UCRAINA: DALLA RIVOLTA DELLA PIAZZA "MAIDAN" DI KIEV ALLA CRIMEA - CONSIDERAZIONI E PROSPETTIVE
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www.invisible-dog.com invisibledog@email.com UCRAINA: DALLA RIVOLTA DELLA PIAZZA "MAIDAN" DI KIEV ALLA CRIMEA - CONSIDERAZIONI E PROSPETTIVE Fare valutazioni categoriche e previsioni definitive e' pressoche' impossibile nell'analisi politica, a maggior ragione a eventi in corso, come nel caso della crisi in Ucraina; e' possibile tuttavia fare ponderate considerazioni su tali eventi e avanzare fondate ipotesi sui possibili sviluppi. A fronte di una trama intricata - come spesso accade -e' necessario quantomeno far emergere le linee direttrici su cui si snodano gli avvenimenti. e' oramai noto a tutti il ricatto energetico a cui l'Europa deve sottostare da parte della Russia; meno evidente e' la parte attiva che l'Europa ha svolto nel cadere in questa trappola, scavandosi di fatto la fossa con le proprie mani. Infatti, per vincolare la Russia a se' e garantirsi cosi' la sicurezza energetica per il futuro, l'Europa ha pensato bene, negli anni passati, di stringere accordi per le forniture di gas (ma non solo) a lunghissima scadenza con Mosca, peraltro tendenti ad escludere l'intervento di fornitori terzi. Solo piu' tardi l'UE si e' accorta di essersi messa il cappio al collo da sola, perche' l'altro capo della corda ce l'ha in mano la Russia, che puo' tirarlo, a suo piacimento, ogni volta che lo ritiene opportuno, minacciando di soffocare l'UE e riducendola cosi' a piu' miti consigli. In tutto cio', l'Ucraina e' il terreno su cui scorre il gas russo destinato non solo all'Europa, ma all'Ucraina stessa, e questo la presenta come il campo di battaglia tra attori esterni, in cui padrone di casa ha tutto da perdere. La miopia europea Dietro gli scontri in corso a Kiev infatti si nasconde il confronto tra Bruxelles e Mosca per le forniture di gas. Il fallito accordo di "Associazione" dell'Ucraina all'UE del 28 novembre 2013 a Vilnius (Lituania) aveva come scopo, da un lato, di svincolare Kiev dalla morsa di Mosca e, dall'altro, di far penetrare (come un cuneo) gli interessi e la politica europea nel cuore della sfera di influenza russa: allora non e' il caso di sorprenderci per la reazione di Mosca. Ma, come spesso accade all'Europa - e non solo, vedi gli Stati Uniti - si sono fatti i conti senza l'oste (l'oste in questo caso e' Vladimir Putin): l'Europa ha voluto destabilizzare l'Ucraina in funzione anti-russa sobillando la rivolta di piazza Maidan (in rumeno e in ucraino, "maidan" e' lo spazio aperto in cui si mandano i bambini a giocare, perche' non facciano danni in casa; e pertanto, a voler essere pignoli, si dovrebbe indicare il luogo della rivolta ucraina con "Maidan Nezalezhinosti", in italiano, Piazza Indipendenza) senza valutarne le conseguenze; e, di fatto, l'Europa, trovandosi spiazzata di fronte
all'energica reazione di Mosca, praticamente ha lanciato il sasso e poi, di fronte alla mala parata, ha nascosto la mano, lasciando gli ucraini filo-europei con le spalle scoperte. Ma procediamo con ordine. Alla vigilia dell'accordo di Vilnius, l'UE aveva messo sul piatto la modesta cifra di 200 milioni di euro come aiuti all'Ucraina, dando da fare a Kiev «i compiti a casa» (come indicato dal nostro sottosegretario agli Esteri Lapo Pistelli). Il Presidente della Repubblica ucraina Yanukovich, che non sara' un capolavoro di correttezza e onesta', ma sicuramente sa fare bene i propri conti, non aspettava altro pretesto per mandare all'aria questo scomodo accordo. Cifre alla mano, i veri motivi del cambiamento di rotta del Presidente ucraino appaiono chiari: il Paese, sull'orlo della bancarotta, ha accumulato 2,7 miliardi di dollari di debito con la Russia; se a questo si aggiunge che un altro accordo russo-ucraino del 17 dicembre 2013 prevedeva l'acquisto di titoli di stato ucraini da parte della Russia per 15 miliardi di dollari e contemplava anche una riduzione del prezzo del gas russo del 33%, portandolo a 268,5 dollari per metro cubo invece di 400 ed in virtu' del quale Kiev andava a risparmiare 4 miliardi di dollari all'anno (normalmente importa almeno 30 miliardi di metri cubi di gas ogni anno), si comprende perche' l'opzione filo-russa di Yanukovich non sia stata solo una mera operazione propagandistica, ma un non trascurabile aiuto economico. L'UE si e' anche impuntata sulla liberazione di Yulia Timoshenko, presentandola come una vera e propria condizione irrinunciabile (cosa che e' avvenuta il 22 febbraio 2014). A proposito della bella Yulia Timoshenko - la "passionaria" della "rivoluzione arancione" del 2004 - dall'Europa e' stata imposta come unico interlocutore nelle relazioni con il governo ucraino, dimostrando, a modesto avviso, miopia politica: paradossalmente (ma neanche tanto) potrebbe diventare l'interlocutore privilegiato del suo acerrimo (solo sulla carta) "nemico" Vladimir Putin. Non va