Tolo Tolo: gli Italiani davanti allo specchio.
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Tolo Tolo: gli Italiani davanti allo specchio. Nelle sale dal 1° gennaio 2020, l’ultimo film di Checco Zalone (del quale, per la prima volta, il noto attore comico è anche regista) è il campione indiscusso del Box Office, con un totale di € 39.193.464 di incasso e 5.587.955 presenze registrate all’11 gennaio. Ancora più significativo il successo se guardiamo al primo giorno di programmazione: infatti a Capodanno il film di Zalone è stato visto da 1.174.285 persone, incassando € 8.668.926 e diventando il maggior incasso di sempre nella storia del cinema nelle prime 24 ore. Frainteso, discusso e criticato ancora prima di uscire nelle sale, complice un videoclip promozionale sibilino, “Tolo Tolo” spadroneggia anche sui social: su Twitter l’hashtag #ToloTolo è uno di quelli che fa più tendenza, mentre su Instagram e Facebook si sprecano i post che commentano, criticano od esaltano il film. https://youtu.be/we1sS9EJt8w Noi di Smart Marketing, da sempre appassionati di cinema, vogliamo dire la nostra su quello che al di là delle opinioni che ciascuno di noi si può (e si deve) fare rimane il fenomeno, non solo cinematografico, di quest’inizio decennio. Per farvi sapere cosa ne pensiamo, dopo averlo visto (cosa che non tutti i commentatori hanno fatto), abbiamo scelto, in luogo della più classica recensione, la formula dei 5 buoni motivi per vedere Tolo Tolo. Ed allora cominciamo 1) La storia (soggetto e sceneggiatura) La sceneggiatura è nata dal sodalizio fra Checco Zalone e Paolo Virzì, che anzi, secondo indiscrezioni, ebbe l’idea iniziale del film e contattò il comico pugliese per lavorare insieme al soggetto. Lo script finale risente di entrambe le mani dei due autori, con i toni caustici ed irriverenti propri dello Zalone e con la poesia e lievità che contraddistinguono invece la cifra di Virzì. Il film parla della parabola discendente e del successivo riscatto di Pierfrancesco Zalone, strampalato imprenditore pugliese che dopo il fallimento del suo improbabile ristorante giapponese “Murgia&Sushi”, perseguitato da creditori e famigliari ridotti sul lastrico, scappa in Africa a lavorare in un lussuoso villaggio turistico in Kenya. Qui varie vicissitudini lo porteranno ad affrontare un viaggio a ritroso per tornare in occidente, durante il quale conoscerà la tragedia dei
uoum nn to risapso fem o rla msc,ig he rarà n,ti e .o rim gli )2 L e l o c a t i o n Il film Tolo Tolo è girato in diverse e suggestive location sparse principalmente fra la Puglia e l’Africa. Le location italiane, con l’eccezione di Roma, Trieste e Latina, sono tutte Pugliesi, cominciando da Spinazzola (dove è ambientato la primissima parte del film), Acquaviva delle Fonti, Bari, Gravina di Puglia, Minervino Murge, Monopoli, Poggiorsini e Torre Guaceto. Per quanto concerne le location africane gran parte delle riprese si sono svolte in Kenya e in Marocco. Il film fa della celebrazione del paesaggio naturale ed architettonico uno dei punti salienti della narrazione, infatti tutta la storia si svolge on the road: la strada, ma anche il mare, diventano il percorso lungo il quale matura la consapevolezza del personaggio di Zalone. Ma lungo questo percorso anche il budget è lievitato, il film, infatti, è costato oltre 20 milioni di euro.3) Il cast lg( i a t t o r i , i c a m m e i e le comparse)
Benché il film ruoti intorno alla figura di Zalone, il cast di cui si circonda l’attore/regista gira a meraviglia. Le scene in Africa sono sempre corali, girate in autentici villaggi, con gli attori presi per la maggior parte fra gli abitanti degli stessi. Fra i personaggi principali vanno ricordate le interpretazioni di Souleymane Sylla, che interpreta Oumar, l’amico di colore del protagonista appassionato di cinema e cultura italiana, quella di Manda Touré, la bellissima Idjaba, cameriera del resort dove lavora anche Zalone che ha perso la testa per lei, quella del piccolo Doudou, il giovanissimo Nassor Said Birya, molto naturale e a suo agio nelle riprese. Ma, oltre a queste vanno ricordate almeno altre due interpretazioni, quella dell’Avvocato Russo, impersonato dal sempre bravo Nicola Nocella, e quella di Luigi Gramegna, interpretato dal talentuoso Gianni D’Addario, che già avevamo