ANEDDOTI E CURIOSITA' - NEL MONDO DEGLI SCACCHI MASSIMO CRISTOFARI - UNIVERSITÀ POPOLARE DI VEROLI APS

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ANEDDOTI E CURIOSITA' - NEL MONDO DEGLI SCACCHI MASSIMO CRISTOFARI - UNIVERSITÀ POPOLARE DI VEROLI APS
Massimo Cristofari

ANEDDOTI E CURIOSITA'
          NEL MONDO DEGLI SCACCHI

                                    2021

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ANEDDOTI E CURIOSITA' - NEL MONDO DEGLI SCACCHI MASSIMO CRISTOFARI - UNIVERSITÀ POPOLARE DI VEROLI APS
Presento in questo opuscolo (che riprende ed amplia,
opportunamente aggiornandolo, un mio precedente vecchio
lavoro con lo stesso titolo) una raccolta - senza alcun ordine
logico o cronologico - di aneddoti e curiosità relativi al variegato
mondo degli scacchi, che confido possa suscitare interesse anche
in coloro che non conoscono affatto il nostro gioco, ma ne sono
in qualche modo attratti da quella affascinante venatura di
mistero.
     La materia è sterminata: il "nobil giuoco" è vecchio di secoli
e da sempre gli scacchisti sono stati persone piuttosto
eccentriche e bizzarre (per non dire di peggio…). Di ogni
campione si potrebbero riportare decine di aneddoti divertenti o
sconcertanti (ma in fondo non deve sorprendere più di tanto:
potremmo dire la stessa cosa praticamente di tutti i grandi in
ogni campo artistico, a cominciare da Michelangelo).
     Ho riportato in questo opuscolo, accanto a quelli "classici"
dei campioni (più o meno conosciuti), anche alcuni aneddoti -
ovviamente del tutto inediti - relativi ai nostri giocatori (di cui
sono stato spesso testimone diretto), che evidenziano come
anche ai livelli minori gli scacchisti siano persone quantomeno
eccentriche…
     Il materiale è tratto da diverse fonti e non posso
naturalmente garantirne l'autenticità, anche se ho fatto il
possibile per cercare - dove mi è stato possibile - i necessari
riscontri.
     Spero di essere riuscito a scrivere un opuscolo al tempo
stesso divertente e capace di avvicinare il profano alla
straordinaria magia degli scacchi (il segreto della loro più che
millenaria longevità), che sono al tempo stesso arte, scienza e
competizione sportiva.
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I giocatori di scacchi, anche ai massimi livelli, le inventano tutte
pur di infastidire gli avversari. Durante una partita di torneo, mentre
il suo avversario, il maestro brasiliano Henrique Mecking, era
immerso in una profonda riflessione per la complessità della
posizione, il grande maestro armeno Tigran Petrosian si fece portare
un caffè e cominciò a sciogliere lo zucchero in modo tale che il
cucchiaino battesse ritmicamente nella tazzina. Mecking incassò il
colpo senza battere ciglio, ma appena la mossa passò all’avversario,
decise di ripagarlo con la stessa moneta, facendosi portare anche lui
un caffè. Purtroppo per lui Petrosian, che notoriamente era purtroppo
diventato quasi sordo, si tolse semplicemente l’apparecchio acustico,
vincendo poi la partita!

     È ben nota la megalomania dei nostri campioni.
Nel corso dell’Olimpiade di Varna del 1962, una collezionista di
autografi avvicinò il grande campione americano Bobby Fischer, che
con una sua firma enorme occupò l’intero foglio.

Alle garbate rimostranze della ragazza, che non aveva più spazio per
altre firme, il campione americano le rispose semplicemente che -
dopo la sua - le altre firme non contavano niente…

      Ancora a proposito di autografi: nel corso del torneo dei
candidati del 1959 il “mago di Riga” Mikhail Tal (persona anche molto
gioviale e scherzosa), che aveva sconfitto per la quarta volta l’allora
quindicenne - ma già fortissimo - Bobby Fischer, firmava per sé e per
Fischer, giustificandosi col fatto che lo aveva battuto così tante volte
da potersi permettere di firmare anche per lui…

      È ormai assodato che gli scacchi (insieme agli “sport della
mente”) aiutino a mantenere giovane il cervello anche in età avanzata,
ma da questa notizia che ho tratto da Internet sembra che abbiano
effetti positivi anche sulla durata stessa della vita. La donna più
longeva al mondo (l'annuncio è del 2010) è la georgiana Antisa
Khavichava, nata nel 1880 e quindi con la rispettabile età di 130
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anni! Vive con i discendenti in un piccolo villaggio del Caucaso
(Sachino), a 270 chilometri da Tbilisi. Il suo record, fatte le necessarie
verifiche, dovrebbe entrare nel “Guinness dei primati”.
La cito qui perché pare che la nostra nonnina giochi ancora
accanitamente a scacchi, bagnandosi frequentemente la gola secca
con generose razioni di vodka…

      Il peggiore risultato in un torneo internazionale di scacchi è
sicuramente quello del colonnello francese Charles Paul Narcisse
Moreau: insignito del titolo di "Cavaliere dell'Ordine Imperiale della
Guadalupa" e di vari onori militari, era anche uno stimato matematico
(scrisse anche alcuni libri), ma - ed è quello che qui ci interessa - era
soprattutto un grande appassionato del nostro gioco. Venne ammesso
al fortissimo torneo magistrale di Montecarlo del 1903 (anche se
sembra soltanto all'ultima ora in sostituzione del grande campione
russo Chigorin, che non si era accordato con gli organizzatori ed
aveva declinato l'invito), ma il suo risultato fu catastrofico: riportò la
bellezza di 26 sconfitte nelle ventisei partite disputate!
Per chiarire meglio l'eccezionalità della sua "performance" vediamo
come appariva il suo risultato nel tabellone riepilogativo alla fine del
torneo: 0-0-0-0-0-0-0-0-0-0-0-0-0-0-0-0-0-0-0-0-0-0-0-0-0-0!

     Per il migliore risultato c'è invece soltanto l'imbarazzo della
scelta, ma credo che il primato vada di diritto al maestro tedesco
Gustav Neumann, che nel torneo di Berlino del 1885 vinse tutte e 34
le sue partite!

      Il matematico E.Anthony ha calcolato che le varianti possibili
nelle sole prime quattro mosse complete (cioè sia quelle del Bianco
che del Nero) di una partita di scacchi sono la bella cifra di
318.979.584.000!
Se teniamo presente che il loro numero cresce geometricamente ad
ogni mossa, è facile comprendere perché neppure i più avanzati
computer (che pure sono in grado di calcolare milioni di varianti al
secondo…) riescano a spingere il loro calcolo oltre le quattro-cinque
mosse!
Non vi basta ancora? Cito sempre il nostro Anthony (che
evidentemente non era troppo preso dal suo lavoro se disponeva di
tanto tempo…): le varianti nelle prime dieci mosse complete sono la
bellezza di 169.518.829.100.544.000.000.000.000.000! Chi è in grado
anche solo di riuscire a leggere una cifra come questa?
Come fanno allora i maestri - verrà da chiedersi - a padroneggiare il
gioco? Più che attraverso il calcolo delle varianti (come abbiamo visto,
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praticamente impossibile), attraverso l'esperienza, l'intuito e la logica,
che rappresentano comunque una valida bussola per riuscire a
muoversi nell'inestricabile ginepraio delle varianti.
Ma, tranne i casi di varianti forzate, senza la pretesa di avere giocato
la mossa migliore in assoluto.

