Bollettino Astronomico - 446 / 2018 5 Dicembre 2018 - Osservatorio Galileo Galilei
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Bollettino di informazione astronomica nr. 446 del 5/12/2018 Osservatorio Astronomico e Planetario G.Galilei – Suno 45° 36’ 16” Nord 08° 34’ 25” Est pag. 2
Bollettino di informazione astronomica nr. 446 del 5/12/2018 OSSERVATORIO ASTRONOMICO e PLANETARIO G.Galilei 28019 SUNO (NO) Tel. 032285210 / 335275538 www.osservatoriogalilei.com - info@osservatoriogalilei.com Calendario lunare 2019 Mercoledì 5 dicembre 2018, dopo le ore 21, in osservatorio, per i tradizionali incontri del primo mercoledì di ogni mese, in caso di condizioni meteo favorevoli, osservazioni al telescopio. In caso di cattivo tempo sarà in uso il solo planetario. Si ricorda che la capacità ricettiva consentita per le proiezioni al planetario è limitata a 30 persone mentre per le osservazioni in cupola il limite scende a 15 persone per turno. Luna: La Luna prossima al novilunio (07/12) con fase 3,15%, agevola l’osservazione degli oggetti del cielo profondo per tutta la notte Costellazioni: Si potranno vedere le principali costellazioni autunnali e nella seconda parte della notte le costellazioni invernali. Pianeti: Subito dopo il tramonto e ormai basso sull’orizzonte Marte (tramonta alle 23.56), Urano, visibile per buona parte della notte nella costellazione dei Pesci Osservatorio Astronomico e Planetario G.Galilei – Suno 45° 36’ 16” Nord 08° 34’ 25” Est pag. 3
Bollettino di informazione astronomica nr. 446 del 5/12/2018 CALENDARIO LUNARE DI DICEMBRE 2018 e GENNAIO 2019 Osservatorio Astronomico e Planetario G.Galilei – Suno 45° 36’ 16” Nord 08° 34’ 25” Est pag. 4
Bollettino di informazione astronomica nr. 446 del 5/12/2018 EFFEMERIDI DI DICEMBRE e GENNAIO 2019 Luna Luna Sole Sole Data sorge tramonta sorge tramonta alba crepuscolo ---------- -------- -------- ------- -------- ------ ------ 01/12/2018 00:53 14:06 07:46 16:43 05:59 18:30 02/12/2018 02:04 14:32 07:47 16:43 06:00 18:29 03/12/2018 03:14 14:59 07:48 16:43 06:01 18:29 04/12/2018 04:22 15:27 07:49 16:42 06:02 18:29 05/12/2018 05:31 15:57 07:50 16:42 06:03 18:29 06/12/2018 06:37 16:30 07:51 16:42 06:04 18:29 07/12/2018 07:41 17:09 07:52 16:42 06:05 18:29 08/12/2018 08:40 17:52 07:53 16:42 06:06 18:29 09/12/2018 09:35 18:41 07:54 16:42 06:06 18:29 10/12/2018 10:22 19:35 07:55 16:42 06:07 18:29 11/12/2018 11:03 20:31 07:56 16:42 06:08 18:29 12/12/2018 11:38 21:30 07:57 16:42 06:09 18:29 13/12/2018 12:08 22:30 07:58 16:42 06:10 18:30 14/12/2018 12:35 23:32 07:58 16:42 06:10 18:30 15/12/2018 13:00 ------ 07:59 16:42 06:11 18:30 16/12/2018 13:24 00:33 08:00 16:42 06:12 18:30 17/12/2018 13:49 01:37 08:01 16:43 06:12 18:31 18/12/2018 14:14 02:42 08:01 16:43 06:13 18:31 19/12/2018 14:43 03:50 08:02 16:43 06:13 18:32 20/12/2018 15:17 05:01 08:02 16:44 06:14 18:32 21/12/2018 15:58 06:13 08:03 16:44 06:15 18:33 22/12/2018 16:47 07:25 08:03 16:45 06:15 18:33 23/12/2018 17:47 08:32 08:04 16:45 06:16 18:34 24/12/2018 18:56 09:33 08:04 16:46 06:16 18:34 25/12/2018 20:10 10:23 08:05 16:47 06:16 18:35 26/12/2018 21:27 11:05 08:05 16:47 06:17 18:35 27/12/2018 22:41 11:40 08:05 16:48 06:17 18:36 28/12/2018 23:55 12:10 08:06 16:49 06:17 18:37 29/12/2018 ------ 12:38 08:06 16:50 06:18 18:37 30/12/2018 01:05 13:05 08:06 16:50 06:18 18:38 31/12/2018 02:14 13:32 08:06 16:51 06:18 18:39 ---------- -------- -------- ------- -------- ------ ------ 01/01/2019 03:22 14:00 08:06 16:52 06:18 18:40 02/01/2019 04:28 14:32 08:06 16:53 06:18 18:41 03/01/2019 05:32 15:08 08:06 16:54 06:19 18:41 04/01/2019 06:32 15:49 08:06 16:55 06:19 18:42 05/01/2019 07:28 16:35 08:06 16:56 06:19 18:43 06/01/2019 08:17 17:27 08:06 16:57 06:19 18:44 07/01/2019 09:01 18:22 08:06 16:58 06:19 18:45 08/01/2019 09:38 19:21 08:05 16:59 06:18 18:46 09/01/2019 10:10 20:20 08:05 17:01 06:18 18:47 10/01/2019 10:38 21:21 08:05 17:02 06:18 18:48 11/01/2019 11:04 22:21 08:04 17:03 06:18 18:49 12/01/2019 11:28 23:23 08:04 17:04 06:18 18:50 13/01/2019 11:51 ------ 08:04 17:05 06:17 18:51 14/01/2019 12:15 00:26 08:03 17:07 06:17 18:52 15/01/2019 12:42 01:31 08:03 17:08 06:17 18:53 '------' indica nessun evento per questa data. Osservatorio Astronomico e Planetario G.Galilei – Suno 45° 36’ 16” Nord 08° 34’ 25” Est pag. 5
Bollettino di informazione astronomica nr. 446 del 5/12/2018 Osservatorio Astronomico e Planetario G.Galilei – Suno 45° 36’ 16” Nord 08° 34’ 25” Est pag. 6
Bollettino di informazione astronomica nr. 446 del 5/12/2018 Osservatorio Astronomico e Planetario G.Galilei – Suno 45° 36’ 16” Nord 08° 34’ 25” Est pag. 7
Bollettino di informazione astronomica nr. 446 del 5/12/2018 COMETE: 46P/Wirtanen Object Name: 46P/Wirtanen Comet Perihelion Month: 12 Object Type: Comet Comet Perihelion Day: 12.9271 RA (Topocentric): 02h 52m 06.3s Comet Perihelion Year: 2018 Dec (Topocentric): -11° 13' 40" Comet Eccentricity: 0.6585 RA (2000.0): 02h 51m 11.3s Comet Perihelion Distance: 1.0554 Dec (2000.0): -11° 18' 09" Comet Inclination: 11.7455 Azimuth: 157° 14' 21" Comet Long. of the Asc. Node: 82.1655 Altitude: +30° 24' 33" Comet Longitude of Perihelion: Magnitude: 9.39 356.3274 Rise Time: 17:04 Comet Ecliptic: 1.0000 Transit Time: 22:19 Comet Magnitude 1: 14.0000 Set Time: 03:39 Comet Magnitude 2: 15.0000 Hour Angle: -01h 19m 33s Heliocentric Longitude: 1.3° Air Mass: 1.98 Heliocentric Latitude: -0.1° Earth Distance (au): 0.10 Heliocentric Radius: 1.0598 Sun Distance (au): 1.06 Sidereal Time: 01:33 RA Rate (arcsecs/sec): 0.040689 Julian Date: 2458458.33333333 Dec Rate (arcsecs/sec): 0.089601 Click Distance: 0.0000 Date: 05/12/2018 Celestial Type: 36 Time: 21.00 STD Index: 651 Constellation: Eridanus Text Record Start: 0 Constellation (Abbrev.): Eri Constellation Number: 35 Osservatorio Astronomico e Planetario G.Galilei – Suno 45° 36’ 16” Nord 08° 34’ 25” Est pag. 8
Bollettino di informazione astronomica nr. 446 del 5/12/2018 COMETE: 64P/Swift-Gehrels Object Name: 64P/Swift-Gehrels Comet Perihelion Month: 11 Object Type: Comet Comet Perihelion Day: 3.8925 RA (Topocentric): 01h 54m 54.8s Comet Perihelion Year: 2018 Dec (Topocentric): +33° 54' 47" Comet Eccentricity: 0.6875 RA (2000.0): 01h 53m 48.2s Comet Perihelion Distance: 1.3932 Dec (2000.0): +33° 49' 12" Comet Inclination: 8.9487 Azimuth: 215° 00' 21" Comet Long. of the Asc. Node: 299.9993 Altitude: +76° 15' 26" Comet Longitude of Perihelion: 97.1476 Magnitude: 12.97 Comet Ecliptic: 1.0000 Rise Time: 12:25 Comet Magnitude 1: 9.5000 Transit Time: 21:22 Comet Magnitude 2: 30.0000 Set Time: 06:24 Heliocentric Longitude: 1.1° Hour Angle: 00h 37m 48s Heliocentric Latitude: +0.2° Air Mass: 1.03 Heliocentric Radius: 1.4453 Earth Distance (au): 0.54 Sidereal Time: 02:33 Sun Distance (au): 1.45 Julian Date: 2458458.37500000 RA Rate (arcsecs/sec): 0.023693 Click Distance: 0.0000 Dec Rate (arcsecs/sec): -0.006566 Celestial Type: 36 Date: 05/12/2018 Index: 670 Time: 22.00 STD Text Record Start: 0 Constellation: Triangulum Constellation Number: 79 Constellation (Abbrev.): Tri Osservatorio Astronomico e Planetario G.Galilei – Suno 45° 36’ 16” Nord 08° 34’ 25” Est pag. 9
