Bianca, rosa e nera Cent'anni di storia d'Italia nella cronaca popolare - DENTRO LA STORIA - HUB Campus

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DENTRO LA STORIA

                 Eddy Anselmi

                 Bianca, rosa e nera
                 Cent’anni di storia d’Italia
                 nella cronaca popolare

                                                LE MONNIER

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Cent’anni di storia d’Italia
                nella cronaca popolare

                    Storie d’amore, crimini irrisolti, teste coronate: fin dai suoi al-
                bori, la comunicazione di massa ha dovuto necessariamente allar-
                gare lo spettro dei suoi potenziali utenti. L’alfabetizzazione, pro-
                cesso graduale e completato in Italia solo nel secondo dopoguerra,
                non andò di pari passo con la contemporanea acquisizione degli
                strumenti culturali per potere resistere a propaganda, pettegolez-
                zi e sensazionalismi.
                    La prima ragione della nascita e dello sviluppo della cronaca po-
                polare è senza dubbio di carattere commerciale, ma è fin da subito
                evidente che il suo carattere di massa ben si prestava a creare narra-
                zioni parastoriche, consolidare sistemi di valori, avvalorare vulgate
                o ignorarne altre. Mentre le élite si formavano nella lettura delle ter-
                ze pagine e degli articoli di fondo, le masse costruivano e traman-
                davano un mondo parallelo fatto di matrimoni reali, attori dal flirt
                facile, delitti passionali e bambini da salvare.
                    La cronaca popolare, bianca, rosa e nera che sia, è di regola
                una narrazione conservatrice, quando non del tutto reazionaria.
                Fa leva sulle curiosità morbose del lettore per richiamare la sua at-
                tenzione, dopo avergli ammannito sangue, passione e sesso, svol-
                ge la sua funzione distrattiva o mitopoietica, di richiamo alla tra-
                dizione o di sanzione dei cambiamenti di costume. Quanto viene
                lasciato fuori dalla porta rientra però dalla finestra: le cronache
                popolari difendono l’ordine sociale precostituito, ma il cambia-
                mento e la modernizzazione si affacciano anche tra le righe della
                giudiziaria e del pettegolezzo.
                    Nel tentare di costruire un compendio di storia italiana attra-
                verso gli episodi più salienti delle cronache appunto bianca, rosa
                e nera, il primo passo è necessariamente fissarne i limiti tempora-

                                                                                      1

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Bianca, rosa e nera

               li. Come ogni nuovo tentativo di periodizzazione, ci muoviamo nel
               campo dell’arbitrario e del convenzionale.
                    Il «Delitto Murri» e il «Processo Tarnowska» verranno affron-
               tati quasi come eventi prodromici. Nel primo caso, la manipola-
               zione mediatica dei fatti pone in essere quella che oggi definiamo
               «macchina del fango» per screditare Augusto Murri, illustre cat-
               tedratico le cui posizioni moderniste e agnostiche erano invise al
               coté più reazionario della società italiana, e i cui familiari furono
               coinvolti in un controverso caso di omicidio; la vicenda proces-
               suale della contessa russa Maria Tarnowska è viceversa lontana
               dall’avere implicazioni sociopolitiche che riflettano o riverberino
               sulla società italiana dell’epoca. La popolarità del caso è dovuta
               alla natura stessa dei suoi protagonisti che, per qualità personali o
               caratteristiche dell’azione, si presta eccezionalmente a essere nar-
               rata attraendo la curiosità dei lettori.
                    Il nostro terzo e ultimo punto di partenza è la mattina dell’8
               novembre 1913, quando a Sanremo la contessa Maria Tiepolo,
               moglie del capitano Carlo Ferruccio Oggioni, 1° Reggimento Ber-
               saglieri, uccide con un colpo di rivoltella l’attendente del marito,
               il soldato di leva Quintilio Polimanti in attesa del congedo. Il pro-
               cesso, tenutosi nella primavera seguente, occupa pagine e pagine
               dei principali giornali, e nel 1986 Leonardo Sciascia ne traccerà
               un’approfondita analisi in 1912+1.
                    Nel 1913 il processo di alfabetizzazione di massa è agli albori, è
               anche l’anno del suffragio universale e del patto Gentiloni, allean-
               za informale tra moderati liberali e cattolici in funzione antisociali-
               sta. In cima ai pensieri del conte Gentiloni, ricorda Sciascia, c’era la
               strenua difesa dell’istruzione religiosa e dell’unità della famiglia. Il
               colpo di pistola della contessa Tiepolo, secondo la maggioranza dei
               giurati tirato per difendere l’onore dalle inopportune avance del Po-
               limanti, venne considerato una difesa dell’ordine costituito. Il pre-
               stigio dei militari, il ruolo del capitano Oggioni nel processo, l’allure
               dannunziana di sentimento e morbosità, il fascino dei salotti buo-
               ni e delle divise contribuiscono alla popolarità della vicenda e alla
               tiratura dei giornali che ne danno conto, pur lesinandone i dettagli
               scandalosi e affidandoli all’immaginazione del lettore. Appena na-
               ta, la cronaca popolare presenta già quel carattere tendenzialmen-
               te conservatore che ne è segno distintivo. Dove l’emancipata Linda
               Murri viene deformata e condannata dal pubblico prima che dalla