      Nel torneo internazionale di Ostenda del 1907, che si disputava
all'interno del Casinò Municipale, al maestro Aaron Nimzowitsch (che
era ancora minorenne) venne proibito - in scrupolosa osservanza della
legge, che ne vieta ancora oggi l'accesso ai minori - l'ingresso nella
sala di gioco.
Fu costretto perciò a disputare il torneo giocando fuori del palazzo,
ma si consolò abbondantemente arrivando terzo!

     Per quello che se ne sa, il grande André Danican Philidor
(famoso musicista, ma soprattutto il più grande scacchista del '700)
non ha mai giocato in vita sua la difesa che ha poi preso il suo nome
(1.e5 e5 2. ♘f3 d6)!

     Viene ormai con relativa frequenza battuto il record di partite in
simultanea, per cui non è facile starvi dietro: l’ultimo di cui ho notizia
appartiene al G.M. bulgaro Kiril Georgiev, che ha affrontato a Sofia il
21/2/2009 simultaneamente ben 360 avversari.
Per chiarire meglio la portata dell’impresa aggiungerò soltanto che
ogni mossa richiedeva al maestro - per passare davanti a tutte le
scacchiere, poste una accanto all'altra - un tragitto di circa mezzo
chilometro (potete ricavate orientativamente da soli il gran numero di
chilometri che ha dovuto percorrere quel giorno!); dopo le prime 6 ore
di gioco erano state eseguite solo le prime otto mosse su ogni
scacchiera!
Il campione bulgaro ha portato a termine la sua fatica in 14 ore e 8
minuti, con uno “score” - molto apprezzabile - di +284 =70 -6.
Si era allenato all’impresa con un programma fisico intensivo di circa
un mese!
     Il maestro internazionale svizzero Henry Grob (il cui nome resta
legato all’omonima, eccentrica apertura              1.g4!? che giocò
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assiduamente soprattutto per corrispondenza e che nessuno ha mai
giocato in partite di impegno), che non raggiunse mai risultati eccelsi
nel nostro gioco, era anche uno stimato pittore.
Lui stesso diceva spiritosamente che se gli scacchisti dicevano che era
da preferire come pittore, i pittori dicevano che era da preferire come
scacchista…

     Fino a pochi anni orsono fa le giocatrici erano un numero
piuttosto esiguo e generalmente non troppo competitive, tanto che si
pensava che il gentil sesso non avrebbe mai potuto battersi alla pari
sulla scacchiera con gli uomini, pur non essendo il nostro gioco
sicuramente basato sulla forza bruta.
Bobby Fischer (peraltro notoriamente misogino: non voleva nemmeno,
ad esempio, che le donne venissero ammesse nei circoli di scacchi
perché troppo pettegole…) negli anni ‘70 affermò con la sua
provocatoria spavalderia che avrebbe potuto battere qualunque donna
dandole un Cavallo di vantaggio! Una offesa intollerabile, dal
momento che un simile vantaggio potrebbe essere dato, al più, ai
ragazzini che hanno imparato da poco tempo il gioco, ma nessuna
giocatrice raccolse la provocatoria sfida…

     L’ex campione mondiale Anatoly Karpov diede anche una
spiegazione “tecnica” quando gli chiesero come mai ancora nessuna
donna era mai arrivata a lottare per il titolo mondiale: “Perché non
sono capaci di tenere la bocca chiusa per cinque ore di fila!”

      Oggi, per fortuna, anche in conseguenza dell’aumento
vertiginoso delle giocatrici, ci sono tante donne in grado di battersi
alla pari con i migliori giocatori maschi.

E l’ungherese Judith Polgar (che vediamo nella foto), arrivata
giovanissima tra i primi dieci nella graduatoria mondiale assoluta, e
che per scelta non ha mai giocato in tornei femminili, ad un certo
punto sembrava addirittura - anche perché era assai più giovane di

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tutti quelli che la precedevano nella graduatoria - poter arrivare a
sfidare il campione del mondo!

      Si racconta che nel torneo di Margate del 1937 il grande
Alekhine, dopo aver sacrificato in una delle sue partite una Torre ed
essersi alzato in attesa della risposta dell’avversario - che stava
pensando da molto tempo - avendo visto il noto maestro Miguel
Najdorf guardare con interesse la scacchiera, gli domandò cosa ne
pensasse.
Colto di sorpresa, il grande maestro argentino si complimentò per
quella mossa grandiosa, ma si sentì in realtà nel suo intimo molto
depresso perché non la aveva compresa affatto!
Due anni dopo, incontrando di nuovo Alekhine, ebbe il coraggio di
confessarglielo.
Questi gli rispose - sorridendo - di tranquillizzarsi, perché non lo
aveva capito neanche lui: era stato infatti un sacrificio giocato solo
intuitivamente!

      Lo scacchista tedesco Franz Gutmayer, che fece pubblicare un
libro che insegnava come diventare maestro di scacchi, non riuscì mai
a conquistare quel titolo!

     Ancora a proposito di pubblicazioni scacchistiche, anni fa venne
pubblicato in Germania un piccolo opuscolo dal titolo stimolante
"Avviso agli spettatori dei tornei di scacchi": le pagine erano tutte
bianche ad eccezione di una in cui era scritto a caratteri cubitali
"TIENI LA TUA BOCCA CHIUSA!".

      Quando il maestro Jacques Mieses (allora ottantaquattrenne)
sconfisse il maestro danese Dirk van Foreest (di due anni più anziano)
in una partita giocata a L'Aja nel 1949, commentando spiritosamente
la vittoria disse che aveva "trionfato la giovinezza!".
      Si racconta che il grande maestro boemo Wilhelm Steinitz (che è
stato il primo campione del mondo ufficiale di scacchi) venne una
volta fermato dalla polizia, che riteneva che le strane cifre sulle
cartoline di una partita che stava giocando per corrispondenza contro
il russo Mikhail Chigorin potessero essere una sorta di messaggio
cifrato! Dovette trascorrere una notte intera in cella di isolamento
prima di riuscire a dimostrare che non era una spia russa!
    Ancora a proposito di Steinitz. Il campione aveva notoriamente
un pessimo carattere; ad un giocatore che stava guardando la

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posizione di una sua partita sulla scacchiera e gli chiese
innocentemente spiegazioni su una mossa che non aveva capito,
rispose sprezzante: “Avete mai visto una scimmia esaminare un
orologio?”

Ancora su Steinitz: quando, prima di un torneo, gli chiesero quante
possibilità avesse di vincerlo, rispose semplicemente: “Tantissime,
tutti i miei avversari dovranno affrontare Steinitz, io no!”

     Nel 1850 Imre Sechenyi (noto diplomatico austro-ungarico, ma
anche apprezzato musicista, compositore di numerose "polke" e
"mazurke") venne preso da una insana passione per il gioco degli
scacchi, arrivando a pagare uno studente per giocare con lui per 10-
12 ore al giorno! Poi, per fortuna, lentamente si riprese, ma lo
studente impazzì…

      L’ex campione mondiale Garry Kasparov aveva una memoria
formidabile e proponeva in continuazione sfide ai limiti
dell’impossibile. Piuttosto presuntuoso di natura, si vantava di poter
ricordare - anche a distanza di tempo - il contenuto di un intero libro
fino a 100 pagine, di qualunque materia, dopo averlo letto per non più
di un’ora.

