ASTRONOMIA DANTESCA Introduzione alla Divina Commedia La struttura dell'inferno dantesco L'enigma dantesco dei quattro cerchi e delle tre croci ...

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ASTRONOMIA DANTESCA

             Introduzione alla Divina Commedia

               La struttura dell’inferno dantesco

 L’enigma dantesco dei quattro cerchi e delle tre croci

                        Significato allegorico

   La Crocifissione e Santi del Beato Angelico. (Firenze, Museo di San Marco)
Introduzione alla Divina Commedia
La Commedia, il più grande Poema della letteratura italiana, fu composta presumibilmente
fra il 1307 e il 1320 (o comunque a partire dal 1307). Il Poema si compone di 14.233 versi
endecasillabi (in terza rima) ed è suddiviso in tre Cantiche (Inferno, Purgatorio e Paradiso)
ognuna delle quali è suddivisa in 33 Canti; in particolare l'Inferno ha un canto iniziale
introduttivo, per un totale di 34 Canti. La Commedia racconta il viaggio ultraterreno del
Sommo Poeta compiuto attraverso i tre mondi, al termine del quale Dante riuscirà a godere
per un istante della visione beatifica di Dio. Nel suo viaggio è accompagnato dal Poeta Virgilio
(che secondo gli studiosi è il simbolo della ragione umana) fino a giungere in prossimità
dell'Eden (il Paradiso terrestre), dove la figura di Virgilio scompare per lasciare spazio a
Beatrice, la giovane donna amata da Dante (morta nella sua giovinezza), che lo guiderà alle
porte del Paradiso. In una lettera, scritta a Cangrande della Scala (gli studiosi discutono se
sia attribuibile effettivamente a Dante Alighieri), il Poeta afferma che il proposito della
Commedia sia quello di "removere viventes in hac vita de statu miserie et perducere ad
statum felicitatis [allontanare coloro che vivono in questo mondo dallo stato di miseria e
condurli ad uno stato di felicità]". Gli studiosi hanno quindi individuato il significato ultimo
della Commedia nel tentativo di Dante di ristabilire un equilibrio tra le vicende terrene, che
vedono l'umanità sempre più traviata e perduta e la dimensione divina, alla quale l'uomo
aspira. Dante sente "l'esigenza di ristabilire la saldezza, che egli sente gravemente
minacciata e quasi distrutta, di un ordine intellettuale e normativo, consacrato da una
tradizione secolare di cultura; di ricondurre la città dell'uomo [...] a combaciare in ogni
momento e condizione con il modello trascendente della Città di Dio" (N. Sapegno). Secondo
gli studiosi, l'interpretazione della Commedia si può desumere da un passo del Convivio
(altro Poema di Dante) in cui il Sommo Poeta schematizza il senso che è possibile dare alle
scritture:

· letterale, secondo cui il Poema descrive un viaggio nell'aldilà iniziato presumibilmente il
Venerdì santo dell'anno 1300 (8 aprile)

· allegorico, secondo cui il Poema è un'allegoria del percorso che deve seguire l'uomo per
giungere alla salvezza

· morale, secondo cui il Poema comprende delle considerazioni filosofiche sulla condizione
dell'uomo ed è un'esortazione all'Umanità del proprio tempo

· anagogico, in cui l'interpretazione allegorica permette al lettore di elevarsi ad un piano
superiore, attraverso la comprensione del denso simbolismo contenuto nel Poema e ai suoi
numerosi riferimenti alla letteratura religiosa
La struttura dell’inferno dantesco

                                            L'Inferno è immaginato da Dante come
                                            un'immensa voragine in forma di cono
                                            rovesciato, il cui vertice è al centro della Terra.
                                            La sua struttura si formò al principio dei tempi a
                                            causa della caduta di Satana, che fu precipitato
                                            dal Paradiso, in modo tale da restare conficcato
                                            al centro della Terra; la voragine infernale si
                                            apre al di sotto di Gerusalemme e l'entrata della
                                            Selva oscura è a circa 1700 miglia dalla città
                                            Santa (circa 3000 km). Secondo l'Architetto e
                                            Matematico Manetti (1423-1497), la base del
                                            cono infernale ha un diametro di 3250 miglia,
                                            pari al valore del raggio terrestre. Nel suo
                                            cammino, scendendo girone per girone, Dante
                                            incontra le anime dei dannati fino a giungere al
                                            centro della terra in cui ha la visione del mostro
                                            infernale. Come abbiamo accennato più sopra, la
                                            struttura dell'Inferno è in forma di cono
rovesciato (prendiamo come esempio l'immagine di un imbuto), che degrada con i suoi nove
cerchi fino al centro della Terra, nella quale si trova conficcato Lucifero. La dottrina
cosmologica che ci permette di capire come si formò l'Inferno viene esposta dal Sommo
Poeta nel XXXIV Canto (versi 105-126) dell'Inferno:

                                   Ed elli a me:«Tu imagini ancora
                              d'esser di là dal centro, ov'io mi presi
                             al pel del vermo reo che 'l mondo fóra.
                                 Di là fosti cotanto quant'io scesi;
                              quand'io mi volsi, tu passasti 'l punto
                              al qual si traggon d'ogne parte i pesi.

                                  E se' or sotto l'emisperio giunto
                            ch'è contraposto a quel che la gran secca
                             coverchia, e sotto 'l cui colmo consunto
                            fu l'uom che nacque e visse sanza pecca:
                                  tu hai i piedi in su picciola spera
                                che l'altra faccia fa de la Giudecca.

                               Qui è da man, quando di là è sera;
                                e questi, che ne fé scala col pelo,
                                 fitto è ancora sì come prim'era.

                              Da questa parte cadde giù dal cielo;
                               e la terra, che pria di qua si sporse,
                                 per paura di lui fé del mar velo,
                              e venne a l'emisperio nostro; e forse
                                 per fuggir lui lasciò qui loco vòto
                              quella ch'appar di qua, e sù ricorse».

Apprendiamo così che Lucifero, ribellandosi a Dio, fu precipitato dal cielo e conficcato al
centro della terra, che è anche il centro dell'Universo aristotelico, andando a formare
l'immensa voragine infernale. Dante dice "da questa parte" cioè sull'emisfero australe, nel
quale ora si trovano i due pellegrini; e aggiunge che le terre che in questo emisfero si
ergevano sul mare, per paura di lui, si ritirarono al di sotto delle acque andando a formare la
gran secca dell'emisfero boreale. E forse quella terra che appare di qua e che si erge a
formare la montagna del Purgatorio, per schivare ogni contatto con Lucifero, lasciò qui una
cavità vuota (burella), nella quale si trovano ora i due, e ricorse in su. Si formò così la
struttura dell'Inferno e del Purgatorio. Delle informazioni inserite dal Sommo Poeta nel testo
della Commedia, impressiona il fatto che la struttura dell'Inferno (con la forma a cono
rovesciato, con il vertice al centro della terra) corrisponda esattamente allo schema
geometrico della precessione assiale della terra, la cui scoperta, come fenomeno di
osservazione risale, ufficialmente, all' astronomo Ipparco (II sec. a.C.) ma la cui spiegazione
scientifica fu fornita soltanto in epoca moderna (cioè circa 500 anni dopo Dante). Infatti, per
effetto della lenta rotazione inversa dell'asse terrestre, che si compie in 26.000 anni (25.776
per la precisione), la terra descrive un doppio cono con vertice al centro della terra (mentre
l'asse è inclinato di circa 23° 30' rispetto al piano), effettuando un lento movimento
oscillatorio che ricorda quello della trottola in rotazione. Si sostiene l'ipotesi per cui Dante
abbia, non casualmente, impiegato lo schema geometrico della precessione assiale della
terra per costruire la struttura dell'Inferno, allo scopo di fondare tutta la cosmologia e
l'impianto stesso del Poema sulla precessione degli equinozi. Si può quindi schematizzare
questa incredibile analogia nel seguente modo:

   DEFINIZIONE DELLO SCHEMA GEOMETRICO DELLA PRECESSIONE DELLA TERRA: Per effetto dell'
     attrazione del sole, della luna e dei pianeti che determina la lenta rotazione inversa dell'asse
    terrestre, la terra descrive in 25.776 anni un doppio cono con vertice al centro della terra e un
                                           angolo di circa 23°30'

                            STRUTTURA DELL'INFERNO SECONDO DANTE:
          Quando Lucifero fu precipitato dal Paradiso si formò una immensa voragine che ha
                        la forma di un cono con vertice al centro della terra.

