Villa Settimini - Storia di un edificio e della sua Famiglia 2012 - Soprintendenza archivistica del Friuli Venezia ...
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Società Friulana di Archeologia ONLUS - Sezione Isontina Villa Settimini Villa Settimini. Storia di un edificio e della sua Famiglia Storia di un edificio e della sua Famiglia 2012
Società Friulana di Archeologia ONLUS - Sezione Isontina Villa Settimini Storia di un edificio e della sua Famiglia 2012
Villa Settimini storia di un edificio e della sua Famiglia Prima edizione: aprile 2012 © Comune di San Canzian d’Isonzo largo G. Garibaldi 37 - Pieris, 34075 San Canzian d’Isonzo (GO) Tel. 0481 472 311 - Fax 0481 472 334 www.comune.sancanziandisonzo.go.it © Società Friulana di Archeologia - ONLUS Torre di Porta Villalta - via Micesio 2, 33100 UDINE tel./fax +39 0432 26560 www.archeofriuli.it e-mail: sfaud@archeologia.it Ricerca storico-documentaria Desirée Dreos Progetto e realizzazione recupero architettonico Studio di Architettura Adalberto Burelli Testi Desirée Dreos Adalberto Burelli Immagini Fototeca del Consorzio Culturale del Monfalconese Collezione privata Carmen Trevisan In copertina Villa Settimini a Pieris (acquarello su carta di Umberto Moriconi) Stampato con un lascito in memoria di Rosanna Bertogna
Indice Presentazione di Silvia Caruso (Sindaco di San Canzian d’Isonzo) .............. p. 4 Desirée Dreos, La famiglia Settimini e la storia della Villa ............... p. 9 Adalberto Burelli, I lavori di recupero e conservazione di Villa Settimini .................................................................................. p. 69 Bibliografia di riferimento ................................................................. p. 93
Ringraziamenti Alcuni ringraziamenti vanno fatti al personale degli Archivi di Stato si Gorizia e Venezia, per la loro competenza e disponibilità. Grazie alla dottoressa Agata Brusegan, direttrice dell’Archivio Storico dell’IRE di Venezia, per avermi aiutato nella ricerca delle fonti documentarie negli archivi veneziani e a Gianpaolo Cuscunà, direttore del Consorzio Culturale del Monfalconese, per l’aiuto nel reperimento delle immagini storiche della villa. Grazie anche al dottor Stefano Olivo dell’Archivio Storico del Comune di Monfalcone per la disponibilità dimostratami nell’adeguare orari e giornate alle mie ricerche, a Renato Cosma per i validi suggerimenti e alla dottoressa Irene Vidal per le preziose correzioni in corso d’opera. Vorrei, infine, ringraziare Monsignor Don Mauro Belletti e il dottor Ivan Portelli per avermi dato libero accesso agli archivi parrocchiali di San Canzian d’Isonzo e San Pier d’Isonzo.
10 Villa Settimini storia di un edificio e della sua Famiglia Premessa Le modalità della ricerca La storia di un edificio è una realtà molto più complessa di quello che può apparire ad una prima e superficiale analisi. Non è mai la semplice descri- zione di un volume architettonico o delle sue trasformazioni nel tempo. Un edificio rimane sempre intimamente legato alla vita del territorio in cui sorge, alle testimonianze dei proprietari che l’hanno voluto e modificato nel tempo, alle vicende che hanno investito negli anni gli abitanti del borgo in cui si situa, alla gente che l’ha frequentato e vissuto. Questo complesso panorama si traduce in un percorso altrettanto compo- sito che si snoda nei vari luoghi dove sono custoditi i documenti, testimonian- za di tutti questi aspetti. Compito dello storico è quello di individuare tutte le tappe di questo itinerario e di raccogliere tutto il materiale che è giunto fino a noi. Non sempre si riesce a trovare ciò che si era previsto, alcuni fondi posso- no non essere consultabili, del materiale sarà andato perduto, altro materiale non darà le risposte sperate. Una volta individuati tutti i documenti in nostro possesso, il passo succes- sivo sarà quello di metterli in relazione tra di loro e di riuscire a ricostruire una visione d’insieme. Qualsiasi ricerca storica che non restituisca un ritratto leggibile di un bene alla gente che oggi si trova ad interagire con esso, avrà in parte fallito uno dei suoi presupposti di partenza. Quando si inizia lo studio di un edificio storico non si può prescindere dall’analisi del materiale che è stato edito, sia di quello cartaceo che di quello reperibile on-line (1). I contributi più puntuali sono sicuramente quello appar- (1) Le pubblicazioni cartacee: AA.VV., Ville del Territorio, I Quaderni del Territorio n. 12, Edizioni del Cen- tro Culturale Pubblico Polivalente del Monfalconese, Ronchi dei Legionari 1994, pp. 51-54. Zorzin C., Storia della villa Settimini di Pieris, in “Bisiacaria”, Numero Unico dell’Associazione Culturale Bisiaca, Tipografia Savorgnan, Monfalcone 1996, pp. 30-41. AAVV, Ville Venete: la regione Friuli Venezia Giulia,
Desirée Dreos, La famiglia Settimini e la storia della Villa 11 so sulla pubblicazione dedicata alle ville del territorio del monfalconese, edi- ta dal Consorzio Culturale del Monfalconese e il contributo di Cesare Zorzin per il periodico Bisiacaria. Entrambi gli articoli, però, si rivolgono soprattutto all’analisi della storia ottocentesca e novecentesca dell’edificio. Le pubblica- zioni on-line, invece, non sono altro che schedature della villa operate dal Centro di Catalogazione di Villa Manin, dall’Istituto Regionale sulle Ville Vene- te e dall’ordine degli architetti di Gorizia. Dal complesso di questo materiale emerge una sostanziale uniformità dei dati riportati in merito alla datazione, ai passaggi di proprietà e ai rimaneggiamenti avvenuti tra la fine dell’Ottocen- to e la prima metà del Novecento. Il percorso, però, a questo punto è soltanto all’inizio. Per ricostruire lo svi- luppo di un edificio storico e della famiglia che l’ha voluto e abitato nel corso dei secoli si devono indagare gli archivi notarili. Il notaio dal Medioevo, infatti, è l’ufficiale pubblico a cui ci si rivolge per stipulare qualsiasi tipo di contratti, affitti, compravendite, cessioni. Al notaio ci si affida anche per tutelare il proprio patrimonio in vita e in morte. Perio- dicamente nobili e possidenti fanno valutare e stimare i patrimoni di fami- glia ed i notai si trovano a compilare puntuali inventari di terreni ed edifici. Tali elenchi sono elementi fondamentali per ricostruire le planimetrie e gli arredamenti di edifici che non esistono più o che hanno subito inevitabili modifiche nel tempo. Questi archivi, per il nostro territorio, sono conservati presso l’Archivio di Stato di Gorizia e l’Archivio Storico del Comune di Mon- falcone. Sappiamo poi, però, che i Settimini erano cittadini provenienti dalla città di Venezia e che per diversi anni hanno fatto la spola tra la città lagunare e Pieris, quindi è stato necessario indagare anche i fondi notarili dell’Archivio di Stato di Venezia. Altre notizie fondamentali emergono dallo studio degli archivi parrocchia- li, indispensabili per tracciare il ruolo di una famiglia nella comunità, i legami con i nobili ed i possidenti del posto. Questi archivi, siglando puntualmente nascite, matrimoni e morti, offrono, inoltre, importanti estremi temporali per collocare in un determinato luogo una famiglia ed i suoi esponenti principa- li. L’analisi dei dati catastali e tavolari, infine, risulta necessaria per ricostruire l’entità dei beni di una famiglia e gli eventuali passaggi di proprietà. Alla fine può essere utile rintracciare il maggior numero di immagini storiche dell’edifi- cio per valutare visivamente come il trascorrere del tempo, con il cambiamento Marsilio, Padova 2005, p. 49. Tommasella P., Le altre ville, ne “Il Territorio”, numero 18, 4-5, Consorzio Culturale del Monfalconese, Ronchi dei Legionari 1995. I siti internet: http://catalogo.irvv.net/catalogo/scheda.form?id=3989; http://www.architetti.gorizia. it/page30/page31/page31.html; http://217.12.180.10/catalogazione/search/SchedaDetail.aspx?TSK= A&ID=2031.
