WELLBER DANKER SOLISTI DEL TEATRO MASSIMO
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WELLBER DANKER SOLISTI DEL TEATRO MASSIMO
WELLBER DANKER SOLISTI DEL TEATRO MASSIMO NON VI LASCIAMO SENZA MUSICA Il Teatro Massimo per il progetto ANFOLS Aperti, nonostante tutto 16 e 17 gennaio 2021 - in streaming tutto il giorno WELLBER - DANKER - SOLISTI DEL TEATRO MASSIMO In occasione dei 50 anni dalla morte di Igor Stravinsky Sergej Prokofiev (1891-1953) Ouverture su temi ebraici op. 34 Alfred Schnittke (1934-1998) Quintetto per pianoforte e archi 1. Moderato 2. In tempo di Valse 3. Andante 4. Lento 5. Moderato pastorale Igor Stravinsky (1882-1971) Histoire du soldat - The Soldier’s Tale Direttore e pianoforte Omer Meir Wellber Voce recitante Eli Danker Violino I Salvatore Greco Violino II Donato Cuciniello Viola Gaspare D’Amato Violoncello Giuseppe Nastro Contrabbasso Daniele Pisanelli Clarinetto Alessio Vicario Fagotto Giuseppe Davì Cornetta Salvatore Piazza Trombone Michele De Luca Percussioni Rosario Barretta Regia sonora Manfredi Clemente Coordinamento televisivo Gery Palazzotto Regia televisiva Antonio Di Giovanni In diretta streaming sulla WebTv del Teatro Massimo e dell’ANFOLS e sul canale YouTube della Fondazione 2
Subito dopo la rivoluzione russa il giovane Sergej Prokofiev, che fino a quel momento aveva diviso la pro- pria attività di compositore tra la Russia natia e la Parigi dei Ballets russes di Sergej Diaghilev, decise di tentare la fortuna in America, ritenendo che il momento non fosse opportuno per tentare l’affermazione in patria. Dal 1918 al 1920 si spostò quindi negli Stati Uniti; e fu qui che all’inizio del 1919 venne contattato da un gruppo di musicisti ebrei, il sestetto Zimro Ensemble, anch’essi provenienti dalla Russia, che gli commissionarono una composizione. Lo Zimro Ensemble stava svolgendo una tournée internazionale per raccogliere fondi per il progetto sionista; la presenza di temi ebraici nella com- posizione era quindi una delle richieste che fecero a Prokofiev; l’altra era ovviamente quella della formazio- ne del sestetto: clarinetto, quartetto d’archi, pianoforte. Come materiale dal quale partire fornirono al composi- tore una raccolta di canti popolari: Prokofiev la sfogliò, ne suonò alcune pagine al pianoforte, poi in un giorno e mezzo diede vita all’Ouverture su temi ebraici op. 34, della quale realizzò nel 1934 anche una versione per orchestra da camera. I due temi scelti da Prokofiev non sono stati identificati nel repertorio popolare: è possi- bile che si tratti di creazioni del direttore dell’ensemble, il clarinettista Simeon Bellison, che poi rimase a New York dove fu, dal 1920 al 1948, primo clarinetto della New York Philharmonic Symphony Orchestra. Il primo tema, Un poco allegro, ha uno spirito dichia- ratamente klezmer: la vivacità del motivo esposto dal clarinetto, che ammicca all’improvvisazione, lo rende immediatamente memorizzabile e attrante. Di carattere diverso è il secondo tema: benché indicato come Più mosso, la melodia esposta dal violoncello è in realtà un cantabile. In questa composizione volutamente sem- plice, i due temi si alternano, entrambi sempre imme- 3
WELLBER DANKER SOLISTI DEL TEATRO MASSIMO diatamente identificabili grazie al diversissimo profilo ritmico, che li rende riconoscobili anche quando appa- iono modificati. L’Ouverture si conclude con il ritorno al tema iniziale e alla tonalità di do minore. Alfred Schnittke, di famiglia di origini tedesche ed ebraiche, si divise sempre tra l’Unione sovietica e, so- prattutto a partire dagli anni Ottanta, l’Europa di lingua tedesca, dove fu considerato come l’erede di Šostak- ovič. Il Quintetto per pianoforte e archi è una delle più importanti tra le opere di Schnittke e anche una di quelle sulle quali lavorò più a lungo: iniziato nel 1972, fu concluso solo nel 1976. È ricco di riferimenti, in par- ticolare a Šostakovič, che era morto nel 1975 e il cui Quintetto per pianoforte è uno dei modelli più evidenti di questa complessa partitura. Lo stesso Schnittke ne racconta