UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA

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   DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE, GIURIDICHE E
              STUDI INTERNAZIONALI

Corso di laurea Triennale in Scienze politiche, relazioni internazionali,
                             diritti umani

   Accordo nucleare del 2015 e il suo impatto sull’economia e sulla
                          società iraniana

Relatore: Prof. Arrigo Opocher

                                            Laureanda: Zohreh Pakzad
                                                 matricola N. 1231426

                       Anno accademico 2021-2022
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA
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Dedico questa tesi a Mahsa Amini,
la figlia dell’Iran.
25/09/2022
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INDICE
Introduzione                                                               p. 3

Capitolo I: La nascita del programma nucleare iraniano

1.1. Le fiamme della II Guerra Mondiale: un paese che cerca di ricostruirsi p. 11
1.2. Verso la modernizzazione: anni ‘50 e ‘60                              p. 14
1.3. La nascita del programma nucleare iraniano                            p. 21
1.4. Perché il nucleare?                                                   p. 26
1.5. Il TNP                                                                p. 30

Capitolo II: La Rivoluzione islamica e il radicale cambio di rotta

2.1. Le conseguenze della rivoluzione del 1979 sul programma nucleare       p. 35
2.2. L’inizio del “problema” nucleare iraniano                              p. 41
2.3. 2006-2013: l’oscuro periodo di Ahmadinejad                             p. 47
2.4. Il Piano d'Azione Congiunto Globale (PACG)                             p. 51
2.5. L’amministrazione Trump, fine dell’Accordo e ritorno delle sanzioni    p. 55

Capitolo III: Le conseguenze socioeconomiche dell’Accordo
nucleare del 2015

3.1. L’economia iraniana sotto la Repubblica islamica: una premessa         p. 59
3.2. Gli effetti socioeconomici dell’Accordo nucleare: un confronto tra p. 67
prima e dopo del 14 luglio 2015
3.3. La situazione economico, politico e sociale dell’Iran di oggi      p. 81

Conclusioni                                                                 p. 87

Bibliografia                                                                 p. 92

Sitografia                                                                   p. 93

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Indice delle figure

Figura 1: Tabella del tasso di crescita reale medio annuo dei principali settori
dell'economia iraniana durante i piani quinquennali - percentuale a prezzi costanti
del 1974 ……………………………………………………………...………. P.18
Figura 1: Tabella della composizione settoriale del prodotto interno lordo iraniano
a prezzi correnti (miliardi di rial) ……………………………………………… P.19
Figura 2: Tabella delle entrate e spese del governo iraniano (miliardi di rial)… P.20
Figura 3: Proventi dall'esportazione del petrolio in diversi governi della Repubblica
islamica ………………………………………………………………………. P.64
Figura 4: Il PIL iraniano nel periodo tra il 2000 ed il 2020……………………. P.68
Figura 5: L’andamento del PIL iraniano dal 2012 al 2020……………………. P.69
Figura 6: Tasso di crescita del PIL iraniano 2010-2022 ………………………. P.70
Figura 7: Esportazioni del petrolio greggio iraniano dal 2002 fino al 2022 …. P.71
Figura 9: L’andamento del PIL reale dell’Iran in confronto con quello dell’Iran
sintetico ………………………………………………………………………. P.73
Figura 10: Il tasso d’inflazione iraniano, 2010-2020 …………………………. P.75
Figura 11: Tasso d’inflazione, ottobre 2021 – luglio 2022 …………………… P.77
Figura 12: Tasso di cambio Toman-Euro ……………………………………. P.80
Figura 13: Il numero dei cittadini iraniani richiedenti asilo nei Paesi Membri
dell’Unione Europea …………………………………………………………. P.86

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Introduzione

È ormai da decenni che la questione nucleare iraniana è oggetto di dibattiti a livello
internazionale; una questione che è stata percepita come una minaccia alla pace e
alla sicurezza internazionale sia da parte dei governi di singoli Stati che dal
Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. In tutti questi anni le autorità iraniane,
o più precisamente, le autorità della Repubblica islamica, il regime autoritario che
governa il Paese dal 1979, hanno continuamente affermato che il loro programma
nucleare fosse un programma civile e pacifico e che non avesse scopi militari.

Se fosse veramente così, allora cos’è che rende questo programma da un lato una
minaccia per la pace e la sicurezza internazionale e dall’altro un nodo politico
pressoché irrisolvibile da cui continuano a sorgere numerosi problemi economici
per la società iraniana? Quali sono gli aspetti diversi di tenere in piedi un
programma nucleare in Iran, da quelli prettamente politico-diplomatici a quelli che
gravano sull’economia e sulla società iraniana, e sullo standard di vita dei cittadini
iraniani?

L’idea di questo studio è di esaminare innanzitutto il corso cronologico dentro il
quale si è sviluppata la questione del nucleare iraniana, un percorso che inizia negli
anni ‘50 del secolo scorso e prima dell’avvenimento della rivoluzione khomeinista
che arriva fino ad oggi.

Quindi in parte ci occupiamo di un ritaglio della storia iraniana, una storia che sotto
molti aspetti è rimasta sconosciuta per la letteratura occidentale, in particolare per
quella italiana. Negli ultimi anni il nome dell’Iran nei telegiornali è stato sempre
associato al nucleare ed ai negoziati di diplomatici europei con dei rappresentanti
degli Ayatollah di Teheran. I negoziati che, dopo un lungo e logorante percorso,
finalmente nel 2015 hanno dato vita ad un accordo con la Repubblica islamica sul
tema del nucleare e su quello delle sanzioni occidentali che avevano messo in
ginocchio l’economia persiana. Un accordo che però ha avuto una vita breve ed è
ormai dilaniato sotto tutti i suoi aspetti.

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Dopo un decennio di costante espansione e sforzi diplomatici per fermare il
progresso del programma nucleare iraniano, il 14 luglio 2015 l’Iran ha concordato
un accordo storico con sei grandi potenze mondiali, i cinque membri permanenti
del Consiglio di sicurezza più la Germania. L’Accordo, noto come Joint
Comprehensive Plan of Action (JCPOA), ha sostanzialmente ridotto le capacità
nucleari dell’Iran in cambio dell’allentamento delle sanzioni economiche e la
liberazione dei fondi iraniani congelati in diversi paesi.

Una domanda fondamentale a cui cerchiamo di rispondere in questo studio è: questo
accordo tanto voluto dall’Occidente, oltre a salvare l’economia ormai fallita del
regime islamico, che conseguenze ha avuto per la società civile iraniana, ovvero
quella parte della società che non è legata direttamente al regime e che quindi non
guadagna quando guadagna il regime, che non condivide le idee e l’ideologia del
sistema islamico, e che subisce la repressione e le conseguenze negative delle scelte
politiche degli Ayatollah.

In altre parole, mentre gli Stati Uniti di Biden e l’Unione Europea stanno cercando
ancora una volta di riprendere la stessa strada di prima e di salvare l’Accordo del
2015, noi cerchiamo di scoprire il vero valore di questo accordo e di un eventuale
accordo futuro per la società iraniana, attraverso l’analisi dei dati e dei fatti che
abbiamo a disposizione. Analizziamo l’andamento di inflazione, il paniere di
consumo ed il potere d’acquisto delle famiglie iraniane, il tasso di cambio del Rial
iraniano e dunque il valore della moneta nazionale dell’Iran, cercando di scoprire
l’evoluzione dello standard di vita degli iraniani prima e dopo dell’Accordo.

