Associazione Italiana di Psicologia Giuridica - AIPG
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
Associazione Italiana di Psicologia Giuridica Corso di Formazione in Psicologia Giuridica e Psicopatologia Forense Teoria e Tecnica della Perizia e della Consulenza Tecnica in ambito Civile e Penale, adulti e minorile “Strumenti per la rilevazione della simulazione di psicopatologia in ambito forense” Candidata Silvia Carlucci CORSO 2018
Introduzione La simulazione di un disturbo mentale viene oggi definita come atto cosciente e volontario di ingannare con lo scopo di raggiungere un vantaggio illecito. I vantaggi insiti nella simulazione di malattia mentale possono essere vari e diversi: ad esempio, in ambito penale i vantaggi della simulazione possono riguardare il sottrarsi agli interrogatori a causa di incapacità a rendere testimonianza, il non dover partecipare ai processi, il poter godere di misure alternative alla detenzione in carcere o dell'attenuazione della pena per vizio di mente; in ambito civile i vantaggi risiedono essenzialmente nel riconoscimento di un danno biologico di natura psichica o pensioni di invalidità. Dunque, in ambito forense e medico-legale, più che in altri contesti come quello clinico, i vantaggi ottenibili attraverso la simulazione sono tanti ed è per questo che molta attenzione va posta alla metodologia valutativa per evitare di diagnosticare un disturbo mentale laddove c'è una volontà simulatoria ma anche il contrario, ossia di classificare come simulazione segni e sintomi che invece sono da ricondurre a una patologia mentale dove la consapevolezza e la volontarietà risultano sfumate o inesistenti, come ad esempio nei disturbi da conversione. Acquista allora grande importanza la competenza professionale nello svolgimento della valutazione, tanto nel riconoscere segni e sintomi di simulazione, quanto nel saper differenziare tra un reale disturbo e uno simulato. Premessa l'importanza della preparazione teorica nonché delle competenze tecnico- professionali per la rilevazione delle tendenze simulatorie e per discriminare correttamente la vera psicopatologia da quella simulata, il presente lavoro si pone l'obiettivo di passare in rassegna i principali strumenti di valutazione utilizzati a tale scopo. Gli strumenti testistici con maggiori prove di validità e maggiore diffusione nel settore sono qui distinti in test specifici per la rilevazione della simulazione e in test di personalità che contengono al loro interno scale di validità o indici in grado di rilevare lo stile di risposta e l'atteggiamento del soggetto durante la valutazione. Tra i test specifici per valutare la simulazione, presenterò dapprima la SIRS-2 (Structured Interview of Reported Symptoms-Second Edition di Rogers et al., 1992) e successivamente SIMS (Structured Inventory of Malingered Symptomatology di Smith & Burger, 1997). Tra i test di personalità oggettivi verranno presentati il MMPI-2 (Hathaway &
McKinley, 1989) il PAI (Personality Assessment Inventory di Morey, 2007) mentre tra i test proiettivi di personalità il Test di Rorschach (Rorschach, 1929) e il DFU (Disegno della Figura Umana seguendo l'interpretazione di Machover, 2017) Una preparazione riconosciuta in ambito psicodiagnostico è un requisito essenziale per poter procedere a una corretta interpretazione dei risultati dei test. Tuttavia, il clinico ha altri strumenti parimenti importanti per effettuare una corretta valutazione. Per questo motivo, presenterò, oltre ai test, anche lo status e il colloquio anamnestico e clinico tra gli strumenti a disposizione del clinico. Solo l'integrazione di questi tre strumenti (colloquio, status e testing) possono permettere all'esperto di minimizzare il margine di errore insito nella valutazione della psicopatologia in ambito forense in particolare, ma anche in ambito clinico.
Indice 1. La simulazione di malattia mentale p.1 1.1 Excursus storico del concetto di simulazione p.1 1.2 Moderna concettualizzazione della simulazione p.3 1.3 Diagnosi differenziale tra simulazione e altri disturbi mentali p.4 1.4 Disturbi di personalità e simulazione: quale relazione? p. 5 1.5 Tipologie di simulazione p. 7 1.6 Principali disturbi mentali simulati p.10 2. La valutazione della simulazione in ambito forense p.15 2.1 Raccolta anamnestica p.17 2.2 Status p.18 2.3 Il colloquio clinico p.18 2.4 Test p.19 3. Test che valutano la simulazione di psicopatologia p. 20 3.1 Test specifici che valutano la simulazione p. 20 3.1.1 Structured Interview of Reported Symptoms-2 (SIRS-2) p. 20 3.1.2 Structured Inventory of Malingered Symptomatology (SIMS) p. 28 3.2 Test di oggettivi di personalità p. 30 3.2.1 Minnesota Multiphasic Personality Inventory-2 (MMPI-2) p. 30 3.2.2 Personality Assessment Inventory (PAI) p. 35 3.3 Test proiettivi di personalità p. 39 3.2.3 Test di Rorschach p. 39 3.2.4 Disegno della Figura Umana (DFU) p. 41 4. Bibliografia p. 42
1. La simulazione di malattia mentale 1.1. Excursus storico del concetto di simulazione La simulazione dei disturbi mentali ha sempre suscitato grande interesse in ambito psicologico, già a partire dalla fine dell'Ottocento, quando si iniziò a prestare grande attenzione ad alcuni comportamenti e sintomi “inscenati” dai detenuti in carcere. Differenziare ciò che è patologia da ciò che è simulazione è da sempre stata una sfida importante per i tecnici chiamati a valutare la presenza di un disturbo mentale e ancora oggi rimane complesso distinguere, a livello pratico e in maniera chiara, la simulazione come atto volontario dai disturbi mentali conclamati, dove spesso la simulazione non è un atto intenzionale volto al raggiungimento di un vantaggio illecito. Risale a fine Ottocento l'osservazione di un particolare tipo di comportamento presentato da alcuni carcerati, denominato come Sindrome di Ganser, dal nome dello psichiatra tedesco che per primo la descrisse nel 1898 osservando il comportamento bizzarro di tre detenuti in carcere e che definì come “specifico stato isterico crepuscolare” in cui il detenuto cerca di recitare, più o meno consapevolmente, la parte del malato di mente in base a ciò che ha imparato o ritiene essere la malattia mentale. Ancora oggi nell'ICD-10 (Classificazione Statistica Internazionale delle Malattie e dei Problemi Sanitari Correlati - Decima Revisione, 2007) la Sindrome di Ganser è classificata tra le sindromi dissociative e resta aperto il dibattito tra chi ritiene che alla base di tale sindrome ci sia una volontà simulatoria e cosciente e chi invece ritiene che tale sindrome sia un disturbo inconsapevole e a radice isterica. Jung nel 1903 nel trattato “Simulazione della malattia mentale” riprende il tema delle psicosi carcerarie e le affronta da un'angolazione prettamente psicologica. Jung sosteneva che la simulazione di malattia mentale fosse un fenomeno molto raro e ad appannaggio quasi esclusivo del contesto detentivo dove potevano essere presenti vantaggi secondari derivanti dalla simulazione, mentre questo fenomeno era completamente sconosciuto nel contesto sociale abituale poiché avrebbe provocato solo svantaggi. Jung nel suo trattato evidenzia anche la radice 1
