorial contribuito ad accelerare un fenomeno già presente da almeno un controversies and militancy on all decennio, ovvero il progressivo aumento degli scambi commerciali the sides of the post-colonial borders have made it difficult for tra i paesi della cosiddetta Emerging Asia, in particolare tra Cina e people and goods to move freely India. I dati relativi agli scambi e la prospettiva di un ulteriore aumen- within this macro-region and have to dei commerci tra i due paesi nel prossimo futuro, ci spinge a ri- undermined political relations prendere in considerazione un progetto nato 11 anni fa e che allora between the four countries. To aveva suscitato grandi speranze ma che ha fino a oggi è proceduto revive landlocked areas that once a strappi: si tratta della realizzazione di un collegamento via terra tra used to bee linked by the southern Silk Route (which was called Cina e India in grado in futuro di consentire il passaggio di persone e Stilwell Road during World War II), merci direttamente dalle provincie meridionali cinesi all’India orienta- the so-called “Kunming Initiative” le e viceversa. L’apertura di questa via di comunicazione è necessa- was signed in 1999. ria e probabilmente inevitabile in un prossimo futuro, eppure si scon- After more than ten years, this tra con diversi problemi, tra cui le irrisolte dispute di confine tra India project seems to be at a stage of a e Cina, l’instabilità di alcune regioni indiane e i timori da parte di deadlock, mainly because of the Delhi di un aumento indiscriminato di afflusso di merci cinesi nel recent cooling in India-China paese. relations. It is possible however that the common interests in È a mio avviso di estremo interesse analizzare l’attuale stato di a- opening an overland itinerary vanzamento del processo della futura apertura di un canale di co- between Kunming and Kolkata municazione via terra tra Cina e India in grado di influenzare in mo- could renew the dialogue between do decisivo anche il futuro dei paesi confinanti, in primis Bangladesh the two countries. e Myanmar. La Kunming Initiative Stefano Caldirola insegna Storia contemporanea dell’Asia all’Università degli Studi di Bergamo Il 17 agosto del 1999, al termine di una conferenza tenutasi nella e Traduzione specialistica di Lingua città di Kunming, capoluogo della provincia cinese dello Yunnan, hindi all’Università degli Studi di veniva annunciata con grande enfasi la nascita del “Forum Bcim”. Milano. È Responsabile Ricerche e L’acronimo Bcim nasce dalle iniziali dei quattro paesi che hanno Formazione per la Camera di Com- lanciato la cosiddetta Kunming Initiative, ovvero Bangladesh, Cina, mercio Indiana per l’Italia (Icci).
2 ISPI - Analysis India e Myanmar. L’accordo costitutivo ha portato alla creazione di un Forum che si è riunito dal 2000 al 2007 con cadenza annuale 1 . Nel Forum erano presenti rappresentanti istituzionali ed esponenti del mondo accademico, scientifico e imprenditoriale del Bangladesh e del Myanmar; i governi locali delle aree sud-occidentali della Repubblica Popolare Cinese, vale a dire due Regioni Autonome (Tibet e Guanxi), tre provincie (Yunnan, Ghizou e Sichuan) e una municipalità (Chongqing); i sette stati indiani della North East Region (Ner), vale a dire Arunachal Pradesh; Assam; Manipur; Meghalaya; Mizoram; Nagaland; Tripura. La creazione di questo Forum rappresentava indubbiamente un’interessante novità, carica di aspettati- ve da parte dei soggetti firmatari dell’accordo, ed era ispirato dal successo di esperimenti simili di inte- grazione regionale sviluppatisi nell’area del sud-est asiatico tra gli anni ’70 e ’90 del XX secolo 2 . L’idea era quella di rivitalizzare i collegamenti commerciali della tradizionale “via della seta meridionale” e razionalizzare lo sfruttamento delle risorse economiche delle regioni interessate, al fine soprattutto di creare un corridoio tra le regioni dell’India nord-orientale e quelle della Cina sud-occidentale. In en- trambi i casi si tratta di realtà periferiche e piuttosto arretrate dal punto di vista socio-economico rispetto alla media dei due paesi. Si pensava quindi che fosse di interesse comune favorire l’integrazione tra queste due realtà e gli stati confinanti di Myanmar e Bangladesh, anch’essi tra i meno sviluppati del continente asiatico e desiderosi di partecipare in qualche modo alla fase di sviluppo dei loro due potenti vicini. Questa integrazione rappresentava inoltre il tentativo