Università degli studi di Firenze Scienze dell'educazione e della formazione

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Università degli studi di Firenze
                           Scienze dell’educazione e della formazione

                                                                                         Giulio Quinti
                                                                            Relazione non frequentante

              Tecnologie digitali e bambini: quali rischi, quali opportunità?

Introduzione
Le tecnologie digitali hanno influenzato qualsiasi ambito della società, creando anche diverse generazioni. Mark
Prensky chiama, nel 2001, “nativi digitali” quella generazione nata immersa nelle tecnologie come il computer,
i videogiochi e i cellulari. Ma soltanto una decina di anni dopo nascono i “bambini digitali” o “mobile born” con
l’arrivo del tablet della Apple (l’iPad), che avendo uno schermo più grande e luminoso, attirava maggiormente
l’attenzione dei bambini, ed era anche più semplice giocarci ed usarlo rispetto a un computer. Questi “bambini
digitali” appartengono alla terza generazione digitale, che già ad 1 anno e 6 mesi sanno utilizzare l’iPad con
l’aiuto di un genitore. Infatti secondo una ricerca dell’AVG, famosa azienda che realizza antivirus, più del 50%
dei bambini tra 2 e 5 anni hanno una conoscenza base dei giochi dei tablet, mentre solo l’11% sa allacciarsi le
scarpe.
In riferimento a questo lo psicologo Jerome Bruner parla di “rappresentazione enattiva”, cioè quella situazione
in cui nei primi anni di vita i bambini classificano gli oggetti per le funzioni per cui vengono utilizzati e i gesti
che compiono mentre li utilizzano; per questo i bambini hanno una certa disinvoltura nell’uso di questi
dispositivi.
Molti scienziati e psicologi ritengono che le opportunità che derivano dall’utilizzo di questi dispositivi siano
superiori rispetto ai rischi, ma dipende dall’uso. Infatti secondo il professor Giuseppe Riva, questi dispositivi
sono utili se vengono usati dopo i 18 mesi di vita e se viene sfruttata l’interattività. Già qui Riva ci evidenzia
alcuni rischi: l’utilizzo eccessivo di queste tecnologie potrebbe portare ad un affaticamento della vista, al
pericolo che il bambino si isoli psicologicamente, e si lega anche al fatto del costo eccessivo di alcune app. Però
l’utilizzo positivo può portare allo sviluppo di una maggiore capacità di integrazione cognitiva.
Inoltre, nell’articolo Come le nuove tecnologie ci stanno cambiando: la iGeneration, viene esplicato come le
tecnologie hanno portano grossi cambiamenti sia in campo negativo che positivo. Purtroppo hanno portato
all’alterazione di elementi paraverbali, forme di dipendenza e diminuzione dell’attenzione. Ma hanno realizzato
anche trasformazioni come l’opportunità di apprendere ed imparare di alcuni individui prima emarginati.
Secondo Paul Holland, questi “mobile-born” faranno ripensare il futuro in base all’interattività.

Opportunità e rischi dei Digital Devices
Giorgio Tamburlini, presidente del Centro per la Salute del Bambino Onlus di Trieste, e Valeria Balbinot
hanno indicato delle evidenze, con annessi rischi e opportunità, per un uso consapevole delle tecnologie digitali
da parte dei bambini. Secondo loro i DDs (Digital Devices), se usati in modo corretto, possono contribuire a
facilitare l’informazione, la comunicazione, l’efficacia del sistema educativo e la partecipazione civica, ma in
caso contrario, portano a danni della salute psico-fisica, all’apprendimento e alle relazioni. Per cercare di
evitare questi danni genitori ed insegnanti devono intervenire subito nei primi anni di vita, consentendo ai
bambini di cogliere tutte le opportunità dei DDs.
Nello specifico:
Uno dei rischi più caratteristici è il fatto di stare immobili in posizioni scorrette, che portano a una riduzione
dell’attività fisica, ad un aumento di sovrappeso, obesità, malattie (es. cardiovascolari, diabete) e problemi di
postura (es. scoliosi). Un esempio può essere l”iGobba”, termine coniato da Steve August: sintomo portato dai
momenti in cui pieghiamo la testa per guardare tablet o smartphone, così da facilitare la creazione della gobba.