Un centro universitario accettò la provocatoria sfida - ritenendola
impossibile - e gli diede da leggere un soporifero libro di Stendhal di
complessive 83 pagine. Kasparov lo studiò per un’ora e fu
successivamente in grado di ripeterlo integralmente, a parole sue, per
filo e per segno: il confronto tra quanto scritto nel libro e le
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registrazioni audio fatte dimostrò che aveva memorizzato, e nell’ordine
esatto, tutto quanto era esposto nel libro, senza tralasciare nessun
paragrafo e senza alterarne l’ordine! La cosa lasciò stupefatti: si erano
avute - per la verità - in passato altre menti prodigiose, che però
avevano fissato il contenuto solo mnemonicamente, ripetendo quanto
letto parola per parola come una poesia, senza averne
necessariamente compreso il significato. Il nostro campione aveva
invece compreso, assimilato e fissato nella memoria il senso di tutto
quanto aveva letto, benché lontanissimo dalla sua cultura.
Immagino l'invidia di molti studenti: Kasparov avrebbe potuto recarsi
a sostenere un esame universitario leggendo per la prima volta il libro
di testo durante il viaggio in treno o sull’autobus!

      Un’altra sfida “impossibile” di cui si vocifera è quella che
Kasparov propose ad un suo amico d’infanzia: avrebbe memorizzato le
targhe delle prime 100 auto che fossero passate per strada. Il suo
amico accettò la sfida e trascrisse coscienziosamente le targhe di tutte
le auto che passavano. Il nostro campione fu in grado di ripeterle
tutte, esattamente e nello stesso ordine in cui erano passate!

      Ad un giornalista che gli chiese con una - per la verità poco
originale - battuta se preferisse una donna a letto o una donna sulla
scacchiera, l’ex campione mondiale Boris Spassky rispose molto
spiritosamente: “Dipende dalla sua posizione!”

      Nel 1922 il noto maestro americano Frank Marshall diede una
gigantesca "simultanea" a Montreal, giocando contemporaneamente
contro 155 avversari.
Dopo l'esibizione riuscì a ricordare e ripetere sulla scacchiera l'intero
svolgimento di bel 153 delle partite, ma si scusò con gli astanti per la
scarsa memoria che aveva quel giorno per le due che non era riuscito
a ricordare!

      A proposito della formidabile memoria di questi campioni, un
fatto di cui sono stato testimone.
Il G.M. russo Lev Psachis, che era stato anche campione sovietico,
tenne nel 1978 una simultanea su trenta scacchiere a Frosinone. Uno
dei giocatori (inavvertitamente, perché aveva mosso qualche pezzo per
analizzare meglio la posizione mentre il maestro era lontano), lasciò
un misero pedone avanti di una casella quando rimise a posto la
posizione; quando il maestro ripassò velocemente davanti a lui il
nostro giocatore - come da regolamento - effettuò la sua mossa.
Psachis rimise subito a posto il pezzo, facendogli notare - indicandolo
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col dito - che aveva già mosso il pedone ("It's my move!" gli disse in
inglese) e che pertanto doveva muovere lui!

     Ancora dai miei ricordi: nel 1978 il Presidente del circolo
scacchistico di Perugia (a Frosinone con la sua squadra per una sfida
contro quella del nostro circolo) mi raccontò che il maestro fiorentino
Sergio Mariotti (forse il giocatore italiano di maggiore talento) tenne
alcuni mesi prima una "simultanea" a Perugia. Il giorno successivo,
formulari alla mano, riprodusse davanti al maestro le partite, per
avere un suo parere sulle mosse giocate. Ma, per mettere alla prova la
sua memoria, inventò una leggera modifica in una delle partite. Bene,
Mariotti si accorse subito della variazione, rettificò la posizione e rise
di gusto quando capì che era uno scherzo!

      Una volta l'Università di Lehigh (in Pennsylvania) volle mettere
alla prova la formidabile memoria del maestro americano Harry
Pillsbury (un grande talento, purtroppo stroncato dalla sifilide a soli
34 anni) e gli sottopose un elenco da memorizzare costituito da 30
parole complicatissime, per lo più composte e del linguaggio
scientifico.
Pillsbury fu in grado non solo di ripeterle perfettamente nell'ordine
dato, ma addirittura al contrario! E fu in grado di ricordarle anche il
giorno successivo…

Di Pillsbury si raccontano anche altre stupefacenti "performances":
riusciva a giocare "alla cieca" (quindi senza vedere la scacchiera)
simultaneamente 22 partite di scacchi e di dama, mentre giocava
impeccabilmente a "Whist" (che, per chi non lo sa, è un difficilissimo
gioco di carte, antenato del Bridge).

      A questo proposito l'organista Walter Parrat riusciva a suonare
magistralmente Beethoven mentre giocava contemporaneamente due
partite di scacchi "alla cieca"!

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Ippocrate (proprio lui: il padre della Medicina) considerava gli
scacchi un potente rimedio contro la diarrea a l'erisipela e li
prescriveva ai suoi pazienti con questi disturbi, pare con un certo
successo!

     Paradiso degli scacchisti: in una tribù di Sumatra il lavoro è
svolto dalle donne, mentre gli uomini passano le giornate giocando a
scacchi!
Non chiedetemi più precisi riferimenti sulla località in questione: se li
avessi mi sarei trasferito là già da un pezzo…

      Nel dopoguerra l'Unione Sovietica investì molto sugli scacchi,
inserendo il gioco nelle scuole - anche se fuori degli orari delle lezioni
tradizionali - e facendo seguire da forti maestri i giocatori più dotati: il
risultato fu un rapido fiorire di campioni di spessore assoluto, con
una ventennale assoluta supremazia mondiale.
Non fu perciò un caso che quando nel 1951 il maestro Robert Wade
(due volte campione inglese) tenne una simultanea su 30 scacchiere a
Mosca contro altrettanti scolaretti delle scuole medie (pensando di
farne un solo boccone), perse 20 partite, ne pareggiò 10 e non riuscì a
vincerne neanche una!
"Monellacci, avevano visetti da bambino, ma la forza di consumati
maestri!" commentò poi sconsolato.

      Da un estremo all'altro: il maestro cubano Jose Raul Capablanca
(all'epoca campione del mondo) tenne una "simultanea" a Cleveland
contro 103 avversari: vinse 102 partire e pareggiò l'ultima!

      Ancora a proposito di "simultanee": la prima simultanea "alla
cieca" (vale a dire addirittura senza guardare le scacchiere!) di cui si
ha conoscenza si deve al maestro saraceno Buzzecca, che a Firenze
nel 1266 (avete letto bene l'anno!) giocò contemporaneamente tre
partite contro altrettanti validi giocatori fiorentini. Ne vinse due e
pattò la terza.
Le cronache dell'epoca riferiscono del profondo stupore dei numerosi
spettatori per questa impresa.

     Gli scacchisti hanno sempre avuto rapporti difficili con i religiosi:
durante l'Inquisizione Girolamo Savonarola minacciò gli abitanti di
Firenze di dannazione eterna se avessero continuato a giocare a
scacchi!

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Ma è soprattutto con l'Islam che i rapporti sono sempre stati
conflittuali, per via del precetto coranico che vieta l'alcool e il gioco.
Pare che una delle diatribe più antiche si sia avuta a Bagdad sotto il
califfato di Al-Mamun (siamo nel IX secolo!). Fu solo l'intervento di
alcuni notabili a salvare gli scacchi, che le autorità volevano mettere
fuori legge: essi evidenziarono gli aspetti matematici del gioco e la
libera determinazione del giocatore nella scelta delle mosse, laddove il
Corano si riferiva genericamente a "giochi di azzardo".