Cerchiamo quindi di capire se gli iraniani danno lo stesso peso che danno gli europei
a questo accordo. Questo è misurabile scrutando i movimenti sociali e giovanili che
si sono evoluti negli ultimi anni all’interno dell’Iran. Quali sono le loro richieste, i
loro sogni?

Nel primo capitolo di questo studio ci occupiamo, innanzitutto, del periodo
prerivoluzionario dell’Iran facendo una breve premessa storica sul programma
nucleare iraniano. Iniziando dalle vicende della Seconda Guerra Mondiale ed i suoi
effetti sull’Iran, descriviamo la situazione geopolitica del Paese sin dall’inizio del
regno di Mohammad Reza Shah Pahlavi, caratterizzata dall’instabilità del Medio

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Oriente e dalla necessità di procurare la sicurezza per il Paese; una necessità che
andrà ad unirsi alle politiche economiche dell’Iran dello Shah.

Nella seconda metà del XX secolo, la conoscenza della fisica nucleare ed il potere
dell’atomo sono stati utilizzati per generare l’elettricità. Parallelamente allo
sviluppo di nuove tecnologie e conoscenze nucleari, alcuni paesi europei, Russia,
Stati Uniti e Giappone, hanno iniziato a costruire centrali nucleari per la produzione
di energia elettrica. Il bisogno di energia da parte delle industrie è aumentato e molti
governi hanno considerato le centrali nucleari una risposta alle loro nuove esigenze.
Il fattore principale che distingue o addirittura privilegia una centrale nucleare dalle
altre centrali, come per esempio una centrale termoelettrica che brucia carbone,
petrolio o gas che sono materie assai limitate nella Terra, è la sua fonte di
combustibile: l'uranio. Oltre a ciò, la quantità di energia che una centrale nucleare
è in grado di produrre è relativamente più elevata rispetto a una termoelettrica.

L’Iran fu uno dei paesi che in seguito al cosiddetto programma di “Atoms for
Peace” si è impegnato, nella metà degli anni ’50, ad acquisire le basi scientifiche
per l’implemento di un programma nucleare adeguato ai suoi bisogni energetici.
Uno degli obiettivi di Mohammad Reza Pahlavi, l’allora monarca dell’Iran, fu la
diversificazione delle fonti energetiche iraniane per limitare l’uso indigeno del
petrolio come combustibile, e fornire una parte dell’energia di cui il Paese aveva
bisogno attraverso reattori nucleari.

Il programma nucleare iraniano venne avviato nel 1957, quando Teheran e
Washington firmarono l’Agreement for Co-Operation Concerning Civil Uses of
Atomic Energy. Venne sviluppato nel corso degli anni ‘60, con la supervisione
diretta dello Shah e l’assistenza di Akbar Etemad come capo dell’AEOI (Atomic
Energy Organization of Iran), e raggiunge il suo culmine negli anni ’70, periodo in
cui le immense entrate del Paese, grazie alle imponenti esportazioni del petrolio,
permisero l’espansione del programma nucleare e grandi investimenti nel settore.

In questo primo capitolo si è messo in evidenza il percorso verso la
modernizzazione dell’Iran, nonché lo sviluppo ed i progressi socioeconomici del
Paese, soprattutto negli anni ‘70. L’obiettivo è quello di mostrare la differenza del
valore attribuito al programma nucleare in Iran prima e dopo la Rivoluzione del

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1979. Ovvero, il fatto che, sotto la monarchia, questo progetto è stato visto come
un fattore di sviluppo e come uno strumento per aumentare lo standard di vita dei
cittadini iraniani, mentre sotto il regime degli Ayatollah questo programma è più
che altro una leva politica e negoziale per poter portare avanti gli intenti ostili del
regime nella Regione, una leva che gli Ayatollah utilizzano per garantire la loro
sopravvivenza al potere.

In seguito, esaminiamo le ragioni che stavano alla base della scelta del nucleare da
parte dello Shah e del suo governo, arrivando all’ultima parte del capitolo I dove
parliamo delle assicurazioni date, a livello internazionale, da parte del governo
iraniano per garantire gli scopi pacifici del programma.

Naturalmente     qualsiasi   paese   che    acquisisca   tecnologia    nucleare    può
“potenzialmente” utilizzarla anche per gli scopi militari. Questa idea è sempre stata
la base della politica degli Stati Uniti e dei Paesi europei, promotori dell’energia
nucleare, nei confronti dei paesi in via di sviluppo per procedere sempre con cautela
e non dare eccessiva autonomia a questi ultimi. Questo scetticismo si aggrava dopo
il test nucleare dell’India nel 1974 che alimentò la paura di Washington dell’effetto
di contagio nella Regione, focalizzando l’attenzione su Pakistan e Iran.

Questa vicenda, assieme alla crisi economica nell’Europa e negli Stati Uniti a causa
dell’embargo di petrolio, sicuramente ha cambiato l’atteggiamento politico dei
paesi occidentali verso le ambizioni dell’Iran nel campo nucleare. Con il successo
della Rivoluzione islamica e successivamente con lo scoppio della guerra contro
l’Iraq nel 1980, tutto il programma nucleare iraniano entrò in una fase di
sospensione.

Il secondo capitolo è una breve ricostruzione della storia del programma nucleare
iraniano sotto il regime islamico. La Rivoluzione del 1979 è stata una cesura storica
per l’Iran e ha cambiato le politiche del Paese in tutte le aree, dando un nuovo, o
meglio, un diverso volto alla vecchia Persia; perché, linguisticamente parlando, il
nuovo e la novità spesso indicano un certo concetto o valore positivo, mentre la
Rivoluzione islamica non era assolutamente portatrice di qualcosa di positivo.

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Definendosi il contrario della Monarchia iraniana e cambiando radicalmente tutte
le politiche precedentemente seguite, la Repubblica islamica ha, sin dalla sua
nascita, cercato di costruire non una sua identità attiva, ma una contro-identità
basata sull’essere opposta a tutto ciò che era l’Iran monarchico. Tra tutte le cose
che i rivoluzionari islamici cercarono di cambiare, fu anche la rotta del programma
nucleare iraniano che, all’inizio, venne abbandonato come un simbolo
dell’occidentalizzazione e di una modernità voluta dallo Shah, una modernità che
il clero sciita vedeva come un grande pericolo. Successivamente, questo venne
ripreso non come un piano di approvvigionamento energetico, ma per costruire ciò
che Akbar Rafsanjani, il numero due di Khomeini ed il primo presidente della
Repubblica islamica sotto la guida di Khamenei, definiva “la bomba islamica”.

La natura del programma nucleare del regime islamico venne subito rivelata e iniziò
a creare problemi e tensioni con la Comunità internazionale portando a una vera e
propria crisi internazionale. Il mondo occidentale, capeggiato dagli Stati Uniti,
cercò di ostacolare la via della costruzione dell’arma atomica da parte di un regime
dittatoriale che si definisce in contrapposizione con tutti i valori del mondo
moderno, tra cui la libertà personale, i diritti civili, la parità di genere, ecc.