Inoltre passare troppo tempo sui cellulari e sui tablet è dannoso anche per la vista, e può portare a irritazioni,
fastidi oculari e nel peggiore dei casi alla miopia sin da piccoli.
Le tecnologie digitali sono anche pericolose per la mente perché portano a fenomeni di peggioramento della
concentrazione, memoria, creatività e capacità critica, portando inoltre a manifestazioni di insonnia,
aggressività e isolamento sociale.
La televisione se usata correttamente migliora l’informazione, lo studio e il divertimento, e può arricchire il
linguaggio e le conoscenze dei bambini, al contrario se usata in modo scorretto può aumentare il rischio di
obesità perché favorisce l’immobilità, diminuisce la concentrazione e le relazioni familiari e può trasmettere
valori inadeguati come per esempio l’oggettivazione del corpo della donna. Questi rischi però possono essere
ridotti se si fa un uso massimo di due ore di televisione al giorno, se i genitori scelgono i programmi, se si parla
di ciò che è stato visto e se si vieta la televisione in camera.
I videogiochi, che vanno considerati come l’evoluzione tecnologica di un semplice gioco, possono essere un
positivo strumento di intrattenimento educativo e stimolante, ma non per questo se ne deve fare un uso
eccessivo, perché esistono molte diverse attività di gioco. Se usati in modo adeguato, i videogiochi, consentono
ai bambini di acquisire competenze digitali da usare in futuro, di stimolare la socializzazione, l’apprendimento e
lo sviluppo cognitivo, possono sensibilizzare i bambini a temi ambientali o sociali, inoltre stimolano molto più
precocemente le abilità visuo-percettive e quelle manuali della motricità fine, perché devono essere molto
precisi. Invece i rischi possono essere la dipendenza, l’irritabilità, atteggiamenti violenti, insonnia, ansia,
difficoltà relazionali, isolamento, anche qui obesità, ma anche problemi muscolari e osteoarticolari, e il fatto
che i bambini devono essere molto rapidi e quindi non possono approfondire niente, fa trascurare loro alcuni
aspetti del ragionamento Si possono prevenire evitando giochi violenti, se non se ne fa un uso eccessivo e si
tiene in considerazione la classificazione PEGI.
Gli smartphone e i tablet, con le loro app, sono posseduti dalla maggior parte dei bambini e dei ragazzi,
questo anche perché i genitori lasciano i propri dispositivi già dai primi anni di vita ai loro figli. Ma è
importante in questo periodo che l’utilizzo sia condiviso, e quindi attuare la pratica del co-viewing che stimola
discussione e dialogo. Comunque se usati in modo corretto questi dispositivi e le proprie app possono facilitare
le relazioni con gli altri, sviluppano l’apprendimento collaborativo, possono aiutare in situazioni di emergenza,
aiutano alla scoperta del mondo naturale, consentono l’esposizione alle lingue straniere, stimolano la creatività
e lo spirito di esplorazione, con le nuove forme multimediali promuovono nuove forme di narrativa,
sensibilizzano i bambini alle due dimensioni del reale e del virtuale. Se utilizzati in modo non giusto portano a
situazioni quali: effetti negativi sulla salute, danni all’udito, distrazione, dipendenza, possibilità di acquistare
online senza la supervisione dei genitori, isolamento, ansia e irrequietezza, tutte situazioni che possono essere
evitate se questi dispositivi vengono tenuti lontani dal corpo, se non vengono utilizzati eccessivamente, se si
controlla la sicurezza, se vengono usate applicazioni di qualità, se vengono fatte rispettare delle regole. Inoltre
è sconsigliato farli usare prima di dormire, perché inducono l’insonnia. Le app inoltre possono aiutare
nell’apprendimento dell’inglese e delle abilità cognitive, ma devono essere adeguate all’età.
I computer stanno appassionando sempre di più bambini e ragazzi con la possibilità di divertirsi con giochi,
musica e internet. Purtroppo può portare a condizioni spiacevoli come: mal di schiena, per la postura
scorretta; danni alla vista, anche se non ci sono studi che lo provano in definitiva, ma comunque gli schermi dei
pc fanno sgranare meno gli occhi e quindi porta a sensazioni di fastidio; mancanza di sonno, perché attirano
l’attenzione di bambini e ragazzi anche durante la notte per ore, quindi è importante imporre dei limiti; può
portare a problemi di epilessia; infine può creare situazioni di dipendenza e solitudine. Inoltre è consigliabile
fruire dello strumento in compagnia di un adulto, perché i bambini possono incappare in giochi violenti e
diseducativi. Per evitare tutto ciò si deve cercare di non far stare i bambini per più di un’ora al giorno davanti
allo schermo.