Bollettino di informazione astronomica nr. 446 del 5/12/2018 RECENSIONI (a cura di Mauro Laurora) Dalla polvere alla vita. L'origine e l'evoluzione del nostro sistema solare Autore: John Chambers e Jacqueline Mitton. Editore: Hoepli Pagine: 324 Edizione: 2016 - € 24.90 ISBN: 9788820372071 Gli autori: John Chambers è planetologo al Dipartimento di Magnetismo Terrestre alla Carnegie Institution for Science. Jacqueline Mitton è scrittrice (Titan Unveiled: Saturn's Mysterious Moon Explored, Princeton) e consulente in astronomia. Sinossi del libro: "La nascita e l'evoluzione del sistema solare sono un mistero davvero affascinante. La sua soluzione un giorno – forse – potrà rispondere alle domande che ci poniamo sulle origini dell'umanità. Il libro racconta l'avvincente storia di come i corpi celesti che formano il sistema solare siano nati milioni di anni fa e descrive come scienziati e filosofi da secoli provino a svelarne i misteri, mettendo insieme pezzo a pezzo tutti gli indizi che hanno permesso di dedurre l'aspetto dell'universo, la sua età e il modo in cui probabilmente si è formato. Ripercorrendo la storia dell'astronomia e le scoperte più recenti in astrofisica e planetologia, John Chambers e Jacqueline Mitton ci offrono il più autorevole testo in circolazione sul tema. I due autori esaminano lo scenario in cui il Sole è comparso, la nuvola di gas e polveri che lo accompagnavano, poi trasformatasi in pianeti, comete, lune, asteroidi come oggi li vediamo. Esplorano i modi nei quali ciascun pianeta ha acquisito le caratteristiche uniche che conosciamo, perché alcuni sono divenuti mondi gassosi e altri regni di roccia, e in particolare perché uno tra essi, la nostra Terra, sia così perfetto per l'origine della vita. Dalla polvere alla vita è una lettura obbligata per chi si interessa alla lunga strada percorsa dal sistema solare. Ci porta alla frontiera della ricerca, si cimenta con le dispute più recenti e rivela come le scoperte di pianeti extra-solari stiano cambiando la comprensione del nostro stesso sistema, della sua straordinaria storia e forse del suo destino." Osservatorio Astronomico e Planetario G.Galilei – Suno 45° 36’ 16” Nord 08° 34’ 25” Est pag. 10
Bollettino di informazione astronomica nr. 446 del 5/12/2018 NEL NOSTRO FUTURO CI SARÀ L’EREDITÀ DI GAIA - 01 (a cura di Mauro Laurora) Tutte le immagini provengono da internet Il satellite GAIA (acronimo di Global Astrometric Interferometer for Astrophysics) svolge una missione spaziale astrometrica messa a punto dall'ESA, l’Agenzia Spaziale Europea. E’ sostanzialmente la continuazione della missione Hipparcos, con una precisione duecento volte maggiore con l’ambizione di ottenere una mappa tridimensionale della nostra galassia, rivelandone la formazione, la composizione e l’evoluzione. La missione, originariamente programmata e finanziata per cinque anni, nel dicembre 2017 è stata prolungata per ulteriori 18 mesi, sino a dicembre 2020. Lanciato il 19 dicembre del 2013 con il vettore Soyuz-Fregat, è stato collocato in Il posizionamento orbitale di GAIA un'orbita di lissajous attorno al secondo punto lagrangiano del sistema Sole-Terra. Il punto L2 offre ottime caratteristiche per l'attività da svolgere in quanto il Sole, la Terra e la Luna, si posizionano fuori dal campo di osservazione del satellite, oltre ad essere interessato da un relativamente basso livello di radiazioni e da una buona stabilità termica. Realizzato totalmente dall’ESA, il satellite è dotato di una strumentazione scientifica che consiste di due telescopi con campi di vista diversi e piano focale in comune, una serie di specchi e più di cento CCD che corrispondono a quasi un miliardo di pixel, GAIA scansiona continuamente tutto il cielo, sfruttando i moti di rotazione e di precessione del satellite: ogni zona del cielo verrà osservata circa settanta volte durante la sua vita operativa. La partecipazione della comunità scientifica europea alla missione prevede la responsabilità dell’analisi e della riduzione dell’enorme mole di dati prodotti. Compito svolto dal Data Processing and Il satellite GAIA Analysis Consortium (DPAC), il consorzio di istituti di ricerca europei creato dagli scienziati europei in risposta a un Announcement of Opportunity dell’ESA. Notevole il contributo italiano, secondo solo a quello francese: il nostro paese è parte del consorzio europeo DPAC e fornisce il suo supporto all’analisi e all’elaborazione dei dati dalla missione attraverso lo Science Data Center dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e gli osservatori dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) di Bologna, Catania, Napoli, Padova, Roma, Bergamo, Osservatorio Astronomico e Planetario G.Galilei – Suno 45° 36’ 16” Nord 08° 34’ 25” Est pag. 11
Bollettino di informazione astronomica nr. 446 del 5/12/2018 Teramo, Torino e Trieste. Particolarmente rilevante, poi, il Data Processing Center Torino (DPCT), la base italiana per l’elaborazione dei dati della missione GAIA, realizzato da ALTEC in collaborazione con l’INAF - Osservatorio Astronomico di Torino e finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana. Per gestire e archiviare l’enorme mole di dati provenienti da GAIA, il DPCT ospitato presso la sede ALTEC di Torino, utilizzerà anche il supercalcolatore FERMI installato presso il Consorzio Interuniversitario CINECA di Bologna, interamente dedicato alla validazione astrometrica e contenente tutti i dati di missione per un totale di 1,5 petabyte, ovvero 1,5 milioni di gigabyte. Obiettivi scientifici della missione Lo scopo di questa missione è molto Il coinvolgimento italiano nella missione ambizioso: produrre una mappa tridimensionale della nostra Galassia, rivoluzionando con dati di una precisione senza precedenti il mosaico di informazioni sui processi che ne hanno caratterizzato la formazione e l'evoluzione. Con errori astrometrici al meglio dei 50 milionesimi di secondo d’arco - equivalenti alle dimensioni apparenti di una mela posta sulla Luna - la storia evolutiva della nostra Galassia e delle sue popolazioni non avrà più segreti in un raggio di oltre 13.000 anni luce dal Sole. Il primo oggetto scoperto da GAIA è stato GAIA14aaa una supernova di una galassia lontana. Gli oggetti scoperti vengono nominati con un identificativo composto dal nome del satellite, GAIA, le ultime due cifre dell'anno dell'identificazione, ad esempio 14 per il 2014, e un codice alfabetico progressivo iniziando da aaa, aab, aac e così via; ad esempio, il ventisettesimo oggetto scoperto da GAIA nel 2014 si chiama GAIA14aba. Nel 2014 sono state individuate 103 nuove stelle o oggetti simili, molti dei quali richiedono osservazioni successive per una certa identificazione. Osservatorio Astronomico e Planetario G.Galilei – Suno 45° 36’ 16” Nord 08° 34’ 25” Est pag. 12
