L'emergenza coronavirus - 12 domande e risposte in materia di diritto del lavoro - Derra, Meyer & Partner

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L’emergenza coronavirus -
     12 domande e risposte in materia di diritto del lavoro

1. Il diritto allo stipendio del lavoratore affetto da coronavirus (COVID-19)
In caso di malattia, il dipendente ha -ovviamente- diritto a percepire lo stipendio, ai sensi del § 3
comma 1, frase 1 della legge sulla continuazione della retribuzione (EntgeltfortzahlungsG) o, in via
sussidiaria, a una richiesta di risarcimento ai sensi del § 56 comma 1 periodo 1 della legge sulla
prevenzione contro le infezioni (InfektionsschutzG). Potrebbe essere diverso invece il caso in cui il
dipendente ha contratto la malattia in maniera colposa, il che però generalmente non avviene.
Un´esposizione colposa al contagio sarebbe da costatarsi laddove il dipendente si fosse recato
consapevolmente in un’area ad alto rischio e si fosse quindi esposto a un rischio di contagio
notevolmente maggiore.

2. Il diritto allo stipendio in caso di quarantena imposta dalle autorità
Se il dipendente è impedito a svolgere il proprio lavoro solo per un "periodo relativamente
insignificante" ai sensi del § 616 frase 1 del codice civile tedesco (BGB), non perde il proprio diritto
allo stipendio. Si è soliti individuare in un periodo di questo tipo un tempo massimo di cinque
giorni. Si presume quindi che l´imposizione di quarantena di 14 giorni, ormai divenuta regola
generale, superi abbondantemente il cosiddetto "periodo di tempo relativamente insignificante".
Anche sulla base delle disposizioni di cui al § 56 comma 1, 5 della legge sulla prevenzione contro le
infezioni (IfSG) si deve presumere che una quarantena di diverse settimane non rappresenti un
caso di impossibilità temporanea ai sensi del § 616 del codice civile tedesco (BGB). Ciò è dovuto al
fatto che l’art. 56, comma 1 della legge sulla prevenzione contro le infezioni (IfSG) concede anche
ai "casi di malattia sospetta" una richiesta di risarcimento a causa della perdita di retribuzione. Ai
sensi dell'art. 56 della legge sulla prevenzione contro le infezioni (IfSG), il datore di lavoro deve
quindi, durante il rapporto di lavoro e per un tempo massimo di sei settimane, versare al
dipendente al quale è stata ordinata la quarantena, un’indennità pari all’importo della perdita di
guadagno. Gli importi versati vengono, su richiesta, rimborsati al datore di lavoro dall’autorità
competente.

3. Il diritto allo stipendio in caso di quarantena in assenza di un ordine delle
autorità
Se un dipendente si mette in quarantena volontariamente o su richiesta del datore di lavoro,
indipendentemente da un ordine delle autorità, è opportuno differenziare come segue:
La quarantena su richiesta del datore di lavoro:
Se il datore di lavoro impone al dipendente di rimanere a casa perché teme che il dipendente
possa essere stato contagiato di coronavirus, senza che però lo stesso sia risultato positivo al test,
o sia addirittura sintomatico, il dipendente dovrebbe avere diritto al pagamento dello stipendio. Il
diritto del dipendente allo stipendio deriva dalla circostanza che il datore di lavoro si trova
praticamente in ritardo nell´accettare la prestazione lavorativa offerta da parte del dipendente

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stesso. (Vedi § 615, comma 1 del codice civile tedesco- BGB). Laddove il dipendente dovesse
invece manifestare i sintomi della malattia, lo deve comunicare al datore di lavoro. Tale notifica
può, a partire dal 12.03.2020, avvenire anche telefonicamente. Il certificato di malattia dovrà
essere, però, poi spedito al datore di lavoro tramite gli uffici postali.
La quarantena volontaria su iniziativa del dipendente:
Se il dipendente si mette volontariamente e autonomamente in quarantena, senza essere
antecedentemente, risultato positivo al test, è possibile che, in conformità al § 616, frase 1 del
codice civile tedesco (BGB), gli spetti un indennità per incapacità al lavoro di breve durata. Anche
in questo caso vale quanto sopra riportato. In definitiva, questo dipenderà dagli accordi sanciti tra
il datore di lavoro e il dipendente.
Se il dipendente non si presenta al lavoro in accordo con il datore di lavoro, si può ipotizzare, in
ultima analisi, un caso di congedo retribuito. Inoltre, è possibile concordare successive disposizioni
per ridurre i crediti delle ore di lavoro o le ferie residue. L’assenza volontaria basata su un sospetto
non confermato può quindi, nella migliore delle ipotesi, giustificare un´incapacità al lavoro di
breve durata ai sensi del § 616 frase 1 del codice civile tedesco (BGB).