di rivitalizzare gli scambi tra regioni stori- camente legate, in cui esistevano in passato importanti vie di comunicazione e contatti commerciali, interrotti in seguito alle vicende politiche del XX secolo 3 . “Look east” e “go west” si incontrano Diversi analisti si sono interrogati sulle ragioni che avrebbero spinto i quattro paesi firmatari dell’accordo di Kunming a fare un primo passo nella direzione di un progetto futuro di creazione di una macroregione economica 4 . In parte vi sono delle ragioni comuni a tutti gli attori in campo: i paesi asiatici 1 Il Forum è stato ospitato due volte a Kunming, Delhi e Dhaka, e una volta a Yangon. Dopo il 2007 di fatto il Forum non si è mai più riunito, soprattutto a causa dell’opposizione indiana alla creazione di un organismo permanente. Nel 2008 e nel 2009 il Forum Bcim è stato sostituito da due conferenze a Kunming e Kolkata sulla possibile creazione di un corridoio K2K (Kunming to Kolkata), le cui finalità coincidono in parte con quelle del Bcim. 2 A proposito degli esempi cui si ispira la Bcim, M. Rahman, H. Rahman e W. B. Shadat ne citano tre: il “Southern China Growth Triangle”, nato nel 1978 e comprendente le province costiere cinesi di Guandong e Fujian, l’isola di Taiwan e Hong Kong, all’epoca ancora colonia britannica, il Sijori (acronimo di Singapore, Johor e Riau), creato nel 1989 per integrare le economie e lo sviluppo industriale e infrastrutturale di Singapore con le confinanti province malesi ed indo- nesiane (il Sultanato di Johor e l’arcipelago delle Riau) e infine il Gsm (“Greather Mekong Subregion”) creato nel 1992 per iniziativa dell’Asian Development Bank, e che comprende la provincia cinese dello Yunnan, il Vietnam, il Laos, la Cambogia, la Thailandia e il Myanmar. M. RAHMAN - H. RAHMAN - W.B. SHADAT, BCIM Economic Cooperation: Prospects and Challenger, Centre for Policy Dialogue, 2007, Dhaka. 3 La via di comunicazione che lega le regioni dell’India nord-orientale allo Yunnan (e quindi al resto della Cina) era già utilizzata dalle carovane nel IV secolo a.C. Si trattava di una variante meridionale della famosa via della seta, che con- giungeva il Mediterraneo orientale alla Cina. Da quel momento sino alla conquista britannica dell’Assam, il collegamento rimase aperto, anche se risentì periodicamente della tipica instabilità delle regioni di confine. Già nella prima metà del XIX secolo i britannici, impegnati nel lucroso contrabbando di oppio verso la Cina, si interessarono alla costruzione e all’ampliamento di infrastrutture di collegamento tra il Bengala e lo Yunnan, considerato la porta meridionale per il merca- to cinese, oltre a una valida alternativa al porto di Canton. Nel corso del secondo conflitto mondiale questa via di comu- nicazione divenne di vitale importanze per fare arrivare aiuti e armi all’esercito nazionalista cinese di Chiang Kai Shek, soprattutto dopo la conquista giapponese della Birmania e l’interruzione della “Burma Road” nel 1942. Durante il conflitto la “Ledo Road” venne ribattezzata “Stilwell Road” dal nome dell’ufficiale americano al comando dei reparti alleati di stan- za nella regione. La strada venne utilizzata fino alla metà degli anni ’50, quando l’India iniziò a restringere i permessi al transito di uomini e merci verso la Birmania come ritorsione per lo scarso impegno mostrato dalle forze armate birmane nell’opporsi agli sconfinamenti di alcuni gruppi ribelli. 4 Si veda: T. RAHMAN - M. ALI AMIN, Prospects of Economic Cooperation in the Bangladesh, China, India and Myan- mar Region, Asia Pacific Research and Training Network, Bangkok, 2009 e J. KUMAR RAY - P. DE, India and China in an Era of Globalisation: Essays on Economic Cooperation, Delhi 2005.
ISPI - Analysis 3 mostrano a partire dai primi anni ’90 la volontà di stringere legami sempre più stretti tra loro, superando in nome del commercio e dell’ottimizzazione dello sfruttamento delle risorse energetiche e naturali tra- dizionali steccati e barriere di natura politica. Una crescita degli scambi all’interno dell’area presenta indubbi vantaggi di natura strategica, oltre che commerciale. La diminuzione della dipendenza dai traffi- ci commerciali con i paesi “occidentali” può favorire anche una maggiore autonomia politica. Questo può essere vero soprattutto nel caso dei paesi più piccoli e meno influenti sul piano internazionale, che da una diminuzione della dipendenza dalle esportazioni e dall’attrazione di investimenti da