Bollettino di informazione astronomica nr. 446 del 5/12/2018 Il lavoro di rilevazione, che abbraccia il periodo tra il 25 luglio 2014 e il 23 maggio 2016, contiene le posizioni di quasi 1,7 miliardi di stelle presenti nella Via Lattea, raccogliendo misure di posizioni, distanze e movimenti (astrometria), intensità della radiazione emessa (fotometria) oltre alle caratteristiche della radiazione emessa alle varie lunghezze d’onda (spettroscopia) oltre ad informazioni sulla variabilità nel tempo di luminosità e colore di mezzo milione di stelle. Per un altro sottogruppo di sette milioni di stelle, è stata determinata la velocità lungo la linea di vista (cioè la velocità radiale), oltre alle temperature superficiali di circa cento milioni di oggetti stellari e l’effetto di oscuramento prodotto dalla polvere interstellare su 87 milioni di astri. L’attività svolta sin’ora si può riassumere così: • Posizione e luminosità: c.a 1,7 miliardi di stelle; • Temperatura superficiale: c.a 161 milioni di stelle; • Parallasse e moto proprio c.a 1,3 miliardi di stelle; • Raggio: c.a 77 milioni di stelle; • Velocità radiale: c.a 7 milioni di stelle; • Asteroidi del sistema solare analizzati: 14000; • Il diagramma Hertzsprung-Russell Ma GAIA si è spinta oltre, approfondendo la conoscenza della popolazione di asteroidi del nostro Sistema Solare e, quindi, le sue origini. Ha anche ricercato la presenza di pianeti in orbita intorno ad altre stelle e studiato le nane brune, le supernovae ed i quasar. Con l'analisi di quattro milioni di stelle entro i 5000 a.l. ha consentito di ridefinire dettagliatamente il diagramma Hertzsprung-Russell. Questa nuova versione del diagramma H-R rivela dettagli ad elevatissima definizione per la prima volta nella storia. Per esempio identifica il segnale tipico delle nane bianche (stelle che rimangono dopo la “morte” di un astro simile al nostro Sole) permettendo addirittura di differenziare quelle caratterizzate da un nucleo ricco di idrogeno da quelle invece ricche di elio. Ma c’è ancora di più: combinando i dati del diagramma H-R costruito con i dati di GAIA e l’informazione delle velocità stellari, è possibile distinguere differenti popolazioni di diverse età distribuite in svariati settori della galassia, per esempio nel disco o nell’alone. Ricerche su questi dati hanno confermato che le stelle che si muovono più velocemente che si pensavano appartenere all’alone galattico, appartengono a due distinte popolazioni stellari che si sono formate attraverso due differenti scenari evolutivi, lo studio dei quali richiederà ancora più osservazioni. Osservatorio Astronomico e Planetario G.Galilei – Suno 45° 36’ 16” Nord 08° 34’ 25” Est pag. 13
Bollettino di informazione astronomica nr. 446 del 5/12/2018 Un terzo blocco dovrebbe essere disponibile verso la fine del 2020, con i dati spettrali e le lunghezze d'onda di emissione delle stelle osservate, oltre ad un campione di asteroidi più numeroso. Esopianeti L'altissima risoluzione ottica degli strumenti di GAIA, permetterà anche l'identificazione di eventuali pianeti extrasolari: si stima che al termine della missione saranno stati individuati circa 8000 pianeti extrasolari e 1000 sistemi solari. Il pianeta più piccolo individuabile da GAIA ha massa pari a quella di Giove, cioè 300 volte quella della Terra, e periodo orbitale fino a 10 anni. Alla massima distanza osservabile (200 parsec) GAIA potrà individuare pianeti di 2-3 MJ distanti tra 2 e 4 UA dalla loro stella, mentre a distanze intorno a 25 parsec, sarà possibile individuare pianeti di massa simile a quella di Saturno a una distanza dalla propria stella compresa tra 1 e 4 UA. I numeri da GAIA Osservatorio Astronomico e Planetario G.Galilei – Suno 45° 36’ 16” Nord 08° 34’ 25” Est pag. 14
Bollettino di informazione astronomica nr. 446 del 5/12/2018 ASTROFISICA – Le onde gravitazionali – prima parte (a cura di Dario Kubler) “Le onde gravitazionali esistono e lo spazio s’increspa come l’acqua in uno stagno!” Cento anni dopo la formulazione della teoria di Einstein l’uomo è riuscito nell’intento di rilevare le elusive onde gravitazionali. Giovedì 11 febbraio 2016 il mondo della fisica era in trepidante attesa per via di una conferenza che tutti speravano segnasse una data fondamentale nella storia della scienza moderna. E nessuno rimase deluso! Dopo mesi di speculazioni che videro coinvolta l’intera comunità scientifica a colpi di e-mail e di post sui social media, la NSF (National Science Foundation), una delle più importanti associazioni scientifiche americane, durante una affollatissima conferenza stampa annunciò al mondo intero di essere riuscita nell’intento di osservare direttamente le onde gravitazionali generate dalla fusione di due buchi neri distanti miliardi di anni luce dalla Terra; misura ottenuta attraverso l’impiego di due gigantesche antenne, o meglio di due rivelatori interferometrici chiamati LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory). Lo scintillio presente negli occhi dei protagonisti della conferenza tradì immediatamente il loro stato d’animo e il tanto atteso annuncio si tramutò ben presto in un premio Nobel che la commissione Svedese conferì l’anno seguente a Rainer Weiss, Barry Barish e Kip Thorne per la rilevazione delle onde gravitazionali, coronando uno avvincente percorso, tutt’altro che lineare, durato oltre un secolo. Osservatorio Astronomico e Planetario G.Galilei – Suno 45° 36’ 16” Nord 08° 34’ 25” Est pag. 15
