Al Brasile il Weekend Premium "Black in the World 2019"
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Al Brasile il Weekend Premium “Black in the World 2019” Per la prima volta, durante l’evento per la consegna dei Weekend Premium Awards che si è svolto all’Enterprise Hotel di Milano è stato consegnato al Brasile, il premio BLACK IN THE WORLD, un primato negativo “per aver distrutto milioni di alberi della foresta amazzonica con incendi dolosi superiori del 145% rispetto all’anno precedente”. Non si tratta di un premio “negativo” per il paese o i brasiliani, ma rivolto alle politiche del premier Jair Bolsonaro, che, nonostante l’invito, non è venuto a ritirare il premio. “Bolsonaro dice che l’Amazzonia è del Brasile e ne fa quello che vuole”, ha detto il direttore Raffaele D’Argenzio durante la (mancata) consegna del premio. “Noi di Weekend Premium invece diciamo che la Terra è come un grande condominio, e io non posso bruciare casa mia senza dare alle fiamme anche quella degli altri”.
Questa è stata la prima edizione del BLACK IN THE WORLD AWARD, ma l’intenzione è quella di continuare ad assegnarlo anche in futuro. Le motivazioni? Ecco un po’ di numeri Vale la pena ricordare qualche dato sul triste fenomeno degli incendi dolosi nell’Amazzonia brasiliana, che è all’origine dell’assegnazione del riconoscimento negativo.
In base ai rilevamenti dell’Istituto Nazionale di Ricerche Spaziali (Inpe) nel periodo gennaio – agosto 2019 gli incendi nella foresta amazzonica sono aumentati dell’82% rispetto allo stesso periodo del 2018, e il 52% dei roghi si concentra nell’Amazzonia brasiliana. La deforestazione, poi, solo nello scorso mese di luglio, è aumentata del 278% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Secondo la CNN sono stati quasi 73 mila i roghi che hanno
mandato in fumo la foresta brasiliana dall’inizio dell’anno. Secondo l’Inpe, questi incendi non sono imputabili a fenomeni cosiddetti “naturali”, ma la loro posizione, sul limitare della foresta, fanno pensare ad atti voluti, incendi dolosi appiccati per liberare terreno utile da adibire alle coltivazioni. Anche l’astronauta italiano Luca Parmitano ha pubblicato sul suo profilo Twitter alcune immagini della foresta amazzonica in fiamme, scattate dallo spazio, parlando di “incendi dolosi”.
Non è un mistero infatti che Bolsonaro sia stato eletto con l’appoggio delle grandi lobby dell’agroalimentare e dell’industria estrattiva e che le sue politiche hanno sostenuto la deforestazione di massa affinché si potesse estrarre, coltivare e costruire. A essere in pericolo sono anche le comunità indigene, divenuti “scomodi” per la loro strenua resistenza per la difesa dei loro villaggi e del loro ambiente, che ha fatto aumentare la
violenza nei loro confronti da parte di estrattori, coltivatori e minatori. Lo stesso Bolsonaro ha tagliato i fondi alle associazioni di tutela dei diritti delle popolazioni indigene, ha permesso l’utilizzo di pesticidi prima vietati e ha accusato le ONG di essere le responsabili dei roghi “per screditarlo”. Accuse prontamente rispedite al mittente dai principali rappresentanti delle ONG chiamate in causa. Lo scorso 24 agosto, le pressioni internazionali e le proteste interne in Brasile hanno indotto Bolsonaro a mandare l’esercito nelle regioni devastate dagli incendi. Ha però rifiutato i fondi offerti dal G7. L’Amazzonia, il “polmone della Terra” Ricordiamo infine che la foresta Amazzonica è la più grande del nostro pianeta e produce da sola il 20% dell’ossigeno. In cambio, assorbe ogni anno ben 2 miliardi di tonnellate di anidride carbonica.
Da una ricerca condotta dal climatologo brasiliano Carlos Norbe, se la foresta venisse distrutta per una percentuale del 20-25% il suo delicato ecosistema potrebbe arrivare a un punto di non ritorno e il “polmone della Terra” potrebbe trasformarsi in un’arida savana. Attualmente, siamo a quota 17%. I popoli indigeni del Brasile Di Laura Orlandi – www.ourlifeinbh.com Ciao amiche di Auto&Donna, oggi andiamo alla scoperta dei popoli indigeni del Brasile. Attualmente i gruppi di indios riconosciuti dal governo brasiliano sono più di 200, a cui vanno aggiunti altri gruppi non riconosciuti ufficialmente o considerati come sottogruppi di quelli riconosciuti.