La strategia adottata da parte dei paesi occidentali per combattere le ambizioni
nucleari degli Ayatollah fu la diplomazia da un lato e le sanzioni economiche
dall’altro. Una strategia che in una fase tra il 2006 ed il 2011 riuscì a coinvolgere
anche i paesi non democratici come la Russia e la Cina, permettendo così al
Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di approvare ben quattro risoluzioni
contro il programma nucleare del regime islamico, impostando una vasta serie di
sanzioni che colpivano vari settori dell’economia iraniana.

Quindi nel secondo capitolo analizziamo da un lato il percorso che portò alla nascita
del “Problema nucleare iraniano”, e dall'altro lato gli sforzi diplomatici della
Comunità internazionale che portarono, nel 2015, alla stipulazione dell'accordo
conosciuto come il Piano d'Azione Congiunto Globale (PACG). In questa analisi è
fondamentale il ruolo delle pressioni economiche che le sanzioni internazionali
avevano messo, principalmente tra il 2006 ed il 2013, sull'economia iraniana.

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Le sanzioni imposte da parte del Consiglio di sicurezza, degli Stati Uniti e
dell'Unione Europea, erano il motivo principale per cui l'establishment della
Repubblica islamica accettò, innanzitutto, di negoziare con il “grande Satana” come
vengono chiamati gli Stati Uniti nella letteratura ufficiale del regime islamico, e poi
di stipulare un accordo con il gruppo 5 + 1.

L'Accordo del 2015 è stato un momento di recovery per la Repubblica islamica, ma
tutto sommato non per il popolo iraniano. La chiave per capire la dinamica
sociopolitica dell'Iran sta nel fatto che queste due entità, ovvero il regime ed il
popolo iraniano, sono due entità tra loro distinte, o addirittura ostili, e che sono
portatrici di valori diversi. Quindi un periodo di ripresa per il regime non significa
necessariamente la stessa cosa per la società civile iraniana. Dimostrare questo
fatto, utilizzando i parametri e gli indicatori economici è lo scopo del terzo capitolo
di questa tesi.

Nel terzo capitolo cerchiamo di mettere in luce lo scheletro dell’economia iraniana
sotto il regime islamico; un’economia caratterizzata da una forte presenza dello
Stato in quasi tutti i settori chiave, da una liberalizzazione sbilanciata in cui sono
stati favoriti i gruppi fedeli e vicini al regime, dalla presenza di potenti attori semi-
statali che godono di una vasta serie di privilegi e diritti monopolistici
nell’economia del Paese. Alcuni di questi attori, tra cui l’IRGC (Corpo delle guardie
della rivoluzione islamica) sono organismi militari o paramilitari sotto accuse
internazionali per il loro ruolo nella violazione sistematica dei diritti umani
nell’Iran.

Stiamo parlando di un’economia che secondo l'Indice della libertà economica
(Index of Economic Freedom), l’indice che individua il grado di libertà economica
di uno Stato, è definita “repressa”. Nella classifica del 2022 di The Heritage
Foundation e The Wall Street Journal, il think tank ed il quotidiano statunitense
che nel 1995 hanno creato l'Indice della libertà economica, l’Iran è classificato nel
centosettantesimo posto, tra i 177 paesi, sopra Bolivia e sotto Eritrea1.

1
    https://www.heritage.org/index/ranking

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Nel terzo capitolo, dopo una ricostruzione dello sfondo dell'economia iraniana,
l'obiettivo principale è paragonare la situazione socioeconomica del Paese prima e
dopo dell'Accordo del 2015 per vedere quanto questo accordo è stato a favore del
regime e quanto a favore dell'economia e della società iraniana. Facendo questo
paragone dobbiamo sempre tenere a mente la distinzione tra il regime ed il popolo
iraniano. Infatti è ormai ovvio che, almeno in tre anni, da luglio del 2015 fino a
maggio del 2018 quando il presidente Trump ha annunciato l’uscita unilaterale
degli Stati Uniti dall’Accordo e la reintroduzione di tutte le sanzioni sospese, il
regime degli Ayatollah ha avuto accesso a una grande quantità di fondi finanziari
che hanno alimentato la brutale macchina di repressione all’interno del Paese ed i
gruppi paramilitari sciiti all’estero, aumentando così il livello delle ingerenze della
Repubblica islamica nella Regione.

Queste risorse finanziarie avevano principalmente due fonti: 1) la liberalizzazione
degli asset iraniani congelati nelle banche di diversi paesi del mondo a causa delle
sanzioni internazionali; 2) l'aumento delle esportazioni del petrolio grazie alla
rimozione delle sanzioni che colpivano direttamente il settore petrolifero ed il
Ministero del petrolio della Repubblica islamica.

Oltre agli aspetti economici, grazie all'Accordo sul nucleare, la Repubblica
islamica, che ormai era diventata un regime isolato rispetto al resto del mondo,
riuscì a rimettersi nella scena internazionale ed a riguadagnarsi un certo prestigio
fingendo di essere un sistema politico normale.

Mentre gli effetti positivi dell’Accordo e delle risorse finanziarie liberate e
guadagnate per il regime islamico sono ben evidenti, i loro effetti sulla vita
quotidiana del popolo iraniano sono ambigui e incerti. Qui analizzando gli
indicatori economici da un lato e osservando le dinamiche sociali dall'altro,
riusciamo a rispondere alla vera domanda di questa tesi, ovvero, qual è stato il
valore dell'Accordo nucleare del 2015 per la società civile iraniana, e quale sarà il
significato di un eventuale futuro accordo per quella parte dell’Iran che non è la
Repubblica islamica.

Durante questo lavoro la difficoltà più sentita è stata la disponibilità di accesso a
fonti affidabili. A causa della censura onnipresente da parte del regime, il suo

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controllo totale su tutti gli istituti del Paese e la mancanza di organizzazioni non
governative che lavorano indipendentemente all’interno dell’Iran, è sempre difficile
trovare i dati che siano testimoni della realtà attuale iraniana. Ho cercato, per quanto
possibile, di evitare l’utilizzo delle fonti pubblicate all’interno dell’Iran. Invece, per
quanto attuale il dibattito, ho utilizzato spesso oltre agli articoli scientifici, gli
articoli e le notizie dei quotidiani in diverse lingue (persiano, inglese, italiano). Per
quanto riguarda i quotidiani in lingua persiana, ovviamente, sono stati utilizzati
quelli elaborati e pubblicati all’estero, nei paesi liberi.

In generale, nella letteratura italiana, le fonti ed i libri sulla storia iraniana, in
particolare storia contemporanea e, nel nostro caso, la storia del programma
nucleare, sono pochi e si limitano a ripetere gli stessi stereotipi della storiografia
che l'attuale regime iraniano diffonde. Per la parte storica di questo studio, è stato
di grande aiuto il libro di David Patrikarakos, “Nuclear Iran, the birth of an atomic
State”, un prezioso studio sulla nascita e sull’evoluzione del nucleare iraniano.
Un’altra fonte utile è stata il libro “Beyond Nuclear Ambiguity, The Iranian Nuclear
Crisis and the Joint Comprehensive Plan of Action” di Michele Gerli, pubblicato
dalla casa editrice dell’Università di Firenze nel 2019. Infine, occorre notare che
nel terzo capitolo per i dati economici ed i grafici, ho utilizzato in particolare i dati
elaborati dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale.