Stati Uniti ed Europa guadagnerebbero libertà d’azione sia sul piano della politica interna sia su quello della politica estera. Il caso del Myanmar da questo punto di vista può essere considerato paradigmatico. Il fatto che i maggiori investitori nel paese siano ormai cinesi e indiani (insieme ai thailandesi), ha contribuito a depotenziare notevolmente le pressioni portate avanti dall’Unione europea e dagli Stati Uniti nei con- fronti della giunta militare relativamente al mancato rispetto dei diritti umani e alla repressione delle proteste di piazza. Vi sono però anche motivazioni specifiche che hanno spinto ciascuno dei protagonisti a impegnarsi nello sviluppo della Kunming Initiative. Andiamo ad analizzarle nel dettaglio. Occorre iniziare dall’India poiché è proprio Delhi che costituisce la principale novità all’interno di accordi che vedono coinvolta la Cina. Infatti Pechino ha già sottoscritto accordi bilaterali di una certa rilevanza con gli altri due attori in campo, Myanmar e Bangladesh, che sono oggi due paesi che possono essere in diverso modo condotti all’interno di un’orbita di influenza economica e politica cinese. La leadership indiana invece mantiene un atteggiamento ondivago rispetto alla possibilità di portare avanti un progetto di maggiore integrazione regionale con gli stati vicini. Questo atteggiamento è figlio soprattutto dei difficili rapporti con Pechino. Nel 2006 l’India sembrava ormai avere imboccato con decisione la strada del sostegno all’iniziativa del Forum Bcim, con una serie di contatti con la leadership cinese, culminati nella decisione, importante anche da un punto di vista simbolico, di aprire un Consolato Generale a Kunming (in precedenza tutta la Cina sud-occidentale rientrava sotto la giurisdizione del Consolato di Guangzhou). A partire dal 2008 però i rapporti tra Delhi e Pechino si sono raffreddati 5 . Secondo l’analista B. Raman: «nella società civile indiana la sfiducia verso la Cina è molto più profonda perfino di quella nutrita nei confronti del Pakistan» 6 . Sullo sfondo vi sono le questioni irrisolte di sempre: il problema dei confini, l’ospitalità che l’India continua a concedere al governo tibetano in esilio, il supporto diplomatico e militare cinese nei confronti del Pakistan. Di queste questioni si è molto discusso e non è il caso di trattarle in questa sede. Occorre solo accennare al fatto che negli ultimi mesi i motivi di dissidio si sono aggravati. A questi storici problemi irrisolti si è aggiunta negli ultimi anni a Delhi una sorta di sindrome d’accerchiamento a causa dell’ascesa del vicino cinese. La crescente presenza politica ed economica (in alcuni casi perfino militare) cinese in paesi che l’India considera parte integrante della propria sfera di influenza (Myanmar, Bangladesh, Sri Lanka, ultimamente le Maldive) si va ad aggiungere alla tradi- zionale amicizia sino-pakistana. Lo sviluppo dei porti di Sittwe in Myanmar, di Hambantola in Sri Lanka e di Marao nelle Maldive, unito alla forte, sebbene non esclusiva, presenza cinese nel porto di Gwadar, nel Baluchistan pakistano 7 , ha creato un timore di accerchiamento proprio in quello che Delhi considera una sorta di “Mare Nostrum”, ovvero l’Oceano Indiano, e fa propendere la leadership indiana per un atteggiamento quantomeno sospettoso nei confronti delle mire di Pechino. 5 Le relazioni tra i due paesi hanno proceduto “a strappi” almeno dai primi anni ’90, quando è stata inaugurata una fase che potremmo definire di “disgelo”, a seguito di una lunga stagione di contrapposizione iniziata all’indomani della breve guerra del 1962. Le aperture hanno inaugurato una fase di moderato ottimismo, anche se siamo lontani anni luce da ciò che alcuni politici e analisti indiani avevano auspicato, ovvero una sorta di riedizione dello slogan “hind chini bhai bhai” (che letteralmente significa “gli indiani e i cinesi sono fratelli”, coniato negli anni ’50 e presto abbandonato dopo il 1962). 6 B. RAMAN, Obama Failure to Understand Indian Distrust of China, in «South Asia Analysis Group», November 19, 2009. 7 Nello sviluppo del porto di Gwadar la Cina ha un ruolo di primaria importanza. Non vanno sottovalutati però gli investi- menti operati a Gwadar dagli stati del Golfo Persico, in particolare Oman ed Emirati Arabi Uniti, interessati a ritagliarsi un ruolo nello sviluppo di quella che potrebbe diventare la porta aperta sull’Oceano Indiano per l’intera Asia centrale e per la Cina occidentale.