4. Lo smart working (il lavoro da remoto)
La possibilità di sostituzione della classica modalità di lavoro con lo smart working (e nello
specifico: con il lavoro da remoto) deve essere espressamente concordata tra il datore di lavoro e
il dipendente o, se necessario, tramite le organizzazioni sindacali.
Se nel contratto di lavoro non è prevista una clausola corrispondente, la modalità di smart working
(del lavoro da remoto) deve essere concordata tra il dipendente e il datore di lavoro. Il datore di
lavoro non ha diritto alcuno nel decidere unilateralmente di applicare lo smart working (il lavoro
da remoto).

5. L’obbligo di lavoro in mancanza della possibilità di accudimento dei figli,
per esempio nei casi di mancanza dei servizi all´infanzia e all´istruzione
Se gli asili e le scuole vengono chiusi a causa di misure di protezione ufficiali e al dipendente non
resta altra possibilità di accudimento per il proprio figlio che l’asilo o la scuola, questo è
fondamentalmente un rischio a carico del dipendente. In linea di principio, il dipendente rimane
obbligato a svolgere il proprio lavoro.
In caso di un´incapacità al lavoro di breve termine, i fatti sopra descritti potrebbero applicarsi ai
sensi del § 616 comma 1 codice civile tedesco (BGB), a condizione che venga trovata
tempestivamente una soluzione e che l’impedimento alla prestazione di lavoro sia di fatto solo
temporaneo. Il datore di lavoro deve esserne informato. Altrimenti insorgerebbe una condizione di
assenza ingiustificata dal posto di lavoro, che a sua volta, potrebbe generare un richiamo da parte
del datore di lavoro e sfociare poi in un licenziamento senza preavviso.

6. Chiusura dell’attività da parte delle autorità
In caso di chiusura di uno stabilimento, i dipendenti per i quali non viene emesso un ordine di
quarantena e che non si ammalano hanno diritto al pagamento della retribuzione ai sensi del §
615 del codice civile tedesco (BGB). Il rischio d’impresa è, infatti, a carico del datore di lavoro.

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7. Concessione di un congedo non retribuito da parte del datore di lavoro?
Sempre più spesso ci si chiede se il datore di lavoro può concedere al dipendente un congedo non
retribuito. Tuttavia, ciò non è assolutamente possibile in modo unilaterale, ma solo attraverso un
adeguato accordo con il dipendente. Di conseguenza, il datore di lavoro non deve pagare né lo
stipendio né i contributi previdenziali; il congedo provoca una sospensione del rapporto di lavoro.
Tuttavia, è necessario operare con una certa cautela, poiché il congedo non retribuito può avere
una durata massima di un mese, altrimenti il dipendente perde la copertura previdenziale; deve
quindi assicurarsi con i propri mezzi e a proprie spese. Si segnala inoltre che il dipendente non
riceve alcun beneficio per la prestazione sostitutiva del reddito durante il congedo non retribuito e
che, in determinate circostanze, il diritto alle ferie può essere pienamente mantenuto.