Internet è usato dal 90% dei bambini e ragazzi italiani, sviluppando l’informazione e la comunicazione, anche
se secondo lo psichiatra psicoterapeuta Gustavo Pietropolli Charmet ha poco a che fare con la conoscenza e il
sapere. Comunque se utilizzata in modo appropriato la rete aiuta nell’informazione per lo studio, nella
comunicazione, nelle relazioni, nell’esplorazione, nell’acquisto e nella ricerca di opportunità. In questo caso i
rischi superano di molto i benefici con problemi al corpo, alla vista, non permette criticità, distrae, può portare
a scambi pericolosi, può favorire aggressività e violenza, può verificarsi il problema della diffusione di contenuti
e immagini ad insaputa dei bambini, può isolare dal mondo reale con conseguente dipendenza. Come sempre
tutti questi danni hanno delle scappatoie che si trovano nell’utilizzo limitato a non più di 2 ore giornaliere,
nella guida dei genitori, nel divieto di iscriversi ai social network fino a 14 anni, nel divieto della connessione
nei momenti di studio, nella discussione di ciò che si fa su internet e nella responsabilizzazione dell’uso
consapevole di internet.
In conclusione Tamburlini e Balbinot pensano che se si vuole un uso consapevole delle tecnologie digitali da
parte dei bambini, i genitori devono creare nei figli sin da piccoli l’interesse per altre attività come la lettura, la
musica, l’arte e lo sport.

Costruzione dell’identità
Come spiegano Simone Cosimi e Alberto Rossetti, nel loro libro Nasci, Cresci e Posta – I social network sono pieni
di bambini: chi li protegge?, i social network sono anche uno strumento per sperimentare il legame con l’Altro,
legame necessario per formare l’identità di ciascun individuo. Sembrerebbe una componente positiva, ma nel
caso dei bambini l’identità non viene accresciuta, ma viene deformata e distorta, perché anch’essa si forma
prendendo spunto dall’Altro, in questo caso gli adulti.
Inoltre, nei bambini, ci sono due strade, da un lato, gli inesistenti confini delle tecnologie possono portare
all’individuazione di un’identità instabile, ma dall’altro, la rete può fungere da salvataggio, perché i siti web e i
blog possono far sentire i giovani accettati per quello che sono.
Un rischio importante, è l’analfabetismo emotivo, termine coniato da Daniel Goleman, con il quale si intende
la mancanza di consapevolezza delle proprie emozioni, delle ragioni e l’incapacità di relazionarsi con le
emozioni altrui, conseguenza della comunicazione mediata da computer, che manca di elementi
metalinguistici.

Sharenting
Un altro fenomeno che porta a dei rischi è quello dello sharenting, termine usato per la prima volta nel 2014 dal
giornale Wall Street Journal. Il termine, share (condividere) + parenting (essere genitori), indica l’abitudine dei
genitori di condividere immagini e contenuti dei propri figli sui social network. Il problema sta nel fatto che
un’immagine, per quanto innocente possa essere, nelle mani di un soggetto deviato (es. pedofili) ha tutt’altro
significato. Tutto ciò sta nell’inconsapevolezza dei genitori, che porta a rischi come: furto dell’identità online,
furto delle immagini poi rivendute sul mercato nero, creazione di una reputazione digitale della quale in futuro
il figlio non potrebbe andarne fiero e con la tecnica della geolocalizzazione alcuni individui non desiderabili
possono arrivare alle informazioni sugli ambienti frequentati. Ci sono delle indicazioni ovviamente per cercare
di evitare ciò, e per far si che i genitori possano condividere momenti di gioia, come valutare con chi si
condivide i contenuti, non postare foto di bambini nudi, cercare di non fornire informazioni troppo dettagliate
su luoghi e chiedere il consenso degli altri genitori nel caso che nella foto ci siano minori. Inoltre per evitare
queste situazioni sgradevoli, Dan Barak, ha realizzato Scrapbook, uno strumento dove i genitori possono
condividere le foto dei propri figli tramite l’utilizzo di tag, limitando la visibilità.