apprezzato nel precedente film di Zalone “Quo Vado” e nel “Viva la sposa” di Ascanio Celestini, entrambi del 2015. Ma la vera chicca sono i cammei di alcuni volti noti e di vecchie glorie sia del piccolo che del grande schermo. Prima fra tutte la splendida Barbara Bouchet, che con i suoi 77 anni suonati è ancora un modello di stile ed eleganza, poi ci sono i due giornalisti Massimo Giletti e Enrico Mentana, nella parte di loro stessi in collegamento rispettivamente dagli studi di “Non è l’Arena” e del “TG La7”. Inoltre c’è il mitico Nicola Di Bari che interpreta l’arzillo Zio Nicola. Ma senza dubbio il più riuscito cammeo è quello di Nichi Vendola, che interpreta se stesso in un gustosissimo siparietto che non vi vogliamo svelare. 4 ) L ’ I r o n i a Diciamolo subito: dimenticatevi le grasse, e un po’ becere, risate a cui Zalone ci ha abituato con i suoi precedenti film. Certo, si ride, ma a denti stretti, e sempre con un misto di disagio e imbarazzo. Il film è pieno di trovate geniali, che prendono in giro tutto il costume dell’Italia di oggi. Dalla mania
per i ristoranti fusion, alla fissazione per i marchi dell’alta moda, fino all’ossessione per i prodotti di bellezza (la ricerca di una crema per le rughe sarà il vero tormentone del film). Ancora una volta siamo posti di fronte ad uno specchio e mentre intorno a noi imperversa una crisi umanitaria, la fame, addirittura la guerra, il personaggio di Zalone è preso da faccende futili e superficiali, la sua felicità come la nostra è dettata da ciò che possiede, da ciò che indossa o da ciò che usa per idratare la sua pelle. Il contrasto con le popolazioni locali è molto forte e stridente, i poveri migranti non hanno nulla di tutto questo, eppure durante il viaggio e nelle peggiori situazioni non perdono il sorriso, la voglia di cantare e di divertirsi.
5 ) C h e c c o Z a l o n e ( l ’ a t t o r e e i l r e g i s t a ) Ancora una volta Luca Medici (questo il vero nome di Checco Zalone) prende in giro i peggiori vizi italiani, in questo caso il razzismo, la mancanza di legalità, il non rispetto delle regole, l’esterofilia, ma pure l’ignoranza e l’atteggiamento radical chic. Molti commentatori hanno scomodato addirittura mostri sacri come Totò a cui paragonare il Zalone di quest’ultimo film. Ma, al di là di certi improbabili paragoni, il percorso cinematografico intrapreso dall’attore pugliese, prima con il regista Gennaro Nunziante e adesso da solo, ricorda, per molti versi e con tutti i giusti distinguo, il percorso di un altro gigante del nostro cinema, tale Alberto Sordi, soprattutto se ci
focalizziamo sui film girati dall’Albertone nazionale dopo il 1960. Lo so, il paragone è azzardato, ma nel comico pugliese rivedo lo stesso cinismo un po’ gigione, la stessa irriverente ironia sugli italici vizi, la prepotente presa in giro dell’ignoranza con cui Alberto Sordi ha tratteggiato i suoi personaggi più celebri ed indimenticabili. Ricordo molto bene tutte le polemiche intorno all’italiano medio interpretato da Sordi, che fu poco amato dalla critica e dagli intellettuali quando era in vita, a differenza del pubblico che invece lo adorava. Ebbene, lo ripeto ancora una volta, con tutte le differenze del caso, anche la parabola cinematografica di Checco Zalone mi pare stia subendo la stessa sorte. Fintanto che Zalone ha fatto il comico tutto andava bene, ma da quando ha deciso di cimentarsi con il cinema molti critici e commentatori hanno cominciato a storcere il naso, eppure nulla è cambiato nella ironia feroce o nelle imitazioni irriverenti con le quali il comico si era fatto conoscere, prima ancora che a Zelig, nei programmi comici di Telenorba (la stessa emittente, per dire, che ha lanciato le carriere di Toti e Tata, ovverosia Emilio Solfrizzi e Antonio Stornaiolo). Quindi in conclusione, cosa altro dirvi? A noi di Smart Marketing il film “Tolo Tolo” è piaciuto e vi consigliamo di andarlo a vedere, e se non vi sono bastati i 5 motivi sopra elencati ve ne diamo un altro, l’ultimo. Il film di Checco Zalone va visto perché l’italiano che mette in scena attraverso le vicissitudini del protagonista rappresenta la nostra cartina tornasole, il nostro specchio segreto, il nostro lato oscuro (ma non troppo). Durante il film ridiamo poco, perché il protagonista Pierfrancesco Zalone ci somiglia troppo, con la sua mania per le griffe, il suo finto buonismo, la sua smania di seguire i trend del momento, il suo fascismo di ritorno e la sua incapacità di apprezzare la tradizione, la semplicità e la bellezza. Checco Zalone sono io, sei tu, siamo noi, ed è per questo che quando usciamo dal cinema ci rendiamo conto che abbiamo riso meno di quanto pensavamo, che avvertiamo un certo disagio, quasi un fastidio, e che non possiamo fare a meno di dire la nostra opinione sul film, quasi a voler esorcizzare il momento catartico che stiamo vivendo. Un film, un buon film, prima ancora che intrattenerci, divertirci ed appassionarci, dovrebbe farci
