Amsicora: lo scheletro più antico della Sardegna
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Corso di Scienze Applicate ai Beni Culturali AA 2013-2014 1 Docente Dr. Peana Massimiliano Amsicora: lo scheletro più antico della Sardegna Gabriela Macis, 30049458, lella__92_danza@hotmail.it RIASSUNTO Lo scheletro di Amsicora, così ribattezzato, è il più antico ritrovamento umano della Sardegna, risalente a circa 9000 anni fa, effettuato dalla professoressa Melis e dalla professoressa Mussi. Si tratta di uno degli scheletri più antichi di tutto il mediterraneo, di valore scientifico immenso ma anche di notevole rilievo mondiale. Amsicora, viene identificato come il messaggero del passato che rivela la storia delle popolazioni più antiche all’interno dell’isola della Sardegna. Gli scavi sono stati eseguiti a Su Pistoccu, nella marina di Arbus, sito già noto dal 1985 quando venne ritrovato un altro scheletro denominato Beniamino, di circa 40 anni ma sul quale non è stato possibile eseguire delle analisi per la datazione precisa. Grazie agli studi portati avanti dai due ricercatori, è stato possibile collocare lo scheletro di Amsicora nel periodo di transizione tra Neolitico e Mesolitico, precisamente il periodo che va da 10000 a 8500 anni fa circa. Lo scheletro di Amsicora rappresenta una scoperta molto importante: grazie ad esso e attraverso diverse tipologie di analisi, possono finalmente essere conosciute caratteristiche appartenenti a questo periodo, assai oscuro per l’isola della Sardegna. INTRODUZIONE l ritrovamento dello scheletro di Amsicora, permette di portare avanti degli studi che fanno riferimento a diversi campi. In primo luogo, si può risalire all’età più antica in cui venne popolata l’isola della Sardegna; attraverso diverse tipologie di indagini, possono essere riscoperti anche altri aspetti di quel periodo che riguardano la fisionomia degli individui, la ricostruzione dell’ambiente e del clima in cui queste prime popolazioni si svilupparono 1 Indagini, metodi di analisi e risultati La scoperta di Amsicora rappresenta un punto fondamentale nella ricerca portata avanti dalla professoressa Melis e dalla professoressa Mussi, che mira a ricostruire il paleoambiente e il paleoclima della Sardegna nelle epoche più antiche, la paleodieta, ma soprattutto le dinamiche del popolamento dell’isola della Sardegna durante l’Olocene (periodo di profondi cambiamenti climatici che influenzarono le popolazioni del tempo). Fondamentale per le due esperte è capire il modo in cui i primi individui si recarono nell’isola della Sardegna, considerata allora come una terra lontana rispetto al continente, difficile da raggiungere a differenza della Sicilia e caratterizzata da un’importante fauna selvatica che condizionò l’insediarsi degli individui. Per acquisire ulteriori informazioni sul contesto paleoambientale e sui rapporti diretti e indiretti con le popolazione coeve del territorio europeo, è stato effettuato uno studio multidisciplinare. Ad esempio l’analisi degli isotopi delle ossa, o la ricerca del paleo DNA, per capire cosa mangiavano, da dove venivano o come si spostavano. Lo scheletro di Amsicora è stato estratto attraverso un prelievo integrale, non è stato preso pezzo per pezzo, ovvero smontandolo, ma si è trattato di un’asportazione in blocco, realizzato dopo aver applicato una particolare schiuma protettiva che solidificandosi ha conservato tutti i rapporti esistenti, utili per il successivo scavo e la documentazione in laboratorio. Gli esami scientifici per definire l’età sono stati eseguiti con carbonio 14. Figura 1. Amsicora