isterica della simulazione, attraverso l'osservazione di un caso clinico in carcere, e definisce i simulatori come soggetti suggestionabili che, alla personalità originaria, avrebbero sovrapposto una seconda personalità che li avrebbe portati ad uno stato di perdita di coscienza crepuscolare, come nella Sindrome di Ganser. Per Jung, dunque, la simulazione era essa stessa patologia. L'opera di Jung apre le porte ad una prospettiva psicanalitica che pone il disagio psichico alla base della simulazione di patologia. Borri (1922) descrive la simulazione come un processo caratterizzato dalla presenza di disturbi soggettivi e/o funzionali (dolori vari, mal di testa, vertigini, problemi motori, di udito o mentali) che distingue dalla dissimulazione, dove l'intenzione è quella di nascondere la presenza di uno stato di malattia fisica o psichica. Puccini (1973) nel suo Manuale di medicina legale amplia la classificazione del concetto di simulazione fino a comprendere fenomeni come l'aggravamento, l'esagerazione sintomatologica, l'attenuazione, l'autolesionismo e la dissimulazione. La definizione di Callieri e Semerari (1959) che descrive la simulazione come “un processo psicologico caratterizzato dalla decisione cosciente di riprodurre, imitandoli, sintomi patologici, e di mantenere tale imitazione per un tempo più o meno lungo e con l'aiuto di uno sforzo continuo fino al conseguimento dello scopo”, resta quella più valida in ambito psichiatrico. Rogers (1992, 2004) sosteneva che la simulazione fosse il risultato di una scelta ragionata basata sulla valutazione della pericolosità del contesto in cui il soggetto si trovava e, come tale, una scelta adattativa. Nivoli (2011) afferma che la simulazione di patologia mentale parte da un processo imitativo che l'individuo mette in atto e che può basarsi tanto sulla ripetizione di segni e sintomi osservati in soggetti psichiatrici autentici, quanto sulla messa in atto di sintomi e comportamenti che lo stesso soggetto, in fase di scompenso psicopatologico pre-esistente, presentava e che vengono semplicemente attualizzati. L'analisi delle teorie sulla simulazione qui proposte e che si sono avvicendate nel corso del secolo hanno risentito di tre diversi modelli concettuali: - Patogenetico, la simulazione viene considerata come il primo segno di una patologia mentale che, successivamente, muove verso l'esacerbazione sintomatologica. I sostenitori di tale modello considerano dunque la simulazione come una componente della patologia mentale vera e propria 2
e sono portati, nel contesto forense, a de-efantizzare la simulazione. - Criminologico, la simulazione viene considerata come uno stile di risposta orientato al raggiungimento di un vantaggio esterno illecito. Tale modello enfatizza il ruolo di comportamenti antisociali, problemi pregressi con la legge e un tratto stabile di personalità antisociale, come fattori di rischio per la simulazione. - Adattativo: la simulazione viene considerata come una scelta adattativa ragionata in un contesto valutato come pericoloso e ostile e che non presenta valide alternative. I simulatori sono considerati come persone che scelgono sulla base di una valutazione, più o meno consapevole, dei costi e dei benefici. Tale modello porta a valutare la gravità delle conseguenze e la mancanza di alternative valide come fattore di rischio per la simulazione, dando molta importanza al contesto. Attualmente, in contraddizione con quanto affermato da Jung ad inizio secolo, le numerose prove empiriche a disposizione (Nivoli, Lorettu e Sanna, 1999) mostrano come la simulazione sia un fenomeno non solo poco raro ma anche non relegato necessariamente al solo contesto carcerario e presente nel contesto forense e medico-legale, dove la simulazione può portare a vantaggi illeciti per il soggetto, ma anche nel contesto clinico. In ambito penale i vantaggi insiti (o ritenuti tali) nella simulazione sono il non dover rispondere agli interrogatori del magistrato, la facoltà di non partecipare al processo, di invalidare la credibilità di testimonianze, interrogatori e/o versioni precedentemente rese, godere di trasferimenti in reparti clinici o psichiatrici o di misure di detenzione alternative al carcere, vedersi riconosciuto un vizio di mente al momento del fatto, etc. In ambito civile i vantaggi riguardano il riconoscimento di un danno biologico di natura psichica, l'ottenimento di una pensione di invalidità, etc. I simulatori sono considerati dunque come soggetti consapevoli e come tali devono essere distinti, attraverso l'analisi psicopatologica, da quei soggetti realmente malati o che simulano inconsapevolmente un disturbo mentale, per garantire a questi ultimi sostegno e cura ed evitare un'esacerbazione sintomatologica (Saks, 1997). 1.2 Moderna concettualizzazione della simulazione Nel DSM-5 (APA, 2013) la simulazione di malattia mentale trova concettualizzazione all'interno della categoria “Altre condizioni che possono essere oggetto di attenzione clinica” e 3
viene definita come “Produzione intenzionale di sintomi fisici o psicologici falsi o grossolanamente esagerati, motivata da incentivi esterni, come l'ottenere un risarcimento danni o il sottrarsi a procedimenti penali.” La simulazione di malattia dovrebbe essere fortemente sospettata quando viene osservata una combinazione di: 1) contesto medico-legale di manifestazione dei sintomi; 2) marcata discrepanza tra lo stress o la disabilità denunciata dall'individuo e i riscontri oggettivi e le osservazioni; 3) mancanza di collaborazione durante la valutazione diagnostica e nell'accettazione del regime terapeutico prescritto; 4) presenza di un Disturbo Antisociale di Personalità. 1.3 Diagnosi differenziale tra simulazione a altri disturbi mentali Effettuare una corretta diagnosi differenziale tra un disturbo simulato e un disturbo reale è una sfida importante per il clinico che opera in ambito medico-legale. Ciò è reso ancora più difficile dalla comorbidità che può esserci tra diversi disturbi psichiatrici, come ad esempio la contemporanea presenza di simulazione e disturbi da somatizzazione. Proprio per questo motivo è utile distinguere la simulazione intesa quale atto cosciente e consapevole indirizzata al conseguimento di un vantaggio esterno, da altri tipi di patologie mentali, come ad esempio la già citata Sindrome di Ganser (ICD-10) dove la componente intenzionale sarebbe più sfumata e prevarrebbe il tratto dissociativo (Fornari, 2018). Il problema della diagnosi differenziale si pone principalmente con i disturbi da sintomi somatici e disturbi correlati, in particolare con il disturbo fittizio e il disturbo da conversione, e i disturbi dissociativi. La simulazione differisce dal Disturbo Fittizio, classificato nel DSM-5 all'interno dei disturbi da sintomi somatici e disturbi correlati, poiché, anche se è presente un comportamento teso a presentare se stessi o gli altri come malati, manca l'intento di conseguire un vantaggio esterno. La simulazione si differenzia dal disturbo da conversione, e più in generale dai disturbi da sintomi somatici, poiché in quest'ultimo la produzione dei sintomi non è intenzionale e non sono presenti incentivi esterni che ne giustifichino la comparsa. La simulazione si differenzia, infine, dai disturbi dissociativi per la mancanza in questi ultimi 4