12 Villa Settimini storia di un edificio e della sua Famiglia delle esigenze residenziali, con il variare dell’utilizzo degli ambienti, con il pas- saggio degli eventi bellici, abbia influito sul bene come ci appare oggi. Questi, nel dettaglio, gli archivi consultati: - Archivio della Curia Arcivescovile di Udine (ACAU nel testo); - Archivio Storico del Comune di Monfalcone (ASCM nel testo); - Archivi di Stato di Gorizia, di Trieste e di Udine (ASG, AST, ASU nel testo); - Archivio di Stato di Venezia (ASV nel testo); - Archivio storico dell’IRE di Venezia; - Archivio Provinciale di Gorizia; - Archivio Storico di Gradisca; - Archivio Parrocchiale di San Canzian d’Isonzo (APSC nel testo); - Archivio Parrocchiale di San Pier d’Isonzo (APSP nel testo); - Biblioteca Civica Joppi di Udine (BCJ nel testo); - Ufficio Tavolare di Monfalcone (UTM nel testo); - Archivio Storico del Comune di San Canzian d’Isonzo; - Fototeca del Consorzio Culturale del Monfalconese; - Collezioni fotografiche private. Alla fine di questo itinerario, durato diversi mesi, emergono più di una quarantina di documenti inediti tra affitti, compravendite, cessioni e testa- menti, collocati cronologicamente tra gli anni settanta del Seicento e il primo ventennio dell’Ottocento. Alcuni archivi hanno riservato piacevoli sorprese, come per esempio il testamento di Giorgio Settimini, datato 1701, e conser- vato presso l’Archivio di Stato di Venezia, altri hanno portato ad un vicolo cie- co, ad esempio l’Archivio Provinciale di Gorizia o l’Archivio di Stato di Udine. Non tutti gli interrogativi sono stati sciolti ma si è potuto ricostruire uno scenario molto più composito di quanto non fosse all’inizio del percorso. E’ stato, inoltre, possibile ipotiz- zare una nuova datazione per l’edificio grazie ad alcuni docu- menti che ci hanno consegnato importanti estremi temporali. Nel testo che segue si cer- cherà di aiutare il lettore ad im- mergersi in questo nuovo sce- nario, raccontato attraverso al- cuni documenti che, in parte, verranno trascritti dall’origina- le. Nella trascrizione sono stati operati alcuni interventi che si sono limitati a: Fig. 1. Pieris all’inizio del Novecento (collezione privata).
Desirée Dreos, La famiglia Settimini e la storia della Villa 13 - Riordino della punteggiatura, degli accenti, delle lettere maiuscole e di quelle minuscole; - Assorbimento tacito delle aggiunte ai margini o nell’interlineo; - Distinzione delle lettere u e v; - Uniformazione della lettera j nella lettera i; - Svolgimento tacito delle abbreviazioni che non creano difficoltà. La Famiglia e la villa nel tempo La famiglia Settimini è originaria della città di Venezia. Di estrazione alto borghese viene indicata spesso nei documenti notarili che riguardano i suoi esponenti più significativi come appartenente al ceto nobiliare, in realtà più per sottolineare la buona disponibilità economica che per il possesso di effettivi titoli (2). I Settimini avevano accumulato durante il corso degli anni un buon patrimonio fatto di proprietà immobiliari nella città lagunare e denaro contante, investito prontamente in fortunosi acquisti nella terra- ferma, assecondando il trend imposto dalle nuove scelte economiche della Serenissima. Questa disponibilità di beni era distribuita equamente tra gli esponenti maschili e femminili della famiglia. Anche le donne, infatti, possedevano di- screti patrimoni personali che addirittura venivano investiti in fondi fiduciari. Questo è quello che emerge dalla lettura del testamento di Angela Settimini, dimorante nella città di Venezia, e lì redatto il 12 dicembre del 1670. «[...] Considerando io, Anzola, figlia del quondam Giacomo Settemin et con- sorte del signor Francesco Cavazza, la fragilità di questo mondo et la certezza della morte mia et hora incerta di quella, essendo perciò sana della mente et intelletto, ma inferma dal corpo, stando nell’ora in casa della mia habitatione della Contrada S. Angelo, ho fatto chiamar Giorgio Bianconi, nodaro veneto, et alla presenza dell’infrascritti testimonii, l’ho pregato scriver il presente mio testamento [...]. Lasso che sia investito ducati trecento et factomi del pro una mansionaria de quante messe si potrà all’anno per l’anima mia in Chiesa delli Miracoli. [...] Lasso alla signora mia madre, per segno d’affetto et amore, che le passo scuda cinquanta. Mi (sic) tre sorelle monache, le lascio scudi d’argen- to dieci per una. Una altra maritata, lascio scudi quindeci. Ad altra sorella, da maritar, lascio dato al suo maritar ducati cento [...] per una volta tanto. Alli miei due fratelli Zorzi e Zuan Batta dusento ducati et questi doppo la morte di mio marito. Tutto il rimanente lascio a mio fratello Antonio, doppo la morte (2) In effetti in un documento conservato presso l’Archivio di Stato di Trieste, Nobiltà, privilegi, pubbliche solennità, annessione al Circolo di Gorizia del Territorio di Monfalcone, a Pieris non risulta presente alcuna famiglia nobile (AST, Atti Amministrativi di Gorizia (1803 - 1809), busta n. 6, fascicolo n. 34).
14 Villa Settimini storia di un edificio e della sua Famiglia di mio marito. [...] Lascio alla mia serva ducati quindeci, per una volta tanto. [...] Li ducati cinquecento che sono investiti non voglio che siino mai francati, ma che restino sempre investiti, ne altro voglio ordinar [...] (3)». Considerando che un salario medio di un artigiano specializzato era di cir- ca 30-40 ducati l’anno, possiamo facilmente capire che Angela era decisa- mente benestante. La famiglia Settimini, pur collocandosi tra le famiglie maggiorenti del nostro territorio, risulta decisamente atipica. Si rivolge in modo episodico al notaio per l’amministrazione delle sue proprietà. Il numero dei documenti ad essa riferibili è nettamente inferiore rispetto ad altri esempi locali. Non si serve di un notaio esclusivo per la rogazione dei documenti e non partecipa affatto alla vita quotidiana del borgo di Pieris o dei borghi vicini. Non incontriamo il cognome nelle vicinie, le riunioni periodiche che i capifamiglia del paese fa- cevano per discutere le problematiche relative alla vita dei campi e del borgo, ne’ lo incontriamo tra i testimoni delle controversie che accompagnano da sempre i mestieri legati al lavoro ed alla proprietà della terra. Sembra quasi che la permanenza a Pieris rimanga in gran parte riservata all’interno delle mura del palazzo che si fanno costruire al centro del borgo. Fig. 2. Pieris all’inizio del Novecento (Fototeca del Consorzio Culturale del Monfalconese). (3) ASV, Serie Notarile, Testamenti, Busta 155.