infatti dimenticato che la campionessa dello spirito anti- russo, ex Primo Ministro il 5 agosto 2011, e' finita in galera per "abuso di ufficio" a seguito dei lucrosi e vantaggiosi affari (per lei, ma non per l'Ucraina) fatti con Gazprom nel 2009, in virtu' dei quali lo Stato ucraino si e' trovato a pagare il gas russo a un prezzo decisamente oneroso. Con questi precedenti, e alla luce della improponibilita' dei leader emergenti sulla scena politica ucraina, e' lecito supporre che sara' proprio la Timoshenko - magari sottobanco - a trattare una resa "dignitosa" con lo "zar" Putin. Gli impresentabili Facciamo un po' di chiarezza su questa "improponibilita'" degli autori del colpo di Stato - perche' di questo si e' trattato - che ha portato all'allontanamento di Yanukovich: un Presidente eletto con libere elezioni (se pure sospettato di brogli), ma certo non proprio un dittatore e per di piu' il rappresentante di una vasta fetta della popolazione filo-russa, oltre che (e soprattutto) garante degli interessi tutt'altro che puliti di alcuni "oligarchi", veri detentori del potere effettivo in Ucraina. L'Ucraina non e' una nazione "monolitica", e', per cosi' dire, "una e trina":
- nella parte occidentale che gravita intorno a L'viv, la vecchia Leopoli, si parla l'ucraino (una sorta di russo arcaico); la cultura risente dell'influenza polacca, rumena e "austro-ungarica" e la popolazione si sente "europea" (ma solo a chiacchiere, come vedremo); - nella parte centrale che gravita intorno alla capitale Kiev e, per un tratto, a cavallo del fiume Dneper, si riscontra la compresenza di ucraini "puri" (si fa per dire) e di cittadini russofoni; - nella parte orientale e meridionale, in particolare nella penisola di Crimea (Repubblica autonoma dell'Ucraina), si registra una netta maggioranza russofona, molto vicina alla Russia non solo per origini e contiguita' confinarie, ma anche e soprattutto "spiritualmente". A proposito della presunta "purezza" e dell'identita' ucraina, va ricordato che nel Paese sono presenti ben 40 etnie differenti. Se andiamo a considerare i fatti con un minimo di obiettivita', mettendo da parte la solidarieta' con i "patrioti sulle barricate" di piazza Maidan, ci accorgiamo che l'unico denominatore comune del fronte anti-Yanukovich e' la "russo- fobia". Definire "eterogeneo" questo fronte, infatti, e' quantomeno eufemistico: dietro improbabili sedicenti "leader" si nascondono parvenu prestati alla politica che sono solo le marionette al soldo degli "oligarchi", veri protagonisti della lotta per il potere che si sta consumando in Ucraina. Il nazionalismo, la religione, l'europeismo, sono solo le facce diverse della stessa russofobia. Se andiamo a vedere piu' da vicino gli "eroi" di Kiev e di L'viv che hanno cacciato i reparti speciali della polizia, facendo anche dei prigionieri, scopriamo che nella stragrande maggioranza dei casi appartengono a formazioni di estrema destra, come gli ultra-nazionalisti del Partito "Svoboda" e i neo-nazisti del Movimento "Pravy Sektor", che non si limitano ad essere russofobi, ma sono anche, e soprattutto, razzisti, xenofobi e anti- semiti. A questo proposito, vale la pena ricordare che il 27 gennaio 2014, mentre ad Auschwitz si svolgevano le celebrazioni per la commemorazione dell'Olocausto, a L'viv i neonazisti, che si vantavano di essere la punta di diamante anti-Yanukovich, manifestavano con le svastiche inneggiando ai pogrom contro gli ebrei, ma di questo i media non hanno parlano molto. A costoro non interessa molto l'adesione all'Unione Europea, che anzi guardano con ostilita' e disprezzo, nel nome del precetto «L'Ucraina agli ucraini». Non e' un caso che questi personaggi non siano riusciti a riunirsi intorno a un programma comune e che si presentino, alle prossime elezioni previste per il 25 maggio, ognuno per conto suo. Un breve inciso, a proposito dell'anti-semitismo conclamato della destra ucraina e dell'atteggiamento ambiguo (ma non sarebbe la prima volta), a questo riguardo, assunto da Israele. In una recente intervista, lo speculatore internazionale George Soros ha rilasciato dichiarazioni non richieste sulla rivolta ucraina, guardandosi bene, pero', dal riconoscere che questa e' stata ampiamente foraggiata proprio da lui. E sempre di