di un incentivo esterno e per la prevalenza della componente dissociativa. 1.4 Disturbi di Personalità e simulazione: quale relazione? Il DSM-5 (APA, 2013) segue il modello criminologico per valutare la simulazione, introducendo tra i criteri diagnostici la presenza di un Disturbo Antisociale di Personalità, quale correlato psicopatologico che predisporrebbe il soggetto a simulare un disturbo mentale per ottenere un vantaggio. Il Disturbo Antisociale di Personalità è definito nel DSM-5 come “Un pattern pervasivo di inosservanza e violazione dei diritti degli altri, che si manifesta fin dall'età di 15 anni”. Devono essere presenti almeno tre o più degli elementi descritti: 1. Incapacità di conformarsi alle norme sociali per quanto riguarda il comportamento legale, come indicato dal ripetersi di atti passibili di arresto. 2. Disonestà, come indicato dal mentire ripetutamente, usare falsi nomi o truffare gli altri, per profitto o per piacere personale. 3. Impulsività o incapacità di pianificare. 4. Irritabilità e aggressività, come indicato da ripetuti scontri o aggressioni fisiche. 5. Noncuranza sconsiderata della sicurezza propria e degli altri. 6. Irresponsabilità abituale, come indicato dalla ripetuta incapacità di sostenere un'attività lavorativa continuativa o di far fronte a obblighi finanziari. 7. Mancanza di rimorso, come indicato dall'essere indifferenti o dal razionalizzare dopo aver danneggiato, maltrattato o derubato un altro. Gli studi condotti nel corso dei decenni sul Disturbo Antisociale, o più in generale su psicopatia e tendenza all'esagerazione dei sintomi o alla simulazione di malattia, hanno fornito dati contrastanti. Nel 1984 uno studio condotto da Frederick su 172 pazienti e con un gruppo di controllo di 160 studenti di medicina aveva valutato la frequenza della simulazione e la presenza di eventuali correlati nei diversi gruppi. I risultati dello studio avevano indicato che la sociopatia e l'abuso di sostanze e alcool avevano una correlazione positiva con la simulazione, rendendo questi soggetti più inclini al malingering. Tali risultati supportavano i precedenti studi effettuati mentre non confermavano la tesi secondo cui razza e età potessero essere altre due variabili importanti. Tale 5
studio inoltre non aveva evidenziato alcuna correlazione tra disturbo da somatizzazione e simulazione. Kucharski et al. (2006), sempre allo scopo di comprendere se la simulazione fosse una caratteristica clinica della psicopatia, come precedentemente affermato da più autori, nonostante la scarsità di studi in merito, aveva studiato un gruppo di imputati criminali che erano stati suddivisi in base al grado di psicopatia (alto, moderato e basso), attraverso la Psychopathy Checklist Revised, PCL-R (Hare, 1991). I punteggi ottenuti alla PCL-R erano stati poi confrontati con le scale tipicamente utilizzate per la rilevazione del malingering: il Minnesota Multiphasic Personality Inventory-2, MMPI-2 (Butcher et al., 1989), il Personality Assessment Inventory, PAI (Morey, 1991) e la Structured Interview of Reported Symptoms, SIRS (Rogers et al., 1991). I soggetti che erano stati classificati con alto punteggio in psicopatia ottenevano punteggi più elevati sulla scale F e sull'indice F-K dell'MMPI-2, sulla scala NIM del PAI e sul SIRS. Tale studio evidenziava che la simulazione doveva essere presa in considerazione ogni volta che si presentava una diagnosi di Disturbo Antisociale di Personalità. La PCR-L era stata in grado di discriminare i simulatori dai non simulatori con una classificazione corretta del 75% e dunque non tutti gli psicopatici con alto grado di psicopatia avevano tentato di simulare un disturbo psichiatrico. Dunque i risultati, seppure evidenziavano una maggiore probabilità di simulazione in soggetti con Disturbo Antisociale di Personalità, non avevano mostrato che la psicopatia fosse un indicatore clinicamente utile di malingering. Demakis et al. (2015) avevano esaminato l'influenza della psicopatia e dell'intelligenza sulla simulazione di malattia. In tale studio il campione era costituito da 92 studenti universitari valutato attraverso la Wechsler Test Adult Reading (Psychological Corporation, 2001), per la valutazione dell'intelligenza, e il Psychopathic Personality Inventory-Short Form (Lilienfeld & Hess, 2001). Era stato poi loro chiesto di immaginare di essere colpiti da una commozione cerebrale un anno prima e di rispondere come se fossero stati istruiti a simulare o esagerare sintomi. Successivamente i partecipanti allo studio erano stati sottoposti ad una breve batteria neuropsicologica che comprendeva sub test come il Word Memory Test (Green, 2005), il test di Rey 15 item (Boone et al., 2002), Recognition, Finger-Tapping Test (Heaton et al., 2004) e il Digit Span ricavato dalla Wechler Adult Intelligence Scale-quarta edizione-WAIS-IV (Wechsler, 2008). Lo studio non aveva evidenziato alcuna correlazione tra alti punteggi in intelligenza e psicopatia e maggiore abilità nella simulazione. 6
Infine van Impelen et al. (2018), studiando il valore predittivo del Disturbo Antisociale di Personalità e delle sue caratteristiche cliniche (mancanza di rimorso, esternalizzazione della colpa e inganno) sull'esagerazione sintomatologica, avevano osservato che il Disturbo Antisociale di Personalità non risultava essere predittore della tendenza all'esagerazione dei sintomi. Gli studi più recenti, dunque, sembrano andare in controtendenza rispetto alle teorie che dominavano il campo nei decenni precedenti e invitano pertanto il clinico che opera in ambito forense a porre molta attenzione al momento diagnostico dove è chiamato a valutare ogni caso singolarmente e senza cadere nella rete del pregiudizio. Il Disturbo Antisociale di personalità risulta essere certo un fattore che può predisporre il soggetto a simulare, e come tale inserito tra i criteri diagnostici del DSM-5, ma non è scontato che i soggetti, poiché psicopatici, possano sicuramente simulare una psicopatologia. 1.5 Tipologie di simulazione Nivoli et al (1999) avevano individuato e classificato le diverse modalità attraverso cui si manifestava la simulazione nella pratica clinica: Creazione Il soggetto che simula una patologia mentale non ha diretta esperienza personale e dunque crea sintomi e comportamenti in base a ciò che ritiene essere per lui una condotta psicopatologica. Molto spesso si assiste all'esagerazione e alla teatralità. Imitazione In questo caso, il simulatore non ha avuto esperienza diretta con la malattia mentale ma ha avuto un contatto diretto con soggetti che hanno manifestato determinati sintomi e li ha appresi (ad es. un familiare). Rievocazione Il paziente ha realmente sofferto in passato di un disturbo e finge una nuova esacerbazione sintomatologica. In questo caso è molto difficile per lo specialista tracciare un limite tra 7