Bollettino di informazione astronomica nr. 446 del 5/12/2018 a lato: Kip Thorne (Credits: Kanijoman/Flickr) Non vi è dubbio che la rilevazione delle onde gravitazionali rappresenti un momento esaltante per tutti i fisici del mondo in quanto, fino al giorno prima, le uniche onde osservate dall’uomo erano le onde elettromagnetiche che, tanto per capirci, sono quelle di cui sono fatti la luce, i raggi X e i segnali radio. Ma da quel giorno l’uomo si è reso conto di essere in grado di osservarne di un altro tipo, ancorché simili a quelle elettromagnetiche, ma con qualcosa di diverso e di strano, perché generate dalle vibrazioni sia dello spazio che del tempo, che - grazie alla spettacolare intuizione del matematico Hermann Minkowsky - noi oggi riconosciamo essere un’unica entità: lo “spaziotempo”. Questa osservazione conferma che lo spazio non è più statico e nemmeno assoluto, ma si increspa e oscilla proprio come la superficie di un lago mosso dal vento o colpito da un sasso lanciato da riva. A questo punto possiamo domandarci: poiché la luce proveniente dal Sole impiega più di otto minuti per raggiungere la Terra, se il Sole venisse spazzato via in questo preciso istante, che cosa succederebbe nei prossimi otto minuti agli abitanti del pianeta Terra, involontari viaggiatori nell’universo? La risposta è presto formulata: proprio nulla! Perché non esiste nessun modo per sapere della repentina scomparsa della nostra stella; nessun messaggio sarebbe in grado di portarci un’informazione così nefasta viaggiando più velocemente della luce. Ora, poiché è la forza di gravità del Sole a tenere la Terra vincolata nella sua orbita, per i successivi otto lunghi minuti la Terra sarebbe ancora attratta dal Sole, pur essendo quest’ultimo completamente annichilito nel nulla cosmico. Quindi qualcosa deve viaggiare nello spazio per trasferire l’informazione che l’attrazione del Sole si sta per spegnere, ebbene questo qualcosa è proprio l’onda gravitazionale, il rapido propagarsi di una minuscola deformazione dello spazio e del tempo, o meglio dello spaziotempo, per essere precisi. L’aspetto più spettacolare di questa incredibile storia non consiste solo nella singolarità della Natura (potremmo mai abituarci ad essa?) e nemmeno nella capacità tecnologica degli ingegneri e scienziati che sono riusciti, dopo anni di prove e di sperimentazioni, a costruire un rivelatore in grado di misurare le sfuggevoli onde dello spazio; quello che meraviglia è il fatto che l’esistenza di queste onde sia stata prevista oltre cento anni fa, molto prima che noi potessimo solo lontanamente immaginare di osservarle. La storia delle onde gravitazionali nasce da un articolo pubblicato da Albert Einstein nel 1916, a pochissimi mesi dalla pubblicazione del lavoro più importante della sua vita: la teoria della “Relatività Generale”. Nella teoria della Relatività Einstein descrive la gravità come una manifestazione della curvatura dello spaziotempo, immaginando quest’ultimo come un tessuto in grado di deformarsi e di vibrare a seconda della posizione e delle accelerazioni delle masse e delle energie che costituiscono l’Universo. Bene. Tornado all’articolo del giugno 1916, dal titolo alquanto ambiguo e di scarsa attrattività: “L'integrazione approssimativa delle equazioni di campo della gravitazione”, Einstein, dopo un’attenta analisi delle equazioni, evidenzia come le loro soluzioni, ancorché approssimative, indichino la possibilità che un corpo massiccio in rapido movimento generi delle onde di gravità, le quali, spinte dalle vibrazioni dello spazio circonstante, si allontanano in ogni direzione alla velocità della luce. Impressionante! Ma sarà vero? Ben presto Einstein cambia idea e scrive un nuovo articolo in cui spiega che tali onde non possono esistere in natura. Dopo alcuni anni, a causa di un nuovo cambiamento d’opinione (d’altra parte Einstein era fatto così) ne pubblica un altro per descrivere Osservatorio Astronomico e Planetario G.Galilei – Suno 45° 36’ 16” Nord 08° 34’ 25” Est pag. 16
Bollettino di informazione astronomica nr. 446 del 5/12/2018 come, pur essendo reali, le onde gravitazionali non si sarebbero mai potute misurate a causa della loro fievolezza. In effetti, all’epoca, senza l’ausilio di LASER, computer e specchi realizzati con qualità e purezze assolute, una tale impresa era inimmaginabile. Credo inoltre che non sia improbabile che questa affascinante scoperta sia anch’essa figlia dell’intenso scambio epistolare fra l’autore e un illustre matematico italiano, Tullio Levi Civita, suo contemporaneo, il quale ebbe un innegabile ruolo proprio nello sviluppo matematico della Relatività Generale einsteiniana. Qualora la Natura avesse pensato di onorare Einstein, la scoperta dei nostri giorni - avvenuta dopo un secolo dalla sua predizione - costituisce indubbiamente il modo più sorprendente ed elegante per farlo, a dimostrazione di come la profondità e la potenza del pensiero umano siano in grado di intuire fenomeni che solamente la più alta evoluzione tecnologica e la più amplia collaborazione internazionale sono in grado di dimostrare solamente molto tempo dopo. A conferma di tutto ciò, l’uomo ha dovuto attendere con pazienza che scattassero le ore 11:50:45 di lunedì 14 settembre 2015 (orario dell’Europa Centrale) per avere una conferma diretta dell’intuizione di Einstein, perché esattamente in quell’istante i due osservatori LIGO rivelarono all’unisono un inequivocabile cinguettio, caratteristico del passaggio di onde gravitazionali emesse da due buchi neri in coalescenza. Nella configurazione attuale LIGO è costituito da due strutture identiche, una ad Hanford nello stato di Washington e l’altra a Livingston in Louisiana, negli Stati Uniti, distanti fra di loro 3000 km. Lo scopo della ridondanza è quello di aiutare i ricercatori nel distinguere un segnale di natura cosmica associato alle onde gravitazionali dalle innumerevoli interferenze di origine terrestre. È importante sottolineare il fatto che i due rivelatori, pur non essendo ancora ancora ufficialmente operativi, erano comunque entrambi attivi per completare l’ultima sessione di test prima della riaccensione ufficiale prevista per la fine del mese; test necessari per mettere a punto le configurazioni dei due rivelatori dopo alcuni anni di inattività, un lasso di tempo necessario per completare i lavori di miglioramento della sensibilità dello strumento, incrementata di alcuni ordini di grandezza. Sfortunatamente il rivelatore italo-francese VIRGO, costruito a Cascina nella campagna pisana, anch’esso coinvolto in simili opere di miglioramento, era completamente disattivo in quei giorni e non riuscì a partecipare al rilevamento congiunto ed inaspettato del primo storico segnale. Rivelare le onde gravitazionali è un’impresa complessa anche perché l’interazione gravitazionale è la più debole fra quelle note nell’Universo. Per questo motivo i fisici che hanno progettato i rivelatori hanno dovuto ingegnarsi