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Capitolo I: La nascita del programma nucleare iraniano

1.1. Le fiamme della II Guerra Mondiale: un paese che cerca di
ricostruirsi

La Seconda Guerra Mondiale costituisce una svolta importante nella storia iraniana.
La guerra arrivò in Iran nel giugno del 1941 dopo il lancio dell’operazione
Barbarossa da Germania nazista e l’invasione dell’URSS. Il 25 agosto 1941 le
truppe sovietiche e britanniche, ignorando la neutralità d’Iran, avviarono
un’invasione congiunta del suolo iraniano, chiamata Operazione Countenance, con
la principale intenzione di prendere sotto controllo i giacimenti petroliferi, le linee
di rifornimento e la Ferrovia transiraniana. Il cosiddetto Corridoio Persiano fu una
delle principali vie attraverso le quali i rifornimenti militari occidentali sarebbero
stati incanalati verso l’Unione Sovietica nell’ambito del programma Lend-Lease;
un’iniziativa politica con la quale gli Stati Uniti fornirono a Regno Unito, Unione
Sovietica, Francia, Cina e altri paesi alleati grandi quantità di materiale bellico
durante la Seconda Guerra Mondiale. In seguito, l’Iran divenne un corridoio
strategico vitale per l’approvvigionamento e fornitura degli armamenti ai sovietici
anche da parte dei britannici.

Il 15 settembre le truppe alleate entrarono a Teheran, dove sfilarono in una parata
militare congiunta. L’intera campagna costò ai sovietici 40 morti, agli inglesi 22;
gli iraniani, invece, persero più di 800 soldati, e 200 civili morirono durante i
bombardamenti realizzati dagli Alleati contro le città iraniane1.

A seguito dell’invasione l’Iran entrò in una fase di occupazione militare. Cadde il
governo di Reza Shah Pahlavi, il quale da 16 anni dirigeva il processo di
modernizzazione e industrializzazione del Paese. Il 16 settembre 1941, dopo
l’abdicazione del padre, Mohammed Reza Pahlavi prestò giuramento e divenne
Capo dello Stato, lo Shah. Il giovane sovrano prese il potere all’apice della Seconda
guerra mondiale in circostanze che riflettevano la precarietà sia della sua posizione

1
 Russia Beyond: Perché Gran Bretagna e URSS invasero l’Iran con i nazisti alle porte di Mosca,
Dmitrij Minsker. https://it.rbth.com/storia/83495-perch%C3%A9-gran-bretagna-e-urss

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politica sia quella del paese che rappresentava. I primi anni del suo regno, infatti,
sono caratterizzati dalla presenza di truppe straniere nel paese e dall’occupazione
della regione di Azarbaigian da parte dei sovietici.

Furono gli Anglo-Sovietici a convincere, o meglio, costringere Reza Shah ad
abdicare e lasciare il paese trasferendosi a Johannesburg in Sudafrica. Tutti questi
eventi hanno lasciato degli effetti importanti sul giovane Shah, i quali si
dimostreranno nelle politiche che egli seguirà nella fase del consolidamento del suo
potere.

L’impatto psicologico dell’occupazione fu traumatico per la società e per lo stesso
Mohammed Reza Pahlavi, il quale realizzò che ancora una volta le Grandi Potenze
erano state in grado di manipolare il suo Paese e deciderne le sorti, come facevano
durante il debole regno dei Qajar. Lo Shah comprese che per l’Iran era necessario
attrezzarsi, economicamente e militarmente, per non trovarsi più così scoperto e
indifeso.

Il 29 gennaio 1942, Gran Bretagna, URSS e Iran firmarono un trattato di alleanza
tripartita che riconosceva la sovranità e l’indipendenza dell’Iran e precisava,
nell’articolo V, che “le forze alleate dovranno abbandonare il territorio iraniano al
massimo sei mesi dopo la fine di ogni ostilità tra le forze alleate e la Germania e i
suoi alleati.” Parimenti l’articolo VI garantiva in linea di principio l’Iran contro
ogni ulteriore spartizione fra Gran Bretagna e URSS1. Ma finché la guerra non sarà
finita, i due alleati oltre che occupare il Paese si riservarono il diritto di utilizzare le
vie di comunicazione iraniane, oltre che il petrolio e altre risorse naturali.

Nel novembre 1943 Franklin D. Roosevelt, Winston Churchill e Josef Stalin si
incontrarono alla capitale iraniana per escogitare una strategia contro la Germania
nazista e il Giappone imperiale. La conferenza di Teheran (28 nov – 1 dic 1943)
portò in primo piano le questioni politiche del dopoguerra.

Dopo la fine della Guerra, nonostante il ritiro delle forze britanniche, le truppe
dell’Armata Rossa continuarono l’occupazione della regione dell’Azarbaigian, con

1
 Pahlavi, Mohammad Reza; Risposta alla storia, (a cura di) M. Gallone, A. Crespi Bortolini, A.
Traversi; Editoriale Nuova S.p.A, Milano, 1980: p.52

                                             12
l’intenzione di una eventuale annessione. In effetti, fin dal primo giorno di
dispiegamento delle truppe sovietiche nel nord-ovest dell’Iran, l’URSS iniziò una
campagna ideologica, culturale, economica e politica su larga scala per conquistare
l’opinione pubblica della popolazione locale. Appoggiando ed armando
massivamente un piccolo gruppo separatista azero di stampo comunista, l’Unione
Sovietica cercava di stabilire una repubblica socialista1 in tale regione. Fatto che è
stato una delle ragioni alla base dell’inizio della Guerra Fredda.

L’Iran non aveva alcuna intenzione di rinunciare ai propri territori e dal momento
che l’esercito sovietico continuava l’occupazione, Teheran decise di attivare i
propri canali diplomatici e, accusando l’URSS di espansionismo, fece appello al
neonato Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite: un’iniziativa che trovò
l’appoggio sia degli Stati Uniti, sia della Gran Bretagna2. Il presidente Truman l’8
marzo 1946 mandò a Molotov un vero e proprio ultimatum, in seguito al quale i
sovietici evacuarono ufficialmente la provincia iraniana nel maggio 1946.

«Quando la Seconda guerra mondiale giunse al termine, gli Stati Uniti riconobbero
l’importanza dell'Iran e del “Northern Tier”, come evidenziato nei “Pentagon
Talks” sul Medio Oriente iniziati nell’ottobre 1947 tra Stati Uniti e Gran Bretagna.
In questi colloqui, gli Stati Uniti hanno riconosciuto esplicitamente l’importanza
del Medio Oriente per gli interessi occidentali, in particolare il valore strategico
delle riserve petrolifere, nonché la necessità di contenere l’espansionismo sovietico
nella regione e la possibilità per il governo americano di sfruttare appieno del suo
potere politico, economico e militare per sostenere tale linea politica3».