le fasi della composizione e i problemi da lui affrontati: «Nelle prime ore del 17 settembre 1972 mia madre Maria Vogel morì per un ictus. La mia intenzio- ne di scrivere una composizione semplice ma sincera dedicata alla sua memoria mi pose un problema quasi insolubile. Il primo movimento di un quintetto per pia- noforte fu completato quasi senza sforzo. Ma poi mi tro- vai incapace di continuare, perché dovevo trarre quello che avevo scritto da spazi immaginari definiti in termini di suono e porlo in uno spazio psicologico che era sta- to definito dalla vita, dove il dolore straziante sembra- va quasi frivolo, e si doveva combattere per il diritto di usare la dissonanza e la consonanza. […] Fu solo nel 1976, dopo che ebbi trovato un secondo movimento, un valzer sul tema B-A-C-H (Si bemolle - La - Do - Si), che potei finalmente progredire. […] Il terzo e il quarto movimento sono basati su concrete esperienze di lutto che preferirei non commentare, perché sono di natu- ra molto personale e non ci sono parole che possano 4
esprimerle senza degradarle. Il quinto movimento è una passacaglia a specchio dove il tema si ripete quat- tordici volte, mentre tutti gli altri eventi tonali sono solo ombre semisvanite di una tragica sensazione che è già volata via». Il primo movimento, Moderato, si apre con una lunga introduzione del pianoforte solo; il tema viene ripreso dal violino all’ingresso degli archi. Si configura così la situazione che si manterrà per tutto il Quintetto, una contrapposizione tra il pianoforte da una parte e i quat- tro archi, fasce timbriche perfettamente riconoscibili per un mondo diviso in due blocchi. Mentre infatti gli archi espongono, il pianoforte insiste sul sol diesis; un elemento che ritroveremo in altri movimenti e che fa parte di quegli stratagemmi con i quali Schnittke man- tiene una grande unità all’interno della composizione. Il Valzer si apre con la sigla di BACH: Si bemolle - La - Do - Si. Le voci degli strumenti sembrano incrociarsi come coppie in una sala da ballo, fino a che tutto non sembra fermarsi su un lungo trillo del violino primo. Ma è solo una breve pausa. Il terzo movimento, Andante, accentua nuovamente il tono luttuoso del Quintetto, ripresentando alcuni ele- menti del Moderato: il trillo insistito agli archi, la nota ribattuta monotonamente dal pianoforte (stavolta il Sol bemolle); ed è proprio su questa nota solitaria del pia- noforte che si chiude il movimento. Il Lento si apre anch’esso con gli archi, ma viene intro- dotto un nuovo tipo di suono, che nell’atmosfera cura- tamente omogenea di questo pezzo ha un impatto no- tevole: il pizzicato degli archi sembra quasi avvicinarne il suono a quello del pianoforte, con un approccio di tipo percussivo alle corde degli strumenti. Il richiamo al primo movimento è fortissimo poi nell’ul- timo, un Moderato pastorale: per esempio nell’inizio 5
WELLBER DANKER SOLISTI DEL TEATRO MASSIMO con un lungo preludio affidato al pianoforte, che è an- che lo strumento che conclude, da solo, il Quintetto. Il 28 settembre 1918 la «Gazette de Lausanne» annun- ciava ai propri lettori che i posti per la prima rappre- sentazione dell’Histoire du soldat, in programma quella sera al teatro municipale, erano già tutti esauriti, ma che era possibile prenotarsi per una seconda rappre- sentazione, in data ancora da destinarsi. Teatro pieno dunque per la prima rappresentazione del testo di Charles-Ferdinand Ramuz con musiche di Igor Stravin- sky, nonostante l’epidemia di influenza spagnola che, insieme ai bollettini di guerra, occupava le pagine dei giornali e sconsigliava la frequenza di luoghi pubblici affollati. L’Histoire du soldat parte da alcune fiabe russe della famosa raccolta di Afanas’ev, lette da un narratore: un soldato in congedo sta tornando al suo paese quan- do incontra il diavolo travestito da vecchio signore; in cambio del violino del soldato, il diavolo gli offre un li- bro magico e lo invita per tre giorni a soggiornare da lui. I tre giorni sono in realtà tre anni, è ormai impossibi- le tornare al