2 Amsicora: lo scheletro più antico della Sardegna 1.1 La datazione con il metodo del radiocarbonio Lo scheletro di Amsicora è stato collocato cronologicamente tra 10000 e 8500 anni fa grazie alle analisi eseguite su di esso tramite il carbonio 14. Questo metodo, inizia ad essere introdotto a partire dal 1949, anno in cui vengono pubblicati i primi risultati degli esami ottenuti con queste misurazioni. Willard Libby, colui che ha sviluppato il metodo, si rese conto che conoscendo il ritmo (la velocità) del decadimento del carbonio 14 (attività del carbonio 14) e misurando la quantità di carbonio rimasto all’interno del campione, si poteva determinare l’età di un tessuto vegetale o animale morto. Le tracce di carbonio 14 presenti all’interno di un determinato campione sono piccolissime già all’inizio e si riducono alla metà dopo 5730 anni, secondo il seguante grafico (Fig. 2). Figura 2. Grafico dei tempi di decadimento del C-14 Tutti gli organismi viventi che fanno parte del ciclo del carbonio scambiano continuamente carbonio con l’atmosfera. In un organismo vivo il rapporto tra la sua concentrazione di carbonio 14 e quella degli altri due isotopi di carbonio si mantiene costante e uguale a quella che si riscontra nell’atmosfera. Dopo la morte però questi processi terminano e l’organismo non scambia più carbonio con l’esterno. Per effetto del decadimento la concentrazione di carbonio 14 diminuisce in modo regolare. La precisione della misurazione dell’attività del carbonio 14 in un campione è comunque condizionata dagli errori di conteggio, dalle radiazioni cosmiche che attraversano l’ambiente e da altri fattori che rendono imprecise le misurazioni. Ciò significa che le date ottenute con il metodo del radiocarbonio sono sempre accompagnate da una stima dell’errore probabile. Il metodo che ha dimostrato l’imprecisione delle date ottenute con il metodo del radiocarbonio viene chiamato dendrocronologia (studio degli anelli di accrescimento degli alberi) e viene considerata il mezzo per correggere e calibrare le date stabilite attraverso lo studio del carbonio 14 (Fig. 3). Grazie a questa “correlazione cronologica”, si è potuto inoltre conoscere la variazione che ha conosciuto la concentrazione di carbonio 14 nell’atmosfera: secondo Libby, questa rimase contante nel tempo; studi più approfonditi affermano invece la tesi contraria: gli alberi, ad esempio, prima del 1000 a.C. erano esposti a concentrazioni atmosferiche di carbonio 14 maggiori di quelle a cui sono esposti oggi. Figura 3. La dendrocronologia si basa sul fenomeno della crescita degli alberi ad addizione di anelli. In linea di principio, l'età di un campione carbonaceo può essere facilmente determinata confrontandone il contenuto di radiocarbonio con quello dell’anello di un albero di età nota (anni solari). Se un campione ha la stessa proporzione di radiocarbonio di quello dell'anello di un albero, è possibile concludere che abbiano la stessa età. I risultati possono essere inoltre alterati sia durante il prelievo del campione, attraverso un processo di contaminazione (contaminazione prima del campionamento; contaminazione durante o dopo il campionamento; contesto di deposizione; datazione del contesto), e per Gabriella Macis
3 questo è fondamentale non basarsi su un’unica data ma bensì su date diverse, sia da inadeguate procedure di laboratorio. I laboratori che effettuano datazioni con il radiocarbonio hanno adottato quale loro “presente” il 1950 d.C. e tutte le date ottenute con questo metodo sono espresse in BP, cioè anni “before the present” (“prima del presente”), ovvero “anni prima del 1950”. 1.2 Sviluppi del metodo Uno degli sviluppi più importanti della datazione mediante il metodo del radiocarbonio è rappresentato dall’introduzione della spettrometria di massa con acceleratore (AMS), che permette di usare campioni ancora più piccoli. L’AMS è infatti capace di contare direttamente tutti gli atomi di carbonio 14 , prescindendo del tutto dalla loro radioattività. Oggi la datazione con il metodo del radiocarbonio mediante l’AMS sta aprendo nuove possibilità: per la prima volta si possono datare oggetti preziosi e opere d’arte perché sono sufficienti piccolissimi campioni materiali. 1.3 Importanza del metodo Se si desidera ottenere una risposta alla domanda “Quando?”, in campo archeologico, il radiocarbonio offre indubbiamente la via più praticabile per raggiungere questo scopo. Il metodo può essere impiegato ovunque, qualunque sia il clima, purché sia disponibile materiale di origine organica; può inoltre permetterci di andare a ritroso nel tempo fino a 50000 anni fa e potenzialmente anche fino a 80000 anni fa, utilizzando la spettrometria di massa con acceleratore. 