Plasticità neurale
Per molto tempo è stato creduto che il cervello dopo il raggiungimento dell’età adulta non potesse più
modificarsi. Ma dal 1980 si sono affermate sempre di più le teorie sulla plasticità neurale, cioè la capacità di
riorganizzarsi e ristrutturarsi in relazione alle condizioni dell’ambiente, con la mente, il corpo, il cervello e i
comportamenti. I neuroni del nostro cervello si attivano ogni volta che compiamo un’azione o sperimentiamo
una sensazione, e così anche quando utilizziamo le nuove tecnologie, che conducono a specifici condizioni di
plasticità neurale. Questo porta sia ad effetti negativi: secondo Nicholas Carr l’eccesso di stimoli che
assumiamo durante l’utilizzo delle tecnologie digitali determina un sovraccarico cognitivo nella memoria di
lavoro da non creare più connessioni neurali per molto tempo, inoltre navigare sul web e chattare riportano
alla nostra attenzione troppe informazioni così da distrarci dal nostro compito; ma anche ad effetti positivi:
perché i media digitali, soprattutto i videogiochi, possono migliorare il problem solving, inoltre secondo Jonah
Lehrer Google migliora l’attenzione selettiva, infine Larry D. Rosen afferma che l’utilizzo delle tecnologie
digitali porta a QI più alti, migliori capacità mnestiche e maggiore rapidità nell’elaborare informazioni. Ma
negli individui delle iGeneration, cioè gli individui nati dopo il 2010, il cervello è strutturato in modo diverso.
In poche parole quando questi bambini, o ragazzi, navigano sul web o chattano, reagiscono con azioni
precipitose e frettolose, senza pensare agli effetti futuri. Il problema non sta tanto nell’atteggiamento di questi
bambini del presente, pressoché uguale a quello dal passato, ma nell’ambiente in cui si trovano, il quale è senza
confini e può stimolar in qualsiasi modo. Inoltre Bauleke e Hermann hanno trovato nell’iGeneration parecchi
individui con disturbo da deficiti di attenzione e iperattività.

Ricerca EU Kids Online
EU Kids Online è riconosciuta come una fonte autorevole che mette in mostra i rischi e le opportunità di
internet per bambini e ragazzi europei. Il progetto è stato realizzato per la prima volta nel 2010, poi nel 2013-
2014, e poi una terza volta nel 2017-2018 quando ha realizzato un’indagine su un campione di 1006 bambini e
ragazzi dai 9 ai 17 anni.
Parlando di rischi, nel 2010 è emerso che l’esposizione a rischi non porta inevitabilmente a dei danni, ma è
necessario individuare i ragazzi più vulnerabili. Nel 2017, oltre alle solite domande del 2010 e del 2013, sono
state aggiunte anche domande sul cyberhate, e quindi sul cyberbullismo, sul cyber-bystanders (coloro che
osservano) e sull’hate speech (discriminazioni). Nel 2017, in media, il 13% dei ragazzi italiani si è sentito
turbato da alcuni comportamenti online, anche se abbiamo un 13% per i bambini dai 9 ai 10 anni, e un 17%
per i ragazzi dai 14 ai 17 anni, e quindi una differenza tra le età, cosa che nel genere non troviamo.
Per rispondere ai rischi in cui incorrono i bambini adottano delle strategie a livello sociale, cioè chiedere aiuto
alle persone vicino a loro. Il 47% si è rivolto agli amici, il 38% ai genitori e il 25% a nessuno. Inoltre il 22% ha
reagito bloccando un contatto sui social network e solo il 2% ha segnalato contenuti inappropriati.
Parlando di cyberbullismo, nel 2017, il 6% di bambini e ragazzi ne è stato vittima, e il 10% vittima di bullismo
online e offline. Se guardiamo nello specifico, l’incidenza maggiore risulta tra i ragazzi dai 15 ai 17 anni e quelli
tra gli 11 e i 12 anni. Per il genere sono risultati più colpiti i ragazzi che le ragazze. Per la reazione da parte di
altri ragazzi si vede che i più turbati sono i ragazzi maschi tra i 13 e i 14 anni. Se si guarda le forme specifiche
del cyber bullismo la maggior parte dei ragazzi afferma di aver ricevuto messaggi cattivi o offensivi. La
percentuale di bulli più alta si trova nella fascia 13-14 anni.