psicopatologia reale e simulazione. Stabilizzazione Il paziente presenta una psicopatologia che, se in via di stabilizzazione, viene accentuata volontariamente. Anche qui, come nel caso della rievocazione, è molto difficile individuare l'intento simulatorio. Radicamento Il soggetto inizialmente simula volontariamente un disturbo, per poi perdere la consapevolezza e percepire il disturbo come reale. Allegazione Il paziente riferisce la presenza di un disturbo psichiatrico, la cui gravità non corrisponde alla realtà ed è invece correlata a una patologia di tipo organico. Pretestazione Il paziente presenta un reale disturbo ma lo attribuisce falsamente ad una causa, al fine di ottenerne un vantaggio facilmente identificabile. Autoinduzione Il paziente si procura volontariamente una patologia, attraverso l'uso di sostanze, farmaci, digiuno, lesioni personali, ecc., con lo scopo di raggiungere un vantaggio. Mascheramento Il paziente maschera una reale psicosi simulando un'altra patologia psichiatrica. Dissimulazione Il paziente presenta una reale psicopatologia ma la dissimula allo scopo di apparire come una persona sana al fine di ottenere dei vantaggi (affidamento minori, permessi o evitare di prendere una terapia farmacologica). 8
Sempre Nivoli et al. (2011) hanno presentato uno studio basato su casi clinici in cui descrivono 18 differenti tipologie di simulazione maggiormente messe in atto in ambiente carcerario ( tab. 1.1). Tab. 1.1 Tipi di simulazione in carcere, tratto da Nivoli et al. (2011) La ricerca di Nivoli ha messo in luce quali sono le tecniche simulatorie maggiormente riscontrabili in ambiente carcerario. La conoscenza di tali tecniche non esula comunque lo specialista della salute mentale a porre l'attenzione sulla presenza di un genuino disturbo mentale rilevante ai fini psichiatrico-forensi, sul fisiologico adattamento ad un contesto dove vi è un'importante privazione della libertà e dunque ansiogeno e frustrante di per sé. Particolare importanza va rivolta alla modalità di conduzione del colloquio clinico, che può, attraverso la constatazione delle risposte emotive sia del paziente che del terapeuta, permettere al clinico di 9
individuare i simulatori dai non simulatori, e determinare scelte diagnostiche e percorsi terapeutici. In particolare, secondo Nivoli, durante il colloquio, per minimizzare la possibilità di classificazioni erronee, il terapeuta deve evitare di suggerire, attraverso le sue domande, sintomi che il paziente potrebbe poi utilizzare per simulare una malattia mentale; inoltre, il terapeuta dev'essere in grado di evitare manipolazioni del paziente (amicizia, ricatto, minaccia, sfruttamento di sensi di colpa) che il paziente può mettere in atto. 1.6 Principali disturbi mentali simulati Schizofrenia e altri disturbi psicotici La simulazione dei disturbi psicotici avviene piuttosto raramente in ambito forense e si osserva in particolare in ambito penale per reati gravi come l'omicidio. Simulare un disturbo psicotico è molto difficile per un soggetto lucido e pienamente consapevole di simulare perché richiede un certo grado di conoscenza delle modalità attraverso cui il disturbo si manifesta e che può essere acquisita solo attraverso un'osservazione diretta di un familiare oppure attraverso pregresse esperienze di ricovero per TSO. La presenza di familiarità per un disturbo psicotico può indirizzare il clinico verso la presenza di un'effettiva condizione schizofrenica. (Ferracuti et al. 2007). Diversa è poi la valutazione di uno scompenso psicopatologico in un soggetto psicotico che può aver portato il soggetto stesso a commettere un reato minando la sua capacità di intendere e di volere al momento del fatto stesso. Un soggetto, seppur psicotico e soprattutto se curato, può essere stabile durante la sua vita e dunque va analizzato nel dettaglio il suo stato psicopatologico al momento del fatto perché potrebbe aver commesso un reato mentre era capace di intendere e di volere e dunque non a causa di uno stato delirante o allucinatorio. La dissimulazione di schizofrenia è anch'essa un fenomeno osservato e che si manifesta sia in ambito penale, dove il vantaggio è legato alla valutazione della pericolosità sociale e al tentativo di fornire un'immagine migliore di sé per ottenere un giudizio più favorevole rispetto alla sua condizione, sia in ambito civile, per evitare licenziamenti, trasferimenti o per mobbing, allo scopo di attribuire la psicopatologia al contesto lavorativo e non a se stesso, in modo da ottenere un risarcimento. La dissimulazione di schizofrenia è anche frequente in sede di valutazione delle capacità genitoriali in contesti di adozione o affidamento dei minori, dove il vantaggio perseguibile è volto a evitare possibili limitazioni nella frequentazione del minore (Ferracuti et 10
al. 2007). Ciò che ci permette di scoprire una simulazione di schizofrenia, oltre all'anamnesi e alla raccolta di certificati preesistenti, è la presenza di un'inconsistenza nella presentazione dei sintomi: infatti i simulatori tendono a inscenare i sintomi più conosciuti e popolari come le allucinazioni e i deliri, mentre mancano completamente l'appiattimento affettivo, l'eloquio disorganizzato e i disturbi formali del pensiero. Inoltre è importante anche la valutazione dell'insight ossia della consapevolezza di malattia che nel soggetto psicotico è assente. Dunque, un'osservazione clinica deve comprendere la valutazione dell'insight del soggetto, dei nessi associativi, la presenza di disturbi del pensiero e di appiattimento dell'affettività. Depressione La depressione viene simulata per due finalità diverse: in regime carcerario per ottenere benefici in relazione alla detenzione; in ambito civile per ottenere il riconoscimento di un danno biologico in seguito a un trauma o a mobbing. La dissimulazione della depressione è invece presente in ambito civile in sede di affidamento dei figli. Rara invece appare la simulazione di uno stato ipomaniacale, associato a episodi depressivi maggiori come nel disturbo bipolare, a causa del livello di energia richiesto per sostenere tale stato. Un problema che si pone in fase di valutazione della presenza di una depressione maggiore in ambito medico-legale è misurare effettivamente la prevalenza dei sintomi depressivi rispetto ad altri. Infatti, la depressione e la sindrome ansioso-depressiva sono condizioni molto comuni nella popolazione generale e questo implica dunque che anche un detenuto, soprattutto a causa dello stress indotto dalla carcerazione, possa non esserne immune oppure presentare un quadro clinico depressivo già prima. Appare dunque importante accertare la presenza di un eventuale stato depressivo precedente. Spesso si valuta se il soggetto, nel momento della valutazione, assume una terapia farmacologica e/o segue una psicoterapia mentre non lo faceva in passato. Tale criterio da solo non può aiutare il clinico ad accertare la presenza di uno stato depressivo reattivo alla carcerazione oppure a un trauma, poiché la scelta di curarsi e quando sono variabili individuali e influenzate dal contesto culturale di appartenenza. Un disturbo depressivo reattivo insorge in seguito a eventi stressanti e la carcerazione è esse stessa una condizione di stress: è normale che un soggetto in regime di detenzione possa 11
