VERSO UN FEUDALESIMO TECNO-FINANZIARIO di Glauco Benigni - sollevazione

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VERSO UN FEUDALESIMO TECNO-FINANZIARIO di Glauco Benigni - sollevazione
VERSO UN FEUDALESIMO TECNO-
FINANZIARIO di Glauco Benigni

                                                “Great
Reset”, “Global Disruptive Innovation”, “capitalismo della
sorveglianza”, “distruzione creativa”. Concetti che alludono
alle profonde e devastanti trasformazioni della struttura
sociale. Glauco Benigni ci indica dove sta andando il mondo.

In uno dei monologhi più famosi della storia del cinema,
l’attore Ned Beatty, nel ruolo di un boss dell’alta finanza,
per quattro minuti, perseguita un attonito Peter Finch, che
incarna un famoso anchorman, ovvero il potere della Tv e gli
impartisce una drammatica lezione su come vanno le cose nel
mondo. Siamo nel 1976, lo sceneggiatore era Paddy Chayefsky,
il film si intitolava Quinto Potere ed era diretto da Sidney
Lumet. Il tandem sincronicamente impeccabile di due dei
migliori talenti della Jewish American Community, vinse
quattro Oscar. Sono passati 45 anni e quelle frasi sono sempre
più attuali.

 «Lei è un vecchio che pensa in termini di nazioni e di popoli
 – esordisce Beatty”. Ma … “Non vi sono nazioni, non vi sono
popoli. Non vi sono russi, né arabi, né Terzi Mondi, né
 Occidente”. Siamo ancora in piena Guerra Fredda e gli arabi
 stanno facendo schizzare il prezzo del petrolio alle stelle.
 Ciò nonostante, continua Beatty: “Esiste solo un unico
 sistema di sistemi. Un vasto e immane, interdipendente e
 intrecciato, multivariato, multinazionale dominio dei
 dollari: petrodollari, elettrodollari, multidollari, deutsche
 mark, sterline, rubli, yen”. “…È il sistema internazionale
 valutario che determina la totalità della vita su questo
 Pianeta”. “Questo è l’ordine naturale delle cose oggi. Questa
 è l’atomica, subatomica e galattica struttura delle cose oggi
 giorno».

Da notare che Chayefsky, per bocca di Beatty, menziona sia il
mondo newtoniano atomico, che quello subatomico della fisica
quantica, che quello dello spazio extraterrestre.

 «Non esiste l’America, non esiste la democrazia. Esistono
 solo IBM, ITT, ATT, Dupont, Dow, Union Carbite ed Exxon. Sono
 queste le nazioni del mondo oggi. Il mondo è un insieme di
 corporation inesorabilmente regolato dalle immutabili e
 spietate leggi del business”. E qui il profeta Chayefsky,
 anticipando di mezzo secolo i temi del dibattito
 contemporaneo, si lancia in una pragmatic vision. “I nostri
 figli vivranno per vedere quel mondo perfetto in cui non ci
 saranno guerre, né fame, né oppressione, né brutalità. Una
 vasta ed ecumenica società finanziaria per la quale tutti gli
 uomini lavoreranno per creare un profitto comune nella quale
 tutti avranno una partecipazione azionaria. E ogni necessità
 sarà soddisfatta».

Fantastico!

Al di là del fatto che le guerre ci sono ancora, c’è di che
riflettere. L’autore visionario si colloca a 180° rispetto
alle visioni socialiste che avevano cambiato il mondo dalla
metà del XIX secolo, quando Marx ed Engels scrivevano le loro
riflessioni. E in opposto alle visioni operaiste e
sessantottine di pochi anni prima, Chayefsky nel 1976 già
descrive una “ecumenica comunità finanziaria” in cui “tutti
gli uomini lavoreranno” (fondi, banche, investitori,
risparmiatori e day traders) non già per gestire
collettivamente i mezzi di produzione e distribuzione ma “per
creare un profitto comune” e, in tale comunità, “tutti avranno
una partecipazione azionaria”.