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Cent’anni di storia d’Italia nella cronaca popolare

                corte, l’esotica Maria Tarnowska è presentata in modo politicamen-
                te neutrale, bastando le stesse vicende romanzesche della contessa
                russa a incuriosire la morbosità del pubblico, indipendentemente
                dalle risultanze processuali, che saranno estremamente favorevo-
                li agli imputati. Maria Tiepolo Oggioni, infine, viene trattata dal-
                la stampa, al netto dei particolari più scabrosi che altro scopo non
                hanno se non quello di attrarre l’attenzione dei lettori, con deferen-
                za e rispetto: la sua assoluzione sembra funzionale al non screditare
                quell’esercito che, con la conquista della Libia, aveva appena recu-
                perato quell’autorevolezza perduta con la sconfitta di Adua, nem-
                meno vent’anni prima.
                    Negli anni successivi le cronache dal fronte monopolizzano
                l’attenzione del pubblico. La cronaca popolare diventa agiogra-
                fia e, ancora una volta, mitopoiesi. La propaganda bellica, del tut-
                to anacronistica agli albori dello scoppio del conflitto, trova am-
                pi spazi di manovra esaltandosi attraverso gli spazi della cronaca,
                dalla leggenda di Enrico Toti, il patriota mutilato che, colpito a
                morte, getta la gruccia verso il nemico, immortalato da Beltra-
                me sulla prima pagina della «Domenica del Corriere» sull’onda
                dell’entusiasmo seguito alla presa di Gorizia fino al viaggio del
                «Soldato ignoto» da Aquileia a Roma nel 1921, che, a tre anni
                dal termine delle operazioni belliche, occupa le prime pagine dei
                giornali in un’apoteosi di lacrime e bandiere.
                    Durante il Ventennio, a radio e carta stampata viene imposto di
                fare cenno il meno possibile ai fatti di cronaca nera e ai crimini in
                genere e, in quei casi in cui fosse stato impossibile omettere la noti-
                zia, è chiesto comunque di minimizzarla. La cronaca popolare, fin
                dalla biografia Dux, ad opera di Margherita Sarfatti, il primo best
                seller librario italiano, viene asservita al nuovo discorso politico e
                utilizzata da Benito Mussolini per rafforzare il mito di sé stesso, del
                Genio Italico, del nuovo «uomo fascista».
                    Alla cronaca rosa, privata delle frivolezze, restano i matrimo-
                ni regali, oltre a storie come quella del conflitto costituzionale
                britannico che porta il sovrano Edoardo VIII ad abdicare dopo
                pochi mesi di regno per sposare l’americana Wallis Simpson, già
                divorziata. Le cronache degli anni Venti avevano registrato ca-
                si rilevanti, noti anche per le trasposizioni cinematografiche del
                dopoguerra, come lo Smemorato di Collegno o Girolimoni, il mo-
                stro di Roma.