Ma il conflitto cova ancora sotto le ceneri e riemerge periodicamente:
nel 1979 (e quindi non tantissimo tempo fa) gli scacchi furono proibiti
in Iran dall'Ayatollah Khomeini perché distoglievano dalla meditazione
e dalla pratica religiosa: la sanzione, tanto per cambiare, era la pena
capitale!
Alcuni dei migliori scacchisti iraniani ripararono all'estero, cambiando
cittadinanza.
Successivamente il gioco è stato riabilitato e l'Iran partecipa oggi
regolarmente alle competizioni internazionali.
Ma ogni tanto qualche alto prelato ripropone nei paesi musulmani la
questione religiosa, che non è stata dunque ancora definitivamente
risolta.

     L'americano Claude Bloodgood (il cognome tradotto letteralmente
sarebbe - non a caso - "buon sangue"…) era un discreto scacchista ed
ha scritto nel 1970 un trattato ancora oggi apprezzato di teoria delle
aperture ("The Tactical Grob").

La cosa singolare è che lo scrisse nel "Braccio della morte" di un
carcere della Virginia, dove era rinchiuso a seguito di una condanna
alla sedia elettrica per matricidio (successivamente commutata in
ergastolo)!
Riuscì una volta ad evadere, approfittando della licenza che gli era
stata concessa per partecipare ad un torneo di scacchi (e, già che
c'era, stava per organizzare una rapina in banca…), ma venne presto
riacciuffato e da allora non gli fu più consentito lasciare il carcere.
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Prese a giocare intensamente per corrispondenza e ad insegnare il
gioco all'interno del penitenziario, dove è morto nel 2001.
Nonostante le sue condanne per reati gravissimi, le cronache lo
descrivono come una persona davvero squisita, gentile con tutti e
generosa…

      È stato calcolato che, sulla base dell'attuale regolamento e della
"regola delle 50 mosse" (oggi peraltro estesa per alcuni finali
particolari a 100 mosse), una partita a scacchi non si possa protrarre
oltre le 5.949 mosse. Non chiedetemi come si è arrivati a determinare
questa cifra…

      Il maestro americano Arthur Dake prese una volta matto in sole
9 mosse giocando contro un dilettante in una "simultanea" a
Baltimora nel 1936.
Molto imbarazzato, trovò comunque la forza di chiedergli
spiritosamente: "Ho la faccia rossa?"

     Il record di imbattibilità - in senso temporale - va sicuramente al
cubano Jose Raul Capablanca (sempre lui!) che rimase imbattuto per
otto anni, dal febbraio 2016 al marzo 1924: la sua sconfitta gettò
nella costernazione una larga parte dell'ambiente scacchistico, che lo
riteneva invincibile!
La sua mitica imbattibilità si protrasse per 63 partite di torneo (40
vinte e 23 patte).

     Ma se contiamo semplicemente il numero delle partite, la palma
va invece al geniale lettone Mikhail Tal (campione mondiale 1960, che
vediamo nella foto), soprannominato "il mago di Riga" per le sue
trovate stupefacenti, che restò imbattuto per 86 incontri consecutivi
dal 1972 al 1973 (il suo "score" è di 47 vittorie e 39 patte).

     La partita di scacchi che durò più a lungo è sicuramente quella
per corrispondenza tra lo scozzese Lawrence Grant e l'australiano
Munro Mc Lennan, terminata nel 1975 dopo cinquantanove anni!
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Il fatto è che gli avversari si scambiavo le mosse al ritmo di una l'anno
(non so se in occasione di ricorrenze, come ad esempio le feste
natalizie): "Non amiamo affrettarci nel riflettere!" commentò uno di
loro…

     Secondo una notizia che circola nell'ambiente automobilistico (e
che per la verità non riscuote troppo credito) pare che la bandiera a
scacchi con cui viene segnalata la fine della corsa derivi proprio da
una scacchiera!
In una delle primissime corse automobilistiche francesi (forse la
Parigi-Rouen) il Giudice di arrivo stava ingannando l'attesa giocando
tranquillamente a scacchi con un collega quando arrivò - con largo
anticipo sulle previsioni - il primo pilota.
Preso alla sprovvista, per segnalare in qualche modo al vincitore che
aveva tagliato il traguardo, agitò la scacchiera!

      Il giocatore più presuntuoso nella storia del gioco (e ce ne sono
stati davvero tanti…) è stato sicuramente il boemo Wilhelm Steinitz (di
cui abbiamo già parlato in precedenza) che - al culmine della carriera
(e del suo delirio di onnipotenza…) - sfidò pubblicamente Dio,
concedendogli un pedone di vantaggio!
La sfida non venne raccolta…

     Molto più modesto era stato, prima di lui, il campione americano
Paul Morphy, che - prima di decidersi ad abbandonare
definitivamente l'attività scacchistica al culmine della sua carriera
(aveva appena 22 anni!) - lanciò una singolare sfida al mondo intero,
dichiarandosi disposto a sfidare chiunque concedendogli un pedone
di vantaggio e la prima mossa.

Nonostante le vantaggiose condizioni, nessuno osò accettare la sfida…
Va premesso che nell'Ottocento, a causa del notevole squilibrio dei
valori tecnici tra i giocatori, era consuetudine concedere agli avversari
considerati assai più deboli dei vantaggi materiali (che andavano dal
semplice pedone fino alla Regina a seconda del divario tecnico) per
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rendere più equilibrate le partite. Non era affatto disonorevole
accettare queste sfide: una notevole parte delle partite dell'epoca che
ci sono state tramandate sono appunto ad "handicap".

      Si racconta che il maestro russo Alexandar Ilyin-Zhenevskij
(esiliato nel 1912 dal regime zarista in Svizzera perché sospettato di
attività bolsceviche e tornato in patria dopo la rivoluzione di Ottobre,
diventando anche ambasciatore del suo paese in Lettonia) rimase a
tal punto scioccato dalla tragedia della prima guerra mondiale che
perse del tutto, per fortuna temporaneamente, la memoria.

Dimenticò anche il gioco degli scacchi e dovette imparare di nuovo le
regole sul movimento e sulla cattura dei pezzi!
Morì nel 1941 colpito in pieno da una granata - che gli tranciò una
gamba di netto - durante un bombardamento nazista.

      Il più antico torneo internazionale di scacchi di cui si abbia
notizia si tenne a Madrid nel 1575 (!), sponsorizzato dal Re di Spagna
Filippo II: vi presero parte gli spagnoli Ruy Lopez e Ceron e gli italiani
Boi e Leonardo da Cutro. Erano i migliori giocatori delle due scuole
scacchistiche che si contendevano all'epoca la supremazia mondiale.
Per la cronaca vinse quest'ultimo, meglio noto come "il Puttino",
ricavandone onori e soldi.

      Al fine di evitare le strade teoriche, considerate sin troppo
analizzate, venne disputato a Londra un torneo sperimentale in cui
era invertita la posizione dei Cavalli e degli Alfieri, costringendo quindi
i giocatori ad improvvisare fin dalle prime mosse. Vinse, per la
cronaca, l'irlandese Mc Donnell.
La cosa sconcertante è che siamo appena nell'anno 1868!