8. La cassa integrazione ( Kurzarbeitergeld)
I datori di lavoro si trovano sempre più spesso a doversi chiedere se e come presentare la
domanda di concessione del Kurzarbeitergeld per i loro dipendenti. La domanda di concessione
deve essere presentata dal datore di lavoro presso l’Agenzia federale del lavoro (Bundesagentur
für Arbeit) competente, mentre la decisione sulla riduzione dell’orario lavorativo deve essere
segnalata entro i tempi previsti. Sia la segnalazione, che la richiesta, possono essere eseguite in via
telematica.
Un presupposto fondamentale per l’introduzione della riduzione dell’orario lavorativo è la
dichiarazione di consenso da parte dei dipendenti, sia come regolamento aziendale standard sia
attraverso il consenso individuale del dipendente interessato. Se nell’azienda è presente un
consiglio di fabbrica, questo deve prima elargire il suo consenso. Una scelta autonoma da parte del
datore di lavoro è inammissibile.
A norma del paragrafo 96, primo comma del SGB III, i requisiti per ricorrere alla cassa integrazione
vigenti nell´attuale periodo di emergenza sono i seguenti:
a) L’azienda interessata deve aver subito una perdita temporanea e sostanziale di ore lavorative,
che deve, secondo lo stato attuale, interessare almeno il 10% della forza lavoro con una perdita di
stipendio di almeno il 10%.
b) I dipendenti interessati non possono essere stati licenziati prima di aver trasmesso la richiesta
della cassa integrazione.
c) Il datore di lavoro deve comunicare la quantità di perdita di lavoro durante il mese in cui inizia la
riduzione delle ore lavorative.
d) L’imprescindibilità della perdita di ore lavorative. Secondo i canoni vigenti, la perdita delle ore
lavorative non è da considerarsi imprescindibile quando è possibile ricorrere al sistema di
recupero/prestazione delle ore di lavoro o al diritto alle ferie accumulate dall’anno precedente,
misure adatte a evitare il sistema di riduzione delle ore lavorative.
Inoltre, la cassa integrazione sarà garantita anche per i lavoratori interinali, così come sarà e
possibile presentare domande di cassa integrazione collettive per i richiedenti con qualifiche,
obiettivi formativi e necessità di aiuti comparabili.
Per giunta, tutti i contributi sociali per le ore di lavoro perse devono essere coperti dall’Agenzia
federale del lavoro, cosa che finora non era ancora avvenuta.
A norma del paragrafo 105 del SGB III, in caso di cassa integrazione, la misura dell’indennità è pari
all’60% per i dipendenti e all’67% per i dipendenti con figli a carico, della differenza tra la
retribuzione netta che il lavoratore avrebbe percepito se avesse svolto la propria prestazione
lavorativa e la retribuzione forfettaria calcolata sulla base delle attuali ore di lavoro effettive.

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Ciò comporta per i dipendenti un’ingente perdita di guadagno, soprattutto nel caso di assenza
totale di lavoro.
In suddetta situazione sorge il quesito riguardo alla possibilità futura di un diritto all’indennità
secondo il paragrafo 56, primo comma, della legge sulla protezione dalle infezioni (IfSchG). Tale
diritto presupporrebbe un ordine da parte delle autorità competenti, l’insorgere di un mancato
guadagno e infine l’elemento costitutivo del sospetto di malattia. Il sussistere di quest’ultimo
sarebbe da dubitare laddove fosse avvenuta una chiusura cautelare di un´attività produttiva su
ordine ufficiale. Tutto dipende, comunque, dalle singole circostanze.
Il 20 aprile 2020 le parti governative hanno raggiunto un accordo riguardo all´innalzamento della
quota della cassa integrazione. In considerazione dell’emergenza coronavirus, è stato previsto
l’incremento della misura dell’indennità dal 60% fino all’80% per i dipendenti e dal 67% fino all’87
% per i dipendenti con figli a carico. Il nuovo regolamento, concordato dai dirigenti dei partiti CDU,
CSU e SPD a livello parlamentare, ma tuttora non ancora emanato, prevede in dettaglio che per i
primi tre mesi si applichi il tasso vigente, e prevede invece l’incremento rispettivamente al 70% e
al 77% a partire dal quarto mese e all’80% e 87% a partire dal settimo mese di cassa integrazione.
Tale incremento interessa i casi in cui il lavoro è stato almeno dimezzato al 50%. Si prevede che la
nuova regolamentazione sarà emanata a breve.

9. Quali sono gli obblighi del datore di lavoro nei confronti dei dipendenti?
Il datore di lavoro ha un dovere di sollecitudine nei confronti dei suoi dipendenti. Ciò include
anche il rispetto di alcune norme igieniche e l’adozione di misure per prevenire la diffusione di
malattie. Molte strutture sanitarie dispongono, infatti, per esempio di disinfettanti e di opuscoli
e/o poster contenenti raccomandazioni per l'igiene. In casi particolari (luoghi di lavoro nelle
strutture sanitarie, nei servizi ai trasporti, nella logistica, nelle vendite) può addirittura vigere
l’obbligo di adottare misure di protezione speciali e, ad esempio, di fornire maschere di
respirazione.

10. Il datore di lavoro può ordinare straordinari a causa dell'assenza dei
dipendenti?
In genere sì. Il datore di lavoro può, ad esempio, imporre ai dipendenti sani di fare degli
straordinari se un ordine rischia di fallire per mancanza di personale in malattia o se l’azienda
fornisce beni di prima necessità. In una tale "emergenza imprevedibile", i dipendenti sono
obbligati a fare gli straordinari per via del loro generale obbligo di lealtà al datore di lavoro.
Tuttavia, devono essere sempre rispettate le restrizioni legali relative alla durata degli straordinari.