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Bianca, rosa e nera

                   La campagna d’Etiopia nel 1936 riporta in voga il filone paraco-
               loniale già sperimentato nel conflitto italo-turco del 1912 ma risa-
               lente agli anni Novanta del XIX secolo. Ai racconti eroici delle con-
               quiste militari fanno contorno pezzi di colore che contribuiscono a
               formare, o a rafforzare un immaginario esotico destinato a soprav-
               vivere all’espansione coloniale italiana.
                   Il secondo conflitto mondiale comprime gli spazi dedicati ai
               temi più frivoli. Nel dopoguerra nascono i settimanali a rotocal-
               co, tipicità della scena mediatica italiana, colti come «Il Mondo»
               di Mario Pannunzio ma anche ultrapopolari come «Oggi» di Riz-
               zoli. Più colto e divulgativo l’«Europeo», più centrato sull’illustra-
               zione «Epoca», nel filone di «Oggi» ma con un distintivo tratto
               conservatore «Gente», che nascerà nel 1957.
                   L’11 aprile 1953 viene ritrovato sulla spiaggia di Torvaianica,
               nei pressi di Roma, il cadavere della giovane Wilma Montesi. La
               curiosità popolare è subito attirata dalle complesse relazioni tra
               il delitto e la scena mondana capitolina. Alcuni tra i principali
               quotidiani come «Corriere della Sera», e «Paese Sera», si distin-
               guono rispettivamente come punti di riferimento per innocenti-
               sti e colpevolisti. Il caso Montesi è uno spartiacque della crona-
               ca popolare italiana, per le sue implicazioni politiche, sociali e
               giornalistiche.
                   Dopo la tappa di St. Moritz del Giro d’Italia del 1954, Pier-
               re Chany, giornalista dell’«Équipe», scrive: «Vorremmo sapere di
               più di quella signora in bianco che abbiamo visto vicino a Coppi».
               La «dama bianca» è Giulia Occhini, sposata giovanissima con il
               medico varesino Enrico Locatelli, che intrattiene da qualche me-
               se una relazione con il «campionissimo». La notte del 13 settem-
               bre dello stesso anno i carabinieri fanno irruzione nella casa del
               ciclista a Novi Ligure, dove la Occhini si era trasferita da alcuni
               mesi. La donna è tratta in arresto e, dopo tre giorni di carcere ad
               Alessandria, viene tradotta al domicilio coatto nei pressi di Anco-
               na, nell’abitazione di una parente. L’opinione pubblica, che pure
               aveva conosciuto casi analoghi come quello della cantante Katyna
               Ranieri, costretta a trasferirsi in Messico per potere sposare in se-
               conde nozze il musicista Riz Ortolani, ne è fortemente colpita. Nel
               1955 i due amanti vengono condannati a due e tre mesi di reclu-
               sione con la condizionale. La reazione dell’Italia dell’epoca è pres-
               soché unanime nella condanna della «dama bianca», e isolate so-

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Cent’anni di storia d’Italia nella cronaca popolare

                no le voci innocentiste, in un Paese che non prevede il divorzio nel
                suo ordinamento e punisce l’adulterio come reato.
                     La televisione, che inizia la programmazione regolare nel 1954,
                non è, nella sua fase iniziale, veicolo di informazione popolare
                quanto di divulgazione. Gli stessi personaggi televisivi non sono
                protagonisti delle cronache mondane, destinate ancora negli anni
                Cinquanta a teste coronate e attori del cinema, specie americano
                e francese. Fa parzialmente eccezione Lascia... o raddoppia? il gio-
                co a premi condotto da Mike Bongiorno, che trova parte del suo
                successo nel carattere dei concorrenti e nel cosiddetto «contorno
                spettacolare», un insieme di curiosità e aneddoti sui partecipanti
                al telequiz che li trasforma in divi per poche settimane.
                     Sono i cantanti i nuovi divi popolari degli anni Sessanta, compli-
                ce l’avvento tecnologico del 45 giri, pratico, economico e la scoperta
                di un nuovo mercato: i giovani. Quando però, nel corso del Festival
                di Sanremo 1967, Luigi Tenco viene a mancare in circostanze mai
                del tutto acclarate e rubricate ufficialmente quanto frettolosamente
                come suicidio, la rimozione mediatica dell’accaduto vuole essere ra-
                pida e indolore, e le colonne dei giornali, lungi dal porsi domande o
                dal sollecitare supplementi d’indagine, si allineano immediatamen-
                te alle risultanze ufficiali.
                     Sulla scorta di quanto osservato negli Stati Uniti nel decen-
                nio precedente, i minori di vent’anni diventano la forza trainante
                dell’intero settore. La scoperta dei giovani (la parola «teenager»
                viene fatta conoscere al pubblico italiano da un reportage di Oria-
                na Fallaci sull’«Europeo») è il tema più rilevante degli anni Sessan-
                ta, destinata a culminare in termini sociali e politici nell’esperienza
                del Sessantotto. Le cronache popolari seguono il fenomeno con at-
                tenzione aliena, raccontando con curiosità e più spesso con scanda-
                lo l’evolversi dei costumi.
                     Tre casi di cronaca degli anni Sessanta restano emblematici, l’in-
                chesta sui «balletti verdi», il processo per plagio che vede coinvol-
                to Aldo Braibanti e la scomparsa del piccolo Ermanno Lavorini. In
                tutti e tre i casi la società e la stampa si confrontano, non senza scan-
                dalo, con le tematiche legate all’omosessualità. Il tema riesplode con
                violenza nel 1975, quando vittima di un’aggressione maturata nel
                mondo dei «ragazzi di vita» della capitale è il giornalista e scrittore
                Pier Paolo Pasolini, la cui persona è sottoposta a quello che oggi ap-
                pare come chiaro vilipendio. Le circostanze in cui matura il delitto

