ALLA GUIDA DI UN ELEFANTE CHE CORRE ALLA VELOCITÀ DI UN GIAGUARO INTERVISTA A GUGLIELMO CREMONA - GENERAL ELECTRIC

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ALLA GUIDA DI UN ELEFANTE CHE CORRE ALLA VELOCITÀ DI UN GIAGUARO INTERVISTA A GUGLIELMO CREMONA - GENERAL ELECTRIC
ALLA GUIDA DI UN ELEFANTE CHE CORRE ALLA VELOCITÀ DI UN GIAGUARO
           INTERVISTA A GUGLIELMO CREMONA – GENERAL ELECTRIC

     a cura di Antonella D’Aprile, Michela Fantini, Marina Gallinelli, Mariantonietta Saracino
       (partecipanti alla XVII edizione del Master in Risorse Umane e Organizzazione)

Se il mondo HR è un percorso ad ostacoli delicato e sensibile ai contesti sociali, gli attori che lo
abitano non possono che avere un iter formativo pieno di esperienze eterogenee. Questo è
particolarmente vero nel caso di Guglielmo Cremona, HR Manager della Genaral Electric,
divisione Healthcare, il quale è stato ospite presso la Fondazione ISTUD per raccontare a noi
studenti del Master in Risorse Umane e Organizzazione qualcosa in più sul mondo HR, quel
qualcosa che non proviene dai libri, ma dalla vita vissuta e che, pertanto, è ancor più prezioso. La
testimonianza, avvenuta il 10 febbraio 2012, è stata molto interessante, piacevole e utile in quanto
Guglielmo Cremona è riuscito a trasmetterci la forte passione per il lavoro che svolge. Frasi come
“fate quello che vi piace”, “tutto serve” oppure “è importante sapere dove andare” sono
affermazioni che per persone che stanno intraprendendo un cammino importante come il nostro
non passano inosservate, soprattutto perché mettono in risalto il potenziale che è dentro di noi e
trasmettono l’energia giusta per poter portare avanti le scelte personali. Al termine della
testimonianza, ci siamo seduti in aula e, in modo molto conviviale, abbiamo iniziato la nostra
intervista.

Guglielmo Cremona è laureato in giurisprudenza con una tesi di laurea inerente la legge 196/97,
che per prima legalizzò il cosiddetto lavoro interinale. Dopo aver lavorato per la Cremona & C SAS
e per Decathlon, muove i primi passi nel mondo delle Human Resources in qualità di Branch
Manager in Adecco (1999 - 2000). Ha quindi lavorato per aziende quali Citroën (responsabile
selezione, formazione e sviluppo, novembre 2000 - agosto 2004), TT Holding spa (responsabile
risorse umane ed organizzazione, settembre 2004 - settembre 2005), Det Norske Veritas
(settembre 2005 - settembre 2010). Attualmente, ricopre la carica di HR Manager in General
Electric, divisione Healthcare.

Come è arrivato alla posizione che attualmente occupa? Ci può parlare del suo percorso
professionale?
Ho mosso i primi passi nel mondo del lavoro nell’azienda di famiglia, la “Cremona & C SAS”. Qui ho
appreso e sperimentato il concetto di responsabilità. Durante gli studi universitari, dal 1994 al
1996, ho lavorato in Decathlon dove, occupandomi della vendita di sci, ho potuto conoscere le
dinamiche di business in un’ottica dal basso ed imparare che il cliente ha sempre ragione. Nel
1998, ho avuto la fortuna di vivere un’esperienza in ambito militare presso il BTG Logistico Julia:
qui ho potuto capire l’importanza degli altri: eravamo un team. Da ognuna di queste esperienze ho
tratto grandi insegnamenti, sia dal punto di vista umano che professionale: le attitudini non si
imparano a scuola né in azienda, emergono nel corso delle proprie esperienze di vita.
Dopo aver conseguito la Laurea in giurisprudenza, avevo chiaro che cosa non volevo fare:
sfruttando il mio background e la mia tesi in diritto del lavoro dal titolo Contratto di formazione e
lavoro sulla legge 196/97 (che per prima legittimava il cosiddetto lavoro interinale), iniziai come
Branch Manager in una delle prime agenzie Adecco.
L’entrata in scena delle agenzie interinali aveva, di fatto, cambiato le regole del mondo del lavoro:
qui le HR avevano soprattutto una funzione commerciale. In qualità di responsabile commerciale
di filiale, ho potuto confrontarmi con il mercato del lavoro ed i suoi players:
il mio era un lavoro di sales, grazie al quale ho potuto vedere da vicino circa 500 aziende in campo
tessile, logistico, farmaceutico, metalmeccanico.
Questa è una ricchezza enorme che ci si porta dietro: in poco tempo ho imparato sul campo a
capire chi ho di fronte e quanto sia importante adattare il proprio comportamento
all’interlocutore, poiché ognuno ha le proprie regole, le proprie convinzioni ed il proprio
background socio-culturale.