4 ISPI - Analysis I diversi fattori indicati pocanzi farebbero pensare a un raffreddamento generale dei rapporti tra i due paesi e quindi alla modifica dell’atteggiamento di apertura mostrato in passato dalla leadership indiana nei confronti della Cina. È necessario però tenere presente che la politica indiana si struttura su più livelli, prodotto soprattutto della struttura federale dello stato e della situazione complessa degli equilibri etnico-regionali. La politica estera è ovviamente competenza del governo centrale che si muove su uno scacchiere complessivo e tiene conto di diversi fattori. Esiste però in India anche un importante “livello locale” costituito dalla politica degli stati federati. Questi ovviamente non hanno poteri di dettare l’agenda diplomatica ma possono operare pressioni sul governo federale per cercare quantomeno di correggere le linee generali in politica estera. Occorre in questo caso considerare almeno 9 stati che hanno un particolare interesse nella creazione di una futura area di integrazione economica con la Ci- na 8 , in primis i 7 stati della già citata North Eastern Region (Ner). La loro posizione geografica rende difficili gli scambi con il resto dell’India 9 e il fatto di trovarsi in una posizione periferica, aggravata dalla decennale chiusura dei confini con Cina e Myanmar, ha indubbiamente pesato molto sul loro svilup- po 10 . La leadership politica indiana è ben conscia dell’arretratezza della regione e della necessità di venire incontro alle esigenze delle élite locali. Non a caso Manmohan Singh, ha in più occasioni (l’ultima nel corso della sua visita ufficiale in Arunachal Pradesh nel febbraio di quest’anno) dichiarato che lo sviluppo degli stati del nord-est sarà una delle priorità assolute del suo governo 11 . Il governo federale è ben conscio del fatto che solo lo sviluppo economico delle “sette sorelle” della Ner potrà in qualche modo depotenziare le spinte indipendentiste tradizionalmente presenti nella regione. Un tempo questi movimenti armati autonomisti o indipendentisti erano limitati agli stati situati al confine con la Birmania: Mizoram, Manipur e Nagaland. Oggi movimenti armati hanno messo radici nel cuore stesso della regione, l’Assam, in cui alle tradizionali divisioni di natura etnico-tribale si sono sommati problemi dovuti al rapido cambiamento demografico causato dall’immigrazione di contadini affamati di terre dalle regioni più povere dell’India settentrionale e dal Bangladesh 12 . È evidente come il governo indiano debba in qualche modo favorire lo sviluppo della regione per stabilizzarla e per assicurarsi il supporto delle élite locali evitando così un rafforzamento eccessivo dei movimenti guerriglieri. L’interesse indiano nell’investire nel porto di Sittwe in Myanmar (in cui vi è già una forte presenza cine- se) risponde proprio all’esigenza di dare agli stati del nord-est uno sbocco al mare, rendendoli in qual- che modo indipendenti rispetto ai lontani porti di Kolkata e Haldia, nel Bengala occidentale. C’è un altro motivo che spinge l’India a considerare importante l’instaurazione di buoni rapporti con i vicini orientali. Il territorio di Myanmar e Bangladesh ha costituito a partire dagli anni ’50 il retroterra strategico delle insurrezioni Mizo e Naga, e Delhi ovviamente vuole evitare che questo possa accadere di nuovo. Preoccupazioni simili sono condivise dal Myanmar, che deve fronteggiare il potenziale riac- cendersi di rivolte di confine da parte di Kachin e Arakanesi, e in misura minore dal Bangladesh (per via del potenziale separatismo delle popolazioni non musulmane e non bengalesi della regione denominata Chittagong Hills Tracts). Questa intricata situazione etnico-tribale potrebbe in qualche modo favorire 8 Ai sette stati citati in precedenza occorre aggiungere il Sikkim e soprattutto il Bengala occidentale. Quest’ultimo guarda da sempre alla Cina con grande attenzione, non solo per il fatto di essere lo stato più popoloso e importante dell’India orientale, ma anche per il ruolo di predominio esercitato fino ad oggi dal Pci(M), Partito Comunista Indiano Marxista, al governo dal 1968 (con brevi periodi di interruzione). 9 Basti pensare che la Ner, mentre condivide ben 2.000 km di confini con altre nazioni (Bangladesh, Cina, Myanmar, Bhutan e Nepal) è unita al resto dell’India da un lembo di terra molto stretto (il “corridoio di Siliguri”, detto anche “chi- cken’s neck”) largo tra un minimo di 21 e un massimo di 40 km. 10 Oggi il nord-est è una delle aree più arretrate in assoluto del subcontinente indiano. Secondo uno studio del 2007 nella Ner si contavano 15 milioni di persone al di sotto della soglia di povertà su una popolazione complessiva di 38 milioni (il 39% del totale, una percentuale superiore a quella nazionale che si attesta oggi al 23%). 11 L’occasione più importante in cui è stato annunciato l’impegno del governo a favore dello sviluppo della Ner è stata la pubblicazione nel giugno del 2009 del North Easter Region Vision 2020, un documento di 663 pagine in cui vengono delineate le linee guida per gli investimenti federali nella regione. 12 È impossibile fornire stime sul numero di migranti presenti oggi in Assam. Questo è vero soprattutto per gli immigrati provenienti dal Bangladesh, che sono spesso privi di documenti e non sono distinguibili dalla minoranza bengalese residente da secoli nella regione. Tra gli immigrati provenienti da regioni dell’India settentrionale la maggioranza è costi- tuita da cittadini originari del Bihar.