Esattamente quello che sta accadendo oggi! Ovviamente facendo
i dovuti distinguo…

Al posto della Tv c’è Internet; quindi, al posto della
seduzione che organizza il consenso ci sono la sorveglianza e
la censura; al posto delle corporation che producono e
distribuiscono beni fisici, ovvero le maggiori aziende che
erano quotate al New York Stock Exchange prima dell’avvento
dell’era tecnodigitale, ci sono i Big della Silicon Valley e i
Mutual Funds di Wall Street. Al posto del “profitto comune”
c’è uno sterminato valore di scambio virtuale, n. volte
superiore al valore dell’economia reale, e da questo valore il
potere trae il proprio profitto. Tale “profitto” è senza
dubbio generato dalla collettività, ma la sua proprietà e la
sua ridistribuzione non hanno niente a che vedere con il
concetto “di patrimonio comune”.

Negli ultimi due secoli dello scorso millennio senza dubbio è
cambiato lo stile del potere. Non ci sono più la teocrazia e
l’aristocrazia; soprattutto non c’è più la democrazia come
l’abbiamo conosciuta dal 1945 al 2001. Il timone della storia
però è rimasto saldamente nelle mani di una oligarchia occulta
e la rotta si traccia – come sempre – da un giorno all’altro,
al variare delle alleanze e degli scontri al vertice,
nonostante si faccia credere che esistano progetti e visioni
di lunga durata. In sostanza la dimensione politica, in cui si
effettuano le scelte, è controllata in ogni suo aspetto… oggi
maggiormente dal potere tecnologico e dal potere finanziario
concentrato nelle mani di pochissimi individui.
Questa epoca contemporanea, che in gran parte corrisponde a
quanto descritto dal personaggio di Chayefsky, è definita in
molti modi da diversi autori, qualcuno la chiama post
democrazia, altri capitalismo della sorveglianza, grande reset
o nuovo ordine mondiale; a me sembra però che sia una nuova
forma di feudalesimo: un feudalesimo finanziario digitale.

Perché?

In passato l’imperatore o il re, e i loro vassalli e
valvassori, disponevano di terre, beni mobili, immobili e
denaro fisico… tutto ciò costituiva il feudo. I proprietari
del feudo concedevano ai loro sottoposti frazioni di
territorio, e/o beni mobili e/o somme di denaro e tali
concessioni non intaccavano le proprietà originali in quanto
avvenivano in regime di comodato d’uso. La parte più bassa
della gerarchia umana, ovvero i servi della gleba, grazie al
proprio lavoro e alla propria creatività, faceva rendere al
meglio le porzioni di feudo. Ciò che ne derivava, in termini
di prodotti, servizi e monete, finiva in gran parte nelle
casse della filiera gerarchica, fino a impinguare al massimo
la corte del re o dell’imperatore. Ai servi restava solo il
minimo indispensabile per sopravvivere. Era il feudalesimo:
quello medioevale prima e quello moderno poi.

È andata più o meno così per secoli: dal IX al XVIII, fino
alla Rivoluzione Francese.

“Stai tranquillo – diceva il dominus ai propri sudditi in quei
rari periodi in cui non li usava per la guerra – tu pensa a
lavorare e io ti difendo dai nemici”. In realtà non era
proprio così, ma in ossequio a questa falsa promessa la gleba
soddisfaceva le pretese economiche del dominus con doni di
vario genere che giungevano “alla dispensa del signore” e
financo talvolta subendo lo ius primae noctis. In sostanza la
relazione si fondava sul comodato d’uso, grazie al quale l’1%
(aristocrazia e clero) possedeva il 70-80% del tutto. Un po’
come oggi. Quasi sempre (ma non “sempre”) con i nomi dei
padroni cambiati.

Con l’andar del tempo il potere, dilaniato dalle Rivoluzioni
Americana, Francese e Russa, cambiò maschera e concesse che, i
borghesi prima e i proletari poi, divenissero addirittura
proprietari di beni, di terre e di mezzi di produzione,
riservandosi però di gestire la forza lavoro nelle industrie e
il “nuovo denaro” in forma di banconote, grazie a perverse
alchimie di debito/credito, note oggi come “signoraggio
bancario”.