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               Pasolini, mai del tutto chiarite al di là delle risultanze giudiziarie,
               sono funzionali al linciaggio mediatico e c’è chi ipotizza possa trat-
               tarsi di omicidio politico falsamente legato al mondo della prostitu-
               zione per potere mettere in scena la conseguente «damnatio memo-
               riae» verso un intellettuale scomodo e anticonformista.
                    Gli anni Settanta italiani sono monopolizzati dal racconto della
               violenza politica e dall’esplodere del fenomeno dei sequestri di per-
               sona a scopo di estorsione. Le cronache popolari segnalano anco-
               ra, accanto all’usuale défilé di alta mondanità e scandali dei casati
               europei, cui si aggiungono famiglie come gli Agnelli, i Kennedy, gli
               Onassis, alcuni episodi di «nera» destinati a fare discutere, come il
               caso dei marchesi Casati Stampa, di speciale rilevanza per la mor-
               bosità dei comportamenti degli sfortunati protagonisti o come il
               particolarmente efferato «massacro del Circeo», anche in virtù del-
               la contiguità con gli ambienti politici dell’estrema destra di cui gli
               assassini si professavano militanti.
                    Il 31 marzo 1981 viene assassinata a Napoli Anna Parlato Grimal-
               di, moglie di un armatore nipote di Achille Lauro, che alla soglia dei
               quarant’anni aveva abbandonato la mondanità discreta per la presi-
               denza dell’ippodromo di Agnano, le spericolate imprese immobilia-
               ri, la carriera nella redazione de «Il Mattino». La donna era nota per
               i suoi flirt con un ministro democristiano, con personaggi eccellen-
               ti dell’imprenditoria e della finanza, professionisti di grido, cantanti,
               play boy, giornalisti. Maurizio Costanzo, dalle colonne di «TV Sor-
               risi e Canzoni», saluta l’attenzione nazionale per un fatto che appe-
               na tre anni prima «sarebbe stato riservato alle cronache locali» co-
               me il segno, positivo, della fine della stagione della violenza politica.
                    Tra il 1978 e il 1981 si registra l’esplosione della televisione com-
               merciale. Il linguaggio del mezzo televisivo muta per sempre a par-
               tire dalla trasmissione di Enzo Tortora Portobello. La televisione di-
               venta il principale canale di fruizione della cronaca popolare. Nel
               giugno 1981, grazie a una lunghissima diretta televisiva milioni di
               persone seguono il dramma del piccolo Alfredo Rampi, lo sfortu-
               nato bambino romano scivolato in un pozzo artesiano a pochi passi
               dalla Capitale, in un’inedita diretta televisiva «non stop» lunga di-
               ciotto ore a reti Rai unificate.
                    Dal dicembre 1986 le stime d’ascolto delle principali emittenti
               televisive sono rilevate dalla società consortile Auditel. Con l’unifi-
               cazione dei metodi di rilevazione degli ascolti, la Rai sceglie di com-

