Focus on Mauro Panichella - Gian Marco Casini Gallery
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Nasce a Genova nel 1985. Vive e lavora tra Genova e Albissola Attraverso un forte interesse verso la natura e la tecnologia, Mauro Panichella crea ponti tra mondo reale e mondo virtuale, la sua opera racchiude un immaginario onirico, cosmico e quantico Ha partecipato a diverse esposizioni collettive e personali in Italia, Francia, Slovacchia, Spagna, Ungheria, Portogallo e Austria. Nel 2010 partecipa al progetto di residenza della Jeune Creation Européenne di Parigi. Ha lavorato e collaborato con numerosi artisti tra cui Cesare Viel, Ben Patterson, Eric Andersen, Antonello Ruggieri, Mauro Ghiglione, Philip Corner e Ben Vautier. Con quest’ultimo nel 2014 realizza il progetto benandmauro.it Nel 2015 espone al Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce di Genova e nello stesso anno è ospite in residenza presso la Emily Harvey Foundation di Venezia Nel 2017 riceve la menzione speciale del COMBAT Prize con l’installazione Fulgur, che viene esposta in spazi pubblici a Genova e a Livorno E’ docente di discipline pittoriche al Liceo Artistico Giordano Bruno di Albenga, dal 2011 collabora con l’Archivio Caterina Gualco e la galleria UnimediaModern. Dal 2017 lavora con la Gian Marco Casini Gallery di Livorno. . . . . .
Orion 2020 Ophicius 2020 alluminio piegato, luce al neon alluminio piegato, luce al neon 140x100x4 cm 120x140x4 cm
COSMOGONIE Mauro Panichella Dopo “Cetus”, opera presentata alla galleria UnimediaModern durante l’esposizione “tiro incrociato”, (vedi Catalogo mostra “Tiro Incrociato”) ho deciso di continuare la serie di lavori dedicati alle costellazioni e di considerare questa serie in divenire con i medesimi criteri adottati per la realizzazione di “Cetus”, sia nella realizzazione che nella genesi poetica. Le costellazioni mettono in relazione la mitologia e la scienza. Sono strettamente collegate alla cultura e alla mitologia greca e romana, ma esistono cosmogonie in molte altre culture. Sono simboli generati dalla pratica artistica di “unire i puntini”, dall’osservazione del cielo e dal bisogno umano di trovare e generare punti di riferimento e metafore. La manifestazione grafica (spesso figurativa) dello spazio che unisce tra loro un gruppo di stelle, altro non è che una trasposizione di ciò che l’uomo ha osservato “in piccolo”: animali, geometrie, figure antropomorfe, fiumi, oggetti etc... Le costellazioni sono immagini generate dall’uomo per dare un senso all’ignoto, per familiarizzare con ciò di cui non conosceva l’origine, grossomodo con lo stesso spirito e principio con il quale i popoli hanno generato (spesso figurizzandole) le proprie divinità. Stiamo vivendo un momento storico dominato dall’incertezza, durante il quale sentimento più condiviso è stato indubbiamente quello di impotenza di fronte ad un antagonista invisibile. Spesso si è associata l’attuale situazione mondiale ad una lotta contro un nemico impalpabile, un entità mostruosa, che dall’alto della sua invulnerabilità osserva gli eroi dei nostri tempi: i medici, gli infermieri i lavoratori e, in senso più generale, ognuno di noi. L’umanità intera, in oriente come in occidente, su ogni piano sociale, sta facendo i conti con il sentimento della speranza, della ricerca della salvezza. Tale sentimento incarna l’atavico stimolo alla continua ricerca di una spiegazione a ciò che accade in natura; la scienza e la fede, la medicina e la magia in questo senso coincidono e non è un caso che, in molti miti del passato e del presente, il Mostro e il Santo costituiscano spesso un unico ente supremo. In ogni storia, mito o artefatto in cui è presente l’intervento umano, vi è celato il suo tormento. Le opere presentate sono la raffigurazione di tre costellazioni ben visibili nel cielo notturno: Asclepio, Orione e Ercole. Ognuna è legata ad un personaggio mitologico maschile ed è rappresentata nell’azione di soccorso. Asclepio impugna un serpente, che gli suggeriva quali medicine utilizzare per guarire i malati; Orione e Ercole (spesso associati) impugnano un bastone e la pelle di un leone nell’atto di sconfiggere il Minotauro e l’Idra di Lerna.