1.4 Paleodieta La dieta paleolitica, dal punto di vista delle scienze paleontologiche umane intende esaminare e documentare la dieta umana nel corso dell'evoluzione delle specie e nel corso dei cambiamenti geografici, paleoclimatici e comportamentali. 2.1 Alimentazione umana nel paleolitico La dieta paleolitica umana è un insieme di diversi regimi alimentari in quanto il paleolitico, lunghissimo periodo di circa 2,5 milioni di anni, ha visto l'insorgere di moltissime diete, evidentemente legate ai documentati cambiamenti occorsi, applicate a un variegato insieme di specie, dagli australopitecini alle diverse specie di Homo fino ad arrivare al Sapiens (Fig. 4). I cambiamenti che colpiscono questo determinato periodo sono di diversa natura. Si ricordano: · Variazioni climatiche: comprese le glaciazioni conosciute dalla scienza fin dalla meta del XIX secolo e conseguente mutazione di fauna e flora disponibili per la nutrizione; · espansione di ominidi dalle zone di boschi tropicali a zone aride lungo le coste e su tutto il globo, dall'Europa all'Oceania; · invenzione di attrezzi per la pesca e la caccia di piccoli animali; · scoperta del fuoco e delle arti culinarie per rendere i cibi più digeribili; · invenzione di attrezzi per la pesca e la caccia di grossi animali (circa 50 000 anni fa). L'uomo come onnivoro è riuscito a sopravvivere, a crescere come specie e a colonizzare anche le zone più aride. Grazie al lavoro di archeologi e paleoantropologi si conosce parecchio riguardo all'alimentazione dei nostri precursori e antenati. I dati sono rilevati in gran parte dall'analisi di feci fossilizzate e dall'analisi delle ossa e permettono di determinare abbastanza fedelmente il periodo e la composizione alimentare adoperata. Queste ricerche sono completate e puntualizzate da ricerche antropo-trofologiche che studiano le abitudini alimentari degli indigeni. Si nota una grande variazione di dieta che va dall'alimentazione esclusivamente animale ad un'alimentazione "mista". Sebbene attrezzi litici di tecnologia olduvaiana, utilizzabili per ottenere cibo da fonti animali si possano ascrivere addirittura alla specie Australopithecus garhi, a partire almeno da Homo erectus la linea evolutiva umana può, con variegate differenze, considerarsi potenzialmente onnivora, in grado di consumare una grande varietà di materiali vegetali e animali. Durante il
4 Amsicora: lo scheletro più antico della Sardegna paleolitico l'Homo sapiens impiegava caccia pesca e raccolta quali fonti primarie di cibo, alternando ai vegetali spontanei (frutti, semi, radici, tuberi, funghi) le proteine animali (carne, pesce, insetti, molluschi, crostacei). Si è provato che gli umani abbiano usato il fuoco sin dal tempo della predominanza dalla specie Homo erectus, che del fuoco faceva documentato uso, probabilmente anche per preparare e cucinare cibo prima di consumarlo. L'uso del fuoco è diventato comunque documentatamente regolare nelle specie H. sapiens e H. neanderthalensis. Si ipotizza, su basi scientifiche, che un motore evolutivo per H. erectus, il primo ominide documentatamente in grado di cuocere i cibi sia stato costituito dal ricavare, con la cottura, più calorie dalla dieta, diminuire le ore dedicate all'alimentazione superando le limitazioni metaboliche che negli altri primati non hanno permesso un'encefalizzazione e uno sviluppo neuronale legato alle dimensioni del cervello in proporzione alle dimensioni corporee. Questo, unito ad un crescente consumo di proteine animali, documentatamente ascritto alla separazione Homo-Australopithecus, o H. habilis-H. erectus, avrebbe costituito un potente impulso evolutivo. La raccolta dei nostri precursori era quindi vegetale e animale. Da circa 2,3 milioni di anni fino a 300 000 anni fa, i nostri precursori e antenati dovevano nutrirsi di cibi prevalentemente crudi o perché non avevano ancora scoperto il fuoco, o perché l'uso era occasionale. Quest'epoca viene recentemente retrodatata in base ai recenti ritrovamenti. Pochi prodotti vegetali erano allora adatti per la nutrizione umana, visto che cellulosa e lignine come principali elementi costruttivi di piante non sono elaborabili