Parlando dei bystanders, la percentuale più alta la si trova tra i 15 e i 17 anni. Circa la metà dei ragazzi
testimoni cerca di aiutare le vittime, soprattutto nella fascia di età tra gli 11 e i 12 anni, al contrario non
intervengono i bambini più piccoli. Le ragazze di solito cercano di aiutare di più le vittime rispetto ai ragazzi.
Un altro rischio sempre più popolare è l’hate speech, cioè la diffusione di commenti violenti, discriminatori e
offensivi sul web, che secondo tale ricerca suscita riprovazione nella quasi totalità del campione, anche se la
percentuale scende soltanto ai tre quarti quando si parla di usarlo per rispondere a violenze verbali contro
familiari o amici, soprattutto tra i ragazzi di 14-17 anni. Comunque l’hate speech è sempre più comune, infatti
il 31% dei ragazzi tra gli 11 anni e i 17 anni ha affermato di aver visto messaggi d’odio sul web. Il rischio sale al
crescere dell’età e si ripercuote di più sulle femmine. Questo rischio porta nei ragazzi a reagire con la tristezza,
disprezzo, rabbia e vergogna.
Un ulteriore rischio sul quale i giovani possono imbattersi sul web è il sexting, cioè l’invio di messaggi a sfondo
sessuale, e nel 2017 è stato colpito il 7% dei ragazzi tra gli 11 e i 16 anni. Da qui ci si può collegare anche ad un
altro rischio, cioè la ricezione di contenuti pornografici, che colpisce il 31% del campione, soprattutto tra i 15
e i 17 anni e i maschi.
Il rischio che più preoccupa gli adulti nei confronti dei giovani è l’incontro con persone sconosciute online,
cioè la cosiddetta “stranger danger”, e quindi l’idea che i ragazzi siano adescati online per poi organizzare un
incontro offline e subire abusi in quella occasione. Tutto ciò colpisce il 27% dei ragazzi di 9-17 anni, e il 9% ha
avuto poi un incontro di persona.
Gli ultimi rischi di cui parla la ricerca sono la condivisione dei contenuti user generated negativi, l’uso
improprio dei dati personali, l’uso eccessivo di internet e lo sharenting.
L’esposizione ai contenuti user generated negativi (es. contenuti che promuovono disturbi alimentari,
comportamenti auto-lesionistici, discriminazione etnica o contro determinati gruppi sociali) si conferma come
il rischio più diffuso sul web, con il 51% degli intervistati che si è imbattuto con questi contenuti sul web.
L’uso improprio dei dati personali colpisce il 5%. Insieme a ciò si parla anche di rischi commerciali (truffa) e
rischi di tipo tecnico (virus).
Il rischio dell’uso eccessivo di internet sembra amplificato dagli smartphone. Secondo gli ultimi studi di Daniel
Kardefeldt Winther però sembra che questo utilizzo eccessivo voglia compensare difficoltà psicologiche.
Questo uso eccessivo porta a conflitti con amici e familiari, forme di disagio quando si è offline.
Inoltre, i ricercatori dell’indagine hanno raggruppato i rischi e le opportunità in tre principali tipologie: sul
versante dei contenuti, sul lato dei contatti e sull’aspetto della condotta.
I rischi sul versante dei contenuti riguardano l’esposizione a contenuti offensivi o pericolosi. Infatti, in internet
chiunque può pubblicare qualsiasi informazione o contenuto. Il problema sta nel fatto della qualità
dell’informazione, e quindi nella credibilità. Un primo problema riguarda la fonte, che assume contorni
sfumati e ambigui: a volte manca, o è incompleta, o indecifrabile, o si confonde o si maschera. Inoltre può
essere facilmente alterata. Poi ci sono anche siti che diffondono consapevolmente informazioni false per ragioni
ideologiche e commerciali (Web Deception). Miriam J. Metzger e Andrew J. Flanagin indicano quattro
strategie di costruzione della credibilità: la credibilità conferita, che riguarda la reputazione positiva della
persona; la credibilità tabulata, che avviene attraverso l’assegnazione di punteggi; la credibilità presunta, che
riguarda la reputazione sui social network; la credibilità emergente, riguardante archivi di risorse digitali creati
da gruppi sociali. Il problema maggiore sta nel fatto che i giovani utilizzano internet come la loro unica fonte di
informazione, non sapendo però di entrare in possesso di contenuti delicati, anche perché la loro esperienza e il
loro sviluppo emotivo e cognitivo è meno pronto di quello degli adulti.