presentare sintomi depressivi. Dunque quello che il soggetto fa è semplicemente accentuare tali sintomi. Come si può fare allora a distinguere un disturbo depressivo da uno simulato? Innanzitutto i simulatori raramente contraggono la muscolatura frontale e assumono la tipica postura del depresso (flessione del capo e del tronco). Altro interrogativo riguarda il come riuscire a distinguere una depressione reattiva da una pre- esistente e/o associata ad altri eventi traumatici, come separazioni, malattia di un familiare stretto, lutti, ecc. Sicuramente un colloquio anamnestico esaustivo che comprenda la valutazione di cartelle cliniche o ricoveri precedenti e degli eventi di vita stressanti, può aiutare di buon grado a distinguere una depressione simulata o amplificata da una reale, e ad attribuire un rapporto di causalità e un peso specifico per i fattori stressanti presentati. Anche i test sono strumenti utili a tal fine poiché permettono di segnalare la presenza di atteggiamenti simulatori o di amplificazione dei disturbi. Disturbo Post-Traumatico da stress Questo disturbo viene simulato soprattutto in ambito civile ed è legato all'ottenimento di un risarcimento del danno. I sintomi principali del disturbo, in particolare i flash-back, gli incubi e i pensieri suicidi, sono molto noti e facilmente simulabili poiché non verificabili. Anche se tale disturbo si manifesta attraverso dei correlati fisiologici, essi sono eterogenei e non specifici. I modi attraverso cui il clinico può valutare un intento simulatorio del disturbo è la discrepanza tra i sintomi riportati e la documentazione medica, testimoniale e i risultati ai test, questi ultimi importanti perché possono rivelare la presenza di una tendenza nel soggetto a simulare o a esagerare i sintomi. Un dubbio diagnostico va posto anche quando il funzionamento pre- morboso è descritto in termini idilliaci oppure quando la persona non è più in grado di lavorare ma è comunque in grado di usufruire di attività ricreative. Anche se il PTDS è facilmente simulabile, difficile è simulare il tono emotivo e il vissuto globale di sofferenza e angoscia. Durante il colloquio è possibile massimizzare il disturbo, presentando al paziente una serie di sintomi esagerati e incongrui con il PTDS e chiedendogli se sono presenti, dando per scontato che facciano parte del disturbo. 12
Disturbi da dipendenza da sostanze o da alcool I disturbi da uso di sostanze o alcool sono estremamente rilevanti in ambito forense poiché offrono notevoli vantaggi quali la possibilità di una riduzione della capacità di intendere e di volere, nullità di atti, riconoscimento di invalidità civile, responsabilità professionale, violazione della legge sulla privacy, affidamento di minori, determinazione dell'imputabilità nei casi di intossicazione cronica e misure alternative alla detenzione. Nelle circostanze sopracitate i soggetti possono cercare di simulare, esagerare oppure dissimulare. Per esempio in ambito penale è più probabile che un soggetto che abbia commesso un fatto grave possa simulare un uso cronico di sostanze in modo tale che gli vengano applicati gli articoli 88 e 89 c.p.1 Diverso è il discorso nel caso dell'affidamento dove i genitori possono tentare di dissimulare un disturbo da uso di sostanze per vedersi riconosciuta la possibilità di frequentazione di un figlio. La valutazione della presenza di un disturbo da dipendenza risulta al momento difficile, se ci si affida alla sola perizia medico-psichiatrica, e una valutazione erronea da parte del clinico può avere conseguenze importanti soprattutto in ambito penale: infatti, tale valutazione, che si basa principalmente su parametri organici, da sola non è in grado di distinguere quei casi in cui l'uso della sostanza è in comorbidità con un disturbo psicopatologico presente al momento del fatto, oppure disgiunto da questo. Tale differenza assume non poca rilevanza in ambito penale e nella scelta di applicazione degli articoli 88 e 89 c.p. Quando si deve effettuare una diagnosi di tossicodipendenza bisogna tenere presente che la presenza di un uso di sostanze o di alcool non determina necessariamente il riconoscimento di un vizio totale o parziale di mente. Per questo è innanzitutto necessario individuare il tipo di intossicazione (acuta, abituale o cronica), inserirla all'interno di un quadro anamnestico psicopatologico, familiare, sociale e culturale più ampio e stabilire l'imputabilità del soggetto in base agli art. da 91 a 95 c.p. 2. L'intossicazione acuta (o a breve termine) da sostanze o alcool non implica il riconoscimento di un vizio di mente (artt.92-93 c.p.). In questo caso l'imputabilità 1 Nell'art. 88 c.p. si fa riferimento al vizio totale di mente: “Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità d'intendere o di volere”. Nell'art. 89 c.p. si fa riferimento al vizio parziale di mente: “Chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità di intendere o di volere, risponde del reato commesso; ma la pena è diminuita”. Tratto da Fornari (2018). Trattato di Psichiatria Forense. 2 L'imputabilità del soggetto che, in condizioni di intossicazione acuta, abituale o cronica da alcool o sostanze stupefacenti commette un reato, è prevista e punita nel codice penale dagli artt. 91: “Ubriachezza derivata da caso fortuito o da forza maggiore”, 92: “Ubriachezza volontaria o colposa ovvero preordinata”; 93: “Fatto commesso sotto l'azione di sostanze stupefacenti”; 94: “Ubriachezza abituale”; 95: “Cronica intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti”. 13