ISPI - Analysis 5 una forma di dialogo regionale, senza cui sarebbe difficile dare una soluzione definitiva a una serie infinita di tensioni e conflitti spesso intrecciati tra loro. Vi è poi un terzo fattore da tenere in considerazione, ovvero quello economico e commerciale. Delhi guarda oggi con grande interesse soprattutto ai mercati del sud-est asiatico. La “Look East Policy” for- mulata a partire dai primi anni ’90 dal governo di Narasimha Rao (e in seguito ripresa dal governo Va- jpayee, nonostante il differente orientamento politico), consiste nella creazione di rapporti di scambi privilegiati tra India e paesi del sud-est asiatico. Questa posizione dovrebbe favorire da un lato una minore dipendenza dell’India dagli scambi con Usa e Ue, dall’altro una maggiore autonomia in termini di rifornimenti energetici (occorre considerare che oggi oltre il 70% del fabbisogno di petrolio dell’India viene importato, principalmente dai paesi del Golfo Persico). Questa maggiore autonomia potrebbe essere ottenuta attraverso accordi sullo sfruttamento di giacimenti petroliferi e di gas naturale con Indo- nesia, Brunei, Malaysia e (soprattutto) Myanmar 13 . Nel complesso però Delhi mostra ancora molte resistenze all’apertura di un dialogo a tutto campo sulla creazione della macro-regione Bcim. Queste resistenze si sono manifestate in particolare nell’obiezione a dare una struttura permanente vera e propria al Forum, che è alla base della situazione di empasse in cui si trova il Bcim oggi. Secondo P.V. Indiresan però alla lunga Delhi non potrà ignorare i vantaggi che potrebbero derivare ad alcune aree del paese, e di conseguenza alla nazione tutta, dall’apertura dei confini con i vicini orientali, a partire dalla Cina: «There are powerful reasons why India should maintain the status quo and keep its northeastern borders closed. However, there are even stronger reasons for opening these borders» 14 . Ora occorre considerare la posizione cinese. Va detto che anche Pechino guarda con grande attenzio- ne a un processo di progressivo aumento degli scambi commerciali con l’Asia meridionale, preludio a un’estensione dell’influenza cinese su tutti i paesi vicini. Questo progressivo aumento di influenza è già evidente oggi sia in Myanmar sia in Bangladesh (oltre che in Sri Lanka, Nepal e, ovviamente, Pakistan). La Ner è invece di fatto l’unica tra le regioni che confinano con la Cina a essere completamente chiusa per Pechino sia dal punto di vista commerciale sia da quello dello sfruttamento delle materie prime. E questo nonostante le vie di comunicazione tra la Ner e le regioni di Yunnan e Tibet siano facilmente percorribili e la maggior parte dei centri urbani della regione siano più vicini a Kunming di quanto lo siano a Kolkata. Inoltre le materie prime di cui la regione è ricca (uranio, gas, legname, petrolio, pietre preziose) fanno indubbiamente gola a Pechino. La Ner però è una regione “chiusa” per i cinesi fin dall’epoca della guerra del 1962. Proprio in questa regione vi è il nodo principale di quella che è la più importante questione sul tavolo dei negoziati tra India e Cina: la sovranità sull’Arunachel Pradesh e in particolare sulla regione di Tawang, che Pechino rivendica in quanto parte integrante del Tibet. La ri- vendicazione cinese su questo territorio è datata e non può essere considerata una novità, ciò nono- stante alcune affermazioni del 2008 da parte dell’ambasciatore cinese a Delhi sono state vissute dal governo e dall’opinione pubblica indiana come provocatorie e hanno contribuito in modo decisivo a “congelare” il dialogo sui confini e sull’eventuale riapertura di valichi tra la Ner e il Tibet. Il nodo da risol- vere per la Cina al fine di garantirsi un accesso alle risorse della Ner è quindi la soluzione dei problemi dei confini, come pre-requisito per garantire un allargamento dell’influenza cinese nell’area. Le questio- ni sul tavolo qui si intrecciano, in quanto sul monastero di Tawang, importante centro religioso del bud- dismo tibetano, incombono due problematiche diverse ma fortemente interconnesse: quella dei confini mai riconosciuti ufficialmente e la questione tibetana. Pechino è però impegnata in un ambizioso e strutturale processo di estensione geografica dello svilup- po industriale del paese. Si tratta della politica “Go West”, annunciata nel 2000 come tentativo di bilan- 13 Una delle conseguenze più importanti della “Look East Policy” fu, non a caso, un repentino cambiamento di politica nei confronti delle giunte militari succedutesi in Myanmar a partire dal 1962. Prima del 1993 l’India aveva mantenuto rapporti piuttosto tesi con Yangon, dovuti soprattutto al sostegno fornito da Delhi al movimento birmano per la democrazia. A partire dal 1993 invece l’India si è progressivamente avvicinata alle posizioni del regime birmano, riducendo il suo soste- gno al movimento di opposizione. 14 P.V. INDIRESAN, The Kunming Initiative, in «Frontline», April 2000.