Desirée Dreos, La famiglia Settimini e la storia della Villa 15 Nel corso degli anni i Settimini nominano diversi fattori per l’amministra- zione degli affari legati alla quotidianità della proprietà fondiaria, perché parte dei loro interessi economici rimane sempre legata al capoluogo lagunare. Dal- l’analisi dei documenti giunti fino a noi, però, possiamo tracciare un percorso che muta nel corso degli anni. Come si susseguono nel tempo le generazioni della famiglia, così cambiano anche i loro atteggiamenti nei confronti dei beni situati a Pieris. Alcuni esponenti sembrano più distanti, altri sembrano essere maggiormente coinvolti in prima persona nella gestione del patrimonio fon- diario. Infatti nella documentazione non mancano le testimonianze, anche autografe, di affari delicati che vengono gestiti direttamente da loro. Certamente è il Settecento il secolo nel quale il segno del loro passaggio sul nostro territorio risulta maggiormente leggibile. Ed è per questo motivo, senza dubbio, che gli storici hanno proposto questa datazione anche per il palazzo di loro abitazione. Con tutte queste difficoltà nel reperire i documen- ti in modo costante nei secoli e nel ricostruire la portata della presenza dei Settimini sul territorio, si possono proporre nuove prospettive e nuove rifles- sioni? Il Seicento Le prime testimonianze In realtà la presenza della famiglia Settimini sul nostro territorio viene te- stimoniata già nella seconda metà del Seicento e più precisamente nel 1672. A questa data corrisponde un’annotazione presente presso l’Archivio Parroc- chiale di San Pier d’Isonzo (4), in cui viene registrato il decesso di Giovanni Bat- tista Settimini. La registrazione risulta particolarmente interessante perché GioBatta viene indicato come de Pieris e viene tumulato presso il cimitero della chiesa di Sant’Andrea (5). Giovanni Battista Settimini non è niente altro che quel Zuan Batta fratello di Angela, citato nel testamento del 1670. Gio- Batta, evidentemente, a differenza di Angela che risiede stabilmente a Vene- (4) I dati relativi ai battesimi, ai matrimoni ed alle morti del paese di Pieris si ritrovano negli Archivi Par- rocchiali di San Canzian d’Isonzo e di San Pier d’Isonzo, essendo la cura d’anime del paese equamente divisa tra le due sedi. (5) Die 15 septembris 1672. Johannes Bapta Seteminus de Pieris obiit in Christo, omnibus sacramentibus ecclesia corroboratus et in coemeterio S. Andreae eiusdem loci sepultus, in pace requiescit (APSP, Libro dei Morti 1605-1768).
16 Villa Settimini storia di un edificio e della sua Famiglia zia, dimora a Pieris e dispone di far tumulare il suo corpo proprio nel cimitero accanto alla chiesa del paese. Nella seconda metà del Seicento compare un altro esponente della fami- glia. Antonio Settimini, fratello di Angela, viene scelto dalla famiglia Valentinis come padrino per il battesimo del figlio Antonio Claudio (6). Il dato è assoluta- mente interessante. Battesimi e matrimoni sono importanti momenti sociali. Si suggellano rapporti che esulano dal semplice contesto intimo e familiare e non vanno sottovalutati. La scelta di un padrino non è quasi mai casuale, si guarda sempre alle famiglie che spiccano sul territorio e con le quali si intrec- ciano, o si desidera intrecciare, rapporti economici, politici e sociali. Eviden- temente in questo periodo, benché poco testimoniati a livello documentario, i Settimini sono una realtà importante tanto da essere scelti da una delle famiglie più influenti del monfalconese come padrini di un figlio maschio. Antonio è anche il primo tra i Settimini che compare negli archivi notarili. Nel 1688 la famiglia si avvale del notaio Matteo Favorito di Monfalcone per gestire alcuni contratti relativi all’amministrazione della proprietà fondiaria. Il primo documento è datato 13 dicembre 1688 e viene redatto a Pieris (7). «Havendo fatto acquisto [....] de beni comunali, li nobili signori Antonio et fratelli Settemini nell’ultima presa sotto Bean di diversi pezzi di terra, tra quali uno di questi [....] chiamato l’armentarezza (8), confina a levante il nobile signor Marchese Antonio Fabris, mezo giorno e ponente strada pubblica et a tramontana inlustre Lorenzo Luardo d’Udene, qual pezzo di terra, per far cosa gratta, lo cede et renuntia, così che [....] habbi da esser padrone assoluto An- tonio Furlan [....] della sudetta villa di Bean [....]». Il documento ci conferma che ben prima del 1688 i Settimini avevano ac- quistato diversi terreni nelle immediate vicinanze del borgo di Pieris. Ma è nella sua intestazione (fig. 3) che emerge un elemento di sicuro interesse per la nostra ricerca. Fig. 3. (6) Liber baptizatorum, Parrocchia di Sant’Ambrogio di Monfalcone. 28 ottobre 1677 battezzato: Antonio Claudio, figlio di Coriolano conte Valentinis e di Viena. Padrini: Antonio Settomini e Valerio Ripa. In von Schivizhoffen L.S., Der Adel in der Matriken der Grafschaft Görz und Gradisca, Gorizia 1904. (7) ASM, Serie notai, busta n. 48. (8) L’armentarezza era una stradina campestre per la quale gli armentari portavano a pascolo il bestiame. Da Puntin M., Toponomastica storica del Territorio di Monfalcone e del comune moderno di Sagrado, Grafica Goriziana, Gorizia 2003, p. 24.
Desirée Dreos, La famiglia Settimini e la storia della Villa 17 «In Christi nomine. Amen. Anno ab eius Dei nativitate, 1688. Indizione un- dicesima, giorno di lunedì, li 13 decembre, fatto fuori di Monfalcone, nella villa di Pieris, nelle case dell’infrascritto nobile signor venditore [....]». Nel secondo documento (fig. 4), redatto ancora una volta nelle case dell’infrascritto signor costituente, Antonio nomina Giovanni Battista Toso quale agente nella riscossione degli interessi per il contratto di capital livello dell’ammontare di mille e duecento ducati a favore del Conte Coriolano Va- lentinis (9). Fig. 4. Il contratto di livello era un contratto agrario in uso dal medioevo che con- sisteva nella concessione di una terra dietro il pagamento di un fitto. La con- cessione poteva essere temporanea, per venti anni rinnovabili, o perpetua. Il livello veniva stipulato tra il proprietario (spesso un nobile, un monastero, una chiesa) e il livellario. Il livellario era gravato non soltanto dell’obbliga- zione di pagare il canone, ma anche di migliorare il bene. In questo senso il tenore del livello poteva esprimersi in modo vario, prescrivendo ad esempio l’obbligatorietà di prestazioni anche di natura personale. Possiamo quindi affermare con certezza che prima del 1688 esisteva a Pieris un complesso architettonico di proprietà della famiglia Settimini elet- to come loro abituale abitazione. L’utilizzo del plurale case nel documento non è sicuramente casuale, probabilmente indica una serie di edifici tra loro collegati non molto dissimile da quello che comparirà più tardi nelle mappe catastali austriache. Essendo il centro della proprietà fondiaria, l’abitazione principale era corredata da tutta una serie di annessi indispensabili per lo svolgimento delle attività quotidiane legate alla terra ed agli animali. I dubbi sulla presenza della famiglia Settimini nel territorio di Pieris nel corso del Seicento possono definitivamente essere fugati dalla registrazione (9) ASM, Serie notai, busta n. 56.