Dove si impara questo mestiere?
Essenziali sono state le esperienze in ambito militare ma anche in quello sportivo, dove ho
sperimentato i primi tentativi di gestione di un team e la necessità di far emergere le attitudini
individuali. Tutto serve: la chiave è riuscire a trarre più insegnamenti possibili dalle diverse
esperienze. Il mestiere, certamente, si impara poi sul campo. Prendiamo in analisi il mio percorso:
dopo l’esperienza in Adecco, ho ricoperto, dal 2000 al 2004, il ruolo di responsabile selezione,
formazione e sviluppo per Citroën: non avevo mai ricoperto questo ruolo, nonostante ciò avevo
visto la selezione in Adecco (relativa al settore produzione), avevo subito la formazione durante il
lavoro, mentre, per quanto riguarda lo sviluppo, avevo ricevuto le nozioni teoriche del Master a
cui, nel frattempo, mi ero iscritto.
Si trattava dell’edizione serale del Master in Human Resources presso l’Sda Bocconi, che avevo
iniziato a frequentare sentendo di avere sempre meno un’anima commerciale e di essere, invece,
sempre più orientato alla gestione HR.
Nel frattempo in Citroën imparavo a fare selezione: stavo imparando, soprattutto, la differenza tra
recruitment e selezione. Apprendevo l’importanza del fare la scelta giusta per chi si occupa di HR:
metaforicamente, se la persona non funziona, ritorna sulla tua scrivania. Imparare a far colloqui è
una cosa importantissima! Per me, l’esperienza in Citroën fu una tappa fondamentale, in quanto
ebbi la possibilità di approcciare le differenti attività in capo ad un HR Generalist: selezione,
formazione (scegliere i fornitori giusti), sviluppo di sistemi di valutazione delle prestazioni
(ragionandoci sopra, operando praticamente …), compensation & benefit, relazioni sindacali
(quest’ultime sono un mondo a sé, che si impara con la pratica, le strategie, il gioco delle parti
nelle fumose sale di rappresentanza dei sindacati).
A questo punto della mia vita professionale, sentivo di aver compreso meglio il Business (facilitato
senza dubbio dalla precedente esperienza in sales), di riuscire a far capire e sensibilizzare su
quanto l’HR sia importante per il Business e, infine, di aver imparato ad individuare le dinamiche
della grande azienda. Partendo dal presupposto che non si finisce mai di imparare, si può dire che
per avere una visione quanto più ampia e completa di una realtà aziendale, sono necessari almeno
quattro anni: successivamente, mi sentivo pronto.
Nel 2004 vado a ricoprire il ruolo di Responsabile Risorse Umane per TT Holding SPA. Imparo a
lavorare con la proprietà: sono figlio di imprenditore ed ho lavorato per un periodo nell’azienda di
famiglia, ma qui era diverso, molto diverso! In tale contesto, ho imparato a prendere decisioni, in
un’ottica di relazione diretta con il vertice aziendale. L’impresa Italiana e la proprietà non mi
avrebbero tuttavia permesso di fare esperienza in un’azienda di tipo multinazionale.
Dentro di me sentivo crescere la spinta verso tale dimensione: da qui nacque l’esigenza ed il
desiderio di migliorare le lingue.
Il sabato mattina, per sei mesi, seguivo dei corsi di conversazione in inglese. Tempo rubato ad
altro, ma certo ben impiegato: ti dai un obiettivo? Devi anche impegnarti per raggiungerlo!Il
desiderio di sperimentarmi in un ambiente più internazionalizzato fu realizzato con l’esperienza in
Det Norske Veritas Italia, azienda internazionale che si occupa di gestione del rischio,
classificazione navale e certificazione. Entrai come HR Manager occupandomi di selezione,
formazione e relazioni sindacali. Dovetti interfacciarmi, a livello internazionale, con un team
altamente qualificato e complesso.
Nel 2010 arrivò l’occasione di entrare a far parte di GE Healthcare, dove attualmente seguo, in
qualità di HR Manager, due macro aree a livello di vendite e service.