villaggio, ma con il libro magico il soldato spera di far fortuna. Il diavolo, travestito ora da vecchia, gli rivende il suo violino, ma il soldato non riesce a far- lo suonare e lo getta via. Il soldato si reca al castello del re per guarirne la figlia e vi incontra nuovamente il diavolo, travestito da violinista: in una partita a carte il soldato perde tutto quello che ha guadagnato grazie al libro magico e, non appena il diavolo crolla ubriaco, si impadronisce del violino e lo suona per guarire la prin- cipessa. Ma il diavolo non è sconfitto: nell’ultima scena il soldato, ormai sposo della principessa, varca la fron- tiera per recarsi al suo paese natio, consegnando così se stesso e il violino nelle mani del diavolo. 6
Stravinsky intraprese la scrittura dell’Histoire per avere una composizione che si prestasse ad essere eseguita facilmente: esiliato in Svizzera, non riceveva proventi né dalle sue terre in Russia, né dal suo editore a Berlino, e le sue opere per organici più ampi venivano esegui- te molto di rado. Un lavoro che prevedesse solo sette strumentisti, un narratore e due ballerini sembrava la soluzione ideale, e il compositore sognava già una se- rie di repliche in tutta la Svizzera (progetto che poi non si sarebbe realizzato, soprattutto a causa dell’epidemia di spagnola). Come il soldato dell’Histoire, Stravinsky pensava probabilmente che sarebbe rimasto lontano dalla sua patria per poco tempo: la lontananza, invece, fu definitiva (con l’eccezione, quasi mezzo secolo dopo, di un breve e mediatizzato soggiorno); la sua musica sarebbe stata l’unico possedimento che avrebbe por- tato con sé nel suo peregrinare attraverso l’Europa e l’America e, come il violino del soldato, avrebbe cono- sciuto momenti di crisi, di silenzio, di mutamento. Il protagonista dell’Histoire è anche uno dei tanti soldati che si accalcavano nelle trincee europee: privi di nome, designati solo dal loro ruolo di soldato, con il sogno di un ritorno a casa che per molti sarebbe stato impossi- bile, mentre per altri, segnati nel fisico e nella psiche, si sarebbe rivelato un incubo. Anni dopo Stravinsky esor- tava i produttori dello spettacolo ad apportare a testo e costumi quelle modifiche che lo rendessero quanto più possibile “simpatetico” per il pubblico, così come lo era stato in occasione della prima rappresentazione. Malattia, lontananza dalla patria, morte, povertà, in- soddisfazione, tentazioni di ogni ordine e grado: tutti i problemi dell’epoca – ancora oggi a cent’anni dalla prima e a cinquant’anni dalla morte di Stravinsky – sono presenti nell’Histoire du soldat. Nonostante la succes- 7
WELLBER DANKER SOLISTI DEL TEATRO MASSIMO sione di brani strumentali dei tipi più diversi – illustrano il viaggio del soldato una pastorale presso il ruscello e un valzer, incastonato tra un tango e un ragtime, poi un piccolo concerto e un corale – la forma che domina tut- ta l’Histoire du soldat, e non a caso la apre e la chiude, è la marcia. In primis, e la sentiamo subito, la marcia ricor- rente che accompagna il soldato nel suo spostarsi tra un luogo e l’altro; poi la Marcia reale che introduce lui e lo spettatore nel palazzo del re; e infine, a conclusione, la Marcia Trionfale del diavolo, che si spegne perdendo ogni orpello coloristico e lasciando dietro di sé il puro ritmo: come se, come scrive Eric White, una volta che il diavolo ha portato via il soldato, lo spirito della musica ne avesse abbandonato il corpo, lasciando dietro di sé solo uno scheletro. Angela Fodale 8
