Il Tar accoglie il ricorso: bloccata la revoca della protezione al Capitano Ultimo. Cosa aspetta il prefetto Pazzanese (UCIS) a dimettersi ?

Pagina creata da Asia Ferrario
 
CONTINUA A LEGGERE
Il Tar accoglie il ricorso: bloccata la revoca della protezione al Capitano Ultimo. Cosa aspetta il prefetto Pazzanese (UCIS) a dimettersi ?
Il Tar accoglie il ricorso:
bloccata la revoca della protezione
al Capitano Ultimo. Cosa aspetta il
prefetto Pazzanese (UCIS) a
dimettersi ?

                                       ROMA –   Il Tar del Lazio ha
sospeso in via cautelare il provvedimento con cui il Ministero
dell’Interno il 3 settembre 2018 aveva annullato la protezione per il
colonnello Sergio De Caprio, noto a tutti come ”Capitano Ultimo” ,
l’ufficiale dei Carabinieri che stanò ed arrestò Totò Riina. I giudici
hanno accolto il ricorso presentato dall’ avvocato Galletti, difensore
di De Caprio. “Ringrazio l’avvocato e il Tar del Lazio, che
evidentemente ritengono la mafia ancora un pericolo per i cittadini e
la vita e la sicurezza del capitano Ultimo preziosa e in pericolo a
differenza del prefetto Alberto Pazzanese direttore dell’ Ucis e del
generale dei Carabinieri Giovanni Nistri“ ha commentato lo stesso De
Caprio, che qualche giorno fa a Cosenza, in una delle occasioni
pubbliche che lo hanno visto comparire sempre con il volto
seminascosto dal passamontagna, si era appellato proprio ai cittadini.
Il Tar accoglie il ricorso: bloccata la revoca della protezione al Capitano Ultimo. Cosa aspetta il prefetto Pazzanese (UCIS) a dimettersi ?
“Ancora una volta il Tar di Roma accoglie le nostre ragioni,
addirittura in sede d’urgenza – commenta Antonino Galletti, che è
presidente dell’ Ordine degli Avvocati di Roma – ulteriore
testimonianza del fatto che il colonnello De Caprio tuttora vive in
una condizione di pericolo concreto ed attuale. Non ci risulta che la
mafia sia stata ancora sconfitta e chi si è battuto a lungo contro di
essa sacrificando la propria libertà e mettendo a rischio la vita ha
diritto di essere tutelato dallo Stato“.

Nel ricorso il legale del colonnello De Caprio aveva sottolineato che
“un’attenta istruttoria avrebbe condotto a ravvisare numerosi
indicatori di rischio per l’incolumità di De Caprio e della sua
famiglia, nonché un grave ed attuale pericolo di ritorsioni, laddove
era onere dell’amministrazione fornire prove oggettive sull’assenza
dei pericoli per il ricorrente, tali da legittimare l’adottato
provvedimento”. Nel testo dell’istanza si legge anche:
“L’amministrazione avrebbe dovuto motivare in maniera più esaustiva e
approfondita le presunte circostanze anche fattuali che renderebbero
non più concreto l’obiettivo di assicurare, in favore di De Caprio, la
misura di protezione. Dopo i suoi brillanti successi contro
le organizzazioni criminali e il lungo impegnato nella lotta contro la
mafia, il rischio per l’incolumità e sicurezza si devono presumere per
definizione”.

                                            “Le  risultanze    della
Commissione Centrale Consultiva per l’adozione delle misure di
sicurezza personale del febbraio 2019, sia il verbale della riunione
del 23.7.2019″ hanno “incredibilmente ignorato (infatti, non v’è
traccia nell’istruttoria procedimentale e nella motivazione del
provvedimento finale) le relazioni ultime dell’attività investigativa
svolta dalla DIA circa l’attuale livello di pericolosità
dell’associazione mafiosa denominata ‘Cosa Nostra’ anche in relazione
alla possibilità concreta che alcuni esponenti dell’organizzazione
criminale operanti nel territorio capitolino possano colpire uomini
dello Stato (come il De Caprio) che si sono contraddistinti nella
lotta alla mafia“, viene rilevato nel ricorso.
Il Tar accoglie il ricorso: bloccata la revoca della protezione al Capitano Ultimo. Cosa aspetta il prefetto Pazzanese (UCIS) a dimettersi ?
“Con i provvedimenti impugnati, infatti, l’Amministrazione omette
colpevolmente di considerare il valore e l’importanza nella cultura
criminale di Cosa Nostra di perseguire e annientare i simboli dello
Stato che hanno cercato di affermare giustizia e legalità in Sicilia”.
La decisione di revocare il dispositivo di protezione finora goduto da
De Caprio “non tiene conto delle minacce pubbliche che alcuni boss di
Cosa Nostra del calibro di Leoluca Bagarella, Salvatore Biondino e
altri esponenti, tutti sottoposti a regime di detenzione
particolarmente restrittivo, hanno proferito nei confronti
dell’ufficiale e che potrebbe essere il segnale per i sodali
dell’organizzazione di colpire il ricorrente, come si suol dire in
gergo mafioso, per finalità di vendetta”.