Va anche detto che l’ultimatum di Truman non fu l’unica ragione del ritiro delle
truppe sovietiche, ma furono essenziali anche i tentativi interni del governo
iraniano; in particolare il ruolo dell’allora primo ministro, Ahmad Ghavam e le sue
negoziazioni dirette con Stalin. Scrive lo Shah nel suo testamento politico scritto in
esilio: «Ghavam, firmò un accordo per lo sfruttamento del petrolio, 51% per i russi,

1
  Il 12 dicembre 1945 venne proclamata la Repubblica Democratica dell’Azarbaigian, guidata da
Jafar Pishevari; di fatto un satellite sovietico.
2
  Russia Beyond: Così Stalin cercò di annettersi l’Iran, Boris Egorov.
https://it.rbth.com/storia/83411-cos%C3%AC-stalin-cerc%C3%B2-di-annettersi
3
  Kibaroglu, Mustafa; Iran’s Nuclear Ambitions from a Historical Perspective and the Attitude of
the West; Middle Eastern Studies, Vol. 43, March 2007: p.223

                                              13
49% per l’Iran, fortunatamente munito di una clausola in cui si specificava che
l'accordo per essere convalidato doveva essere ratificato dal Parlamento1». Ratifica
che non si realizzò mai. Un altro motivo non meno rilevante, fu l’entrata dei
reggimenti dell’esercito iraniano, guidati dallo Shah stesso, nella regione di
Azarbaigian, e la soppressione dei separatisti. L’episodio che finisce con la fuga di
Pishevari nell’URSS.

Per l’Iran e lo Shah la fase essenzialmente difensiva dell’esistenza nazionale era
conclusa; ora bisognava iniziare la fase di costruzione e modernizzazione delle
infrastrutture del Paese, danneggiate conseguentemente agli eventi bellici.

1.2. Verso la modernizzazione: anni ‘50 e ‘60

L’occupazione del Paese durante la Seconda Guerra Mondiale e le conseguenti
incertezze politiche non permisero a Mohammad Reza Shah di esercitare molta
influenza sulla politica economica e sociale dell’Iran. Lo Shah nel primo decennio
del suo regno ha svolto un ruolo pressoché marginale nella politica iraniana e di
fatto erano i primi ministri a governare il Paese. Fatto che, paradossalmente, non ha
aiutato né lo sviluppo della democrazia né l’efficacia del sistema politico. Anche se
passava circa mezzo secolo dalla Rivoluzione costituzionale iraniana2, il sistema
politico iraniano rimaneva ancora un sistema “Shah-centrico” e senza la presenza
di un capo di Stato forte non riusciva ad andare avanti. Questa situazione di
preminenza dei primi ministri finì con la destituzione di Mohammad Mossadeq
nell’agosto del 1953.

È esattamente dopo questo episodio che l'Iran conobbe un notevole sviluppo
socioeconomico. Ciò è stato reso possibile in gran parte dall'aumento delle entrate
petrolifere e grazie alle riforme sociopolitiche volute dallo Shah stesso. Come
afferma lo storico iraniano Ervand Abrahamian, «nel 1953 le entrate petrolifere
erano di 34 milioni di dollari l’anno; alla fine del 1973 erano di circa 5 miliardi di

1
  Pahlavi, Mohammad Reza, 1980: p. 54
2
 La Rivoluzione costituzionale iraniana (Enqelāb-e Mashrute), fu un movimento politico-culturale,
che prese anche un volto militare, contro il regno dispotico della dinastia Qajar. Il movimento riuscì
a cambiare il sistema della monarchia iraniana fondando la Monarchia costituzionale basata su una
Costituzione redatta nel 1906.

                                                 14
dollari. Quasi 30 miliardi di dollari furono spesi in progetti economici e sociali nel
Secondo (1955-62), Terzo (1962-8), Quarto (1968-73) e Quinto (1973-1978) Piano
di sviluppo. Il PIL è passato da $ 3 miliardi a oltre $ 53 miliardi e il reddito pro-
capite è balzato da meno di $ 160 a oltre $ 1.600, anche se la popolazione è cresciuta
da 18 milioni a quasi 35 milioni1». Le implicazioni socioeconomiche di questa
crescita    possono      essere     viste    meglio      nei    campi      dell'istruzione     e
dell'industrializzazione. Dal 1953 al 1977 il sistema educativo è cresciuto del 1.000
percento e il paese ha vissuto un'industrializzazione senza precedenti mentre le
fabbriche crescevano in tutto l’Iran2.

Nel 1962 Mohammad Reza Shah dette il via ad un vero e proprio programma
riformista noto come la “Rivoluzione bianca dello Shah e del Popolo”. Dal punto
di vista politologico non si trattava di una vera e propria rivoluzione, ma di una
stagione di riforme dall’alto; ma gli obiettivi di tale programma erano così ampi e
radicali che lo facevano assomigliare ad una rivoluzione pacifica di fatto, grazie
alla quale cambiavano molti aspetti sociali, economici e persino politici del Paese.

Nel gennaio 1963 con un referendum popolare che ottenne una maggioranza
schiacciante favorevole al programma, si iniziò ufficialmente la stagione delle
riforme destinata a cambiare la struttura socioeconomica dell’Iran. Lo Shah nel suo
testamento scrive: «Il mio scopo finale è di portare l'Iran, nel giro di vent’anni, allo
stesso livello di civiltà e progresso che avranno allora i Paesi più sviluppati. Negli
ultimi dieci anni il nostro ritardo si è dimezzato, ma è quest’ultimo residuo di ritardo
il più difficile da eliminare»3. Secondo Ugo Spirito, filosofo italiano, lo Shah con
questo programma voleva perseguire una “Terza via” per l’Iran, né comunismo né
capitalismo, una rivoluzione senza lotte e senza sangue4.

Il programma prevedeva sei principi fondamentali: 1. La riforma agraria e
l’abolizione del sistema feudale vassallatico e la distribuzione delle terre tra i
contadini; 2. La nazionalizzazione delle foreste, dei pascoli e delle fonti idriche; 3.

1
  Abrahamian, Ervand; structural causes of the Iranian revolution, in MERIP reports NO.87, Iran’s
revolution: the rural dimension, May 1980: pp.21-2
2
  Patrikarakos, David; Nuclear Iran-The birth of an Atomic State; Bloomsbury Publishing PLC,
London, 2020: p.19
3
  Pahlavi, Mohammad Reza, 1980: p. 100-102
4
  Spirito, Ugo; Filosofia della grande civilizzazione; Luni Editore, Milano, 2019, p. 80.

                                               15
La privatizzazione delle imprese controllate dallo Stato per ottenere fondi necessari
per la riforma agraria; 4. La compartecipazione degli operai ai profitti delle imprese;
5. La riforma della legge elettorale per dare alle donne il diritto di voto ed i diritti
politici pari agli uomini; 6. La creazione di un sistema scolastico universale,
gratuito e obbligatorio, e la creazione dell’Esercito di Sapere (Sepāh-e Dānesh),
composto dai volontari che in alternativa al servizio militare si recavano nei villaggi
rurali e meno sviluppati per fare l’insegnante1.