SCANTYPE Grazia Previati La luce, il fluire del tempo, il contatto personalissimo del corpo in eterna trasformazione con la realtà. Le costanti che caratterizzano l’esistenza: dal primo vagito all’ultimo respiro. Ogni scatto fotografico che riprende un movimento o un’espressione è testimonianza unica e irripetibile di un momento che non tornerà più. La vita diventa processo creativo da personalizzare e la luce investe tutto questo; una luce senza la quale nulla esisterebbe e niente sarebbe investigabile, riconoscibile. Abbandonarsi al flusso del tempo, al suo eterno passare oltre i corpi e i piccoli drammi personali, diventa sempre più difficile. Invecchiare e rincorrere una modernità che sorpassa i tempi biologici, richiede un processo inconsapevole di scrematura di stimoli del reale per considerare soltanto ciò che serve a noi stessi, ciò che fa sopravvivere e ci rende individui. Ed è proprio il processo, il non fermarsi mai dello scanner di Mauro Panichella, il suo monotono ronzio a proporre la sensazione di moto perpetuo, di ricambio, del naturale susseguirsi della vita sulla terra, provando a fermare l’immagine per indagarne i dettagli e le sue imperscrutabili variabili. Galleggiare assume un nuovo significato: osservare il moto perpetuo dell’acqua, che percepisce ogni sussulto della terra e lo amplifica in anelli ed onde irregolari. Il moto continua, rallenta e provoca reazioni inattese al quale ogni organismo cede inevitabilmente, improvvisandosi danzatore talentuoso. Una reazione a catena, dunque. Una sorta di compendio del nostro quotidiano, che nonostante gli avanzati strumenti della modernità, è sottomesso agli eventi dalla potenza e dalla furia inaspettata. Nonostante questo, il flusso non si ferma, dall’inizio del tempo il “panta rei” appartiene a ognuno, alla percezione di perdere o rincorrere qualcosa.
Cassiopea 2018 stampa Fuji Satin su dibon 30x40 cm d
Cetus 2018 Andromeda 2018 stampa Fuji Satin su dibon stampa Fuji Satin su dibon 30x40 cm 30x40 cm d d
Perseo 2018 stampa Fuji Satin su dibon 30x40 cm d
https://vimeo.com/131309846 Atlas Pulveris 2015 partitura, stampa su carta translucent, cuffie, lettore MP 90x60 cm (partitura e brano per pianoforte di Massimo Pastorelli) 3
Atlas pulveris è un'operazione concettuale ispirata alle celebri composizioni di John Cage sugli atlanti stellari di Antonín Bečvár. Mauro Panichella lavora sull'immagine fotografica di una scansione vuota, apparentemente nera, nella quale gli unici elementi parzialmente visibili sono i pulviscoli di polvere che, depositati sul vetro dello scanner, entrano a far parte dell'immagine rendendola molto simile ad un cielo stellato. Massimo Pastorelli ha composto un brano per pianoforte a partire dall'immagine fotografica di Panichella ed associandola ad una propria rilettura dell'operazione di Cage sugli atlanti stellari. Il lavoro di Panichella e Pastorelli mette in relazione le stelle e la polvere, due entità lontane ma spesso associate. Atlas pulveris è la rivisitazione in chiave microcosmica del lavoro di Cage Atlas Eclipticalis; il tempo, lo spazio, il vuoto e il silenzio entrano in relazione tra loro attraverso la polvere depositata sul vetro, come nel famoso "elevage de poussière" fotografato da Man Ray sul Grande Vetro di Marcel Duchamp ATLAS PULVERIS Massimo Pastorelli La prima cosa che mi è venuta in mente guardando Atlas pulveris di Panichella è la stessa a cui penso ogni volta che contemplo il cielo stellato. Gli uomini hanno cercato istintivamente un ordine, un disegno, in un'infinità di punti senza ordine né disegno congiungendoli arbitrariamente per ricavarne delle figure dotate di senso (come si fa in un popolare gioco enigmistico, "La pista cifrata"), alle quali hanno dato il nome di costellazioni. Walter Benjamin vedeva in questa costruzione umana delle figure stellari, addirittura, il processo stesso del pensare: «Le idee intrattengono con le cose un rapporto simile a quello che c'è tra le immagini delle stelle e le stelle.» Tentare di tradurre ciò in musica significava, innanzi tutto, dare movimento a un'immagine fissa, perché un brano musicale è inconcepibile al di fuori di un movimento di suoni nel tempo. Ho pensato perciò di risalire con l'immaginazione alla fase instabile che precede la formazione di ogni cosmogonia, sia macro (stelle in formazione) che micro (polvere agitata dall'aria prima di depositarsi su una superficie): una materia musicale (5 note, come 5 sono i colori usati da Panichella) in fermento cerca una stabilizzazione (quella fermata dall'immagine) che trova solo alla fine, quando i 5 "granelli" sonori si separano e si distribuiscono distintamente nello spazio acustico dopo essere stati "in ebollizione" per 5 variazioni (ognuna basata su una tecnica pianistica diversa). Idealmente, quindi, il pezzo termina nel momento in cui l'immagine di Panichella inizia. .