               6

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Cent’anni di storia d’Italia nella cronaca popolare

                petere con gli editori commerciali nel mercato pubblicitario. I per-
                sonaggi televisivi, che fino ad allora avevano ricoperto il ruolo di
                discreti comprimari nel panorama delle cronache popolari, ne di-
                ventano gli assoluti protagonisti.
                     Gli anni Ottanta sono caratterizzati dal ritorno nelle cronache
                popolari di un patriottismo pur sempre latente, ma espunto dal-
                la narrazione pubblica al termine del secondo conflitto mondiale.
                Dalla vittoria dell’Italia nei mondiali di calcio nel 1982 fino alla fa-
                raonica e deludente edizione organizzata in casa nel 1990, dalla ce-
                lebrazione dei successi dell’alta moda, al temporaneo sorpasso ai
                danni della Gran Bretagna come quinta nazione più industrializza-
                ta del mondo, il «Made in Italy» ritorna per qualche anno motivo
                d’orgoglio pubblico, in una nuova forma di nazionalismo pronta ad
                essere utilizzata da alcuni dei contendenti nell’agone della politica.
                     Gli scandali politici, fino ad allora sopiti e lontani dalle co-
                lonne dei rotocalchi, raggiungono le cronache popolari all’inizio
                degli anni Novanta, con l’esplosione della cosiddetta «Tangento-
                poli»: il quadro politico nazionale, rimasto sostanzialmente im-
                mutato per tutto il dopoguerra, si disarticola in appena un paio
                d’anni, lasciando spazio alla cosiddetta «Seconda repubblica», il
                cui protagonista principale è l’editore milanese Silvio Berlusco-
                ni. Capace di rimanere al centro della scena pubblica italiana per
                quasi trent’anni e per venti principale protagonista della politica,
                sfrutta con successo i modi e i mezzi della narrazione da rotocal-
                co, resistendo alle accuse politiche e giudiziarie degli avversari,
                ma soffrirà infine il coinvolgimento in quelle campagne di stampa
                che lo attaccheranno con le armi della cronaca popolare, riuscen-
                do ad accendere la curiosità del pubblico.
                     La ricerca del dato d’ascolto quantitativo spinge gli editori tele-
                visivi a una gara al ribasso sotto il punto di vista della qualità. Ef-
                ferati e controversi fatti di cronaca come il «delitto di Cogne» e il
                «delitto di Novi Ligure» sono oggetto, nei primi anni Duemila, di
                un’attenzione mediatica senza precedenti. Nel 2010, nell’ambito del
                cosiddetto «delitto di Avetrana», l’utilizzo e la manipolazione del
                mezzo televisivo da parte dei parenti della vittima, poi rivelatisi col-
                pevoli dell’assassinio e della sparizione della sfortunata Sarah Scaz-
                zi, segna un’ultima pietra miliare nel rapporto tra cronaca e media.
                     La facile notorietà di protagonisti di format per il piccolo scher-
                mo come i «reality show» e i «talent show» aprono la strada a un’ul-

                                                                                               7

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Bianca, rosa e nera

               tima generazione di protagonisti delle cronache popolari. L’espe-
               rimento fallito nel 1956 diventa una fucina di nuovi personaggi
               appena cinquant’anni dopo. I concorrenti del Grande Fratello e dei
               suoi epigoni come L’isola dei famosi o Uomini e donne sono tema di
               immediata presa per la stampa scandalistica. Il Festival di Sanremo,
               cartina tornasole dei mutamenti del costume italiano, è monopoliz-
               zato dai divi creati dalla stessa televisione: tra il 2009 e il 2015, cin-
               que vincitori su sette devono la propria notorietà proprio alle tra-
               smissioni-fucina di nuovi talenti.
                   La cronaca popolare italiana registra talvolta un’attenzione par-
               ticolarmente rilevante alle vicende degli esponenti di alcune fami-
               glie reali europee; la casa reale seguita con maggior continuità da
               cronisti e lettori italiani è senz’altro quella britannica: ripercorrere
               in sequenza le cronache relative all’abdicazione di Edoardo VIII,
               alle nozze della principessa Elisabetta, del principe Carlo e del
               principe William, oltre che all’ondata di commozione sollevata per
               l’inattesa scomparsa di Diana, principessa di Galles, è fonte di in-
               teressanti spunti di riflessione sull’evoluzione dei costumi e delle
               sensibilità nazionali. Sarà fatta menzione dei singoli episodi o per-
               sonaggi che risulteranno particolarmente popolari presso il pubbli-
               co italiano, o i casi, come le nozze del principe Haakon di Norvegia
               con Mette-Marit Tjessem Høiby, già madre di un figlio nato fuori
               dal matrimonio, in cui il matrimonio reale rappresenta la tappa che
               sancisce la conclusione del processo di accettazione da parte del-
               la società di situazioni e comportamenti che ancora ieri costituiva-
               no fonte di scandalo o erano considerati socialmente inopportuni.
                   Infine, i protagonisti della politica di oggi: mai la carriera di una
               personalità della politica era stata seguita dai settimanali per fami-
               glie e dai periodici patinati prima ancora che prendesse la guida
               del suo stesso partito. Succede tra il 2012 e il 2014 con Matteo Ren-
               zi, che da Sindaco di Firenze arriva a proiettarsi sulla scena politi-
               ca italiana, prendendo il controllo del Partito democratico grazie a
               una consultazione tra i simpatizzanti e sostituendo Enrico Letta alla
               guida del governo di coalizione che comprende il PD e le formazio-
               ni centriste. Insieme al Presidente del Consiglio, i settimanali per
               famiglie lanciano nell’orbita mediatica la figura di Maria Elena Bo-
               schi, ministro delle Riforme e dei Rapporti con il Parlamento: non è
               la prima volta che una figura femminile giovane, preparata e di bel-
               la presenza assume ruoli politici di responsabilità. Il modo in cui la