recente, un Generale israeliano ha dichiarato senza mezzi termini che si e' occupato personalmente dell'organizzazione e dell'addestramento di 40 ucraini: una sorta di unita' di e'lite da utilizzare contro le forze dell'ordine di Yanukovich. Questo conferma allora le perplessita' di quanti mettevano in dubbio lo "spontaneismo" dei miliziani (perche' di questo si tratta) in rivolta, di fronte al loro addestramento ed equipaggiamento tipicamente militari che li hanno portati a sconfiggere addirittura i reparti speciali della Polizia ucraina (tutt'altro che "degli sprovveduti"), e i sospetti che la rivolta ucraina fosse - come tante altre, del resto - eterodiretta. Una costola della Russia Quanto al "fattore religioso", va osservato che le due Chiese autocefale ortodosse di Ucraina, create esclusivamente in funzione anti-russa e scomunicate dal Patriarcato di Mosca in quanto scismatiche (oltre a non essere riconosciute da nessun altra Chiesa ortodossa), hanno dimostrato tutta la loro malafede nei giorni scorsi quando, in un anacronistico auto da fe', hanno costretto gli agenti di polizia fatti prigionieri dai dimostranti a chiedere scusa in ginocchio davanti alla folla in presenza delle icone e dei crocifissi ortodossi. E' proprio il "fattore religioso" che ci mostra quanto l'Ucraina sia legata a filo doppio alla Russia: la Chiesa autocefala ortodossa russa, infatti, e' nata nel medioevo a Kiev, per poi trasferirsi a Mosca; proprio la Rus' di Kiev e' considerata la madre dell'identita' russa e, piu' in generale, dell'identita' degli slavi d'Oriente; non a caso l'Impero di Kiev (850-1240) e' stato la prima forma statuale della Russia. Non dobbiamo stupirci allora se qualcuno si ostina a definire l'Ucraina «la piu' russa di tutte le Russie»; semplificando, in termini matematici, potremmo dire che "l'Ucraina sta alla Russia come il Kossovo sta alla Serbia"; nell'interesse di tutti - e dell'Ucraina (o di cio' che ne resterebbe) in particolare - c'e' da augurarsi che l'Ucraina non segua la stessa sorte del piccolo neo-stato balcanico. Per non parlare del progetto di adesione dell'Ucraina alla NATO, prudentemente scongiurato dalla Germania (ma anche da Francia e Italia) al vertice NATO di Bucarest del 2008, a cui la Georgia di Sakashvili non ha voluto rinunciare, confidando ingenuamente in un improbabile intervento americano in soccorso della Repubblica caucasica, ma andando incontro alla sconfitta nella guerra contro la Russia, sempre nel 2008; una guerra che per Mosca e' stata poco piu' di un'esercitazione militare, con tanto di lanci di paracadutisti e sbarchi di fucilieri di Marina. Profonde ragioni geostrategiche - oltre al normale buon senso - impediscono all'Ucraina l'ingresso nell'Alleanza Atlantica: per non parlare dell'imponente base navale russa a Sebastopoli, in Crimea. E, dopo Kiev, proprio la Crimea e' in questi giorni sotto i riflettori dei media e della diplomazia internazionale. Infatti, la Repubblica Autonoma di Crimea e' praticamente una enclave russa in territorio ucraino da quando, 60 anni fa, fu "regalata" da Kruscev (ucraino egli stesso, guarda caso, come Breznev del resto) all'Ucraina, all'epoca una delle 15 Repubblica dell'Unione Sovietica.
Non c'e' da sorprendersi, dunque, se l'escalation della presenza militare russa nella penisola di Crimea (prima blindati e carri russi per le strade, poi 2000 paracadutisti "senza mostrine", saliti a 6000 e ancora dopo a 15000 che hanno preso il controllo dei posti chiave della penisola - aeroporti, palazzo del governo, una base missilistica ecc. - senza contare la sproporzionata "esercitazione militare" dell'Esercito russo al confine con l'Ucraina) sia stata salutata con entusiasmo dalla popolazione russa che vive in Crimea. e' di questi giorni, tra l'altro, la notizia del passaggio del neo Capo di Stato Maggiore della Marina ucraina ai russi; a proposito di Marina, molte navi della flotta ucraina, all'ancora nella base russa di Sebastopoli, hanno preso il largo - probabilmente per evitare di essere affondate in porto dai russi in caso di guerra conclamata. Le opzioni sul tavolo La scissione dell'Ucraina, tra la parte ucrainofona e quella russofona. Ipotesi poco probabile. Se scissione ci dovesse essere, questa avverrebbe non seguendo una inesistente linea netta, ma molto frammentata: la divisione della ex-Jugoslavia insegna. Non avremmo una netta separazione, ma la perdita, da parte dell'Ucraina, di alcuni territori, come ad esempio la Crimea, la cui separazione dall'Ucraina e conseguente annessione alla Russia non sono da escludere a priori. Altro tipo di scissione dell'Ucraina, tra la parte occidentale che entrerebbe nell'Unione Europea e la Crimea nella Federazione Russa. Ipotesi meno probabile della precedente. La Russia non accetterebbe un allargamento dell'UE a una parte dell'Ucraina; l'UE non avrebbe nulla da guadagnare attraverso l'acuirsi delle tensioni tra Kiev e Mosca, dal momento che proprio attraverso il territorio ucraino transita buona parte del gas russo da quale l'Europa dipende. La Polonia per prima - che certo non e' sospettabile di simpatie filo-russe - si sta adoperando per evitare una degenerazione della crisi, che comporterebbe una Russia ancora piu' vicina - e, soprattutto, ancora piu' "contrariata" - ai suoi confini. Una guerra frontale tra Ucraina e Russia sarebbe un suicidio per l'Ucraina. La lezione della Georgia nel 2008 e' - o dovrebbe essere, il condizionale e' d'obbligo vista l'avventatezza degli attori in scena - chiara per tutti: come la Georgia, dopo una "solenne sconfitta" militare, ha perso l'Abkazia e l'Ossezia del