18 Villa Settimini storia di un edificio e della sua Famiglia della morte di Antonio Settimini (10). Il 12 ottobre del 1689 Antonio Settemino di circa cinquant’anni muore e viene sepolto nel cimitero della chiesa di San- t’Andrea. Nel documento Antonio viene indicato prima come de Pieris, poi il curato si accorge di aver fatto un errore e taglia l’annotazione e precisa civis venetus, quindi cittadino di Venezia, ma existente Pieris annorum, presente a Pieris ormai da molti anni. Evidentemente la residenza della famiglia a Pieris era così consolidata che era facile confondersi e considerare i suoi esponenti come parte integrante della comunità locale, tanto da indicarli come prove- nienti dal borgo. Pochi giorni dopo a Pieris morirà anche la piccola Ortensia, figlia di Anto- nio, che verrà tumulata vicino al padre in paese (11). Non conosciamo le cause della morte prematura dei due esponenti della famiglia Settimini, nulla infatti viene annotato nei registri parrocchiali in questo senso. Possiamo però sup- porre un’infezione di qualche tipo, vista la scomparsa così repentina di padre e figlia in tenera età, infezioni che periodicamente si presentavano nell’entro- terra veneto e che, indifferentemente, colpivano uomini ed animali. Fig. 5. L’affaccio orientale di Villa Settimini (Fototeca del Consorzio Culturale del Monfalconese). (10) «Die 12 octobris 1689. Antonius Setteminus de Pieris (dep), civis venetus, existente Pieris annorum, circuite 50, obiit et sepultus in coemeterio S. Andreae dicti loci et ibi requiescit in pace» (APSP, Libro dei morti 1605-1768). (11) «Die 26 novembris 1689. Ortensia filia quondam domini Antonii Setemini civis venetii, parvula evolavit in celo et cemeterio S.ti Andreae eiusdem loci sepulta inique iacet in pace» (APSP, Libro dei morti 1605- 1768).
Desirée Dreos, La famiglia Settimini e la storia della Villa 19 Il Settecento L’affermazione sul territorio Il Settecento è sicuramente il secolo in cui le notizie sulla famiglia Set- timini si fanno più consistenti. E’ in questo secolo, infatti, che si concentra la maggior parte dei documenti in nostro possesso. Molto probabilmente il patrimonio fondiario della famiglia viene incrementato con l’acquisizione di numerosi possedimenti sul territorio ed anche il suo permanere all’interno del palazzo di Pieris diventa più costante. Il secolo inizia con un importante documento, conservato all’Archivio di Stato di Venezia. E’ il testamento di Giorgio Settimini, datato 1701 (12). Giorgio scrive di suo pugno le ultime volontà della sua vita, elencando di volta in volta l’entità dei beni in oggetto e gli eredi ad essi destinati. Dal suo testamento emerge chiaramente la duplice locazione dei suoi interessi patrimoniali, in parte collocati a Venezia in parte nel territorio di Monfalcone. Giorgio morirà alcuni anni dopo senza eredi diretti, infatti il suo patrimonio sarà diviso tra fratelli, sorelle e nipoti. «[...] Avendo io Zorzi Settemin, quondam Giacomo, scritto di mio proprio pugno il presente mio testamento, qual voglio che doppo la mia morte sia in tutto e per tutto esseguito, però essendo sano per gracia del Signor Iddio della mente, corpo et intelletto, lo presenterò al cancello di quel nodaro di Venezia che a me piacerà, et alla presenza delli infrascritti testimonii, e prego esso nodaro che, venendo il caso della mia morte, lo debba publicar, compier e coroborar; da qual nodaro essendomi detto se volevo far altro per presentar in cancelaria dissi che si presentasse questo; et quanto alli lochi pii da lui rac- comandatimi (13), ordinerò qua sotto: [...]». Verso la metà del documento incontriamo il borgo di Pieris e la sua chiesa. Giorgio stabilisce un lascito affinché gli vengano celebrate in paese quattro messe alla settimana per cinquant’anni dalla sua morte. La scelta della chiesa di Sant’Andrea non deve essere casuale se, poco dopo, ci rivela la volontà di far costruire al suo interno un altare dedicato a Sant’Antonio. Se questa sua volontà non venisse esaudita durante gli ultimi anni della sua vita, lascia ai suoi commissari, ovvero alle persone incaricate di portare a termine le sue volontà, l’onere di eseguire il lavoro. (12) ASV, Serie Notarile, Testamenti, Busta 1280. Per la trascrizione completa di documento si rimanda all’appendice n. 2. (13) Il notaio era obbligato ad informare il cliente che si presentava da lui per redigere il suo testamento di tutta una lunga serie di associazioni caritatevoli, ricoveri, ospedali, confraternite, ecc. a cui poter cedere parte del suo patrimonio.