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Cent’anni di storia d’Italia nella cronaca popolare

                stampa tratta la figura del ministro Boschi è pur esso assolutamen-
                te inedito, muovendosi dal pieno credito istituzionale stemperato da
                una battuta sulla fotogenia della donna ai servizi estivi, che adotta-
                no il registro ammiccante e fatuo normalmente riservato a giovani
                soubrette e a personaggi televisivi.
                     Agli episodi scelti come emblematici e presentati approfondita-
                mente fa seguito, in chiusura di ogni periodo trattato, un riassunto
                di altri eventi che segnano l’immaginazione delle cronache popola-
                ri italiane, rimanendo impressi nella memoria degli italiani o con-
                tribuendo a definire un cambiamento di ordine sociale o politico.
                     La cronaca popolare degli ultimi cento anni si snoda attraverso i
                media tradizionali. La carta stampata prima, la televisione poi: dagli
                anni Novanta, sembra che quotidiani e riviste smettano di inventare
                la notizia, ma si limitino a verbalizzare quanto viene detto in televi-
                sione, o quanto letteralmente accade sotto gli occhi della telecame-
                te. Per il futuro, non andtà sottovalutato il ruolo della rete Internet
                come canale di informazione nuovo e bidirezionale rispetto ai tra-
                dizionali mezzi di comunicazione. In ispecie con l’avvento del co-
                siddetto «Web 2.0» e del diffondersi, nella seconda metà degli anni
                Duemila, degli «user generated content», la Rete sarà interessante
                megafono rivelatore di tendenze e luogo elettivo per la creazione di
                nuove vulgate, leggende urbane, pettegolezzi.
                     La natura fisiologicamente disarticolata del mezzo e la polifonia
                spesso cacofonica dell’ambiente Internet non hanno tuttavia per-
                messo ancora di trovare nella tecnologia offerta dalla Rete un mez-
                zo capace di creare da solo fenomeni che possano riverberare sui
                mezzi di comunicazione di massa tradizionali.

                       Nota

                    Nella stesura del volume, i nomi dei rappresentanti delle diverse famiglie
                reali d’Europa sono indicati nella traduzione prevalentemente utilizzata dai
                rotocalchi e dai periodici di cronaca popolare. Così, ad esempio la Regina
                d’Inghilterra è Elisabetta, suo marito è il principe Filippo, suo figlio è indica-
                to con il nome di Carlo, suo padre è Giorgio VI; sul trono del Principato di
                Monaco dal 1949 al 2005 siede Ranieri III, i cui figli maggiori sono Carolina e
                Alberto. A metà degli anni Ottanta, i periodici italiani iniziano a utilizzare la
                versione originale dei nomi delle teste coronate: anche nelle pagine a seguire,
                quindi, i Principi di Galles figli di Carlo e Diana sono chiamati con i nomi

                                                                                                   9

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Bianca, rosa e nera

               propri di William e Harry (pur se «Oggi» ancora nel 1983 parla del principe
               «Guglielmo»), la terzogenita di Ranieri e Grace di Monaco è Stephanie, la Du-
               chessa di Cambridge è Kate, madre dei piccoli George e Charlotte. Lo stesso
               criterio informerà la trascrizione del nome della dinastia al potere in Iran fino
               alla rivoluzione islamica del 1979: coerentemente con l’uso della pubblicistica
               popolare italiana dell’epoca, adotteremo la variante «Pahlevi» preferendola a
               quella, oggi ricorrente con maggior frequenza, «Pahlavi».

               10

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