I rischi sul versante dei contatti riguardano rapporti con sconosciuti, privacy, cyberbullismo e cyberstalking.
Riguardano quindi rischi sul fatto di incorrere in contatti non desiderabili o di essere oggetti di comportamenti
aggressivi. Ed anche la condizione di anonimato usata sul web può portare a forme di deresponsabilizzazione. Il
cyberbullismo comprende diversi comportamenti, come il flaming, che si tratta della ricezione di messaggi
violenti e offensivi, e come la pubblicazione su YouTube di video che riproducono atti di violenza fatti da
bambini su altri coetanei. Danah Boyd concerne quattro aspetti che caratterizzano l’età digitale per capire la
trasformazione del concetto di privacy: la persistenza, la ricercabilità, la replicabilità e l’invisibilità del
pubblico. Un ulteriore rischio riguarda le strategie sul web marketing, cioè conoscere un profilo attraverso le
azioni che compie, ed utilizzare il possessore dell’individuo come promotore di pubblicità.
I rischi sul versante della condotta, invece, riguardano la disinformazione, la comunicazione delle informazioni
personali e il download illegale. Sherry Turkle avvisa sui rischi che possono incorrere nel gioco della
costruzione dell’identità sul web, perché si può cascare in false rappresentazioni di sé e delle proprie
competenze. Per quanto riguarda il feedback, e quindi il giudizio delle altre persone, gli adolescenti rischiano
di dipenderne eccessivamente, limitando il loro sviluppo personale e la loro capacità di prendere decisioni
autonomamente, così da non riflettere più criticamente sulle questioni. Inoltre alcuni sottolineano il rischio di
allontanare le persone dalla partecipazione civica e politica. Gran parte dell’attenzione però viene puntata sulla
privacy e sulla ricezione/fruizione di contenuti violenti o sessuali.
Le opportunità sul versante dei contenuti riguardano l’impiego di risorse informative ed educative per eseguire
determinate attività, anche creative. Quindi riguardano la facilità con cui attualmente si può accedere alle
risorse digitali e a produrle, con la diffusione degli strumenti di pubblicazione e condivisione online.
Successivamente, la condivisione di saperi porta alla creazione di risorse migliori e all’effettuazione di processi
più efficaci di costruzione della conoscenza, che ha portato alla creazione della Creative Commons (diritti di
proprietà intellettuale online). In futuro, se i giovani rispetteranno questi diritti di proprietà intellettuale,
potranno condividere le proprie produzioni e contribuire così alla comunità.
Le opportunità sul versante dei contatti riguardano la partecipazione a gruppi sociali e di interesse, con annessi
scambi di informazioni. In primo luogo l’anonimato permette , senza rischi, agli individui di esplorare le
proprie identità negli spazi online,di lavorare ai propri problemi personali e ad agire sui conflitti irrisolti.
Un’opportunità vantaggiosa sta nel fatto di poter assumere il ruolo degli altri aiutando così gli individui a
riflettere su chi sono e su chi vorrebbero essere. Immedesimarsi in altre persone costituisce un pre-requisito
importante per assumere condotte valide eticamente (giochi di ruolo virtuali). Altre opportunità vengono dalla
partecipazione a comunità pubbliche online, dove diversi individui collaborano tra loro per un interesse
comune.
Le opportunità sul versante della condotta riguardano la partecipazione a gruppi di apprendimento
collaborativo e comunità di conoscenza, il coinvolgimento a forme di impegno civico e in attività di creazione
di contenuti, e anche l’espressione della propria identità personale. Innanzitutto dalla partecipazione derivano
benefici sia individuali, comunitari e sociali. Henry Jenkins afferma che la partecipazione fa sviluppare ai
giovani nuove abilità utili per l’esercizio della cittadinanza e della vita professionale, così da poter scambiare
idee e opinioni su eventi sociali.