20 Villa Settimini storia di un edificio e della sua Famiglia «[...] Item lascio che nella Chiesa di Pieris, Territorio di Monfalcon, mi siano celebrate messe quattro alla settimana per anni cinquanta. E perché ho avutto sempre intencione di far fabrichar un altar di Santo Antonio, mio avocatto, nella Chiesa di Pieris; e quando questo non fosse fatto da me avanti la mia morte, lascio et obligo il mio erede che lo debba far fabricare nel termine d’an- ni dieci col prender ducatti cento. E non vivendo tanto delli anni dieci per poter effetuar la mia volontà, lascio che li mieii comisarii che instruirò doppo sua e mia morte, che sii da loro esseguitto [...]». La scelta di far costruire all’interno della chiesa del paese un altare dedica- to ad un santo di devozione personale e familiare rivela l’indubbio legame dei Settimini con il borgo di Pieris e la loro posizione all’interno della comunità locale, senza dimenticare le consistenti disponibilità economiche. Parte del patrimonio contante di Giorgio va anche a suo nipote Giacomo, figlio di quell’Antonio, ormai defunto, di cui abbiamo parlato poco sopra. Il re- sto dei beni mobili ed immobili nel territorio di Monfalcone viene invece con- segnato alla sorella Doralice. Molto probabilmente vengono a lei consegnati tutti quei beni che non necessitavano di una presenza costante sul territorio per essere amministrati, mentre alla linea maschile rimane tutta la proprietà imperniata sul palazzo di proprietà di Pieris. «[...] Item lascio a mio nepote Giacomo Settemin del quondam Signor An- tonio, mio fratello, ducatti cento cinquanta all’anno sua vitta durante [...]. Residuaria per di tutto il mio et erede, lascio la Signora Doralice Settemina, mia sorella relita del quondam Alberto Angelo, dovendo godere, usufrutuar et esser asolutta persona sua vitta durante delli frutti di tutti li mieii beni nel teritorio di Monfalcon e altrove havessi [...]. [...] Agiongo che essendo statta creditrice, detta mia sorella Doralice, dal quondam Signor Antonio nostro fratello d’un capital di livello de ducatti cin- quecento cinquanta [...], per il qual credito mi sono tratenutto tanti benni nel teritorio di Monfalcon della facoltà di detto mio fratello, questi essendo di sua raggione [...]». Quali sono le persone a cui Giorgio affida l’attuazione delle sue ultime volontà? Il primo è il nipote Alberto Angelo, monaco, il secondo è il pievano di San Canzian d’Isonzo, altra indicazione che rafforza il legame di Giorgio con le proprietà di Pieris. A loro l’onere di accomodare tutte le cose rimaste in sospeso, compresi gli aggravi sopra le proprietà del fratello Antonio. «[...] E di me comisarii di questa mia volontà lascio il padre d’Alberto Ange- lo, mio nepote monacho nello Monasterio di Santa Maria di Pralgia. Et il signor piovan di San Cansian pro tempore nel Teritorio di Monfalcon, alli qualli lascio ducatti trenta per unno all’anno sinno che assisterano alla detta comisaria [...]. Detti comisarii doverano governar detta mia entratta, pagar tutte le gravezze, tutti li legatti, tener conto in colmo tutte le fabriche e spender quello occo- resse per mantenimento della casa e quello di sopra avanzasse dell’entrata, doverano investirli in aumento della mia facoltà e perché sopra detti benni del quondam mio fratello vi sonno delli debiti, volgio, che questi delgi avanzi di
Desirée Dreos, La famiglia Settimini e la storia della Villa 21 detta mia entratta sian pagatti [...]. [...]Io Zorzi Settemin affermo in tutto e per tutto come di sopra e tutto ciò che si contiene in detto testamento». E’ proprio Giacomo Settimini a raccogliere l’eredità dello zio e a comparire negli anni venti del Settecento nella documentazione notarile presa in esa- me. La sua presenza a Pieris testimonia una gestione della proprietà fondia- ria molto più puntuale rispetto agli anni precedenti. Non vengono nominati agenti per dirimere le varie problematiche quotidiane legate al lavoro dei campi, è lui stesso che compare davanti al notaio per richiedere, di volta in volta, la redazione di un determinato documento. L’undici ottobre del 1724 il notaio Antonio Cosolo redige un elenco dei beni di proprietà di Giacomo Settimini nella località chiamata il paludo nelle pertinenze di San Canzian (14). Per ogni singolo appezzamento di terra il no- taio, durante il suo sopralluogo, elenca puntualmente tutte le colture che vede. E quindi, nel prado delle Baize, troviamo morari, ceresari, talponi, vitti, un altro appezzamento senza piante, un pezzo di terra prativa, e così via fino a delineare l’immagine di una proprietà fondiaria ricca e variegata. Questa serie di documenti mostra un paesaggio agrario molto diverso dal panorama che oggi si propone alla nostra vista a Pieris, San Canzian e Be- gliano. Dallo studio dei toponimi antichi (15), infatti, emerge un contado fatto di poche abitazioni coloniche (casate, casonat, cason delle tolle, casone, ca- sonet, casa del bosco), spesso raggruppate a formare piccoli agglomerati di case circondati da terreni e da acque. Compaiono campi ed orti recintati con palizzate o siepi (agrada, brolo, mandra, nograda, sedin), altri lasciati aperti (braida, braida vecchia, braidota, braiduzza, terbane), boschetti (boschette, boschi, bosco grande, latoch, pan, nemus) di pioppi (albara o de la Talpona), di acacie (akacije), di ciliegi selvatici (ceresari), di gelsi (morari), di noccioli (nogaredi, nogarezza), di peri (perar), di quercie (rol), di salici (venchiarij, ver- bilico, vinchiarada, vinchiarette), radure (presecha, prosecha, prosecha sca- vezada), prati lasciati al pascolo (bravizze, pascol, prà, pradi, pradisei), prati stabili (campagna, campuz, campuzzo), terre e prati comunali (comugna), vigne (corbina, pianta, piante longe, piannella, pignol, riboliza, vinograt) e terreni coltivati (paniai, roncai, roncaie, roncat, ronchetto, ronchija). Questi si collegavano ai piccoli centri abitati con strade di campo (armentarezza, stra- dele, stradone, trozi) per uomini ed animali, a volte rialzate sul terreno se passavano per terreni paludosi (levade). Accanto diverse zone incolte (baredi, caminizze, chiarodi, crodischia, fatu- ra, ghiara, ghiaretta, giara, giarette, giaron, grobia, grode, ledine, sabbione, sabbioni, sabionizza, sablon, sassat, scavezade) a causa delle condizioni del terreno inadatto a qualsiasi tipo di coltivazione per la presenza di sassi e pie- (14) ASG, Archivio Notarile (Notai di Monfalcone), busta 392, filza 967, c. 28. (15) Si veda Puntin M., 2003, cit.
22 Villa Settimini storia di un edificio e della sua Famiglia tre, compaiono aree cespugliose (baretta, stropare), aree coperte di buche anche molto profonde (busatta, ruppa, doja, dolina) e zone paludose (canel- le, palù, paludet, paludetti, paludetto). Altre aree di questo territorio erano state strappate alle acque torrentizie del fiume Isonzo che qui si ramificava (ara, aret, brancolo, brodez, calichie, cantoni, gorghi, jurus, patoch, revoc, roie, sacco), creando tutta una serie di letti secondari che si riempivano episodicamente durante le piene. Tutte que- ste zone erano caratterizzate, quindi, da vere e proprie isole di terra emersa (isola, isoletta, mezan, poiane) e zone con pozze di fresche acque di risorgiva (lago del passerino, meacuzza, mlaka, pozzate, pozzo, spiron, studens). Leg- giamo di campi protetti da argini (alzare, auzarini, rapparo, riparo, rivata, rivis, rosta, roste vecchie, sabornizza, sesta), di zone poste vicino al letto del fiume (brech, brechi, patoch), di aree in cui la presenza dell’acqua veniva re- gimentata con la presenza di fossati (fosal, fossal, fossatti). Emerge il quadro di un paesaggio agrario ricco e variegato, ma anche aspro e difficile da coltivare. Un paesaggio legato indissolubilmente alla pre- senza delle acque capricciose del fiume Isonzo e delle varie rogge che lo sol- cavano. La vita dei campi emerge anche dall’analisi dei nostri documenti. In quello datato 9 ottobre 1724 (16), scopriamo che tra le proprietà di Giacomo Settimi- ni c’erano diversi terreni dedicati all’allevamento del bestiame, con stalon, spianada con palli entro la pallada del orto, dove probabilmente le mucche venivano lasciate al pascolo, uno stallotto dietro la casa coperto di canne e uno di legno appresso il pozzo. In queste strutture stabili venivano allevate diverse razze di mucche, anche piuttosto pregiate, incontriamo la Padovana, la Rossa, la Chianina e la Boscanina, tutte indicate con il proprio vitello. Se- guono puntuali gli strumenti indispensabili al lavoro della terra, «un carro con quattro rotte ferate [...], un scalon di cardar fieno [...], un scalon da menar vin [...], un versor con sua feramenta [...], una littiera con poche tavolle [...], tre gramole et un gramolon [...], un parro canestri con ferri [...]». Possiamo anche ricostruire puntualmente come veniva organizzata la pro- prietà terriera data in affitto. L’11 ottobre del medesimo anno (17): «Grado della casa, cortivo e terre di ragione del Illustrissimo Giacomo Set- timini [...] della Villa di S. Cancian [...] dicto la casa nova verso il Paludo con- dota in affito [...]: Una casa di muro coperta di coppi con solaro et scalla di tavolle che assen- de e dissende dal medesimo, con suoi scuri di porte con cadenazzi et seradure con chiave; li scuri di balcon senza cadenazi. Stalotto appresso la medesima (16) ASG, Archivio Notarile (Notai di Monfalcone), busta 392, filza 968, c. 29. (17) ASG, Archivio Notarile (Notai di Monfalcone), busta 392, filza 968, c. 30.