6 ISPI - Analysis ciare uno sviluppo troppo localizzato lungo le aree costiere e favorire quindi l’industrializzazione e l’aumento dei redditi delle zone più interne e arretrate. Lo sviluppo delle aree più remote e povere del paese passa anche dall’apertura di nuove vie commerciali e dalla disponibilità per le aree arretrate di risorse minerarie e naturali 15 . Questo è particolarmente vero nel caso di Tibet e Yunnan, due tra le realtà più arretrate della Cina. Entrambe sono relativamente isolate geograficamente e complessiva- mente povere. Sono due delle regioni su cui Pechino intende concentrare gli sforzi futuri per bilanciare lo sviluppo economico del paese. Lo Yunnan si è già messo in moto, favorito dalla posizione geografica che lo rende centro della maggior parte degli scambi, in forte crescita, tra la Cina e i paesi dell’Asean. A Kunming si inizia a guardare anche a sud-ovest, verso il Bangladesh e la Ner, con in futuro la prospetti- va di ampliare il mercato per le merci “made in Yunnan” anche al popoloso Bengala occidentale. Sa- rebbe la consacrazione della creazione del corridoio K2K (Kunming to Kolkata), un progetto caldeggiato con vigore dalle leadership locali da entrambe le parti dei confini 16 . Per quanto concerne il Tibet la situazione appare diversa. Qui un ruolo fondamentale viene giocato dalle diatribe con l’India relative ai confini e all’ospitalità concessa al Dalai Lama e al suo governo in esilio. Si tratta di tematiche conosciute su cui non vale la pena ritornare. È più interessante a mio avvi- so aggiungere come la difficoltà di includere il Tibet in un’eventuale macro-regione economica com- prendente Yunnan e India orientale dipenda anche da questioni economiche. Con un reddito pro-capite di 1.900 dollari annui (pari a circa il 60% della media nazionale) il Tibet resta ancora oggi la più arretra- ta tra tutte le Regioni autonome cinesi. L’industrializzazione ha toccato marginalmente un territorio a- spro e povero, in cui le distanze e le difficoltà infrastrutturali giocano un ruolo rilevante. Non a caso Pechino punta oggi soprattutto a coinvolgere maggiormente il Tibet nell’economia della nazione, attra- verso la creazione di infrastrutture come la ferrovia tra Golmud e Lhasa, ancor prima di pensare a pos- sibili legami sul piano internazionale che coinvolgano la regione. Il futuro dei commerci via terra tra Cina e India Attualmente l’interscambio tra India e Cina si attesta a circa 40 miliardi di dollari. Occorre considerare che, a dispetto del fatto che i due paesi condividano ben 3.225 km di confini, il 96% delle merci vengo- no scambiate via mare. Del rimanente 4% solo una porzione insignificante transita attraverso l’unico punto di confine oggi praticabile, il passo di Nathu-La tra il Sikkim e il Tibet, riaperto ai traffici commer- ciali nel 2006 dopo 44 anni di chiusura totale. Gran parte delle merci transitano via terra attraversano paesi terzi, soprattutto il Nepal attraverso il confine di Kodari-Zhangmu. In misura minore le merci pas- sano attraverso il Myanmar per poi proseguire verso la Ner (o, in direzione opposta, verso lo Yunnan), o attraverso il confine tra Cina e Pakistan a Kunjirap. Al di là dei problemi politici che per decenni hanno mantenuto chiusi i confini tra India e Cina, occorre considerare fattori geografici per cui molto difficil- mente le vie commerciali citate in precedenza diventeranno mai un’effettiva alternativa agli scambi via mare. I confini tra India e Cina sono situati lungo le dorsali montuose dell’Himalaya, ad altezze spesso proibitive e soprattutto in regioni remote in cui le distanze e la difficile manutenzione delle strade gioca- no un ruolo sfavorevole nel garantire trasporti rapidi, economici e disponibili in tutti i mesi dell’anno. Lo stesso passo di Nathu-La che abbiamo citato in precedenza possiede un’importanza quasi esclusi- vamente simbolica, a parte una rilevanza sostanzialmente locale per le popolazioni della prefettura di Xigatze in Tibet e del Sikkim settentrionale. Infatti il Nathu-La dista 776 km da Kolkata e circa 1.654 da Delhi. Ma queste distanze non sono nulla rispetto a quelle che separano il passo dalle città cinesi. Il Nathu-La dista infatti 428 km da Lhasa, 4.082 da Chongqing e 4.765 da Shanghai 17 . Oltre alle distanze 15 Le implicazioni della “Go West Policy” nei confronti degli stati del sud-est asiatico erano già state evidenziate nell’Asean Economic Bulletin del 2006. 16 Proprio lo Yunnan si è mostrata la realtà più interessata allo sviluppo del Forum Bcim. Non è un caso che la Yunnan Academy of Social Sciences abbia aperto nel 2000 l’Institute for South Asian Studies (www.south-asia.org). 17 Le distanze tra il Tibet e le città cinesi sono talmente ampie, e le strade talmente difficili da percorrere (nonostante un notevole miglioramento negli ultimi anni) che secondo alcuni analisti la vera funzione commerciale del Nathu La, oltre al