riflettere, e in questo senso il film Tolo Tolo centra perfettamente l’obbiettivo. È impossibile infatti uscire dalla sala senza quella sensazione di amaro in bocca, le idee un po’ confuse e la voglia di capire perché il film inneschi questi strani effetti. David di Donatello 2017: i verdetti In netto anticipo rispetto al solito, probabilmente, anzi sicuramente per ragioni di convenienza televisiva, lo scorso 27 marzo si è tenuta a Roma, la 62esima edizione dei David di Donatello, il premio cinematografico più importante del cinema italiano. L’equivalente degli Oscar negli Usa, dei BAFTA in Gran Bretagna e dei César in Francia. Trionfa “La pazza gioia” di Paolo Virzì, che conquista 5 David di Donatello, e peraltro tutti di un certo peso: miglior film, miglior regista, miglior attrice protagonista (Valeria Bruni Tedeschi), miglior acconciatore e migliore scenografia. La storia della folle fuga di due pazienti della clinica psichiatrica Villa Biondi, Donatella e Beatrice, ovvero due strepitose Micaela Ramazzotti e Valeria Bruni Tedeschi, hanno stregato pubblico e critica. Un film davvero da vedere, che abbatte il confine tra tragedia e commedia e getta un occhio sulla situazione delle persone che vivono nei centri di salute mentale. Altro premio cosiddetto di primo livello, quello al miglior attore protagonista premia Stefano Accorsi per il suo ruolo in “Veloce come il vento”; mentre a concludere le categorie dedicate alla recitazione, Valerio Mastrandrea si aggiudica il David come miglior attore non protagonista per “Fiore”, e Antonia Truppo trionfa per “Indivisibili”. Proprio il film di Edoardo De Angelis risulta essere quello più premiato della serata dei David, se ne aggiudica infatti 6 ( miglior sceneggiatura originale, miglior produttore, miglior attrice non protagonista, miglior musicista, miglior canzone originale, miglior costumista). Forse non proprio i più importanti, ma ciò rende comunque merito ad
un film, che aveva incantato la critica a Venezia, qualche mese fa. Sei David anche per “Veloci come il vento”, due di primissimo livello: miglior attore protagonista e miglior fotografia. Insomma 17 David su 23, vengono divisi quasi equamente, tra i tre film che abbiamo citato sopra. Possiamo dunque parlare di una sorta di monopolio a tre, che investe tutte le competenze cinematografiche, da quelle recitative a quelle più tecniche. Agli altri solo le briciole: David Giovani per Pif e il suo “In guerra per amore”; miglior sceneggiatura non originale a “La stoffa dei sogni”; e miglior regista esordiente a Marco Danieli per “La ragazza del mondo”. Nelle categorie internazionali, trionfo per “Io, Daniel Blake” di Ken Loach, che vince il David
come miglior film europeo; e per “Animali notturni” di Tom Ford, che si aggiudica quello come miglior film straniero. David speciale alla carriera per Roberto Benigni, che nel suo solito stile esuberante, ha dato spettacolo sul palco. Commovente il suo discorso, che tocca le corde della poesia, con un omaggio neanche troppo velato al grande cinema italiano del passato: “È il premio più prestigioso del cinema italiano che è il più grande del mondo, abbiamo reso grande l’arte più giovane e fragile e commuovente del mondo. Che voi vi sentiate immersi dalla piena della mia gratitudine, vi sento tutti amici e il cinema rende il mondo meno estraneo e nemico”. Non sono mancati durante la serata, omaggi ad alcuni nomi importanti del cinema italiano che ci hanno lasciato dalla seconda parte del 2016 ad oggi: il decano dei critici Gian Luigi Rondi, il regista Pasquale Squitieri e l’attore Tomas Milian, solo per citarne alcuni.
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