     Napoleone era notoriamente un grande appassionato di scacchi,
cui dedicava - insieme ai solitari con le carte - il poco tempo libero a
sua disposizione (ma ci giocò poi spesso nel suo forzato esilio a
Sant'Elena). Si racconta che imponesse anche ai suoi generali di
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praticare il gioco per migliorarne le doti strategiche, ritenendo la
strategia scacchistica molto simile a quella militare.
Di lui ci sono state tramandate tre partite, due vinte in maniera
brillante ed una perduta contro un automa scacchistico, anche se
non c'è nessuna certezza che siano autentiche: dalle partite
traspaiono indiscutibili doti di fantasia e creatività, ma notoriamente
Napoleone detestava perdere e c'è il fondato sospetto che gli avversari
lo facessero vincere per piaggeria.
Al generale è anche attribuita una apertura che ha ovviamente preso
il suo nome (la c.d. “apertura Napoleone”: 1.e4 e5 2.♕f3?!),
probabilmente una delle peggiori in assoluto, che non è mai stata
giocata in partite di impegno.

     Restiamo in Francia e all’imperatore: l'estroso maestro franco-
polacco Savielly Tartakower definì (nel 1924) la mossa 1.Cf3 come
"apertura del futuro", presentandola come una assoluta novità.
Ma era stata già giocata nel 1804 da un dilettante, peraltro molto noto
per motivi non legati al nostro gioco: nientemeno Napoleone
Bonaparte!

     Tra i consigli che lo spagnolo Ruy Lopez dava nel suo manuale di
scacchi, uno dei primi apparsi in assoluto (siamo nel secolo XVI…),
c'era quello di piazzare la scacchiera in modo che la luce della
lanterna    finisse    direttamente    negli   occhi    dell'avversario,
infastidendolo!

      Contrariamente a quello che si pensa, una partita di torneo
richiede un enorme dispendio psico-fisico: uno studio fatto in
occasione del torneo internazionale di Mosca del 1925 evidenziò che lo
sforzo dei giocatori non era inferiore a quello degli atleti impegnati in
sport tradizionali!
Si racconta che Capablanca perse cinque chili nella sfida mondiale
(che vinse nettamente) contro Lasker (l'Avana 1921) e Petrosian
addirittura sette in quella, pure mondiale, contro Botvinnik (Mosca
1963).
Ma il caso più eclatante fu quello - più recente - della sfida mondiale
tra Kasparov e Karpov (Mosca 1984), in cui non era stato prefissato
un numero di partite (vinceva infatti chi arrivava alla sesta vittoria).
L'equilibrio tra i due avversari fu notevole e si arrivò alla
quarantottesima partita, col risultato di 5 a 3 in favore del campione
uscente Karpov. Questi - di qualche anno più anziano dello sfidante,
che aveva solo 21 anni - era però ormai allo stremo delle forze e
ridotto davvero "pelle e ossa". La Federazione, sentito il parere di
                                                                       16
alcuni medici che ipotizzavano possibili gravi danni al campione se
l'incontro fosse proseguito ancora, decise di annullare la sfida e di
rinviarla all'anno successivo! Lo sfidante, per la verità (che, anche se
era in svantaggio nel punteggio, era ormai convinto di vincere), non
accettò di buon grado il verdetto, che aveva modificato "in corsa" le
regole stabilite in precedenza.

L'incontro venne ripetuto l'anno successivo, ripartendo dal punteggio
di zero a zero, fissando stavolta un tetto di 24 partite: per la cronaca
vinse Kasparov, che strappò il titolo al campione uscente.

      Molti scacchisti erano accaniti fumatori e si accendevano
liberamente sigarette e sigari durante le partite per aiutarsi nella
concentrazione.
Il pluricampione mondiale Mikhail Botvinnik non sopportava il fumo
da sigaretta. Per non dare un ingiusto vantaggio ai suoi avversari
fumatori, si preparò ad un importante torneo col maestro Vjaceslav
Ragozin, che gli fumava in faccia per cinque ore (il tempo massimo
programmato per ogni partita di torneo)!
Oggi, per fortuna, non ne avrebbe avuto più bisogno: ormai da anni è
severamente (e finalmente!) vietato fumare in sala di gioco.

      Il peggior risultato di squadra alle "Olimpiadi di scacchi" (che
sono un campionato del mondo per squadre nazionali che si disputa
ogni due anni in località sempre diverse) è stato realizzato dalla
rappresentativa di Cipro alle Olimpiadi di Varna del 1962: la squadra
ha perso tutte e venti le partite disputate (e sedici addirittura col
punteggio di 4 a 0, cioè con la sconfitta di tutti e quattro i componenti
della squadra)!

     Nel primo manuale svedese di scacchi (pubblicato nel 1784!) si
legge, tra le altre amenità, che "I buoni giocatori non arroccano mai!".
Per fortuna, già nella successiva edizione questo insensato precetto è
stato leggermente rivisto: "I buoni giocatori arroccano raramente!".

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È successo anche questo: il maestro americano Oscar Tenner
avrebbe potuto mangiare davvero i pezzi con cui giocava!
Non allarmatevi, non aveva mascelle da "T-Rex": il fatto è che, durante
la prima guerra mondiale, fu fatto prigioniero e si costruiva i pezzi di
scacchi con cui giocare con le razioni di pane che gli venivano fornite!

      Il grande maestro norvegese Simen Agdestein (che vediamo nella
foto sotto) è stato anche un eccellente calciatore, arrivando a vestire la
maglia della Nazionale del suo paese negli anni '90 e addirittura
giocando in una occasione contro la nazionale italiana!

     Si racconta che il grande Jose Raul Capablanca (della cui quasi
mitica imbattibilità abbiamo già detto) era così poco avvezzo a perdere
che pretese una volta, in occasione di un torneo internazionale, che la
sala di gioco venisse sgombrata degli spettatori prima di dichiararsi
sconfitto.

     Gli scacchi non hanno età: se da un lato abbiamo ragazzini già
molto competitivi e quasi tutti gli attuali "leaders" della graduatoria
mondiale sono giovani o giovanissimi, dall'altro lato c'è chi continua a
giocare e a farsi apprezzare fino a tarda età.

Mi piace soprattutto citare il caso del nostro compianto maestro
Enrico Paoli (lo vediamo in una delle sue ultime foto), recentemente
scomparso (cui venne concesso qualche anno fa il titolo di "Grande
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Maestro Internazionale" alla carriera per i risultati ottenuti in
gioventù quando questo riconoscimento non esisteva ancora), che ha
preso parte al torneo internazionale di Saint Vincent del 2003 alla
veneranda età di 95 anni (!), chiudendo oltretutto assai
decorosamente con punti 3,5 si 9.

      Pare che il pianista R.Williams, che visse nell'Ottocento, avesse
una passione fuori dal comune per i problemi di scacchi: si racconta
che, nel mezzo di un suo "recital" a Copenhagen ebbe una improvvisa
folgorazione, venendogli finalmente in mente la soluzione di un
problema di scacchi che gli aveva creato per giorni delle enormi
difficoltà e, temendo di dimenticarla, si interruppe per qualche
secondo per scriverla su un polsino della camicia!