viene valutata non nel momento in cui è stato commesso un reato, ma nel momento in cui il soggetto si è ubriacato oppure ha assunto la sostanza stupefacente, poiché si identifica in tale momento l'inizio di sintomi e comportamenti che possono aver dato origine al reato stesso. Se si accerta che, nel momento in cui ha iniziato ad assumere la sostanza, non esisteva nel soggetto un quadro psicopatologico importante, allora si rileva che il reato è stato commesso sotto effetto della sostanza da un soggetto in grado di intendere e di volere; se invece, nel momento di assunzione della sostanza, nel soggetto era presente un quadro psicopatologico rilevante (ad esempio, psicosi oppure intossicazione cronica) allora la condotta da intossicazione acuta da sostanze viene considerata come sintomo della psicopatologia in atto. In tale caso la psicopatologia sottostante viene presa in considerazione ai fini dell'applicazione degli artt. 88 e 89. Nell'intossicazione abituale da sostanze e alcool è presente una dedizione a tale uso, che di per sé non determina le applicazione degli artt. 88 e 89 c.p., a meno che non sia presente un'ipotesi di intossicazione cronica che può portare il magistrato a disporre la perizia. L'intossicazione cronica può comportare un vizio di mente totale o parziale, ed è l'unico tipo di intossicazione che può rilevare a fini forensi. In tale caso è comunque necessario accertare la presenza di danni permanenti (organici) indotti dalla sostanza che influiscono sulla capacità di intendere e di volere, poiché il semplice accertamento dello stato di crisi di astinenza non è sufficiente. I danni organici devono essere a carico delle funzioni psichiche del soggetto e il reato in connessione con il disturbo psicopatologico che ne consegue. 14
2. La valutazione della simulazione in ambito forense La discrepanza teorica che si osserva allo stato attuale tra ciò che viene simulato e ciò che è psicopatologia porta inevitabilmente a porre estrema attenzione alla metodologia adottata durante la valutazione, soprattutto in quei contesti, come quello carcerario, dove spesso sono presenti quadri reattivi, in cui è necessario distinguere tra quanto vi sia intenzionale e quanto vi sia di autentico. Per questo motivo, particolare attenzione assume la valutazione psicopatologica attraverso l'osservazione, la raccolta anamnestica, il colloquio clinico e la somministrazione di test, specifici per la simulazione e di personalità. Secondo Fornari (2018) durante l'osservazione il simulatore, almeno nei periodi iniziali, mette in atto alcuni comportamenti tipici, riassunti nella tab. 2.1: “- da a osservare sintomi singoli, isolati, non legati da una correlazione patologica e non riconducibili a uno 'stile di vita' che, anche nella malattia mentale, mantiene una sua coerenza e peculiarità espressive; pertanto riproduce sintomi e comportamenti, imitandoli; - inizia esibendo o elencando, spontaneamente e con immediatezza espressiva i propri disturbi 'patologici' a differenza del vero malato di mente che costantemente li dissimula o accuratamente li minimizza; - è molto meno coerente, costante e convincente rispetto al vero malato psichico; - richiama prepotentemente l'attenzione dell'esaminatore denunciando stati crepuscolari di coscienza (dal semplice ottundimento, allo stupore, allo stato onirico) e quadri pseudo- demenziali (perdita, completa o quasi, di tutte le nozioni, anche le più elementari, apprese a scuola e nella vita; disorientamento temporo-spaziale, ignoranza del proprio nome e di quello dei familiari, dimenticanza di ogni notizia anamnestica, familiare o personale, passata o recente = pseudo demenza isterica); però, nel corso dell'obiettivazione clinica diretta o in regime di osservazione condotta all'insaputa del soggetto, non si registra un vero comportamento demenziale e sono osservabili chiare ed evidenti discordanze negli atteggiamenti, nella cura del corpo, nello stato di nutrizione, ecc. rispetto a quanto denunciato dal soggetto; 15
- descrive deliri e allucinazioni, definendoli con i loro termini precisi e appropriati (…); - presenta un atteggiamento mimico, gestuale e comportamentale di intenso sforzo mentale, volto a richiamare l'attenzione dell'esaminatore; - elenca reiteratamente disturbi psicosomatici, cenestopatici e ipocondriaci, di cui amplifica il valore di malattia; - rifiuta le terapie farmacologiche (…) o finge di assumere farmaci.” (Tratto da Fornari U. (2018) Trattato di Psichiatria Forense, p. 281). Mentre nel simulatore non si osserva un deterioramento cognitivo o una destrutturazione della personalità, e dunque un peggioramento clinico nel caso di non intervento, il vero malato, se non viene curato, va incontro ad un deterioramento importante che si accompagna a gravi compromissioni sociali. Tab. 2.1 Schema riassuntivo dei comportamenti tipici del simulatore e del dissimulatore 16
2.1 Raccolta anamnestica Un primo metodo di indagine che il clinico ha a disposizione per comprendere se si è dinanzi a un individuo che sta simulando un disturbo mentale al fine di ricavarne un vantaggio è la raccolta anamnestica. La prima fase della raccolta anamnestica si articola in una lunga intervista sui sintomi, che permette di cogliere incongruenze narrative o discrepanze tra sintomi riferiti e osservati dal clinico. L'anamnesi psicopatologica attuale può dare al clinico tutte quelle informazioni su come il simulatore inscena comportamenti e sintomi e confrontarli con quelli descritti in letteratura (Tab 2.1). L'anamnesi psicopatologica remota deve incentrarsi sulla raccolta di psicopatologie pregresse, eventuali ricoveri o cure presso strutture pubbliche, a cui il soggetto può essere stato sottoposto. Inoltre, l'anamnesi può essere utile per comprendere l'esordio, il decorso di malattia e eventuali predisposizioni genetiche, come ad esempio nel caso delle psicosi. In ambito forense è anche importante determinare se ci sono stati altri fattori stressanti (oltre a quelli denunciati nel caso del risarcimento danni, oppure oltre ai disturbi reattivi alla carcerazione) che possono aver già determinato precedentemente un'esacerbazione sintomatologica, che può successivamente essere amplificata. Per fare questo, il clinico deve anche avvalersi della collaborazione dei familiari o amici stretti, nonché di altri specialisti della salute mentale con cui il soggetto precedentemente può essere entrato in contatto durante le cure. Un'anamnesi familiare accurata infine, aiuterà il clinico ad acquisire quelle informazioni contestuali (lavoro, relazioni sociali e affettive, famiglia) che possono essere determinanti nell'accertare la presenza o meno di simulazione. Ad esempio, il fatto che il soggetto possa aver avuto precedenti esperienze a contatto con persone che hanno avuto il disturbo che cerca di simulare, oppure che lui stesso, in fase di scompenso, possa aver avuto esperienze dirette con i sintomi che riporta, sono tutte informazioni che devono farci sospettare che il soggetto sia allenato alla riproduzione sintomatologica e questo non deve essere sottovalutato. Importante è anche la valutazione della familiarità per alcuni disturbi, in particolare per le psicosi o per il disturbo depressivo maggiore. 17