dalla digestione umana e alcune piante per la loro sopravvivenza producono "antinutritivi" per difendersi da predatori animali. Dai vegetali erano quindi disponibili per la nutrizione umana prevalentemente: · frutta e bacche per coprire il fabbisogno in glucidi e acqua · semi per coprire il fabbisogno in lipidi e proteine · funghi consumati crudi Il resto consisteva occasionalmente in prodotti animali facilmente reperibili (artropodi e altri piccoli animali) senza attrezzi e armi. Fino all'avvento delle armi da caccia si trattava prevalentemente di: · bruchi, vermi, lumache e altri molluschi, chiocciole, insetti, crostacei, raramente uova e miele · di carogne cacciate da altre bestie, e dei loro organi interni, il cervello e il midollo osseo (visto che la carne cruda era difficilmente masticabile e digeribile) e di cannibalismo. La raccolta cambiò parecchio con l'uso del fuoco per la preparazione dei cibi : · si sfruttarono meglio le fasce muscolari arrostite di carogne e piccoli animali · dopo la scoperta dei recipienti e della cottura si sfruttarono una parte della diffusissima famiglia delle leguminacee, certi bulbi e funghi Di seguito si svilupparono le arti culinarie per rendere digeribile e facilitare la digestione umana di molti prodotti animali e vegetali. Nonostante la scoperta di armi da caccia e pesca primitiva (circa 1.7 milioni di anni fa), e di caccia e pesca grossa (circa 50 000 anni fa), la raccolta selvatica rimase un'importantissima fonte alimentare fino al neolitico (circa 10.000 anni fa), dove la scoperta dell'agricoltura e del sedentario la fecero diventare marginale. Come reminiscenza, fino ai nostri giorni è rimasta la raccolta di funghi commestibili ed erbe speziate. Nell'era contemporanea viene propagata e divulgata una "dieta paleolitica" (o paleodieta) che suggerisce di nutrirsi come i nostri precursori e antenati. Figura 4. Ipotesi di approvvigionamento da diverse fonti nella nutrizione ominide Gabriella Macis
5 2.3 Metodi di indagine Attraverso le analisi degli isotopi stabili sugli scheletri umani (in questo caso su quello di Amsicora), possiamo ricavare informazioni per quanto riguarda la dieta che caratterizzava gli individui che hanno vissuto nell’epoca che intendiamo analizzare: Gli atomi che ingeriamo attraverso il cibo, partecipano alla formazione dei nostri tessuti; Alcuni di questi atomi, continuano a sopravvivere anche dopo la nostra morte e per questo motivo rappresentano informazioni molto importanti per capire e conoscere la nostra dieta; · Gli isotopi stabili non decadono/variano con il tempo; · Viene studiato il rapporto tra più isotopi di uno stesso elemento; · Il rapporto degli isotopi stabili varia a seconda del cibo consumato; · Isotopi di carbonio e di azoto hanno una grande importanza sia perché sono abbondanti nei resti umani, sia perché variano nell’ambito dell’ecosistema; Lo studio degli isotopi stabili è fondamentale perché: · Possiamo conoscere cambiamenti della dieta che non necessariamente si riflettono sui cambiamenti culturali; · Possiamo conoscere la componente proteinica della dieta; · Possiamo arrivare ad individuare varie categorie di cibo; I nostri tessuti sono in grado di riflettere il luogo in cui viviamo (ovvero il luogo in cui ci procuriamo cibo e acqua) e hanno processi di formazione differenti che riflettono chimicamente tempi diversi della nostra vita. CONCLUSIONI Grazie alla scoperta dello scheletro di Amsicora, potrà essere compreso, con maggiore accuratezza, un periodo storico assai oscuro per l’isola della Sardegna risalente a circa 10000 anni fa. Le informazioni che lo scheletro è in grado di darci sono importantissime e riguardano i diversi aspetti della vita delle comunità appartenenti al passato. Inizia così un’importante indagine per conoscere la popolazione antica che ha contribuito al popolamento della Sardegna. RIFERIMENTI [1] Wikipedia: Alimentazione umana nel Paleolitico [2] Matthew Collins. Nuove indagini Paleobiologiche: Human Bioarchaeology Week 9: Stable Isotopes [3] "Archeologia, teorie-metodi-pratica", Colin Renfrew-Paul Bahn, Zanichelli.
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