Perché General Electric? C’è una metafora con cui descriverebbe la sua azienda?
Perché General Electric ha una storia, è una realtà che rappresentava e rappresenta tuttora un
punto di riferimento, lo stato dell’arte del mondo HR, per intere generazioni! Ero curioso ed
affascinato da questa grande azienda: GE incarnava l’idea di una dimensione globale, dinamica,
multinazionale, aggregava persone di culture differenti ed inoltre, era una realtà estremamente
sfidante e dinamica che mi avrebbe permesso e richiesto di confrontarmi con un’ottica
multitasking. GE è velocità allo stato puro, al limite della tecnologia, on the edge. Volevo mettermi
alla prova per vedere se fossi stato in grado di lavorare per un’azienda simile: è stata una sfida con
me stesso.
Una metafora? Bella domanda, bella ma non immediata…

A questo punto interviene Federica Calarco, giovane talento proveniente dal Master Istud in
Human Resources, la quale, in qualità di HR junior, ha accompagnato Guglielmo Cremona.
Restiamo ammirate dalla potenza visiva dell’immagine che ci suggerisce:
La General Electric? E’ stata paragonata ad un elefante che si muove come un giaguaro. E’ grande,
forte, solida, burocratica: queste caratteristiche potrebbero farla apparire lenta e pesante ma in
realtà è molto sfidante, veloce, dinamica e complessa.

Riprende a questo punto la parola Guglielmo Cremona, arricchendo di nuovi particolari la
suggestione visiva …
Entrare in GE è come prendere un treno in corsa.
Se ci si reputa persone dinamiche e sfidanti, General Electric pare davvero una meta cui ambire.
Tornando all’ambito HR, secondo lei quali sono le competenze che una persona dovrebbe avere?
In primo luogo è fondamentale la passione: se non ti piace, il mondo HR non è per te. In secondo
luogo è essenziale non aver paura di confrontarsi con i propri limiti. Molto banalmente: devi dire
qualcosa di poco piacevole? Lo fai, anche se preferiresti decisamente non farlo.
Il primo consiglio che posso dare è che un buon HR deve saper mantenere un equilibrio tra
apertura, autocontrollo, e riservatezza, deve saper esporre le proprie idee e convinzioni ma anche
avere la capacità di mantenere le distanze laddove necessario. Qui entriamo in un tema difficile,
potremmo chiamarlo il lato oscuro delle HR, l’altra faccia della medaglia: se da un lato premiamo
chi merita, dall’altro dobbiamo essere in grado di non farlo con chi invece non merita. In
particolare, nelle circostanze difficili è essenziale valutare le opzioni migliori, cercando di
rispondere alle esigenze aziendali nella maniera più equilibrata possibile.
Secondo lei, in sede di colloquio quale caratteristica fa davvero la differenza? C’è una domanda
atipica che pone ai candidati?
Nei neolaureati valutiamo sempre la motivazione per la funzione aziendale, la disponibilità, la
predisposizione ad imparare e l’essere in linea con i valori aziendali. In generale, nel condurre un
colloquio mi piace indagare: ho la struttura interna dell’intervista, ma aldilà di questa, mi piace
tarare sul singolo domande che si riferiscono, in modo particolare, alle attività in cui le persone
hanno messo impegno.
Quanto alla domanda atipica, no, non c’è. Tuttavia, può capitare di chiedere al candidato di
capovolgere lo schema del colloquio affinché provi a mettersi nei panni del selezionatore. Lo
scopo e l’obiettivo non è tanto la risposta, cosa rispondi, ma il modo, come rispondi.
Inoltre, in un candidato ricerco positività ed entusiasmo. Non voglio persone già sconfitte in
partenza: la realtà e tutte le complicazioni ad essa connesse sono dati di fatto; è l’approccio ad
affrontarle che fa la differenza. Il classico discorso del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto! E’
fondamentale saper vedere le opportunità al posto dei problemi: se non credi in te stesso, chi
dovrebbe farlo per te?

Il ruolo che oggi ricopre è sempre stato il suo obiettivo o, come spesso accade, è invece frutto di
coincidenze o casualità all’interno del suo percorso lavorativo?
Gli obiettivi che mi hanno consentito di andare avanti li ho formulati giorno dopo giorno. Nel
contesto lavorativo attuale, ciò che garantisce il lavoro a lungo termine è il saper fare. Bisogna
costruirsi la professionalità pezzo per pezzo, attraverso l’esperienza, apprendendo dai migliori,
accettando le sfide, cercando di migliorarsi costantemente. Stare un passo avanti rispetto alle cose
e lavorare su sè stessi. Tuttavia, è chiaro che i problemi esistono e che gli errori li facciamo tutti.
Parafrasando Bertolt Brecht, “anch’io sto lavorando duro per preparare il mio prossimo errore”.