Il denaro fino al 1971 era comunque garantito (backed) da
qualcosa altro (oro, PIL) poi divenne, nell’era Nixon, fiat
money, ovvero qualsiasi denaro che è accettato da un governo
per pagare le tasse o il debito, ma non è ancorato o sostenuto
direttamente dall’oro e da altri oggetti di valore. Il denaro
fiat non ha un valore intrinseco significativo o un valore
d’uso (per es. come una mucca o una pelle di castoro). La
moneta fiat deriva il suo valore di scambio dall’ampio uso che
ne fanno i mercati e i governi; le parti che si impegnano
nello scambio si accordano semplicemente sul suo valore
relativo in un dato momento. In qualche nazione sovrana è
“creabile” dalle proprie banche centrali ad libitum senza
dover troppo soffrire né dare spiegazioni… vedi quantitative
easing recenti.

Una trentina di anni dopo quel fatidico 1971, succedono altri
eventi straordinari. Nasdaq, il mercato dei titoli tecnologici
di New York, nonostante la bolla del 2000, si rivela essere
una straordinaria centrale di produzione di valore,
specialmente per le società dette “.com”, quelle che oggi
dominano la scena. Si innesca inoltre la sterminata
valorizzazione di quei prodotti finanziari detti derivatives,
i quali saranno messi sotto osservazione dal G20 a Pittsburgh
nel 2009 quando, a causa della bolla dei subprime, i leader
del mondo scoprirono che il loro valore ammontava già a 600
trilioni di dollari Usa.
Dopo qualche anno di osservazione e tentativi di riforma i
derivati sono oggi pienamente riabilitati e la loro
spregiudicata pericolosità è stata dimenticata. Questi
fenomeni, esaltati dalla digitalizzazione degli scambi, cioè
potenza di calcolo applicata ad algoritmi, sono favoriti anche
dalla velocità delle reti e dall’ubiquità e anonimato dei
soggetti attivi. In sostanza: le interazioni di questi fattori
hanno prodotto una massa totale del valore quotato in Borsa
che oggi non è più misurabile. Con un evidente eufemismo i
tecnici parlano di quantificazione reale incerta. Il suo
ammontare, infatti, calcolato in dollari Usa, è cresciuto a
dismisura, negli ultimi 20 anni in modo caotico e
incontrollato, al punto che non esistono misurazioni condivise
di quanto “denaro” circoli nelle borse. Secondo qualche
valutazione tale somma è quattro volte maggiore dell’intero
Prodotto Interno Lordo planetario che nel 2019 ammonterebbe a
una cifra compresa tra gli 80 (stime Fondo Monetario
Internazionale) e gli 84 trilioni (stime World Bank), quindi
320 – 330 trilioni. Secondo altri “osservatori” però la somma
del circolante nelle borse sarebbe 12 volte maggiore del PIL
planetario. Di questo parere è la W.F.E. (Federazione Mondiale
delle Borse) la quale afferma che il valore totale dei titoli
azionari sarebbe circa 100 trilioni di dollari; ma, udite,
udite… il valore dei “derivati” sarebbe ormai giunto a 1
quadrilione… cioè 1.000 trilioni.

Capite bene che si parla di una somma iper reale, anche un po’
“astratta”, che sembra tratta da un delirio di Paperon de’
Paperoni. Una somma non traducibile né riconducibile a beni,
prodotti o servizi dell’economia reale, ma definita al dunque
fiduciary money ovvero scambiabile – ci mancherebbe altro – ma
sulla base della fiducia reciproca degli operatori finanziari.
E tale somma sarebbe destinata ad aumentare!

In questa scena tecno-digitale-finanziaria nella quale i
valori monetari, ormai mossi da Intelligenze Artificiali, si
autoriproducono in modo esponenziale e la Cupola degli
operatori finanziari diventa la garante del valore astratto, i
nuovi domina capirono, già una decina di anni fa, che era
possibile instaurare nuovi rapporti feudali con la base della
popolazione.

Come?