Progetto “Una finestr@ sul mondo” della scuola dell’infanzia “Via Caselli” e progetto
“Laboratorio di informatica” della scuola dell’infanzia “San Francesco” (2013/2014)
Per capire invece alcune opportunità del computer possiamo fare riferimento alla ricerca Una finestr@ sul
mondo. Il progetto permetteva ai bambini dell’ultimo anno della scuola dell’infanzia “Via Caselli” di esplorare
per la prima volta i new media e per interagire in svariati modi con il computer in modo giocoso e divertente.
Lo scopo principale del progetto era quello di usare diverse strategie che permettessero l’uso didattico ed
educativo dei nuovi media, attraverso esperienze di tipo affettivo, cognitivo, metacognitivo e relazionale, tutto
realizzato sulla base dei bambini. Le insegnanti hanno lavorato sia in maniera meccanica ma hanno anche
giocato insieme ai bambini, per porre interrogativi ai bambini e farli riflettere criticamente sul loro utilizzo.
Sono state proposte attività per far acquisire la sicurezza e la padronanza del computer, facendo dire ad alta
voce ai bambini che cosa stessero facendo, ed utilizzando i programmi Word, Paint e Tux Paint. Queste attività
hanno portato alle opportunità di apprendimento globale e immediato e per il fatto che fossero molto
stimolanti, hanno portato allo sviluppo di attenzione, memoria e voglia di imparare. Inoltre i bambini sono stati
stimolati nella costruzione del sapere, perché erano protagonisti del loro processo di apprendimento. Il
cooperative learning ha portato a rapporti socio-relazionali, forme di tutoraggio e rispetto delle regole.
Il progetto, invece, “laboratorio di informatica” della scuola dell’infanzia “San Francesco” ha sfruttato
l’apprendimento globale con i canali ricettivi sensoriale, cognitivo ed emotivo, per arrivare a delle
opportunità, col fatto che il computer sfrutta una miriade di codici espressivi simultaneamente. Per questo
l’insegnante ha cercato di promuovere una prima alfabetizzazione tecnologica nei bambini. Quindi i bambini
hanno imparato a familiarizzare con il computer, a conoscere le sue componenti e ad utilizzarne le sue funzioni
di base. Con Paint, poi, hanno prodotto disegni creativi col mouse. Inoltre i giochi al computer hanno portato
all’aiuto reciproco tra bambini e al lavoro collaborativo. Infine ogni bambino ha realizzato il proprio “Album di
informatica”, con dentro tutto ciò che aveva creato.

Bibliografi e sitografia
       Maria Ranieri, Le insidie dell’ovvio. Tecnologie educative e critica della retorica tecno centrica., ETS,
        2011
       http://www.fastweb.it/web-e-digital/bambini-digitali-rischi-e-vantaggi-dell-utilizzo-della-
        tecnologia/
       https://www.medicoebambino.com/lib/inserto_tecnologie_bambino.pdf
       Maria Ranieri, Stefania Manca, I social network nell’educazione. Basi teoriche, modelli applicativi e
        linee guida., Erickson, 2013
       https://medium.com/fisico-e-digitale-dove-due-mondi-si-incontrano/bambini-digitali-policy-e-
        psicologia-per-le-identità-in-formazione-1043bb7b39d2
       http://www.fupress.net/index.php/sf/article/viewFile/22185/20578
       https://compassunibo.wordpress.com/2016/05/03/bambini-e-social-il-fenomeno-dello-sharenting/
       http://www.corriere.it/salute/pediatria/cards/tecnologie-digitali-bambini-10-consigli-piu-uno-
        usarle-bene/igobba.shtml
       http://www.stateofmind.it/2017/04/igeneration-nuove-tecnologie/
       https://www.youtube.com/watch?v=80fTGSCphZg
       http://paroleostili.com/app/uploads/2018/01/EU-Kids-Online-Italy-report-Gennaio-2018-2.pdf
       https://www.guidaconsumatore.com/bambini/bambini_e_computer.html
       http://www.icgiardini.gov.it/progetti-186/40-curricolo/310-progetto-multimedialita-scuola-infazia-
        2014.html
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