Fulgur (44°19’38.9”N 8°30’16.3”E) Livorno 2017 stampa Fine Art su carta cotone Hahnem hl 70x70 cm ü e
Ritorno al mondo reale (Neon) 2017 luce al neon, stampa Lambda su plexiglas 180x70x50 cm s
Ritorno al mondo reale (Folgoriti) 2017 disegno e folgorite su cart 100x25 cm cad. a
Folgoriti 2017 folgoriti, contenitore in plastic dim. variabili a
RITORNO AL MONDO REALE Henry Martin Ci si chiede dove questa mostra cominci e dove finisca. Dopo tutto, Mauro Panichella ha scritto un testo che l’accompagna e predisposto un video-rendering dell’allestimento. Che questo materiale sia o meno parte della mostra e in quale misura, o che rappresenti una parte dei lavori è una discussione aperta, e sicuramente ci sono cose alle quail vale la pena di pensare, anche se non si sa esattamente come Il testo, inoltre, fa riferimento sia a Marcel Duchamp sia a John Cage, mettendoci in guardia sui luoghi di pellegrinaggio verso cui il lavoro pare muoversi, o forse, per meglio dire, sul contesto in cui lo situa. A mio avviso, è il riferimento a Duchamp quello che risulta più significativo Le due caratteristiche salienti del lavoro di Marcel Duchamp sono la sua vertiginosa complessità e la sua assoluta privacy, che sembrano non offrire alcuno spazio allo spettatore, se non quello puramente fisico che può capitare di condividere all’opera e ai suoi spettatori. Tuttavia Duchamp accettò e difese quello stato di reciproco isolamento - dell'opera rispetto allo spettatore e dello spettatore rispetto all'opera - con enorme flemma e generosità, persino con un senso di amicizia: inventò la nozione di ciò che chiamava "Il coefficiente dell’arte ", e dichiarò che una cosa è un'opera d'arte in relazione alla misura in cui le percezioni del suo osservatore sono in contrasto con l'intenzione di colui che l'ha realizzata. Questo è un corollario al suo editto molto più famoso: l'artista fa soltanto metà del lavoro, lo spettatore fa l'altra metà. Ed è anche più di un corollario, poiché affronta la natura della relazione tra queste due metà dell'opera. L'artista è libero di fare tutto ciò che pensa o apprezza, e lo spettatore è libero di fare lo stesso.Questo significa anche che l'arte non è un "linguaggio". Non esiste una relazione univoca - o una relazione idealmente non ambigua - tra "significanti" e "significati", il che semplicemente significa che l’arte ha poco da spartire con la comunicazione. È un evento naturale, come la saetta di Mauro Panichella. Accade per caso e più o meno istantaneamente, allo stesso modo in cui le linee prendono forma nei suoi vetri rotti. (La mia prima reazione - una reazione adolescenziale, assolutamente ingenua - alle linee della rottura nel Grande Vetro di Duchamp è stata quella di chiedermi come fosse riuscito a realizzarle esattamente in quel modo, presumendo che le avesse "progettate". Non avevo la minima idea del ruolo che il caso può svolgere nel funzionamento di un'opera d'arte dove anche l'ignoranza può essere un fattore nel calcolo del Coefficiente dell’Arte.) C'è una sottigliezza nei lavori di Mauro Panichella: una sottigliezza che mi ricorda un'altra nozione duchampiana: la sua nozione di inframince. L'inframince è il mondo di tutte le piccole cose, di tutti i fenomeni minori, dei quali, in generale, non possiamo concepire l’importanza nell’immensità dell'universo: gli piaceva l'esempio del calore che lasciamo sul sedile di una sedia quando ci alziamo in piedi e ci allontaniamo da essa. Questo è come il battito delle ali di una farfalla che non scatena un uragano dall'altra parte del globo. Ma c'è anche una domanda a proposito della scala da tenere a mente in relazione all’universo in generale. Quanto piccolo deve essere "minore" in un universo infinitamente grande? Ci potremmo anche chiedere se un filamento di folgorite potrebbe essere un altro esempio dell'inframince. Infine potremmo stabilire che questa escursione verso l’immensità sia stata suggerita da una delle opere di Mauro Panichella: Ritorno al mondo reale (Display)n°5 potrebbe essere la sezione di una mappa della radiazione cosmica che i fisici vedono ai confini più remoti e antichi dell’universo. . .