Sud che, sotto la parvenza dell'indipendenza, sono diventate di fatto due "protettorati" russi, cosi' l'Ucraina si ritroverebbe annichilita sul piano militare - perche' la posta in gioco e' piu' alta - e fortemente ridimensionata sul piano territoriale, con ampie fette di territorio (soprattutto orientale) che passerebbero, piu' o meno formalmente, sotto il diretto controllo di Mosca. Come gia' detto, questa e' una prospettiva plausibile per quanto riguarda la Crimea, anche in assenza di un scontro militare tra Ucraina e Russia, visto il referendum popolare per chiedere l'indipendenza e/o l'annessione alla Russia, inizialmente indetto dalla nuova dirigenza della Repubblica Autonoma di Crimea in concomitanza con le elezioni politiche ucraine del 25 maggio, e poi anticipato al 31 marzo, per "battere il
ferro finche' e' caldo", approfittando dell'ondata di entusiasmo e della presenza dei militari russi sul territorio della penisola di Crimea. Finora Putin ha utilizzato la politica "del bastone e della carota" nei confronti dell'Ucraina, alternando la minaccia di chiudere i rubinetti del gas e mostrando i muscoli sul piano militare, con gli aiuti economici elargiti senza frapporre indugio. Finora, come si suol dire, la Russia "ha mostrato la forza per evitare di usarla"; sarebbe poco conveniente, per l'Ucraina ma non solo, se Putin dovesse mettere da parte la carota per ricorrere solo al bastone. Il fatto e' che Putin, nel suo disegno di ricostituire lo spazio sovietico (per non dire "zarista"), ha precisi progetti per l'Ucraina: - l'ingresso nell'Unione Doganale, insieme a Bielorussia e Kazakhstan; - l'ingresso nella piu' ambiziosa Unione Euroasiatica, a guida Mosca per stroncare definitivamente qualunque velleita' europeista e/o atlantista. Il problema e' che l'Ucraina si trova ad essere il campo di battaglia di una guerra non (del tutto) sua, per la quale interessi di altri paesi si incontrano e si scontrano; un po' come avveniva durante la "guerra fredda" con le "guerre per procura". Questo ha indotto anche alcuni osservatori a parlare di nuova guerra fredda. Qualcuno ha azzardato addirittura l'ipotesi che dietro la crisi ucraina si nascondano i "bizantinismi" della politica americana, che vorrebbero in realta' indebolire l'Unione Europea, allargandola all'Ucraina e alla Turchia: una prospettiva se pure affascinante dal punto di vista teorico-politico, ma poco probabile dal punto di vista politico-pragmatico, perche' oltre ad essere difficilmente dimostrabile, comporterebbe dei rischi davvero incontrollabili riguardo alle reazioni russe. Per dirla in parole povere, l'Ucraina "si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato": condannata dalla geografia a rientrare nel campo gravitazionale della Russia, oltretutto in un periodo in cui questa e' guidata da un uomo come Putin che, da bravo ex- Colonnello del KGB, non fa sconti a nessuno. E infatti, le reazioni di Europa e Stati Uniti - nell'improponibilita' di un intervento militare (esattamente come accaduto in Georgia nel 2008) - si sono limitate a minacce di sanzioni e di boicottaggio del prossimo vertice G- 8. Di fronte a tali minacce, per dirla alla buona, uno come Putin "continua a fare sogni tranquilli". Nel frattempo, approfittando del contenzioso tra Occidente e Russia, tenendo il consueto basso profilo, ma badando al sodo, un altro concorrente si sta facendo avanti: l'oramai onnipresente Cina, che ha gia' acquistato, e ha in programma di acquistare ancora, imponenti appezzamenti di terreno (sarebbe piu' appropriato dire "interi territori") nella Repubblica Ucraina; come al solito, senza imporre particolari condizioni pseudo- umanitarie. Come dire: tra i due litiganti, il terzo (la Cina) gode. L'Europa ha ritardato a scendere in campo se si escludono i tentativi di mediazione, in quanto priva di una strategia comune: appare infatti divisa non solo sul piano politico, ma
anche su quello del rifornimento energetico, con i propri Paesi che "tirano l'acqua al proprio mulino". Non dimentichiamo che, in barba al gasdotto Nabucco - forse definitivamente "naufragato" - vari Paesi europei, con l'Italia in testa, partecipano al progetto russo del South Stream. La cronicizzazione del conflitto russo-ucraino non fa comodo a nessuno dei contendenti, neanche agli attori "terzi" interessati a vario titolo nel contenzioso (eccezion fatta, forse, per Israele). Quella che doveva essere, nei programmi degli "oscuri" (si fa per dire) architetti di questa trappola, la vittima designata della rivolta ucraina, Vladimir Putin, con la sua determinazione, intraprendenza, abilita' nel ribaltare le carte e capacita' di "accelerare" gli eventi, dopo un'augurabile, sperabile, necessaria (per il particolare momento del pianeta) "normalizzazione" della situazione in Ucraina, per lui assai vantaggiosa - con o senza intervento militare, se pure limitato alla sola Crimea - ne potrebbe uscire addirittura piu' forte.