Se teniamo a mente che:

   1. negli ultimi 25 anni la terra coltivabile e sulla quale
      costruire viene affiancata in progress da nuovi
      territori (domains) digitali quali .com, .edu, .info,
      .world, etc.
   2. dallo sfruttamento di tali territori (domains) e dallo
      sfruttamento del mondo digitale nel suo insieme, fondato
      sulla potenza di calcolo numerico, giungerà la futura
      produzione di ricchezza. (Così si afferma!)
   3. tali territori (domains) sono estendibili a infinito e
        vengono dati in comodato d’uso, specialmente nel caso
        dei social network, affinché i membri più evoluti delle
        comunità (più di 1 miliardo di umani) vi esercitino la
        loro capacità produttiva e il loro talento, in forme
        apparentemente   indipendenti     e   tendenzialmente
        volontaristiche e gratuite.
   4. il denaro che viene prestato da chi ne ha facoltà a
      individui, aziende e stati attraverso complicate
      alchimie arriva da apparenti Big-Bang “Nulla-Tutto”
      (vedi recenti “quantitative easing”) ed è diventato
      potenzialmente illimitato.
   5. tale denaro in progress godrà in futuro anche del
      sostegno esponenziale di valuta digitale (bitcoins and
      Co.) considerata anch’essa fiduciary money.

Se teniamo a mente queste considerazioni, la scena futura si
chiarisce meglio: si dirada la nebbia del Neoliberismo, ancora
fondato su materie prime limitate che rendono il dollaro
oscillante e rissosi confronti con la forza lavoro e i
consumatori e… sorge il sole del great reset tecno-
finanziario.

I feudi contemporanei non sono più le terre, i beni fisici e
il denaro garantito da oro o altro, ma i territori digitali
deregolati e tendenzialmente privi di quei noiosi limiti
tipici del mondo materico. E il denaro virtuale, ovvero il
valore di scambio prodotto nelle borse digitalizzate, diventa
garanzia, giustificazione e linfa di quei nuovi feudi. A
questo punto la dimensione astratta di feudo a-materico si
libera totalmente dalla dimensione fisica e diventa un Cloud
tendenzialmente infinito, in quanto i territori digitali sono
tendenzialmente producibili a infinito e le masse di valore di
scambio anche, in quanto scollegate dall’economia reale e
fondate invece sulla fiducia. Il tutto al di là del controllo
degli Stati e dei limiti dello sviluppo della tradizione
newtoniana.

Ecco, dunque, la rotta: portare le vecchie costituzioni in
soffitta; controllare poche e selezionate Agenzie delle
Nazioni Unite con flussi di denaro virtuale, affinché
prevalgano i trattati internazionali; mantenere al G20 il
dialogo tra le oligarchie e … viaggiare sereni verso il
transumanesimo.

Sono sotto gli occhi di tutti i primi effetti devastanti del
Nuovo Feudalesimo: sull’occupazione, sull’organizzazione
sociale a base familiare e sul controllo sanitario. Ogni
bioetica precedente lascia il campo alla biopolitica dei
domina.

Questa è la situazione oggi. Il coito incessante e
appassionato tra i Big digital, cioè FAGAM e dintorni e i big
della finanza digital cioè i mutual funds e le grandi banche
d’affari, grazie (anche) alla crescita vertiginosa di Nasdaq e
NYSE durante la pandemia, ha dato vita a una dinastia di nuovi
poteri paraocculti e transnazionali; una dinastia fatta di
intrecci azionari e consigli di amministrazione che si
controllano e si fondono l’uno con l’altro affidandosi alla
mediazione degli studi legali internazionali come una volta si
affidavano ai matrimoni nelle cattedrali. Il nuovo vertice,
come ai tempi delle monarchie tra loro imparentate, si
comporta in modo feudale: da in “comodato d’uso” porzioni di
territorio digitale (server, potenza di calcolo, cloud, etc.)
agli individui e alle aziende e porzioni di fiat e fiduciary
money alle tesorerie degli stati privati della sovranità (i
vassalli), che grazie ai valvassori (il sistema bancario) le
allocano a individui, famiglie e aziende piccole e medie (vedi
in Europa il MES o il Recovery Fund). Tutti i comodatari: sia
grazie al lavoro che alla creatività “coltivano e ottimizzano”
le porzioni di territorio digitale e di credito che vengono
loro concesse in comodato d’uso e remunerano gli strati
intermedi e il vertice della piramide dei domina. La
remunerazione avviene soprattutto: attraverso consumi
superflui di beni e servizi multinazionali; spese indotte per
la salute individuale e collettiva; tasse dirette e indirette
che attraverso gli stati finiscono nelle casse dei domina in
forma di interessi sul debito pubblico, al punto che ormai
l’1% possiede il 99% della ricchezza mondiale.