https://vimeo.com/148281561 Floating Venice (the last hope is the unexpected) 2015 video a colori a 20 canali, audi 7’ 56” o
PERCORSI Giulia Vasta Floating Venice è un’opera video nella quale Mauro Panichella indaga il concetto di soglia, di limite. Lo sguardo dello spettatore è sul filo dell’acqua e, da questa prospettiva, trova davanti a sé il mondo da un altro punto di vista, a metà tra due elementi: acqua e aria. Come una bottiglia galleggiante, magari con all’interno un messaggio di speranza, vaghiamo, incontriamo oggetti inaspettati che galleggiano insieme a noi in questo limbo. Il suono ovattato che sentiamo mentre guardiamo questo video, ci porta dentro l’acqua, è come se entrasse prepotentemente dentro le nostre orecchie e, in un attimo, è come se fossimo lì in mezzo al mare. Da una parte una strada, dall’altra una grossa nave da crociera, dall’altra un gondoliere. Siamo testimoni silenziosi di quello che accade sul filo dell’acqua. Conosco bene quest’opera, l’ho vista nascere e crescere nella mente di Mauro, che ha un modo molto intenso di vivere l’arte e la vita. Ormai per lui come per me, sono due entità inseparabili. Lui si butta a capofitto, fino a finirci completamente dentro ed è proprio così che è iniziata la nostra residenza veneziana presso la Emily Harvey Foundation, con una bella caduta in un canale, per la precisione Rio Racchetta dove, durante un sopralluogo per studiare i punti dai quali fare le riprese che vediamo in quest’opera, splash...è finito in acqua. Ma questo è solo un aneddoto divertente, seppur realmente accaduto. Quello che volevo dire è che Mauro è un artista che pensa, ragiona, progetta, indaga la realtà, le diverse realtà, in tutti i loro aspetti, studia ogni dettaglio in maniera precisa e minuziosa, non lascia niente al caso se non la magia della sensazione che il pubblico ha quando ammira le sue opere. Non si ferma davanti a niente e a volte inventa lui stesso qualsiasi mezzo per poter arrivare al risultato desiderato. Per la realizzazione di quest’opera, ad esempio, ha costruito una boat cam che gli ha permesso di effettuare delle riprese dal punto di vista che stava cercando. Floating Venice è stata realizzata a Venezia dove abbiamo entrambi lavorato ogni giorno anche al nostro progetto comune: Venice Paths. Abbiamo scelto la parola “Path”, in italiano “Percorsi”, perché è ciò che abbiamo realmente fatto in quel periodo, abbiamo girato Venezia in lungo e in largo, abbiamo tracciato e seguito percorsi trasformando il nostro fare in un’opera. Abbiamo raccolto, lui via “mare” e io via “terra”, quello che incontravamo, e abbiamo incontrato davvero molti oggetti misteriosi e, a volte, immagini surreali. Un giorno, ad esempio, passeggiando lungo le Fondamenta, nel quartiere ebraico, abbiamo incontrato un vecchio televisore, di quelli ancora a tubo catodico, che galleggiava lungo il canale di Cannaregio. Siamo rimasti scioccati e affascinati da questa visione e ancora penso: un televisore che galleggia sul filo dell’acqua, le riprese di Mauro sul filo dell’acqua, che cortocircuito incredibile! E ancora le diverse realtà che si incontrano, la realtà analogica e quella digitale proprio come agli inizi del suo lavoro dove il concetto di soglia era legato a quello di divisione tra due mondi, qui in quest’opera diventa un nuovo mondo. Tutto questo mi riporta alla memoria la prima volta che ho visto Mauro, il suo viso era di profilo ed immerso nell’acqua, era l’immagine di un frame del suo primo video la scansione della realtà quello che è stato per lui, a mio parere, l’inizio del suo percorso e dopo qualche anno da quella visione, del nostro.