LA POLITICA DI PUTIN TRA RECUPERO DELLA SOVRANITA' SUL TERRITORIO RUSSO E ASPIRAZIONI "IMPERIALI" Premessa Il tema in esame, come si evince dal titolo, richiama due aspetti preminenti della politica del Presidente russo Vladimir Putin: il recupero della sovranita' sul territorio e le aspirazioni "imperiali" di Putin verso il passato "Impero degli zar", sulle cui ceneri e' stata costituita l'Unione Sovietica, il 30 dicembre 1922, dopo la fine della I Guerra Mondiale. Dall'Unione Sovietica alla Federazione Russa Le 15 Repubbliche dell'Unione Sovietica, a seguito dell'accordo di Belaveža, costituirono la Comunita' degli Stati Indipendenti per poi divenire Federazione Russa. Ecco una breve cronostoria: - le Repubbliche Socialiste Sovietiche che il 30 dicembre 1922 costituirono l'Unione Sovietica, sulle ceneri dell'Impero zarista: RSFS di Russia e le RSS di Ucraina, Bielorussia e Transcaucasia. L'Unione Sovietica (in acronimo URSS) ebbe un percorso di 69 anni, caratterizzato dalla II Guerra Mondiale e dalla "Guerra Fredda"; si sciolse, o meglio "implose", a seguito dell'accordo di Belaveža (8 dicembre 1991), sottoscritto da Mikhail Gorbaciov, allora Presidente dell'Unione Sovietica, e dai Presidenti dell'Ucraina, Leonid Kravchuk, e della Bielorussia, Stanislav Šuškevič. L'accordo sanziono': 1. la disgregazione dell'Unione Sovietica; 2. la costituzione della "Comunita' degli Stati Indipendenti" (CSI), con legami non certo paragonabili a quelli dell'Unione Sovietica, in quanto insufficienti a ricostituire una "casa comune". Le cause della disgregazione si fanno risalire a Gorbaciov e alle sue riforme politiche poste in atto nella seconda meta' degli anni '80, basate sui criteri della glasnost (trasparenza) e sulla perestrojka (ristrutturazione, rinnovamento), risultati prematuri e inadeguati rispetto ai fattori di situazione del momento, in quanto: • il potere centrale aveva abdicato a molte delle sue funzioni; - nel Paese era stata istituita un'economia controllata da potentati economico finanziari, ai cui vertici si trovavano i cosiddetti "oligarchi". In sintesi, un potere centrale incapace di controllare un territorio sterminato, infiltrato da organizzazioni terroristiche e mafiose e come tale in preda al caos e a rischio disgregazione;
- le 15 Repubbliche dell'Unione Sovietica a seguito dell'accordo indicato costituirono la Comunita' degli Stati Indipendenti: tutte, ad eccezione delle tre Repubbliche baltiche - Estonia, Lettonia e Lituania - che non rientreranno piu' nella Comunita', per motivi etnico-culturali e per le trascorse relazioni con la Russia; per contro, la Federazione Russa fu considerata la naturale/logica erede dell'URSS, in quanto: - per sviluppo territoriale era e rimane la piu' estesa tra le Repubbliche indipendenti della CSI; - la sua popolazione (145 milioni di abitanti ca.) corrispondeva a piu' del 50% della popolazione di tutta l'ex Unione Sovietica; - la presenza di cittadini della Federazione Russa era preminente nelle F.A. ex-sovietiche e nell'ex Partito Comunista (discioltosi con l'Unione Sovietica). La "staffetta" Putin-Medvedev La Federazione Russa, dal 2000 ai nostri giorni, viene governata con un sistema definito, con un termine preso dalle competizioni sportive, "staffetta": due soli esponenti di vertice si alternano nei due incarichi politici principali, il Presidente della Repubblica e il Primo Ministro; la staffetta e' tra Vladimir Putin e Dmitri Medvedev. PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PERIODO PRIMO MINISTRO 2000-2004 VLADIMIR PUTIN DMITRIJ MEDVEDEV 2004-2008 VLADIMIR PUTIN DMITRIJ MEDVEDEV 2008-2012 DMITRIJ MEDVEDEV VLADIMIR PUTIN
2012-2016 VLADIMIR PUTIN DMITRIJ MEDVEDEV La durata dell'incarico (quattro anni) e' prevista dalla Costituzione del '93; l'incarico puo' essere confermato una volta sola; dopo l'intervallo di un mandato (4 anni dopo) puo' essere ripreso ulteriormente: da qui la "staffetta"! Le linee guida del governo si possono così sintetizzare: - il recupero della sovranita' dello Stato su tutto il territorio della Federazione, come dimostra la "campagna" contro gli indipendentisti e i terroristi in Cecenia del 1999, sotto la direzione di Putin, allora solamente Primo Ministro; - il miglioramento dell'economia e soprattutto la "deprivatizzazione" delle risorse: nella precedente gestione erano sotto il controllo degli "oligarchi". A tale proposito, i due citati esponenti di vertice hanno portato in campo la propria esperienza e la propria formazione culturale: - Putin (61 anni) e' stato in precedenza responsabile di un importante Direttorato dei Servizi di Informazione, con competenza nel settore della politica militare; e' "conservatore" per quanto riguarda i valori tradizionali, con propensione verso il passato Impero zarista; - Medvedev (48 anni) mette in campo una considerevole esperienza nella gestione di risorse energetiche e la conoscenza della tecnologia applicata a tale settore; per ideologia, e' sicuramente piu' "liberale" di Putin. All'atto del primo avvicendamento alla Presidenza, nel 2008, ci si poneva l'interrogativo se si trattasse di effettiva alternanza (in autonomia) tra i due ruoli oppure di subordinazione di Medvedev nei confronti di Putin; l'orientamento per la seconda ipotesi e' scaturito anche dalla risposta fornita da Medvedev nel corso di un'intervista, quando un giornalista gli chiese precisazioni in merito ad un provvedimento di politica economica: Medvedev gli rispose che ne avrebbe parlato "con Putin". Le aspirazioni "imperiali" di Putin - Le aspirazioni di Putin sono risultate evidenti nel corso di un discorso rivolto alla Nazione e al mondo in occasione della ricorrenza dell'anniversario della prima Costituzione russa post-sovietica, a dicembre 2013; venne detto tra l'altro che: o la Russia e' pronta ad assumere ancora una volta il ruolo di superpotenza (in riferimento all'esito della "Guerra Fredda");