Parallelamente con la Rivoluzione bianca e le riforme sociali, l’Iran ha intrapreso
anche grandi progetti di investimento su larga scala per creare infrastrutture e
sviluppare la sua industria pesante, in particolar modo nel settore metalmeccanico
e in quello petrolifero. Le compagnie create in questo periodo, come la raffineria di
Abadan, le aziende siderurgiche di Isfahan e di Khuezestan, l’azienda trattoristica
di Tabriz, ecc. sono tutt’oggi le più produttive del Paese e sono ancora i poli della
produzione industriale iraniana. “Il desiderio dello Shah era quello di diversificare
le basi industriali iraniane dominate dal petrolio e di stabilire una base necessaria
per un rapido sviluppo industriale, economico e sociale”2.

«La produzione industriale aumentò vistosamente nei nuovi settori industriali,
come l'industria del carbone, quella tessile e quella automobilistica, e si crearono
molti nuovi lavori per assorbire l'aumento della popolazione e il grande numero di
lavoratori che avevano abbandonato l'attività agricola3».

Questi sono indubbiamente gli anni d’oro dello sviluppo socioeconomico dell’Iran.
Più precisamente, i tredici anni della premiership di Amir Abbas Hoveyda, ovvero
dal 1965 al 1977 sono gli anni in cui l’Iran aveva appena cominciato a raccogliere
i frutti delle sue riforme socioculturali: vide anche un grande boom economico
grazie alla stabilità politica, al progresso della sua industria petrolifera da un lato e
all’aumento cospicuo del prezzo mondiale del petrolio dall’altro. Gli introiti del
paese aumentarono notevolmente ed il governo, cappeggiato da un economista,
riuscì a distribuire tali introiti in diversi settori ed a rinforzare drasticamente il

1
  www.mashruteh.org/wiki/index.php?title=‫انقالب_شاه_و_مردم‬
2
  Kibaroglu, Mustafa, 2007: p.227
3
  Axworthy, Michael; Breve storia dell’Iran: dalle origini ai nostri giorni; Einaudi, Torino, 2010:
p.262

                                                16
processo di modernizzazione del Paese. Durante questo periodo, il Terzo (1963-
67), il Quarto (1968-72) ed il Quinto (1973-77) dei piani quinquennali, ideati e
progettati da un gruppo d’élite degli economisti, sono stati messi in attuazione.

Nel 1974, l’Iran ha investito più di 30 miliardi di dollari nelle sue regioni
meridionali. Erano in corso vasti piani per estrarre riserve idriche sotterranee,
nonché piani per installare enormi dispositivi di purificazione per dissalare l'acqua
del Golfo Persico e del Mare di Oman. Inoltre, il piano per la costruzione di tre
acciaierie nella costa meridionale dell'Iran andava avanti. Il prodotto di queste
fabbriche avrebbe dovuto fornire 12 milioni di tonnellate dei 16 milioni totali di
acciaio di cui l’intera industria del Paese aveva bisogno all'anno; ovvero i tre quarti
del fabbisogno dell'Iran fino al 1980. Le vaste riserve di rame dell'Iran, che sono
considerate una delle riserve di rame più ricche del mondo, sono state sviluppate a
Kerman. Grandi centri di industrie petrolchimiche iraniane sono stati costruiti nella
regione del Golfo Persico.

Erano in corso ampi piani a lungo termine per l'industria della pesca nel Golfo
Persico e si concluse che l'industria della pesca nel sud avesse la capacità di fornire
le proteine necessarie per l’intera popolazione del sud del Paese. Si è stimato inoltre
che il reddito del governo derivante dall’esportazione dei prodotti della pesca del
sud sarebbe stato di oltre un miliardo di dollari all'anno.

Per lo Shah c’erano due ostacoli che sarebbero diventate cruciali per il suo
programma nucleare: la mancanza di sicurezza dell’Iran e la sua arretratezza
tecnologica. Queste due questioni furono incluse negli obiettivi generali del suo
regno: modernizzare l’Iran e ripristinare la gloria persiana. Ciò che più caratterizzò
il paese in questo periodo fu quella caratteristica sociale fondamentale della
modernizzazione: il graduale trasferimento della maggior parte della popolazione
dall’occupazione agricola a quella urbana1.

Il periodo tra il 1963 e l’inizio degli sconvolgimenti rivoluzionari nel 1978
rappresenta indubbiamente il lasso di tempo più lungo di crescita sostenuta del
reddito reale pro-capite che l’economia persiana abbia mai conosciuto. Durante il

1
    Patrikarakos, David, 2020: p.13

                                          17
periodo 1963-77 il prodotto interno lordo è cresciuto in termini reali con un tasso
medio annuo di circa il 10,5%, con un tasso di crescita annuale della popolazione
di circa il 2,7% collocando così la Persia tra le economie in più rapida crescita del
mondo, sia tra i paesi in via di sviluppo che tra quelli sviluppati. Di conseguenza, il
reddito pro-capite della Persia (a prezzi correnti) è passato da $170 nel 1963 a
$2.060 nel 1977. Le cifre corrispondenti ai prezzi costanti del 1974 erano $250 e
$1.500. Questa rapida crescita non era solo un risultato statistico dell’aumento delle
entrate petrolifere. Infatti, il PIL non petrolifero è cresciuto di un tasso medio annuo
dell’11,5 per cento, che è leggermente superiore al tasso medio annuo di crescita
raggiunto dal PIL che include il petrolio1.

Il settore petrolifero è cresciuto del 13,3 per cento annuo tra il 1963 e il 1972 ma,
con il quadruplicare dei prezzi del petrolio nel 1973-74 e il conseguente
indebolimento dei mercati petroliferi internazionali, il settore petrolifero ha perso il
suo precedente slancio e ha mostrato, in termini reali, solo un leggero aumento nel
periodo 1973-78. Grazie all'aumento delle entrate petrolifere e a una gestione
economica generalmente sana, la Persia è stata trasformata da un paese con un
grande indebitamento estero nel 1920 a uno con considerevoli attività estere nette
(NFA) nel 1978. Tuttavia, il petrolio si è rivelato una maledizione oltre che una
benedizione2.

    Figura 8: Tabella del tasso di crescita reale medio annuo dei principali settori dell'economia
    iraniana durante i piani quinquennali - percentuale a prezzi costanti del 1974 (Fonte: Banca
        Centrale iraniana, Iran’s National Accounts, 1338-56/1959-77, Teheran, 1360/1981)

1
  Encyclopaedia Iranica; Economy Ix. In The Pahlavi Period
https://iranicaonline.org/articles/economy-ix
2
  Ibid.

                                                 18
Tuttavia, l’importanza del petrolio nell'economia ha continuato la sua tendenza al
rialzo per tutto il periodo in esame. La quota del settore petrolifero nel PIL a prezzi
correnti è aumentata costantemente dal 13,9 per cento nel 1962 al 23,3 per cento
nel 1972, raggiungendo un picco del 47,4 per cento nel 1974 prima di tornare a
circa il 32,5 per cento nel 1977 (figura 1). L’aumento dell’importanza relativa del
settore petrolifero è stato ottenuto in gran parte a spese del settore agricolo. Nello
stesso periodo il valore aggiunto del settore agricolo in percentuale del PIL è sceso
dal 32,1 per cento nel 1962 all’8,5 per cento nel 19771.