Flow River Flow 2015 video, monitor, arco, legno, ferr dim. variabili o
FLOW, RIVER, FLOW Mauro Panichella Flow, river, flow! è un opera dal carattere narrativo e fa riferimento ad una antica leggenda della popolazione Hopi del Nordamerica, che racconta il viaggio fatto dal figlio del capo tribù verso il popolo del serpente, custode del segreto della pioggia. Il lavoro mette in luce l'influenza del contesto e la differenza che intercorre nel rapporto tra la narrazione sacra e la sua rappresentazione visiva: una relazione presente in ogni cultura. Da anni, l'autenticità delle leggende appartenenti alla cultura dei nativi americani è minac- ciata da dissacranti forme di turismo, indotte dall'influenza della società consumistica e dallo sterminio che ha visto coinvolti gli indiani e la loro storia. L'installazione è composta da quattro elementi posti sulla parete secondo una struttura circolare, ognuno dei quali corrisponde a una tappa del viaggio Il carattere illusorio del video e dello schermo televisivo trasmette le situazioni narrative nelle quali l'acqua è l'elemento centrale; semplice legno, invece, è il materiale degli altri elementi: quattro bastoni disposti a ventaglio e un arco perdono il loro carattere magico per diventare meri oggetti della rappresentazione. Durante lo sviluppo di questo lavoro ho avuto modo di approfondire le modalità di alcuni rituali Hopi, primo fra tutti il rituale del serpente: una vera e propria danza circolare che prevede, appunto, l'utilizzo pacifico di serpenti a sonagli tenuti in bocca dai danzatori e poi rilasciati verso i quattro punti cardinali per evocare il popolo del serpente e propiziare la pioggia. .
Mostre personali di Antonio d’Avossa, Caterina Gualco e Henry Martin, 2020 “Il rituale dell’inatteso”, a cura di Sara Fontana, Unimedia Modern Contemporary Art, Genova e Emily Harvey UnimediaModern Genova Foundation, Venice 2019 “Il rituale dell’inatteso”, a cura di Sara Fontana, 2014 “Art is Food. Food is Art. Sustainability and Gian Marco Casini Gallery, Livorno Culture” – a cura di Antonio d’Avossa - Grattacielo 2017 “Ritorno al mondo reale”, Gian Marco Casini Pirelli, Spazio Regione Lombardia, Milano Gallery, Livorno. “Fulgur” a cura di Caterina Gualco e 2013 “Italia/Finlandia, Le latitudini dell’arte” a cura Antonio d’Avossa, Spazio 46, Palazzo Ducale, Genova di ArtCommission events, Sala del Munizioniere, Palazzo 2015 “Conversations about the snake, Mauro Panichella - Ducale, Genova. “Stone” con Giulia Vasta in occasione di Antonello Ruggieri” A cura di Antonio d’Avossa, Museo Rolli Days, Palazzo Tobia Pallavicino, Genova d’arte contemporanea di Villa Croce, Genova 2012 “La vulnerabile parola dell’arte” a cura di Gaia 2014 “Ben&Mauro.it, Mauro Panichella - Ben Vautier” A Rotango, Art on Stage, Vigevano (PV). “Lost&Found” a Cura di Caterina Gualco , Unimedia Modern Contemporary cura di Juliana Mrvova, Ateliéry Tranzit, Hangar– Art, Palazzo