ISPI - Analysis 7 occorre considerare la chiusura per oltre sei mesi d’inverno a causa della neve e le frequenti frane e smottamenti nella stagione monsonica estiva. Anche la possibile estensione della linea ferroviaria Pe- chino-Lhasa alle regioni meridionali della prefettura di Xigatze, ventilata negli ultimi mesi dalle autorità cinesi, difficilmente potrebbe preludere a un aumento considerevole dei traffici con l’India settentrionale. Di conseguenza l’unica via di terra praticabile per lo scambio di prodotti su larga scala è quella che collega la Ner allo Yunnan passando per il territorio del Myanmar. In questa regione la distanza tra il capolinea della linea ferroviaria indiana (Ledo/Tinsukia in Assam) e Kunming è di 1.900 km (3.000 se- condo una via alternativa più agevole che passa per Mandalay). Una distanza quindi molto più breve in un territorio molto più praticabile di qualsiasi altra ipotesi per la realizzazione di una ferrovia in grado di collegare direttamente Cina e India. Per quanto riguarda la connettività stradale, la Cina ha già realizza- to una strada a scorrimento veloce che porta da Kunming a Mandalay. Le autorità indiane stanno prov- vedendo, in accordo con il governo birmano, alla realizzazione di una strada carrozzabile tra le città di Tamu e Kalew in Birmania e Moreh in Manipur. Se si volessero collegare queste due strade basterebbe realizzare un raccordo di soli 150 km. Di fatto si tratterebbe di riportare in vita la vecchia Stilwell Road, facendo poi proseguire la strada da Moreh a Kolkata e coprendo così interamente i 3.392 km che sepa- rano Kunming dalla grande metropoli del Bengala. Se inoltre si considera la possibilità di fare transitare le merci attraverso il Bangladesh, evitando di passare dal corridoio di Siliguri, si potrebbero “risparmia- re” circa altri 760 km, portando la distanza ad appena 2.630 km circa 18 . Il ruolo di Bangladesh e Myanmar Bangladesh e Myanmar appaiono gli “attori minori” all’interno del Forum Bcim. In realtà il ruolo di questi due paesi è fondamentale nell’assicurare il successo della Kunming Initiative. Del resto proprio questi due stati appaiono quelli che trarranno i maggiori benefici da un processo di integrazione regionale con i due vicini in fase di rapida ascesa dal punto di vista economico. Il Bangladesh è tra tutti gli attori in campo quello che ha maggiori interessi nello sviluppare rapporti commerciali e politici con i due potenti vicini. I rapporti con Pechino sono molto buoni, tanto che il Ban- gladesh è diventato oggi una meta importante degli investimenti esteri cinesi, soprattutto attraverso delocalizzazioni di aziende della Repubblica Popolare nel settore tessile. I cinesi stanno programmando una presenza non solo commerciale, ma anche politico-strategica nel paese del golfo del Bengala. Ma il Bangladesh dipende ancora oggi molto dal vicino indiano, da cui è quasi completamente circondato. I rapporti con l’India risentono di alcune controversie di confine irrisolte (quella sullo sviluppo di progetti idrici indiani a monte del confine sui fiumi Gange e Brahmaputra, ad esempio) e soprattutto sulla que- stione dei movimenti guerriglieri e terroristi che operano in territorio indiano avendo basi proprio nel territorio del Bangladesh. Il presunto supporto (o quantomeno lo scarso contrasto) di cui alcuni gruppi militanti islamici godrebbero nel territorio del Bangladesh ha reso i rapporti tra i due paesi piuttosto tesi in passato 19 . Il recente incontro tra Manmohan Singh e il primo ministro del Bangladesh, Sheik Hasina, ha creato speranze a Dhaka di potere inaugurare una nuova stagione dei rapporti tra i due paesi. Queste speran- ze di un nuovo corso sono dovute in larga parte alla vittoria della Awami League di Hasina alle elezioni del 2008. Tradizionalmente la linea della Awami League è molto più filo-indiana rispetto a quella del commercio locale transfrontaliero, potrebbe essere il trasporto di merci cinesi in Tibet attraverso il porto di Haldia o in alternativa quello di Kolkata. 18 La capitale dello stato indiano del Tripura, Agartala, è situata infatti a 1.650 km da Kolkata attraverso la strada che passa dal corridoio di Siliguri (il famoso “Chicken’s Neck”). Un collegamento molto più rapido è invece quello che passa attraverso il territorio del Bangladesh (appena 350 km). A questa distanza va aggiunto il tratto stradale tra Imphal (il luogo in cui si biforca la strada proveniente dal confine birmano, verso nord per il Chicken’s Neck, verso sud per Agarta- la) e la capitale del Tripura (538 km). 19 I rapporti tra India e Bangladesh, già piuttosto tesi, toccarono i minimi storici nella primavera del 2008 quando a segui- to di un attentato del 18 maggio nella città di Jaipur, costato la vita a 63 persone e il ferimento di altre 216, emersero le responsabilità dell’Harkat-ul-Jihad-al-Islam, un gruppo jihadista con base proprio nel Bangladesh.