per inventare stupefacenti soluzioni tecnologiche mai testate prima. Fra le quali gli interferometri laser costituiti da due bracci perpendicolari lunghi diversi chilometri (4 km in LIGO e 3 km in VIRGO) al cui interno sono fatti propagare potenti fasci LASER, riflessi centinaia di volte da specchi ad altissima qualità per allungarne il percorso, che, una volta ricombinati, determinano una tipica figura d’interferenza. Quando un’onda gravitazionale attraversa l’interferometro produce una variazione nella lunghezza dei bracci: uno si allunga mentre l’altro si accorcia. Un’onda gravitazionale fa oscillare tale distanza perché lo spazio si stira e si rilascia come un filo che oscilla al vento. Il problema è che il cambiamento è estremamente piccolo, e rilevarlo richiede una tecnologia avanzatissima. Per essere più chiari questi straordinari rivelatori sono in grado di misurare variazioni nella lunghezza dei due bracci prossime ad un millesimo della dimensione di un nucleo atomico; praticamente è come se si riuscisse a misurare una variazione uguale allo spessore di un Osservatorio Astronomico e Planetario G.Galilei – Suno 45° 36’ 16” Nord 08° 34’ 25” Est pag. 17
Bollettino di informazione astronomica nr. 446 del 5/12/2018 capello umano lungo la distanza che separa la Terra alla stella più vicina al Sole, Proxima Centauri, distante oltre 9 milioni di milioni di km. Sono degli esempi di ingegneria ad altissimo livello, strutture spettacolari che meritano senza dubbio una visita in loco. Ritornando al primo spettacolare segnale catturato dai due rivelatori LIGO, analizzando le tempistiche e le frequenze caratteristiche dei segnali rilevati, dopo diversi mesi di intensive simulazioni numeriche utilizzando supercomputer per elaborare le complesse equazioni della teoria della Relatività Numerica, è stato possibile associare l’emissione delle onde gravitazionali a uno degli eventi più esotici e violenti dell’intero Universo: la fusione di due buchi neri di 36 e 29 masse solari, legati in un atipico sistema binario, posti a 1,3 miliardi di anni luce dalla Terra. Il buco nero risultante dalla loro fusione, avvenuta ad una velocità pari alla metà di quella della luce, ha una massa pari a 62 masse solari. Facendo una semplice comparazione delle dimensioni dei corpi celesti coinvolti nell’evento catastrofico, è facile intuire che 3 masse solari mancano all’appello, ma dove sono finite? Ebbene le onde gravitazioni sono il risultato della trasformazione di tale massa mancante in pura energia, secondo la ben nota relazione E=mc². Dettagliatissimi studi analitici hanno permesso di determinare come, nei millisecondi immediatamente precedenti la fusione, sia stata convertita sotto forma di oscillazioni dello spaziotempo una quantità di energia pari a 50 volte quella emessa da tutte le stelle che compongono l’intero Universo all’unisono. Qualcosa d’inimmaginabile! Il processo di fusione dei due buchi neri è accaduto a 410 megaparsec di distanza, un miliardo e mezzo di anni luce fa, quando sulla Terra facevano la loro comparsa le prime cellule evolute in grado di utilizzare l’ossigeno. Considerando l’aspetto prettamente scientifico della storica rivelazione, il primo risultato consiste nella conferma diretta dell’esistenza delle onde gravitazionali, seguito dell’altrettanto fondamentale scoperta dell’esistenza dei buchi neri di dimensioni intermedie, con masse pari ad alcune decine di volte la massa del Sole. L’osservazione ha anche confermato l’esistenza di sistemi binari di buchi neri, evento ritenuto rarissimo in natura. Si è parlato della rilevazione diretta delle onde gravitazionali in quanto negli anni ’70 ci fu un primo indizio indiretto dell’esistenza delle stesse grazie al lavoro che due scienziati statunitensi, Joseph Taylor e Russel Hulse, svolsero presso il radiotelescopio di Arecibo nell’osservazione ripetuta della coppia di pulsar denominata PSR 1913+16. Si tratta di due stelle di neutroni, due pulsar appunto, in rotazione attorno al baricentro comune lungo un’orbita ellittica. Secondo la Relatività Generale il moto di due stelle in orbita reciproca produce un’emissione di onde gravitazionali con un’energia direttamente proporzionale alle loro masse e inversamente proporzionale al periodo orbitale. Poiché l’emissione di queste onde comporta una perdita di energia da parte del sistema binario, ne consegue che la coppia di stelle tende ad avvicinarsi man mano che ruotano una attorno all’altra, con la evidente riduzione del periodo orbitale, ben osservabile tramite il radiotelescopio più grande dell’epoca. Nel caso specifico si scoprì che le due stelle si avvicinano di circa 4 metri all’anno, esattamente quanto previsto dalla Relatività Generale. Grazie a questa importante osservazione, i due fisici americani furono insigniti del premio Nobel per la Fisica nel 1993. (Segue nel bollettino 447) Osservatorio Astronomico e Planetario G.Galilei – Suno 45° 36’ 16” Nord 08° 34’ 25” Est pag. 18
Bollettino di informazione astronomica nr. 446 del 5/12/2018 OSSERVAZIONI – Osservare il Sole in tutta sicurezza (a cura di Giuseppe Bianchi) Terza parte – L’Imaging Solare Come capita a quasi tutti gli astrofili dopo aver osservato per un certo periodo il Sole in luce bianca o con filtri solari in banda stretta, Ha e Cak, aver apprezzato le sue caratteristiche, osservato transiti planetari ed eclissi, arriva il momento in cui il desiderio di registrare le osservazioni catturandone le immagini prende il sopravento, e si inizia con l’imaging solare. Questo breve articolo vuole essere una guida introduttiva all'Acquisizione e all'elaborazione delle immagini della fotosfera e della cromosfera solari. La ripresa del Sole non necessita di cieli di cieli bui ma al contrario è invece necessario filtrare e ridurre di molto la luce che la nostra stella ci invia. Come già precedentemente scritto l’osservazione e la ripresa del Sole richiedono la consapevolezza dei rischi che si corrono e quindi l’utilizzo dei filtri solari è assolutamente indispensabile per evitare di danneggiare in modo irreparabile la nostra vista. È necessaria una montatura che deve essere robusta, dotata di moto orario che, data la luminosità dei soggetti da riprendere, puo anche non essere estremamente preciso nella compensazione del moto apparente della volta celeste, inoltre i tempi d’esposizione per la ripresa planetaria sono nell’ordine della frazione di secondo. Un fattore condizionante la qualità delle riprese è la turbolenza atmosferica, molto importante è quindi riprendere con tempi d’esposizione il più possibile ridotti, grazie