Questi popoli abitano l’odierno Brasile da ancora prima dell’arrivo degli Europei, intorno al 1500. Cristoforo Colombo pensava di aver raggiunto le Indie orientali e per questo motivo, i primi esploratori chiamarono questi popoli con il nome di Indios, termine rimasto in uso ancora oggi. Secondo l’ultimo censimento realizzato nel 2010 da IBGE (Instituto Brasileiro de Geografia e Estatística), i brasiliani sono 190.755.799 milioni e l’attuale popolazione indigena brasiliana sarebbe formata da 817.693 indigeni (502.783 vivono in zone rurali e 315.180 in zone urbane). Alcuni di questi gruppi stanno scomparendo e sono rappresentati da poche decine di individui. Altri hanno comunità più grandi, come i Guarani Kaiowá (oltre 31.000 unità solo in Brasile) o i Kaingang (oltre 33.000 unità). Secondo questo censimento, in tutti i 27 stati federali, compreso il Distretto Federale, vivono popolazioni indigene, anche se la regione del Nord è quella in cui si concentra la maggior parte di indigeni, circa il 37,4% del totale. Alcuni gruppi sono del tutto isolati e vivono all’interno della foresta amazzonica, altri vivono in riserve delimitate dalle autorità brasiliane, altri ancora in villaggi assimilati alle città. Molti gruppi vivono in aree di confine e sono localizzati all’interno di più stati (in particolare Brasile, Colombia, Perù, Bolivia e Venezuela). Ogni gruppo parla una lingua diversa, tranne alcuni casi in cui due o più gruppi hanno in comune la stessa lingua. Una minoranza dei gruppi parla il portoghese come lingua principale essendo la loro lingua madre estinta. In totale sono state registrate 274 lingue parlate e secondo il censimento il 17,5% della popolazione indigena non parla il portoghese.
Oltre ai 200 gruppi indigeni identificati, il FUNAI (Fondazione Nazionale degli Indigeni Brasiliani) registra inoltre 69 gruppi indios non contattati (che, cioè, non hanno contatti con il mondo esterno) oltre a gruppi che stanno richiedendo il riconoscimento della loro condizione indigena attraverso l’organo federale indigeno. Questi gruppi, volutamente non vogliono avere contatti con le altre tribù, e questa loro decisione, quasi certamente, è il risultato di disastrosi rapporti precedenti, del reiterarsi di altre invasioni e della distruzione della loro foresta. Per esempio, i gruppi in-contattati che vivono nello stato di Acre sono probabilmente i sopravvissuti all’epoca del boom del caucciù, durante la quale molti Indiani furono ridotti in schiavitù. È probabile che i sopravvissuti siano fuggiti risalendo i fiumi. I ricordi delle atrocità commesse contro i loro antenati potrebbero essere ancora molto forti. Quel che si sa di questi popoli è molto poco. Sappiamo con certezza che vogliono rimanere isolati: rispondono agli esterni e agli aerei che li sorvolavano scoccando contro di loro delle frecce o nascondendosi nel folto della foresta. Alcuni sono cacciatori nomadi. Altri sono più sedentari e vivono in case comunitarie, coltivando manioca e praticando caccia e pesca. Altri ancora utilizzano archi e frecce molto grandi. Gli in-contattati sono considerati tra i popoli più vulnerabili del paese: dipendono totalmente dalla foresta per la loro sopravvivenza, ma gran parte di questa viene distrutta dai taglialegna, dagli allevatori, dalle prospezioni petrolifere e da altri grandi progetti industriali. Inoltre, non hanno difese immunitarie verso le malattie portate dall’esterno e anche una semplice influenza, un raffreddore, un morbillo rischierebbe di spazzarli via. I popoli in- contattati del Brasile devono essere protetti e i loro diritti
alla terra riconosciuti prima che loro e le foreste da cui dipende la loro sopravvivenza siano cancellati per sempre. Molti gruppi hanno contatti occasionali, a volte ostili, con le tribù vicine. E sono ben consapevoli di essere circondati da altre società. Spesso, gli indigeni limitrofi e il FUNAI sanno approssimativamente dove abitano. Sin dal 1987 il FUNAI gestisce un dipartimento dedicato agli Indiani in- contattati e la sua politica è quella di stabilire il contatto solo nel caso che sia stata messa a grave rischio la loro immediata sopravvivenza. Diversamente non viene intrapreso nessun tentativo. Al contrario, il FUNAI ha il compito di demarcare e proteggere la loro terra dalle invasioni attraverso degli avamposti di protezione. I popoli in- contattati devono avere il diritto di decidere se vivere isolati oppure no. Ma per esercitare questo diritto hanno bisogno del tempo e dello spazio necessari. Buon we! Laura
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