       Può accadere di vincere una partita restando soltanto con il Re?
Chiaramente no, secondo le regole del gioco, ma è accaduto anche
questo…
Attingo ai miei personali ricordi: nel torneo di Marina Romea 1976, in
una partita del torneo per Inclassificati (le "pippacce" insomma…) due
giocatori arrivarono in un finale in cui uno aveva Re, Alfiere e Cavallo
e l'altro solo il Re. È un finale teoricamente vinto, ma il procedimento
tecnico per vincere richiede una certa padronanza tecnica.
Il giocatore in vantaggio pretendeva che il suo avversario (secondo lui
per correttezza, essendo la partita perduta) abbandonasse
immediatamente la partita - forse semplicemente perché non
conosceva la maniera per vincere quel finale… - e, al suo
comprensibile rifiuto, scagliò furibondo per aria tutti i pezzi,
sbraitando.
Intervenne ovviamente l'arbitro, che - con decisione appropriata - gli
diede addirittura partita persa per condotta antisportiva!

     Il record di vittorie consecutive contro avversari di rango nobile è
indiscutibilmente dell'americano Bobby Fischer, il più forte giocatore
dei tempi moderni (ancorché lunatico e insopportabilmente
scorbutico…), che nel suo periodo di maggior fulgore (gli anni
1970/71) collezionò la bellezza di 20 vittorie consecutive contro
maestri di prima forza!

      Destarono molto scalpore (soprattutto per la loro rozzezza) alcuni
scritti antisemiti attribuiti al grande Alexander Alekhine, che pure è
stato tra i più geniali scacchisti di tutti i tempi.
Russo di origine, lasciò il suo paese qualche anno dopo la rivoluzione,
trasferendosi in occidente per prendere poi la cittadinanza francese.
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Molto vicino al nazismo, sostenne in una serie di articoli pubblicati
nel 1941 la tesi ignobile della "superiorità creativa" della razza ariana
negli scacchi.

Se il giocatore ariano - scrisse - prediligeva il gioco audace e creativo,
il giocatore ebreo giocava in modo prudente e speculativa, cercando di
guadagnare un misero pedone per poi valorizzarlo in finale. Le sue
partite erano noiose e prive di vera creatività.
Una tesi priva naturalmente di qualunque fondamento: tra gli ebrei
sono annoverati alcuni tra i più geniali scacchisti.

      Tra le partite più bizzarre non posso non citare il clamoroso
infortunio occorso a B.H.Wood in una sua partita per corrispondenza.
All'apertura del suo avversario 1.e4, egli replicò con 1…b6,
aggiungendo sulla cartolina "e su tutte le sue repliche 2…♗b7".
Quella che in gergo si definisce "variante condizionata", cioè una serie
di una o più mosse che impegnano definitivamente chi le propone, ma
che l'avversario può accettare o meno. E' un espediente per
risparmiare cartoline e francobolli davanti a continuazioni forzate o
quasi.
Qui la proposta conteneva purtroppo un "buco" e il Bianco giocò
malignamente 2.♗a6!! (Una sciocchezza in condizioni normali, perché
il Nero avrebbe potuto tranquillamente catturare l'Alfiere) ♗b7
3.♗xb7 costringendo Wood all'abbandono immediato per l'irreparabile
perdita di materiale!

      Nel torneo di Hilversum del 1947 l'irlandese Bartholomew
O'Sullivan si piazzò all'ultimo posto collezionando 12 sconfitte. Una
solitaria patta lo salvò dalla totale catastrofe. Peraltro, in un
commento davvero impietoso sopra una nota rivista scacchistica
dell'epoca si è scritto che "nell'occasione il gioco di O'Sullivan è stato
molto peggiore del risultato ottenuto…".

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Il maestro americano, polacco di origine, Samuel Reshewsky fu
uno dei talenti più precoci del nostro gioco: i genitori ne scoprirono
subito le doti e quando aveva appena 8 anni emigrarono negli Stati
Uniti, guadagnandosi da vivere proprio grazie a questo bimbo
portentoso. Portava ancora i calzoncini corti e non frequentava la
scuola, ma i suoi gli facevano girare il mondo dando ovunque
"simultanee" che richiamavano sempre una moltitudine di curiosi,
strabiliati dalle doti di questo piccolo portento…

Giocò il suo primo torneo magistrale quando aveva appena 10 anni!
Nonostante il suo precoce talento, non fu comunque mai un
professionista di scacchi: cominciò a frequentare le scuole molto più
tardi dei suoi coetanei, ma riuscì presto a recuperare il tempo perduto
e si laureò in Economia, trovando poi un impiego come contabile in
una grande azienda.

      È nata nel 2003 una nuova federazione sportiva, per quanto
poco nota, il "ChessBoxing". È un bizzarro sport combinato, che
coniuga due attività apparentemente antitetiche: scacchi e pugilato,
fatica mentale e sforzo fisico.

I due sfidanti - che devono ovviamente essere abili in entrambe le
specialità - si affrontano all'interno di un ring, al centro del quale
viene collocato un tavolo con una scacchiera e due sedie. Si combatte
in un numero prestabilito di round, alternando ogni volta un round di
scacchi ad uno di pugilato.

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Si inizia con un round di scacchi di quattro minuti, seguito da uno da
pugilato di tre e si continua fino a che uno dei contendenti viene
sconfitto o sulla scacchiera (per "scaccomatto" o per esaurimento del
proprio tempo di riflessione, fissato in 12 minuti complessivi) o sul
ring ("knock out").
Tra un round e l'altro c'è un minuto di pausa per permettere agli
inservienti di togliere o rimettere la scacchiera e agli sfidanti di
prendere fiato ed eventualmente cambiarsi.
Ci sono naturalmente categorie di peso. È una specialità molto
impegnativa, in cui la stanchezza fisica incide assai negativamente
sulla capacità di concentrazione sulla scacchiera.

     "Amor     omnia    vicit!": la    ventiquattrenne   campionessa
statunitense Marianne Elizabeth Lane, meglio nota come "Lisa Lane",
abbandonò dopo sole quattro partite il torneo internazionale di
Hastings del 1962 per tornare frettolosamente in patria dal momento
che - spiegò - non riusciva a concentrarsi "perché era troppo
innamorata!". Si sposò infatti dopo qualche mese (in seconde nozze,
perché era divorziata) con quello che sarebbe stato suo marito per
tutta la vita.
Anche in patria e accanto alla sua fiamma non riuscì però a ritrovare
lo smalto perduto perché - dopo un paio di tornei in cui non ottenne
grandi risultati - abbandonò definitivamente le competizioni nel 1966,
quando aveva appena 28 anni.

Piuttosto avvenente e fotogenica, le sue foto apparvero su diversi
giornali dell'epoca (anche in pose audaci da "vamp") e fu il primo
giocatore di scacchi ad apparire sulla copertina della prestigiosa
rivista "Sport Illustrated", precedendo quindi anche il grandissimo
Bobby Fischer.

      La partita più breve giocata in un regolare torneo internazionale
fu la Tanai-Rigo, giocata a Budapest nel 1965: appena tre mosse! Ve
la riporto integralmente perché non faccio troppa fatica: 1.d4 ♘f6

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2.♗g5 c6 3.e3?? ♕a5+! 0-1 (il Bianco abbandonò perché perde
l'Alfiere in "g5" senza alcun compenso)

      La più lunga fu invece la Nikolic-Arsovic (Belgrado 1989), che si
si concluse con una patta dopo 269 mosse! Una partita interminabile
che si protrasse (ovviamente in diverse sedute) per complessive 20 ore
di gioco! Ve la risparmio volentieri!