all’introduzione di videocamere digitali molto sensibili e poco costose alla fine degli anni novanta del secolo passato si è potuta inventare la tecnica astrofotografica della Lucky Exposures, “esposizioni fortunate”, consiste nel raccogliere una grande quantità di frame con esposizioni nell’ordine di 100 ms e di scegliere tra questi quelli meno colpiti dalla turbolenza e combinarli in modo da ottenere un’immagine ad alta risoluzione. Strumenti per l’imaging solare • il telescopio • il computer • la camera di ripresa • i filtri Telescopi solari (luce bianca) La maggior parte dei telescopi può essere adatta per l'imaging solare a luce bianca. Come detto in precedenza a differenza della fotografia del cielo profondo, uno strumento per l'osservazione solare non ha bisogno di raccogliere molta luce. I telescopi solari hanno solitamente un'apertura di 150 mm o meno. Un telescopio con apertura di 120 mm ha un potere risolutivo teorico di 1 secondo di arco. I telescopi più piccoli (apertura da 50 a 100 mm) sono adatti per l'osservazione e l'imaging di tutto il disco solare, mentre i telescopi con apertura da 125 a 250 mm possono essere utilizzati per lavori ad alta risoluzione. Osservatorio Astronomico e Planetario G.Galilei – Suno 45° 36’ 16” Nord 08° 34’ 25” Est pag. 19
Bollettino di informazione astronomica nr. 446 del 5/12/2018 le configurazioni ottiche dei telescopi presenti sul mercato sono: • rifrattori acromatici • rifrattori apocromatici • newton • schmidt - cassegrain • maksutov - cassegrain • obiettivi fotografici (solo paesaggi a largo campo e Sole) Rifrattore Acromatco Sono telescopi con un obbiettivo costituito da due vetri ottici opportunamente lavorati e generalmente spaziati in aria, hanno un prezzo contenuto ma anche se le lenti sono ben lavorate soffrono di aberrazione cromatica, un alone colorato che circonda gli oggetti più brillanti come la Luna, il Sole i principali pianeti o le stelle più luminose, un effetto che riduce sensibilmente il potere risolutivo dello strumento. L’aberrazione cromatica può essere contenuta mantenendo il rapporto focale oltre l’F/10, cosa che diventa problematica quando il diametro dell’obbiettivo supera i 100 mm. Rifrattore apocromatico I rifrattori apocromatici hanno normalmente un obbiettivo composto da tre lenti o in alcuni casi da due lenti ricavate da vetri trattati con fluorite di calcio.Sono corretti per tutte le aberrazioni ottiche compresa l’aberrazione cromatica. Sono ottimi per la realizzazione di riprese di estesi campi stellari avendo il campo corretto sino ai bordi anche a focali corte. Il loro prezzo, a parità di diametro, sale in maniera esponenziale rispetto a quello degli acromatici.Non sono facilmente scollimabili e si acclimatano velocemente. Osservatorio Astronomico e Planetario G.Galilei – Suno 45° 36’ 16” Nord 08° 34’ 25” Est pag. 20
Bollettino di informazione astronomica nr. 446 del 5/12/2018 Newton I Newton sono telescopi a riflessione, l’obbiettivo è costituito da uno specchio parabolico, “primario”, e nel cui fuoco la luce viene raccolta e deviata verso l’osservatore da uno specchio piano, “secondario”. La configurazione ottica è particolarmente economica e acromatica, il secondario ostruisce parzialmente il primario, generando un fattore d’occlusione,”FO”, che è il rapporto tra il diametro dello specchio principale e del secondario, se tale rapporto supera il valore di 0.25 la perdita di contrasto inizia ad essere apprezzabile. Il Newton sono piuttosto ingombranti sensibili alle vibrazioni e facilmente scollimabili, negli ultimi anni si stanno diffondendo tra gli astroimager in una versione molto economica rispetto all’apertura e facilmente trasportabile denominata “Dobson”. Schimdt-Cassegrain Gli Schmidt-Cassegrain sono telescopi riflettori derivati dai Cassegrain, la configurazione ottica è costituita da due specchi, il principale è uno specchio sferico, per ridurre l’aberrazione sferica viene utilizzata una lastra correttrice al cui centro viene installato lo specchio secondario. Hanno una buona qualità ottica, peso e dimensioni contenute, richiedono un tempo di acclimatamento piuttosto lungo, hanno il fastidioso problema del mirror shift, durante la messa a fuoco il soggetto inquadrato tende a spostarsi dal centro del campo. Osservatorio Astronomico e Planetario G.Galilei – Suno 45° 36’ 16” Nord 08° 34’ 25” Est pag. 21
Bollettino di informazione astronomica nr. 446 del 5/12/2018 Maksutov-Cassegrain Sono derivati dagli Schmidt-Cassegrain, la lastra corretrice è costituita da un menisco sferico, il secondario viene realizzato alluminando la parte centrale di tale menisco. I Maksutov vengono commercializzati con obbiettivi di piccolo diametro, un classico è il 127mm, per diametri elevati i costi salgono in maniera esponenziale. Non necessitano di collimazione, peso contenuto per i piccoli diametri e velocità di acclimatamento. Il potere risolutivo Il potere risolutivo di uno telescopio è dato dalla formula di Dawes: = ( ) ≈ = 116/d arrotondata in a= 120/d = angolo minimo risolvibile espresso in secondi d’arco o minimo dettaglio visibile; d = diametro obbiettivo espresso in mm Risulta evidente che più è grande il diametro dell’obbiettivo e più è piccolo il dettaglio visibile, il potere risolutivo comunque non è legato solo alle dimensioni dell’obbiettivo, dipende anche dalla luminosità dei particolari osservati e dal contrasto degli stessi. L’esempio classico è dato dal fatto che con un telescopio con un obbiettivo di 100 mm di diametro si può vedere la divisione di Cassini tra gli anelli di Saturno, la divisione ha la dimensione angolare di 0”65, occorrerebbe quindi teoricamente per vederla un telescopio con un obbiettivo dal diametro di 184mm. possiamo dire che il potere risolutivo e direttamente proporzionale al diametro dell’obbiettivo, la differenza in raccolta di luce tra un obbiettivo di 200mm e uno 400mm è di 4 volte a favore del 400mm, nelle riprese di cielo profondo basta posare per un tempo 4 volte maggiore con l’obbiettivo da 200mm per avere un segnale identico a quello del 400 mm. il potere risolutivo di un obbiettivo di 400 mm e doppio rispetto al potere risolutivo di un 200 mm, non c’è alcuna tecnica che possa eliminare questa differenza. Osservatorio Astronomico e Planetario G.Galilei – Suno 45° 36’ 16” Nord 08° 34’ 25” Est pag. 22