Squarciafico, Genova Bratislava (SK 2013 “Light, Flow, Threshold” A Cura di Caterina Gualco, “Aperto Uno” a cura di Atelier-A, Castello della Alessandra Gagliano Candela e Grazia Previati, Sala Lucertola, Apricale (IM). “Abbey Contemporary Art” a Dogana, Palazzo Ducale e Unimedia Modern Contemporary cura di Michele Dell’Aria, Ex Abbazia di San Remigio, art, Genova Parodi Ligure (AL) 2012 “Scan Light” A Cura di Grazia Previati e Norma 2011 “Bestiario” a cura di Caterina Gualco, Museo di Stalla, Sala Consiliare, Celle Ligure(SV) S.Agostino, Genova. “erba e fior che la gonna...” a cura 2011 “Scantypes” A Cura di Alessandra Gagliano Candela di Caterina Gualco e Clelia Belgrado, Vision Quest Art Unimedia Modern Contemporary Art, Genova. “Days in Gallery e Unimedia Modern Contemporary Art, Genov Paris” A Cura di Andrea Ponsini, Atelier in Montrouge, 2010 “E.A.S.E.L.” a cura di Daniela Legotta, Parigi GalleriaStudio 44, Genova. Esposizione del video “Scan 2010 “Scantypes: Identità Fluttuanti” a cura di Emilia Yourself” presso il John Erickson Museum (JEMA) durante Marasco, Ristorante Di Sopra, Palazzo Ducale, Genova la mostra “All-over Museum” a cura di The John Erickson 2009 “Born. Yourself. Die.” a cura di Michael Blueme, Museum (JEMA) in collaborazione con Unimedia Modern GalleriaStudio44, Genova Gallery. Raccolte Frugoni. Musei di Nervi, Genova. “La stanza delle memorie” a cura di Renato Carpi Spazio Mostre collettive della Dogana, Palazzo Ducale, Genova 2009 Partecipazione alla biennale itinerante JCE ( JEUNE 2019 “Tiro incrociato” (con Vincenzo Agnetti, Mauro CREATION EUROPÉENNE) , selezione italiana a cura di Ghiglione, Franco Vaccari), UnimediaModern, Genova. Sandra Solimano, Montrouge, Paris, FRANCE - Klaipedia, 2018 “Nero Positivo-Nero Negativo”, Gian Marco Casini LITHUANIA - Bratislava SLOVAKIA - Pecs, HUNGARY - Gallery, Livorno. “Labrys project”, Galleria Mario di Sazburg, AUSTRIA - Genoa,ITALY - L’hospitalet de Iorio – Biblioteca Statale Isontina, Gorizi Llobregat, SPAIN - Amarante, PORTUGAL. “Le Parole 2017 “Teatrum Botanicum”, PAV Parco Arte Vivente, Torin dell’arte” curata da Alessanda Gagliano Candela, “Rosa”, Gian Marco Casini Gallery, Livorno. “387 a game Biblioteca Berio, Sala Mostre, Genova. Partecipazione with names and numbers”, Emily Harvey Foundation, alla collettiva di installazioni “site Venezia specific” “Lo Spazio Ritrovato/Lo Spazio Reiventato” 2015 “ZAMATOVÝ OBJEKT TÚŽBY” a cura di Juliana Juliana curata da Elisabetta Rota, SPAC, Pieve di Teco (IM) Mrvová, Galéria Gagarinka, Bratislava (SK). “Marcel Duchamp and John Cage - Les grands trans-parents” a cura . . . ) . . . . . . . . a . . . a . . . o
PUBBLICAZIONI Il rituale dell’inatteso Ritorno al mondo reale Finds SAGEP edizioni ed. GMCG ed. De Ferrari Genova 201 Livorno 201 Genova 2016 9 7
Gian Marco Casini Gallery Via Montebello 5, Livorn 340 301408 info@gmcg.it www.gmcg.it 1 o
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