Di fatto, nel triangolo indispensabile alla produzione di
ricchezza: “denaro, infrastrutture, capitale umano”,
quest’ultimo è ridotto da forza lavoro in grado di contrattare
al ruolo di servi della gleba “comodatari”. Non è un caso che
le grandi proprietà, nelle diverse aree strategiche, si stiano
concentrando nelle mani di soggetti che sono sempre più
interconnessi tra di loro e che il futuro digitale sia
orientato a dare in “comodato d’uso” ogni strumento di
controllo, produzione, apprendimento e trasporto.

Quali proprietà restano nelle mani dell’ex borghesia e degli
ex proletari? Le terre, gli immobili e i risparmi. Le prime
due saranno sempre più oggetto di tasse progressive non
sopportabili. Mentre i “risparmi”, entrati da tempo nel mirino
degli avidi “raccoglitori” e “investitori per tuo conto”,
grazie a un forsennato pressing promozionale e al fatto che le
alternative agli investimenti diventano sempre più tassate e
rischiose, vengono deliberatamente affidati dai nuovi servi
della gleba alla gestione dei domina, i quali li rollano nelle
borse, ridistribuiscono qui e là un po’ di profitto ma li
usano per rafforzare la propria egemonia. In alternativa i
risparmi vengono direttamente “investiti”, grazie alle
piattaforme di brokers online       day traders a caccia di
profitti facili. In questi casi valgono sempre di più le leggi
del casinò e si sa che i croupiers vincono sempre.
Inesorabilmente si passa così da globalizzazione e
glebalizzazione tecnofinanziaria.

Diventano sempre più strategiche le “infrastrutture fisiche” e
in particolare il sistema nervoso centrale delle comunicazioni
globali, ovvero quel complesso sistema fatto di cavi,
satelliti, tralicci, antenne e dintorni, la cui funzione è
distribuire e diffondere contenuti e consentire transazioni
finanziarie a distanza. Qui la partita vede i cavi al primo
posto, tant’è che è in corso una forsennata azione di posa
transoceanico di cavi sottomarini, stesi per migliaia e
migliaia di chilometri. Guarda caso i principali attori di
questo business sono le società del FAGAM – Facebook, Google,
Amazon, Microsoft insieme alle grandi società telefoniche e
alle banche d’affari, ovviamente. Sul fronte del trasporto
segnali da satellite invece si muove, quale avanguardia,
l’onnipresente Mr. Tesla, Elon Musk che con il suo progetto
SpaceX vuole mettere in orbita bassa 12.000 satelliti, cioè
2.000 in più di quanti ne sono stati messi in orbita dal 1957
a oggi.

È superfluo ricordare in conclusione che tutte le aziende
coinvolte nel nuovo feudalesimo sono ipervalutate in borsa e
che i loro titoli vengono scambiati h 24 da decine di milioni
di traders grandi e piccoli che comprano e vendono con PC e
smart phone da ogni angolo del mondo. Ecco perché, come diceva
Chayefsky 50 anni fa:

«Non esistono più né nazioni né popoli… ma una vasta e
ecumenica società finanziaria per la quale tutti gli uomini
lavoreranno per creare un profitto comune e nella quale tutti
avranno una partecipazione azionaria».

A Parigi, con    una   venatura    di   sarcasmo   si   direbbe:
“Impeccable!”

* Fonte: W – Economia & Politica
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