La scoperta di questo schema nella Commedia ci obbliga a porre degli inquietanti
interrogativi sul tipo di conoscenze di cui disponeva il Sommo Poeta, che dimostra, in tal
modo, di usufruire di conoscenze che gli uomini della sua epoca non potevano avere. Da chi
aveva ereditato queste conoscenze? Esistono indizi biografici che fanno supporre che Dante
abbia avuto contatti di tipo culturale con esponenti dell'Ordine cavalleresco dei
Templari, e noi sappiamo anche che questo ordine cavalleresco, distrutto nel giro di
pochissimo tempo tra il 1307 e il 1314, era portatore di dottrine esoteriche molto complesse,
che il Sommo Poeta potrebbe aver, almeno parzialmente, ereditato. Si suppone anche che
Dante possa aver avuto accesso a manoscritti di altre culture (si parla di un poema in lingua
araba, scritto circa ottanta anni prima della Commedia, in cui l'Inferno è descritto nello
stesso modo), da cui possa aver ottenuto informazioni importanti per realizzare lo schema
dell'Inferno, pur conservando l'originalità dell' impianto della Commedia. Per chi fosse
scettico su questo genere di argomentazioni basta valutare con attenzione alcuni passi della
Commedia in cui Dante descrive strani fenomeni visivi relativi all'osservazione degli astri in
epoche diverse:

                            "I' mi volsi a man destra e puosi mente
                                a l'altro polo, e vidi quattro stelle
                            non viste mai fuor ch'a la prima gente.
                              Goder pareva'l ciel di lor fiammelle:
                                   oh settentrional vedovo sito,
                               poi che privato se' di mirar quelle!"
                                          (Purg. I, 22-27)

 Su questo passo così si è espresso il Prof. Corrado Gizzi, autore de "L'astronomia nel Poema
Sacro": «Alcuni hanno voluto riconoscere in esse la Croce del Sud [...] quasi sicuramente era
conosciuta dai navigatori e dagli astronomi arabi e Dante deve averne avuto notizia [...] Si
aggiunga che il Poeta dichiara esplicitamente che ignora l'esistenza delle quattro stelle,
essendo      state    viste    solo    dalla   prima    gente      [...]    Potremmo   dare   all'
espressione 'prima gente' il significato di 'primi uomini' e supporre che essi, a causa del
movimento conico dell'asse terrestre, poterono veramente vedere, anche stando nelle nostre
regioni, le quattro stelle, in un periodo in cui esse erano più distanti dal polo sud». Secondo il
Prof. Gizzi, quindi, solo conoscendo il movimento conico del pianeta, sconosciuto all' epoca di
Dante,       sarebbe       stato     possibile     cogliere     il       significato logico    di
questi versi del Purgatorio. Il Prof. Gizzi, che si rassegna a dare a tale verso un'
interpretazione di tipo puramente allegorico, non si rese conto di aver fornito, con il suo
commento, una importantissima chiave di lettura astronomico - precessionale alla
Commedia, ma lui stesso ammette, all'inizio del suo lavoro più sopra citato ("L'astronomia
nel Poema sacro" Vol. I, pag. 110, nota 11) che l'intera cosmologia della Commedia sia stata
costruita, dal Sommo Poeta, sulla precessione degli equinozi, considerando un ciclo di 13.000
anni terrestri, che equivale alla durata di un semiciclo precessionale (il cui decimo è 1300,
l'anno di inizio del suo mistico viaggio).

   Sulla datazione cosmologica del mondo si deve ricordare che Dante assegna alla storia
umana il periodo di 13.000 anni, che è possibile ricostruire raccogliendo importanti
informazioni che ci vengono fornite nella lettura di alcuni canti. Nel canto ventiseiesimo del
Paradiso, Adamo, che finalmente può incontrare Dante afferma:

                             Quindi onde mosse tua donna Virgilio,
                              quattromilia trecento e due volumi
                                di sol desiderai questo concilio;
                                 e vidi lui tornare a tutt' i lumi
                              de la sua strada novecento trenta
                               fïate, mentre ch'ïo in terra fu'mi.

rimase nel Limbo per 4302 anni dopo essere vissuto per 930 anni; così pure nel canto
ventunesimo dell' Inferno:

                             Ier, più oltre cinqu'ore che quest'otta,
                                 mille dugento con sessanta sei
                               anni compié che qui la via fu rotta.
il diavolo Malacoda afferma che erano trascorsi 1266 anni da quando era crollato il ponte
sulla sesta bolgia, a causa del terremoto che scosse la terra nell'ora della morte di Gesù.
Considerando che Adamo vide il sole tornare al suo punto di partenza per 930 volte, cioè
visse 931 anni e che il compimento dei 1266 anni dalla frana del ponte della sesta bolgia era
avvenuto il giorno prima (per cui Dante inizia il viaggio nell'anno 1267 dalla morte del
Redentore), allora sommando il numero di anni che si ottengono da queste informazioni
arriviamo a 4302+931+1267= 6500 anni, corrispondenti esattamente alla metà del ciclo che
Dante attribuisce alla storia umana; il secondo e ultimo periodo di 6500 anni dovrà
trascorrere dall'anno 1300 prima del Giudizio universale. La somma di questi due periodi
equivale, con un'approssimazione davvero ragguardevole, alla durata del semiciclo
precessionale.

Il viaggio di Dante si compie secondo «l' asse spirituale» del mondo; soltanto di là, in effetti,
si possono vedere tutte le cose in modo permanente - in quanto siamo anche noi sottratti al
cambiamento - e averne di conseguenza una visione sintetica e totale [...]
Lucifero simboleggia «l'attrazione inversa della natura», cioè la tendenza all'
individualizzazione, con tutte le limitazioni inerenti; la sua dimora è dunque «'l punto al qual
si traggon d'ogne parte i pesi», o in altri termini, il centro di quelle forze attrattive e
compressive che nel mondo terrestre sono rappresentate dalla gravità [...] Perciò, non
appena è stato raggiunto il fondo degli inferi, comincia l'ascesa o il ritorno verso il
principio, che segue immediatamente alla discesa; e il passaggio dall'uno all'altro emisfero
avviene aggirando il corpo di Lucifero.
L’enigma dantesco dei quattro cerchi e delle tre croci
Uno dei passi piu' controversi fra quelli astronomici della Divina Commedia si trova nel primo
canto del Paradiso, versi 37-42:

                                 Surge ai mortali per diverse foci

                               la lucerna del mondo; ma da quella

                             che quattro cerchi giugne con tre croci,

                              con miglior corso e con migliore stella

                                esce congiunta, e la mondana cera

                               piu' a suo modo tempera e suggella.

Il senso letterale comunemente dato a questi versi e': la lucerna del mondo (cioe' il Sole)
sorge ai mortali attraverso diversi sbocchi; ma esce unita a miglior corso e a migliore stella - e
tempra e modella piu' a sua immagine la materia del mondo - da quello sbocco che congiunge
quattro cerchi formando tre croci. Tutti concordano sul fatto che Dante vuole indicare i
particolari aspetti astronomici dell'equinozio di Primavera: il Sole sorge dal punto Est
dell'orizzonte; il suo corso e' migliore perche' porta a un perfetto equilibrio fra il giorno e la
notte per tutti gli abitanti della Terra; e' in congiunzione con l'Ariete, come per tradizione si
riteneva fosse stato al momento della creazione del mondo. Appunto tale potenza creativa
torna puntualmente a Primavera, quando il Sole produce il risveglio della vita (questo vale per
l'emisfero Nord, l'unico che al tempo di Dante si considerava abitato). Non e' facile invece
individuare i quattro cerchi e le tre croci di cui parla il poeta.

(a sinistra) I quattro cerchi immobili congiunti dal punto Est e dal punto Ovest.
(a destra) I quattro cerchi mobili congiunti dal punto Gamma e dal punto Omega.

Secondo la versione tradizionalmente accettata i quattro cerchi sono: orizzonte, equatore,
eclittica, coluro equinoziale (i primi tre sono ben noti; il quarto passa per i poli celesti e per le
intersezioni dell'eclittica con l'equatore, cioe' per i punti equinoziali Gamma e Omega). Le tre
croci presenti all'equinozio nel punto Est al momento del sorgere del Sole sarebbero formate
dall'orizzonte con equatore, eclittica e coluro. Pero' questa interpretazione, anche se e' la piu'
elementare, e' poco credibile perche' non si tratta di vere croci: infatti i bracci non formano
angoli retti.
(a    sinistra)  Le     due     "croci    ferme"      viste    da    una     latitudine       di    45°.
(a destra) Le due "croci mobili" alte nel cielo, viste da una latitudine di 45°.