                              Nel ricorso si ricorda poi che, “come
più volte pubblicamente dichiarato dalle Autorità pubbliche
palermitane, alcuni dei boss di Cosa Nostra potrebbero lasciare a
breve le strutture penitenziarie a seguito dello sconto integrale
della pena e ciò aumenta l’allarme per l’incolumità e la sicurezza
personale del De Caprio” . In relazione poi “all’evento incendiario
verificatosi nel marzo 2019 in una zona frequentata quotidianamente
dal De Caprio, ricondotto sbrigativamente e senza approfondimenti ad
un attentato contro la società pubblica Eni spa“, è “doveroso
rappresentare” che nel settembre 2018 ‘l’Espresso’ “ha rilevato come
il colonnello De Caprio, durante la sua permanenza all’Aise, ha svolto
un ruolo di primo piano nelle vicende che hanno riguardato
l’approvvigionamento delle risorse energetiche in Libia da parte
dell’Eni, oggetto della campagna di attentati incendiari rivendicati
dagli anarchici“.
Il Tar accoglie il ricorso: bloccata la revoca della protezione al Capitano Ultimo. Cosa aspetta il prefetto Pazzanese (UCIS) a dimettersi ?
La “frettolosa riconduzione degli atti incendiari di autovetture del
marzo 2019 nelle vicinanze della abitazione del ricorrente, alla sola
matrice anarco-insurrezionalista ed in particolare ad una campagna
anarchica contro la politica governativa italiana a tutela degli
interessi dell’Eni in Libia”, rappresenta quindi “un pericolo concreto
ed attuale alla incolumità dell’Ufficiale”. Nel ricorso si ricorda che
“l’art. 8 del D.M. del 28 maggio 2003, impone l’opportunità di un
immediato e più attento riesame della situazione, se è vero che, ai
sensi dello stesso art. 8, il livello 4 di protezione, afferente al
rischio meno elevato, ricorre in tutte le situazioni in cui elementi
informativi attendibili abbiano consentito di acclarare un pericolo
non ancora determinato ed attuale e non possa escludersi il compimento
di azioni criminose nei confronti della persona da tutelare;
compimento che, per quanto sopra sommariamente esposto e per quanto
già acclarato in sede processuale nel precedente giudizio, non può
logicamente escludersi per definizione nel caso di specie“.

                               Sull’incendio di diverse autovetture di
fronte al condominio in cui vive De Caprio e nei pressi della casa
famiglia promossa da ‘Ultimo‘ a Roma con finalità assistenziali, “non
risulta essere stata operata una nuova approfondita valutazione, ad
opera delle competenti autorità, rispetto alla situazione di
potenziale pericolo alla quale potrebbe essere ancora esposto
l’interessato“. “E’ stato già dedotto – prosegue il ricorso – come,
anche l’interpretazione fornita dall’Amministrazione all’evento
incendiario del 29.3.2019, ricondotto ad atto di matrice anarco-
insurrezionalista posto in essere contro la società Eni spa, espone il
ricorrente ad un pericolo attuale e concreto, stante il ruolo svolto
Il Tar accoglie il ricorso: bloccata la revoca della protezione al Capitano Ultimo. Cosa aspetta il prefetto Pazzanese (UCIS) a dimettersi ?
dal De Caprio nell’operazione di acquisizione di risorse energetiche
in Libia da parte della società pubblica. Esattamente, dunque, il
contrario di quanto sostenuto dall’Amministrazione secondo la quale
sarebbe venuto meno il profilo di rischio per avere l’Amministrazione
addirittura ignorato l’attività svolta dall’ufficiale all’epoca in
servizio all’Aise“.

L’istruttoria dell’ UCIS, concludeva il ricorso dell’ Avv. Galletti
“è stata compiuta in maniera approssimativa e superficiale, né è
convincente e credibile” la tesi secondo la quale “‘si tratterebbe di
‘azioni criminose chiaramente poste in essere contro l’Eni’, posto che
se davvero il movimento anarco-insurrezionalista avesse voluto portare
avanti azioni dimostrative contro la società pubblica non si sarebbe
limitata ad azioni criminose contro una autovettura a noleggio
parcheggiata nella lontana periferia romana”. De Caprio “ha
documentato due episodi che ben lungi dall’essere risalenti, giova
ribadire, si sono peraltro verificati addirittura in prossimità delle
udienze di discussione della tutela cautelare e del c.d. merito della
controversia“.

                                           La revoca della scorta,
disposta dal Viminale aveva suscitato polemiche nel mondo politico, a
partire dallo stesso Capitano Ultimo che su Twitter aveva commentato:
“I peggiori sono sempre quelli che rimangono alla finestra a guardare
come andrà a finire. Sempre tutti uniti contro la #mafia di #Riina e
#Bagarella. No #omertà“, definendo la decisione #mobbing di Stato. Per
poi tornare a postare poche ore prima della revoca: “Senza scorta come
piace a voi“.

Tra le prime voci contro la revoca si era alzata quella di Rita Dalla
Chiesa che su Facebook scriveva: “La scorta a Saviano sì, e a Capitano
Ultimo no?“. Negli ultimi giorni la petizione lanciata su Change.org
da volontari perché venisse riassegnata la protezione al colonnello De
Caprio ha superato le 89 mila firme. Ed abbiamo firmato anche noi !
Il Tar accoglie il ricorso: bloccata la revoca della protezione al Capitano Ultimo. Cosa aspetta il prefetto Pazzanese (UCIS) a dimettersi ?
Fatelo anche voi .

#iostoconcapitanoultimo
Il Tar accoglie il ricorso: bloccata la revoca della protezione al Capitano Ultimo. Cosa aspetta il prefetto Pazzanese (UCIS) a dimettersi ?
Puoi anche leggere