2.2 Status Lo Status viene valutato durante il colloquio clinico e consiste nell'indagare le funzioni cognitive e il comportamento generale del soggetto. Lo status del paziente dev'essere valutato man mano che lo specialista stabilisce con lui una relazione. Si parte, così in maniera graduale, dalla valutazione di ciò che vediamo subito, cioè come il paziente si presenta, e successivamente, si valuterà il suo modo di parlare e la sua gestualità. Una volta iniziato il colloquio il valutatore provvederà ad annotare informazioni riguardanti la personalità, i processi di pensiero e quelli affettivi. Infine verrano annotati i segni di psicopatologia. Lo Status è una tappa fondamentale dell'assessment psicologico perché rappresenta per lo psicologo ciò che per il medico sono i riscontri oggettivi e le analisi. Nello Status vengono colti i seguenti rilievi (Burla, 2014): 1. Abbigliamento e cura della persona; coscienza; perplessità, atteggiamento verso il colloquio. 2. Attività psicomotoria; mimica e gestualità; eloquio. 3. Orientamento spazio-temporale; attenzione, percezione e memoria; funzioni cognitive superiori. 4. Ideazione; caratteristiche formali del pensiero; nessi associativi; esame di realtà; consapevolezza di malattia. 5. Affettività; tono dell'umore; emozioni; congruenza ideo-affettiva. 6. Segni psicopatologici specifici; sintomi riferiti (dati soggettivi); problematiche personali (dati soggettivi). 2.3 Il colloquio clinico Il colloquio clinico viene utilizzato per analizzare i vissuti interni del soggetto sia rispetto alla propria storia personale che rispetto al fatto accaduto e che ha portato alla valutazione. Il colloquio, nelle valutazioni psichiatrico-forensi, si articola in tre modalità differenti: - colloquio libero: si svolge come una conversazione e il clinico indirizza inizialmente gli argomenti per lasciare poi completa libertà di espressione al soggetto. Viene utilizzato principalmente per valutare le funzioni psichiche del soggetto e l'eventuale presenza di alterazioni del pensiero, formali o di contenuto; 18
- colloquio tematico: il clinico pone domande specifiche su determinati argomenti, dai quali possono emergere manifestazioni psicopatologiche. Il clinico si sofferma su argomenti conflittuali o problematici per il soggetto, che ha precedentemente acquisito sia attraverso un'attenta analisi anamnestica che durante il colloquio libero. Vengono in questo caso testate la capacità di critica e le reazioni emotive; - colloquio a contestazione: il soggetto viene sottoposto ad una situazione di stress con lo scopo di far emergere forti reazioni emotive e far perdere il controllo della situazione. Lo scopo è quello di valutare l'esame di realtà e la presenza di aggressività e/o acting-out. 2.4 Test I Test rappresentano lo strumento che il clinico ha a disposizione per rilevare e quantificare la psicopatologia. I test devono essere sempre utilizzati durante una valutazione forense come integrazione dei colloqui clinici condotti. Per quel che riguarda la simulazione, i test possono essere molto utili per confermare oppure disconfermare una tendenza a esagerare o simulare sintomi di malattia mentale. In particolare, test che valutano nello specifico la tendenza a simulare sono oggi in grado di discriminare accuratamente la simulazione dall'esagerazione sintomatologica. I test maggiormente utilizzati in ambito forense per la valutazione degli adulti comprendono sia test di livello e neuropsicologici, che test oggettivi e proiettivi di personalità. Nel caso ci sia un sospetto di simulazione la batteria dev'essere adattata allo scopo di integrare al suo interno anche strumenti che valutano specificatamente la simulazione. 19
3. Test che valutano la simulazione di psicopatologia La simulazione di un disturbo può riguardare tre ambiti principali: disturbi mentali simulati, disabilità cognitive simulate e sindromi mediche simulate. Mentre i disturbi mentali possono essere simulati sia nel contesto forense che in quello non forense, inaspettatamente le sindromi mediche sono invece simulate maggiormente nei contesti clinici rispetto a quello forense. In questo lavoro ho centrato l'attenzione sulla simulazione dei disturbi mentali, per cui verranno passati in rassegna dapprima i test che valutano nello specifico la simulazione di malattia (SIRS-2 di Rogers et al., 1992; SIMS di Smith & Burger, 1997) e, successivamente test oggettivi di personalità (MMPI-2 di Hathaway & McKinley, 1989; PAI di Morey, 2007) e proiettivi di personalità (Rorschach, 2013 e DFU, 2017, 5° ed.) che contengono al loro interno scale di validità o indici in grado di rilevare la tendenza ad esagerare la psicopatologia. 3.1 Test specifici per la valutazione della simulazione 3.1.1 Structured Interview of Reported Symptoms-2 (SIRS-2) La Structured Interview of Reported Symptoms-2 (Rogers et al. 1992) rappresenta il principale strumento di misura per la valutazione della simulazione dei disturbi mentali in ambito forense. Il test è un'intervista strutturata composta da 156 item che permette di rilevare gli otto stili di risposta più comunemente associati alla simulazione. Il modo in cui l'intervista è condotta e la complessità stessa dell'intervista, impediscono al presunto simulatore di mentire volontariamente e dunque permettono di distinguere il simulatore dalla persona che ha una vera patologia. La SIRS-2 non solo permette di distinguere tra simulazione e disturbo reale, ma anche di comprendere la modalità attraverso cui la simulazione si manifesta, ad esempio attraverso esagerazione dei sintomi piuttosto che invenzione dei sintomi e il grado di attendibilità della simulazione, ossia certa, probabile o indeterminata. La SIRS-2, proprio per la sua complessità, dev'essere utilizzata da clinici esperti, ossia da 20
soggetti che hanno già esperienza in supervisione nella somministrazione delle interviste strutturate, in particolare nella SCID-5-CV e SCID-5-PD (First & Williams 2017). L'adattamento italiano della SIRS-2 è stato validato su un campione di 216 soggetti di età compresa tra i 18 e gli 83 anni, suddivisi in tre gruppi e appaiati per caratteristiche come l'età, il genere e il livello di istruzione: - campione normale, costituito da 74 soggetti di età compresa tra 19 e 71 anni; - campione psichiatrico, composto da 66 soggetti di età compresa tra 19 e 83 anni, a cui era stata fatta una diagnosi psichiatrica da professionisti della salute mentale; - campione forense, costituito da 76 soggetti di età compresa tra 18 e 80 anni, che erano coinvolti in controversie legali per risarcimento danni, imputabilità, affidamento minori, abuso sessuale, ecc. Gli studi sull'attendibilità interna dell'adattamento italiano della SIRS-2 sono stati soddisfacenti sia nel campione psichiatrico che in quello forense. Anche la validità di costrutto e discriminante hanno dato buoni risultati. Tali studi hanno evidenziato che la versione italiana della SIRS-2 possiede delle buone proprietà psicometriche che gli permettono di essere classificato come lo strumento più idoneo per valutare la simulazione. La SIRS-2 può essere somministrata ad adolescenti e adulti con abilità intellettive nella norma o borderline e si compone di sei sezioni principali, suddivise in due sequenze parallele. Ogni sequenza è composta da tre tipi di indagini: Dettagliate, Ripetute e Generali. Indagini dettagliate Lo scopo delle indagini dettagliate è quello di raccogliere informazioni sul comportamento sintomatologico del soggetto con l'obiettivo di individuare se certi sintomi rappresentano per lui problemi “principali” o “estremi”. Il soggetto è così chiamato a confrontarsi con decisioni immediate circa quali sintomi simulare e in che grado. In questo modo è possibile individuare i seguenti indici: - selettività dei sintomi (SEL) : numero totale dei sintomi riportati; - gravità dei sintomi (GRAV): numero totale dei sintomi ritenuti estremamente gravi; - sintomi ovvi (SO): somma dei sintomi facilmente riconoscibili come psicopatologici; - sintomi psicologici comuni (SPC): somma dei problemi ritenuti comuni e non necessariamente 21