L'astronomo Angelitti opto' per quattro cerchi tutti rotanti con la sfera celeste, infatti sostitui'
l'orizzonte col cerchio di latitudine eclittica (cerchio passante per i poli dell'eclittica e per i punti
Gamma e Omega ): in questo modo ottenne due vere croci (equatore col coluro; eclittica col
cerchio di latitudine) piu' una terza ("tirata un po' coi denti" - diceva l'Angelitti stesso - ma
pure questa vera croce) formata dai fusi sferici ampi 23 27' definiti dai quattro cerchi. La
conclusione dell'Angelitti e': "Questo e' uno degli arzigogoli danteschi, la cui interpretazione
s'indovina con tutta sicurezza, ma non si giustifica con piena soddisfazione".

Il Prof. Capasso nel suo volume "L'Astronomia nella Divina Commedia" ha scelto quattro cerchi
fissi rispetto all'osservatore e sempre presenti nel punto Est: orizzonte, equatore, primo
verticale (passante per Est, Ovest, Zenit e Nadir) e primo orario (passante per Est, Ovest e i
poli celesti). Gli ultimi due cerchi sono usati per calcolare rispettivamente l'azimut e il tempo.
Una possibilita' suggerita da Capasso e' che Dante attribuisca al punto Est l'ufficio di "giugnere"
i quattro cerchi (ufficio che in realta' compete al diametro E-W). Il diametro E-W considerato
appartenente al piano dell'orizzonte forma una croce con l'asse dei poli celesti (giacente sul
piano del primo orario), un'altra con l'asse Zenit-Nadir (giacente sul piano del primo verticale),
e una terza con la "linea dei mezzi cieli" (giacente sul piano dell'equatore). Tutte queste croci
sono vere croci, ma non sono sulla sfera e questo non appare accordarsi bene col quadro
astronomico in discussione.

Negli anni 83-84 riflettei a lungo su questo passo dantesco. Dato che non contiene riferimenti
mitologici ne' letterari, mi sembrava logico che l'interpretazione si dovesse basare solo su
conoscenze astronomiche (in particolare di astronomia sferica): in pratica, visto che si parla di
Est e di equinozio, si dovevano considerare e mettere in relazione tra loro tutti i cerchi che
passano per il punto Est dell'orizzonte e quelli per il punto Gamma dell'equatore celeste.
L'esercizio era appassionante, pero' il nodo continuava a dimostrarsi inestricabile: finche' mi
accorsi che si puo' ottenere un senso letterale diverso facendo semplicemente una pausa dopo
"giugne". Questa pausa permette di separare il problema dei quattro cerchi da quello delle tre
croci e quindi di risolverli con piena soddisfazione. Secondo me Dante intende dire: la lucerna
del mondo sorge ai mortali attraverso diversi sbocchi; ma esce unita a tre croci, a miglior corso
e a migliore stella - e tempra e modella piu' a sua immagine la materia del mondo - da quello
sbocco che congiunge quattro cerchi.

Per quanto riguarda il testo poetico, gli esperti dicono che la pausa si puo' fare senza difficolta'.
Procedo quindi a dimostrare il mio enunciato. Anche per me i quattro cerchi congiunti dal
punto Est sono quelli scelti da Capasso: orizzonte, equatore, primo verticale e primo orario.
Passando al problema delle tre croci, considero dapprima le due croci formate da questi
quattro cerchi: per l'osservatore esistono sempre due croci nel punto Est, l'una formata
dall'orizzonte col primo cerchio verticale e l'altra dall'equatore col primo cerchio orario. Le
possiamo chiamare per semplicita' "croci ferme", in quanto non partecipano alla rotazione
apparente del cielo. Considero poi le due croci formate dai quattro cerchi scelti dall'Angelitti:
queste partecipano alla rotazione apparente del cielo e i loro centri coincidono col punto
Gamma. Tutti i giorni il punto Gamma percorre in cielo quella stessa via che percorre il Sole il
giorno dell'equinozio, e al punto Gamma si possono pensare unite due croci: l'una formata
dall'equatore col coluro degli equinozi, l'altra dall'eclittica con il cerchio di latitudine eclittica. Le
possiamo chiamare per semplicita' "croci mobili". Quando il punto Gamma e' alto in cielo tutti i
bracci di queste croci sono visibili, a differenza delle "croci ferme" che stanno sempre per
meta' sotto l'orizzonte. Qui occorre una precisazione a proposito dell'equatore, che ho messo
prima tra i cerchi immobili rispetto all'osservatore e poi fra quelli che partecipano al moto
apparente diurno. In realta' si tratta di un unico cerchio che si puo' pensare nel primo caso
immobile e graduato nella coordinata "angolo orario", nel secondo caso mobile con la sfera e
graduato nella coordinata "ascensione retta".