Desirée Dreos, La famiglia Settimini e la storia della Villa 23 casa coperto di canne e paia fine. Un altro di legno grande appresso il pozzo. [...] Una spianada di spini verdi che serve per seragio [...]. Un moraro grande, altro picolo, nogarelli picoli, un salgaro con una vitte grande appresso il pozzo [...]. Susinari 10, persegari 3, pomari grandi 2, morari piccoli 1. Un sterpo di salvia. Il campiello ivi attacatto di piantelle 4, senza rapar [...]. Altro campetto ivi attacatto senza piante. [...] Una vitte grande sopra il rival. [...] Altro pezzo di terra ivi attacatta, chiamato il Campo delle 4 Piantelle con piante 4, senza rapar [...]. Altro pezzo ivi seguente [...] sotto la scavasada della Braida dicta l’Armentarezza. [...] Altro dicto il Boschetto con piante 3 [...]. Altro pezzo dicto Braiduza appresso il Paludo di piante due [...]. Altro dicto la Braida della Gio- vine [...]. Altro dicto il Campo dei Nogari [...]». Certo, i rapporti tra i contadini che lavoravano il podere ed i proprietari terrieri non erano sempre semplici. Bastava un’annata infelice, una cattiva condizione climatica, una morte improvvisa per compromettere il pagamen- to di quanto dovuto al signore. Compito del notaio era anche quello di segna- lare periodicamente tutti gli aggravi che pesavano su un determinato bene della famiglia dato in affitto, in modo da rendere agevole il calcolo di quanto dovuto annualmente dai vari affittuari. «Haver dell’Illustrissimo signor Giacomo Settemini dagli eredi del quon- dam Zuanne Vesichio ut infrascripto, videlicet (18) (Ovvero stato del debito de- gli eredi del fu Giovanni Vessicchio al signor Giacomo Settimini come sotto indicato). 1676, 17 gennaio livello francabile pagano in anno [...]. 1682, 16 febraio per soldi 21,14 pro annuo suo capital [...]». Ogni singolo addebito veniva puntualmente trascritto in modo da riscuo- tere la rata corretta ogni anno. Questo documento testimonia ancora una volta che la proprietà fondiaria della famiglia Settimini era presente sul terri- torio già dalla seconda metà del Seicento. E ancora: «Il 16 gennaio 1725. Haver da Zuanne Bresan come qui sotto: per vino orne 13,8 [...], formento resta a suo credito pesenali 5 [...], del for- menton resta a lui credito stara 2, pesenali 2 [...], sorgo rosso pesenali 4 [...]». I contadini che lavoravano la terra dei signori possidenti pagavano l’affitto con una percentuale variabile sul raccolto. Le derrate che venivano utilizzate per questi pagamenti erano il frumento, il sorgo, il vino e spesso anche l’olio, tutte quelle colture che avevano un discreto potere d’acquisto sul mercato. Venivano, invece, lasciate alla famiglia del mezzadro tutte quelle derrate ali- mentari considerate povere, come panico, miglio, ecc. Bisognava però saldare ancora qualche debito: «[...] l’affitto delle due stanze, cortivo, terre, orticello formento stara 3 [...] (19)». A parte veniva pagato l’affitto per l’abitazione data in uso con gli appezzamenti di terra. Questo sistema non faceva altro che (18) ASG, Archivio Notarile (Notai di Monfalcone), busta 392, filza 969, c. 61v. (19) ASG, Archivio Notarile (Notai di Monfalcone), busta 392, filza 969, c. 246r.
24 Villa Settimini storia di un edificio e della sua Famiglia legare strettamente il proprietario al mezzadro, costringendo quest’ultimo ad abitare una casa di proprietà del signore. Se il contratto veniva rescisso il contadino non perdeva soltanto il lavoro, ma perdeva anche la casa. Molto interessante risulta essere un documento datato 18 gennaio 1725 (20). Al di là del contenuto che regola ancora una volta i contratti di livello tra il signor Giacomo Settimini ed i suoi contadini, è l’intestazione ad attirare la nostra attenzione. Il documento, infatti viene «Fatto in la Villa di Pieris, territorio di Monfalcone, nel Palacio di ragione dell’infrascritto illustrissimo signor Settemini». E’ passata una trentina d’anni dalla precedente annotazione in cui si cita- vano le case dei signori Settimini. Qui il documento del notaio Antonio Coso- lo indica che il documento viene redatto nel palazzo di proprietà del signor Giacomo Settimini. Le formule notarili sono estremamente precise, non si trova mai una definizione erronea dei beni del committente e quindi possia- mo affermare con una certa sicurezza che il termine palazzo non viene scelto a caso. Evidentemente tra la fine del Seicento e il primo Settecento qualcosa nell’architettura dell’abitazione della famiglia è cambiato. Questo mutamen- to, forse, è legato ad una variazione dell’architettura residenziale delle ville venete di terraferma. Se il modello seicentesco può essere individuato nel palazzo dei conti Priuli di Turriaco, il modello settecentesco viene bene rap- presentato dalla vicina villa dei marchesi de Fabris di Begliano. Anche i de Fabris, giunti nel territorio del monfalconese alla fine del Cinquecento grazie ad accorte politiche matrimoniali, ebbero due residenze, una legata al pri- mo insediamento della famiglia sul latifondo (forse la villa conosciuta come colombara) ed una seconda, fatta costruire nel Settecento per testimoniare lo status raggiunto dalla famiglia nella società locale in accordo alle nuove mode architettoniche che venivano dal contado veneto. La conquista veneziana dell’entroterra veneto-friulano, compiutasi tra il XIV ed il XV secolo, comportò un sempre maggiore interessamento dell’ari- stocrazia veneto-veneziana per i possedimenti fondiari. Alle grandi proprietà si accompagnarono grandi investimenti in agricoltura, spesso derivati dai red- diti mercantili delle famiglie, ma che furono poi remunerati dalla produttività delle tenute. Il simbolo di questo “mondo” fu la villa veneta, in cui si affian- cavano sia l’estetica e la grandiosità della residenza signorile, sia gli edifici necessari alla gestione della tenuta circostante: aveva dunque, a differenza di altri sistemi di ville, una doppia funzione, sia di rappresentanza e di svago, che di centro produttivo. Dopo un primo periodo di reale impegno agronomi- co sul territorio, la villa divenne una moda, propagandosi a tal punto che le famiglie nobili spesero gigantesche ricchezze per costruire delle ville da usare (20) ASG, Archivio Notarile (Notai di Monfalcone), busta 392, filza 969, c. 245r.