Qual è la sua giornata tipo?
Non esiste … le giornate di un HR Manager sono spesso variabili! In ogni caso, per rispondere alla
domanda, posso darvi un quadro della giornata di oggi: due ore di reportistica seguite da un
colloquio interno legato ad un posting, valutazione e definizione delle condizioni contrattuali,
overview dei costi di formazione per l’anno 2012 e conseguente confronto con i manager sulla
tematica: cosa si prevede di fare? Con quali persone? Perché?
Dopodichè è arrivato un fax dalla Fiom CGIL e pertanto ho dovuto occuparmi di relazioni sindacali.
Qui devo aver trovato il tempo per mangiare anche qualcosa … Ho dunque affrontato un salary
planning meeting, confrontandomi con specialisti Comp & Ben sul tema della valutazione
dell’impatto economico di alcune scelte salariali.
A fine giornata mi sono portato avanti sulla compilazione (o parte di essa) del piano IMS (Sistema
di Gestione delle Identità) ovvero il processo di autovalutazione del personale, da cui emergono
l’aderenza dei valori tra personale ed azienda, gli obiettivi per il 2012 ed il piano di carriera. A
questo punto deve aver chiamato mia moglie, domandandosi se avesse ancora un marito ….”

La direzione del personale è davvero coinvolta nelle decisioni aziendali? Avete funzioni
esternalizzate?
In General Electric, la funzione HR è parte del processo di business e di quello operativo.
Certamente ha voce in capitolo nelle scelte aziendali, in quanto non c’è un punto di vista HR
contrapposto ad uno di business: devono andare di pari passo, bisogna portare valore aggiunto
ottimizzando l’andamento del business tramite la gestione delle risorse umane.
Per quanto riguarda le funzioni esternalizzate, in outsourcing viene gestita la parte non core
dell’azienda, ovvero quella relativa all’elaborazione e alla gestione cedolini paghe. Per la selezione
invece, cerchiamo di ridurre al minimo l’utilizzo delle risorse esterne. Vi sono dei posting esterni
gestiti attraverso Linkedin o servizi quali Monster ma, in generale, viene incentivata la mobilità
interna, in un’ottica di retention dei talenti all’interno di GE.
Puntiamo molto sul sito GE Career: vi è una persona dedicata che si occupa proprio della
valorizzazione delle risorse e del patrimonio di conoscenze che le persone possiedono.
Abbiamo poi il Referral Program GE che consente, attraverso una procedura su GE Career, di
segnalare persone che svolgono professioni tecnico-specialistiche in ambito medico e che
potrebbero diventare dei referenti per GE.
Il sistema General Tecnologies Refereer, che segue una logica anglosassone (è previsto un sistema
premiante per le persone che fanno le segnalazioni), si basa su un principio attraverso il quale le
‘raccomandazioni’ vengono ufficializzate e gestite con trasparenza . Nel 2011, questo programma
ha permesso di coprire il 100% delle posizioni: proprio dai colleghi di GE, che quotidianamente si
interfacciano per mestiere con l’ambiente bio medicale, arrivano short list di persone calzanti per
le posizioni ricercate.
Il principio di GE è che sei tu a creare la tua carriera, sei tu che ti candidi, la leva motivazionale
diviene condizione fondamentale: come nel modello americano, la persona si fa da sé. In tal senso,
GE è come il sogno americano: proietta l’immagine del Self Made Man, l’uomo che può farsi da
solo perché ha in mano tutti gli strumenti per farlo, in particolare, ha la motivazione personale e a
supporto di questa, il training e l’esperienza di crescita aziendale.

Qualche consiglio per chi si affaccia oggi al mondo lavorativo?
La passione è il motore di tutto: fate quello che vi piace! In ciò che ci piace riusciamo meglio e ci
impegniamo di più. Tutto serve, ciò vale sia a livello professionale che personale: non esiste una
rigida e netta separazione: parte della tua vita è il tuo lavoro e tu porti il tuo lavoro nella tua vita.
E’ importante mantenere un buon bilanciamento, anche se, ovviamente, ci possono essere periodi
in cui esiste una particolare concentrazione su un aspetto o sull’altro. L’importante è capire quale
sia la direzione: per dirla con le parole di Rainer Maria Rilke, non c’è vento favorevole per chi non
sa dove andare.
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