Bollettino di informazione astronomica nr. 446 del 5/12/2018 Il Campionamento Possiamo dire che il campionamento è l’area di cielo coperta da un singolo pixel, il campionamento è direttamante proporzionale alla dimensione del pixel e inversamente proporzionale alla lunghezza focale del telescopio. C = ( Dp / F) * 206265 C = Campionamento in secondi d’arco Dp = Dimensione pixel sensore in mm F = Focale equivalente del telescopio in mm 206265 = fattore di conversione tra secondi d’arco e radianti Il campionamento ideale è definito dal Criterio di Nyquist , principio che riguarda la teoria della comunicazione ma che viene applicato al campionamento delle immagini, tale criterio dice che per fare in modo che l’immagine contenga tutte le informazioni alla portata dell’obbiettivo del telescopio è necessario che ogni singolo pixel sottenda un angolo pari alla metà del potere risolutivo dello stesso. La Camera di ripresa La svolta nell’imaging planetario è avvenuta nei primi anni 2000, quando alcuni astrofotografi hanno iniziato ad utilizzare le webcam per le riprese di immagini planetarie. Negli ultimi anni, anche a causa del peggioramento della qualità dei sensori delle webcam gli astrofotografi hanno rivolto il loro interesse verso le videocamere dedicate alla sorveglianza con sensori di alto livello, molto sensibili che restituiscono immagini di alta qualità, come le camere della Point Gray, le Basler e Imaging Source, queste camere sono dotate di sensori ccd , da alcuni anni sono apparsa sul mercato, e stanno spopolando tra gli asroimager, una nuove videocamera dotata di sensore cmos come le ZWO ASI e le QHY, prodotte sia in versione monocromatica sia in versione a colori che grazie ad un meccanismo elettronico chiamato global shutter hanno superato il gap nei confronti dei sensori ccd e anche in caso di seeing pessimo riescono a dare immagini congelate prive di mosso o sfocature, Le caratteristiche che devono avere le videocamere per alta risoluzione sono: • Capacità di raccogliere molte immagini al secondo, minimo 30 fps. • Regolazione manuale delle impostazioni quali, risoluzione, esposizione, guadagno. • Pixel relativamente piccoli, non più di 7 micron, le dimensioni dei pixel determinano la focale di ripresa e la luminosità dell’immagine. • Possibilità di rimuovere facilmente l’obbiettivo. • Elettronica di controllo di qualità per produrre buone immagini IMAGIN SOURCE QHY ASI Osservatorio Astronomico e Planetario G.Galilei – Suno 45° 36’ 16” Nord 08° 34’ 25” Est pag. 23
Bollettino di informazione astronomica nr. 446 del 5/12/2018 Requisiti del sensore Efficienza quantica L’efficienza quantica è la quantità di luce che il sensore riesce a raccogliere rispetto a quella totale incidente, i sensori attuali hanno un efficienza quantica del 70%. Efficienza quantica di alcuni sensori utilizzati per la ripresa delle immagini planetarie appartenenti a diverse generazioni di videocamere. Il sensore migliore è naturalmente quello che mostra una curva più alta. Nel grafico l’efficienza quantica di alcuni sensori Sony. Il sensore della Chameleon l’ICX445 raggiunge un’efficienza quantica del 60%. Questi grafici possono essere utili per indirizzare gli astroimager verso la ricerca di camere sempre più performanti. Sono molto importanti anche la dimensione del sensore e il numero di pixel di cui è composto. Dimensione del sensore Nella scelta del sensore ha importanza valutare anche da quanti pixel è composto, nell’imaging planetario non è importante che il sensore abbia dimensioni di molti megapixel, anche i sensori con 640x480 pixel, le dimensioni dei sensori delle vecchie webcam vanno bene, i pianeti hanno piccole dimensioni angolari, per esempio Venere può arrivare ai 60” d’arco, quindi per osservare il criterio di Nyquist sarebbe sufficiente un sensore di 640x480 pixel per avere la massima risoluzione con un obbiettivo di 400 mm. Per le riprese del Sole e della Luna le cose cambiano perché le dimensioni angolari dei due corpi celesti raggiungono il mezzo grado e quindi sensori che superano il megapixel sono più adatti a catturare la loro immagine. Per riprendere l’intera immagine del Sole con una focale di uno o due metri occorrerebbe un sensore di parecchi megapixel, la soluzione è quella di riprendere più immagini di una parte del Sole sommandole con la tecnica del mosaico e ottenendone cosi l’immagine completa. Conviene anche ricordare che all’aumentare del numero di pixel diminuisce la frequenza quadro, ovvero il numero di frame al secondo che si possono raccogliere. Osservatorio Astronomico e Planetario G.Galilei – Suno 45° 36’ 16” Nord 08° 34’ 25” Est pag. 24
Bollettino di informazione astronomica nr. 446 del 5/12/2018 Monocromatica o a colori? I sensori di ripresa sono tutti in bianco e nero, “monocromatici”, i pixel del sensore raccolgono la luce e la trasformano in energia elettrica con intensità proporzionale alla luminosità della sorgente, questo processo chiamato fotoelettrico, produce immagini in bianco e nero. Come viene prodotto il colore se il sensore è in bianco e nero? Davanti a tutti i sensori a colori è posizionata una griglia di filtri secondo una sequenza ben definita chiamata Matrice di Bayer. Ognuno di questi filtri è sensibile alla radiazione rossa, verde e blu, quindi raccoglie tre immagini RGB (Red, Green e Blu), il software di controllo raccoglie le tre immagini e le fonde componendo un’immagine finale a colori. I sensori monocromatici non hanno nessuna griglia di filtri e producono immagini in bianco e nero, è possibile comporre un’immagine riprendendo tre filmati distinti con ogni filtro RGB, successivamente le immagini ricavate dai video vengono sommate con un software specifico. Nelle camere a colori è sufficiente un solo filmato per ottenere una ripresa, non a caso in inglese si chiamano camere one shot color (colore in un solo colpo!), però hanno rispetto alle monocromatiche tre grandi svantaggi: 1) Perdita di risoluzione; 2) Perdita di sensibilità; 3) Difficoltà di operare al di fuori dello spettro della luce visibile, nel quale tutti i sensori digitali sono naturalmente sensibili (UV e IR vicino). La presenza di una griglia di filtri sul sensore a colori ne riduce a metà la risoluzione. Un CCD al quale viene sovrapposta una griglia di Bayer avrà metà dei pixel destinati al canale verde che viene utilizzato anche come luminanza componendo quella che viene chiamata quadricromia LRGB, il canale G oltre a fornire informazione del colore determina anche informazione spaziale (i dettagli)appunto il canale di luminanza L, l’altra metà dei pixel è distribuita a metà tra i filtri rossi e blu. Poiché l’informazione relativa ai dettagli è fornita solo dal canale verde che occupa metà dei pixel del sensore questa sarà la risoluzione effettiva del sensore. In un sensore monocromatico il 100% dei pixel viene utilizzato per riprendere una immagine, quindi un sensore a colori risulta avere una risoluzione che è la metà del sensore monocromatico, il software della camera attraverso algoritmi di recupero delle informazioni è in grado di portare la risoluzione reale al 30% in meno di un sensore monocromatico. Osservatorio Astronomico e Planetario G.Galilei – Suno 45° 36’ 16” Nord 08° 34’ 25” Est pag. 25