   Figura 9: Tabella della composizione settoriale del prodotto interno lordo iraniano a prezzi
correnti - miliardi di rial, percentuale delle azioni tra parentesi - (Fonte: Banca Centrale iraniana –
                         Iran’s National Accounts 1959-1977, Teheran, 1981)

1
    Ibid.

                                                  19
Una tendenza simile, ma meno pronunciata, si riscontra anche nella composizione
settoriale della produzione a prezzi costanti. Anche le entrate petrolifere, sia in
percentuale delle entrate pubbliche che in percentuale delle entrate in valuta estera,
sono cresciute notevolmente nel periodo 1963-78 (figura 2). La quota delle entrate
petrolifere nel bilancio del governo iraniano era di circa il 47% nel 1963 ed è salita
al 63% nel 1978, dopo essere scesa dal picco dell'86% nel 19741.

La crescente dipendenza dell’economia dalle entrate petrolifere è stata ancora più
evidente nel settore dei cambi. Nel 1963 le entrate petrolifere rappresentavano il
76% di tutte le entrate in valuta estera, mentre nel 1978 questa cifra era dell’80%,
dopo aver raggiunto il picco dell’89% nel 19752.

      Figura 10: Tabella delle entrate e spese del governo iraniano - miliardi di rial - (Fonte: The
    Economic Development of Iran III, Statistical Appendix, World Bank report no.378-IRN for the
                         years 1962-1970, Washington D.C., October 1974)

1
    Ibid.
2
    Ibid.

                                                  20
1.3. La nascita del programma nucleare

Il fondamento del programma nucleare dell’Iran si trova nel quadro del progetto
“Atoms for peace” avviato col celebre discorso di Dwight D. Eisenhower, il
presidente degli Stati Uniti, pronunciato l’8 dicembre 1953 all’Assemblea generale
delle Nazioni Unite sull’uso pacifico dell’energia nucleare. In quel discorso,
importantissimo dal punto di vista della politica internazionale, Eisenhower disse:

“I governi principalmente coinvolti, entro i limiti permessi da un’elementare
prudenza, dovrebbero iniziare da ora a fornire contributi congiunti dalle loro scorte
di uranio normale e materiali fissili a un'agenzia internazionale per l'energia
atomica che venisse istituita sotto l'egida delle Nazioni Unite. Le proporzioni dei
contributi, le procedure e altri dettagli rientrerebbero nell’ambito di accordi da
sottoscrivere con le singole nazioni. Gli Stati Uniti sono pronti ad iniziare in buona
fede questi primi contatti con altri governi (…). L'agenzia per l'energia atomica
potrebbe essere incaricata del sequestro, dell'immagazzinamento e della protezione
dei materiali fissili e di altro tipo forniti. (…) La responsabilità più importante di
questa agenzia per l'energia atomica sarebbe quella di escogitare metodi in base ai
quali questo materiale fissile sarebbe allocato per servire le attività pacifiche
dell'umanità. Gli esperti verrebbero mobilitati per applicare l’energia atomica ai
bisogni dell’agricoltura, della medicina e di altre attività pacifiche. Uno scopo
speciale sarebbe quello di fornire abbondante energia elettrica alle zone del mondo
che ne hanno maggiormente bisogno, in tal modo le potenze partecipanti
dedicherebbero parte delle loro risorse a servire i bisogni anziché i timori
dell’umanità”1.

Il sistema di cui parlava Eisenhower si sarebbe basato sull’assunto che ogni nazione
in possesso di materiale, conoscenze e tecnologia per l’uso pacifico dell’energia
nucleare avrebbe dovuto contribuire lo sviluppo di tale tecnologia anche in altri
paesi che, per diverse ragioni storiche, non avevano raggiunto un tale grado di
sviluppo e avevano bisogno di acquisire la tecnologia necessaria.

1
 Atoms for Peace Speech, address by Mr. Dwight D. Eisenhower, President of the United States of
America, to the 470th Plenary Meeting of the United Nations General Assembly, in
https://www.iaea.org/about/history/atoms-for-peace-speech

                                              21
Il presidente Eisenhower affermava che gli Stati Uniti avrebbero condiviso la
tecnologia necessaria alle nazioni desiderose di creare programmi nucleari civili.
Nell'ambito del programma, gli Stati Uniti avrebbero fornito reattori di ricerca,
carburante e formazione scientifica ai paesi in via di sviluppo desiderosi di sfruttare
il potere dell'atomo. Come scrive Tony Wesolowsky in un suo articolo su Radio
Free Europe, “Mark Fitzpatrick, direttore dell'International Institute for Strategic
Studies di Londra, afferma che lo sforzo è stato in parte motivato dalla rivalità della
Guerra Fredda tra Mosca e Washington, mentre gareggiavano per conquistare gli
alleati con il fascino dell'energia nucleare1”.

Di conseguenza, nel 1957 venne realizzata un’istituzione sovranazionale che si
facesse carico di regolamentare l’utilizzo della tecnologia nucleare e offrire
assistenza a ogni nazione che desiderasse sviluppare un programma nucleare a
fronte dell’impegno solenne a sviluppare un programma con scopi civili e non
militari: l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), l’organo ufficiale
dell’Organizzazione delle Nazioni Unite in materia di energia nucleare.

La nascita del programma nucleare iraniano risale esattamente a quest’anno. Nel
1957 Teheran e Washington firmarono l’Agreement for co-operation concerning
civil uses of atomic energy2. L’accordo che nell’articolo IV comma 1, prevedeva il
lease dell’uranio arricchito nell'isotopo U-235 dagli Stati Uniti al governo iraniano.
Inoltre, richiedeva all'Iran di impegnarsi a non perseguire lo sviluppo di armi
nucleari, ma gli permetteva di protrarre una ricerca nucleare pacifica e prevedeva
assistenza tecnica. L’accordo mette un limite alla quantità stoccata dell’uranio
arricchito (un quantitativo massimo di 6 kg da utilizzare nel reattore di ricerca); ed
ha anche gettato le basi per la consegna di un reattore di ricerca ad acqua leggera
da 5MW.

Nel 1959, lo Shah ordinò l’istituzione del Centro di ricerca nucleare presso
l'Università di Teheran, il principale centro di ricerca scientifica del Paese, e iniziò
le negoziazioni con gli Stati Uniti per l'acquisto di un reattore ad acqua leggera da

1
  Iran's Nuclear Program A Child of Washington, Tony Wesolowsky. https://www.rferl.org/a/iran-
united-states-nuclear-program-key-role/27110689.html
2
  https://treaties.un.org/Pages/showDetails.aspx?objid=080000028013d0ba
https://treaties.un.org/doc/Publication/UNTS/Volume%20342/v342.pdf

                                              22
5 MW per il Centro1. Questo è il primo reattore nucleare che Iran acquisisce. Noto
come The Teheran Research Reactor, rimase inattivo per i successivi dieci anni a
causa di mancanza di esperti specializzati in settore nucleare. L’Università di
Teheran era infatti un’università pressoché giovane e non aveva ancora completato
le sue facoltà scientifiche, soprattutto nel campo delle scienze e tecnologie più
moderne come quella nucleare.