Mettiamo ora insieme il tutto, consideriamo cioe' l'istante in cui il moto apparente del cielo
porta il punto Gamma a sorgere dal punto Est (istante che anticipa di circa quattro minuti ogni
giorno). In quel momento le due croci mobili sono unite alle due croci ferme, dato che i centri
sono sovrapposti: ma l'osservatore vede tre croci e non quattro, perche' in quell'istante la
croce "equatore-primo orario" e' esattamente sovrapposta a quella "equatore-coluro". Anche
se questo evento si ripete ogni giorno, esso diventa importante e significativo solo all'equinozio
di Primavera, quando nel punto Gamma c'e' il Sole. E il Sole allora sorge "congiunto" con tre
croci!

(a sinistra) Le tre "croci" tradizionalmente accettate. Formate dal coluro, dall'equatore e
dall'eclittica   con    l'orizzonte,   hanno       bracci    non      perpendicolari tra loro.
(a destra) Il Sole congiunto con tre croci nell'interpretazione dell'autore.
Significato allegorico
Dopo aver mostrato che l'interpretazione proposta e' soddisfacente dal punto di vista
astronomico, aggiungo anche il senso allegorico che mi sembra ne derivi immediatamente. La
Pasqua e' associata all'equinozio di Primavera, nel senso che la data della Pasqua si calcola a
partire dall'equinozio, percio' e' associata all'equinozio anche la morte di Cristo sulla croce (e
insieme a lui furono crocifissi altri due condannati). Quindi il riferimento astronomico-
temporale della crocifissione e' l'equinozio, lo sfondo iconografico e' costituito dalle tre croci sul
Golgota, come si vede in tanti dipinti. L'Est e' visto dal poeta come punto d'incontro di cerchi
astronomici, figure perfette adatte al Cielo; il Sole, simbolo di Cristo, e' visto sorgere congiunto
alle croci, figure angolose adatte alla Terra. In armonia col significato piu' profondo del suo
poema, Dante non si limita a vedere l'aspetto astronomico dell'equinozio e i suoi benefici effetti
per il risveglio della natura e della vita, ma ricorda con quelle croci la morte di Cristo,
passaggio obbligato per la redenzione e rinascita dell'umanita'.

Termino sottolineando che i versi in discussione hanno una posizione particolare nel poema:
col verso "Surge ai mortali per diverse foci" inizia la "esecuzione" del Paradiso, dopo un
prologo di 36 versi. Lo stesso Dante dice questo nella lettera di dedica del Paradiso a Can
Grande della Scala, Signore di Verona. Anche il Momigliano nota la particolarita' del momento:
"Con i versi 37-45 Dante, come gia' aveva fatto costantemente nel Purgatorio, da' uno sfondo
celeste ai momenti del suo viaggio, e quindi ne accresce la solennita'. Siamo ancora sul
Purgatorio, sulla vetta, quindi sulla terra; e il riferimento da questa agli astri e' ancora possibile
... e quell'insistere sulla posizione del Sole, che puo' sembrare soltanto sfoggio di dottrina
astronomica, e' invece ... un motivo che approfondisce il significato di questo momento della
vita spirituale di Dante. Qui per l'ultima volta il Sole e' il faro del viaggio di Dante: per l'ultima,
e per la piu' significativa; e qui si avvera splendidamente la definizione che del Sole Dante
aveva dato gia' sulla soglia del poema ... ". Mi e' sembrato percio' poco verosimile che proprio
qui Dante sia ricorso a un arzigogolo: ho fatto una paziente ricerca e ho finito per individuare
un significato che trovo preciso e molto soddisfacente.

                                                                             Davide Conigliaro
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