Omer Meir Wellber Si è affermato come uno dei principali direttori di oggi, sia del repertorio operistico che orchestrale. Nel 2018, è stato nominato Direttore ospite principale presso la Semperoper di Dresda. Da luglio 2019 è direttore prin- cipale della BBC Philharmonic e da gennaio 2020 rico- pre il ruolo di Direttore musicale del Teatro Massimo di Palermo. Da settembre 2022 sarà direttore musicale della Volksoper di Vienna. Ha diretto alcuni dei più pre- stigiosi ensemble del mondo, come la London Philhar- monic Orchestra, la Gewandhausorchester Leipzig, la Pittsburgh Symphony Orchestra, l’Orchestra National de Lyon, la City of Birmingham Symphony Orchestra, la Staatskapelle Dresden, l’Orchestra RAI Torino e la Tonhalle Orchestra di Zurigo. La combinazione di ener- gia e chiarezza e la sua capacità di evocare dettagli ric- chi di colore, lo hanno portato ad essere regolarmente direttore ospite presso la Bayerischen Staatsoper di Monaco, la Fenice di Venezia e l’Israeli Opera. Richiesto in tutto il mondo, si divide costantemente tra le appa- rizioni internazionali come direttore d’orchestra e l’atti- vità di promozione di progetti di integrazione musicale nel suo paese natale, l’Israele. Nel 2017 ha pubblicato il suo libro La paura, il rischio e l’amore – Momenti con Mozart, scritto in cooperazione con la giornalista tede- sca Inge Kloepfer, mentre del 2019 è il suo primo ro- manzo, Die vier Ohnmachten des Chaim Birkner. Nato a Be’er Sheva nel 1981, comincia a studiare la fisarmoni- ca e il pianoforte all’età di cinque anni. A nove prende lezioni di composizione con Tania Taler e continua, in seguito, sotto la guida di Michael Volpe fino al 2004. 9
WELLBER DANKER SOLISTI DEL TEATRO MASSIMO Eli Danker Israeliano, attore teatrale, nella sua carriera combina il lavoro in teatro in Israele con quello a Hollywood. Dopo gli studi alla Beit Zvi School of Performing Arts Drama Institute in Israele and all’HB Studio di New York, è entrato a far parte della Khan Theatre Company di Gerusalemme, dove è stato subito riconosciuto come artista promettente. Ha interpretato una vasta gamma di ruoli, tra i quali Rogozin ne L’idiota di Dostoevskij, Baboon in Nella giungla delle città di Brecht, Il cavallo in Il trentacinque di maggio di Erich Kästner, Dumbo in Comma 22 di Joseph Heller, tra gli altri. Al National Theatre of Israel Habimah, del quale è presto entrato a far parte, è stato Giasone in Medea, Orsino ne La dodi- cesima notte, Menelao ne Le troiane e Mortimer in Ma- ria Stuarda. In quanto artista professionista, ha ricevuto una borsa di studio dal governo francese per lo studio della pantomima all’École Jacques Lecoq. Ed è stato poi scritturato dall’Israeli Opera per Master of The Hou- se in Les Miserables. Dopo essere stato scelto per The Little Drummer Girl con Klaus Kinski e Diane Keaton, ha avuto inizio la sua carriera televisiva e cinematografica; dal 1985 si divide tra il teatro in Israele e le pellicole in tutto il mondo. Tra i suoi film più recenti: Viktor con Gérard Depardieu, la serie televisiva americana 24: Le- gacy, My Mom’s New Boyfriend con Antonio Banderas e Meg Ryan e Undisputed II: Last Man Standing. Fa parte del Cameri Theatre di Tel-Aviv, dove il suo più recente impegno è stato come Cuoco in Madre Coraggio e poi in La febbre del sabato sera. Ha già lavorato con Omer Meir Wellber per L’histoire du soldat di Stravinsky e per il concerto di riapertura del Teatro Massimo a luglio con Der ewige Fremde di Ella Milch-Sheriff. 10
AREA ARTISTICA Direttore artistico Marco Betta Direttore musicale Omer Meir Wellber Direttore onorario a vita Gabriele Ferro Maestro del Coro Ciro Visco Direttore del Corpo di ballo Davide Bombana Responsabile della programmazione opere, concerti e casting Alessandro Di Gloria Segretario artistico Fedora Sorrentino Direttore musicale di palcoscenico Danilo Lombardini Maestri collaboratori di sala e di palcoscenico Giuseppe Cinà, Giacomo Gati, Giorgio Mirandola, Steven Rizzo Maestro ai sopratitoli e responsabile archivio musicale Simone Piraino Direzione di produzione Direttore di produzione Paola Lazzari Direttore di scena Ludovico Rajata ORCHESTRA Violino I Salvatore Greco* Violino II Donato Cuciniello** Viola Gaspare D’Amato** Violoncello Giuseppe Nastro** Contrabbasso Daniele Pisanelli** Clarinetto Alessio Vicario** Fagotto Giuseppe Davì** Cornetta Salvatore Piazza** Trombone Michele De Luca** Percussioni Rosario Barretta * spalla ** prime parti Coordinatore musicale e organizzativo dell’Orchestra Domenico Pirrone 11
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