Per ridurre i tempi ed i costi, il governo iraniano in base all’accordo con gli Stati
Uniti decide di inviare alcuni studenti e degli scienziati iraniani in suddetto paese,
ormai il suo principale alleato in tutti i settori, per trascorrere un periodo di studio
presso alcune strutture di formazione e ricerca statunitense al fine di migliorare le
proprie competenze nella gestione della tecnologia nucleare.

Lo studioso britannico David Patrikarakos individua tre elementi fondamentali che
hanno influenzato la nascita del programma nucleare iraniano e il suo scopo durante
questa prima fase di formazione e sviluppo. I tre elementi sono il costante supporto
di Washington, la ferma volontà dello Shah di sviluppare un’adeguata industria
nucleare, e infine il ruolo di Akbar Etemad, colui che viene considerato il padre del
programma nucleare iraniano. “Lo Shah delegava pochissime decisioni a suoi
sottoposti, ma Etemad fu l’unico al quale lasciava libertà di azione in campo
nucleare2”. Akbar Etemad fu colui di cui l’Iran aveva bisogno per portare avanti le
sue ambizioni nucleari; un giovane esperto della tecnologia nucleare pronto a
mettersi in gioco a favore dello sviluppo del programma dello Shah.

Nato nel 1930 a Hamedan, nell’Iran occidentale, si è laureato in ingegneria elettrica
presso l'Università di Losanna in Svizzera nel 1957 e un anno dopo concluse un
master in ingegneria atomica presso l’Istituto Francese di Scienze e Tecniche
Atomiche. Prima di tornare in patria, iniziò un dottorato di ricerca in fisica dei
reattori presso l’Università di Losanna e nel 1963 finì il suo percorso formativo.
Professionalmente si dedicò dapprima alla ricerca lavorando per un anno e mezzo

1
  ‘Atoms for Peace Agreement with Iran’, Department of State Bulletin, No.36, 15 April 1957; cited
in M. Sahimi, ‘Iran’s Nuclear Energy Program. Part V: From the United States Offering Iran
Uranium Enrichment Technology to Suggestions for Creating Catastrophic Industrial Failure’,
Payvand’s Iran News, 22 Dec. 2004: p.2. http://www.payvand.com
2
  Patrikarakos, David, 2020: pp. 20-22

                                               23
alla Brown Boveri & C. e per cinque anni e mezzo presso l’Istituto Federale
Svizzero per la Ricerca Atomica in qualità di capo di unità di ricerca.

Etemad fece ritorno in Iran nel 1965. Si presentò all’Università di Teheran dove
ebbe un colloquio con Safi Asfia, un professore di ingegneria che da tempo si
occupava del reattore di ricerca. Pochi giorni dopo del loro incontro, Etemad fu
contattato e invitato a prendere in carico il reattore di ricerca per il quale avrebbero
stanziato i fondi necessari. Sin dall’inizio Etemad si rese conto che a causa della
mancanza di infrastrutture e di personale qualificato il suo compito sarebbe stato
particolarmente oneroso. Lo staff che lavorava al reattore era costituito da alcuni
fisici nucleari e dei professori dell’Università di Teheran che tuttavia avevano una
visione troppo accademica e mancavano il know-how pratico necessario per
costruire, far funzionare o mantenere un reattore. Il primo passo di Etemad fu una
visita di American Machine and Foundry, società che aveva fornito il reattore
all’Iran e successivamente si occupò di formare il personale. Impiegò due anni per
concludere il lavoro e il reattore divenne pronto all’utilizzo nel novembre 1967,
utilizzando uranio arricchito al 93 per cento (livello che viene utilizzato per
produrre armi nucleari) fornito dagli Stati Uniti. Nel 1968 venne infine aperto il
Centro per le Ricerche Atomiche, affiliato all’Università di Teheran1.

Oltre a gettare le basi tecnologiche per tutti gli anni '60, l'infrastruttura scientifica
dell’Iran era in costante crescita, con centinaia di studenti iraniani che
frequentavano università nei paesi dell’Europa occidentale e negli Stati Uniti e
tecnici che sviluppavano le loro abilità in programmi di tirocinio all’estero.
All’inizio degli anni ‘70 c’era già una grande quantità di scienziati e tecnici
nell’Iran2 in grado di portare avanti il programma. Con altre università iraniane che
istituivano dipartimenti di ricerca nucleare, quando nel 1974 lo Shah annunciò il
suo ambizioso programma, il quale prevedeva la produzione di circa 23.000 MW
di energia elettrica da una serie di centrali nucleari entro vent'anni, ovvero fino al

1
 Ivi: pp. 16-17
2
  A. Etemad, ‘Iran’, in H. Muller (ed.), A European Non-Proliferation Policy: Prospects and
Problems (Oxford: Clarendon Press, 1987); p.207

                                            24
1994, la mancanza di personale qualificato e delle basi scientifiche erano ormai
sparite.

Nel marzo del 1974 Etemad, che aveva ultimato il suo progetto per la realizzazione
di un organismo indipendente in grado di gestire gli sviluppi dell’energia nucleare
in Iran, presentò la sua proposta allo Shah e al Primo Ministro Hoveida e così
nell’aprile del 1974 attraverso un decreto imperiale venne fondata la Atomic Energy
Organization of Iran (AEOI) cappeggiato dallo stesso Etemad1. Il primo compito
dell'AEOI è stato quello di riunire le persone addestrate e fornire loro tutte le
strutture e le attrezzature necessarie per lanciare un formidabile programma di
energia nucleare, grazie al quale l’Iran poteva ridurre la sua dipendenza al petrolio
come fonte di energia.

Sono seguiti una serie di contratti tra l'Iran e fornitori di uranio in Europa e negli
Stati Uniti: l'Iran ha stretto un accordo con la Kraftwerk Union (KWU, una
sussidiaria della Siemens) dell'allora Germania occidentale per costruire due
reattori da 1.200 megawatt a Bushehr. Ha inoltre negoziato con la società francese
Framatome per due ulteriori reattori da 900 megawatt. Nel 1974, l'Iran avrebbe
investito 1 miliardo di dollari, e altri $ 180 milioni nel 1977, in un impianto francese
di arricchimento dell'uranio di proprietà di Eurodif, un consorzio europeo2. L'Iran
ha accettato di contribuire al finanziamento del progetto Eurodif, in cambio del 10%
della sua produzione di uranio arricchito, che doveva essere trasportato in Iran
dall’Europa. Il contratto prevedeva una fornitura di circa 270 tonnellate di uranio
arricchito al 3% in U-2353.

Nel luglio dello stesso anno l'Iran annunciò di aver firmato un accordo da 130
milioni di dollari con gli Stati Uniti per convertire l'uranio iraniano in combustibile
nucleare per l'energia elettrica e altri usi pacifici. L'accordo fu firmato da Akbar
Etemad, a capo della Commissione iraniana per l'energia atomica, e Jullus Rubin
della Commissione americana per l'energia atomica. Etemad ha affermato che

1
  Patrikarakos, David, 2020: pp 21-23
2
  A History of Iran's Nuclear Program; https://www.iranwatch.org/our-publications/weapon-
program-background-report/history-irans-nuclear-program#7
3
  Kibaroglu, Mustafa, 2007: p.231

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