Desirée Dreos, La famiglia Settimini e la storia della Villa 25 solo d’estate, dalla vigilia della festa di Sant’Antonio di Padova, il 13 giugno, alla fine di luglio o al massimo fino al periodo della vendemmia. L’edificio del- la villa perse i suoi connotati rustici, aumentando di misura, eguagliando per lo sfarzo interno i palazzi di città; si arricchì inoltre di vasti giardini lussureg- gianti di piante esotiche e siepi potate a disegno, dove si creavano complessi giochi d’acqua, tendendo in tutto a rivaleggiare con modelli internazionali come la reggia di Versailles dei re di Francia a cui alcuni facoltosi possiden- ti intendevano equipararsi, a volte consumando nell’intento l’intera fortuna di famiglia. La struttura tipo della villa veneta si distingue innanzitutto per il contesto nel quale le architetture si pongono: di norma e in accordo alla sua funzione, la villa veniva inserita in una grande proprietà agricola. Al centro del complesso architettonico si situa il corpo centrale (o casa dominicale), che era la residenza dei proprietari, più elaborata e ornata in quanto luogo di rappresentanza, nonché di villeggiatura estiva. Il modello prevedeva che nel- le vicinanze o collegata alla villa vi fossero delle dipendenze dette barchesse, dove veniva organizzato il lavoro: cucine, abitazioni dei contadini, stalle e altri annessi rustici. Forse questo successe anche a Pieris per la proprietà dei nostri signori Settimini. Non si tratta, in questo caso, di una vera e propria nuova edificazio- ne, ma, molto probabilmente, di un ingrandimento della struttura originaria. Il primo nucleo abitativo, forse, non si estendeva in modo così accentuato in senso longitudinale e verticale, facendo assumere al complesso un aspet- to maggiormente cubico. Questa abitazione, molto probabilmente edificata nella seconda metà del Seicento, mostrava nelle scelte architettoniche tutte quelle caratteristiche importate dagli esempi veneti contemporanei. Com- paiono da subito accanto alla villa padronale una serie di edifici annessi, in- timamente legati al lavoro dei campi e all’allevamento di bestiame. Quando nel corso del Settecento il prestigio della famiglia nella comunità viene in- crementato dalle nuove acquisizioni nel territorio e nuova ricchezza affluisce nelle casse signorili, derivante dalla gestione di questo notevole patrimonio agrario, è necessario rendere visibile il nuovo status anche nel palazzo di pro- pria rappresentanza. Lo stile architettonico che dal Settecento si afferma nell’entroterra ve- neto modifica in parte gli edifici anteriori. Viene posto in secondo piano il legame dell’edificio con il proprio possesso fondiario per esaltare quei tratti maggiormente “cittadini” della struttura. Possiamo ipotizzare un possibile ampliamento della villa in senso longitudinale e verticale con l’allungarsi ver- so l’esterno delle “barchesse” e la netta suddivisione della pars dominica da quella massaricia. E’ molto probabile che in questo periodo si sia delineata la netta separazione delle due aree verdi attorno l’edificio. Il curtivo, nella parte retrostante la casa, intimamente connesso agli edifici accessori che lì si trovavano e dedicato all’attività legata al latifondo ed il giardino posto a cornice della facciata anteriore del palazzo, quella verso l’odierna Piazza
26 Villa Settimini storia di un edificio e della sua Famiglia Garibaldi. La strutturazione del giardino è mirata al dilettevole e l’effetto or- namentale che viene ricercato deve essere adeguato al tono della famiglia in modo da esaltarne il ruolo nella comunità. Il giardino è parte privata della casa, vi si accede solo se si è tra i proprietari della villa o se si viene invitati. Tutta l’area è circondata da un muro che separa la vita del borgo dalla vita che si svolge al suo interno. La continuità del muro di cinta viene interrotta dalla presenza di un’apertura verso ovest, proprio verso la strada di campa- gna che da lì piega verso occidente, come compare nelle mappe catastali di primo Ottocento. La metà del secolo vede l’affermarsi di questo nuovo ruolo della famiglia in seno alla comunità locale. Nei registri parrocchiali gli esponenti sia maschili che femminili dei Settimini compaiono sempre più spesso come padrini e madrine in occasione dei battesimi delle famiglie più influenti del tempo (21). Sono i padrini dei marchesi de Fabris di Begliano, dei conti Susanna e dei con- ti Valentinis di Monfalcone. I protagonisti di questo periodo particolarmente significativo per la storia del palazzo sono i fratelli Giovanni Pietro e Antonio, molto probabilmente cugini di quel Giacomo, citato poco sopra. I fratelli Settimini sono presenti in molta della documentazione relativa alla seconda metà del secolo e il loro legame con la proprietà fondiaria di Pieris muta rispetto a quella della gestione di vent’anni precedente. Antonio e Giovanni Pietro, infatti, in una lettera autografa datata Venezia, 10 ottobre 1755 (22) mostrano di curare gli affari del proprio latifondo direttamente dalla capitale lagunare. I fratelli, però, mantengono personalmente i contatti con il notaio Giovanni Battista Cosolo e ci tengono a dirimere in prima persona tutte le problematiche relative alla gestione ed amministrazione delle terre nel Territorio di Monfalcone. Con questa lettera, infatti, consegnano al notaio Cosolo il compito di dare con pubblico strumento speciale procura al loro amministratore per agire contro Valentino Marini, debitore insolvente per 300 ducati. «[...] Dal signor Valentin Marini, oltre l’insolenza usata alla specialità del signor Fratello, con li atti irregolari praticati a codesta Terra di Monfalcone, in onta alla cortese esibizione fattali fare dal mio fattore, d’attendere la mia venuta gl’ultimi del passato, o primi di questo (23), [...], agionse l’altra d’intimar l’affracazione delli ducati 300 presi da noi due Fratelli in solidum (24) [...], feci perciò che il Fattore dimandasse tempo congruo all’affrancazione sudetta [...]. Però qui uniti ambedue Fratelli, la preghiamo annotare Procura in atti suoi al signor Andrea Paraune, nostro agente, in rigor della quale possa impetrare soffragio dalla Giustizia di codesto eccellentissimo Rappresentante di due o tre (21) Si veda: von Schivizhoffen L.S., 1904, cit. (22) ASG, Archivio Notarile (Notai di Monfalcone), busta 395, filza 988, c. AD3r. (23) Sottointeso mese. (24) Cioè in contanti.