8 ISPI - Analysis Bangladesh Nationalist Party (Bnp), alleato con la Jamaat-e-Islami, partito politico considerato emana- zione dell’islam militante vicino a gruppi armati anti-indiani. Quasi a volere dimostrare la buona fede nell’inizio di un nuovo corso nei rapporti con l’India, il Bangladesh nel dicembre del 2009 ha consegnato alle autorità indiane Arabinda Rajkhowa, considerato il capo militare dell’Ulfa (United Liberation Front of Asom), un’organizzazione che si batte per l’indipendenza dell’Assam ed è considerata responsabile di decine di attacchi a militari e poliziotti indiani e a immigrati dal Bihar e dell’Uttar Pradesh. Questo primo gesto, per quanto non abbia coinvolto nessun militante di gruppi islamici (l’Ulfa è un’organizzazione laica che annovera tra le sue fila soprattutto assamesi di religione hindu), potrebbe segnare l’inizio di una collaborazione nello sradicamento di circa una dozzina di diverse organizzazioni terroriste o mili- tanti che, secondo Delhi, trovano rifugio e appoggio in Bangladesh. Il Myanmar è un paese che dipende molto da Cina e India. La dura repressione delle proteste del 2007 seguita dall’arresto del premio Nobel per la pace Aaung Saan Suu Kuy hanno spinto Stati Uniti e Unio- ne europea a inasprire le sanzioni verso il regime. Anche nelle fasi più acute della repressione però i paesi asiatici, che sono anche i principali investitori e partner commerciali del Myanmar, hanno rifiutato di adeguarsi alle sanzioni e condannare il regime di Naypyidaw. L’accesso alle risorse del Myanmar (gas naturale e legname soprattutto) fa indubbiamente gola sia a Pechino sia a Delhi. I due paesi ap- paiono come concorrenti nel tentativo di accaparrarsi il sostegno della giunta militare al potere e impor- si quindi come partner economico privilegiato. In questo scenario l’interesse del governo birmano po- trebbe essere semplicemente quello di mantenere un’equidistanza tra i due potenti vicini, in modo da ottenere investimenti e aiuti da entrambi. È comunque evidente come oggi, in una fase in cui il principa- le partner economico birmano, la Thailandia, appare scosso da una crisi economica e politica, la stessa sopravvivenza del regime dipenda dai rapporti diplomatici ed economici con Pechino e Delhi. In questa logica è interesse del Myanmar proseguire nella realizzazione di un’area comune di scambio con en- trambi i paesi. Il futuro del Bcim: quale integrazione? Al momento l’effettivo sviluppo del progetto Bcim è apparentemente entrato in una fase di stallo. Se- condo alcuni commentatori, la stessa possibilità di una ricostruzione della Stilwell Road spaventa Delhi molto più di quanto generi speranze per un futuro sviluppo delle aree orientali del paese. Secondo il politologo bengalese A.Q. Chowdhury «the Kunming Initiative got blogged down because of India’s concern about the growing economic power of China. The Indian ministry continued to show its disincli- nation to reopen the Stilwell Road, obstensibily in view of the continuing militancy problem in the region. Those who oppose the enhacement of Sino-Indian trade relations point our fearfully that the road will allow Chinese goods to flood into the Indian market» 20 . In uno scenario di tensione crescente è piuttosto scontato pensare che i progressi nell’effettiva creazio- ne di una macroregione dovranno attendere. Alcuni analisti hanno preconizzato un futuro del Bcim simile a quello della Saarc, che viene spesso definita un empty shell, un involucro vuoto 21 . Contempo- raneamente però, mentre i rapporti diplomatici tra Delhi e Pechino si sono raffreddati, la crisi economi- ca iniziata nel 2008 ha favorito un aumento di scambi interni alle aree asiatiche, compresi quelli tra Cina e India. Gli sforzi da parte indiana per favorire lo sviluppo degli stati del confine orientale al fine soprattutto di prevenire insurrezioni su larga scala e l’interesse di Bangladesh e Myanmar nel mantene- re rapporti cordiali con entrambi i potenti vicini sembrerebbero però favorire uno sviluppo effettivo dell’idea nata a Kunming ormai oltre un decennio fa. Molto dipenderà anche dall’atteggiamento dei governi locali. Il governo bengalese ha mostrato sempre un notevole interesse nei confronti della Cina, ma occorrerà attendere le elezioni previste nel 2011 per capire se davvero il dominio incontrastato e- sercitato da oltre 30 anni da parte del Pci(M) sulla politica bengalese sia giunto al termine. 20 A.Q. CHOWDHURY, Cooperation among five Nations to the East of Bangladesh, in «The Independent», 4/03/2010. 21 Si veda nota n. 5.
ISPI - Analysis 9 In generale l’impressione è che le spinte verso una maggiore integra- zione economica tra India, Cina e gli altri paesi del sud-est asiatico La ricerca ISPI analizza le appaiono forti e per certi versi ineluttabili. Occorre capire se queste dinamiche politiche, stra- saranno sufficienti a fare rivivere la Stilwell Road e a riaprire una via di tegiche ed economiche del grande importanza strategica e commerciale oppure se l’aumento degli sistema internazionale con scambi economici prenderà altre strade ed altre forme, diverse e alter- il duplice obiettivo di in- native rispetto al Forum Bcim. formare e di orientare le scelte di policy. I risultati della ricerca ven- gono divulgati attraverso pubblicazioni ed eventi, focalizzati su tematiche di particolare interesse per l’Italia e le sue relazioni internazionali e articolati in: 9 Programma Africa 9 Programma Caucaso e Asia Centrale 9 Programma Europa 9 Programma Mediterra- neo e Medio Oriente 9 Programma Russia e Vicini Orientali 9 Programma Sicurezza e Studi Strategici 9 Progetto Argentina 9 Progetto Asia Meridio- nale 9 Progetto Cina e Asia Orientale 9 Progetto Diritti Umani 9 Progetto Disarmo 9 Progetto Internaziona- liz-zazione della Pub- blica Amministrazione ISPI Palazzo Clerici Via Clerici, 5 I - 20121 Milano www.ispionline.it © ISPI 2010
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