o non esiste alcuna pressione sull'Ucraina da parte della Russia per allontanarla dal progetto di adesione all'Europa, sebbene fosse stata invitata ad aderire all'Unione Doganale (in progetto dal 1994 tra Russia, Bielorussia e Kazakistan); lo scopo dell'invito, in realta', e' quello di allontanare l'Ucraina dall'influenza della Cina e degli Stati Uniti. Nella circostanza, l'Unione Europea e' stata definita la "tomba dei diritti umani"! o sono stati altresì indicati i successi della nuova "Grande Potenza", protesa verso Oriente, in particolare: la mediazione della Russia per bloccare il bombardamento della Siria (il dispositivo militare USA era gia' schierato); la posizione della Russia a favore della Repubblica islamica dell'Iran: senza l'Iran, i negoziati siriani di "Ginevra 2" sono un'ipocrisia, ha affermato il Ministro degli Esteri russo Lavrov; il caso Snowden, la spia statunitense dello scandalo "Datagate", accolta sul territorio russo (per un anno) allo scopo di sottrarlo alla giustizia degli Stati Uniti (dove lo spionaggio e' punito anche con la "pena capitale"). Questo tuttavia, ribadisce Putin, non deve essere inteso come un sintomo di debolezza oppure come giustificazione e bilanciamento delle leggi in vigore in Russia contro l'omosessualita', contro il teppismo delle donne, le "Pussy Riot", e contro gli ecologisti di "Greenpeace". - A proposito del "sogno imperiale di Putin" si aggiunge ancora: o la scelta per le Olimpiadi invernali della citta' di Sochi, prossima al Caucaso, sulla sponda orientale del Mar Nero, per le quali Putin si e' impegnato in prima persona fin dall'assegnazione dei Giochi, vuole ricordare il successo contro l'indipendentismo "ceceno" (II Guerra Cecena), che ha lasciato il posto al radicalismo islamico dell'Emiro Doku Umarov e alla "guerra per le Olimpiadi" (n° 2 attentati a Volgograd, ex-Stalingrado: 36 morti tra la popolazione); o ricostituire lo spazio sovietico e' dunque l'aspirazione del Presidente Putin; con quali obiettivi e come conseguire questi risultati: per gli obiettivi si considera il mantenimento delle aree strategiche del Mar Nero con la Crimea (base navale di Sebastopoli), cui si aggiungono i territori autonomi della Georgia (Abkazia e Ossezia del Sud); il Caucaso minacciato dalle formazioni islamiste di Umarov e gli "stan countries", Paesi ex-sovietici che a piu' riprese hanno espresso il proprio criterio di voler "gestire in proprio" le risorse energetiche del territorio, senza ingerenze esterne, stante anche
l'alternativa di scambi commerciali con la Cina, da sempre "assetata" del petrolio e del gas della vicina Asia Centrale; per quanto riguarda il "come", la Russia ha gia' messo in atto alleanze di cooperazione con questi Paesi, nel settore della difesa del territorio dal terrorismo e nel settore della cooperazione militare (esercitazioni di prontezza militare, con grande partecipazione di reparti e mezzi). Attraverso questi settori di cooperazione, la Russia tenta di pervenire alla collaborazione nel settore commerciale (risorse energetiche, in particolare); le alleanze per la cooperazione, oltre a quella in atto fin dallo scioglimento dell'Unione Sovietica - come la Comunita' degli Stati Indipendenti (CSI) - riguardano: • l'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO): Russia, Cina e gli Stan Countries (meno l'Uzbekistan); • l'Organizzazione per il Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), per il mantenimento della pace in collaborazione con l'ONU: Russia, Bielorussia, Armenia, Kazakistan, Tagikistan e Uzbekistan; • l'Unione Euroasiatica (UEA), un'unione a somiglianza dell'UE, lanciata dal Presidente kazako Nazarbaev nel 1994, tra Russia, Bielorussia e Kazakistan, che entrera' in funzione nel 2015 e che riunira' tutti i Paesi dell'ex-Unione Sovietica. I prodromi di questa UEA si concretizzeranno nell'Unione Doganale (corrisponde al Partenariato Orientale nell'Unione Europea). In occasione del 3° summit del citato partenariato (28-29 novembre 2013), all'indomani della decisione dell'Ucraina di sospendere i negoziati per la firma dell'Accordo di Associazione con l'UE secondo il parere e la volonta' del Presidente filo-russo Yanukovič, si e' ridestato l'interesse degli altri membri dell'UEA (Armenia, Azerbaijan, Turkmenistan, Tagikistan, Moldova, Georgia e Ucraina), nel senso che: o Armenia, Tagikistan e Kirghizistan intendono aderirvi, partendo dall'Unione Doganale; o la Georgia mantiene una posizione possibilista, guardando all'Ucraina la quale, nonostante la sospensione dell'Accordo di Associazione, tende ad avvicinarsi all'UE in relazione ai settori di interesse per l'Ucraina, alla base dell'accordo in questione: l'approvvigionamento energetico;
il problema della popolazione dell'Ucraina orientale (russofona e russofila); la politica commerciale della Russia. L'Ortodossia cristiana quale supporto alla politica estera russa Secondo la Chiesa ortodossa russa, il mondo ortodosso si propone come sistema di coabitazione di popoli di differenti religioni e culture nel rispetto della propria religione; il ruolo, pertanto, della Chiesa ortodossa russa consiste nel dialogo tra le differenti religioni e culture che nel 1998 si e' concretizzato con l'istituzione del "Consiglio Inter-religioso della Federazione Russa" e dell'analogo "Consiglio Inter-religioso della CSI". Il Patriarca della Chiesa ortodossa russa, consapevole di questo ruolo imprescindibile ai fini del dialogo tra i Cristiani ortodossi, ha portato avanti questo obiettivo nella considerazione che se esiste un processo di integrazione dell'Europa, se i musulmani cercano di affermarsi sullo scenario internazionale, e' consequenziale che anche gli ortodossi aspirino alla propria geopolitica, in linea con la politica estera di Putin. Ma chi sono e quanti sono i Cristiani ortodossi? Secondo il Patriarcato di Mosca, i Cristiani ortodossi sono complessivamente 230 milioni (dei quali 160 milioni, il 70%, appartengono alla Chiesa russa), distinti in tre fasce di presenza: α. Paesi ortodossi per tradizione: Bielorussia, Bulgaria, Cipro, Georgia, Grecia, Macedonia, Moldova, Montenegro, Romania, Russia, Serbia, Ucraina (si tratta di Chiese nazionali ortodosse); β. altra forma di presenza ortodossa sono le minoranze etnico-culturali nei seguenti Paesi: Albania, Repubblica Ceca, Finlandia, Polonia, Slovacchia e/o diffuse in Medio Oriente e nelle Americhe; χ. e infine, la "diaspora" ortodossa presente nei Paesi dell'Europa occidentale. A proposito dell'Ucraina, e' importante indicare, oltre agli aspetti gia' menzionati, la divisione in due aree distinte per la lingua stando al corso del Fiume Dnepr: l'area di lingua ucraina (verso Occidente, al confine con la Polonia) e l'area di lingua russa (verso Oriente, al confine con la Russia). Da considerare altresì l'esistenza in Ucraina di circa 40 nazionalita' e di alcune regioni dalle caratteristiche molto marcate, come: la Galizia, divisa tra Polonia e Ucraina, la Transcarpazia tra Slovacchia e Ucraina, la Bucovina tra Romania e Ucraina, e soprattutto la Crimea, di cui si e' gia' detto, con piu' del 50% di abitanti "russi", effettivi o temporaneamente presenti. Questo e' un fattore di notevole complessita' (Piazza Majdan, a Kiev, come altre "Piazze" dei Paesi arabi ne sono la dimostrazione). A proposito di complessita', si citano due Chiese ortodosse ucraine autocefale, nate in funzione anti-russa, che sono motivo di contrasto con il Patriarcato di Mosca.