Bollettino di informazione astronomica nr. 446 del 5/12/2018 LA VIA LATTEA DALLA PATAGONIA (a cura di Massimo Sotto – segue dal nr. 442/2018) Osservatorio Astronomico e Planetario G.Galilei – Suno 45° 36’ 16” Nord 08° 34’ 25” Est pag. 26
Bollettino di informazione astronomica nr. 446 del 5/12/2018 ARCHIVIO IMMAGINI - Immagini di repertorio dei soci APAN Ricordiamo il nostro socio Giancarlo Soldà con questa sua bella immagine dell’ammasso delle Pleiadi M45 Venere scatto unico 28 novembre 2018 bridge Canon 50 X a 200 X digit legg crop nessun ritocco - Oreste Lesca Osservatorio Astronomico e Planetario G.Galilei – Suno 45° 36’ 16” Nord 08° 34’ 25” Est pag. 27
Bollettino di informazione astronomica nr. 446 del 5/12/2018 EVENTI – 11 Dicembre 2018 Un Venerdì Tra Le Stelle - (a cura di Stefano Savina) Osservatorio Astronomico e Planetario G.Galilei – Suno 45° 36’ 16” Nord 08° 34’ 25” Est pag. 28
Bollettino di informazione astronomica nr. 446 del 5/12/2018 STUZZICAMENTE (a cura di M@L) La costellazione nascosta: Soluzione del numero scorso – 0001 ORIONE La costellazione di Orione – (latino Orionis) Descrizione: Forse la più bella tra le costellazioni, sicuramente tra le più facili da individuare. È abbastanza evidente la figura del cacciatore con lo scudo e il bastone pronto a colpire il Toro, la cintura e la spada appesa a quest'ultima. Ai suoi piedi si trovano le costellazioni rappresentanti i suoi due cani da caccia favoriti, il Cane Maggiore ed il Cane Minore. Tagliata in due dall'equatore celeste, confina a Nord con i Gemelli, a Nord-Ovest con il Toro, a Sud con la Lepre, ad Est con l'Unicorno e ad Ovest con l'Eridano. Sorge a fine Settembre ad Est, passa a Sud dello zenit a metà Dicembre e quindi tramonta ad Ovest a fine Febbraio. Contiene il radiante delle Orionidi, che raggiungono il massimo il 21 Ottobre. Probabilmente nell'antico Egitto rappresentava il dio Osiride Visibile in: Inverno/Inizio Primavera Ascensione Retta centrale: 5 hrs, 30 min Declinazione centrale: 0 Mito: Tra le tante storie su questa costellazione racconteremo la più famosa: Orione era il più grande cacciatore dei suoi tempi e spesso si trovava cacciare assieme a Diana, dea della caccia. Quando Apollo, fratello di Diana, si accorse che la sorella stava trascurando i suoi compiti per colpa di Orione, decise di ucciderlo. Mentre Orione stava nuotando in mare lontano dalla riva, Apollo lo illuminò con un brillante raggio di luce e sfidò Diana a colpire con le sue frecce quel distante punto luminoso. Diana, che non sapeva dell'inganno, accettò la sfida e colpì Orione con una delle sue frecce uccidendolo. Quando più tardi ne ritrovò il corpo, lo caricò sul suo carro celeste, volò in cielo e qui lo fissò con stelle brillanti; ai suoi piedi pose i suoi cani da caccia favoriti, il Cane Maggiore ed il Cane Minore. Oggetti più importanti nella costellazione: • Alpha Orionis, ovvero Betelgeuse, marca la parte iniziale del braccio destro di Orione. • Betelgeuse è una stella pulsante di grande massa distante 590 anni luce; le sue pulsazioni, il cui periodo è di quasi 6 anni, causano una notevole variazione nella sua luminosità. • Beta Orionis, ovvero Rigel, marca il ginocchio sinistro di Orione ed è una delle stelle più brillanti tra quelle conosciute (è la sesta più luminosa). Attualmente Rigel è luminosa quanto Betelgeuse al suo massimo nonostante disti da noi quasi il doppio (900 anni luce); questo perché è una stella ancora giovane. Rigel è in realtà una stella doppia ma la compagna non è facilmente visibile a causa della grande brillantezza di Rigel. • Gamma Orionis, nota come Bellatrix, marca la spalla destra di Orione; dista da noi la metà di Rigel ma è 25 volte meno luminosa di quest'ultima. • M42, ovvero la spettacolare Nebulosa di Orione, posta proprio in mezzo alla spada del grande cacciatore e visibile ad occhio nudo. Dista 1.630 anni luce ed ha un diametro di 100 anni luce. Si tratta di una complessa massa di idrogeno gassoso al cui centro si trovano giovani stelle la cui luce illumina il gas circostante rendendo così visibile l'intera nebulosa. • M78 è un'altra nebulosa, dal colore bluastro ed illuminata dalla luce emessa dalle stelle che si trovano in tale area. • La Nebulosa Testa di Cavallo, così chiamata poiché la sua parte più scura sembra disegnare la testa di questo animale. Osservatorio Astronomico e Planetario G.Galilei – Suno 45° 36’ 16” Nord 08° 34’ 25” Est pag. 29
Bollettino di informazione astronomica nr. 446 del 5/12/2018 Stuzzicamente (a cura di Mauro Laurora) La costellazione nascosta: 2 1 19 27 40 45 0002 (M@L) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 ORIZZONTALI VERTICALI 1. Una faccia della medaglia 1. Rimessa diretta 5. Motoscafo antisommergibile 2. Esame Obiettivo Polmonare 8. Simile alla gemma 3. Fortissimo stimolo fisico e psichico 13. La capitale del Qatar 4. Tormento segreto e continuo 14. Antico nome della Cina 5. In nessun momento 16. L'Ant, cantante ed attore inglese 6. Alta tensione 17. Passo dolomitico 7. Lo è l'immagine nel santino 19. Gozzoviglia, abbuffata 9. Divario tecnologico tra nazioni e generazioni 22. La tribù degli scozzesi 10. Capoluogo Tigrai 23. Il dio dell'amore 11. Mammiferi che ci vedono poco 24. Access Point Name 12. Cultore del bello 25. Engels Friedrich 14. Tutt'altro che convessa 27. Vi si parlava il provenzale 15. Non prende nulla sull serio 30. Congiunzione latina 18. La capitale del Bangladesh 31. Si fa allo stadio 20. Animale da basto 33. Rubò ad Ercole i buoi di Gerione 21. Un settimanale statunitense 34. La sostituì l'inps 23. In mezzo al "pretore" 36. Celebre vittoria Pietro il Grande 26. Vetro resistente usato per i parabrezza 38. Residui di metalli 28. Figlio di Dedalo 40. Esce dal vulcano 29. Rosand, famoso violinista 41. Dissodato 32. Ventre, intestino 43. Una tonalità di giallo 35. Si sfalda in lamine 45. Sudditi di Meleagro 37. Il de' tali 46. Elemento per tutto intero 38. Aferesi di questo 47. Il nome della Nin 39. La casa editrice della RAI 42. Nome di Capone 44. L'arsenico Osservatorio Astronomico e Planetario G.Galilei – Suno 45° 36’ 16” Nord 08° 34’ 25” Est pag. 30
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