11. Nuove norme sugli orari di lavoro durante l´emergenza coronavirus
Il Ministero federale del lavoro e degli affari sociali ha emanato un’ordinanza sulle variazioni della
legge sull’orario di lavoro in seguito all'epidemia COVID 19 (Ordinanza COVID 19 sull'orario di
lavoro - COVID 19-ArbZV), inizialmente in vigore fino al 31 luglio 2020.
In linea di massima è, quindi, possibile estendere la giornata di lavoro dei dipendenti fino a 12 ore.
Tuttavia, a ciò, deve, entro sei mesi, seguire una compensazione di otto ore al giorno lavorativo
(48 ore settimanali). Il periodo di riposo giornaliero non può essere ridotto per più di due ore e va
mantenuto il periodo di riposo giornaliero di almeno nove ore. Se il periodo di riposo giornaliero è
ridotto, si deve rimediare con una compensazione entro le seguenti quattro settimane.

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Per i dipendenti è possibile eseguire la prestazione lavorativa anche nei weekend e nei festivi
 laddove non sia stato possibile lavorare nelle giornate lavorative. Il giorno di riposo sostitutivo alla
 domenica di lavoro deve essere recuperato entro otto settimane o, al al più tardi possibile, entro il
 31luglio 2020, termine di scadenza dell´ordinanza.
 In caso di ricorso a suddette variazioni, la settimana lavorativa non può, in linea di massima,
 superare le 60 ore. Tale divieto non si applica in casi di emergenza per tutte le attività indicate
 nell´ordinanza. Tra queste si annoverano per esempio le attività correlate al commercio di prodotti
 quotidianamente necessari, di medicine o altri prodotti impiegati nella lotta contro l’epidemia di
 coronavirus. Ciò vale anche per le attività di assistenza medica, per i servizi di emergenza e di
 pronto soccorso, per le imprese di fornitura, nell’agricoltura e per le attività farmaceutiche, così
 come nel mantenimento dell’ordine pubblico, il funzionamento dei tribunali e degli enti
 amministrativi, della rete telematica e del sistema informatico. Le eccezioni consentite ai sensi
 dell´ordinanza e relative all’orario massimo di lavoro giornaliero, al periodo minimo di riposo e alle
 modalità di lavoro nei weekend e/o festivi, si possono applicare fino al 30 giugno 2020. Si osserva
 che i singoli Länder sono legittimati a emanare proprie disposizioni in materia, che possono,
 quindi, differire da quelle appena citate.

 12. Licenziamento in caso di emergenza?
 Le difficoltà economiche temporanee non generano certo un diritto del datore di lavoro a
 licenziare i dipendenti senza preavviso. È ammesso, piuttosto, il licenziamento con preavviso.
 Inoltre, devono essere osservate le ulteriori disposizioni legislative sulla tutela del lavoratore
 contro il licenziamento, nella misura in cui sono applicabili al singolo caso. Importante: se il datore
 di lavoro intende licenziare più persone, deve verificare se è necessario notificare il licenziamento
 di massa ai sensi del § 17 della legge sul licenziamento a tutela dei lavoratori (KSchG), ad es. in
 aziende con un minimo di venti e un massimo di sessanta dipendenti, laddove si intenda licenziare
 più di cinque dipendenti. La notifica deve essere portata a termine prima dell’emissione degli
 avvisi di licenziamento. Le comunicazioni di licenziamento eseguite senza tale notifica non sono,
 infatti, valide.

 Si prega di notare che le nostre linee guida generali prendono in esame lo stato attuale della
 situazione, la quale è nuova a molti settori e soggetta quindi a continue mutazioni. Inoltre le
 nostre linee generali non sono adatte a sostituire le informazioni fornite durante una singola
 consulenza. Il testo fa riferimento allo stato dei fatti in data 04.05.2020. Per ulteriori
 informazioni, potete visitare il sito www.derra.eu. I professionisti dello studio dmp rimangono
 costantemente a Vostra disposizione per fornire lucidazioni ed assicurare la propria assistenza
 in ogni singolo caso.

Le Vostre persone di contatto da Derra, Meyer & Partner Rechtsanwälte PartGmbB:

Dr. Stefanie Lebek, Rechtsanwältin, Fachanwältin für Arbeitsrecht,
Corso di Porta Vigentina 33-35, I-20122 Milano Tel.: +39 02-67490445, lebek@derra.it

Stefan Eßer, Rechtsanwalt, Fachanwalt für Arbeitsrecht
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Armin Schürer, Rechtsanwalt
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Stefania Secolo, Rechtsanwältin
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