psicopatologici. Indagini ripetute Le indagini ripetute sono poste nel foglio parallelamente alle Indagini Dettagliate e consistono nelle stesse domande fatte durante le indagini dettagliate, che vengono però ripetute dopo un arco di tempo e alla fine della prima e della seconda parte del protocollo, con lo scopo di evidenziare incongruenze nella presentazione dei sintomi rispetto a quanto affermato precedentemente. Le differenze vengono riportate sulla scala Inconsistenza dei sintomi (INC). Indagini generali Rappresentano la maggior parte degli item della SIRS-2 e ogni domanda della sezione è studiata per rilevare una singola strategia di simulazione. Nel complesso le indagini generali permettono di valutare la presenza di strategie di individuazione improbabili i cui item sono molto infrequenti nella popolazione generale. In particolare Sintomi Rari (SR), Combinazione di Sintomi (CS), Sintomi improbabili o assurdi (IA) e Sintomi rari vs sintomi osservati (RO). Le indagini generali includono anche quattro scale supplementari della SIRS-2: - Scala di Valutazione diretta dell'onestà (VDO): valuta il grado di apertura e collaborazione del soggetto nonché l'interesse nel descrivere accuratamente i suoi sintomi senza esagerazione o finzione; - Scala dei Sintomi difensivi (SD): fornisce informazioni sulla tendenza a negare o minimizzare problemi o sintomi comuni tra le popolazioni cliniche; - Scala dei Fallimento improbabile (FI): discrimina il deficit cognitivo simulato in persone con intelligenza medio-bassa o più alta. - Scala dei sintomi eccessivamente specificati (SES): riguarda sintomi comuni che vengono però presentati con un livello di precisione irrealistico. Il tempo di somministrazione varia a seconda del soggetto e ha una durata media di circa 30 minuti. Soggetti con compromissioni significative o simulatori hanno tempi più lunghi, dai 30 ai 45 minuti. Se le somministrazioni hanno una durata superiore a un'ora devono essere valutate con attenzione poiché possono essere state eseguite in maniera non corretta oppure con scarsa partecipazione del soggetto. 22
Durante l'iter psicodiagnostico è opportuno che la SIRS-2 sia somministrata in seguito a interviste non strutturate, allo scopo di creare una relazione, e a questionari multiscala, come MMPI-2, e interviste che indagano i disturbi mentali (SCID-5-CV). Scale primarie della SIRS-2 Le scale primarie di cui si compone la SIRS-2 sono otto e sono utilizzate sia per la descrizione clinica che per la classificazione degli stili di risposta. Sintomi Rari (SR) Questa scala presenta sintomi psicopatologici infrequenti nella popolazione clinica generale, che descrivono esperienze sensoriali o psicotiche insolite. Tale scala ha un'alta correlazione con la scala F dell'MMPI-2. Punteggi elevati a questa scala (>4) descrivono soggetti che hanno una tendenza a riferire sintomi molto particolari e infrequenti nella popolazione clinica generale. Combinazione di Sintomi(CS) La scala CS presenta una combinazione di sintomi che, seppur possano essere presenti se presi singolarmente, non si presentano mai insieme. Le coppie di sintomi presentati riguardano disturbi dell'umore e disturbi psicotici. Si tratta cioè di una combinazione insolita di sintomi. Punteggi elevati (>6) indicano che il soggetto sta riportando coppie di sintomi insoliti. Sintomi Improbabili o assurdi (IA) La scala IA presenta sintomi psicopatologici assurdi o fantastici e dunque non veri. Punteggi elevati (>5) indicano che il soggetto sta riferendo sintomi assurdi che non vengono quasi mai osservati nella popolazione clinica. Sintomi Ovvi (SO) La scala SO presenta sintomi di psicopatologia che sono estremamente riconoscibili, anche per i soggetti inesperti. Punteggi elevati (>10) indicano che il soggetto sta riferendo un'insolita quantità di sintomi associati ai maggiori disturbi mentali. 23
Sintomi Psicologici Comuni (SPC) Questa scala presenta sintomi psicologici che sono percepiti come non patologici da soggetti inesperti. Punteggi elevati (>15) indicano che il soggetto sta sostenendo una percentuale più alta di problemi psicologici e sintomi generali rispetto alla popolazione clinica generale. Selettività dei Sintomi (SEL) Questa scala identifica il numero totale di sintomi psicopatologici riportati e la tendenza a rispondere incondizionatamente “si” ai sintomi, che è un fenomeno raro nella popolazione clinica generale. Punteggi elevati (>17) indicano che il soggetto sta riportando una quantità elevata di sintomi e problemi psicologici. L'elevazione del punteggio può riscontrarsi sia in pazienti genuini che in soggetti che tentano di apparire mentalmente disorganizzati. Oppure l'elevazione potrebbe essere indicativa di acquiescenza. Gravità dei Sintomi (GRAV) Questa scala valuta l'eccesso dei sintomi riportati per distinguere lo stile di riposta genuino da uno simulato. Soggetti che tendono a esagerare la psicopatologia riportano come insopportabili una quantità di sintomi maggiori rispetto a chi ha un reale disturbo. Punteggi elevati (>9) intercettano dunque un'esagerazione dei sintomi. Sintomi riportati vs Sintomi osservati (RO) La scala RO valuta le discrepanze tra sintomi riferiti dal soggetto e sintomi osservati dall'intervistatore. Punteggi elevati (>6) indicano che il soggetto ha riferito la presenza di un insolito modo di comunicare e di comportarsi che però non è stato rilevato dal clinico durante la valutazione. Tale atteggiamento si osserva prevalentemente in soggetti che vogliono simulare una compromissione della capacità comunicative e scarso insight. Punteggi elevati (≥2) indicano un peggioramento improvviso dei sintomi, che non si verifica quasi mai nei pazienti onesti. Scale supplementari della SIRS-2 Mentre le scale primarie permetto di classificare lo stile di risposta del soggetto, le scale supplementari forniscono un'analisi descrittiva clinica. 24
Puoi anche leggere