Per chiudere il capitolo sul mondo ortodosso russo, di fronte alle persecuzioni dei cristiani ortodossi in Medio Oriente, e' significativo quanto espresso, di recente, da Papa Francesco: - il Medio Oriente non ha senso senza i Cristiani; - i musulmani hanno il dovere di rispettare i Cristiani d'Oriente come l'Occidente fa con i musulmani;
UNA NUOVA GUERRA FREDDA? La politica di Vladimir Putin si puo' considerare ancora "guerra fredda"? La " guerra fredda" e' definita un confronto tra le due Superpotenze uscite vincitrici dalla II Guerra Mondiale, Stati Uniti e Unione Sovietica (URSS), una volta scioltasi la "grande alleanza" contro il nazismo: un confronto dapprima ideologico tra capitalismo e comunismo, dal quale consegui' una corsa agli armamenti per rafforzare il proprio "blocco" (ovest ed est), mentre i conflitti armati si svolsero alla periferia dei due blocchi in quanto le due Superpotenze indicate, detentrici di armamenti nucleari, non si sbilanciarono in conflitti armati diretti. La minaccia agli interessi nazionali Russi La minaccia riguarda prioritariamente i seguenti settori: la sovranita' dello stato su tutto il territorio russo; la gestione delle risorse energetiche (petrolio e gas); gli "oligarchi"; la stampa e l'intellighenzia, quali fattori di propaganda contro la dirigenza del Paese; e infine, sul piano strategico, costituisce minaccia l'ingerenza o il solo avvicinamento di altre potenze ai territori ex-sovietici per finalita' militari, tenendo nel dovuto conto il "sogno di Putin" di ricostituire la potenza dell'Unione Sovietica (uscita sconfitta dalla "Guerra Fredda"). Vediamo alcune considerazioni riferite ai settori appena indicati: a. Il recupero della sovranita' dello stato sul territorio della Federazione Russa. Si tratta di un territorio di oltre 17 milioni di kmq (l'Italia un'estensione poco piu' di 300.000 kmq), con una popolazione di appena 145 milioni di abitanti (l'Italia, 56 milioni); quella russa e' una popolazione multietnica, con aspirazioni indipendentistiche per motivi sociali, etnici e religiosi. Vedasi il Caucaso ad esempio, dove le motivazioni indipendentistiche hanno lasciato il posto al radicalismo islamico dell'Emiro Doku Umarov e dove e' cominciata la "guerra delle Olimpiadi invernali". L'Emiro del Caucaso avrebbe giurato di punire col sangue la provocazione del Cremlino, che ha imposto i "Giochi Invernali" in un'area ad alto rischio, dove e' in corso una "guerra vera", quella per l'indipendenza del Caucaso: una media di 700 morti all'anno che Putin pretende di nascondere, limitandone la diffusione di notizie. b. La gestione delle risorse energetiche.