     Quando il maestro tedesco Richard Teichmann, che in gioventù
aveva perso a causa di un incidente un occhio - che copriva
regolarmente con una vistosa benda che gli dava, anche per la sua
grande stazza, un aspetto da vecchio pirata - vinse il fortissimo torneo
internazionale di Carlsbad del 1911, commentò sarcasticamente che
"in un mondo di ciechi, un monocolo è Re!".

      Claude Elwood Shannon è stato un ingegnere e matematico
americano. Anche se non adeguatamente conosciuto presso il grosso
pubblico, è stato un vero genio nel campo scientifico, spaziando e
lasciando una impronta indelebile in tantissimi campi.

Durante la seconda guerra mondiale lavorò a tempo pieno su progetti
nel campo militare (soprattutto su dispositivi automatici di
puntamento antiaereo, ma anche crittografie per proteggere la
segretezza delle comunicazioni).
Dopo il 1972 tornò al campo accademico e si interessò - praticamente
da pioniere - di informatica: essendo un appassionato di scacchi
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inventò anche la prima vera macchina in grado di giocare a scacchi.
La sua importanza nella storia del nostro gioco è però dovuta al fatto
che è riuscito a stabilire il numero di possibili diverse posizioni di una
partita di scacchi, noto da allora come "il numero di Shannon".
Si tratta di un numero davvero incredibile, in grado di fare vacillare la
nostra mente: 10120, che corrisponde ad 1 seguito da centoventi zeri!
È quasi impossibile riuscire a farne comprendere l'enormità: stiamo
parlando - anche se sembrerà davvero incredibile per un gioco che si
sviluppa su una scacchiera di sole 64 caselle - di una cifra addirittura
superiore a quella stimata degli atomi presenti nell'universo (che è di
circa 1085).

      Molti furono i personaggi famosi appassionati di scacchi.
L'elenco sarebbe lunghissimo. Cito solo, tra i migliori dilettanti, il
cubano Ernesto Guevara (proprio lui, il "Che"!), che si comportò
lodevolmente in alcuni tornei nel suo paese e affrontò senza timori
reverenziali - sia pure soltanto in "simultanee" - i più noti maestri,
pareggiando con colossi del calibro di Mikhail Tal e Miguel Najdorf!

      Ancora a proposito di "simultanee": il record di partite giocate in
simultanea "alla cieca" (quindi senza vedere le scacchiere) appartiene
all'ungherese Janos Flesh, che nel 1960 giocò contemporaneamente
contro 52 avversari! Il suo "score" fu di tutto riguardo: +31 =18 -3.
Come sono possibili imprese del genere, che lasciano di sasso anche
spettatori che non conoscono le regole gioco? Francamente non lo so,
ma si tratta di un impegno mentale usurante anche per le menti
prodigiose dei campioni di scacchi. Addirittura nella vecchia Unione
Sovietica queste esibizioni vennero vietate ai giocatori di interesse
nazionale per la possibilità - sia pure astratta e molto remota - di
danni cerebrali permanenti!

      Si racconta che quando l'americano Frank Marshall, nel torneo
di Breslavia 1912, costrinse l'avversario all'immediato abbandono con
uno stupefacente sacrificio di Donna (una mossa davvero fantastica:
la Regina poteva essere catturata in molti modi diversi senza potere
evitare lo scaccomatto), gli spettatori si eccitarono a tal punto che
fecero piovere sulla scacchiera delle monete d'oro! Lo stesso maestro
ha confermato nelle sue memorie la veridicità di questa notizia.

     C'è un      simpatico aneddoto sulle "simultanee alla cieca": si
racconta che     una volta l'americano George Koltanowsky - che ne è
stato forse il   maggiore specialista -, benché fosse seduto di schiena
rispetto alle     scacchiere (e non potesse quindi vederle), si fece
                                                                        24
addirittura bendare dopo che una ragazza del pubblico (decisamente
carina…) reclamò con gli organizzatori perché "quel signore" non era
affatto cieco, avendole fatto l'occhiolino!

Ancora a proposito di Koltanowsky (di cui mi pregio di possedere un
libro autografato dedicato al gioco "alla cieca", intitolato
suggestivamente "In the Dark"): il maestro era famoso anche per un
altro - se possibile ancora più spettacolare - virtuosismo, in grado di
lasciare sempre esterrefatti gli spettatori: il "giro del Cavallo".
Contrassegnava con un pennarello le caselle di una grande scacchiera
murale - sgombra di pezzi - con i nomi di Città che gli fornivano di
volta in volta gli spettatori (memorizzandoli bene) e infine chiedeva
ancora ad una persona del pubblico di collocare un Cavallo su una
qualunque delle caselle della scacchiera.
A questo punto partiva l'esibizione: senza vedere la scacchiera (e
quindi "alla cieca") faceva percorrere al Cavallo tutte le 64 caselle
(enunciando ogni volta semplicemente il nome della Città in cui
spostava il pezzo) senza mai passare due volte sulla stessa casella!
Un esercizio di difficoltà estrema: provate a farlo guardando la
scacchiera e depennando ogni volta le case di transito. Vi troverete
prima o poi in un punto morto, con il gioco bloccato!
Eppure, allo scopo di sbalordire ancora di più gli spettatori,
Koltanowsky passò prima a raddoppiare e poi addirittura (Palo Alto
1981) a triplicare con successo l'esercizio, mettendo tre Cavalli su
altrettante scacchiere distinte e passando ad ogni mossa da una
scacchiera all'altra!
Ma riferì poi che lo sforzo che richiese quest'ultima esibizione fu
davvero tremendo ed ebbe bisogno di un lungo periodo di riposo;
decise perciò da allora di tornare alla scacchiera singola!

      Nel 1970 venne giocata una storica partita a squadre per
corrispondenza tra la navicella spaziale sovietica "Sojuz 9", in orbita
nello spazio, e la stazione spaziale di controllo a terra, che si
definirono suggestivamente "SPAZIO" (tra i suoi componenti c'era
anche il cosmonauta Vitaly Sevastyanov, grande appassionato del
                                                                     25
gioco e futuro Presidente delle Federazione scacchistica russa) e
"TERRA".
La memorabile sfida Spazio-Terra si chiuse in parità dopo 35 mosse.

      Il giocatore più giovane a conquistare il titolo di "Grande Maestro
Internazionale" (il massimo titolo negli scacchi) è stato l'ucraino
Serghej Karjakin, che si è fregiato di questo titolo nel 2002 all'età di
appena 12 anni e 7 mesi!
Ma l'età per raggiungere certi livelli si è notevolmente abbassata e
tanti giovanissimi hanno recentemente conquistato questo titolo
prestigioso: il record di Karjakin è stato recentemente sfiorato
dall'indiano Rameshbabu Praggnanandhaa (un nome spaventoso, è
vero, ma si chiama proprio così…), che lo ha ottenuto nel 1918 all'età
di 12 anni e 10 mesi! E che resta comunque il più giovane "Maestro
Internazionale" della storia (titolo comunque di grande prestigio
internazionale), avendo ottenuto il titolo a soli 10 anni!

Anche se i genitori non sarebbero troppo favorevoli a fargli
intraprendere così presto la carriera professionistica, il governo
indiano gli ha assegnato una ricca borsa di studio e assicurato un
appannaggio mensile per consentirgli di giocare a scacchi.