Desirée Dreos, La famiglia Settimini e la storia della Villa 27 mesi di tempo per poter in dato termine affrancar detto capitale [...], perciò ambedue saremo di proprio pugno sottoscritti [...]». I fratelli Settimini erano rimasti piuttosto contrariati che un loro debito- re non solo non avesse rispettato i termini stabiliti per la restituzione di un debito da lui contratto per una discreta somma in contanti, ma non avesse nemmeno avuto la decenza di aspettare l’arrivo di Antonio a Pieris per la di- scussione dell’affare. Stabiliscono, pertanto, una nuova scadenza per il saldo della somma prestata e danno mandato al loro agente a Pieris di gestire la pratica. Alla fine della lettera troviamo le firme autografe dei fratelli (fig. 6), il nome seguito dalla sigla mmpp, ovvero manu propria. Fig. 6. Nello strumento notarile che segue tale sollecito (25) il due fratelli vengono indicati come della città di Venezia, segno che in questo momento gli interes- si economici della famiglia Settimini vengono equamente suddivisi tra Pieris e la capitale. Dalla documentazione qui citata emerge che in loro assenza tutta la proprietà veniva curata da un agente che garantiva l’amministrazione ordinaria della tenuta. Qualsiasi altro incarico veniva concesso temporanea- mente con l’intervento del notaio. Capiamo, inoltre, che periodicamente i Settimini si muovevano da Venezia e si recavano nel palazzo di Pieris per di- rimere personalmente le controversie più delicate legate all’amministrazione del latifondo. (25) ASG, Archivio Notarile (Notai di Monfalcone), busta 395, filza 988, c. 3r.
28 Villa Settimini storia di un edificio e della sua Famiglia Il legame con la terraferma doveva essere comunque molto forte se all’ini- zio degli anni Quaranta del Settecento il marchese Carlo de Fabris nomina An- tonio Settimini quale Procuratore Speciale per agire in nome e per conto pro- prio nella gestione di una lite con il fratello Arnoldo in merito ad una dote. «[...] Il nobile signor Marchese Carol Antonio de Fabris quondam Marchese Antonio facendo qui in ogni miglior modo [...], ha solennemente creatto, con- stituitto et ordinatto in suo certo et indubitato Procuratore Speciale il nobile signor Antonio Settemini, del nobile signor Giacomo, presente [...], con facoltà espressa et assolutta di poter nella litte vertente con il nobile signor Marchese Arnoldo de Fabris, di lui fratello, sopra la predeta dotte [...] (26)». Antonio Settimini era autorizzato a gestire questioni decisamente spinose della famiglia de Fabris, non solo le liti tra fratelli ma anche i delicati rapporti con i debitori dei Marchesi. «[...] Comparso il nobile signor Antonio Settimini del signor Giacomo et come Procuratore Speciale del nobile signor Marchese Carlo Antonio de Fabris quondam Marchese Antonio appar Procura del dì 13 nei miei atti, et alla pre- senza delli sottoscritti testii riceve et imborsa [...] il deposito fatto in mie mani sino lì 12 luglio 1740 dalli Giacomo quondam Mauro Taura e Batta Peloso [...] per saldo del debito d’affitti de’ pradi [...] (27)» Antonio Settimini rimane per tutta la sua vita così legato al borgo di Pieris, nonostante risieda anche a Venezia, che decide di essere sepolto lì al mo- mento della sua morte (28). Il 23 novembre 1787 a circa ottant’anni si spegne e stabilisce di essere tumulato nella chiesa di Sant’Andrea non nel cimitero, come i precedenti esponenti della famiglia, ma davanti all’altare dedicato a Sant’Antonio. Proprio davanti a quell’altare voluto dallo zio Giorgio Settimini e fatto costruire nella navata della parrocchiale di Pieris. L’altare di Sant’Antonio, oltre a testimoniare lo status sociale della famiglia davanti a tutta la comunità locale, diventa, quindi, alla fine del Settecento luogo privilegiato per la tumulazione di alcuni esponenti dei Settimini. Poter essere sepolti in luogo consacrato, all’interno dell’unico edificio sacro del bor- go, davanti all’altare del santo avvocato della famiglia, significava assicurarsi un riposo eterno con garanzia di serenità e protezione. Non era certamente un privilegio concesso a molti. La presenza dell’altare voluto dalla famiglia Settimini viene puntualmente riscontrato nelle visite pastorali (fig. 7). Nella documentazione datata post (26) ASG, Archivio Notarile (Notai di Monfalcone), busta 394, filza 979, c. 156. (27) ASG, Archivio Notarile (Notai di Monfalcone), busta 394, filza 979, c. 158. (28) «Die 23 novembris 1787. Antonius filius quondam nob. Jacobi Septimini de Pieris, sub iure Sancti Petri aetate annorum 80 circiter [...] defuntus est, hori vespere circa solis occasus eius corpus ad ecclesia Sancti Andreae deharet, hodie [...] ecclesia ante altare Sancti Antonii tumulatus fuit» (APSP, Libro dei Morti 1768-1828).
Desirée Dreos, La famiglia Settimini e la storia della Villa 29 Fig. 7. 1760 (29), infatti, viene annotata la presenza di quattro altari all’interno della chiesa di Sant’Andrea, tra cui quello di Sant’Antonio da Padova. Sant’Antonio da Padova è un santo particolarmente caro al nostro terri- torio. Il primo santuario a lui dedicato, infatti, non è la Basilica del Santo a Padova, bensì quello di Gemona. Nei racconti sui suoi viaggi, inoltre, vengono ricordate le sue prediche durante il soggiorno udinese. La sua vita, collocata tra XII e XIII secolo, è ricca di eventi miracolosi, esorcismi, guarigioni, predica- zioni ai pesci, resurrezioni, tanto da renderlo, nel corso del tempo, il santo dei casi impossibili. E’ il santo che intercede per qualsiasi tipo di grazia, infatti, è rappresentato con Gesù Bambino in braccio, privilegio iconografico riserva- to a pochissime figure (30). Non soltanto i Settimini mostrano una particolare predilezione per Sant’Antonio, già i Priuli a Turriaco avevano fatto erigere nel- la chiesa del paese un altare a lui dedicato e avevano riservato varie nicchie del loro palazzo nobiliare alle immagini del santo (31). Davanti al suo altare, nella tomba di famiglia, venne tumulata anche Tere- sa (32), la piccola figlia di Giacomo Settimini, figlio di Giovanni Pietro e Laura e protagonista del passaggio della proprietà fondiaria a Pieris dal secolo Diciot- tesimo a quello successivo. Oggi di queste testimonianze non rimane pressoché nulla. L’edificio venne completamente rimaneggiato tra la fine del Settecento ed i primi anni del- l’Ottocento, come viene testimoniato dalla lapide dedicatoria posta in con- trofacciata (fig. 8). (29) ACAU, Fondo a parte Imperii, Busta 742. (30) Si veda in questo senso: Felli V., Le vie dei Santi. Percorsi di religiosità popolare in Friuli Venezia Giulia, Libra Edizioni, Pordenone 2007, pp. 100-103. (31) Si veda in questo senso: Villa Priuli. Studi, progetti, ricerche, idee, Atti del Convegno “Salvar Palazzi”, Turriaco, 20 febbraio 1993, Centro Culturale pubblico polivalente del Monfalconese, Ronchi dei Legio- nari 1995. (32) «Die 26 novembris 1785. Teresia, filia nob Jacobi Settimini de Pieris aetate annorum 3 circiter, heri hora quarta noctis evolavit ad coelus, hac vespera sepulta est in ecclesia efflusso pavimento cum permissione Ass. R.do Cop.mo de licentia» (APSP, Libro dei Morti 1768-1828).
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