In linea di massima (siamo al terzo mandato di Putin: terminera' nel 2016), la gestione degli oligarchi e' stata quasi recuperata del tutto; quelli "dissenzienti" hanno trovato scampo all'estero oppure sono stati incarcerati. Al riguardo, ha sorpreso la recente liberazione di Mikhail Khodorkovskij il quale, al contrario degli altri oligarchi, una volta diventato miliardario si e' fermato a Mosca senza trasferirsi in altri Paesi per fare concorrenza a Putin nella corsa al potere, diventando una spina nel fianco di quest'ultimo; e' stato incarcerato nel 2003 per frode fiscale e liberato a dicembre 2013, quando mancavano otto mesi alla fine della pena. Attualmente sta recuperando il proprio stato fisico a Berlino, dopo le privazioni di 10 anni di carcere. Il settore delle risorse energetiche e le forniture ai Paesi europei e' esposto alla concorrenza e alle rivendicazioni: - gli Stati Uniti mal sopportano l'eccessiva dipendenza dei Paesi europei dai rifornimenti russi e propongono la fornitura di "shale gas", nonostante alcuni limiti (l'inquinamento delle falde acquifere ecc.) - e soprattutto sussistono per tale settore le rivendicazioni dell'Ucraina, proprietaria delle infrastrutture del gasdotto che percorre il suo territorio (si fa riferimento ai tubi del gasdotto). L'Ucraina ha anche rinnovato l'affitto della base navale di Sebastopoli (in Crimea) alla Flotta russa del Mar Nero, in cambio di agevolazioni sui prezzi per la fornitura di gas russo (a questo aspetto e' anche connessa la carcerazione dell'ex-Primo Ministro, Yulia Timoshenko). La Russia, per uscire da questa strettoia, ha promosso e dato corso all'aggiramento del territorio ucraino attraverso due nuovi gasdotti, il "North Stream" e il "South Stream", ai quali l'Occidente ha reagito con la costruzione di un altro gasdotto (il Nabucco). c. I contrasti Russia/Stati Uniti sul piano strategico. Questi contrasti, in termini anche di minaccia alla Russia, si sono evidenziati a proposito dello "scudo spaziale", progettato dagli Stati Uniti sul territorio degli ex-Paesi satelliti dell'Unione Sovietica di Polonia e Repubblica Ceca, per la difesa dei Paesi europei dalla minaccia missilistica di Teheran (missili intercontinentali). La Russia non ha accettato la motivazione statunitense e ha reagito minacciando lo schieramento di missili balistici tipo "Iskendar" al confine con la Polonia, nella enclave russa di Kaliningrad (minaccia non ancora concretizzatasi).
Gli Stati Uniti, al momento, non hanno dato seguito allo "scudo spaziale" ricorrendo, in alternativa, allo schieramento nel Mediterraneo di incrociatori dotati di tecnologia "Aegis" (il termine vuol dire "scudo") per l'intercettazione missilistica. Altra occasione di contrasto Russia/Stati Uniti si e' registrata ad agosto 2008, quando la Georgia ha dato corso a un intervento armato contro i territori autonomi di Abkazia e Ossezia del Sud, controllati da forze di "peacekeeping" russe (si dice che la Georgia avrebbe approfittato della "distrazione" del mondo per le Olimpiadi di Pechino, in corso di svolgimento). Da considerare, nella circostanza, la reazione delle F.A. russe del Caucaso a favore dei propri presidi; sorprendente anche il trasferimento di Putin, ospite della Cina all'apertura dei Giochi, in poche ore da Pechino al QG delle forze del Caucaso per il controllo diretto delle operazioni militari in corso in Georgia. La risposta all'interrogativo: e' ancora "guerra fredda"? In apertura abbiamo visto la definizione di "guerra fredda", i cui aspetti di rilievo sono: - due superpotenze, Stati Uniti e Unione Sovietica, che si sono confrontate sul piano ideologico (tra capitalismo e comunismo), con conseguente corsa agli armamenti, anche nucleari; - la creazione di un mondo bipolare su due blocchi (Est ed Ovest) che "non si sono sbilanciati" in un confronto diretto: i conflitti sono avvenuti, generalmente, alla periferia dei due "imperi", per procura ("proxy war"). Questi presupposti non sussistono oggi con la globalizzazione (o mondializzazione); l'affermazione di una "economia globalizzata" opera direttamente a livello internazionale, non piu' a livello di stati-nazione, in quanto la direzione degli avvenimenti e i settori di ricerca e sviluppo sono "denazionalizzati". Peraltro, i partiti ideologicamente impostati su capitalismo e comunismo hanno perso la propria funzione; il piu' delle volte a questi sono subentrati i movimenti, con obiettivi e finalita' a fattor comune tra i vari Paesi, vedasi i diritti delle donne, la liberta' di espressione (stampa e mass media in genere), le primavere arabe - anche se queste non si sono trasformate successivamente in "estati", con una democrazia vera e con l'affermazione dei diritti umani. Il mondo bipolare, con la fine dell'Unione Sovietica, non e' diventato unipolare, ma globalizzato. Vale la legge del libero mercato: agli Stati Uniti, superpotenza vincitrice della "guerra fredda", si e' affiancata la Federazione Russa con il "sogno imperiale di zar Putin", attraverso il recupero della sovranita' sul proprio territorio e, per quanto possibile, con il controllo e l'ingerenza, anche indiretta, sui territori ex-sovietici. Da considerare anche i cosiddetti B.R.I.C.S. (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), oltre ad altri Paesi emergenti (Messico, Nigeria, Vietnam ecc.): ogni occasione e' buona per
accaparrare fette di mercato, per difendere il proprio "orto di casa", come si diceva una volta, allontanando ingerenze esterne, in un'ottica che puo' assomigliare alla "guerra fredda". L'abbiamo visto negli anni passati con la tempestivita' di intervento e con l'attenzione alla difesa del territorio ("scudo spaziale" e guerra in Georgia); lo si vede oggi con le concessioni finanziarie della Russia all'Ucraina quando questa minaccia di aderire al partenariato europeo, invece che all'accordo per l'Unione Euroasiatica, sostenuto da Mosca. Non trascurabile nemmeno il "volto umano" di Putin per le recenti concessioni di grazia e di amnistia: all'oligarca Khodorkovskij, alle "Pussy Riot", agli attivisti di "Greenpeace" per l'attacco alla piattaforma di Gazprom nell'Artico, ed anche per la difesa della "spia" statunitense Snowden, attraverso la concessione di un anno di asilo politico in territorio russo, per sottrarlo alla "pena di morte" da parte degli Stati Uniti. In conclusione, tornando alla "guerra fredda" voluta dal tema, si potrebbe anche concordare sul fatto che non si tratti di "guerra fredda", stando alla definizione di partenza, ma di modalita' da "guerra fredda", messe in atto dalla Presidenza russa.
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