      Un aneddoto gustoso riguarda il napoletano Francesco De
Sanctis, grande appassionato di scacchi e Presidente onorario
dell’Accademia Scacchistica Romana a fine ‘800, ma soprattutto
Ministro della Pubblica Istruzione in quel periodo.
Si narra che durante un ricevimento in casa di una nobildonna
napoletana avesse iniziato a giocare con un altro invitato,
immergendosi a tal punto nella partita che quando la padrona di casa
gli si avvicinò e porgendogli una tazza e gli disse “Ecco il suo the!”,
senza neanche alzare gli occhi dalla scacchiera si frugò nelle tasche,
prese una lira e la porse all’esterrefatta gentildonna, aggiungendo
“Tenga pure il resto!”

                                                                       26
Si racconta che una volta il grande Alexander Alekhine, allora
campione del mondo in carica, entrò a dissetarsi in un bar lungo la
Senna a Parigi (la città in cui si stabilì dopo avere lasciato la natia
Russia a seguito della rivoluzione).
Notò subito che c'erano alcune scacchiere sui tavoli e un tizio, visto il
suo interesse e non avendolo riconosciuto, lo invitò a giocare una
partita.
Il campione accettò di buon grado e si sedette di fronte a lui, sistemò i
pezzi e disse al suo avversario che gli concedeva una Torre di
vantaggio!
Questi protestò dicendo: "Ma come, se neanche mi conosce?"
"Appunto per questo!" rispose asciutto Alekhine…

      Nel 1990 il maestro Sergio Mariotti (il primo scacchista italiano a
ottenere nel 1974 il titolo di "Grande Maestro Internazionale") tenne a
Frosinone una esibizione inconsueta, giocando una serie di partite
"lampo" (cioè con un tempo di riflessione limitato a soli 5 minuti a
partita per ogni giocatore) contro alcuni dei nostri migliori scacchisti.
Un tipo di partita che si pratica molto - anche troppo spesso… - nei
circoli perché rapida e divertente; la particolarità era che in quella
occasione il maestro fiorentino giocava senza vedere la scacchiera,
cioè "alla cieca"!

Un suo collaboratore gli indicava le mosse fatte dall'avversario e
riportava sulla scacchiera le mosse che il maestro volta per volta gli
comunicava. Dopodiché schiacciava la sbarretta dell'orologio per
fermare il proprio e mettere in moto quello dell'avversario.
Una "performance" cui non avevo mai assistito, davvero ammirevole in
considerazione della esiguità del tempo di riflessione: il maestro dopo
ogni mossa del suo avversario, disponeva di una manciata di secondi
per ricostruire visivamente la posizione, analizzarla e annunciare la
sua mossa!
Eppure giocò in maniera impeccabile, vincendo tutti gli incontri e
concedendosi anche delle mosse brillanti!

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Si racconta che il maestro americano Frank Marshall tenne in
cantiere per molti anni (c'è qualche fonte che parla addirittura di 10
anni!) una aggressiva variante di apertura - che prese poi il suo nome
- in cui il Nero nella Partita Spagnola sacrifica un pedone per un
violento contrattacco, con cui sperava di sorprendere i suoi avversari.
Ma quando finalmente si decise a giocarla, nel torneo di New York
1918, nientemeno che contro il leggendario cubano Jose Raul
Capablanca questi - dall'alto della sua classe cristallina - non si
scompose più di tanto: accettò il pedone, fu costretto per qualche
mossa sulla difensiva, ma presto contrattaccò e finì col vincere
brillantemente la partita!
Non risulta che da allora Marshall abbia più giocato varianti di
apertura di sua invenzione…

     Se vi è successo di lasciare in qualche vostra partita un pezzo in
presa, non fatene una tragedia: è successo anche al grande Tigran
Petrosian - che alcuni anni dopo sarebbe diventato Campione del
mondo… - che addirittura lasciò in presa la Donna!

Accadde nel Torneo dei Candidati di Amsterdam 1956 (la
competizione da cui esce lo sfidante al titolo mondiale!): il suo
avversario (il grande maestro David Bronstein) - che pure era in una
posizione strategicamente compromessa - gli attaccò la Regina con un
Cavallo. Petrosian si immerse in una lunga riflessione (calcolando
chissà cosa…) a alla fine mosse un Cavallo, dimenticando - non voglio
nemmeno pensare che non se ne fosse proprio accorto - che aveva la
Donna in presa! Ovviamente abbandonò immediatamente la partita.

      C’è un simpatico aneddoto collegato a questo episodio: al
termine del sontuoso banchetto offerto ai giocatori dopo la
conclusione del torneo venne portata in sala una grossa torta, che
aveva dei pezzi di scacchi in marzapane e cioccolato in superficie.
Bronstein, quando la vide, si affrettò a prendere la Donna bianca, che
poi diede a Petrosian - che sedeva accanto a lui - dicendogli: “Tigran,
ti rendo quello che ti ho sottratto nel torneo!”…
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Nel torneo di Trinec (Cecoslovacchia) del 1967, gli organizzatori
avevano     ottenuto    dalla   Federazione     Scacchistica   Sovietica
l'assicurazione sull'invio di due quotati giocatori russi, ma gelarono
quando videro scendere dall'aereo due ragazzini sui quindici anni, che
chiedevano notizie sul torneo di scacchi "giovanile".
C'era stato, pensarono subito, un malinteso: era in effetti un vero
torneo internazionale e c'erano tra i partecipanti fior di esperti
maestri!
Ma il più piccolo dei due ragazzi (che era Anatoly Karpov, futuro
campione mondiale…) non si scompose più di tanto e disse agli
organizzatori: "Non preoccupatevi, farò in modo da vincere il torneo,
in modo da non creare problemi né a voi né alla mia Federazione!".
Fra lo stupore di tutti, i due ragazzini si fecero molto onore e Karpov
vinse davvero il torneo!

      Si racconta un gustoso aneddoto relativo ad una partita giocata
a metà dell'800 tra i maestri americani Paul Morphy e Louis Paulsen.
La mossa toccava a quest'ultimo, notoriamente lentissimo nei suoi
tempi di riflessione, che non si decideva a muovere. All'epoca non
esistevano ancora gli orologi di scacchi e non c'erano limiti temporali
per eseguire le mosse: in caso di necessità i giocatori potevano
addirittura andare a sgranocchiare qualcosa o a farsi un breve
sonnellino!
Dopo alcune ore di attesa, Morphy - che pure era una persona
notoriamente pazientissima - fece un segno di insofferenza, al che
Paulsen, sorpreso, avrebbe esclamato: "Ah, toccava a me?".
Divertente, ma mi pare francamente un episodio davvero inverosimile,
anche se è riportato da diverse autorevoli fonti.

     A proposito di lunghi tempi di riflessione: il record su una
singola mossa appartiene - per quel che se ne sa - al maestro
brasiliano Francisco Trois, che contro il portoghese Luis Santos nel
torneo di Vigo 1989 riuscì a pensare la bellezza di due ore e venti
minuti per effettuare la sua settima mossa! E pare avesse solo la
scelta tra due diverse mosse di Cavallo! Il tempo di riflessione del
torneo era per ogni giocatore di due ore e mezzo per le prime 40
mosse: Trois dovette perciò giocare le restanti 33 mosse in soli dieci
minuti! Ci riuscì, ma non so con quale esito.
Restando nel tema, pare che una volta il maestro russo David
Bronstein - che notoriamente pensava a lungo sulle prime mosse -
abbia riflettuto oltre un'ora addirittura sulla sua prima mossa! È
evidente che non ci possono essere ragioni razionali per un tale
comportamento (la posizione iniziale è fin troppo nota), che può avere
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